L'ombra lunga di Levi. Note su La Storia senza redenzione di Giuseppe Lupo
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28 giugno 2021 L’ombra lunga di Levi. Note su La Storia senza redenzione di Giuseppe Lupo Marco Gatto Si deve a La Storia senza redenzione. Il raccon- letteratura cioè tesa a certificare la presenza nel to del Mezzogiorno lungo due secoli, l’ultimo e Sud di insanabili e laceranti contraddizioni, nella recente libro dello studioso e scrittore Giuseppe convinzione che non si possano formulare con- Lupo, un interessante tentativo di ricognizione crete alternative. Nella ricostruzione proposta, critica della letteratura meridionale e dei suoi assistiamo in tal senso a una sostanziale resa dei problemi di fondo. Non c’è dubbio che il testo conti con il modello che più di tutti, a parere di tocchi i nodi più importanti e delicati del rapporto Lupo, ha contribuito, lungo il Secondo Novecento, che intercorre, lungo il Novecento, tra rappresen- allo sviluppo di una modalità espressiva orientata tazione letteraria, questione meridionale e co- ad evidenziare il peso della marginalità e il suo scienza storica. Lupo costruisce ipotesi storiogra- costitutivo immobilismo: vale a dire, quel Cristo fiche, sostiene in modo caparbio tesi certamente si è fermato a Eboli che, pubblicato nel 1945, nuove e tenta una ricostruzione che arriva ai no- ha certamente imposto una visione culturale, stri giorni. Dal momento che è in gioco una pro- politica e antropologica ben definita della real- posta storico-interpretativa, sarebbe fin troppo tà meridionale. La verifica critica del consolida- sterile imputare all’autore l’esclusione di questo to magistero di Carlo Levi è collegata, del resto, o di quello scrittore, di questa o di quella tempe- all’idea di fondo che anima l’intero sondaggio di rie culturale, di questo o quel dibattito critico. Di Lupo e che potrebbe essere così riassunta: una fronte a un libro che apertamente parteggia per certa narrativa di documentazione e di protesta, una certa idea di letteratura e per una certa lettu- anzitutto legata alla rappresentazione del mondo ra della questione meridionale, non si può cadere contadino, avrebbe prodotto una visione statica nel vizio di una critica da registro d’appello o da dei processi sociali – trovando nel verismo e nel indice dei nomi, che si limita a valutare assenze e filone del romanzo antistorico (secondo la defi- presenze. Né ci si può concedere il lusso del giu- nizione di un noto libro di Vittorio Spinazzola) un dizio affrettato e impressionistico, che si tradur- precedente pessimistico di interrogazione del re- rebbe troppo presto in polemica occasionale. Ra- ale e delle sue trasformazioni –, col risultato di gione per cui, facendo indubbiamente torto alla ostacolare o addirittura escludere dal gioco delle ricchezza del testo, isolerò una serie di problemi possibilità espressive l’emersione di una lettera- per evitare il rischio della genericità. tura più orientata alla progettualità progressiva e Si può partire dalla diagnosi storico-letteraria che utopistica, alle opportunità di modernizzazione e ricorre costantemente nel libro. Per lo studioso, all’intraprendenza tipica dello spirito borghese. il limite della narrativa meridionale sta tutto nel- Dico subito che questa mi sembra la tesi più la sua perdurante identificazione con una lette- interessante (e discutibile) del libro, nonché ratura della denuncia e della rinuncia, con una il vero centro attorno a cui ruota la proposta di 1
28 giugno 2021 Lupo. Nel suo assunto generale, l’argomenta- lica. Preferisco difatti riflettere sull’opportunità zione dello studioso ha il merito di evidenziare e di articolare un nesso stringente tra l’immagine richiamare un dato considerevole e specifico: il statica della civiltà contadina proposta dal cele- Cristo leviano, imponendosi nell’immediato Do- bre confinato e il concetto che più di tutti lega lo poguerra come modello letterario e antropolo- scrittore torinese alla radice ideologica e al con- gico pressoché inaggirabile, avrebbe dato vita a trassegno di classe del suo agire politico (l’azio- un paradigma meridionalistico fondato sull’idea nismo), ossia il concetto di “autonomia”. Perché di una sostanziale stazionarietà della classe con- è l’idea di un’autodeterminazione della civiltà tadina, speculare alla sua mitizzazione, e avreb- contadina ad aver permesso la saldatura tra una be permesso, sul versante letterario e antropo- prospettiva immobilistica, e anzi, per meglio dire, logico, l’estenuazione di atteggiamenti arcadici, “distintiva” di una porzione sociale storicamente nostalgici, talora manieristici, spesso nichilistici isolata (i contadini) e un rinvigorimento di istanze ed estetizzanti, in virtù dei quali il Sud ha potuto letterarie più sensibili alla mitizzazione dell’ar- candidarsi a rappresentare, nel senso comune e caico e del magico-popolare, nel solco del quale nell’immaginario più diffuso, il luogo privilegiato non andrebbe trascurato il peso di una lotta tut- di un nostrano esotismo, persino per chi quelle ta interne alle sinistre (il Pci operaio, da un lato; terre, abitandole, provava a interrogare. Come il Psi contadino, dall’altro). Saldatura il cui esito, ha mostrato Nelson Moe in un fortunato libro di di fatto, si riassume nell’esclusione dei contadini qualche anno fa, Un paradiso abitato da diavoli, medesimi o, per dirla con Gramsci, dei subalter- la realtà meridionale è stata storicamente ogget- ni, da concrete possibilità culturali di autorappre- to di formulazioni libresche e di rappresentazioni sentazione e da reali prospettive di fuoriuscita viziate. Per mezzo di questa accumulazione origi- dalla minorità politica (in tal senso, il Cristo rap- naria di stereotipi, che rimonta almeno al Sette- presenta, a mio parere, un passo indietro rispet- cento, l’immagine di un Meridione come “Oriente to a Fontamara, nelle cui pagine Silone poneva il interno” ha trovato, nella particolare contingenza problema dell’autocoscienza storica delle masse delle lotte per la terra e negli anni della ricostru- subalterna e il tema della loro organizzazione). Il zione postbellica, una sua giustificazione, così paradosso del levismo sta in questo, certamente partecipando alla più generale edificazione di un ambiguo e probabilmente involontario, conser- immaginario nazionale a due velocità (un Nord vatorismo intellettuale. Che si traduce, in regioni freddo e produttivo; un Sud caldo e intorpidito). socialmente mutilate e disgregate come la Cala- Partendo da questo presupposto, Lupo può pra- bria e la Basilicata, dopo gli ultimi, non trascura- ticare una prima e interessante interpretazione bili sussulti di realismo popolare (un punto limi- storiografica. L’egemonia del levismo, a parere te è, per citare un caso calabrese, l’importante dello studioso, impone una linea di pensiero che, Sole nero a Malifà di Sharo Gambino, uscito nel riducendo la questione meridionale alla questio- 1965), nella persistenza di una letteratura fatta di ne contadina, giocoforza trascura altre direttrici e individualità isolate, spesso più legate al culto di altre porzioni sociali (anzitutto, per Lupo, il mondo una qualche bellettristica ambizione estetica che dell’artigianato). Agli scrittori meridionali non re- a una pur blanda partecipazione civile (magari sterebbe dunque che la rappresentazione di una orientata all’emancipazione culturale delle classi realtà parziale, per certi aspetti attingibile solo popolari, su cui innervare una proposta etico-va- attraverso l’esperienza dell’arcaico e l’esercizio di loriale di ampio respiro), e presto convertitasi, in un registro mitico, nostalgico e arcadico. E, come anni di pervasivo consumismo culturale, in un’a- per ogni egemonia che si rispetti, una residualità polide produzione di testi e di proposte servili al contrastiva, sebbene fioca, sarebbe accordata a gusto più diffuso. Una letteratura, insomma, che, quelle isolate proposte letterarie capaci di fuori- sì, certamente, sconta la storica assenza di una uscire dal paradigma leviano, magari guardando borghesia illuminata e di una classe intellettuale con occhi diversi alla modernità e preferendo alla più o meno coesa, ma che è tale proprio in ra- declinazione rurale quella urbana. gione di un mancato processo di emancipazione Pur condividendo in larga parte la diagnosi se- collettiva, ostruito in buona parte da quei ceti ab- condo la quale il levismo abbia prodotto una bienti che, specie dopo il fallimento della riforma lettura parziale e riduttiva della questione con- agraria, hanno preferito la strada del quietismo e tadina (proprio perché la avrebbe assolutizzata), del compromesso moderato, e dunque il mante- la posizione di Lupo suscita alcune perplessità. nimento di quella “grande disgregazione sociale” Partiamo da quelle più strettamente storiogra- che Gramsci indicava come carattere costitutivo fiche. Evito di cadere nella più facile delle obie- del Mezzogiorno, lasciando spazio solo all’inizia- zioni, che sarebbe poco pertinente: Levi non è tiva individuale e al lavoro culturale solitario. solo l’autore del Cristo e il levismo pone in gioco Come dirò a breve, bisogna considerare le tra- una più complessa immagine dell’Italia postbel- sformazioni della società meridionale per dar 2
28 giugno 2021 conto di quel vuoto letterario che viene a costi- ni, per usare l’esemplificazione dell’autore. E i ri- tuirsi dopo le lotte per la terra e che non può es- flessi di questa vittoria della narrativa di denuncia sere spiegato attraverso una rivalutazione di quei sopravvivrebbero, sostiene Lupo, nei «paradigmi pochi intellettuali sensibili alla civiltà delle mac- oggi cari a Roberto Saviano»,2 nell’attenzione ri- chine (e non al richiamo del mondo contadino) o volta alle contraddizioni laceranti delle terre oltre attraverso la valorizzazione di un affluente narra- Eboli, ossia negli schemi di una proposta lettera- tivo meno pessimistico e più utopistico, secondo ria ancora fedele ai registri del realismo critico, in il programma esposto da Lupo. Sul quale tornerò cui il “negativo”, restringendo l’orizzonte del pos- a breve, non prima di suggerire – questa volta in sibile, metterebbe in ombra qualsivoglia tensione accordo con la diagnosi generale dello studio- utopistica. so – che la visione paralizzante e autonomistica Ma è davvero così? Si può tracciare una distinzio- diffusa dal levismo, e potenziata da una genera- ne così netta senza considerare le trasformazioni le attitudine nostalgica e arcadica degli scrittori sociali e di classe nel frattempo intervenute? Vo- meridionali (che Pasolini estendeva ai poeti), si è lendo restare in ambito culturale, la persistenza in realtà mostrata assai invasiva e capace di ege- di una vocazione alla denuncia o alla geremiade monia, se da essa non solo discende uno stallo può valere come elemento distintivo di una linea nell’immaginario narrativo, ma anche l’idea, che letteraria che, supponendone l’origine da Verga, si affaccia a partire dagli anni Novanta, anzitut- avrebbe imposto l’idea di un Sud senza reden- to sulla spinta del pensiero meridiano formula- zione, condannato alla non-storia e all’immo- to da Franco Cassano e grazie alla penetrazione bilismo? E lo spirito della denuncia estromette del culturalismo di matrice anglosassone, di un necessariamente lo spirito dell’utopia? Ci sono Meridione in grado di pensarsi e rappresentarsi troppe eccezioni a questo schema interpretativo, secondo un’interpretazione non allogena, bensì specialmente se vogliamo vedere, come propo- propria e caratterizzante, cioè non proveniente ne Lupo, già in Verga (un Verga però fin troppo dalle categorie imposte da altri. Un’idea, questa, semplificato) il punto di partenza di un’attitudine che, sorta senza dubbio come raffinata e gene- pessimistica. Ne cito alcune, per arrivare a dire, in rosa riproposizione della questione meridionale, soldoni, che le traiettorie letterarie, specie in un non solo penetra fortemente nel senso comune, quadro così largo di fenomeni, non configurano ma che rischia di aderire a un tempo che, sul lun- scelte autonome e non sopportano definizioni bi- go periodo, ha fatto dell’essenzialismo geografico narie (linea rurale versus linea urbana; linea spa- e del separatismo culturale il presupposto di quel gnola versus linea angioina, per usare i termini di nuovo discorso autonomistico che è alla base Lupo), bensì dipendono dalla composizione so- della crisi politica del nostro Paese e che ha con- ciale, sempre complessa, delle formazioni uma- dannato le regioni del Sud e i territori più poveri a ne e dalle situazioni locali da cui i testi emergono. una persistente frammentazione sociale. Agli in- Pena la caduta in una sorta di essenzialismo criti- cantesimi del concetto di autonomia differenzia- co che distingue troppo facilmente un fenomeno ta risponde l’inganno di autorappresentazioni per dall’altro. La letteratura di denuncia è, in qualche paradosso sempre più gestite dall’alto (per non caso, capace di mostrare l’estrema mobilità delle dire dall’industria culturale, come nel caso della società rappresentate, proprio in virtù del punto pubblicistica neoborbonica) e sempre più segna- di vista di classe che lo scrittore incarna in una te dal populismo. determinata contingenza. E non è poi detto che Tuttavia, alla mitologia ruralista, al culto della una letteratura altrimenti progettuale, magari lentezza e all’estetizzazione del Meridione, non utopistica, sappia cogliere meglio le trasforma- si può rispondere, a mio parere, con un’opposta zioni del reale. Sarebbe forse quest’ultima una e speculare mitologia urbana e progettuale, non letteratura più tradizionalmente riconoscibile foss’altro che per il carattere passivo della bor- (“letteratura-letteratura”, perché altamente cre- ghesia meridionale. Lupo sostiene che il «radica- ativa, come qualcuno direbbe) di quella ibrida (al lismo ideologico»1 dovuto all’egemonia culturale limite del “non-romanzo” e del “non-letterario”, inaugurata da Levi abbia escluso dalle rappresen- per gli amanti del nominalismo) che abita nei tazioni letterarie altri ceti, come quello degli arti- testi di Saviano e altri? E, ancora, non può for- giani e dei commercianti, una cui considerazione se darsi che il miglior realismo spesso coincida avrebbe condotto la letteratura oltre l’ossessione con la migliore utopia? In più, volendo restare della denuncia, verso uno spirito più propositivo e al Secondo Dopoguerra, l’isolamento costitutivo imprenditoriale. Imponendo il tema contadino su degli scrittori ruralisti non è poi dissimile dall’i- tutti gli altri, Levi avrebbe dunque vinto su Vittori- solamento costitutivo degli scrittori più attenti 1 G. Lupo, La Storia senza redenzione. Il racconto del Mezzogiorno lungo due secoli, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2021, p. 203. 2 Ibidem. 3
28 giugno 2021 alla modernizzazione: entrambi appartengono a Si tratta di una fuoriuscita dal paradigma leviano una variegata e stratificata classe sociale, la bor- che proviene dall’inevitabile contrasto sorto tra ghesia meridionale, che non ha realizzato nes- la lezione del Cristo e l’evidenza della magma- sun proposito di universalizzazione illuministica, tica realtà che si muoveva davanti al sindaco di come aveva già ampiamente dimostrato Ernesto Tricarico. E si tratta di un’esperienza da cui rica- de Martino e come la storia del Sud continua a vare l’idea che le esigenze di rappresentazione – mostrare specie nei momenti di crisi politica e quando legate a necessità di comprensione e tra- istituzionale. sformazione della realtà – siano il risultato di una Per fare un esempio, nel romanzo La famiglia scelta politica che riguarda il modo con cui ci si Montalbano, scritto tra il 1939 e il 1945, ma pub- rapporta a problemi d’ordine storico e materiale. blicato solo nel 1972, Saverio Montalto dà vita Le modalità espressive, insomma, sono sempre alla prima rappresentazione letteraria della mafia una conseguenza, mai un primum. Al contrario, calabrese. Lo fa attraverso un registro che deve Lupo ha fiducia in una narrativa capace di spazi molto al realismo, ma anche alla potenza del sar- di autonomia e trova dannosa una letteratura che casmo, e che fra i suoi esiti più alti trova il rove- «segue la realtà anziché anticiparla, rimodularla, sciamento dell’ideale manzoniano di redenzione. prepararla». L’«effetto nocivo» della narrativa di L’orizzonte di salvezza possibile si chiude in quel denuncia consiste allora nell’accantonamento che si potrebbe descrivere, in modo troppo sem- dell’idea di un «primato» della letteratura «sulla plificato, come un pessimismo storico di matrice realtà» – primato «che contraddistingue da sem- verghiana. Ciò tuttavia non segnala un limite. Per- pre la sua funzione come gesto epico e proget- ché appunto permette a Montalto di restituire la tuale».3 Non si può non rilevare in queste posi- sottile complessità di un microcosmo sociale in zioni un idealismo di fondo che rivela la matrice cui non esistono né buoni né cattivi, né danna- ideologica entro la quale Lupo si muove in modo ti né redenti. L’urgenza di tale rappresentazione assai esplicito. realistica coincide, piuttosto, con la necessità di Inoltre, se un’alternativa possibile al “levismo” si evidenziare una storia sociale in movimento, che, riassume, sul modello di Scotellaro, nell’incontro in virtù del suo stesso raffigurarsi come perpetuo diretto con la realtà, nella fatica della mediazione succedersi di possibilità mancate o realizzate, con quest’ultima, nella sua successiva traduzione non ha bisogno di tradursi in richiamo utopico a letteraria, e dunque nell’approdo a una forma che una qualche alternativa o a un qualche elemento non sia quella del romanzo tradizionale, ciò vuol provvidenziale. dire che l’opposizione tra una letteratura meridio- Per considerare un altro caso, forse più paradig- nale antistorica e pessimistica e una letteratura matico, si pensi alla parabola politica e artistica di progettuale e utopistica rischi i pagare un tributo Rocco Scotellaro, ritenuto (a torto) come l’erede troppo alto alla semplificazione (da questo punto più diretto di Levi. Già sul finire degli anni Qua- di vista, come non ritenere riduttiva l’opposizio- ranta, dopo l’esperienza traumatica di sindaco ne tra Sinisgalli e Scotellaro, che si porta dietro e di esponente del Partito socialista in Lucania, un appiattimento dell’uno e dell’altro?). E dietro Scotellaro sente pressante l’esigenza di un rap- questo riduzionismo ideologico sta, ancora una porto più diretto con la realtà contadina e con la volta, la ragione idealistica appena evocata, che complessità delle lotte per il lavoro. Nell’inchie- ha tratti persino manzoniani: è quella di chi rico- sta incompiuta sui Contadini del Sud, nata dall’e- nosce alla letteratura anzitutto un valore morale sperienza di Portici, il concetto di immobilità e spirituale, direi costruttivo ed edificante, una storica, assieme alle tensioni autonomistiche, la- capacità di sollevarsi oltre le miserie umane e scia il passo a una considerazione analitica di un sociali per ricercare un senso ulteriore, una sorta mondo contadino tutt’altro che marmoreo, anzi di utopia fondata sul balzo in avanti, sempre pro- attraversato da spinte ideologiche varie (perfet- gressivo e progettuale, dell’umanità. tamente riassunte dalla figura-chiave di Michele Tuttavia, pur constatando l’egemonia del levismo Mulieri). La rappresentazione letteraria non ri- e le restrizioni da essa imposte, siamo certi che nuncia a se stessa, ma ha bisogno di accedere tutta la letteratura del realismo popolare e rura- all’inchiesta sul campo, di forzare i suoi limiti: la le sia ripiegata su un pessimismo anti-storico e voce di Scotellaro diventa quella dell’osservatore sia incapace di porsi il problema dell’alternativa? partecipante che sceglie la “mediazione” com- Quest’ultima non discende forse dalla capacità plessa e fruttuosa con l’esperienza verbale dei che lo scrittore possiede di mettere in relazione suoi interlocutori, e che dunque evita un registro l’esperienza di un personaggio, di un microco- letterario di univoca riconoscibilità, aprendo così smo, di una parte di mondo con l’interezza del a nuove possibilità espressive, lontane da quelle, processo sociale? I fatti di Casignana di Mario La sentite come sclerotiche, del racconto ruralista. Cava, il romanzo che, uscito nel 1974, racconta 3 Ivi, p. 234. 4
28 giugno 2021 le sorti di una rivolta contadina esplosa nei giorni la modalità di rappresentazione che permette di della marcia su Roma, ricade tra le scritture spa- afferrare la complessità della Storia, senza rifu- gnole o quelle angioine, tra quelle arcaico-rurali giarsi in utopie provvidenzialistiche. Ed è lo scar- o quelle moderne-urbane? O è forse uno degli to che Verga ha saputo mettere in campo tra la esiti migliori di una letteratura capace di registra- propria appartenenza di classe e l’oggettività so- re ambivalenze, contraddizioni, scelte, processi, ciale dei suoi personaggi a produrre una lettera- possibili vie d’uscita, traiettorie di un consorzio tura non compiaciuta di se stessa, e anzi capace sociale vario, col fine di aggiungere un importan- di comprendere, nel profondo, la contraddizione te tassello conoscitivo, per quanto “locale”, alla storica basilare del momento. A Levi, pertanto, bi- grande storia collettiva? Si può discutere a lungo sognerebbe obiettare di non aver saputo cogliere sul vuoto rappresentativo che investe le figure con dovizia la lezione dei Malavoglia, di essersi dell’artigianato e del commercio, ma la lotta con- allontanato da quest’ultima (sul punto ha scrit- tro il latifondo, la vicenda contadina, il conflitto di to con grande incisività David Forgacs in Margini classe che essa genera, il fallimento della riforma d’Italia) e di aver ridotto la complessità storica agraria, lo spopolamento dovuto all’emigrazione, mediante una valorizzazione del concetto di “au- tutti questi fenomeni coincidono con la questio- tonomia”, patrocinando – e qui Lupo ha ragione ne meridionale perché rappresentano la grande da vendere – una modalità rappresentativa per contraddizione da cui si genera anche e soprat- certi aspetti strangolatoria e riduttiva. Ma, come tutto il nostro presente. Il vuoto letterario succes- detto, già Scotellaro (che Lupo tuttavia si ostina sivo non è la cartina al tornasole della necessità a mettere assieme al Levi più elegiaco), nella sua di valorizzare un paradigma diverso – quello del- breve intensa esperienza, aveva dimostrato l’in- la “cultura leonardesca” che esalta la “creatività sufficienza o la parzialità di questa visione (che del mestiere artigianale”, riconosciuto da Lupo in pure, come notava Ernesto de Martino nei suoi uno scrittore come Sinisgalli – o di affidarsi a un’i- scritti, aveva il merito di scoperchiare, di fronte dea diversa di rappresentazione narrativa, ma la alle coscienze borghesi, lo “scandalo” del mondo conferma del fatto che quella contraddizione non popolare subalterno). Il suo approdo all’inchiesta sia stata compresa a causa di un deficit di poli- sociale – che si riflette anche nelle ultime prove tica culturale e di coscienza intellettuale, di cui poetiche – indica la necessità di una mediazione senza dubbio l’arcadica tendenza dei letterati è meno letteraria con la realtà e dunque il ritorno un sintomo, accanto però all’incapacità, propria alla lezione mimetica e realistica (anche e soprat- di un inadempiente e frastagliato ceto medio (nel tutto verghiana). La masseria (1960) di Giuseppe quale gli intellettuali, per privilegio, sono inseri- Bufalari, che giustamente Lupo riconosce come ti), di garantire alle classi popolari reali processi inconsapevole risposta alla letteratura leviana, è di emancipazione e universalizzazione, che non un romanzo molto più prossimo a questo punto fossero quelli retrivi, a fallimento avvenuto, del d’arrivo scotellariano di quanto si creda ed è, in revanscismo individuale e del disorientamento verità, la conferma che il romanzo rurale, andan- ideologico (conseguenze antropologiche già in- do oltre se stesso e pensandosi come occasione traviste nell’inchiesta incompiuta di Scotellaro). narrativa, possa dare risposte anche in tema di Ora, questi casi, a mio parere, mettono in discus- modernità (mancata o meno che sia). Com’è pure sione uno degli assunti che Lupo icasticamente il caso di uno dei testi più incisivi (e nello stes- riporta nelle prime pagine del suo coraggioso te- so tempo più dimenticati) di quegli anni: Avven- sto: ture in città (1962) di Saverio Strati. Per dirla in modo stringente: i limiti di Levi erano già evidenti Catturati dal bisogno spasmodico di notificare a una buona parte di coloro che ne rappresenta- [cioè denunciare], gli scrittori dimenticano che il no, come Scotellaro, se non altro a causa di una Mezzogiorno non è soltanto il mondo oscuro del- vulgata manualistica, gli eredi. la corruzione e del male, della sporcizia e dell’a- Ecco perché è opportuno discutere sulle modali- buso, ma un territorio dove fa tappa il razionali- tà di rappresentazione, sulle scelte formali e sui smo della Storia come ragione del moderno.4 registri stilistici che gli intellettuali hanno adot- tato lungo il Novecento per narrare il Sud. Lupo, Ebbene, è proprio in Verga – come ha mostrato che è abile nel campionare una serie molto va- Romano Luperini in un saggio del 2005 dedica- sta di fenomeni testuali (giustamente attingendo to alla modernità dello scrittore siciliano – che la alle sue preferenze e, in fondo, comunicando un drammatizzazione delle tensioni tra un mondo contro-canone ideale, nel quale un posto d’onore arcaico e le pulsioni del moderno si traduce nella trovano scrittori come Carlo Alianello e Salvatore possibilità di registrare e comprendere l’estrema Silvano Nigro), suggerisce che il levismo sia, sul mobilità dei destini individuali e sociali. È quel- lungo periodo, il principale artefice di una mano- 4 Ivi, p. 22. 5
28 giugno 2021 missione delle alternative letterarie. Sicché al ro- Africo (1979) di Corrado Stajano. Modello impli- manzo, troppo fermo a una contemplazione pes- cito, quest’ultimo, dei testi che più ci aiutano oggi simistica dell’esistente, si è preferito, per evitare a comprendere cosa sia il Sud da una prospettiva le secche del lirismo, lo strumento dell’inchiesta che ragiona sull’attuale congiuntura capitalistica. sociale. Terminata la stagione del realismo, ai let- Penso al libro d’esordio di Roberto Saviano e a terati-letterati resta la placida contemplazione di quelli del già citato Leogrande. un esistente irredimibile o, nei casi migliori, l’e- Qui si apre la questione delle preferenze di Lupo, sperienza del romanzo neostorico di materia ri- che non vanno certo verso gli ultimi titoli che ho sorgimentale; oppure, sostiene Lupo, la frequen- menzionato (Gomorra, ad esempio, per l’autore tazione di una linea “vittoriniana”, che risulta però «rischia di sclerotizzare il dibattito e di ridurlo a “ai margini di una cultura meridionalista”, perché una superficiale lettura del presente»),5 ma ten- non direttamente legata alla denuncia (i nomi dono a privilegiare un supposto versante utopi- menzionati sono anzitutto quelli di Michele Prisco co, tipico di una «narrativa meridionale che an- e Raffaele La Capria). Non credo però si tratti solo tepone la ricerca dei luoghi o delle condizioni di di un problema letterario o genericamente cultu- vita ideali alla rappresentazione della realtà».6 rale, al quale si possa rispondere rivendicando il Utopia versus realismo? O, forse, più sottilmente, valore in sé della letteratura o capitalizzando po- letteratura con la maiuscola versus documento sizioni minoritarie. descrittivo (quest’ultimo però accessibile solo Del resto, le scritture d’inchiesta, con o senza un attraverso una pietas lirica)? Nella costruzione impianto narrativo, sono alla base del meridio- di queste artefatte opposizioni risalta quel ri- nalismo più consapevole (da Tommaso Fiore a duzionismo di cui ho già parlato (e che non ne- Giovanni Russo, passando per Goffredo Fofi, fino cessariamente va contestato, dal momento che a giungere, in tempi più recenti, ad Alessandro riflette la postura antileviana e, direi, olivettiana Leogrande) e non possono essere ridotte a una di Lupo). Se il limite del libro consiste nel pro- generica filiazione leviana. Si tratta, ancora una iettare Levi ben oltre il suo raggio, pur ampio, di volta, di un problema d’ordine materialistico. L’e- influenza, il merito di La Storia senza redenzione migrazione meridionale, dovuta al fallimento del- è quello di mostrare la costruzione di una reto- la riforma agraria e alla trasformazione della real- rica della rappresentazione che certamente ha tà contadina (che è stata appunto sempre molto ristretto lo spazio dell’interrogazione culturale. mobile anche in ragione di tali sconfitte), produce Ma se per Lupo ingiustamente minoritaria risulta uno svuotamento dell’intera dimensione socia- essere una letteratura all’altezza dei tempi e ca- le e culturale. Viene meno la possibilità teorica pace di progettualità moderna, per l’estensore di di un’emancipazione degli strati subalterni e si queste note le conseguenze negative del levismo inaugura un momento di forte stagnazione socia- non risiedono solo nella sua lunga egemonia, ma le, che sancisce la fine dell’alternativa meridiona- sono tutte contenute nell’ideologia di fondo che le (per citare il titolo di un libro ancora valido di lo anima – quella dell’autonomia possibile della Michele Abbate). A rafforzarsi è quella cornice in- civiltà contadina. Una ricetta, quest’ultima, che dividualistica – già propria degli intellettuali me- però, al pari di altre, ben diverse e più legate a ridionali, seguendo l’intuizione di Gramsci – che un’idea progressista, appariva incapace di una ripercorre, tolti rari casi, il solito registro arcadico reale problematizzazione storica già agli occhi di e nostalgico, e che aderisce acriticamente a un de Martino e di altri meridionalisti erroneamente annichilimento delle questioni sociali. Il punto associati alla tendenza che Lupo intende critica- è che questo ripiegamento causa, nelle sue non re. Proprio l’etnologo napoletano, all’inizio degli certo cospicue risultanti, una fuga conservatrice anni Cinquanta, riconoscendo al Cristo il merito nel letterario, che probabilmente solo l’accesso a di una proficua apertura di senso, elaborava una forme ibride e al registro dell’inchiesta riesce, in concezione storicistica nettamente diversa da qualche caso, a relativizzare. E, nel tempo lungo, quella di Levi, perché fondata sulla necessità di questo rigurgito estetizzante ben presto incontra, comprendere la persistenza dell’arcaico e il por- in modo assai passivo, le istanze inclusive del tato delle culture subalterne non come valori in consumismo culturale, fino ad arrivare, ai gior- sé, non come segno di una qualche distintività, ni nostri, alla sequela di noir, gialli e provinciali ma sempre e solo in rapporto alla cultura bor- imitazioni postmoderne di modelli lontani. Valga ghese dominante, lumeggiando così il problema come prova che il libro più incisivo di questo pro- di un sincretismo storico-culturale che coglieva lungato interregno viene appunto dall’inchiesta in pieno il fallimento del processo di modernizza- sociale e non certo dal plurimo universo del ro- zione illuministica. manzo tradizionale, ed è, a parere di chi scrive, Nelle ultime pagine Lupo menziona una serie di 5 Ivi, p. 217. 6 Ivi, p. 219. 6
28 giugno 2021 esperienze letterarie ancora in atto e traccia una lettura possibile del contemporaneo. È forse il momento meno convincente del testo. A parte la condivisibile decostruzione di una retorica pas- satista e nostalgica che permane in non poche scritture, il presente sembra dissolvere le cate- gorie attraverso cui Lupo legge una buona parte del Novecento. Riconoscere in Saviano il punto di arrivo di una supposta linea Verga-Levi che con- cepisce il Sud come luogo del male appare come una facile strategia di contenimento per evocare ancora una volta le contraddizioni di una questio- ne meridionale perennemente irrisolta. O per non arrendersi all’evidenza di un caos senza direzioni, che, a ben vedere, riflette, spesso confermandoli in modo adesivo, i conflitti sociali di un Mezzo- giorno in caduta libera. Il punto è che il racconto del Meridione, galleggiante nel grande mare della produzione culturale e oggi privo di ambizioni che vadano oltre la mera firma autoriale, ha bisogno di confrontarsi con altri aspetti della sua storia (a partire dagli storici flussi migratori che hanno prodotto comunità meridionali altrove, portatrici di proprie istanze di rappresentazione), di uscire da sa stesso per tornarvi con più consapevolezza e di trovare una strada espressiva lontana dalle attuali retoriche neo-identitarie, molto più ag- guerrite di quelle attive settant’anni fa. Nel nostro presente ipercapitalistico e super-estetizzato, il Sud è ancora protagonista di una sintesi di arcai- co e postmoderno che si esprime in forme varie e cangianti, le quali meriterebbero un’analisi più avvertita. Una letteratura capace di interrogare questa condizione avrebbe perlomeno il compito di inaugurare un percorso di autocoscienza criti- ca e di affrancarsi da facili legittimazioni identi- tarie e congregative, stabilendo in prima battuta una sana distanza da modalità di rappresentazio- ne che spesso risultano ancillari a un consumo immediato di Meridione o a un banale desiderio di riconoscimento intellettuale presso il mercato delle lettere. Tuttavia, al netto di poche interes- santi esperienze, non a caso più residuali di altre, mi sembra che questo auspicio resti ancora lon- tano da una sua possibile realizzazione. 7
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