Bolivia 2015 - luglio 2015 - Roberto Calmi (Cile, Argentina, Bolivia) - Dona Un Sorriso | Onlus
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Appunti di viaggio 2015 13 Roberto Calmi Bolivia 2015 (Cile, Argentina, Bolivia) – ooo – luglio 2015 con un po’ di giugno e di agosto 1
Appunti di viaggio 2015 PRESENTAZIONE È sempre bene cercare di tenere in pugno le sorti della propria vita, padroneggiando le varie decisioni che la orientano, ma qualche volta è anche bello lasciarsi trascinare dagli eventi e dalle opportunità. Ci si sente più piccoli, si percepisce bene il fatto che noi siamo, sì, protagonisti della nostra vita, ma solo fino ad un certo punto. Avevo sperato di condividere con degli amici le mie conoscenze di viaggio accumulate nel corso degli anni, accompagnandoli a scorrazzare in giro per il Sudamerica, ma così non è stato, pazienza. Sarà per un’altra volta, mi sono detto. E allora, che fare? Mi è così venuto in mente che durante il mio ultimo viaggio in Bolivia, parlando con Manuel, gli avevo detto che mi sarebbe piaciuto conoscere qualche cosa di più del suo paese, dal momento che avevo visto solo il sud e qualche città. “Anche a me piacerebbe molto – mi ha risposto – sarebbe bello se potessimo fare un viaggio assieme, ti farei conoscere il nord, le Yungas e le foreste, sarebbe proprio una meraviglia”. Cose che si dicono e poi rimangono là, fra i desideri. Poi, due mesi fa, lo chiamo e gli dico: “ricordi, Manuel, quel certo discorso? ...”, il tipo mi prende in parola subito ed eccomi qui a mettere nello zaino piumone, giacca a vento e maglioni. Ovviamente, già che ci sono, non andrò solo in Bolivia. Prima andrò con il mio amico Portioli in Cile per una visita ufficiale alla Fondazione, cosa che non faccio da almeno tre anni. Dopo … beh, non vi sarà difficile indovinare, ma per il momento non sto ad anticiparvi niente, anche perché una certa parte del viaggio che mi attende deve ancora essere definita. Se avessi già programmato tutto minuto per minuto, non sarebbe più un viaggio, 3
Appunti di viaggio 2015 potrei tutt’al più parlare di una serie di spostamenti, ma non sto cercando questo. Ormai lo zaino è pronto e sto solo aspettando che il Portioli mi venga a prendere per andare all’aeroporto, così inizierà una nuova avventura sulla quale vi terrò aggiornati. Per adesso, mando a tutti voi un caro saluto, Roberto 4
Appunti di viaggio 2015 Prima puntata. “L'uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato. Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada, è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare.” Andrei Arsenyevich Tarkovsky E bravo il nostro Tarkovsky, scrive bene. Dunque, secondo lui, io starei cercando la mia anima. Una volta sapevo bene che cos’era l’anima, avevo le idee chiarissime. Diventando vecchio, vedo però che le mie certezze si fanno sempre più problematiche. È un momento così, magari mi passerà. Forse, nonostante qualche mio scetticismo, ha ragione Tarkovsky e sto cercando davvero la mia anima, può essere. A parte questo, eccomi partito un’altra volta. Sono le due di notte di sabato 27 giugno, ora italiana. Il primo tratto, da Milano a Parigi, ci ha offerto uno splendido tramonto rosso sul Monte Bianco innevato, proprio bello. Poi ci siamo trasferiti sull’aereo grosso che ci sta portando da Parigi a Santiago del Cile, quattordici ore e mezzo di volo ininterrotto. Due ore sono già passate e ne mancano solo altre dodici. Dopo il decollo ci hanno portato la cena, e devo dire che non è stata niente male, questi francesi se si mettono sanno fare le cose bene. L’aereo è un Boeing 777, il bimotore più grande attualmente utilizzato dall’aviazione civile, una bella bestia. Abbiamo sorvolato un pezzo di Francia per circa 500 chilometri verso ovest ed ora siamo a nord della Spagna, sopra l’oceano che percorreremo per circa 6.800 chilometri, metro più metro meno. Poi ci saranno 2.500 chilometri di Brasile, 500 di Paraguay, 1.500 di Argentina, poi attraverseremo le Ande, 200 chilometri di Cile e 5
Appunti di viaggio 2015 saremo arrivati. Sono ormai le due passate e incomincia a venirmi sonno. Hanno abbassato la temperatura, vogliono probabilmente abituarci all’inverno cileno che andremo a trovare e mi sono messo un giubbotto pesante. Adesso spengo tutto, metto via, mi tiro su la copertina che danno in dotazione, mi metto una mascherina nera sugli occhi per non essere disturbato dalla luce, i tappi nelle orecchie, una pastiglietta per dormire e via. Non prendo mai pastiglie di alcun genere, per mia fortuna, ma quando faccio questi lunghi viaggi faccio volentieri un’eccezione. Ecco qua, sono le dieci del mattino ora italiana e mancano ancora quattro ore all’arrivo, si può dire che siamo quasi arrivati. Fuori è ancora tutto buio e non si vede niente, ma siamo certamente a buon punto della traversata del Brasile e ho dormito più di sette ore filate. Fra poco verranno a portarci la colazione e nell’attesa andrò avanti a leggere un libro che ho portato con me. Siamo atterrati a Santiago quando appena incominciava ad albeggiare, verso le otto e mezzo locali, qui sono le giornate più corte dell’anno. C’era ad aspettarci in aeroporto il mio amico Patricio detto Pato, con il suo sorriso di sempre. Siamo andati all’Hotel Paris-Londres, dove vado ogni volta che vengo a Santiago, da quando l’altro mio amico Samuel, per motivi economici, ha dovuto mollare il suo piccolo appartamento dove sempre mi ospitava, per andare a vivere con una sorella. Come potete vedere nella pagina che segue, siamo quindi stati al Mercado Central, il mercato del pesce. Approfitto per presentarvi il mio amico Portioli, mio compagno di viaggio. Per adesso dovete accontentarvi di ammirare solo la sua mano destra, inquadrata per farvi capire le dimensioni che hanno certe cozze da queste parti. 6
Appunti di viaggio 2015 Qui sotto invece è un altro frutto di mare che il vicino Oceano Pacifico regala ai cileni: è il picorojo, che vuol dire becco rosso. L’animale costruisce attorno a se questa specie di guscio con i resti di altre conchiglie e rimane dentro, bello al sicuro, mangiando i vari organismi o pesciolini che osano avvicinarsi. Dopo un giro fra le bancarelle del Mercado Central, siamo entrati Donde Blanca (un ristorantino chiamato “da Bianca”) situato all’interno del mercato. I due camerieri più anziani mi hanno riconosciuto, baci e abbracci che non vi dico. Vedete, uno va dall’altra parte del mondo e si sente fra amici. È una sensazione bellissima. Io ho mangiato una zuppa di picorojo, il Portioli, che è molto più morigerato di me, una zuppa di congrio, un pesce locale, e il Pato un’altra specialità chiamata paila marina. Vi ho scritto queste cose dopo una piccola siesta, e adesso ci incontreremo anche con il mitico Samuel, l’altro mio amico storico di Santiago. Da voi è già ora di andare a letto, ma qui sono le sei di sera e dobbiamo stare svegli ancora un bel po’, in modo da allinearci più in fretta possibile con l’orario locale. Spengo e vado a passare quest’ultimo scorcio di giornata. Provo a scrivervi qualche cosa adesso, domenica 28 sera. Ieri (sabato) era stato il nostro giorno di arrivo e la stanchezza assieme ai problemi del fuso orario si facevano sentire. Abbiamo comunque passato una bella serata, cenando con il Pato e con Samuel in un ristorante qui vicino, ricordando assieme cose e avvenimenti degli anni passati. 7
Appunti di viaggio 2015 Oggi il Portioli è stato con i miei due amici e io mi sono dileguato per un’altra destinazione. Voi che siete sicuramente assidui lettori dei miei diari di viaggio, ricorderete che all’inizio del 2014 sono stato con un paio di parenti argentini (la Lisi e Luisito) nel nord del Cile e poi in Bolivia, per visitare assieme l’altopiano sud occidentale di quel paese. Sulla Toyota che avevamo noleggiato (con autista quechua) avevano preso posto anche tre giovani compagni di viaggio cileni, con cui ci siamo trovati molto bene ammirando assieme luoghi di singolare bellezza. Al lasciarci, ovviamente, baci, abbracci e scambio di indirizzi. Con una coppia di questi ragazzi cileni, poi ci sono stati altri contatti via mail molto simpatici e quando hanno saputo che passavo per Santiago mi hanno invitato ad andare a Valparaiso a trovarli, che mi avrebbero fatto conoscere la città, sarei stato a pranzo da loro, eccetera. Come non aderire ad un simile invito? Ero già stato un paio di volte a Valparaiso, ma avevo sempre trovato tempo brutto e la città non mi aveva entusiasmato. Ma l’occasione era senz’altro ghiotta. Rivedere la Daniella (sì, con due elle) e Alexis sarebbe stato un piacere, e visitare una città accompagnato da persone che vi abitano, ve lo assicuro, è tutta un’altra cosa. Così questa mattina ho preso un pullman che in due ore mi ha portato da loro. Erano ovviamente ad aspettarmi al capolinea del bus. Lui ha ultimato gli studi di legge e sta facendo il concorso per diventare avvocato, lei ha fatto degli studi di pedagogia e lavora in un asilo infantile. Hanno ventisei anni e si sono conosciuti giovanissimi, una bella coppia. Mi hanno accompagnato subito nella casa di lui, dove sua mamma aveva preparato uno spuntino, e poi siamo stati in giro per la città. Una città dove trovare un metro di pianura, a parte due o tre piazze vicino al porto, è un bel problema. Tutta abbarbicata su rilievi, alcuni dei quali molto ripidi, con casette generalmente modeste e con architetture assai strane. Purtroppo anche questa volta il tempo non ha favorito la visita, perché c’era una foschia che non vi dico. Qui sono mesi che non piove ed è una cosa strana, perché in genere l’inverno è piuttosto piovoso. L’albergo in cui sto scrivendo qui a Santiago non sembra affatto un albergo. È una casa della vecchia aristocrazia cilena, ora adibito a tale scopo. È entrato nella mia stanza il gatto che di solito accoglie i clienti nella hall, gli ho fatto due carezze e adesso si è messo a dormire sul mio letto. È un coccolone che non vi dico. Dov’ero rimasto? Ah, sì, a Valparaiso, passeggiando con i miei due giovani amici per le viuzze inerpicate sulle colline, con dei piccoli 8
Appunti di viaggio 2015 bar panoramici, bancarelle, terrazze con vedute sulla città sottostante. A dire la verità non si vedeva quasi niente per via della foschia, ma si poteva andare di immaginazione. Molto belle soprattutto le chiacchierate con i due, questo scambio molto vivo fra mondi diversi, non tanto per le radici culturali, che qui sono simili alle nostre, quanto per esperienze generazionali tanto diverse. Sarebbe importante se i giovani parlassero di più con i vecchi e se i vecchi parlassero di più con i giovani. È chiaro comunque che se a monte non ci fosse stata quell’esperienza di viaggio, tutto questo ricco scambio di idee e pensieri non avrebbe avuto luogo. Poi siamo tornati a casa di Alexis, dove sua mamma ci aveva preparato un pranzetto molto curato e abbiamo continuato a chiacchierare a lungo piacevolmente. Nel pomeriggio poi mi hanno accompagnato a fare un altro giretto per la città e poi al pullman per il rientro a Santiago. Qui mi vedete con a lato i miei due amici. Dietro alla mia testa si intravede un piatto di rame appeso al muro. Non pensate che sia l’aureola, non me la merito di certo, né adesso, né mai. 9
Appunti di viaggio 2015 Questa è una delle tante case, come vi dicevo, attaccate alla costa spesso scoscesa dei cerros su cui la città stessa è costruita. Finiscono così i miei primi due giorni di questo viaggio. Domani, lunedì, qui sarà un giorno festivo, perché è san Pietro e Paolo. Una festa più civile che religiosa, istituita negli anni della dittatura. A questo proposito, oggi il Portioli, mentre io ero a Valparaiso, è stato con Samuel a visitare il Museo della Memoria e ne è rimasto molto scosso per le tracce e testimonianze della ferocia con cui quella dittatura si era insediata nel 1973 e aveva mantenuto il potere per sedici lunghi anni di storia molto buia e triste. Io l’avevo già visitato due volte e vi assicuro che se passate da queste parti vale la pena che entriate a passarci un paio d’ore. Bene, adesso è già martedì mattina presto e spedisco al volo questa prima puntata, vorrà dire che un’altra volta vi racconterò che cosa abbiamo fatto nella giornata festiva di ieri. Un caro saluto a tutti, Roberto 10
Appunti di viaggio 2015 Seconda puntata. Sapete chi sono i due loschi ceffi che ho di fianco in questa foto? Forse ve li ricorderete dalla descrizione di miei altri viaggi, sono Samuel (quello pelato) e Patricio detto Pato (quello basso), i miei due amici storici di Santiago, che sempre mi accompagnano nelle mie visite qui in Cile. E sapete dov’eravamo lunedì 29 giugno mattina, così sorridenti, mentre il Portioli ci scattava questa foto? Eravamo a Isla Negra, il paese in cui il grande Pablo Neruda ha trascorso una buona parte della propria vita. 11
Appunti di viaggio 2015 Qui sopra si vede la sua casa, ora trasformata in museo. Qui potrei benissimo raccontarvi una frottola molto credibile, cioè che vi mando solo una foto dell’esterno in quanto dentro non si può fotografare. Invece no, vi dico la verità. Essendo giorno festivo, San Pietro e Paolo, la casa non era aperta alle visite e quindi non si poteva entrare. In realtà qualche dubbio lo avevamo, ma ci siamo detti: “ma no, qui siamo in un paese evoluto, sarebbe il colmo se facessero come in Italia e chiudessero i musei proprio nei giorni festivi!”. Invece, a quanto pare, questa cosa l’hanno imparata da noi proprio bene. In ogni modo, abbiamo passeggiato un po’ nei dintorni della casa e siamo scesi verso il mare, soffermandoci fra quei massi scuri, proprio come faceva Neruda, contemplando l’immensità del mare e ascoltando il fragore delle onde. Lui, dopo, scriveva poesie immortali. 12
Appunti di viaggio 2015 Cuánta piedra litoral alrededor de nuestros ojos! Son redondas de ola, abruptas de arremetida, salidas de los volcanes oceánicos. Son lisas de ágata, ferruginosas y hostiles, acostumbradas al golpe de la sal, al derrumbe del cielo. Quanta pietra litorale attorno ai nostri occhi! Sono rotonde di onda, sferzate all’improvviso, uscite dai vulcani oceanici. Sono lisce di agata, ferruginose e ostili, avvezze al colpo del sale, al crollo del cielo. 13
Appunti di viaggio 2015 Qui vediamo invece il Portioli che, fra una meditazione e l’altra, sta trastullandosi con della durvillaea antarctica, che comunemente qui viene chiamata cochayuyo. Si tratta di un’alga, lunga anche decine di metri, che viene seccata e poi messa in commercio per usi gastronomici. L’oceano la trasporta a riva e la gente spesso la raccoglie per utilizzarla. Ci siamo poi fermati a Cartagena, in un modesto posticino a mangiare qualche cosa. Nel pomeriggio siamo tornati subito a Santiago, in quanto avevamo un appuntamento con Antonio Gana, presidente della Fundación Padre Semeria. In effetti, lo scopo principale di questo breve soggiorno qui in Cile era la visita a questa Fundación, che non vedevo da tre anni. Adesso vi spiego qualche cosa, velocemente, perché non voglio annoiarvi. Nell’ormai lontano 1984 (cavolo, sono già passati più di trent’anni) il mio amico Padre Antonio Bottazzi ha messo in piedi un centro di rifugio per delle ragazzine vittime di violenza. Per ottenere i fondi necessari, mi aveva coinvolto e io, con l’aiuto di coetanei che lo conoscevano, ho un po’ coordinato gli aiuti che arrivavano dal giro di amici comuni e da tanta gente generosa. In questo modo, in maniera informale, abbiamo potuto permettere la nascita di questa opera e la sua crescita. I centri di rifugio (qui li chiamano hogares) sono diventati due e poi tre. Per diversi anni il nostro gruppo di amici ha potuto sostenere più della metà delle spese di gestione. Nel 1998 è stata costituita l’Associazione DONA UN SORRISO, che 14
Appunti di viaggio 2015 prima di ingrandirsi sosteneva solo i tre hogares del Cile. Per un quadro più completo, potete andare a guardarvi il nostro sito www.donaunsorriso.org La situazione, quale la abbiamo trovata adesso, è di un organismo vivo, con alcuni grossi problemi, ma con tanta voglia di continuare e tanto entusiasmo. Dei tre hogares, quello che adesso sta peggio è quello dei ragazzi a Santiago. Sono piccole costruzioni vecchie, adattate di volta in volta alle varie esigenze. È intenzione della Fundación utilizzare un ampio terreno che c’è a lato per costruirvi un immobile nuovo, adatto all’uso specifico, e poi radere al suolo le vecchie costruzioni esistenti per farne un piccolo campo sportivo. Noi ci siamo dichiarati disposti ad esaminare una proposta di partecipare in parte alla grossa spesa relativa. Vedremo meglio quali saranno le nostre disponibilità e le nostre priorità. Gli altri due hogares sono praticamente nuovi, ospitano una cinquantina di ragazze a rischio sociale e sono gestiti in modo professionale e attento ai problemi di quelle vite, tanto giovani e già tanto provate. L’hogar delle ragazze di Santiago è stato costruito con il ricavo della vendita di un terreno, mentre l’altro, situato a San Vicente, in un contesto rurale centoventi chilometri a sud, è stato ricostruito a seguito del grande terremoto del 2010 che aveva distrutto quello vecchio. In questi giorni ci siamo quindi, io e il Portioli, dedicati a visitare questi tre centri. Sono molto contento che finalmente qualche altro socio di DONA UN SORRISO abbia preso visione delle realtà che stiamo aiutando con i contributi di tanta gente generosa che continua ad avere fiducia in quello che facciamo. L’altra sera abbiamo fatto una veloce visita a Londres 38, qui vicino al nostro mitico albergo. Si tratta di uno stabile di tre piani, che era stato usato negli anni della dittatura dalla DINA - Dirección de Inteligencia Nacional (i servizi segreti di Pinochet) come luogo di detenzione, interrogatori e tortura dei dissidenti. Da ricerche compiute dopo la fine della dittatura, risulta che 98 persone, quasi tutte giovani, non ne uscirono vive. Sono scolpiti i loro nomi sulle pietre dell’acciotolato della via antistante. Oggi invece, giovedì 2 luglio, terminati i nostri impegni “istituzionali”, ci siamo presi un giorno di riposo. Il Portioli domani torna in Italia e io passo nella vicina Argentina. Generalmente il percorso da Santiago a Mendoza me lo faccio in pullman, perché è molto bello. Questa volta invece, siccome siamo in pieno inverno, c’è il pericolo di trovare il passo del Portillo (3.500 metri) chiuso per neve. Ho preferito quindi comprarmi un biglietto aereo. È un 15
Appunti di viaggio 2015 volo di quaranta minuti netti: venti per prendere quota, dieci per attraversare le Ande e dieci per scendere. Come al solito, ci vorrà poi un’ora per farsi mettere un timbro sul passaporto, ma questa è un’altra storia. E per finire anche questa puntata, vi mando questa immagine di una cena al ristorante Ostras Azocar, dove servono ostriche e frutti di mare di ogni tipo. Molto meglio guardare il piatto che ci hanno servito, piuttosto che le nostre facce, che sono sempre le stesse. Detto questo, anche questa volta vi saluto e la prossima volta che vi scriverò sarà dall’Argentina, Dios mediante. Ciao a tutti, Roberto 16
Appunti di viaggio 2015 Terza puntata. Ciao a tutti. Anziché mandarvi una foto della solita grigliata di carne argentina, questa volta – sempre stando in tema gastronomico – ve ne mando una di altro genere. Sapete che cosa sono quelle palline rossicce? Sono patate che vengono coltivate sulle Ande, a tre o quattromila metri di altezza, al nord, ben sopra la linea del tropico. Lassù rappresentano una delle risorse alimentari più importanti. Qui vengono commer- cializzate raramente, ma questa volta le ho trovate al mitico Mercado Central di Mendoza. Si mettono in una casseruola dopo aver fatto dorare della cipolla, si aggiunge sale, si va nel patio a prendere qualche erba aromatica e si fanno andare a fuoco molto lento, eventualmente aggiungendo di tanto in tanto un cucchiaio di acqua affinché non brucino. Se venite a trovarmi, ve ne preparo un buon piatto. Sono deliziose, credetemi. Io qui sto bene, e giusto per farvi venire un po’ di invidia vi dirò che sono accanto al caminetto, dove un paio di grossi ceppi di algarrobo (carrubo) stanno bruciando per riscaldare un po’ la casa. 17
Appunti di viaggio 2015 E se non ci credete, guardate qui sotto. Stavo pensando allo sciopero degli insegnanti pubblici che si sta trascinando in Cile da più di due mesi. È una cosa che può essere letta e considerata in vario modo. Da un lato, gli insegnanti vengono meno ad un loro dovere preciso, cioè quello di provvedere all’istruzione dei ragazzi. L’istruzione rappresenta il futuro di un paese e se la si trascura è una cosa grave. Quindi, in pratica, tradiscono il loro compito a danno degli studenti e dei loro diritti. Ma se guardiamo un po’ più in là, dobbiamo anche chiederci il perché di questo sciopero. Due mesi senza stipendio non sono poca cosa per un professore e un motivo deve ben esserci. In effetti, quello che li spinge a scioperare, più che la questione economica è la riforma della scuola, che agli insegnanti proprio non va giù. Io non me ne intendo di problemi scolastici, tanto meno riguardanti un paese straniero e non mi addentro quindi in questioni specifiche. Tuttavia, la mia impressione è che ci sia una strategia di fondo comune, che non riguarda solamente il Cile. Si vuole cioè penalizzare e umiliare la scuola pubblica, a vantaggio della scuola privata. Gli insegnanti della scuola pubblica fanno due mesi di sciopero? Benissimo, si fa un po’ di economia e si aumenta il prestigio della scuola privata, non c’è niente di meglio. E per arrivare dove? A chi giova? Non mi sembra poi tanto difficile da immaginare. L’idea è che devono studiare solo i figli dei ricchi, affinché il potere rimanga anche per il futuro saldamente in mani sicure. Se anche i poveri si mettono a studiare, possono poi succedere delle cose disdicevoli, perché se per caso uno di loro 18
Appunti di viaggio 2015 accede a posti di potere, è capace poi di reclamare più giustizia sociale, più diritti e una società più equilibrata, cosa che non va bene, non si addice, va contro privilegi che si credono acquisiti per sempre. No, per carità, non sia mai che a qualche persona di potere venga in mente di mettere mano a certi temi. No, il potere deve essere saldamente tenuto in mano da alcune lobbies, e solo i figli delle famiglie potenti devono studiare in università in cui certe logiche perverse hanno assunto il rango di scienza. Quindi, lasciamo che gli scioperi continuino e che la scuola pubblica vada a rotoli, tanto meglio. Il mondo deve andare avanti con le regole esistenti (via via adattate alle logiche funzionali al più forte) e guai a chi le tocca. Per dirne una, basta pensare ai privilegi delle banche, che intascano gli utili e socializzano le perdite. Bella forza, sarei capace anch’io di fare l’imprenditore stando in una botte di ferro di questo genere! Una banca, per guadagnare di più, fa degli investimenti sbagliati e si trova il portafoglio pieno di porcheria inesigibile? Secondo me, dovrebbe essere lasciata fallire! I clienti, i creditori, prendono una fregatura? Peccato per loro, ma anche i clienti devono sapere che se l’unico criterio per scegliere la propria banca è la massimizzazione del profitto, i rischi ci sono e può andare male. E questo è solo un esempio. Guardate che queste cose non le dico solo io. Sentite un po’ che cosa dice, per esempio, il papa nell’ultima enciclica uscita, quella sui temi ambientali: Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo. da Enciclica Laudato si’, del 24 maggio 2015 – cap.189. Poi si potrà dire – spesso a ragione – che la Chiesa predica bene e razzola male, impigliata nelle sue incoerenze, almeno per quanto riguarda l’apparato organizzativo. D’altra parte, se c’è qualcuno che dice le cose in modo trasparente, scientifico, sociologicamente 19
Appunti di viaggio 2015 corretto, sono proprio i papi nelle loro encicliche sociali. Peccato che questi testi nessuno poi li legga, a partire da chi li dovrebbe imparare a memoria e divulgarli quotidianamente, peccato proprio. Quasi mai, che io sappia, i preti affrontano con adeguata determinazione questi temi, perché hanno paura che dopo la messa, in sacrestia, arrivino i soliti zelanti ad accusarli di comunismo, così come se tutto si fosse fermato ai tempi della guerra fredda. Peccato proprio. Così va il mondo, i poveri sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi e quanto rimane della classe media si trova sempre più strozzato fra questi due poli. I conti tornano, anche perché la classe media è la più pericolosa, è quella che saprebbe un domani mettere in questione un sacco di cose che non funzionano in questo mondo sgangherato. Mentre scrivo queste mie elucubrazioni, qui sono già le otto di mattina ed è ancora tutto buio. Io al mattino mi metto sempre in pista presto, e anche qui conservo questa abitudine. Qui le connessioni internet vanno a momenti, e vedo che al mattino presto, quando la gente è ancora a letto, è molto più veloce. Così mi alzo, guardo la posta, ascolto un notiziario italiano e quando trovo l’ispirazione giusta mi metto a scrivere qualche cosa agli amici. La María Inés sta bene, è sempre uguale e sempre innamorata del suo cane, il Polo, il quale non accenna assolutamente a diventare un po’ meno scemo. Al mio arrivo ho trovato la “mia” stanza tutta a posto, con il letto fatto e gli asciugamani stirati. Una meraviglia. Sono arrivato venerdì scorso a mezzogiorno e nel pomeriggio sono andato dal mio amico Hector, il mio arbolito di fiducia, quello che mi accompagna in luoghi malfamati di Mendoza a a cambiare gli euro al cambio nero, pagandomeli – questa volta – 14,20 pesos per euro anziché i 10 circa del cambio ufficiale. So benissimo che questo tipo di transazioni finanziarie comporta qualche rischio, per esempio ritrovarmi con dei pesos falsi, oppure ricevere una martellata in testa e trovarmi in mutande. In questo caso, la mia perdita non verrebbe socializzata, bensì resterebbe tutta mia, ma è un rischio calcolato e la cosa mi lascia tranquillo. Sabato poi mi sono dedicato a fare qualche commissione. Sono stato al Mercado Central e ho comprato sei milze e un polmone, con cui la María Inés ha poi preparato con della farina dei prelibati pasti per il quadrupede. Lui è sicuramente più affettuoso con me di quanto io non lo sia con lui, però ci rispettiamo e ciascuno dei due esprime come riesce le basi per una sana coabitazione. 20
Appunti di viaggio 2015 Ho tardato un po’ a mandarvi questa terza puntata, perché, come vedete, non ho notizie particolari da darvi e finirei per scrivere le cose che ho già scritto diverse volte. Qui la vita continua come sempre, i miei parenti sono sempre molto affettuosi con me e mi sento molto ben voluto. Una cosa molto bella. Mi riposo e mi godo la compagnia del caminetto scoppiettante. Ho sentito che voi state tutti crepando di caldo. Vedete com’è ingiusto il mondo? Voi crepate di caldo e io sono qui vicino al fuoco con su due felpe e un maglione. Quanto meno, questo tipo di ingiustizia non dipende dall’ingordigia umana, ma dall’inclinazione della Terra di 23 gradi e qualche cosa rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita terrestre. Mi piacerebbe, uno di questi giorni, spiegarvi meglio come funziona questa storia. Ho sempre creduto di saperlo, e invece l’ho capita bene solo pochi anni fa. Il problema è che spiegare questa cosa a parole è una cosa complicata. Se invece uno prende un pallone, lo mette in mezzo a una stanza dicendo che è il sole, poi infila un ferro da calze in un’arancia e dice che è la terra, allora con un breve discorso tutto diventa chiaro e si capisce anche dov’è il trucco per convincersi esattamente com’è la storia delle stagioni. Veramente, se si volessero rispettare le proporzioni, anziché un’arancia bisognerrebbe prendere un granello di pepe o una sferetta di mozzo di bicicletta. In questo caso le proporzioni sarebbero meglio rispettate, ma vi vorrei vedere ad infilare il ferro da calze. Meglio utilizzare l’arancia, dicendo ben chiaro che le proporzioni e le distanze non sono rappresentate per niente dall’esempio. Se venite qui, possiamo farci un buon asado nel caminetto, che c’è qui in casa. 21
Appunti di viaggio 2015 Questa volta sono state di più le divagazioni che la cronaca del viaggio. Lo sciopero dei professori cileni mi ha fatto venire in mente un sacco di cose e ve ne ho raccontate alcune. Il fatto che fuori sia ancora buio e faccia freddo mi ha invece fatto venire in mente la storia delle stagioni, che non c’entra niente con lo sciopero dei professori, ma vi ho raccontato anche quella. Spero di non avervi annoiato più di tanto e mando a tutti voi un caro abbracccio, Roberto 22
Appunti di viaggio 2015 Quarta puntata. Buongiorno a tutti. È sabato mattina, 11 luglio. Provo a raccontarvi qualche cosa circa questo mio soggiorno argentino, che volge decisamente a termine. I giorni scorsi ho invitato un po’ di parenti al Jesus María. Il Jesus María non è una chiesa, bensì un noto ristorante di Mendoza che si chiama così. È famoso per le sue grigliate di carne, pensate che i proprietari hanno dalle parti di Cordova un terreno con dei bovini i quali ivi risiedono, vanno in giro a mangiare, fanno i fatti loro, prolificano e vivono felici senza nemmeno dover pensare alla prospettiva di una morte dopo una lunga e grigia vecchiaia. Gli argentini sono sempre molto attenti a questi temi e fanno di tutto per evitare che tali cornuti quadrupedi facciano una fine tanto triste. Fatto sta che al Jesus María si mangiano delle grigliate da campionato e ci vanno quelli che se ne intendono. A me lo aveva suggerito un taxista (in genere loro sanno tutto) e da allora sono diventato un frequentatore assiduo e conosciuto. In questi giorni invece sono destinatario di molti inviti da parte dei parenti. Ieri sera ero da María de los Ángeles, che con Luisito (suo figlio) aveva preparato un piatto messicano. C’era anche Lito con la sua famiglia, che conosco ormai da anni, e abbiamo passato una bella serata. Oggi a pranzo sarò da Gabriela, la mamma di Lisi, questa sera sarò a cena ospite di María Inés con altri parenti in un altro ristorante cittadino. Domani a mezzogiorno invece sarò dal Tono per un asado, che mi aveva promesso da tempo. Il Tono è un personaggio frequentatore di questa casa, marito della René, la quale era stata per tanti anni la domestica di mia cugina Inés. Gente buona, semplice. Non potevo certo rifiutare quell’invito. Mi ha detto la María Inés che qualche giorno fa, prima del mio arrivo il Polo aveva male ad un orecchio, così lo ha portato dal veterinario, poveretto. Poveretto il veterinario, ovviamente. Ogni volta che il quadrupede ha male da qualche parte, la María Inés deve cercare un veterinario sempre più lontano, perché quelli della zona sono tutti stati morsicati dal Polo. Mi ha detto che erano in tre a tenerlo fermo sul lettino mentre il veterinario gli puliva l’orecchio e gli versava dentro delle medicine, e che appena l’orecchio è stato medicato il veterinario ha dovuto rinchiudersi nel cesso, per evitare l’atroce vendetta del quadrupede. Solamente dopo essere arrivato a casa gli hanno tolto la museruola e si è messo un po’ più 23
Appunti di viaggio 2015 tranquillo. È inutile, il Polo è bravo, affettuoso (anche troppo), ma vuol fare sempre e solo quello che vuole lui. Domenica 12 luglio. Non vi ho raccontato per filo e per segno quello che ho fatto in questi scorsi giorni, perché sarebbe la ripetizione di quanto vi ho già scritto varie volte in passato. Qui continua a fare un bel freddo e questa mattina, nel tepore del mio letto, riflettevo come sia già arrivata anche questa volta l’ora di partire da qui e di salutare tante persone, appartenenti o meno alla mia famiglia, che mi vogliono bene. Questa sera partirò per Salta, ci starò un paio di giorni, e poi si aprirà la terza fase di questo mio viaggio, in Bolivia. La fase argentina ha costituito un momento di riposo, sia fisico che mentale e come al solito quando vado via da qui mi dispiace, perché questa casa e questi luoghi sono per me molto familiari. Non tanto per la casa e per i luoghi, quanto per l’intreccio dei legami umani che qui mi coinvolgono. Qui sotto vedete il momento del commiato con il Polo, il famoso cane di casa. E rieccomi su di un pullman, qui siamo in pieno periodo di vacaciones de invierno, un po’ come da noi le vacanze di Natale. I posti migliori erano tutti già occupati e ho dovuto accontentarmi di una poltrona reclinabile fino a 160°, quindi non va giù del tutto e si dorme un po’ più scomodi, ma pazienza. Anche la cena non è stata delle migliori, ma meglio così, ho mangiato poco e lo stomaco riposa un po’, dopo le fatiche dei giorni scorsi. L’unica cosa che posso fare è mettermi qui tranquillo a scrivervi un po’. Il pullman scivola tranquillo a novanta chilometri all’ora per 1.300 chilometri 24
Appunti di viaggio 2015 fino a Salta e farà in tutto 5 fermate di pochi minuti ciascuna: San Juan, La Rioja, Catamarca, Tucumán, Güemez. Oggi a mezzogiorno, dunque, eravamo a casa del Tono per un asado, l’asado de la despedida (dell’addio). Nel gennaio scorso li avevo invitati a casa “mia” in calle Pizzurno e per l’occasione avevo comprato un maialino di latte intero già cotto al forno. Era una meraviglia ed è stato abbondantemente apprezzato, per cui si sentivano in dovere di ricambiare l’invito. René, la moglie, era stata assunta giovanissima come domestica da mia cugina, la mamma di María Inés, subito dopo la morte del marito ed era stata trattata sempre come una figlia. Di fronte abitava un’altra famiglia e uno dei figli si chiamava Antonio, il Tono appunto. La René dicono che fosse una ragazza bellissima e così il Tono una domenica la invitò a bere un’aranciata nella piazza principale di Godoy Cruz. Eccetera eccetera. Anche dopo il matrimonio la René ha lavorato nella casa di mia cugina per parecchi anni e successivamente ha continuato a frequentare la casa di mia cugina con la sua famiglia, costituita da lei, il Tono e i due figli, la cui parlantina non risulta equamente distribuita: il Martín non parla praticamente mai e il Facundo è un chiacchierone di prima categoria. Il primo è ingegnere agronomo e il secondo un tecnico meccanico. Anche il Tono, che ormai ha i suoi ottant’anni, parla volentieri del proprio passato. A me piace molto, perché sa dipingere bene com’era la vita cinquant’anni fa qui in Argentina. Ben coperti con giacche e maglioni, eravamo fuori, nel patio, a curare il fuoco, la brace e l’asado e lui continuava a parlare di fatti e aneddoti di quei tempi lontani. Aveva uno zio che aveva perso un occhio a causa di una zoccolata ricevuta mentre ferrava il suo cavallo. Era molto appassionato di cavalli. Quando era ubriaco e non riusciva più a camminare lo aiutavano a salire sul cavallo e lui partiva come una saetta. Cavalcava meglio da ubriaco che da sobrio. Era tutto orgoglioso, perché il suo cavallo permetteva di essere cavalcato solo da lui e buttava giù inesorabilmente chiunque altro gli saltasse in groppa. Un giorno, ai tempi della dittatura, c’era nella piazza di Godoy Cruz una celebrazione della fiesta patria con tanto di suonatori, danze in costume, militari, eccetera. Ubriaco fradicio, entra lo zio a cavallo gridando a gran voce: “viva Chile, Argentina mierda!”. La gente lo conosceva e rideva, ma i militari non se lo potevano permettere. Anche loro ridevano, ma se poi c’era qualcuno che riferiva ai superiori di una loro eventuale indifferenza sull’accaduto, sarebbero stati guai. Così iniziò l’inseguimento. Dopo un bel po’ di 25
Appunti di viaggio 2015 tempo tornarono con il cavallo solo, incazzatissimo. Lo zio era da tutt’altra parte che dormiva in una asequia asciutta, un canale di irrigazione, facendosi così passare la sbornia. In pratica il cavallo aveva capito tutto, aveva mollato lo zio e si era messo a correre da tutt’altra parte per sviare le ricerche. Un racconto via l’altro, l’asado era ormai pronto e ci siamo messi a tavola. Era nel frattempo arrivato il Facundo e anche lui si è messo a raccontare di quando stavano facendo una strada sulle montagne. Il team operativo consisteva in un raffinato e inappetente gruppetto di peones. Uno di loro aveva un rifle, un fucile, e anziché andare a fare la spesa dal macellaio, che distava chilometri e chilometri dietro le montagne, sparavano a un guanaco e gli facevano la festa. Con la sua carne facevano delle empanadas, che sono dei ravioloni, ci mettevano dentro carne tritata, cipolle e spezie varie e poi mettevano sul fuoco un disco di sarchiatrice concavo a mo’ di pentolone. Vi mettevano dentro il grasso del guanaco e un paio di chili di burro e quando il tutto bolliva ci buttavano le empanadas a friggere. Fatte in qualche modo, spesso si aprivano un po’ e si impregnavano di grasso, ma erano buone ugualmente. Questa era la picadita, cioè lo spuntino iniziale. Poi arrivava l’asado di guanaco, il pasto vero e proprio. Ovviamente, il tutto innaffiato con enormi quantità di vino. Dice il Facundo che mangiavano come delle bestie e bevevano come cloache. Quando erano belli sazi e sbronzi andavano a dormire nelle loro baracche, pronti per andare il giorno dopo a lavorare. Non so se ci credete, ma con quella gente semplice e di modeste condizioni mi sono trovato molto bene e ho passato delle ore immerso nelle realtà di questo paese. Molto bello. Il Luisito aveva un pressante appuntamento con lo stadio di calcio, gli altri parenti li avevo già tutti salutati, per cui al pullman c’erano ad accompagnarmi solamente María Inés e María de los Ángeles. Ormai è tardi, spengo e cerco di dormire qualche ora. Lunedì. Mi sono svegliato verso le sette, ma era ancora buio e ho cercato di dormire ancora un po’. Ho passato la mattinata tranquillo, sdraiato sulla mia comoda poltrona, guardando fuori dall’ampia vetrata del pullman le pianure che si snodavano lentamente, avvolte nel grigiore dell’inverno. Salta, dove sono arrivato nel primo pomeriggio, è meta di molto turismo interno, soprattutto in una stagione di vacanze come questa. Sapevo che gli alberghi sarebbero stati tutti pieni, e per questo mi ero attivato ed ero riuscito a prenotare attraverso internet una sistemazione che mi pareva facesse al caso mio. Quando viaggio da solo non prenoto mai niente, mi piace di più 26
Appunti di viaggio 2015 affidarmi alle conoscenze del taxista che mi prende in consegna e mi sono sempre trovato bene. Facendo così, se un posto non mi piace torno sul taxi e si va a cercarne un altro. Questa volta invece c’era ben poco da scegliere e ho preferito prenotare. Calle Urquiza 157. Il taxista mi lascia sul posto, ma nessuna traccia di sistemazioni alberghiere. Calle Urquiza 157 non esisteva e io ero là come un pirla con la mia valigia sul marciapiede. Benissimo, dico, vedrò come uscirne. Guardo, cerco, mi guardo in giro. Non si vedeva alcuna faccia sospetta, solo gente che camminava e andava per i fatti propri. C’era un portoncino senza alcuna indicazione, spingo e mi trovo in un cortiletto in fondo al quale c’era un cane che abbaiava. Mi sento chiamare: “¿Roberto?”. “Sí, soy yo”. Una faccia che mi ricordava la gente del trentino, era un giovane che aveva ereditato da chissà chi quegli occhi fatti per guardare le montagne e la neve. “Lo estaba esperando, que bien que vino”. La parola “vino” sta ad indicare, come in italiano, la nota bevanda derivata dalla spremitura dell’uva, ma è anche il passato remoto del verbo venir, terza persona singolare. Qui il passato prossimo c’è, ma non lo usa nessuno, fanno come in Toscana, e usano solo il passato remoto. Per farla breve, il tipo era contento che fossi arrivato, perché mi stava aspettando e aveva paura che nonostante la prenotazione non mi facessi più vivo. È un monolocale, una via di mezzo fra lo squallore e il decente, ma sono criteri soggettivi. Oltre a un paio di letti, c’è il bagnetto e un angolo di cucina con tanto di frigorifero. Il ragazzo non abita qui, ha solo l’incarico dalla proprietaria di gestire il tre o quattro minuscoli appartamenti che danno su questo cortiletto. Nessun portiere, solo la chiave del monolocale, quella del portoncino esterno e l’assicurazione del ragazzo che nessuno sarebbe entrato a rubare, perché “la zona è tranquilla e non è mai successo alcun furto”. Il ragazzo mi dava fiducia e l’alternativa sarebbe stata cercare un altro taxi e farmi portare in qualche albergo di lusso, che forse aveva ancora una stanza libera. Ma non mi è mai piaciuto sprecare i soldi in quel modo e l’idea non mi andava. Il tipo mi ha dato il numero del suo cellulare per qualsiasi necessità, gli ho dato i soldi necessari per le due notti, lui mi ha dato le chiavi, ovviamente nessuna ricevuta, e ci siamo salutati. 27
Appunti di viaggio 2015 C’è una connessione internet che è una meraviglia e va come quella a fibre ottiche che ho a casa mia. Ho guardato la posta e mi sono sdraiato un po’ sul letto. Ho messo in uno zainetto tutte le cose di un certo valore (macchina fotografica, computer, altre cosette varie) onde limitare al massimo le conseguenze di un eventuale furto, poi sono uscito e sono andato a piedi a farmi un giro alla Plaza Central, una fra le più belle piazze di tutta l’Argentina. In calle Adolfo Güemez 464 mi ha aperto Facundo, il figlio ventenne accogliendomi con un abbraccio caloroso. Poco a poco sono comparse Evangelina, poi Flavia (le due splendide gemelle), poi le loro amiche. Infine è arrivata doña Mariarosa (detta Mara). Un’accoglienza come fra parenti stretti. Mara non aveva capito che sarei arrivato oggi e mi aspettava per domani. Nessun problema, ha sbucciato dei pomodori, ha aggiunto del basilico e ha preparato un sugo per la pasta. Aveva nel freezer delle fettuccine fatte in casa da lei, che è di origine calabrese, e infine ci siamo messi a tavola. Da venti giorni non mangiavo della pasta decente, in pullman avevano dato solo un panino con dell’insalata, e quindi avevo un buon appetito. Poi un taxi mi ha riportato in Calle Urquiza 157, e io sono qui ben coperto a scrivere agli amici il mio diario di oggi. L’alloggio dispone di un calorifero elettrico, ma a me piace dormire al freddo, per cui non l’ho acceso. Fa freddo, ma non siamo certo sotto zero. Adesso comunque spengo e vado a dormire. Sopra il letto c’è un bel piumone invitante. Ed ecco mercoledì 15 luglio, giorno del trasferimento in Bolivia. Ieri ho passato un giorno di riposo qui a Salta, leggendo, scrivendo, andando a spasso per la città come un qualsiasi salteño. Niente di rilevante da ricordare, se non la serata, passata in casa di Mara. Aldo, il marito separato, aveva detto che sarebbe venuto per fare l’asado, ma ha poi telefonato che non stava bene e quindi l’asado lo abbiamo fatto io e il Facundo. Si ricordavano tutti dell’asado che avevamo fatto un anno e mezzo fa, per festeggiare il 13 febbraio il compleanno mio e delle gemelle (siamo nati nello stesso giorno, anche se in anni diversi e da gentori diversi). Così, anche in assenza di compleanni, abbiamo ripetuto la cosa. Sono stato con Facundo a comprare il necessario: carne e legna, ma abbiamo faticato non poco a trovare la molleja, una parte dell’animale che dovete assolutamente venire qui a mangiare, ben asada sulle braci di legna. A dire il vero è un po’ grassa, ma non ne dà l’impressione, è una cosa buonissima. Il mio colesterolo va bene e non credo che il mio dottore abbia molto da ridire circa questi miei strappi 28
Appunti di viaggio 2015 dietetici. In ogni modo, fra poche ore sarò sull’aereo che mi porterà in Bolivia, dove la dieta sarà certamente più sobria. Qui sopra potete vedere la prima fase della preparazione: non sono petti di pollo, bensì sono mollejas appena messe sulla griglia. Qui invece potete ammirare l’asado quasi pronto. Da sinistra in alto: chinchulines, mollejas, entraña e matambre. Il matambre lo si vede ancora crudo, perché, cuocendo molto in fretta, viene messo sulla griglia per ultimo. 29
Appunti di viaggio 2015 Ecco una foto della bella compagnia di ieri sera. Da sinistra: Francisca (amica di Evangelina), Evangelina, io, Rocío (morosa di Facundo) e Facundo. Io sono quello a destra, ma forse lo capivate da soli. A sinistra c’è Evangelina, sempre più bella. 30
Appunti di viaggio 2015 Finisce qui questa quarta puntata. La connessione internet è sparita, per cui proverò a spedirvela dall’aeroporto. Altrimenti più tardi o domani dalla Bolivia. Mando a tutti un caro saluto, Roberto 31
Appunti di viaggio 2015 Quinta puntata. Mancano pochi minuti alla partenza del mio volo Amaszonas Z8 0461, ma qui all’aeroporto di Salta non si vede il becco di un aereo. Ce n’erano due o tre della Aerolineas Argentinas, ma sono partiti e adesso si vede una bella e grande spianata vuota. Qui nella sala d’attesa siamo una trentina di persone e sto ascoltando il chiacchiericcio di un gruppo di argentini che vanno a Santa Cruz per lavoro. Quello che è chiaro è che se l’aereo non arriva non può ripartire. Aspettiamo e vedremo. Sullo schermo c’era scritto che il volo sarebbe stato in orario, ma è ormai chiaro che partirà in ritardo, anche se l’altoparlante non dice niente. Arrivano un paio di aerei, ma sono della Aerolineas Argentinas. Niente da fare. Aspetta aspetta e finalmente eccolo che arriva. Rispetto ai due Boeing 737 parcheggiati sembra un microbo. E pensare che il 737 è il più piccolo della serie Boeing. Si tratta di un CRJ 200 della Bombardier, una ditta canadese che fabbrica piccoli aeroplani di linea. Si apre una scaletta e scende qualche persona, poi arriva un carrello vuoto per portar via le valigie in arrivo e uno pieno di valigie, fra cui anche la mia (spero). Adesso vediamo un po’ se si decidono a farci salire. Riprendo a scrivere da Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Sono arrivato qui dopo uno scalo a Tarija, con una bella ora di ritardo. Il viaggio è stato un alternarsi di scossoni tremendi con tratti di tranquillità assoluta. Dopo l’atterraggio, una gentile fanciulla elegantemente vestita mi ha graziosamente annunciato che il volo per Cochabamba era già partito. Così ho dovuto rifare il check-in e mi hanno riprogrammato il volo per questa notte alla 1.45, una vera delizia. Starò qui in aeroporto per sei belle ore, due delle quali già passate. Per me non è un problema, ma mi è dispiacuto per le persone che mi aspettavano puntuali a Cochabamba. Li ho chiamati e mi hanno detto che saranno comunque al mio arrivo a ricevermi. Ho provato a dire loro di andare a dormire e che ci saremmo visti domani, ma non c’è stato verso. Che cosa ci posso fare se anche in Bolivia ho degli amici cosi? Giovedì 16 luglio. Sono ospite in un convento di frati domenicani a Cochabamba. Adesso vi spiego. Nel giugno scorso è stato per un paio di settimane a casa mia il Padre Julio, un domenicano di questa città. Lui lavora con VOSERDEM, l’organismo locale partner di DONA UN SORRISO in Bolivia. È stata una cosa molto bella e lui adesso ha voluto ricambiare l’ospitalità ricevuta. 32
Appunti di viaggio 2015 È una casa molto semplice, con un cortile e due chiostri di cemento, uno che fa tutto il giro del cortile al primo piano e un altro su due lati al piano terreno. Nel cortile c’è una grande pianta di paltas (avocados), ovviamente ancora piccoli e acerbi, perché anche qui siamo in pieno inverno. Definire “delizioso” questo clima è dir poco. Siamo a 2.700 metri di altezza, ma siamo anche in piena zona tropicale, per cui il sole gira piuttosto alto tutto l’anno e di giorno picchia. Di notte invece la temperatura si abbassa molto e bisogna dormire con un paio di coperte o magari anche tre. Diciamo che la temperatura varia da 24/27 gradi di giorno e 3/4 gradi di notte. Una meraviglia. Questa mattina c’è stato un primo incontro alla sede di VOSERDEM, poi sono andato a spasso con Manuel, che è il responsabile dei progetti finanziati da DONA UN SORRISO. Questo è il ramo più alto della pianta di avocados, con frutti e fiori, che c’è nel patio del chiostro. È più alto del tetto di questa casa, che ha due piani. Nel pomeriggio, con Manuel e Padre Julio, abbiamo fatto un altro giro per la città, ci siamo sparati una bottiglia di birra boliviana e poi siamo stati in un modesto posticino a cenare. 33
Appunti di viaggio 2015 Venerdì 17. Sono stato tutta la mattina con Manuel. È un tipetto dinamico, tutto schizzato, entusiasta, formidabile organizzatore, con una precisione e puntualità svizzera, figlio di madre quechua e di padre aymara. Fra le 36 etnie presenti in questo paese, queste sono le due numericamente più importanti. La Bolivia? Solo due parole per dirvi che è grande come quattro volte l’Italia e ha dieci milioni di abitanti, ma c’è chi dice undici. Più del 60% della popolazione è costituita da indios precolombiani, che mantengono le loro varie identità culturali e sociali. Nove anni fa è stato eletto capo dello stato Evo Morales, un aymara proveniente dalla selva. Così, per la prima volta nella sua storia, questo paese ha un capo che pensa alla gente, e non un discendente di spagnoli con l’unica preoccupazione di fare gli interessi dei grandi latifondisti delle pianure orientali. Storicamente, è un paese di perdenti. Nelle varie guerre che si sono succedute, ha ceduto al Cile l’accesso all’oceano, un altro pezzo di territorio al Perù e un altro al Paraguay. Comunque rimangono pur sempre al paese un bel milione e duecentomila chilometri quadrati. La parte occidentale è costituita da grandi cime andine di 6.000 metri ed oltre e da un enorme altopiano, la cui parte meridionale comprende lo splendido salar de Uyuni e una quantità di altre bellezze di prim’ordine. La parte settentrionale dell’altopiano comprende una parte del Titicaca, il più grande e alto lago del Sudamerica. La parte orientale e settentrionale è costuituita invece da foresta tropicale. Fine della descrizione di questo paese. Vi stavo dicendo che questa mattina sono stato in giro con Manuel. Girare per una città con uno del posto è sempre un “andare in giro” a un livello che non ha confronti. Mi ha accompagnato a bere un caffè dove lui sapeva che lo avrebbero fatto come piace agli italiani, poi siamo stati a cambiare i soldi. In Bolivia non ci sono gli arbolitos come in Argentina. Evo Morales ha dato una bella botta agli andazzi di corruzione e di malaffare che c’erano prima. Siamo quindi andati da un cambiavalute ufficiale. Il valore dell’euro si è abbassato mica male, pochi mesi fa era a 8,50 e adesso è a 7,50. E mi è andata bene, perché nessuna banca voleva comprare euro in quanto pare che si abbasserà ancora. Per 23 euro mi sono comprato un pio di scarponi di cuoio, perché Manuel mi ha detto che dovremo camminare nella foresta una mattinata intera. Staremo a vedere che cosa diavolo avrà in testa quel folletto. Poi mi ha accompagnato alla cancha, il mercato della città. Dicono che sia il più grande del Sudamerica. Un labirinto coloratissimo, con odori difficili da decifrare, un misto di spezie, coca, frutta, fiori …, un casino impensabile. Da solo non credo che mi ci sarei addentrato molto, non fosse altro per il problema di 34
Appunti di viaggio 2015 come fare a uscirne senza perdere l’orientamento. Ma con Manuel è stata tutta un’altra cosa. Dovete accontentarvi di immaginarlo, quel mercato, perché volutamente ci sono andato senza macchina fotografica. Non tanto per paura di un furto, quanto perché le donne, come vedono una macchina fotografica all’opera, si mettono a gridare e invocare all’indirizzo tutte le maledizioni loro e dei loro antenati. Meglio lasciar perdere, non si sa mai. E poi non sarò certo io a venir qui, ospite di questo paese, e non rispettare le persone che vi abitano, ci mancherebbe. In ogni modo, anche se avessi potuto fare delle foto e se ve ne mandassi alcune, sarebbe solamente una lontana e pallida idea di ciò che ho visto in quel mercato. Vi descrivo adesso una foto che non ho fatto, ma che mi è rimasta impressa nella retina e che conservo nitidamente. Era una vecchia accovacciata in terra, con una gonna lunga scura e uno scialle coloratissimo, una vera armonia di colori. Davanti aveva un cesto con delle cosette da vendere: sacchetti di spezie, mazzolini di fiori secchi di camomilla e altro. La vedevo un po’ in controluce, aveva un cappello e sul suo volto era tracciata l’ombra della grande tesa perforata. Dietro a lei c’era del fumo bianco che adornava lo sfondo. Credetemi, sarebbe stato un capolavoro. Un’altra foto che non ho fatto è la seguente: un uomo seduto su uno sgabello basso, che mangiava con un cucchiaio del chuño in un piatto che teneva in mano. Accanto a lui una bimbetta di quattro o cinque anni, vestita da boliviana a tutto punto, con gonna lunga azzurra, sciarpa colorata e nastrini in testa, tutta intenta a giocare con un cellulare. Domenica mattina, riprendo a scrivere. Povero il mio diario! Fra una storia e l’altra lo trascuro davvero. Qui ogni momento viene qualcuno a interrompermi, affermando di aver paura che io mi senta abbandonato o che mi annoi. Mi sembra di essere un’attrattiva turistica, ma non è così. Queste persone mi fanno capire in mille modi che sono interessate a parlare con me, a conoscermi e via dicendo, invitandomi di qua e di là. Ieri mattina sono stato con Charito, la segretaria di VOSERDEM, ad un incontro con las abuelitas. È un gruppo di una cinquantina di vecchiette di strada abbandonate, che Charito conosce bene e di cui segue un po’ i problemi e le sofferenze. Un paio di volte al mese, con fondi che DONA UN SORRISO mette a disposizione, c’è questo incontro. Si siedono tutte belle educate intorno ad un grande locale e alcune volontarie incominciano la distribuzione di qualche genere di prima necessità: sapone, olio, riso, zucchero. Sono quasi tutte vedove, abbandonate dai figli e poverissime. Per l’occasione c’è stata anche la distribuzione di uno scialle di pile per 35
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