2019 DI TRAPANI CIRCOLO DEL CINEMA - Trapani Nostra
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CIRCOLO DEL CINEMA DI TRAPANI 2019
IN COPERTINA: valeria Golino, EUFORIA sara Colangelo, LONTANO DA QUI Pawel Pawlikowski, COLD WAR Isabel Coixet, LA CASA DEI LIBRI rachid Hami, LA MÉLODIE Christian Petzold, LA DONNA DELLO SCRITTORE Lucas Dhont, GIRL Philippe van Leeuw, INSYRIATED Composizione e stampa: QUICK servICe Trapani Il presente opuscolo gratuito è riservato all’uso esclusivo dei soci. I testi sono tratti da varie fonti on-line e da riviste del settore. si ringraziano la Libreria Best Seller, la Libreria del Corso e la Cartolibreria Galli 2
“Il Cinema è l’arte realistica in quanto si basa sull’identità con la realtà, sulla fissazione della realtà in ogni immagine. Lo specifico del cinema è quindi fissare ogni immagine nel tempo; l’arte del cinema è una scultura del tempo”. Andrej Tarkovskij n n o 40º a CIRCOLO DEL CINEMA DI TRAPANI dal 1979 nel Manifesto Nazionale delle Associazioni di cultura cinematografica FeDerAZIONe ITALIANA DeI CIrCOLI DeL CINeMA ANNO SOCIALE 2019
anniversario 1979-2019 Soci fondatori 1979 Consiglio direttivo 2018 serGIO CArTA serGIO CArTA PRESIDENTE ANTONINO GeNTILe vINCeNZO FUGALDI IreNe DAIDONe GIUsePPe CATANIA LeONArDA BerTOLINO ANGeLA CANGeMI ANGeLA CANGeMI PIeTrO BArBerA eLIO esPOsITO LeONArDA BerTOLINO GIUsePPINA GANDOLFO LOreNA COLUCCIA GIOvANNA CAMAssA LOreDANA sALADINO ANNA BerTOLINO CONCeTTA BArBerA BerNArDO PeTrALIA GIUsePPe BrUCATO ANGeLO CAssONe LOreDANA MArCeCA Collegio dei probiviri GIUsePPe MArINO GAeTANO AsTA eLIO esPOsITO PRESIDENTE GIUsePPe veLLA IreNe DAIDONe FOrTUNATO sPANÒ PAOLA D’ALeO 4
anniversario 1979-2019 Presentazione Il Circolo del Cinema di Trapani dà vita, nel 2019, alla sua 40ª stagione, traguardo certamente rilevante se confrontato con le molteplici variazioni intervenute, in questi ultimi decenni, nella modalità di fruizione del prodotto cinematografico che, sia per le molteplici proposte televisive che per l’avvento di internet, mette a disposizione del pub- blico un quantità praticamente infinita di titoli anche fruibili personalmente con i prodot- ti delle nuove e moderne tecnologie. Il consenso che ancora riceviamo dai numerosi Soci riteniamo, quindi, sia correlato all’impegno profuso dal Consiglio nell’adattare, nel corso di questi anni, la programma- zione “ai tempi”, modificando le scelte tipiche di un cinema d’essai degli anni settan- ta/ottanta e proponendo, sul grande schermo, film inediti ma soprattutto nuovissimi che altrimenti non avrebbero mai raggiunto la nostra città. Le scelte operate dal Consiglio, nel corso degli incontri collegiali del tardo autunno, tendono quindi a proporre filmografie di paesi diversi ed emergenti, di distributori indi- pendenti o di autori spesso “contestati” in patria e ciò nella convinzione che proprio que- sto sia lo specifico ed attuale ruolo di una associazione di cultura cinematografica. Nel corso di questi 8 lustri abbiamo proiettato circa 550 titoli di oltre 360 registi di 50 cinematografie diverse raccolti in oltre 100 tematiche. Anche quest’anno saranno quindi ben diverse le nazionalità ospitate nella rassegna: ITALIA (con euforia), GIAPPONE (con Un affare di famiglia), INGHILTERRA-GER- MANIA (con La casa dei Libri), IRAN (con Tre volti), FRANCIA (con La Mèlodie e La donna dello scrittore), NORVEGIA-SVEZIA (con Cosa dirà la gente), COREA DEL SUD (con Il prigioniero coreano), BELGIO-OLANDA (con Girl), LIBANO (con Insyria- ted), U.S.A. (con Lontano da qui), POLONIA (con Cold War). Quest’anno il Consiglio ha deciso di proporre, fuori programma, un capolavoro che appartiene, giustamente, alla storia del cinema e che l’anno scorso ha compiuto 50 anni (è un film del 1968) e che moltissimi, riteniamo, non hanno mai visto sul grande scher- mo; parliamo di 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, uno dei registi più importanti della settima arte. Non sarà tralasciato l’ormai tradizionale ed attesissimo appuntamento con il film di chiusura scelto dai Soci nel corso della rassegna. Affinché non venga disperso lo sforzo profuso dai tanti amici in tutti questi anni il Consiglio sta lavorando ad una semplice pubblicazione che raccoglie tutti i programmi ed i titoli proposti dalla nostra associazione nel corso di questi quattro decenni e che speriamo di distribuire alla conclusione della 40ª rassegna del Circolo del Cinema di Trapani. Il Consiglio del Circolo del Cinema di Trapani ringrazia tutti coloro che ogni anno danno, con il loro lavoro, un prezioso contributo per la rassegna e soprattutto gli amici delle librerie che da sempre ci hanno assistito nel nostro impegno volto a dare ai citta- dini una ulteriore occasione di incontro, ed ai Soci tutti augura Buona Visione. IL CONSIGLIO DIRETTIVO 5
anniversario 1979-2019 Programma Affari di famiglia eUFOrIA valeria Golino UN AFFAre DI FAMIGLIA Hirokazu Kore’eda COsA DIrÀ LA GeNTe Iram Haq Oriente… ed oltre Tre vOLTI Jafar Panahi INsYrIATeD Philippe van Leeuw IL PrIGIONIerO COreANO Kim Ki-Duk Confronti… LA CAsA DeI LIBrI Isabel Coixet LA MÉLODIe rachid Hami LA DONNA DeLLO sCrITTOre Christian Petzold GIrL Lucas Dhont LONTANO DA QUI sara Colangelo COLD WAr Pawel Pawlikowski Fuori programma 2001 ODIsseA NeLLO sPAZIO stanley Kubrick Film di chiusura (a scelta dei soci) IL CONsIGLIO DIreTTIvO sI rIservA IL DIrITTO DI APPOrTAre MODIFICHe AL PrOGrAMMA Per CAUse DI FOrZA MAGGIOre 6
anniversario 1979-2019 Euforia di VALERIA GOLINO Titolo originale: Euforia - Nazione: Italia - Anno: 2018 - Genere: Drammatico - Durata: 115' - Regia: Valeria Golino - Cast: Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Isabella Ferrari, Valentina Cervi, Jasmine Trinca - Produzione: HT Film, Indigo Film, Rai Cinema - Distribuzione: 01 Distribu- tion Matteo è un giovane imprenditore di successo, spregiudicato, affa- scinante e dinamico. suo fratello ettore vive ancora nella piccola cit- tadina di provincia dove entrambi sono nati e dove insegna alle scuole medie. È un uomo cauto, integro, che per non sbagliare si è sempre tenuto un passo indietro, nell'ombra. La scoperta di una malattia grave che ha colpito ettore (della quale lo si vuole tenere all'oscuro) spinge Matteo a tornare a frequentarlo e ad occuparsi di lui. Nelle note di regia è la stessa Golino ad offrire una definizione del termine che dà il titolo al film: "si tratta di quella bella e pericolosa sensazione sperimentata dai subacquei nelle grandi profon- dità: un sentimento di assoluta felicità e di libertà totale". “È una sensazione che deve essere immediatamente seguita dalla decisione di raggiungere la superficie prima che sia troppo tardi, prima di perdersi per sempre negli abissi.” Dopo Miele la Golino torna ad affrontare il tema della malattia che può portare alla morte affron- tandolo però da una prospettiva totalmente diversa e avvalendosi delle prestazioni di due (pos- siamo dirlo) grandi attori che rispondono ai nomi di riccardo scamarcio e valerio Mastandrea. Il primo riesce ad offrire al suo Matteo tutte le sfumature di un carattere complesso perfettamente inserito in un mondo che si muove in precario equilibrio tra autogiustificazioni professionali (i nuovi campi profughi) e un'insoddisfazione di fondo tacitata con sesso e droghe. Mastandrea (avvalendosi anche dell'importante esperienza della più che interessante La linea verticale, serie tv diretta e scritta da Mattia Torre) entra non solo nei panni ma direttamente nei pensieri di un ettore che prende progressivamente coscienza della propria malattia. Non c'è ombra di pietismo o di facile ricorso alla commozione nella sceneggiatura e nello sguar- do registico di questo film. C'è invece, ed è intenso, il ricercare il valore dei piccoli gesti (le punte delle dita che si toccano, un sorriso fugace nello specchio di un locale) all'interno di una rifles- sione più ampia su come l'irrompere di una malattia modifichi le dinamiche relazionali portando allo scoperto nodi irrisolti ma anche aprendo spazio a un nuovo modo di guardare all'altro. Tutto questo in un variare di accenti che toccano punte drammatiche ma sanno anche compie- re un'incursione nella commedia all'italiana con un viaggio alla ricerca di un possibile 'miracolo' Giancarlo Zappoli, tratto da mymovies.it 7
anniversario 1979-2019 Un affare di famiglia di KORE’EDA HIROKAzU Titolo originale: Manbiki kazoku - Nazione: Giappone - Anno: 2018 - Genere: Drammatico - Durata: 121' - Regia: Kore’eda Hirokazu - Cast: Lily Franky, Kirin Kiki, Sôsuke Ikematsu, Moemi Katayama, Akira Emoto, Sakura Andô, Kengo Kora, Mayu Matsuoka, Chizuru Ikewaki, Jyo Kairi - Produzione: AOI Promotion, Fuji Television Network, GAGA - Distribuzione: Bim Distribuzione La ricomposizione di una famiglia o la sua progressiva disgregazio- ne: il cinema di Kore-eda si muove fra questi due poli interrogando- si a ogni nuovo passaggio sull’idea di appartenenza, sui legami di sangue e sulla scelta degli affetti. La famiglia di Un affare di famiglia è un nucleo unito e inscalfibile. Tutti quanti vivono stipati ma sereni in una minuscola abitazione che forse occupano abusivamente, cir- condati da oggetti, vestiti e ciarpame vario, mangiando il cibo che il padre e il figlio rubano nei supermercati. sono una famiglia di piccoli ladri, la nonna percepisce ancora la pensione del marito morto, la madre ha un lavoro part-time che a un certo punto perde, la sorella minore si esibisce come ragazza in vetrina, il padre ogni tanto lavora nei cantieri ma il più del tempo lo passa escogitan- do col figlio vari modi per tirar su il pranzo e la cena. L’arrivo della nuova bambina è un’occasio- ne felice per donare amore e calore, niente di più. «sembra un rapimento di persona», obietta il padre; «no», le risponde la moglie, «perché non chiediamo alcun riscatto e le diamo da mangia- re». e poco dopo, stringendola forte in un abbraccio materno, le insegna la differenza fra un amore che fa male e un amore che semplicemente coccola e scalda. Kore-eda filma questo mondo isolato e felice, fuori dalla geografia di una città imprecisata e fuori dalla legge, con piani fissi ingombri di oggetti e di figure, non soffocante e nemmeno accoglien- te, ma reso vivo dai colori caldi e variopinti. Per una volta non posiziona la macchina da presa ad altezza tatami, non gioca coi campi e controcampi che scavalcano l’asse di ripresa, ma costruisce dentro la casa, con un montaggio narrativo fatto di piani d’insieme, primi piani e piani di reazione, una replica, o meglio un’alternativa alla realtà. e lo fa per più di un’ora di film, dipin- gendo i suoi ladruncoli, i suoi shoplifter, come dei reietti colpevoli ma felici perché gentili; chiusi al mondo ma aperti l’uno all’altro. Nei pochi momenti in cui si trovano all’esterno, a lavorare, rubare, vivacchiare, la casa è il loro solo e unico punto di rifugio. Kore-eda, limpido al limite dello schematismo eppure pulito e dolce, toglie luce e colore al suo film, spoglia le inquadrature, isola i personaggi. Non li punisce, ma paradossalmente li mette di fronte alla libertà più grande: quella di scegliere. scegliere di dire la verità, scegliere a quale famiglia appartenere, scegliere se perdonare e ricominciare. Non c’è colpa, non c’è pentimento. La legge non stabilisce una morale, come già succedeva nel precedente The Third Murder, in cui di un omicidio non contavano la ricostruzione o addirittura la rappresentazione, ma la sua interpretazione da parte dei personaggi. A stabilire la morale dei comportamenti sono gli uomini e le donne, al di là delle abituali carinerie del racconto bozzettistico o dell’altrettanto usuale spie- tatezza delle decisioni e delle parole: e qui sta l’umanesimo di fondo di questo regista straordi- nario, che da sempre lavora sul tema del doppio e dell’assenza, e ogni volta (almeno da Nobody Knows in poi), giocando sulla ripetizione e la differenza, usa i pezzi consueti del suoi puzzle per trovare una soluzione diversa, un nuovo ritratto, una nuova possibilità. Roberto Manassero, liberamente tratto da cineforum.it 8
anniversario 1979-2019 La casa dei libri di ISABEL COIxET Titolo originale: The bookshop - Nazione: Spagna, Regno Unito, Germania - Anno: 2017 - Genere: Drammatico - Dura- ta: 113' - Regia: Isabel Coixet - Cast: Emily Mortimer, Bill Nighy, Hunter Tremayne, Honor Kneafsey, Michael Fitz- gerald, Frances Barber, Reg Wilson, James Lance, Patricia Clarkson - Produzione: Diagonal TV, A Contracorriente Films, Green Films - Distribuzione: Movies Inspired Florence è una giovane vedova che vive ad Harborough, una citta- dina inglese affacciata sul Mare del Nord. Ha perso il marito in guer- ra, più di sedici anni prima, ma non ha mai dimenticato il loro primo incontro in una libreria di Londra. Lui le leggeva i classici ad alta voce. Proprio come la voce narrante del film, che parla in prima per- sona e sembra tenere il segno su una pagina stampata: «una volta mi disse che, quando leggiamo una storia, la abitiamo. Le copertine dei libri sono come un tetto e quattro mura: una casa. Lei amava più di ogni altra cosa al mondo il momento in cui, finito il libro, la storia continua a vivere, come un sogno molto vivido, dentro la nostra testa». Coixet adotta una regia pulita e ordinata che ben si sposa con il contegno così egregiamente bri- tish degli attori. La macchina da presa scivola languidamente sulle mensole degli scaffali, facen- do scorrere un libro dopo l’altro, e riserva lo stesso trattamento ai personaggi. Ognuno di loro viene introdotto prima da lontano, dietro l'imperscrutabile cortina di sorrisi tirati e rigoroso under- statement. Poi, a mano a mano che la storia si dipana, ecco che la silhouette di ciascuno pren- de forma e diventa “persona”, nel senso etimologico del termine, nel significato originario di "maschera". Perché in effetti ognuno di loro rappresenta un attore, una pedina da spostare in questo dramma ricamato, a regola d'arte, di inganni e tradimenti. Questo film è, a ben vedere, interamente costruito sui libri, e non solo perché si basa su un testo che nasce originariamente come fiction novel, ma perché è letteralmente popolato di libri, visi- vamente e semanticamente. I libri diventano, come suggerisce la voice-over in incipit, i mattoni e il cemento, le fondamenta su cui edificare la propria esistenza. Ci sono i grandi classici scritti da Jane Austen, Oscar Wilde, Dickens, Keats e Thackeray. Ma ci sono anche le novità, che, come ogni novità, quando arrivano rompono la quotidianità, suscitando scalpore. Libri che, nel tempo della storia (siamo il 1959) ebbero un impatto decisivo non solo sul panorama letterario dell’epoca e sull’arte dello scrivere, ma anche sull’opinione pubblica internazionale. romanzi, soprattutto, come Fahrenheit 451 di ray Bradbury e Lolita di vladimir Nabokov, assunti come padri nobili del potere della letteratura, intesa come capacità di creare mondi alternativi alla realtà sia su carta che su pellicola. La casa dei libri infatti porta avanti il significato più profondo di un testo che mette in guardia dal pericolo strisciante della censura, una caccia alle streghe che si alimenta nelle fiamme del rogo. Florence è la prima vittima di questa caccia alle streghe perché rappresenta la libertà di pensie- ro in carne ed ossa, lei che va avanti a testa alta nonostante tutto e tutti stiano cercando di osta- colare il suo sogno. ed è esattamente la sua ostinazione ad innescare lo scandalo, come la vetri- na tappezzata dalle copertine di Lolita. Un libro pubblicato più di sessant’anni fa e che tuttora non smette di far discutere. Un libro, soprattutto, che è riuscito ad aprire una breccia nella son- nolenza intellettuale e che di conseguenza è, ancor oggi, più che mai necessario. Non è forse questa, infatti, la missione ultima della letteratura? Linda Magnoni, liberamente tratto da cineforum.it 9
anniversario 1979-2019 Tre volti di JAFAR PANAHI Titolo originale: Se rokh - Nazione: Iran - Anno: 2018 - Gene- re: Drammatico - Durata: 102' - Regia: Jafar Panahi - Cast: Behnaz Jafari, Jafar Panahi, Marziyeh Rezaei, Maedeh Erteghaei, Narges Delaram - Produzione: Jafar Panahi Film Productions - Distribuzione: Cinema A volte basta una “piccola” idea per portare sullo schermo un gran- de tema. Jafar Panahi, regista iraniano dissidente, a cui il regime da tempo ha vietato di realizzare film e di lasciare il paese, lo dimostra anche questa volta con Three Faces. L’idea è questa: una giovane aspirante attrice (Marziyeh rezaei) filma il proprio suicidio con uno smartphone, supplicando per l’enne- sima (?) volta la star iraniana Benhaz Jafari di prendere a cuore la sua situazione, di ragazza osteggiata dalla famiglia e dalla comunità locale nel poter perseguire il proprio sogno. Benhaz Jafari, sconvolta, parte insieme al regista Jafar Panahi alla volta di quel villaggio remo- to, per sincerarsi che quel video sia una messa in scena. Dopo l’Orso d’Oro a Berlino per Taxi Teheran (2015) e il corto-documentario Où en êtes-vous Jafar Panahi?, il regista de Il cerchio e Oro rosso riflette sull’attuale condizione della donna, e del cinema, nell’Iran di oggi. Lo fa partendo da un mistero, la cui risoluzione dovrà necessaria- mente passare per le contraddizioni di un paese andate a scovare nelle viscere delle sue più arcaiche convinzioni. È lì, in quel remoto villaggio nel nordest dell’Iran, raggiunto dopo un lungo viaggio in auto (caratteristica, questa del road-movie nella sua declinazione più intimistica, tanto cara al cinema iraniano di alta esportazione, si pensi al compianto Kiarostami e allo stesso, già citato Taxi Teheran), che il reale “svelamento” di Three Faces si compie. Tre volti, tre epoche differenti, e un paradosso: i tre volti sono quelli dell’attrice affermata, dell’at- trice emergente e dell’attrice reietta, una donna che “faceva film” prima della rivoluzione del ’79 e ora vive da reclusa in una casetta al di fuori del villaggio (non la vedremo mai). Il paradosso è quello legato al villaggio stesso, ai suoi abitanti, alla famiglia della ragazza, per loro scomparsa da tre giorni: Panahi e Benhaz Jafari vengono accolti con estrema cortesia, con l’attrice omaggiata in ogni modo possibile. Per quale motivo, allora, sarebbe un disonore per la giovane Marziyeh entrare al conservatorio e tentare di seguire quella stessa strada? e perché l’altra attrice, quella del passato, si tiene ai margini della comunità? Panahi – che nel film si ritaglia nulla più che il ruolo dell’autista, accompagnatore, “traghettato- re” – si inserisce in questa contraddizione, continuando a far sì che il racconto proceda su que- sta continua sospensione tra realtà e finzione, sospensione su cui sin dall’inizio (con la Jafari che sospetta sia tutto un suo inganno ripensando a quella volta che le parlò di uno script basato su un suicidio…) il regista ha costruito l’intera operazione. e fa in modo che la centralità della donna abbia il sopravvento non solo per la risoluzione nar- rativa, ma anche nel lascito del film stesso sul nostro immaginario, restando al di qua e inqua- drando al di là del parabrezza l’incedere delle due attrici su quella mulattiera, mentre si allonta- nano per sparire dietro a un tornante, con tre camion che procedono in senso opposto, in dire- zione del villaggio, trasportando enormi giovenche per farle accoppiare con i tori locali. essenziale. Importantissimo. Valerio Sammarco, liberamente tratto da cinematografo.it 10
anniversario 1979-2019 La mélodie di RACHID HAMI Titolo originale: La mélodie - Nazione: Francia - Anno: 2017 - Genere: Drammatico - Durata: 102' - Regia: Rachid Hami - Cast: Kad Merad, Samir Guesmi, Alfred Renely, Jean-Luc Vincent, Tatiana Rojo, Slimane Dazi, Corinne Marchand, Constance Dollé, Sofiene Mamdi, Jean-Luc Vincent, Mathieu Spinosi, Ginger Romàn - Produzione: Mizar Films - Distribuzione: Officine Ubu Come direbbe qualcuno, la trama è semplice. Un disilluso violinista, simon Daoud (Kad Merad), che ormai suona più per dovere che per autentico trasporto, accetta (senza troppa convinzione) di insegnare la propria arte a una giovane classe di periferia, con l’obiettivo (all’apparenza impossibile) di portarli sul palco della Filarmonica di Parigi. Dopo un inizio burrascoso, i ragazzini scopriranno il potere della musica, mentre lui capirà qual è davvero il suo posto. se ne La mélodie cercate innovazione e colpi di scena imprevedibili, non li troverete. I passag- gi canonici del cinema formativo di riscatto ci sono tutti: il contesto difficile da cui proviene la maggioranza degli allievi, il professore entusiasta convinto di riuscire a fare la differenza (samir Guesmi), l’outsider dal talento dirompente (Alfred renely), il bullo dall’animo sensibile, la pro- gressiva conoscenza dello strumento (tattile ed empatica), la costruzione del gruppo, la prima esibizione disastrosa e così via. All’esordiente (nel lungometraggio) rachid Hami (autore anche della sceneggiatura insieme a Guy Laurent e valérie Zenatti) non interessa sfornare un capolavoro o mandare in sollucchero i cinefili d’essai con chissà quali elucubrazioni tematico-stilistiche. Ciò che gli importa davvero è scaldare il cuore del pubblico e far comprendere le straordinarie possibilità (educative e non) offerte dalla musica classica, che tutto è tranne una “cosa da vecchi”. e, nel farlo, Hami si affida alle facce giuste. Infatti, al di là dell’essenzialità funzionale della messa in scena e della linearità del copione (che riesce a non scivolare mai nel patetismo retorico, anche se le occasioni per farlo abbonderebbero), del sempre bravo Merad e della trascinante colonna sonora di Bruno Coulais (con un occhio, anzi un orecchio di riguardo agli estimatori di rimskij-Korsakov), gran parte del merito de La mélodie va ai suoi giovanissimi protagonisti: irri- verenti, sboccati e cresciuti troppo in fretta, ma proprio per questo irresistibili, genuini e sempre convincenti, sia che vengano alle mani scambiandosi i peggiori insulti, sia che si esercitino suo- nando il violino sui gelidi tetti delle banlieue. Non ci vuole molto a capire che l’asso nella manica de La mélodie è la passione, una passione autentica, capace di sciogliere il cinismo dello spettatore più prevenuto (ossia quello che si ritie- ne troppo raffinato ed elitario per emozionarsi con una storia così “comune”), proprio come i ragazzini riescono a far breccia nel disincanto di simon, il quale passa dal considerarsi superio- re a loro all’empatia totale, cambiando persino filosofia di vita e sostituendo così il tipico mantra di chi vede unicamente il traguardo da raggiungere (“solo i migliori ce la fanno”) con il ben più importante (a livello umano) “Nessuno va lasciato indietro perché tutti sono fondamentali”. Uno dei quei film che fanno bene all’anima, dove la semplicità è un valore aggiunto e, diciamo- lo pure, indispensabile. Francesca Andreoli, tratto da cinematografo.it 11
anniversario 1979-2019 2001 Odissea nello spazio di STANLEy KUBRICK Titolo originale: 2001: A Space Odyssey - Nazione: Gran Bretagna/USA - Anno: 1968 - Genere: Fantascienza - Dura- ta: 140' - Regia: Stanley Kubrick - Cast: Keir Dullea, Gary Lockwood, Daniel Richter, Leonard Rossiter, Margaret Tyzack, Robert Beatty, Sean Sullivan, William Sylvester - Produzione: Stanley Kubrick - Distribuzione: Warner Bros Italia Uscito nel 1968, anno in cui sferzava la protesta studentesca in tutto il mondo, diretto da stanley Kubrick e destinato a rimanere la pietra angolare del cinema, dell’arte e in più in generale del genio umano. Parliamo di 2001: Odissea nello spazio. Un film che racconta la storia dell’umanità, dalle mitiche origini al primo volo verso Giove, il tutto corredato da uno strano monolito levigato che spaventa le scimmie e sbalordisce gli scienziati della base lunare. La straordinaria avventura dell’essere umano, corredata da tematiche ancora oggi attuali e incredibilmente per- meanti nella nostra società. Il dualismo uomo-macchina, la nascita, la vita e la morte, l’evoluzio- ne, il viaggio interstellare. Pellicola dal fascino documentaristico ed ameno, sublime il comparto sonoro, meravigliosa la fotografia di G. Unsworth e J. Alcott che valse l’Oscar (l’unico tra l’altro!). L’opera che più di tutti ha contribuito a creare uno storico spartiacque nell’ambito della fantascienza. Il sublime si inter- seca abilmente con l’inquietudine umana e tecnologica, il progresso può ribellarsi al volere del creatore giocando un doppio ruolo, se da un lato si avanza sulla linea del tempo dall’altro si può cadere in schiavitù dettata dal progresso stesso. Un capolavoro senza precedenti, un film senza tempo e senza memoria potenzialmente infinito (potrebbe iniziare finendo o finire mentre inizia), di una sconvolgente attualità in qualsiasi periodo storico lo si veda. Forse l’apice della carriera di stanley Kubrick. Emiliano Cecere, tratto da cinematographe.it 12
anniversario 1979-2019 Cosa dirà la gente di IRAM HAq Titolo originale: Hva vil folk si - Nazione: Norvegia, Germa- nia, Svezia - Anno: 2017 - Genere: Drammatico - Durata: 106' - Regia: Iram Haq - Cast: Maria Mozhdah, Adil Hussain, Ekavali Khanna, Rohit Saraf, Ali Arfan, Sheeba Chaddha, Lalit Parimoo, Nokokure Dahl, Isak Lie Harr - Produzione: Sweden Mer Film, Rohfilm Factory GmbH, zentropa Inter- national - Distribuzione: Lucky Red Dalla cronaca al grande schermo il passo è spesso molto breve. Il film è un viaggio emozionante e violento, quindi paradossale, tra due culture fortemente in collisione. La trama si avvicina tantissimo ad uno degli ultimi fatti di cronaca che ha visto protagonista la morte della venticinquenne sana Cheema, residente a Brescia, ma paki- stana di origine ed uccisa dalla sua famiglia solo perché aveva inten- zione di sposare il suo compagno italiano. “Non sapevo come raccontare questa storia e ho voluto attendere di avere il coraggio per poter- lo fare. Questo film è molto ispirato alla mia esperienza, ma non interamente. Purtroppo questa vicenda ancora reale al giorno d’oggi per numerose ragazze in Norvegia e altrove nel mondo è una storia che parla di controllo sociale, dell’essere intrappolati in ciò che gli altri pensano e sen- tono e le conseguenze su di te. Al tempo stesso è la storia d’amore tra un padre e una figlia in conflitto perché appartengono a due mondi differenti.” (Iram Haq) Protagonista è una famiglia pakistana residente in Norvegia. La figlia conduce una sorta di dop- pia vita: in casa obbedisce alle regole ferree che le impongono i genitori, figli di una cultura rigi- da e chiusa dentro se stessa, mentre fuori vive la vita tipica di ogni adolescente, a scuola e con i propri amici. Quando il padre di Nisha, questo il nome della ragazza, sorprende la figlia in came- ra sua con un suo amico, la vita di questa cambia drasticamente. Cocente delusione per la sua famiglia, intimorita proprio da quel cosa penserà la gente di noi? cerca di ricorrere ai ripari nel mondo che, secondo loro, sembra quello più giusto e ponderato. Nella vita di Nisha si dipana let- teralmente la strada verso l’inferno. Il film mette in scena perfettamente il contrasto culturale e sociale tra l’occidente e l’oriente. L’apertura mentale di un paese moderno come la Norvegia e la chiusura sociale e familiare di un paese come il Pakistan. Il ruolo famigliare, centrale nel film, si mostra il contrario di ciò che dovrebbe in realtà essere, sicuramente secondo le idee della società e cultura occidentale: non è un nido d’amore, un luogo di protezione per Nisha, ma tutt’altro, è una prigione che non le per- mette di vivere come vorrebbe e come dovrebbe. suo padre, rigido e severo nelle sue concezio- ni culturali, dimostra un amore malato verso una figlia che, pian piano, vede scivolare via anche quella libertà di pensiero che porta questi paesi a creare una forte gerarchia anche, e soprattut- to, in base al sesso. La donna non ha potere, non sceglie ed è sottomessa. Cosa dirà la gente racconta un singolo episodio che, tuttavia, è manifesto di molti altri che quo- tidianamente accadono nel mondo. La regia emozionale di Iram Haq, i cui sentimenti traspaio- no sullo schermo, tangibili e quasi palpabili, si snoda precisa e silenziosa tra i suoi protagonisti in un triste viaggio che, molto spesso, porta all’annullamento di una libertà naturale, qui forte- mente negata. Non senza difetti, pressoché ascrivibili ad alcuni momenti della narrazione stes- sa, Cosa dirà la gente centra due obiettivi importanti: raccontare una storia personale e portare ad una più profonda riflessione su un tema ancora fortemente attuale. Chiara Caroli, liberamente tratto da cinematographe.it 13
anniversario 1979-2019 La donna dello scrittore di CHRISTIAN PETzOLD Titolo originale: Transit - Nazione: Francia - Anno: 2018 - Genere: Drammatico - Durata: 101' - Regia: Christian Pet- zold - Cast: Franz Rogowski, Paula Beer, Godehard Giese, Lilien Batman, Maryam zaree, Barbara Auer, Matthias Brandt, Sebastian Hülk, Antoine Oppenheim, Emilie De Preissac, Louison Tresallet - Produzione: Schramm Film - Distribuzione: Academy Two Attualità o storia? Il regista Christian Petzold racconta in Transit (questo il titolo originale) di rifugiati tedeschi in fuga dal regime nazi- sta che sta divorando l’europa. e lo fa trapiantandoli nella Marsiglia di oggi. Decenni ci separano da quel mondo. eppure quel mondo sullo schermo diventa terribilmente attuale. Circa 2000 chilometri separano Casablanca da Marsiglia. Due città portuali dove si respi- ra un’atmosfera gravida di arrivi e addii. Petzold le fa sentire simbolicamente vicine in una tragica storia d’amore dei due giovani rifugia- ti rick e elsa. La città marocchina resa celebre in tutto il mondo 76 anni fa nell’immortale pelli- cola di Michael Curtiz immerge di sé i cunicoli, i rifugi, lo sfondo di questa Marsiglia trasfigura- ta. A Marsiglia arriva il tedesco Georg (bravisimo Franz rogowski) aggrappato al suo destino. I nazi hanno appena preso Parigi e stanno arrivando a sud. Le azioni di pulizia etnica (contro i tedeschi fuggiti dalla madrepatria, non si parla di ebrei) sono iniziate, così come la costruzione dei campi. A George il destino regala la possibilità di una fuga in una nave transito verso il sudamerica grazie a uno scambio di passaporti. Nelle tre settimane che lo separano dalla par- tenza incontra Marie, anche lei in fuga e alla ricerca del marito. si nascondono, si conoscono e si innamorano. Forse il destino gli concederà un futuro e non li separerà come ha fatto con rick e elsa. “Questo gioco con il tempo – racconta Petzold – innesta il passato nel contemporaneo e viceversa”. e che importa se i plotoni di poliziotti sono gendarmi francesi e non ss? La fuga, il terrore, la pulizia etnica, esistono anche nel 2018, a poche centinaia di chilometri da noi, e negli occhi, e nei ricordi, di tante persone che ora ci vivono accanto. e che pretendiamo di non vedere. O di considerare un pericolo. Un buon film e un ottimo protagonista, il giovane emergente Franz rogowski,che rivedremo nel nuovo lavoro di Gabriele Mainetti, Freaks Out. Simone Porrovecchio, tratto da cinfefoum.it 14
anniversario 1979-2019 Il prigioniero coreano di KIM KI-DUK Titolo originale: Geumul (The Net) - Nazione: Corea del Sud - Anno: 2016 - Genere: Drammatico - Durata: 114' - Regia: Kim Ki-duk - Cast: Ryoo Seung-bum, Lee Won-gun, Kim young-min, Choi Guy-hwa - Produzione: Kim Ki-Duk Film - Distribuzione: Tucker Film Nam Chul-woo è un povero pescatore nordcoreano che nella sua barca ha l'unica proprietà e l'unico mezzo per dare da mangiare a sua moglie e alla loro bambina. Un giorno gli si blocca il motore men- tre sta occupandosi delle reti in prossimità del confine tra le due Coree e la corrente del fiume lo trascina verso la Corea del sud. Qui viene preso sotto controllo delle forze di sicurezza e trattato come una spia. C'è però chi non rinuncia all'idea di poterlo convertire al capitalismo lasciandogli l'opportunità di girare, controllato a distan- za, per le strade di seoul. Kim Ki-Duk torna al suo cinema delle origini, quello che lo fece conoscere al pubblico di tutto il mondo per l'attenzione che prestava agli emarginati dalla società e per la durezza di alcune situazioni portate sullo schermo. Lo fa con il suo film forse più esplicitamente politico, destinato a non piacere né al di qua né al di là del 38° parallelo. si può essere certi che al Nord non lo vedranno mai ma di sicuro anche al sud non avrà vita facile. Perché il regista ha la consapevolezza di proporre una lettura deci- samente scomoda per entrambe le parti in causa. Il povero pescatore, colpevole solo di non aver voluto perdere, salvandosi a nuoto, la propria barca raggiunge quello che per la propaganda del duro regime di Kim Jong il è l'inferno capita- listico dinanzi al quale bisogna chiudere gli occhi per non correre il rischio di esserne tentati. Nam Chul-woo crede nel regime e i funzionari sudcoreani, seppur divisi sul da farsi, non fanno molto per confutare le sue credenze. C'è chi è dotato di un'arroganza di segno uguale e contra- rio a quella dei potenti del Nord e non mancano anche segni deteriori della società (ad esempio la prostituzione) che inducono quest'uomo semplice a chiedersi in cosa consista la democrazia. Gli verrà risposto con una frase emblematica: "Dove c'è una forte luce c'è sempre anche una grande ombra". Emanuele Sacchi, tratto da mymovies.it 15
anniversario 1979-2019 Girl di LUKAS DHONT Titolo originale: Girl - Nazione: Belgio, Olanda - Anno: 2018 - Genere: Drammatico - Durata: 105' - Regia: Lukas Dhont - Cast: AVictor Polster, Arieh Worthalter, Katelijne Damen, Valentijn Dhaenens - Produzione: Menuet Producties, Fra- kas Productions, Topkapi Films - Distribuzione: Teodora Film “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della mia vita”. Lo scriveva il filosofo Paul Nizan quasi un secolo fa, e il suo pensiero resta universale. È la storia di Lara, che i mitici venti li vede come un miraggio. Lei ha passato da poco i quindici, ma odia il corpo che abita, perché non è il suo. È una donna con le sembianze di un uomo. Non sopporta il suo riflesso nello specchio, cerca di nascondersi dagli sguardi indiscreti dei suoi coetanei. Usa il nastro adesivo per non far vedere il suo sesso, e cerca di accelerare la terapia. La sua mente vorrebbe bruciare i tempi, ma è il fisico che non la accompagna: Lara dimagrisce, soffre, e non riesce a trovare il suo posto. I problemi dell’adolescenza la schiacciano, e lei si rifugia nella danza, nella costante ricerca della perfezione. sulla pista è libera, può inseguire i suoi sogni, sentirsi una persona “normale”. I piedi sanguinano, le dita sono martoriate, ma Lara è determinata. In alcuni momenti sembra crollare, in altri affronta le sue pene a viso aperto. La macchina da presa si incolla al suo volto, non la lascia respirare mentre balla. Ogni evoluzio- ne è un passo verso un’esistenza migliore, verso un quotidiano in cui tutti potranno riconoscere la sua femminilità. In una parola: Girl, ragazza, come recita il titolo. Quasi un’utopia, un’immagine scaturita dall’in- gegno. L’esordiente belga Lukas Dhont racconta una vicenda di disperazione, girando solo in spazi chiusi. Manca l’aria, come alla protagonista, prigioniera di se stessa. Le mura di casa la opprimono, anche se suo padre cerca di non farle mancare niente. Ci sono pochissimi esterni: si passa dalla sua camera da letto all’ospedale, dalla scuola alla casa delle “amiche”. Dhont segue le orme dei fratelli Dardenne, riprendendo la tematica dell’emargi- nazione, di un destino beffardo che muove gli uomini come se fossero pedine. Ma nel suo cine- ma ci sono anche i rapporti famigliari di Xavier Dolan, le crisi di identità. Un film sorprendente, vincitore della Caméra d’or e del Premio FIPresCI alla scorsa edizione del Festival di Cannes. Gian Luca Pisacane, tratto da cinematografo.it 16
anniversario 1979-2019 Insyriated di PHILIPPE VAN LEEUW Titolo originale: Insyriated - Nazione: Belgio, Francia, Libano - Anno: 2017 - Genere: Drammatico - Durata: 85' - Regia: Phi- lippe Van Leeuw - Cast: Hiam Abbass, Moustapha Al Kar, Diamand Bou Abboud, Alissar Kaghadou, Juliette Navis, Mohsen Abbas, Ninar Halabi, Jihad Sleik - Produzione: Alti- tude 100 Production - Distribuzione: Movies Inspired La guerra in siria è quella che costringe una famiglia qualsiasi in un giorno qualsiasi a nascondersi nella propria casa e a sperare di vive- re anche quando la morte sembra a ogni bombardamento più vicina. Con coraggio e determinazione Oum Yazan (Hiam Abbass) difende il proprio nido, raccogliendo attorno a sé i suoi figli, suo padre anzia- no, la domestica e i vicini, giovani sposi con un neonato, che invece pianificano la fuga in Libano. Divisa tra partire e restare, la famiglia è costretta ad affrontare giorno per giorno la fame, la paura, l'angoscia nel silenzio di un segreto che non deve essere rivelato, nel timore di scoprire che il mondo non sarà più lo stesso. Philippe van Leeuw, direttore della fotografia belga, diventa per la seconda volta regista per fil- mare la siria con la stessa urgenza che aveva mostrato in Le jour où Dieu est parti en voyage (2009), storia di una donna tutsi durante il genocidio del 1994. Per la seconda volta van Leeuw racconta la grande storia attraverso le storie per rispondere, forse, a quella domanda che sorge di fronte ai rifugiati, agli sbarchi nel Mediterraneo, ai tragici telegiornali: da cosa fuggono? È nelle quotidiane angosce, nelle conversazioni a letto, nell'inti- mo delle vite dei civili, che il regista va a cercare la risposta per un claustrofobico dramma a porte chiuse. Primi piani e sequenze lente scandiscono il racconto della guerra racchiuso in sole ven- tiquattro ore tra le mura di una casa in stato d'assedio permanente. se le prime immagini del cortile del palazzo ridotto in macerie chiariscono subito l'intenzione di realismo del regista, il primo piano sull'anziano dallo sguardo stanco, affacciato alla finestra, avvia la rappresentazione della guerra che si combatte ogni giorno in casa. "Lascia il mondo fuori, non vale più niente", consiglia il padre rassegnato alla figlia, mentre si sente l'eco delle bombe vicine, sempre più vicine. Da casa non è possibile uscire, a meno che non si voglia rischiare la morte. Damasco è irriconoscibile da dietro le pesanti tende color senape del salone. se la casa, tuttavia, rimane l'unica ancora di salvezza, basta un'incursione di militari a trasfor- marla in un palcoscenico di violenza e umiliazione che Halima (Diamand Bou Abboud, emergen- te attrice libanese) è costretta a subire per proteggere la famiglia. Perché la guerra è anche quel- la che, senza pietà, si combatte sul corpo delle donne e che, senza pietà, il regista ci mostra. Come le donne, i loro corpi, le loro vite, così la casa porta i segni dell'orrore che ha cambiato irreparabilmente l'ordine delle cose. La telecamera, così, indugia sugli argenti di un'altra epoca, sulla grande sala da pranzo, sulle sedie intarsiate in legno. L'arredo elegante di una casa bor- ghese di Damasco diventa quasi una scenografia teatrale a testimonianza di una felicità perdu- ta. "La guerra finirà presto e saremo di nuovo tutti in pace", Oum Yazan rassicura suo figlio ma non lo spettatore. van Leeuw dimostra di saper condurre abilmente il gioco di questa messa in scena dai toni cupi, senza vacillare davanti all'orrore della realtà né compiacersi nel decorare la finzione. D'altronde, dalla malinconia del nonno all'energia della figlia, tutti in famiglia riescono a trovare un modo per non sentire il rumore assordante delle bombe e continuare a vivere. Tutti risplendono di verità. Francesca Ferri, liberamente tratto da mymovies.it 17
anniversario 1979-2019 Lontano da qui di SARA COLANGELO Titolo originale: The Kindergarten Teacher - Nazione: U.S.A. - Anno: 2018 - Genere: Dramatico - Durata: 96' - Regia: Sara Colangelo - Cast: Maggie Gyllenhaal, Gael García Bernal, Ato Blankson-Wood, Libya Pugh, Parker Sevak, Rosa Salazar, Michael Chernus, Anna Baryshnikov - Produzione: Pie Films - Distribuzione: Officine Ubu Un mondo senza poesia, senza arte. Il talento non è riconosciuto, si vive nell’indifferenza. L’unica necessità è apparire, far parte del flus- so di immagini che ci bombarda ogni giorno. Il pensiero, lo studio, la bellezza d’animo interessano a pochi. superficialità, mancata com- prensione dell’altro: ecco quali sono le nuove correnti, quelle contro cui l’esordiente sara Colangelo punta il dito. Un bambino indiano ha delle doti straordinarie, sa riconoscere l’im- portanza della parola nonostante la tenera età. Lui scrive poesie, senza che nessuno se ne accorga. L’unica a prestargli orecchio è la sua insegnante d’asilo, una donna a cui l’esistenza ha voltato le spalle. I suoi figli l’hanno dimenticata, il marito non la desidera più. Nelle capacità ecce- zionali del piccolo Jimmy, lei vede la sua possibilità di riscatto. Diventa una crociata personale, una guerra contro il distacco e l’apatia. Il suo è un sogno irrea- lizzabile: tornare a sentirsi importante. Ma il mondo freddo la respinge, nessuno sembra più capace di godere delle piccole cose. Tutti sono indaffarati, seguono una routine vuota. Fermarsi è impossibile. Gli anni passano troppo in fretta, e alla fine ci si chiede se si ha vissuto davvero. I versi di Jimmy cercano di risvegliare le coscienze, di guardare la realtà con occhio nuovo. Nella sua ingenuità, vuole stupire il lettore con uno stile fresco, innocente. Lui compone per gioco, ignorato da una famiglia difficile. Non comprende la differenza tra fiducia e tradimento, ma sa riportare su carta lo spirito sacro della natura. Lontano da qui è il remake americano di The Kindergarten Teacher, film israeliano diretto da Nadav Lapid. Le storie sono simili, come anche il messaggio: è la società a decidere che cosa deve essere rilevante per gli altri. Altrimenti tutto è immobile, silenzioso, in Israele, in America, ovunque. Neanche la magia riesce più a scuotere, forse solo la violenza. L’oscurità richiama l’at- tenzione dei più, la luce lascia impassibili. Gian Luca Pisacane, tratto da cinematografo.it 18
anniversario 1979-2019 Cold war di PAWEL PAWLIKOWSKI Titolo originale: zimna wojna - Nazione: Polonia - Anno: 2018 - Genere: Drammatico - Durata: 85' - Regia: Pawel Pawlikowski - Cast: Joanna Kulig, Tomasz Kot, Borys Szyc, Agata Kulesza, Cédric Kahn, Jeanne Balibar, Adam Woro- nowicz, Adam Ferency, Drazen Sivak - Produzione: Opus Film, Apocalypso Pictures - Distribuzione: Lucky Red 1949: nella ricostruzione post bellica della Polonia, così come in molti stati del blocco sovietico, Wiktor, Irena e Kaczmarek, tre musi- cisti e ricercatori, stanno raccogliendo testimonianze di musica fol- clorica (si potrebbe pensare sul modello dell’esperienza di Kodaly e Bartók), per creare un collettivo, Mazurek, per la promozione della musica popolare. Ma già, vicino è loro c’è chi si scorna per la scol- latura tra popolo e volk: «Questa l’avrebbe cantata nella stessa maniera un ubriacone qualsiasi sotto casa mia» ma, soprattutto emergono, alla faccia dell’inter- nazionalismo socialista, i segnali del nazionalismo «questa è bella, ma in che lingua cantano? – lituano… ah, peccato che non siano dei nostri» o «sì, va bene, ma possono cantare anche i pregi della riforma agraria?». Poco dopo, in una palazzina signorile dispersa nella campagna, le falle nel tetto sfondato si vedono da lontano, il gruppo apre le selezioni per la creazione del coro. Dei tanti giovani candidati, solo i migliori, i più autentici, saranno selezionati. Tra di loro si intrav- vede, per la prima volta, il volto di Zula, magnetico anche se segnato dalla guerra e da un pas- sato famigliare turbolento (forse ha ucciso il padre). Non ha un brano, non ha pronto niente, ma le basta un accenno di controcanto sul pezzo che un’altra delle candidate sta provando per ruba- re la scena a questa, parassitarle la performance: Wiktor è rapito, la collega Irena un po’ meno, ha subodorato qualcosa. «Cantaci qualcosa di tuo». e la giovane rifà, a memoria, un brano che palesemente non appartiene al repertorio popolare, e nemmeno è in polacco: è una canzone tratta da un film russo degli anni ’30. Zula è presa, Irena esce in sostanza di scena. D’altronde, Joanna Kulig, classe 1982, attrice-feticcio di Pawlikowski, già in Ida, incarna uno di quei casi in cui la fotogenia si rivela in tutta la sua potenza (dal vivo è uno scricciolo, sembra una ragazzi- na), e, soprattutto, quella musica la conosce bene, essendosi diplomata proprio in musica popo- lare. Ma quel che è evidente, prima e durante questa sua prima apparizione, è che il vero tema di Cold War è il tradimento: il tradimento della tradizione, il tradimento degli ideali, il tradimento dell’ideologia, il tradimento amoroso. Un teorema che si sviluppa nella forma apparente del mélo. In 80 minuti, Wiktor e Zula si inseguono per 15 anni, avanti e indietro dalla Polonia, a Berlino, a Parigi, da Zagabria ad ancora Parigi e varsavia poi la musica si farà musica da film e poi jazz – il genere forse più legato al concetto di tradimento –, per poi tornare in Polonia in una chiesa sventrata e abbandonata in mezzo alla campagna, dove si respira odore di umidità e di Tar- kovskij, e chiudere con un matrimonio/suicidio, uniti sulla panca come gli innamoratini di Peynet. Alto e popolare convivono in questa immagine, e d’altra parte un senso doppio si può rilevare in tutte le immagini di questo sesto film di Pawlikowski, (che forse smetterà di definirsi “prestato al cinema”), fissate nell’estrema eleganza del bianco e nero qui lattiginoso e là scintillante di Lukasz Zal (che oltre a Ida, ha all’attivo anche il bel Dovlatov di Aleksej German jr, visto alla Berlinale), in un formato 4:3 sfruttato in maniera estremamente consapevole, con la parte alta del quadro che si lascia invadere dai corpi solo a momento debito. Zula mente, praticamente sempre; Wiktor si lascia invadere dalla menzogna. Alessandro Uccelli, tratto da cineforum.it 19
anniversario 1979-2019 Repertorio dei registi (regista, titolo, anno di proiezione) Abdrashitov W. Angelini A. Congiunzione dei pianeti . . . . . .1987-88 L’aria salata . . . . . . . . . . . . . . . . . .2008 Abbott J. con Achbar M. Anderson W. The corporation . . . . . . . . . . . . . . . .2005 Il treno per il Darjeeling . . . . . . . . . .2010 Abu-Assad H. Grand Hotel Budapest . . . . . . . . . . .2015 Paradise now . . . . . . . . . . . . . . . . . .2006 Angelopoulos T. Abulazde T. L’eternità e un giorno . . . . . . . . . . . .1999 Pentimento . . . . . . . . . . . . . . . . .1987-88 Lo sguardo di Ulisse . . . . . . . . . . . .1996 Adlon P. Anspach S. sugar baby . . . . . . . . . . . . . . . .1988-89 L’effetto acquatico . . . . . . . . . . . . . .2017 Agresti A. Antonioni M. L’ultimo cinema del mondo . . . . . . .2001 La notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1980-81 Tutto il bene del mondo . . . . . . . . . .2005 Apted M. Akin F. Chiamami Aquila . . . . . . . . . . . . 1982-83 Ai confini del Paradiso . . . . . . . . . .2008 Araki G. soul kitchen . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2010 Doom Generation . . . . . . . . . . . . . .1997 Alajan M. Archibugi F. Amore, furti e altri guai . . . . . . . . . .2016 Mignon è partita . . . . . . . . . . . . . 1989-90 Albaladejo M. Arévalo R. La primera noce de mi vida . . . . . . .2001 La vendetta di un uomo tranquillo . .2018 Allen W. Armstrong G. Un’altra donna . . . . . . . . . . . . . .1989-90 Fuga d’inverno . . . . . . . . . . . . . . 1987-88 Commedia sexy in una... . . . . . .1983-84 Assayas O. Hanna e le sue sorelle . . . . . . . .1986-87 Qualcosa nell’aria . . . . . . . . . . . . . . 2013 New York stories . . . . . . . . . . . .1989-90 sils Maria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2015 La rosa purpurea del Cairo . . . .1985-86 Attemborough R. Almodovar P. Grido di libertà . . . . . . . . . . . . . .1988-89 Che ho fatto io per meritare . . . .1989-90 Audiard J. Altman R. sulle mie labbra . . . . . . . . . . . . . . . .2003 America oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . .1995 Il profeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2011 California poker . . . . . . . . . . . . .1980-81 Un sapore di ruggine e ossa . . . . . .2013 Una coppia perfetta . . . . . . . . . .1980-81 Avary R. Follia d’amore . . . . . . . . . . . . . . .1986-87 Killing Zoe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1996 Kansas City . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1998 Un matrimonio . . . . . . . . . . . . . .1980-81 Avranas A. M.A.s.H. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1980-81 Miss violence . . . . . . . . . . . . . . . . . 2014 The player . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1993 Babenco H. Amelio G. Il bacio della donna ragno . . . . .1986-87 Colpire al cuore . . . . . . . . . . . . .1983-84 Baldoni S. Porte aperte . . . . . . . . . . . . . . . .1990-91 Consigli per gli acquisti . . . . . . . . . .1998 I ragazzi di via Panisperna . . . . .1988-89 Balducci A. Amenabar A. Amo non amo . . . . . . . . . . . . . . .1981-82 Mare dentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2005 20
anniversario 1979-2019 Baricco A. Bresson R. Lezione 21 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2009 Il diavolo probabilmente . . . . . .1981-82 Barreto B. Brest M. Bossa nova . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2001 vivere alla grande . . . . . . . . . . .1982-83 Bary N. Burns E. Il paradiso degli orchi . . . . . . . . . . . 2014 I marciapiedi di New York . . . . . . . .2002 Batra R. Buscemi S. Lunchbox . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2014 Mosche da bar . . . . . . . . . . . . . . . . .1998 Animal Factory . . . . . . . . . . . . . . . . .2002 Beauvois x. Uomini di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . 2011 Bushtein R. La sposa promessa . . . . . . . . . . . . 2013 Bechiche A. Caligari C. La schivata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2006 Non essere cattivo . . . . . . . . . . . . . .2016 Bechis M. La terra degli uomini rossi . . . . . . . 2009 Calopresti M. La parola amore esiste . . . . . . . . . .1999 Begic A. Buon anno sarajevo . . . . . . . . . . . . 2013 Campion J. Un angelo alla mia tavola . . . . .1990-91 Bellocchio M. Campiotti G. La balia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2000 Il tempo dell’amore . . . . . . . . . . . . . 2001 Bellon y. Capotondi, G. L’amour viole . . . . . . . . . . . . . . .1981-82 La doppia ora . . . . . . . . . . . . . . . . . .2010 Belvaux L. Cappuccio E. - Gaudioso M. - Nunziata F. A casa nostra . . . . . . . . . . . . . . . . . .2018 Il caricatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1996 Bercot E. volevo solo dormirle addosso . . . . .2005 A testa alta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2016 Capuano A. Bergman I. La guerra di Mario . . . . . . . . . . . . . .2007 sinfonia d’autunno . . . . . . . . . . .1979-80 Carax L. Bertolucci G. Gli amanti del Pont-Neuf . . . . . . . .1993 Amori in corso . . . . . . . . . . . . . .1989-90 Carney J. segreti segreti . . . . . . . . . . . . . .1985-86 Once . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2009 Blasetti A. Carpi F. 1860 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2001 Barbablu Barbablu . . . . . . . . . . .1990-91 Bocchi G. Quartetto Basileus . . . . . . . . . . .1986-87 Nema problema . . . . . . . . . . . . . . . .2005 Carrere E. Bogdanovic P. L’amore sospetto . . . . . . . . . . . . . . .2007 Texasville . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1991-92 Cassavetes J. Borensztein S. Una moglie . . . . . . . . . . . . . . . . .1979-80 Cosa piove dal cielo? . . . . . . . . . . . 2013 Cavalier A. Bouchareb R. Therese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1987-88 London river . . . . . . . . . . . . . . . . . 2011 Cavani L. Branagh K. Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1979-80 Nel bel mezzo di un gelido . . . . . . .1996 Ceylan N.B. Pene d’amore perdute . . . . . . . . . . .2001 Le tre scimmie . . . . . . . . . . . . . . . . 2009 Breien A. Chabrol C. Caccia alla strega . . . . . . . . . . . .1984-85 Un affare di donne . . . . . . . . . . .1989-90 L’eredità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1981-82 Il buio nella mente . . . . . . . . . . . . . 1996 21
anniversario 1979-2019 Il colore della menzogna . . . . . . . . .2000 Curtis R. rien ne va plus . . . . . . . . . . . . . . . .1998 I love radio rock . . . . . . . . . . . . . . . .2010 Chen K. D’Alatri A. Addio mia concubina . . . . . . . . . . . .1995 senza pelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1995 Chiesa G. Dahan O. Il caso Martello . . . . . . . . . . . . . . . .1993 La vie en rose . . . . . . . . . . . . . . . . .2008 Chytilovà V. Dardenne J.P. e L. Il gioco della mela . . . . . . . . . . .1981-82 rosetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2000 Cholodenko L. Il figlio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2003 I ragazzi stanno bene . . . . . . . . . . . 2011 L’enfant . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2006 Chomet S. Il matrimonio di Lorna . . . . . . . . . . .2009 L’illusionista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2011 Il ragazzo con la bicicletta . . . . . . . .2012 Due giorni una notte . . . . . . . . . . . .2015 Cimino M. I cancelli del cielo . . . . . . . . . . . .1982-83 Dayton J. - Faris V. verso il sole . . . . . . . . . . . . . . . . . .1998 Little miss sunshine . . . . . . . . . . . . .2007 Claudel P. De Heer R. Ti amerò sempre . . . . . . . . . . . . . . .2009 La stanza di Cloe . . . . . . . . . . . . . . .1997 Coen J. Del Monte P. Fargo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1997 Compagna di viaggio . . . . . . . . . . . .1997 Il grande Lebowski . . . . . . . . . . . . . 1999 Piccoli fuochi . . . . . . . . . . . . . . . .1985-86 A seriuos man . . . . . . . . . . . . . . . . .2010 Delephine B. Coixet I. Louise Michel . . . . . . . . . . . . . . . . . 2010 La vita segreta delle parole . . . . . . .2007 Dembo R. Cole N. Mosse pericolose . . . . . . . . . . . .1987-88 We want sex . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2011 Demme J. Comencini C. Dove eravamo rimasti . . . . . . . . . . .2016 I divertimenti della vita... . . . . . .1991-92 Denis C. Comencini F. Chocolat . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1988-89 Pianoforte . . . . . . . . . . . . . . . . . .1986-87 Desplechin A. Cooper S. I miei giorni più belli . . . . . . . . . . . . .2017 Crazy hearth . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2011 De Oliveira M. Coppola F.F. Belle toujours . . . . . . . . . . . . . . . . . .2007 New York stories . . . . . . . . . . . . 1989-90 Francisca . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1985-86 Un’altra giovinezza . . . . . . . . . . . . .2008 ritorno a casa . . . . . . . . . . . . . . . . .2002 segreti di famiglia . . . . . . . . . . . . . .2010 Un film parlato . . . . . . . . . . . . . . . . .2005 Coppola S. De Santis G. Il giardino delle vergini suicide . . . .2001 Non c’è pace tra gli ulivi . . . . . . . . .2002 Corneau A. Deville M. Tutte le mattine del mondo . . . . . . .1993 La lettrice . . . . . . . . . . . . . . . . . .1989-90 Corsicato P. Di Costanzo L. Libera. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1994 L’intrusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2018 Costa-Gavras C. Dolan x. Il cacciatore di teste . . . . . . . . . . . . .2007 Mommy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2015 Crialese E. Doueiri z.. respiro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2003 L’insulto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2018 22
anniversario 1979-2019 Dragojevic S. rischiose abitudini . . . . . . . . . . .1991-92 The Parade . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2014 The snapper . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1994 Duprat G. - Cohn M. Tamara Drewe . . . . . . . . . . . . . . . . .2012 Il cittadino illustre . . . . . . . . . . . . . . .2007 Gagliardo G. Eastwood C. via degli specchi . . . . . . . . . . . . 1983-84 Bird . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1988-89 Gallo V. Egoyan A. Buffalo ‘66 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1999 Il viaggio di Felicia . . . . . . . . . . . . . 2000 Garbaski S. Erguven D. Irina Palm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2008 Mustang . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2016 Gatlif T. Estibal S. exils . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un insolito naufrago nell’inquieto mare Gaudino L. d’Oriente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2015 Adelaide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1993 Evans D. Mitchell K.C. Febbre a 90° . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1998 Hedwig, la diva con qualcosa… . . .2002 Fahradi A. Ghaywan N. Una separazione . . . . . . . . . . . . . . .2012 Tra la terra e il cielo . . . . . . . . . . . . 2017 Il passato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2014 Giordana M.T. Falardeau P. Maledetti vi amerò . . . . . . . . . . .1981-82 Monsieur Lazhar . . . . . . . . . . . . . . .2013 Giovannesi C. Fassbinder R. W. Fiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2017 Lola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1982-83 Girard F. Martha . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1995 32 piccoli film su Glenn Gould . . . .1995 Fedorchenko A. Gitai A. silent souls . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2013 Kadosh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2001 Fellini F. Godard J. L. e la nave va . . . . . . . . . . . . . . . .1984-85 Je vous salue Marie . . . . . . . . . .1985-86 L’intervista . . . . . . . . . . . . . . . . . .1987-88 Gomez Rejon A. Prova d’orchestra . . . . . . . . . . . .1979-80 Quel fantastico peggior anno… . . . .2016 Ferrara A. Il cattivo tenente . . . . . . . . . . . . . . .1992 Gondry M. se mi lasci ti cancello . . . . . . . . . . .2005 Ferrario D. Be kind rewind . . . . . . . . . . . . . . . . .2009 Anime fiammeggianti . . . . . . . . . . . .1995 Goretta C. La fine della notte . . . . . . . . . . . .1990-91 Merlettaia, La . . . . . . . . . . . . . . .1980-81 Ferreri M. La mort de Mario ricci . . . . . . .1984-85 Non toccare la donna bianca . .1979-80 Greco E. Foley J. storia semplice, Una . . . . . . . . .1991-92 Americani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1993 Greenaway P. Folman A. I misteri del giardino di... . . . . . .1985-86 valzer con Bashir . . . . . . . . . . . . . . .2009 Il ventre dell’architetto . . . . . . . .1988-89 Forsyth B. Guerra C. Local hero . . . . . . . . . . . . . . . . . .1986-87 el abrazo de la serpiente . . . . . . . . .2017 Franchi P. Guney y. Dove non ho mai abitato . . . . . . . . .2018 Yol. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1983-84 Frears S. Haigh A. Le relazioni pericolose . . . . . . .1989-90 45 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2016 23
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