VIAGGI NELLA FANTASIA - Prof.ssa Pastene Paola
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Anno Scolastico 2016/2017 Istituto Istruzione Secondaria I Grado “A.Schiaffini” Santo Stefano Magra (La Spezia) Classi I A - I B - I C - I D VIAGGI NELLA FANTASIA Prof.ssa Pastene Paola 1
PRESENTAZIONE I contenuti delle lezioni di approfondimento hanno mirato a far conoscere agli alunni i miti dell’ antichità sotto un duplice aspetto: sia come narrazioni “meravigliose”, che mescolano l’umano e il divino, sia come fonti utili a ricostruire la cultura materiale ed il sistema di valori che furono alla base delle comunità che li formularono. In particolare ci si è soffermati sulle vicende di quegli eroi, come Gilgamesh, Odisseo, Giasone, Eracle, che compirono viaggi avventurosi e ricchi d’incontri “fantastici”, realizzando un percorso di purificazione o di affermazione di sé e del proprio ruolo sociale. La presentazione di tali viaggi ha offerto l’occasione per illustrare le conoscenze geografiche degli uomini antichi, ricostruirne le rotte ed i percorsi terrestri, scoprirne le modalità di orientamento attraverso gli astri, risalire alle motivazioni che li spinsero a varcare i propri confini fisici e mentali. Dall’ esame approfondito di questi personaggi e delle loro peripezie, è emerso negli alunni il desiderio di cimentarsi anch’ essi nella produzione scritta ed iconografica di viaggi di loro invenzione. Molto utile è stata, a tal fine, l’ attività a piccoli gruppi perché ha consentito loro di operare in sinergia mettendo in comune i propri punti di vista e le proprie abilità. BUONA LETTURA!!! 2
Le nuove avventure di Eracle Eracle, finalmente tornato a casa, aveva ripreso una vita felice con sua moglie Megara. Ma dopo qualche anno la moglie, sentendo la mancanza dei figli, si era ammalata di malinconia perdendo la felicità ed iniziando a vivere sempre di più nell’ ombra. Eracle decise così di recarsi dalla sacerdotessa di Tebe, la quale gli disse che avrebbe dovuto affrontare un lungo viaggio con quattro prove da superare, giungendo infine alla Costa del Sol per catturare un raggio di sole da portare alla moglie e guarirla. La sacerdotessa, inoltre, porse una mappa ad Eracle su cui erano indicati i luoghi dove recuperare quattro oggetti che gli sarebbero serviti per prendere il raggio di sole. Il giorno seguente Eracle salutò la moglie e, esaminando la mappa, vide che la prima tappa erano i boschi della Slovenia in cui avrebbe trovato dei guanti di pelle. 1^ Tappa Eracle non sapeva bene cosa cercare e, prima di giungere in quei luoghi, attraversò una palude piena di serpenti e ragni velenosi. Ne trovò uno che gli disse che avrebbe dovuto cercare il bonnacon, un grande mammifero dalla pelle resistentissima, ma che l’ unico modo per scovarlo era quello di tagliare tutti gli alberi dei boschi dove l’ animale viveva. Eracle, che era pronto a tutto, accettò: per tre giorni e tre notti fece quanto gli era stato richiesto ma decise di salvare un solo albero. Dietro alla pianta si nascondeva il bonnacon che, appena vide Eracle, cercò di aggredirlo con le possenti corna ma l’ eroe, raccolte le ultime forze, prese uno degli alberi tagliati e lo colpì stordendolo. L’ animale cadde pesantemente a terra, allora Eracle prese la spada e lo uccise. Giunto il tramonto, Eracle si addormentò sfinito ma il mattino seguente tagliò la pelle dell’animale e si confezionò i guanti indicati dalla sacerdotessa. 4
2^ Tappa Lasciati i boschi della Slovenia, il giovane combattente giunse sulle Alpi italiane per cercare il cristallo di ghiaccio. Lì alcune persone gli raccontarono che in quelle zone viveva il dahù e che, probabilmente, ciò che Eracle stava cercando era il cuore dell’ animale. Il dahù era una creatura bella ed allo stesso tempo particolare perché le sue zampe erano asimmetriche: quelle di destra erano più lunghe di quelle di sinistra; ciò gli permetteva di muoversi meglio sulle pareti scoscese delle montagne. Eracle aveva sentito dire che il modo più facile ed efficace per catturarlo era quello di sorprenderlo alle spalle ed urlare ad alta voce: “Dahù”; così facendo, l’animale, molto curioso di sua natura, si sarebbe girato per vedere chi lo stesse chiamando e, trovandosi improvvisamente con le zampe più corte sul lato a valle, avrebbe perso l’ equilibrio e lui avrebbe potuto ucciderlo con una freccia. Prima di trovarsi di fronte a questo animale, Eracle trascorse nove lunghi giorni alla sua ricerca soffrendo il freddo e la fame ma finalmente lo trovò e, come aveva programmato, urlò il suo nome; così il dahù si girò e lui potè ucciderlo in un attimo. Poi prese il suo cuore che era un cristallo di ghiaccio e si preparò per la terza tappa. 3^ Tappa Seguendo la mappa della sacerdotessa, Eracle riprese il viaggio verso una regione chiamata Loira, in cerca del vaso in grado di contenere il raggio di sole. Arrivato in questa terra, non sapeva dove cercare; così intervenne in suo aiuto la dea Atena che, dopo aver aperto un vortice, lo trasportò nella Francia del Medioevo e più precisamente in uno dei castelli per i quali la Loira è famosa. In questo maniero, infatti, Era, per intralciare il viaggio di Eracle, aveva nascosto un vaso speciale forgiato da Efesto e capace di resistere al fuoco. La dea, inoltre, aveva messo a guardia del recipiente una mostruosa creatura alata di colore verde: il graoully. 5
Eracle si avventurò nel castello per un giorno intero fino a quando si accorse di essersi perso tra decine di stanze e ripidissime scale che non portavano da nessuna parte. Allora l’ eroe si sedette stanco vicino ad un muro ma all’ improvviso la sua schiena iniziò a vibrare, così si alzò di scatto: dietro di lui si era aperta una porta segreta. “Altre scale…” pensò Eracle tra sè e sè scoraggiato, ma non si arrese. Corse con coraggio fino ad una ampio terrazzo dove vide il meraviglioso vaso: era d’ oro e così luccicante che gli abbagliò gli occhi. Lì davanti giaceva il graoully: dal suo naso usciva fumo e dalla bocca fuoco. Eracle, però, si poteva proteggere solo con lo scudo. Iniziò a correre intorno alla creatura, stordendola; poi con una corda resistente le legò la bocca, le ali e le zampe, infine sguainò la spada e le tagliò la testa. Il graoully era stato ucciso ed Eracle riuscì finalmente a rubare il prezioso vaso; poi ripartì per l’ ultima tappa del viaggio. 4^ Tappa Eracle giunse alla Costa del Sol, in Spagna, prima del tramonto per seguire il dio Apollo e scoprire in quale palazzo fosse rinchiuso il carro con il sole durante la notte. Una volta individuato il posto, l’ eroe si nascose ed attese che Apollo si allontanasse per andare ad avvertire Selene, la dea della luna, che il giorno era terminato. Però Apollo, uscendo dal palazzo, aveva posto a guardia del carro una anfisbena: un serpente a due teste, una ad ogni estremità del corpo, che quando una dormiva l’ altra vegliava e con occhi che brillavano come lampade. Eracle decise di affrontare la bestia e, dopo un lungo combattimento,riuscì a tagliare la testa sveglia in modo tale che l’altra non potesse più farlo. Indossò i guanti realizzati con la pelle del bonnacon, prese un raggio di sole, cautamente lo sistemò nel vaso trovato nel castello della Loira e lo chiuse con il cristallo di ghiaccio del dahù. 6
Felice di essere riuscito nell’ impresa, decise di riprendere il viaggio verso casa dove vi giunse prima dell’ alba. Arrivato dalla moglie, la ritrovò nella sua camera buia, le mise in mano il vaso, lo aprì di colpo e si voltò per non essere abbagliato. In quel momento tutta l’ oscurità si racchiuse nel vaso e la moglie, circondata dalla luce fuoriuscita, sorrise e lo abbracciò. Alla vista di ciò Era tornò infuriata nell’ Olimpo ed i due coniugi poterono riprendere la loro vita felice insieme. 7
Testo e disegni realizzati da: Guastini Margherita, Musio Andrea, Pietra Gaia, Soremekun Emmanuel (classe I A) 8
Eracle Eracle era felice con la sua famiglia, aveva una moglie dolce e disponibile e tre figli vivaci e curiosi. L’ unico problema era che, per colpa di Era, viveva nella miseria. Un giorno, mentre stava camminando per le vie della città, vide molta gente in una locanda. Entrò e vide un cantore che diceva: “Chi supererà queste quattro fatiche riceverà per ognuna di esse ben dieci monete d’oro”. In tanti partirono ma solo Eracle riuscì a tornare a casa con un bel bottino; la moglie fu contentissima ed il popolo lo venerò come fosse un dio perché aveva ucciso le creature che li aveva molto spaventati. Le quattro fatiche - Andare a Sparta ad uccidere duecento maiali feroci che distruggevano i raccolti. Eracle ed altri eroi partirono per quella città e riuscirono ad ucciderli quasi tutti. - Salire su degli alberi e togliere le api dagli alveari. Tutti furono punti tranne Eracle perché aveva una corazza che lo proteggeva. - Entrare dentro alla bocca di una balena per prendere una chiave e sacrificarla a Poseidone. Alcuni si rifiutarono di tentare l’ impresa e rimasero solo in quattro. - Scalare il monte Everest. Ad arrivare alla cima fu solo Eracle perché gli altri morirono lungo il tragitto. 9
Testo e disegni realizzati da: Ait Moussa Ayoub, Benedetti Ines, Donato Giacomo, Pietrelli Diletta (classe I A) 10
Il viaggio di Doriforo Alla ricerca del ricciolo d’argento Tutto ebbe inizio sull’ isola di Nasso, patria di Doriforo e della madre Alcmea. Eurineo, il vecchio e crudele re di quella terra, voleva sposare Alcmea, vedova giovane e bella, ma aveva paura che Doriforo si opponesse alle nozze; così disse al giovane che, se gli avesse portato il ricciolo d’ argento della maga Arcigna, egli non avrebbe più sposato la madre ed avrebbe lasciato l’ isola. La maga Arcigna viveva nell’ isola di Cefalonia ed ogni cinque anni inviava terribili aquile dal muso di cane a rapire dieci giovani dell’ isola di Nasso per tenerli come schiavi nei suoi magici giardini. Nessuno era mai riuscito ad avvicinarsi alla maga che aveva tutti i suoi poteri in un ricciolo d’ argento nascosto tra i capelli. Doriforo era terrorizzato dall’impresa ma un giorno, mentre vagava pensieroso sulla spiaggia, gli apparve un vecchio dalla lunga barba bianca e dagli occhi luminosi che gli si avvicinò e gli disse: “Tu non sai chi sono io ma io so che devi affrontare un viaggio lungo e pericoloso e che il tuo cuore è pieno di paura. Ricordati: quando vedrai degli uccelli volare molto bassi ed ululare come cani, dovrai sdraiarti a terra e restare immobile; se incontrerai una donna molto bella le donerai questo anello e le getterai addosso questa acqua profumata e, quando ti troverai di fronte all’ antro della maga,strofinerai quest’ anfora e chiuderai gli occhi”. Dopo aver pronunciato queste parole e donati gli oggetti di cui aveva parlato, s’ immerse nel mare e sparì. Doriforo continuò a cercarlo con gli occhi ma al suo posto vide una nave con a bordo dieci marinai che lo invitarono a salire. Allora il giovane vide seduto sull’ albero della nave il dio Nettuno che, con il suo tridente alzato verso il cielo, gridò: “Con la mia benedizione guida questa nave e con i tuoi dieci marinai vai a Cefalonia a prendere il ricciolo d’ argento della maga Arcigna”. Doriforo salpò con la sua nave ed iniziò a navigare verso l’ isola di Melos. Dopo un giorno ed una notte di navigazione, il mare iniziò ad agitarsi, le onde si fecero sempre più alte ed improvvisamente un terribile mostro 11
marino a tre teste apparve ai marinai. Doriforo iniziò a dare ordini ai suoi compagni e, ricordandosi di ciò che suo padre anche lui marinaio gli aveva detto da bambino, insegnò loro a fare dei nodi con le corde così da poter legare le tre teste. L’ impresa fu durissima, tre uomini caddero in mare e morirono ma alla fine il mostro fu sconfitto. Stanchi ed ancora spaventati, i marinai con il loro comandante raggiunsero l’ isola di Melos e qui il dio Morfeo, nemico del dio Nettuno, li fece cadere in un sonno profondo. Solo Doriforo restò sveglio e, mentre vagava sull’isola per cercare un modo per svegliare i suoi compagni, vide una grossa pietra su cui era inciso un indovinello. Lo risolse e così trovò un’erba magica che fece svegliare i marinai. In tutta fretta risalirono sulla nave e navigarono verso l’ isola di Citera: un’ isola stupenda piena di fiori profumati e colorati; era il regno di Criseida, una ragazza bellissima, dai lunghi capelli corvini e dagli occhi verdi come il mare. Appena Doriforo l’ ebbe vista, lei gli si avvicinò e gli chiese di sposarla; in cambio sarebbe diventato il re di quell’ isola incantata. L’ eroe, allora, si ricordò delle parole del vecchio dalla barba bianca e le donò l’ anello. Criseida lo infilò al dito, in un attimo si trasformò in una strega malvagia e con una spada infuocata cercò di ucciderlo. Egli, allora, le gettò addosso l’ acqua profumata e lei morì. Superata anche questa brutta avventura, la compagnia si rimise in viaggio verso l’ isola di Zacinto. Il mare era tranquillo: di giorno splendeva un bel sole e di notte le stelle indicavano la rotta. Durante una di quelle notti il dio Nettuno apparve in sogno a Doriforo per annunciargli una prova davvero dura da affrontare nell’ isola di Zacinto. Gli raccomandò di non farsi distrarre dagli intensi profumi che avrebbe sentiti ma di guardarsi sempre attorno, anche in alto. Svegliatosi da quel sogno, Doriforo andò sul ponte della nave e vide in lontananza una lunga distesa di alberi alti e pieni di foglie. Era l’ isola di Zacinto, bella, rigogliosa e piena di una fitta vegetazione. L’ eroe ed i suoi compagni attraccarono la nave all’unica insenatura che trovarono in quella parte di costa e s’ incamminarono alla ricerca di cibo; avevano bisogno di fare rifornimento e speravano di incontrare qualcuno che potesse aiutarli. 12
Durante il cammino, però, accadde una cosa terribile: due uomini, che brancolavano per il forte profumo che emanavano le piante, si avvicinarono troppo ad una di esse e vennero stritolati. Gli altri capirono che erano giunti nel “bosco della morte”di cui tanto si parlava a Nasso perché chi era entrato in quel luogo non ne era più uscito vivo. Tutti insieme cercarono allora di tornare alla nave ma, all’ improvviso, sentirono un forte ululato. Doriforo si guardò attorno ed in alto, come gli aveva detto in sogno Nettuno. Vide degli uccelli mostruosi sopra di sé ed allora si sdraiò immobile a terra. Gli altri suoi compagni, invece, vennero afferrati con gli artigli e portati via. Passato questo brutto momento, l’ eroe solo, stanco e spaventato salì sulla sua nave sapendo che ormai Cefalonia era vicina e che non gli restava altro che affrontare l’ ultima prova. All’ alba approdò all’ isola e trovò sulla spiaggia delle donne che avevano accompagnato i loro mariti pescatori. Una di esse gli si avvicinò e gli chiese chi fosse: “Sono Doriforo” disse “Vengo dall’ isola di Nasso e sono alla ricerca della maga Arcigna”. “Stai molto attento” gli rispose la donna “La maga ha immensi poteri e nessuno è mai riuscito a sconfiggerla. Tiene schiavi tanti giovani nei suoi giardini e noi mamme temiamo per i nostri figli. Pregherò per te e perché la tua impresa abbia buon fine”. Dette queste parole, gli indicò una vasta pianura nella quale scorreva un lungo fiume. Gli disse di percorrerlo in direzione delle montagne fino a quando non avesse trovato la sua sorgente. Là una grotta lunga e buia conduceva ai giardini della perfida maga. Doriforo seguì le indicazioni e giunse alla grotta. Si avvicinò ed improvvisamente uscì una lingua di fuoco. Era Crotalo, un mostro simile ad un serpente, che si avventò su di lui. Lo avvinghiò, lo strinse forte ma Doriforo resistette, riuscì a liberarsi e con uno scatto improvviso gli tagliò la testa. Si addentrò così nella caverna fredda e buia e, dopo aver camminato lentamente ed in silenzio, in lontananza scorse una luce e sulla parete intravide l’ ombra della maga. Lei urlava e si avvicinava sempre di più a lui, intenzionata ad ucciderlo. Doriforo, allora, strofinò l’ancora con tutta la sua forza e da essa uscirono insieme tutti i venti. La maga girò su se stessa, non riusciva a 13
stare in piedi ma con una mano afferrò l’ eroe per un braccio. Doriforo le era vicino e la luce fece brillare il ricciolo d’ argento. Con un’abile mossa lo tagliò e subito la caverna s’ illuminò tutta, la maga cadde a terra ed i venti si placarono. In un attimo i ragazzi che la maga aveva rapito andarono da Doriforo e lo salutarono come il loro liberatore. Così egli li fece salire sulla sua nave ed intraprese con loro il viaggio di ritorno a Nasso. Non incontrò più mostri sulla sua strada ma Nettuno lo guidò per tutta la navigazione. Giunto a destinazione, consegnò il ricciolo d’argento a Eurineo, la folla lo acclamò re dell’ isola e la madre non dovette più sposarsi. 14
Testo e disegni realizzati da: Bongi Michael, Casciaro Arianna, Mavilla Andrea, Michelucci Giorgia (classe I A) 15
L’ avventura dei mitici eroi Un tempo il re di Iolco Giasone era sposo innamorato della maga Medea. Circe, la zia della sposa, possedeva potenti arti magiche ed era gelosa della nipote. Invaghitasi di Giasone, un giorno lanciò un incantesimo ed egli tradì Medea proprio con lei che aveva cambiato fattezze per non farsi riconoscere. La regina furente, per vendicarsi del tradimento e far soffrire il marito, scagliò una maledizione sui suoi suoceri, Alcimede ed Esone, a cui lui era molto affezionato: sarebbero morti lentamente soffrendo terribilmente per anni ed anni. Giasone, vedendo i suoi genitori in quello stato, si risvegliò dal torpore indottogli dalla maga Circe e comprese quanto era successo. Medea, visto il ripensamento del marito, si pentì di ciò che aveva fatto, ma la sua magia avrebbe potuto essere annullata solo dal semidio della medicina Asclepio, figlio del dio Apollo e cresciuto dal centauro Chirone alle pendici del monte Pelo. Asclepio aveva appreso dal suo tutore l’ uso dei medicamenti e degli strumenti chirurgici; era diventato abile e saggio e curava le persone con devozione. Atena, per ricompensare la sua generosità, gli aveva donato due fiale: una contenente il sangue colato dalla parte sinistra della Gorgone Medusa che aveva il potere di resuscitare i morti, l’ altra il sangue colato dalla parte destra che aveva il potere di donare la morte. Ade, temendo che Asclepio potesse sovvertire l’ ordine naturale del ciclo della vita, si era lamentata con Zeus che prima aveva fulminato con le sue folgori il dio della medicina e poi, per placare l’ ira di Apollo, padre di Asclepio, ne aveva fatto una costellazione: quella di Ofiuco. Giasone avrebbe dovuto, quindi, raggiungere quella costellazione per recuperare qualche goccia della preziosa fiala che avrebbe riportato in salute i suoi genitori. La nave Argo, rimessa in mare dopo la spedizione che aveva portato alla conquista del vello d’oro, era pronta a salpare. Il dio Poseidone, in quel momento benevolo verso i naviganti, aveva mostrato a Giasone la rotta da seguire per passare dal mare al cielo, ma 16
per questo particolare viaggio non avrebbe potuto contare sui suoi cinquantadue Argonauti in quanto avrebbe dovuto fare tutto da solo. L’ eroe avrebbe dovuto far rotta per la Sicilia, Efesto avrebbe collocato Argo all’ interno dell’ Etna e la potenza generata dalla caldaia magmatica avrebbe sospinto la nave fino alle stelle, verso Asclepio. Sarebbe poi stato compito di Eolo creare un vortice per riportarlo sulla Terra. Sulla nave Argo si stagliava la polena che conteneva ancora il pezzetto di legno magico che aveva fornito, per volere di Era, protezione e profezie agli Argonauti nella loro missione. Anche in questo viaggio lo sguardo benevolo della sposa di Zeus aiutò Giasone: sulla sua rotta avrebbe dovuto scontrarsi con personaggi che, però, poi lo avrebbero aiutato nel raggiungimento del suo scopo. Giasone partì, quindi, a bordo della nave Argo ed arrivò ad Itaca (per volere degli dei a lui favorevoli). Odisseo pensò ad una nuova minaccia per il suo regno ed avrebbe voluto combattere contro il nuovo venuto, pensandolo accompagnato dai suoi soldati. Fortunatamente l’ intervento di Atena placò l’ irruenza del sovrano di Itaca il quale, ascoltate le motivazioni del condottiero degli Argonauti, decise di unirsi a Giasone mettendogli a disposizione la sua astuzia. Giasone ed Odisseo raggiunsero Tebe dove fu inevitabile lo scontro con Eracle che aveva pensato di dover affrontare contro di loro una delle sue tante fatiche. I due eroi domarono a stento le potenti braccia del rivale che, dopo essere stato vinto, venne reclutato per la sua forza nella prosecuzione del viaggio. Giasone, Odisseo ed Eracle attraversarono il deserto verso Uruk dove il tiranno Gilgamesh stava terrorizzando i suoi sudditi. I tre uomini proposero un patto al sovrano di Uruk: se li avesse accompagnati nel viaggio, Argo sarebbe diventata di sua proprietà. A Giasone serviva un elemento con pochi scrupoli e capace di azioni di forza. Gilgamesh accettò la proposta lusingato dalla possibilità di entrare in possesso del leggendario vascello. I quattro mitici eroi puntarono la prua verso la Sicilia dove Efesto li attendeva per aiutarli nel loro viaggio verso le stelle. Il dio deviò tutta la potenza del suo magma verso la chiglia della nave che, salendo velocissima lungo il cono del vulcano, venne lanciata verso il cielo. 17
Il viaggio verso quel luogo dove nessun uomo era mai giunto prima fu brevissimo: la costellazione di Ofiuco era ad un passo dalla prua della nave; Asclepio, però, era protetto dalle spire sinuose di Draco; era quindi giunto il momento che Giasone, Odisseo, Eracle e Gilgamesh unissero le proprie forze per sconfiggere l’ invincibile guardiano. Fu allora che Odisseo ebbe una delle sue mirabili intuizioni: dispose scudi ed armi in modo tale da riflettere la luce delle stelle creando la illusione ottica dell’ occultamento della nave. Giasone, saldamente al timone, portò l’ invisibile Argo vicina a Draco in modo da permettere ad Eracle di afferrarlo e bloccarlo con la sua forza mentre Gilgamesh sferrava il colpo finale tagliandogli la testa. A quel punto i quattro eroi si avvicinarono ad Ofiuco ed Asclepio si rivelò nel suo vero aspetto. Le lodevoli motivazioni, che avevano portato Giasone ed i suoi compagni a chiedere il suo aiuto spingendosi fino al limite della volta celeste, convinsero Asclepio a donare senza indugio le gocce di sangue portatrici di vita. A quel punto Eolo, come previsto da Era, creò un grande vortice sotto la nave Argo che vene risucchiata e trasportata fino alla città di Iolco. Arrivati a destinazione, gli eroi corsero subito verso la nobile casa di Giasone dove Medea disse loro di far bollire sul fuoco il sangue curatore, in modo da ottenere una pozione di guarigione. Dopo aver seguito alla lettera tutte le indicazioni della maga, Giasone diede da bere il magico intruglio ai suoi genitori che tornarono subito in salute tra le lacrime di gioia del figlio che tanto aveva osato per loro. Nel frattempo Odisseo era tornato ad Itaca ma la sua fame di conoscenza lo avrebbe spinto di lì a poco ad intraprendere un altro epico viaggio; Eracle, scontata con questa ennesima prova la pena morale per l’ eccidio della sua famiglia, era ritornato a Tebe; Gilgamesh, dopo essere diventato il comandante della gloriosa nave Argo secondo quanto stabilito dai patti e contagiato dallo spirito d’ avventura che animava i suoi compagni, aveva lasciato il governo della città di Uruk nelle mani di un reggente più umano ed intrapreso una navigazione senza fine. La fine di un viaggio è solo l’ inizio di un altro. 18
costellazione di Ofiuco nave Argo 19
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Testo e disegni realizzati da: Berisha Andi, Ferri Tommaso, Iacob Alexandru, Faro Gennaro (classe I A) 21
Ivan e le mele d’ oro Tanto tempo fa nella lontana città di Beval vivevano un re, una regina ed il loro figlio Ivan. Un giorno, per porre fine ad una guerra che durava ormai da anni, il re Espon e la regina Uri decisero di affidare il figlio Ivan, l’ intero palazzo ed il popolo allo zio Dektos. Quest’ ultimo, però, non voleva il ragazzo ma solo le sue ricchezze. Così, quando venne a sapere che i sovrani erano morti, diede Ivan alla balia costringendola a tenerlo nascosto, poi andò davanti al popolo riunito e disse: “Il figlio del re è morto a causa di una malattia misteriosa, ora sarò io ad avere il potere che sarebbe spettato a lui”. Da quel giorno governò al suo posto. Quando Ivan fu cresciuto, venne a scoprire la triste verità e, furioso, marciò verso il palazzo reale. Giunto davanti a Dektos, gli urlò minaccioso: “Dektos, come osi tu nascondere la verità a me ed a tutto il popolo; quella corona, quel trono e tutto ciò che possiedi spettano a me e tu me li hai portati via con un inganno, una sciocca bugia a cui, però, credono tutti”. Lo zio si limitò a rispondere: “ Facciamo un patto: se tu riuscirai da solo a portarmi tre mele d’ oro che crescono nei campi della città proibita, io lascerò il trono e tu sarai re”. “Ma come farò da solo- cercò di obiettare Ivan- dovrò ammazzare draghi, prendere erbe magiche, per non parlare delle mele d’ oro che crescono nel giardino della dea Maya a cui agli umani è severamente proibito avvicinarsi”. “O questo o nient’ altro” concluse Dektos. “E va bene” replicò il giovane. Ivan impiegò quindici giorni a progettare la sua nave e venti per costruirla, poi si diresse verso le terre proibite. Dopo tante avventure, giunse proprio davanti all’ albero dalle mele d’ oro e riuscì ad impadronirsene di tre offrendo splendidi abiti che aveva nella nave alla dea Medea. Ritornò davanti a Dektos con i frutti ma lui non accettò quanto aveva promesso anche perché aveva sperato che fosse morto. 22
“Sai, non sono ancora pronto a lasciare il trono” disse lo zio; allora Ivan sguainò la spada e lo invitò a combattere. Il giovane uccise l’ usurpatore e finalmente riprese i diritti che da sempre gli erano spettati. Testo e disegni realizzati da: Colombo Jeson, Omontuehmen Darlene Eghonghon, Pezzoni Margherita, Ruffini Flippo (classe I A) 23
Le dieci fatiche di Eracle Eracle voleva sposare la figlia di Efesto ma il dio gli disse che, se voleva farlo, doveva superare “dieci fatiche”. I Fatica Prendere le pietre preziose contenute in una grotta dei Ciclopi Sbarcato nella terra dei Ciclopi, Eracle scelse la grotta di Polifemo perché , essendo cieco, non lo avrebbe potuto vedere. Quindi potè prendere le pietre preziose e portarle ad Efesto. II Fatica Andare nelle profondità dell’ oceano Per prendere il corallo dell’ immortalità Eracle si fece dare dal dio Poseidone il potere della respirazione sott’ acqua e riuscì ad andare sul fondo dell’oceano a prendere il corallo dell’immortalità. III Fatica Sterminare l’ esercito del re Gilgamesh Eracle andò ad Uruk per distruggere l’ esercito di Gilgamesh e ci riuscì grazie ad un’armatura donatagli dal dio Ares. IV Fatica Andare nel bosco e sradicare cento querce Si avvicinava l’ inverno ed Efesto ordinò ad Eracle di sradicare cento querce nel bosco vicino per riscaldarsi. V Fatica Prosciugare un lago Il lago esondava spesso infastidendo il villaggio vicino che aveva richiesto aiuto ad Efesto; Eracle con un solo respiro risucchiò l’ intero lago. 24
VI Fatica Distruggere la nave Argo Efesto si accorse che la nave Argo si stava per schiantare contro il suo palazzo, perciò ordinò ad Eracle di distruggerla prima del suo arrivo. VII Fatica Catturare i musicanti di Brema Eracle, per volere di Efesto, catturò i musicanti di Brema che gli suonarono delle bellissime musiche. VIII Fatica Uccidere un polpo gigante che infestava l’ oceano Eracle arrivò nel fondo dell’ oceano e lì il polpo cercò di soffocarlo con i suoi lunghi tentacoli, ma Eracle riuscì a liberarsi ed a tagliargli i tentacoli. IX Fatica Uccidere un grifone Eracle andò nella grotta dove viveva il grifone, mentre l’ animale dormiva. L’ eroe estrasse la sua spada, gli trafisse il cuore e lo uccise. X Fatica Conquistare Uruk Avendo già ucciso i soldati posti a guardia di Uruk, per Eracle questa impresa fu molto facile. Fece scappare gli abitanti e conquistò la città. Eracle, dopo aver superato tutte le “dieci fatiche”, si sposò con Elena. 25
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Testo e disegni realizzati da: De Vivo Lorenzo, Micheli Matteo, Montani Viola, Paioletti Matilde (classe I A) 27
CLASSE I B 28
Le prove dei tre frammenti Un tempo vivevano in un lontano regno un re e sua moglie: Aschelide ed Elida. Essi avevano un grande segreto: senza la “pietra sacra” non potevano sopravvivere. Purtroppo la terribile maga Orisida, che voleva governare al loro posto, riuscì a rubarla e la ruppe in tre frammenti che disperse nei luoghi più pericolosi mettendovi a guardia dei mostri orripilanti. La coppia reale era sempre più debole e dopo cinquanta giorni sarebbe morta. Allora il figlio Ortelide, che era un guerriero potente, decise di recuperare tutti i pezzi per salvare i suoi genitori. I Frammento Il primo frammento era nascosto nel punto più oscuro di un bosco di aceri e precisamente dentro ad una grotta con a guardia l’ hamunk, un mostro con il corpo di serpente e la testa d’ aquila. Per ucciderlo, Ortelide dovette tendergli un tranello: costruì un enorme buco che ricoprì con foglie e rami nelle vicinanze della grotta ed attirò fuori il mostro. Così vi cadde dentro ed il principe potè recuperare il frammento della “pietra sacra”. Una volta ottenuto quanto cercato, lasciò morire il terribile hamunk nella trappola. II Frammento Il secondo frammento era nascosto all’ interno della piramide di Tutancamon in Egitto ed a guardia c’era un enorme scarabeo dorato. I soldati di Ortelide pensarono a distrarre il mostro mentre il principe prese la pietra; poi, con l’ aiuto di tutti i suoi uomini, fece cadere la piramide addosso allo scarabeo che morì schiacciato. Però in seguito, dispiaciuto per quanto aveva fatto, fece ricostruire l’ edificio. 29
III Frammento L’ ultimo frammento si trovava sul fondo del mare e precisamente in una grotta corallina con a guardia un mostro marino. L’unica cosa che poteva ucciderlo era il fuoco ma a contatto con l’ acqua si sarebbe subito spento. Allora Ortelide si fece ingoiare tutto intero dal mostro e, una volta entrato nella sua pancia, appiccò un fuoco con due pietre focaie che aveva tenute ben asciutte nella sua sacca. Una volta ucciso, uscì dalla sua bocca e recuperò l’ ultimo pezzo di pietra. Infine il giovane fece ritorno nella sua terra dove ricompose la “pietra sacra” ed i suoi genitori furono salvi, mentre la maga Orisida venne condannata alla prigione a vita. Per ricompensa, Ortelide ascese al Sacro Olimpo dove venne accolto calorosamente. 30
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Testo e disegni realizzati da: Calzolari Andrea, Giovanelli Matilde, Pucci Pietro Thanhuy, Traversi Francesca (classe I B) 32
Lo scrigno dorato Un giovane di nome Guglielmo volle oltrepassare i sette mari per impadronirsi di uno scrigno ereditato dal padre ormai deceduto da un anno. Esso era molto prezioso e tutti lo volevano. Prima navigò nell’ Oceano Atlantico dove incontrò la bella guerriera Felis di cui s’ innamorò. Così i due continuarono il viaggio insieme. Ad un certo momento approdò in un’ isola sperduta dove affrontò un gruppo di nomadi chiamati Celsi. Guglielmo e la sua amata vennero catturati ma, mentre procedevano verso le prigioni, sentirono dire che lo scrigno era in loro possesso ma che era custodito nell’ isola di Ioda e custodito dal drago Cem, il più potente di tutti i suoi simili. I ragazzi cercarono un modo per fuggire e ci riuscirono grazie ad uno stratagemma: fecero ubriacare la guardia che aprì la porta della cella e indicò loro la strada per Ioda dicendo che occorreva per forza andare via mare e fare molta attenzione al “Triangolo delle Bermuda”. I due partirono ed arrivarono su un’ isola tutta buia credendo di essere giunti a destinazione. Così andarono subito a cercare la grotta dov’ era nascosto lo scrigno e lo trovarono grazie ad una scia di fumo proveniente dalle fauci del drago. Non appena trovato il mostro, Guglielmo lo attaccò ed i due combatterono a lungo fino a quando il giovane lo sconfisse e lo uccise. Poi Guglielmo entrò nella grotta ed intravide lo scrigno nell’ oscurità. Però c’ erano diverse trappole che impedivano di avvicinarsi; allora lui si ricordò di una canzone che gli cantava il padre e decise di seguire le indicazioni proposte dal testo. Pareva incredibile ma il giovane riuscì ad evitare le trappole, a prendere lo scrigno ed a portarlo ad Itaca assieme all’ amata Felis. 33
il triangolo delle Bermuda lo scrigno dorato 34
Testo e disegni realizzati da: Acerbi Alessio, Bologna Christian, Kolaj Lorenzo, Porto Gaia, Reginato Camilla (classe I B) 35
La nuova dinastia di Iulio Iulio, figlio di Enea e della dea Atena, era stato scelto per fondare una nuova città. Così, spinto dal Fato, una mattina lui e suo padre partirono con quaranta navi e navigarono verso la Calabria dove incontrarono il mago Cero che li trattenne per tre anni. Poi ripartirono ma una tempesta li fece naufragare in Africa. Lì incontrarono una sibilla di nome Rita che spiegò loro che la città che Iulio doveva fondare avrebbe dovuto essere situata a levante dove sorge il sole e ricoperta completamente d’ oro e d’ argento. Subito al padre Enea venne in mente la terra di Santina perché da lì si vedeva subito il sole. Così i due giunsero in quel luogo e vi fondarono la città. Ci volle un anno per completarne l’ edificazione; alla fine Iulio ed Enea ripartirono ma sfortunatamente un tempesta li fece naufragare sull’ isola d’ Elba dove degli enormi scarafaggi provenienti dall’ Africa dimezzarono le loro truppe. Gli dei, per far comprendere al giovane che non era quella la città indicata,gli apparvero in sogno e gli proposero un enigma: LA TERRA DOVE SORGE IL SOLE NON HAI ANCORA TROVATO E DI QUESTO NON HAI ANCORA PAGATO. Iulio pensò che fosse solo un incubo ma non era così: ad Ogigia morì suo padre, così comprese il significato delle parole del sogno e trovò la terra giusta in Grecia. Prima di arrivarci, approdò in Tracia dove s’ innamorò di Leti, la regina del luogo. Così partirono insieme ed arrivarono a Troia dove Iulio rimase affascinato dalle bellezze della città ma, purtroppo, successe una disgrazia: Leti venne uccisa dal crollo di un edificio. Allora Iulio disperato ripartì, poi arrivò finalmente in Grecia dove costruì la città e diede inizio ad una nuova dinastia. 36
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Testo e disegni realizzati da: Gaido Chiara, Giorgini Nicolò, Mattioni Giulia, Moretti Filippo (classe I B) 40
Wilsena Il protagonista della storia è Wilson, un giovane inglese che ha voglia di conoscere la Terra in tutti i suoi aspetti e per questo decide di esplorare alcune città, partendo da Roma, la città eterna, dove è sempre vissuto. Come prima tappa decide di andare ad Istanbul ma una tempesta lo porta ad Atene dove viene accolto da delle guinzie: bellissime fanciulle che, con il loro fascino, incantano gli uomini facendoli stare con loro per anni allo scopo di ucciderli. Wilson non cade nella trappola perché ha già sentito parlare di loro, però perde tutti gli uomini del suo equipaggio. Finalmente approda ad Istanbul dove un uomo molto anziano gli rivela che non è figlio di Ilenia (la donna che lo ha cresciuto) e che, appena nato, è stato trovato sulla sponda del fiume Tevere. Wilson, molto arrabbiato e contemporaneamente deluso per quanto ha appreso, si rimette in viaggio. Giunge in Egitto e rimane stupito per la bellezza del Cairo dove trova una grande quantità di antichissimi resti. Dopo qualche settimana si rimette in viaggio. Arriva in Tunisia e precisamente nella capitale dove incontra Klunie, un uomo molto astuto che ha la sua stessa voglia di viaggiare. Così i due diventano amici e decidono di recarsi in Sicilia; lì si fermano per molto tempo perchè due fanciulle dell’ isola s’ innamorano di loro e li costringono a stare con loro. Fortunatamente, grazie all’ astuzia di Wilson , riescono a fuggire. I due giovani giungono a Cagliari in Sardegna dove incontrano due mostri che li vogliono uccidere, ma loro riescono a sconfiggerli. Arrivano all’ isola di Minorca, dominata dalla macchia mediterranea e rinomata per la quiete che vi regna. Affascinati e stupiti per l’ acqua cristallina, decidono di tuffarsi in mare per fare un bagno. Però, nonostante all’apparenza sia incantevole, racchiude un pericolo: la presenza di tanti piccoli pesciolini che si attaccano alle gambe e non si staccano più, simili a sanguisughe. Klunie, che si è avventurato troppo in mare aperto, all’ improvviso si accorge di questi animaletti, grida a Wilson di scappare e di tornare sulla spiaggia; poi scompare tra i flutti annegato. 41
Wilson, rimasto solo, è addolorato e triste perché per la prima volta prova che cosa significhi perdere una persona cara. Vorrebbe ritornare a Roma ma, ripensando alle parole pronunciate dall’ anziano uomo di Istanbul, decide di non farlo e di fermarsi ad Ajaccio, in Corsica, dove incontra una bellissima donna di cui s’ innamora, ricambiato. I due si sposano e vivono felici e contenti. 42
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Testo e disegni realizzati da: Bini Michele, Gallina Alice, Foschi Michele, Pedrazzi Alessia, Poletti Simone(classe I B) 45
Lenao ed Anchise L’ isola di Linosa era abitata da un popolo molto pacifico: gli Etagini. Essi erano governati da un sovrano molto saggio, il re Nestore, che dopo un anno di governo aveva sposato Fedra. Dopo un po’ di tempo la regina era rimasta incinta di due gemelli; il parto fu molto doloroso così, appena dati alla luce i due fratellini, lei morì. Nestore era molto triste ma aveva due figli da crescere da solo, così si diede subito da fare perché era quello che avrebbe voluto anche sua moglie. Fin da quando erano piccoli, il re diede ai suoi due figli, Lenao ed Anchise, un’ educazione molto severa. Il tempo trascorse ed i due gemellini, da bambini vivaci divennero uomini molto determinati. Un giorno, il padre convocò i due figli nella sua stanza e fece loro un discorso. Disse che ormai era anziano, mancava poco tempo alla sua morte e, quindi, aveva bisogno di un successore che governasse al suo posto, però non voleva fare preferenze. Così li avrebbe sottoposti ad una prova molto difficile per stabilire chi sarebbe diventato re: dopo due settimane da quell’ incontro avrebbero dovuto scalare il monte Acrena prima che la “Grande clessidra del tempio” avesse finito di far scorrere la sua magica sabbia ( cioè entro mezzogiorno) e, naturalmente, avrebbe vinto il primo arrivato. I due fratelli si volevano molto bene ma entrambi volevano avere il comando sul regno e, quindi, erano determinati a vincere. Le voci si sparsero in fretta nel regno ed i cittadini speravano che superasse la prova il loro preferito, il principe Lenao, perché era altruista, generoso, gentile, educato, insomma un uomo amabile ma, all’ occorrenza, anche spietato. Invece il gemello Anchise era viziato, arrogante, antipatico, maleducato, presuntuoso e pensava solo al suo aspetto. Inoltre era un fifone ed aveva paura anche solo della sua ombra. I due fratelli, indifferenti di quello che pensava la gente, si allenarono intensamente durante quelle due settimane. La gara sarebbe iniziata alle cinque del mattino e sarebbe durata al massimo fino a mezzogiorno ed i lettori, a questo punto, penseranno: il 46
giorno prima i due contendenti avrebbero dovuto dormire tutto il giorno e invece… Lenao continuò a svegliarsi presto per fare gli allenamenti ed Anchise andò con i suoi amici a “compiere avventure”. Il giorno dopo, alle cinque in punto, sia Lenao che Anchise si trovarono ai piedi della montagna con il padre, le guardie e molti spettatori incuriositi. Iniziò uno stressante conto alla rovescia, al segnale del re un cavaliere capovolse la clessidra ed i due fratelli diedero inizio alla scalata. Ci furono molti alti e bassi, ma in testa era Anchise, non si sapeva come avesse fatto, ma stava vincendo (probabilmente aveva barato). Alla fine, quando ormai mancava pochissimo allo scadere del tempo stabilito, uno scatto fulmineo di Lenao lo portò in testa e lo fece vincere. Poco tempo dopo il loro padre morì ma il regno aveva un bravissimo e saggio sovrano: Leonao. 47
Testo e disegni realizzati da: Casotti Elena, Moscano Sofia, Piva Andrea, Vesigna Enrico Pablo (classe I 48
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Il dio Terremoto, la dea Natura e gli umani Tanto tempo fa sul monte Fuji viveva Terremoto, dio della Terra. Egli aveva il corpo fatto di roccia e polvere e tutti ( sia dei che umani) lo ammiravano per questo ma lo detestavano per il suo carattere irascibile. Egli scaricava la sua rabbia dicendo con un vocione profondo e potente che faceva tremare tutto ciò che lo circondava: “Dannati…ora vi faccio vedere io!”. Fortunatamente, però, la sua rabbia svaniva in pochi minuti e, man mano che si tranquillizzava e tornava bonaccione, la Terra tremava sempre meno. Così gli umani, che vivevano rinchiusi nelle loro case ai piedi del monte, potevano ritornare tranquilli e sereni ad occuparsi delle loro faccende quotidiane. Gli altri dei si erano tanto abituati al comportamento di Terremoto che ormai fingevano di temerlo. Calma apparente!!! Un giorno di sole arrivò nel regno di Terremoto la bellissima dea Natura che gli disse: “O Terremoto, non sai in che guaio sono capitata…gli umani mi maltrattano: sciupano l’ acqua ignorando le necessità delle piante e degli animali che soffrono, e non solo questo, portano via l’ argilla, scavando strati profondi nella terra, per costruire oggetti , vasi, piatti ma, soprattutto, case; loro sono comandati dal dio Fuoco, ambizioso e desideroso di diventare il capo di tutti. Ti prego, Terremoto, aiutami!”. Il dio, livido dalla rabbia per il racconto ma contento di aver trovato qualcuno che gli confidasse le sue pene, andò su tutte le furie scatenando la sua rabbia in modo più violento del solito, lasciando scorrere l’ ira nelle sue vene senza contenersi. Un boato terrificante pervase l’ atmosfera e la terra tremò così forte che tutte le case costruite in precedenza dagli uomini finirono miseramente in frantumi, senza possibilità di recupero. Da quel giorno sorse una nuova civiltà. Gli uomini e gli dei rispettarono maggiormente la dea Natura e cercarono di rendere le giornate del dio Terremoto più tranquille. Tutti erano diventati più attenti al rispetto dell’ altro. 50
Testo e disegni realizzati da: Evangelisti Giada, Franceschini Ella, Gaggini Matteo, Puggioni Nicole (classe I C) 51
Italo ed il mare Viaggio di un eroe alla ricerca di se stesso Un giorno un giovane di nome Italo partì dalle suggestive coste liguri per andare alla scoperta di nuove terre. Prima di affidarsi al suo ignoto destino, gettò un ultimo sguardo veloce ma intenso alle alte mura che circondavano la suggestiva chiesetta di San Pietro a Portovenere, affacciandosi alle cui finestrelle aveva infinite volte sognato di partire. Quel momento era finalmente arrivato ed il suo cuore fremeva al pensiero di quel viaggio avventuroso. Italo era curioso, sapeva che oltre l’ orizzonte si apriva un mondo tutto da scoprire a costo della sua stessa esistenza perché il senso di ciò che stava per compiere stava proprio nel fatto che la vita si sarebbe incontrata con la morte ed avrebbe cercato in ogni modo di sfidarla. Ma a quali difficoltà egli avrebbe dovuto far fronte? Italo, di certo, allora non immaginava quanti ostacoli avrebbe incontrato prima di tornare in patria. PRIMA TAPPA: L’ ISOLA D’ ELBA Italo stava navigando ormai da molti giorni ed era solo, perché così aveva voluto, in balìa del destino e delle onde. Davanti a lui c’ era solo il mare sconfinato e burrascoso. Un giorno il giovane, come per miracolo, avvistò all’ orizzonte un’ isola, la cui forma allungata e sottile faceva da barriera all’ infinito. Appena l’ ebbe raggiunta, egli rimase a contemplare il paesaggio in silenzio fino a quando udì una vocina delicata che disse: “La tua determinazione ti ha spinto fin qui, Italo, guarda oltre ed otterrai riposta al tuo desiderio di conoscere. Spingiti oltre, coraggio!”. Si trattava di una bellissima sirena che lo stava fissando e gli suggeriva di procedere. Più oltre il giovane vide l’ imbocco di una caverna, come se fosse stato l’ unico punto di accesso verso l’ orizzonte non troppo lontano. La sirena continuò: “Sfida il serpente della caverna e potrai continuare il tuo viaggio, altrimenti torna indietro!”. Italo, sicuro e coraggioso, le rispose: “Ce la farò, sfiderò il serpente a costo della vita!”. Così intraprese una difficile lotta con l’ animale e, dopo 52
essere riuscito a sconfiggerlo, scorse dinanzi ai suoi occhi una strada luminosa che lo condusse dall’ altra parte dell’ isola. Là il mare era calmo, piatto ed invitante. Egli non aveva paura, mise in acqua la sua piccola imbarcazione e si lasciò trasportare verso il suo destino. SECONDA TAPPA: GAETA ED IL MONDO SOTTERRANEO Il viaggio procedeva proprio come Italo aveva sempre immaginato. Dopo alcuni giorni di navigazione si fermò nel golfo di Gaeta; poi, tremante ed eccitato, andò a baciare la terraferma. Mosse qualche passo incerto ma, improvvisamente, cadde pesantemente in basso, sprofondò e si trovò al centro di un bosco buio dove tanti minuscoli uomini barbuti e seri lo osservarono curiosi. Essi, in coro, ripeterono la stessa frase che gli aveva precedentemente detto la sirena: “ La tua determinazione ti ha spinto fin qui. Vuoi continuare il viaggio? Aiutaci ad uscire da qui e ad arrivare al mare, così tu sarai di nuovo libero ed anche noi”. Italo rispose loro: “Non vi preoccupate, ce la farò e saremo tutti liberi!”. Da quel momento lavorò incessantemente per parecchi giorni e, con l’ aiuto dei buffi ometti, costruì una strada verso il cielo, verso la libertà che permise a tutti di risalire e di tornare al mare. Poi salutò i suoi nuovi amici e riprese la navigazione verso il suo destino. TERZA TAPPA: SALERNO Questa fu una sosta determinante perchè Italo trovò il relitto di una misteriosa nave abitata dal fantasma di un sapiente imperatore che, alla sua richiesta di conoscere il motivo di tanto vagabondare, gli rivelò che era quello di andare alla ricerca di se stesso. QUARTA TAPPA: TROPEA In questa località il giovane entrò in possesso di una chiave magica che gli permise di accedere negli abissi più profondi del mare e di comunicare con mostruosi animali marini che gli indicarono la giusta via da percorrere. 53
QUINTA TAPPA: LO STRETTO DI MESSINA Qui Italo conobbe l’ amore: un meraviglioso uccello si trasformò in una fanciulla, che era stata fatta prigioniera di un incantesimo ed Italo se ne innamorò perdutamente. Purtroppo la sua vita poteva continuare solo in quel luogo altrimenti sarebbe subito morta ma il giovane, mosso sempre dal desiderio di viaggiare, la lasciò pur con dolore. SESTA ED ULTIMA TAPPA: IL RITORNO IN PATRIA Erano trascorsi molti anni, Italo era invecchiato, le sue avventure erano sempre eccitanti ma cominciavano a stancarlo. Egli poteva ritenersi soddisfatto: aveva realizzato il suo sogno, viaggiato per anni, visto luoghi inesplorati ed incantati, conosciuto persone nuove e culture diverse dalla sua. Il suo corpo ormai indebolito dal peso degli anni racchiudeva una mente lucida in cui era racchiuso un intenso desiderio di tornare a casa, al suo punto di partenza e di approdo. Egli, sebbene impegnato nelle sue molteplici avventure, non aveva mai cessato di pensare alla sua terra natia ed alle persone amate che aveva lasciato. Ora si chiedeva se fossero ad attendere il suo ritorno e se, come lui, desiderassero rivederlo. La vita gli aveva dato molto ma si rendeva conto che non gli avrebbe concesso ancora tanto tempo. Come avrebbe fatto a tornare in patria? Si trovava lontano da Portovenere e non sapeva se avrebbe avuto le forze necessarie per affrontare un così lungo viaggio; sarebbero occorsi mesi e lui era stanco. Un giorno andò in cerca di una risposta al suo tormento e, per farlo, camminò nella bellissima Lampedusa, dove risiedeva da due anni, fino alla cima di un monte dove abitava un anziano sapiente che, si diceva, avesse poteri soprannaturali perchè in contatto con gli dei. Italo, giunto davanti a lui, si prostrò ai suoi piedi e pianse: “Solo tu puoi aiutarmi. Nella mia vita ho visto tanti paesi e persone diversi, però vorrei morire nella mia patria. Indicami , ti prego, la strada per la costa ligure, dimmi come posso trovare i mezzi per poterla raggiungere, così i miei occhi potranno gioire nuovamente dinanzi alle bellezze della mia terra lontana!”. 54
L’ interlocutore, sebbene fosse cieco,poteva percepire chiaramente tutto il dolore di Italo e disse: “Domani mattina all’ alba vai al porto. Cerca in cielo la stella del desiderio che noterai perché, anche se giorno, c’ è sempre. Fissala a lungo stringendo fra le mani l’ amuleto che ti sto per dare e si spalancherà davanti a te un labirinto complesso ed enigmatico, percorrilo tutto affrontando le prove che vi troverai e, alla fine del percorso, potrai salire su una nave. Come per magia rivivrai il tuo viaggio, approdando in tutti i porti in cui sei stato, vedrai la tua vita scorrerti davanti agli occhi. Il dio della Fortuna sarà lì accanto a te”. Italo fece quanto gli aveva ordinato l’ anziano sapiente; così tornò a rivedere la tanto amata costa ligure ed in particolare Portovenere dove visse fino alla morte. 1) Portovenere (partenza) – 2) Isola d’ Elba – 3) Golfo di Gaeta 4) Salerno – 5) Tropea – 6) Stretto di Messina – 7) Lampedusa – 8) Portovenere (ritorno) Testo e disegni realizzati da: Cipriani Gaia, Gemmi Leonardo, Mannarà Martina, Morelli Alice (classe I C) 55
Il viaggio di Euriloco Dopo dieci anni dalla fine della battaglia di Adrianopoli, circa nel 388, l’ eroe Euriloco con alcuni compagni, dopo essere riusciti a sfuggire alla strage dei soldati romani,stavano effettuando un viaggio nelle acque del Mediterraneo per volere del Fato. Egli era un guerriero molto forte ed audace, biondo con gli occhi azzurri, per metà divino e per l’ altra umano (semidio). Un giorno il vento li condusse presso le coste di un’ isola abitata dalla bellissima dea Cimsene, maestra di incantesimi. Appena la ragazza li vide, chiese loro: “Qual buon vento vi conduce da queste parti?” e loro risposero: “Sono stati gli dei a portarci qui con il favore dei venti!”; poi la dea li invitò a pranzo. Ma le sue intenzioni non erano buone: infatti voleva renderli incoscienti e darli in pasto ai suoi leoni. Così fece un incantesimo dando al veleno il sapore ed il colore del vino e lo offrì alla ciurma: di colpo tutti caddero per terra senza sensi. Poi li fece portare dai suoi servitori in una stanza e li chiuse dentro. Per farli perire più in fretta, non diede loro più alcun cibo, così molti morirono di fame. Poi venivano tirati fuori dal locale e dati in pasto alle belve. Euriloco, vedendo sempre meno compagni attorno a sé, urlando e piangendo disse: “Cimsene, perché fai questo?”. Ormai erano rimasti solo in due e, fra poco, sarebbero diventati anch’ essi cibo per i leoni. Allora l’ eroe, temendo la morte imminente, decise di evadere assieme al fedele marinaio Piros, passando attraverso un piccolo passaggio che avevano scavato nel muro. Appena usciti all’ esterno della stanza, corsero dal portone che era stranamente aperto, poi si diressero in fretta al porto dove li aspettava la loro imbarcazione. In quel momento Piros disse: “Finalmente, Euriloco, siamo riusciti a scappare. Non ci speravo più” e ripresero il viaggio per tornare in patria. 56
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Testo e disegni realizzati da: Oddone Giacomo e Truglio Jasmine (classe I C) 58
Il viaggio di Ascanio Un tempo nella pianura padana viveva Ascanio, bellissimo figlio di Apollo e dai poteri soprannaturali, con sua madre Alide. Un giorno, quando il giovane tornò a casa, trovò sua madre distesa per terra agonizzante; lui la prese tra le braccia e la depose sul letto. Lei lo guardò con i suoi dolci occhi e con un filo di voce disse: “ Figliolo, è giunta la mia ora, gli dei non vogliono più farmi ridere e camminare all’ aria aperta. Ascanio, ora me ne andrò per sempre ma prima senti bene le mie parole: per ogni decisione che dovrai prendere nella vita ascolta sempre che cosa ti dice il cuore…”ma non riuscì a terminare la frase perchè la morte la portò via con sè. Allora il giovane si recò subito dalla principessa Efigenia, di cui la madre era stata l’ ancella, per annunciarle la triste notizia. Ma, non appena la vide, rimase senza parole tanta era la sua bellezza e se ne innamorò. “Bel giovane, perchè mi vuoi parlare? Quale notizia mi porti?” disse la fanciulla. Ascanio rispose: “Mia bellissima principessa, sono venuto fin qui per dirle che la sua ancella, nonchè mia madre, è morta” A quelle parole il sorriso di lei si spense sulle sue labbra, si sedette sul letto e si mise a piangere. Lui avrebbe voluto dichiararle il suo amore ma non gli sembrò giusto e decise di andarsene, però la principessa lo fermò e disse: “Bel giovane. non andare via perchè vorrei conoscerti!”. Ascanio rimase di sasso perchè non riusciva a capire come mai quella meravigliosa creatura volesse proprio la sua compagnia. Si lasciò convincere a restare e ne approfittò per dichiararle il suo amore; lei sorrise alla dichiarazione, però aveva lo sguardo assente come se nascondesse un segreto. Egli lo capì subito e, incuriosito, cercò di scoprirlo: lei era la promessa sposa di Eurione, crudele e spietato sovrano di Cipro, ma non lo conosceva neppure”. Allora Ascanio si alzò prontamente in piedi e le giurò che sarebbe andato da quel re, lo avrebbe sconfitto e sarebbe tornato per sposarla. Lei, sentendo quelle parole, lo abbracciò felice ma, prima che se ne andasse, gli disse: “Il re è invulnerabile e l’ unico modo per sconfiggerlo è strappargli il solo capello d’ oro che ha in testa; così tornerà umano e potrai ucciderlo senza alcuna fatica”, gli consegnò tutto ciò che avrebbe potuto servirgli per il viaggio, gli fornì un equipaggio ed una nave; poi lui partì. Durante il tragitto incontrò le sirene che, con il loro canto 59
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