L'ombra lunga di Levi. Note su La Storia senza redenzione di Giuseppe Lupo

Pagina creata da Domenico Bianco
 
CONTINUA A LEGGERE
L'ombra lunga di Levi. Note su La Storia senza redenzione di Giuseppe Lupo
28 giugno 2021

L’ombra lunga di Levi. Note su La Storia senza redenzione di
Giuseppe Lupo
Marco Gatto

Si deve a La Storia senza redenzione. Il raccon-        letteratura cioè tesa a certificare la presenza nel
to del Mezzogiorno lungo due secoli, l’ultimo e         Sud di insanabili e laceranti contraddizioni, nella
recente libro dello studioso e scrittore Giuseppe       convinzione che non si possano formulare con-
Lupo, un interessante tentativo di ricognizione         crete alternative. Nella ricostruzione proposta,
critica della letteratura meridionale e dei suoi        assistiamo in tal senso a una sostanziale resa dei
problemi di fondo. Non c’è dubbio che il testo          conti con il modello che più di tutti, a parere di
tocchi i nodi più importanti e delicati del rapporto    Lupo, ha contribuito, lungo il Secondo Novecento,
che intercorre, lungo il Novecento, tra rappresen-      allo sviluppo di una modalità espressiva orientata
tazione letteraria, questione meridionale e co-         ad evidenziare il peso della marginalità e il suo
scienza storica. Lupo costruisce ipotesi storiogra-     costitutivo immobilismo: vale a dire, quel Cristo
fiche, sostiene in modo caparbio tesi certamente        si è fermato a Eboli che, pubblicato nel 1945,
nuove e tenta una ricostruzione che arriva ai no-       ha certamente imposto una visione culturale,
stri giorni. Dal momento che è in gioco una pro-        politica e antropologica ben definita della real-
posta storico-interpretativa, sarebbe fin troppo        tà meridionale. La verifica critica del consolida-
sterile imputare all’autore l’esclusione di questo      to magistero di Carlo Levi è collegata, del resto,
o di quello scrittore, di questa o di quella tempe-     all’idea di fondo che anima l’intero sondaggio di
rie culturale, di questo o quel dibattito critico. Di   Lupo e che potrebbe essere così riassunta: una
fronte a un libro che apertamente parteggia per         certa narrativa di documentazione e di protesta,
una certa idea di letteratura e per una certa lettu-    anzitutto legata alla rappresentazione del mondo
ra della questione meridionale, non si può cadere       contadino, avrebbe prodotto una visione statica
nel vizio di una critica da registro d’appello o da     dei processi sociali – trovando nel verismo e nel
indice dei nomi, che si limita a valutare assenze e     filone del romanzo antistorico (secondo la defi-
presenze. Né ci si può concedere il lusso del giu-      nizione di un noto libro di Vittorio Spinazzola) un
dizio affrettato e impressionistico, che si tradur-     precedente pessimistico di interrogazione del re-
rebbe troppo presto in polemica occasionale. Ra-        ale e delle sue trasformazioni –, col risultato di
gione per cui, facendo indubbiamente torto alla         ostacolare o addirittura escludere dal gioco delle
ricchezza del testo, isolerò una serie di problemi      possibilità espressive l’emersione di una lettera-
per evitare il rischio della genericità.                tura più orientata alla progettualità progressiva e
Si può partire dalla diagnosi storico-letteraria che    utopistica, alle opportunità di modernizzazione e
ricorre costantemente nel libro. Per lo studioso,       all’intraprendenza tipica dello spirito borghese.
il limite della narrativa meridionale sta tutto nel-    Dico subito che questa mi sembra la tesi più
la sua perdurante identificazione con una lette-        interessante (e discutibile) del libro, nonché
ratura della denuncia e della rinuncia, con una         il vero centro attorno a cui ruota la proposta di

                                                                                                         1
28 giugno 2021

Lupo. Nel suo assunto generale, l’argomenta-            lica. Preferisco difatti riflettere sull’opportunità
zione dello studioso ha il merito di evidenziare e      di articolare un nesso stringente tra l’immagine
richiamare un dato considerevole e specifico: il        statica della civiltà contadina proposta dal cele-
Cristo leviano, imponendosi nell’immediato Do-          bre confinato e il concetto che più di tutti lega lo
poguerra come modello letterario e antropolo-           scrittore torinese alla radice ideologica e al con-
gico pressoché inaggirabile, avrebbe dato vita a        trassegno di classe del suo agire politico (l’azio-
un paradigma meridionalistico fondato sull’idea         nismo), ossia il concetto di “autonomia”. Perché
di una sostanziale stazionarietà della classe con-      è l’idea di un’autodeterminazione della civiltà
tadina, speculare alla sua mitizzazione, e avreb-       contadina ad aver permesso la saldatura tra una
be permesso, sul versante letterario e antropo-         prospettiva immobilistica, e anzi, per meglio dire,
logico, l’estenuazione di atteggiamenti arcadici,       “distintiva” di una porzione sociale storicamente
nostalgici, talora manieristici, spesso nichilistici    isolata (i contadini) e un rinvigorimento di istanze
ed estetizzanti, in virtù dei quali il Sud ha potuto    letterarie più sensibili alla mitizzazione dell’ar-
candidarsi a rappresentare, nel senso comune e          caico e del magico-popolare, nel solco del quale
nell’immaginario più diffuso, il luogo privilegiato     non andrebbe trascurato il peso di una lotta tut-
di un nostrano esotismo, persino per chi quelle         ta interne alle sinistre (il Pci operaio, da un lato;
terre, abitandole, provava a interrogare. Come          il Psi contadino, dall’altro). Saldatura il cui esito,
ha mostrato Nelson Moe in un fortunato libro di         di fatto, si riassume nell’esclusione dei contadini
qualche anno fa, Un paradiso abitato da diavoli,        medesimi o, per dirla con Gramsci, dei subalter-
la realtà meridionale è stata storicamente ogget-       ni, da concrete possibilità culturali di autorappre-
to di formulazioni libresche e di rappresentazioni      sentazione e da reali prospettive di fuoriuscita
viziate. Per mezzo di questa accumulazione origi-       dalla minorità politica (in tal senso, il Cristo rap-
naria di stereotipi, che rimonta almeno al Sette-       presenta, a mio parere, un passo indietro rispet-
cento, l’immagine di un Meridione come “Oriente         to a Fontamara, nelle cui pagine Silone poneva il
interno” ha trovato, nella particolare contingenza      problema dell’autocoscienza storica delle masse
delle lotte per la terra e negli anni della ricostru-   subalterna e il tema della loro organizzazione). Il
zione postbellica, una sua giustificazione, così        paradosso del levismo sta in questo, certamente
partecipando alla più generale edificazione di un       ambiguo e probabilmente involontario, conser-
immaginario nazionale a due velocità (un Nord           vatorismo intellettuale. Che si traduce, in regioni
freddo e produttivo; un Sud caldo e intorpidito).       socialmente mutilate e disgregate come la Cala-
Partendo da questo presupposto, Lupo può pra-           bria e la Basilicata, dopo gli ultimi, non trascura-
ticare una prima e interessante interpretazione         bili sussulti di realismo popolare (un punto limi-
storiografica. L’egemonia del levismo, a parere         te è, per citare un caso calabrese, l’importante
dello studioso, impone una linea di pensiero che,       Sole nero a Malifà di Sharo Gambino, uscito nel
riducendo la questione meridionale alla questio-        1965), nella persistenza di una letteratura fatta di
ne contadina, giocoforza trascura altre direttrici e    individualità isolate, spesso più legate al culto di
altre porzioni sociali (anzitutto, per Lupo, il mondo   una qualche bellettristica ambizione estetica che
dell’artigianato). Agli scrittori meridionali non re-   a una pur blanda partecipazione civile (magari
sterebbe dunque che la rappresentazione di una          orientata all’emancipazione culturale delle classi
realtà parziale, per certi aspetti attingibile solo     popolari, su cui innervare una proposta etico-va-
attraverso l’esperienza dell’arcaico e l’esercizio di   loriale di ampio respiro), e presto convertitasi, in
un registro mitico, nostalgico e arcadico. E, come      anni di pervasivo consumismo culturale, in un’a-
per ogni egemonia che si rispetti, una residualità      polide produzione di testi e di proposte servili al
contrastiva, sebbene fioca, sarebbe accordata a         gusto più diffuso. Una letteratura, insomma, che,
quelle isolate proposte letterarie capaci di fuori-     sì, certamente, sconta la storica assenza di una
uscire dal paradigma leviano, magari guardando          borghesia illuminata e di una classe intellettuale
con occhi diversi alla modernità e preferendo alla      più o meno coesa, ma che è tale proprio in ra-
declinazione rurale quella urbana.                      gione di un mancato processo di emancipazione
Pur condividendo in larga parte la diagnosi se-         collettiva, ostruito in buona parte da quei ceti ab-
condo la quale il levismo abbia prodotto una            bienti che, specie dopo il fallimento della riforma
lettura parziale e riduttiva della questione con-       agraria, hanno preferito la strada del quietismo e
tadina (proprio perché la avrebbe assolutizzata),       del compromesso moderato, e dunque il mante-
la posizione di Lupo suscita alcune perplessità.        nimento di quella “grande disgregazione sociale”
Partiamo da quelle più strettamente storiogra-          che Gramsci indicava come carattere costitutivo
fiche. Evito di cadere nella più facile delle obie-     del Mezzogiorno, lasciando spazio solo all’inizia-
zioni, che sarebbe poco pertinente: Levi non è          tiva individuale e al lavoro culturale solitario.
solo l’autore del Cristo e il levismo pone in gioco     Come dirò a breve, bisogna considerare le tra-
una più complessa immagine dell’Italia postbel-         sformazioni della società meridionale per dar

                                                                                                            2
28 giugno 2021

conto di quel vuoto letterario che viene a costi-          ni, per usare l’esemplificazione dell’autore. E i ri-
tuirsi dopo le lotte per la terra e che non può es-        flessi di questa vittoria della narrativa di denuncia
sere spiegato attraverso una rivalutazione di quei         sopravvivrebbero, sostiene Lupo, nei «paradigmi
pochi intellettuali sensibili alla civiltà delle mac-      oggi cari a Roberto Saviano»,2 nell’attenzione ri-
chine (e non al richiamo del mondo contadino) o            volta alle contraddizioni laceranti delle terre oltre
attraverso la valorizzazione di un affluente narra-        Eboli, ossia negli schemi di una proposta lettera-
tivo meno pessimistico e più utopistico, secondo           ria ancora fedele ai registri del realismo critico, in
il programma esposto da Lupo. Sul quale tornerò            cui il “negativo”, restringendo l’orizzonte del pos-
a breve, non prima di suggerire – questa volta in          sibile, metterebbe in ombra qualsivoglia tensione
accordo con la diagnosi generale dello studio-             utopistica.
so – che la visione paralizzante e autonomistica           Ma è davvero così? Si può tracciare una distinzio-
diffusa dal levismo, e potenziata da una genera-           ne così netta senza considerare le trasformazioni
le attitudine nostalgica e arcadica degli scrittori        sociali e di classe nel frattempo intervenute? Vo-
meridionali (che Pasolini estendeva ai poeti), si è        lendo restare in ambito culturale, la persistenza
in realtà mostrata assai invasiva e capace di ege-         di una vocazione alla denuncia o alla geremiade
monia, se da essa non solo discende uno stallo             può valere come elemento distintivo di una linea
nell’immaginario narrativo, ma anche l’idea, che           letteraria che, supponendone l’origine da Verga,
si affaccia a partire dagli anni Novanta, anzitut-         avrebbe imposto l’idea di un Sud senza reden-
to sulla spinta del pensiero meridiano formula-            zione, condannato alla non-storia e all’immo-
to da Franco Cassano e grazie alla penetrazione            bilismo? E lo spirito della denuncia estromette
del culturalismo di matrice anglosassone, di un            necessariamente lo spirito dell’utopia? Ci sono
Meridione in grado di pensarsi e rappresentarsi            troppe eccezioni a questo schema interpretativo,
secondo un’interpretazione non allogena, bensì             specialmente se vogliamo vedere, come propo-
propria e caratterizzante, cioè non proveniente            ne Lupo, già in Verga (un Verga però fin troppo
dalle categorie imposte da altri. Un’idea, questa,         semplificato) il punto di partenza di un’attitudine
che, sorta senza dubbio come raffinata e gene-             pessimistica. Ne cito alcune, per arrivare a dire, in
rosa riproposizione della questione meridionale,           soldoni, che le traiettorie letterarie, specie in un
non solo penetra fortemente nel senso comune,              quadro così largo di fenomeni, non configurano
ma che rischia di aderire a un tempo che, sul lun-         scelte autonome e non sopportano definizioni bi-
go periodo, ha fatto dell’essenzialismo geografico         narie (linea rurale versus linea urbana; linea spa-
e del separatismo culturale il presupposto di quel         gnola versus linea angioina, per usare i termini di
nuovo discorso autonomistico che è alla base               Lupo), bensì dipendono dalla composizione so-
della crisi politica del nostro Paese e che ha con-        ciale, sempre complessa, delle formazioni uma-
dannato le regioni del Sud e i territori più poveri a      ne e dalle situazioni locali da cui i testi emergono.
una persistente frammentazione sociale. Agli in-           Pena la caduta in una sorta di essenzialismo criti-
cantesimi del concetto di autonomia differenzia-           co che distingue troppo facilmente un fenomeno
ta risponde l’inganno di autorappresentazioni per          dall’altro. La letteratura di denuncia è, in qualche
paradosso sempre più gestite dall’alto (per non            caso, capace di mostrare l’estrema mobilità delle
dire dall’industria culturale, come nel caso della         società rappresentate, proprio in virtù del punto
pubblicistica neoborbonica) e sempre più segna-            di vista di classe che lo scrittore incarna in una
te dal populismo.                                          determinata contingenza. E non è poi detto che
Tuttavia, alla mitologia ruralista, al culto della         una letteratura altrimenti progettuale, magari
lentezza e all’estetizzazione del Meridione, non           utopistica, sappia cogliere meglio le trasforma-
si può rispondere, a mio parere, con un’opposta            zioni del reale. Sarebbe forse quest’ultima una
e speculare mitologia urbana e progettuale, non            letteratura più tradizionalmente riconoscibile
foss’altro che per il carattere passivo della bor-         (“letteratura-letteratura”, perché altamente cre-
ghesia meridionale. Lupo sostiene che il «radica-          ativa, come qualcuno direbbe) di quella ibrida (al
lismo ideologico»1 dovuto all’egemonia culturale           limite del “non-romanzo” e del “non-letterario”,
inaugurata da Levi abbia escluso dalle rappresen-          per gli amanti del nominalismo) che abita nei
tazioni letterarie altri ceti, come quello degli arti-     testi di Saviano e altri? E, ancora, non può for-
giani e dei commercianti, una cui considerazione           se darsi che il miglior realismo spesso coincida
avrebbe condotto la letteratura oltre l’ossessione         con la migliore utopia? In più, volendo restare
della denuncia, verso uno spirito più propositivo e        al Secondo Dopoguerra, l’isolamento costitutivo
imprenditoriale. Imponendo il tema contadino su            degli scrittori ruralisti non è poi dissimile dall’i-
tutti gli altri, Levi avrebbe dunque vinto su Vittori-     solamento costitutivo degli scrittori più attenti
1
  G. Lupo, La Storia senza redenzione. Il racconto del Mezzogiorno lungo due secoli, Soveria Mannelli, Rubbettino,
2021, p. 203.
2
  Ibidem.

                                                                                                                3
28 giugno 2021

alla modernizzazione: entrambi appartengono a            Si tratta di una fuoriuscita dal paradigma leviano
una variegata e stratificata classe sociale, la bor-     che proviene dall’inevitabile contrasto sorto tra
ghesia meridionale, che non ha realizzato nes-           la lezione del Cristo e l’evidenza della magma-
sun proposito di universalizzazione illuministica,       tica realtà che si muoveva davanti al sindaco di
come aveva già ampiamente dimostrato Ernesto             Tricarico. E si tratta di un’esperienza da cui rica-
de Martino e come la storia del Sud continua a           vare l’idea che le esigenze di rappresentazione –
mostrare specie nei momenti di crisi politica e          quando legate a necessità di comprensione e tra-
istituzionale.                                           sformazione della realtà – siano il risultato di una
Per fare un esempio, nel romanzo La famiglia             scelta politica che riguarda il modo con cui ci si
Montalbano, scritto tra il 1939 e il 1945, ma pub-       rapporta a problemi d’ordine storico e materiale.
blicato solo nel 1972, Saverio Montalto dà vita          Le modalità espressive, insomma, sono sempre
alla prima rappresentazione letteraria della mafia       una conseguenza, mai un primum. Al contrario,
calabrese. Lo fa attraverso un registro che deve         Lupo ha fiducia in una narrativa capace di spazi
molto al realismo, ma anche alla potenza del sar-        di autonomia e trova dannosa una letteratura che
casmo, e che fra i suoi esiti più alti trova il rove-    «segue la realtà anziché anticiparla, rimodularla,
sciamento dell’ideale manzoniano di redenzione.          prepararla». L’«effetto nocivo» della narrativa di
L’orizzonte di salvezza possibile si chiude in quel      denuncia consiste allora nell’accantonamento
che si potrebbe descrivere, in modo troppo sem-          dell’idea di un «primato» della letteratura «sulla
plificato, come un pessimismo storico di matrice         realtà» – primato «che contraddistingue da sem-
verghiana. Ciò tuttavia non segnala un limite. Per-      pre la sua funzione come gesto epico e proget-
ché appunto permette a Montalto di restituire la         tuale».3 Non si può non rilevare in queste posi-
sottile complessità di un microcosmo sociale in          zioni un idealismo di fondo che rivela la matrice
cui non esistono né buoni né cattivi, né danna-          ideologica entro la quale Lupo si muove in modo
ti né redenti. L’urgenza di tale rappresentazione        assai esplicito.
realistica coincide, piuttosto, con la necessità di      Inoltre, se un’alternativa possibile al “levismo” si
evidenziare una storia sociale in movimento, che,        riassume, sul modello di Scotellaro, nell’incontro
in virtù del suo stesso raffigurarsi come perpetuo       diretto con la realtà, nella fatica della mediazione
succedersi di possibilità mancate o realizzate,          con quest’ultima, nella sua successiva traduzione
non ha bisogno di tradursi in richiamo utopico a         letteraria, e dunque nell’approdo a una forma che
una qualche alternativa o a un qualche elemento          non sia quella del romanzo tradizionale, ciò vuol
provvidenziale.                                          dire che l’opposizione tra una letteratura meridio-
Per considerare un altro caso, forse più paradig-        nale antistorica e pessimistica e una letteratura
matico, si pensi alla parabola politica e artistica di   progettuale e utopistica rischi i pagare un tributo
Rocco Scotellaro, ritenuto (a torto) come l’erede        troppo alto alla semplificazione (da questo punto
più diretto di Levi. Già sul finire degli anni Qua-      di vista, come non ritenere riduttiva l’opposizio-
ranta, dopo l’esperienza traumatica di sindaco           ne tra Sinisgalli e Scotellaro, che si porta dietro
e di esponente del Partito socialista in Lucania,        un appiattimento dell’uno e dell’altro?). E dietro
Scotellaro sente pressante l’esigenza di un rap-         questo riduzionismo ideologico sta, ancora una
porto più diretto con la realtà contadina e con la       volta, la ragione idealistica appena evocata, che
complessità delle lotte per il lavoro. Nell’inchie-      ha tratti persino manzoniani: è quella di chi rico-
sta incompiuta sui Contadini del Sud, nata dall’e-       nosce alla letteratura anzitutto un valore morale
sperienza di Portici, il concetto di immobilità          e spirituale, direi costruttivo ed edificante, una
storica, assieme alle tensioni autonomistiche, la-       capacità di sollevarsi oltre le miserie umane e
scia il passo a una considerazione analitica di un       sociali per ricercare un senso ulteriore, una sorta
mondo contadino tutt’altro che marmoreo, anzi            di utopia fondata sul balzo in avanti, sempre pro-
attraversato da spinte ideologiche varie (perfet-        gressivo e progettuale, dell’umanità.
tamente riassunte dalla figura-chiave di Michele         Tuttavia, pur constatando l’egemonia del levismo
Mulieri). La rappresentazione letteraria non ri-         e le restrizioni da essa imposte, siamo certi che
nuncia a se stessa, ma ha bisogno di accedere            tutta la letteratura del realismo popolare e rura-
all’inchiesta sul campo, di forzare i suoi limiti: la    le sia ripiegata su un pessimismo anti-storico e
voce di Scotellaro diventa quella dell’osservatore       sia incapace di porsi il problema dell’alternativa?
partecipante che sceglie la “mediazione” com-            Quest’ultima non discende forse dalla capacità
plessa e fruttuosa con l’esperienza verbale dei          che lo scrittore possiede di mettere in relazione
suoi interlocutori, e che dunque evita un registro       l’esperienza di un personaggio, di un microco-
letterario di univoca riconoscibilità, aprendo così      smo, di una parte di mondo con l’interezza del
a nuove possibilità espressive, lontane da quelle,       processo sociale? I fatti di Casignana di Mario La
sentite come sclerotiche, del racconto ruralista.        Cava, il romanzo che, uscito nel 1974, racconta
3
    Ivi, p. 234.

                                                                                                           4
28 giugno 2021

le sorti di una rivolta contadina esplosa nei giorni          la modalità di rappresentazione che permette di
della marcia su Roma, ricade tra le scritture spa-            afferrare la complessità della Storia, senza rifu-
gnole o quelle angioine, tra quelle arcaico-rurali            giarsi in utopie provvidenzialistiche. Ed è lo scar-
o quelle moderne-urbane? O è forse uno degli                  to che Verga ha saputo mettere in campo tra la
esiti migliori di una letteratura capace di registra-         propria appartenenza di classe e l’oggettività so-
re ambivalenze, contraddizioni, scelte, processi,             ciale dei suoi personaggi a produrre una lettera-
possibili vie d’uscita, traiettorie di un consorzio           tura non compiaciuta di se stessa, e anzi capace
sociale vario, col fine di aggiungere un importan-            di comprendere, nel profondo, la contraddizione
te tassello conoscitivo, per quanto “locale”, alla            storica basilare del momento. A Levi, pertanto, bi-
grande storia collettiva? Si può discutere a lungo            sognerebbe obiettare di non aver saputo cogliere
sul vuoto rappresentativo che investe le figure               con dovizia la lezione dei Malavoglia, di essersi
dell’artigianato e del commercio, ma la lotta con-            allontanato da quest’ultima (sul punto ha scrit-
tro il latifondo, la vicenda contadina, il conflitto di       to con grande incisività David Forgacs in Margini
classe che essa genera, il fallimento della riforma           d’Italia) e di aver ridotto la complessità storica
agraria, lo spopolamento dovuto all’emigrazione,              mediante una valorizzazione del concetto di “au-
tutti questi fenomeni coincidono con la questio-              tonomia”, patrocinando – e qui Lupo ha ragione
ne meridionale perché rappresentano la grande                 da vendere – una modalità rappresentativa per
contraddizione da cui si genera anche e soprat-               certi aspetti strangolatoria e riduttiva. Ma, come
tutto il nostro presente. Il vuoto letterario succes-         detto, già Scotellaro (che Lupo tuttavia si ostina
sivo non è la cartina al tornasole della necessità            a mettere assieme al Levi più elegiaco), nella sua
di valorizzare un paradigma diverso – quello del-             breve intensa esperienza, aveva dimostrato l’in-
la “cultura leonardesca” che esalta la “creatività            sufficienza o la parzialità di questa visione (che
del mestiere artigianale”, riconosciuto da Lupo in            pure, come notava Ernesto de Martino nei suoi
uno scrittore come Sinisgalli – o di affidarsi a un’i-        scritti, aveva il merito di scoperchiare, di fronte
dea diversa di rappresentazione narrativa, ma la              alle coscienze borghesi, lo “scandalo” del mondo
conferma del fatto che quella contraddizione non              popolare subalterno). Il suo approdo all’inchiesta
sia stata compresa a causa di un deficit di poli-             sociale – che si riflette anche nelle ultime prove
tica culturale e di coscienza intellettuale, di cui           poetiche – indica la necessità di una mediazione
senza dubbio l’arcadica tendenza dei letterati è              meno letteraria con la realtà e dunque il ritorno
un sintomo, accanto però all’incapacità, propria              alla lezione mimetica e realistica (anche e soprat-
di un inadempiente e frastagliato ceto medio (nel             tutto verghiana). La masseria (1960) di Giuseppe
quale gli intellettuali, per privilegio, sono inseri-         Bufalari, che giustamente Lupo riconosce come
ti), di garantire alle classi popolari reali processi         inconsapevole risposta alla letteratura leviana, è
di emancipazione e universalizzazione, che non                un romanzo molto più prossimo a questo punto
fossero quelli retrivi, a fallimento avvenuto, del            d’arrivo scotellariano di quanto si creda ed è, in
revanscismo individuale e del disorientamento                 verità, la conferma che il romanzo rurale, andan-
ideologico (conseguenze antropologiche già in-                do oltre se stesso e pensandosi come occasione
traviste nell’inchiesta incompiuta di Scotellaro).            narrativa, possa dare risposte anche in tema di
Ora, questi casi, a mio parere, mettono in discus-            modernità (mancata o meno che sia). Com’è pure
sione uno degli assunti che Lupo icasticamente                il caso di uno dei testi più incisivi (e nello stes-
riporta nelle prime pagine del suo coraggioso te-             so tempo più dimenticati) di quegli anni: Avven-
sto:                                                          ture in città (1962) di Saverio Strati. Per dirla in
                                                              modo stringente: i limiti di Levi erano già evidenti
        Catturati dal bisogno spasmodico di notificare        a una buona parte di coloro che ne rappresenta-
        [cioè denunciare], gli scrittori dimenticano che il   no, come Scotellaro, se non altro a causa di una
        Mezzogiorno non è soltanto il mondo oscuro del-       vulgata manualistica, gli eredi.
        la corruzione e del male, della sporcizia e dell’a-   Ecco perché è opportuno discutere sulle modali-
        buso, ma un territorio dove fa tappa il razionali-
                                                              tà di rappresentazione, sulle scelte formali e sui
        smo della Storia come ragione del moderno.4
                                                              registri stilistici che gli intellettuali hanno adot-
                                                              tato lungo il Novecento per narrare il Sud. Lupo,
Ebbene, è proprio in Verga – come ha mostrato
                                                              che è abile nel campionare una serie molto va-
Romano Luperini in un saggio del 2005 dedica-
                                                              sta di fenomeni testuali (giustamente attingendo
to alla modernità dello scrittore siciliano – che la
                                                              alle sue preferenze e, in fondo, comunicando un
drammatizzazione delle tensioni tra un mondo
                                                              contro-canone ideale, nel quale un posto d’onore
arcaico e le pulsioni del moderno si traduce nella
                                                              trovano scrittori come Carlo Alianello e Salvatore
possibilità di registrare e comprendere l’estrema
                                                              Silvano Nigro), suggerisce che il levismo sia, sul
mobilità dei destini individuali e sociali. È quel-
                                                              lungo periodo, il principale artefice di una mano-
4
    Ivi, p. 22.

                                                                                                                 5
28 giugno 2021

missione delle alternative letterarie. Sicché al ro-       Africo (1979) di Corrado Stajano. Modello impli-
manzo, troppo fermo a una contemplazione pes-              cito, quest’ultimo, dei testi che più ci aiutano oggi
simistica dell’esistente, si è preferito, per evitare      a comprendere cosa sia il Sud da una prospettiva
le secche del lirismo, lo strumento dell’inchiesta         che ragiona sull’attuale congiuntura capitalistica.
sociale. Terminata la stagione del realismo, ai let-       Penso al libro d’esordio di Roberto Saviano e a
terati-letterati resta la placida contemplazione di        quelli del già citato Leogrande.
un esistente irredimibile o, nei casi migliori, l’e-       Qui si apre la questione delle preferenze di Lupo,
sperienza del romanzo neostorico di materia ri-            che non vanno certo verso gli ultimi titoli che ho
sorgimentale; oppure, sostiene Lupo, la frequen-           menzionato (Gomorra, ad esempio, per l’autore
tazione di una linea “vittoriniana”, che risulta però      «rischia di sclerotizzare il dibattito e di ridurlo a
“ai margini di una cultura meridionalista”, perché         una superficiale lettura del presente»),5 ma ten-
non direttamente legata alla denuncia (i nomi              dono a privilegiare un supposto versante utopi-
menzionati sono anzitutto quelli di Michele Prisco         co, tipico di una «narrativa meridionale che an-
e Raffaele La Capria). Non credo però si tratti solo       tepone la ricerca dei luoghi o delle condizioni di
di un problema letterario o genericamente cultu-           vita ideali alla rappresentazione della realtà».6
rale, al quale si possa rispondere rivendicando il         Utopia versus realismo? O, forse, più sottilmente,
valore in sé della letteratura o capitalizzando po-        letteratura con la maiuscola versus documento
sizioni minoritarie.                                       descrittivo (quest’ultimo però accessibile solo
Del resto, le scritture d’inchiesta, con o senza un        attraverso una pietas lirica)? Nella costruzione
impianto narrativo, sono alla base del meridio-            di queste artefatte opposizioni risalta quel ri-
nalismo più consapevole (da Tommaso Fiore a                duzionismo di cui ho già parlato (e che non ne-
Giovanni Russo, passando per Goffredo Fofi, fino           cessariamente va contestato, dal momento che
a giungere, in tempi più recenti, ad Alessandro            riflette la postura antileviana e, direi, olivettiana
Leogrande) e non possono essere ridotte a una              di Lupo). Se il limite del libro consiste nel pro-
generica filiazione leviana. Si tratta, ancora una         iettare Levi ben oltre il suo raggio, pur ampio, di
volta, di un problema d’ordine materialistico. L’e-        influenza, il merito di La Storia senza redenzione
migrazione meridionale, dovuta al fallimento del-          è quello di mostrare la costruzione di una reto-
la riforma agraria e alla trasformazione della real-       rica della rappresentazione che certamente ha
tà contadina (che è stata appunto sempre molto             ristretto lo spazio dell’interrogazione culturale.
mobile anche in ragione di tali sconfitte), produce        Ma se per Lupo ingiustamente minoritaria risulta
uno svuotamento dell’intera dimensione socia-              essere una letteratura all’altezza dei tempi e ca-
le e culturale. Viene meno la possibilità teorica          pace di progettualità moderna, per l’estensore di
di un’emancipazione degli strati subalterni e si           queste note le conseguenze negative del levismo
inaugura un momento di forte stagnazione socia-            non risiedono solo nella sua lunga egemonia, ma
le, che sancisce la fine dell’alternativa meridiona-       sono tutte contenute nell’ideologia di fondo che
le (per citare il titolo di un libro ancora valido di      lo anima – quella dell’autonomia possibile della
Michele Abbate). A rafforzarsi è quella cornice in-        civiltà contadina. Una ricetta, quest’ultima, che
dividualistica – già propria degli intellettuali me-       però, al pari di altre, ben diverse e più legate a
ridionali, seguendo l’intuizione di Gramsci – che          un’idea progressista, appariva incapace di una
ripercorre, tolti rari casi, il solito registro arcadico   reale problematizzazione storica già agli occhi di
e nostalgico, e che aderisce acriticamente a un            de Martino e di altri meridionalisti erroneamente
annichilimento delle questioni sociali. Il punto           associati alla tendenza che Lupo intende critica-
è che questo ripiegamento causa, nelle sue non             re. Proprio l’etnologo napoletano, all’inizio degli
certo cospicue risultanti, una fuga conservatrice          anni Cinquanta, riconoscendo al Cristo il merito
nel letterario, che probabilmente solo l’accesso a         di una proficua apertura di senso, elaborava una
forme ibride e al registro dell’inchiesta riesce, in       concezione storicistica nettamente diversa da
qualche caso, a relativizzare. E, nel tempo lungo,         quella di Levi, perché fondata sulla necessità di
questo rigurgito estetizzante ben presto incontra,         comprendere la persistenza dell’arcaico e il por-
in modo assai passivo, le istanze inclusive del            tato delle culture subalterne non come valori in
consumismo culturale, fino ad arrivare, ai gior-           sé, non come segno di una qualche distintività,
ni nostri, alla sequela di noir, gialli e provinciali      ma sempre e solo in rapporto alla cultura bor-
imitazioni postmoderne di modelli lontani. Valga           ghese dominante, lumeggiando così il problema
come prova che il libro più incisivo di questo pro-        di un sincretismo storico-culturale che coglieva
lungato interregno viene appunto dall’inchiesta            in pieno il fallimento del processo di modernizza-
sociale e non certo dal plurimo universo del ro-           zione illuministica.
manzo tradizionale, ed è, a parere di chi scrive,          Nelle ultime pagine Lupo menziona una serie di
5
    Ivi, p. 217.
6
    Ivi, p. 219.

                                                                                                              6
28 giugno 2021

esperienze letterarie ancora in atto e traccia una
lettura possibile del contemporaneo. È forse il
momento meno convincente del testo. A parte la
condivisibile decostruzione di una retorica pas-
satista e nostalgica che permane in non poche
scritture, il presente sembra dissolvere le cate-
gorie attraverso cui Lupo legge una buona parte
del Novecento. Riconoscere in Saviano il punto di
arrivo di una supposta linea Verga-Levi che con-
cepisce il Sud come luogo del male appare come
una facile strategia di contenimento per evocare
ancora una volta le contraddizioni di una questio-
ne meridionale perennemente irrisolta. O per non
arrendersi all’evidenza di un caos senza direzioni,
che, a ben vedere, riflette, spesso confermandoli
in modo adesivo, i conflitti sociali di un Mezzo-
giorno in caduta libera. Il punto è che il racconto
del Meridione, galleggiante nel grande mare della
produzione culturale e oggi privo di ambizioni che
vadano oltre la mera firma autoriale, ha bisogno
di confrontarsi con altri aspetti della sua storia
(a partire dagli storici flussi migratori che hanno
prodotto comunità meridionali altrove, portatrici
di proprie istanze di rappresentazione), di uscire
da sa stesso per tornarvi con più consapevolezza
e di trovare una strada espressiva lontana dalle
attuali retoriche neo-identitarie, molto più ag-
guerrite di quelle attive settant’anni fa. Nel nostro
presente ipercapitalistico e super-estetizzato, il
Sud è ancora protagonista di una sintesi di arcai-
co e postmoderno che si esprime in forme varie
e cangianti, le quali meriterebbero un’analisi più
avvertita. Una letteratura capace di interrogare
questa condizione avrebbe perlomeno il compito
di inaugurare un percorso di autocoscienza criti-
ca e di affrancarsi da facili legittimazioni identi-
tarie e congregative, stabilendo in prima battuta
una sana distanza da modalità di rappresentazio-
ne che spesso risultano ancillari a un consumo
immediato di Meridione o a un banale desiderio
di riconoscimento intellettuale presso il mercato
delle lettere. Tuttavia, al netto di poche interes-
santi esperienze, non a caso più residuali di altre,
mi sembra che questo auspicio resti ancora lon-
tano da una sua possibile realizzazione.

                                                                    7
Puoi anche leggere