USA - SCHEDA DI MERCATO ABBIGLIAMENTO DONNA - Giugno 2020 Agenzia ICE New York - Virtual Fair

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USA - SCHEDA DI MERCATO ABBIGLIAMENTO DONNA - Giugno 2020 Agenzia ICE New York - Virtual Fair
USA - SCHEDA DI MERCATO
ABBIGLIAMENTO DONNA
Giugno 2020
Agenzia ICE New York
USA - SCHEDA DI MERCATO ABBIGLIAMENTO DONNA - Giugno 2020 Agenzia ICE New York - Virtual Fair
INDICE

1. ANDAMENTO CONGIUNTURALE………………………………….3

  L’interscambio con l’Italia……………………………………………..4

  I settori di punta dell’export italiano………………………………….5

2. IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA NEGLI USA…6

  LA COMPETIZIONE………………………………………………….6

  TENDENZE……………………………………………………….…...6

  PROSPETTIVE………………………………………………………..7

  PRODUZIONE LOCALE……………………………………………..9

  CANALI DISTRIBUTIVI ………………………………………….....12

3. IL COMMERCIO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA CON IL RESTO
   DEL MONDO………………………………………………………… 18

  IMPORTAZIONI………………………………………………………19

  Maggiori fornitori………………………………………………………20

4. SUGGERIMENTI PER LE SOCIETA’ ITALIANE…………………20
5. REGOLAMENTAZIONI DOGANALI E FISCALI………………….23
6. INFORMAZIONI UTILI…………………………………………........25
7. ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA…………………………………..25
8. FONTI………………………………………………………………….26

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ANALISI CONGIUNTURALE

Nota introduttiva
Al momento della stesura della presente nota congiunturale, gli Stati Uniti sono in piena
emergenza sanitaria per la pandemia COVID-19. Sono in atto misure di contenimento
dell’emergenza che stanno paralizzando numerosi settori economici. Il contesto è in
rapida evoluzione, ed è estremamente difficile quantificare l'esatta entità dell'impatto di
queste misure sull’economia americana, ma è chiaro che implicano forti contrazioni nel
livello di produzione, spesa delle famiglie, investimenti delle imprese e commercio
internazionale. I dati riportati in questo rapporto sono i più recenti e disponibili di fonte
ufficiale USA, rilasciati dal Bureau of Economic Analysis o dallo U.S. Department of
Commerce.

Andamento congiunturale dell’economia americana
Secondo i dati iniziali rilasciati a febbraio 2020 dallo U.S. Department of Commerce
(Bureau of Economic Analysis -BEA), Il PIL reale è aumentato del 2,3% nel 2019, mentre
il PIL in dollari correnti del 4,1% nel 2019, pari a US$ 21.430 miliardi, registrando
comunque una crescita più lenta rispetto a quella del 2018. La decelerazione del PIL
reale nel 2019, rispetto al 2018, ha rispecchiato principalmente le decelerazioni degli
investimenti fissi delle imprese e della spesa per consumi personali e da una flessione
delle esportazioni. Le importazioni nel 2019 hanno avuto un incremento più contenuto
rispetto al 2018.
La crescita del PIL nel 2019 è stata sostenuta da una domanda interna sospinta
soprattutto dalla spesa per consumi personali (+2,8%), investimenti fissi delle
aziende (+1,3%) e dalla ripresa della spesa pubblica (+2,3%). Invece, nel 2019 il
settore estero ha registrato una forte contrazione. Le esportazioni di beni (+0,2%) e
servizi (-0,4%) si sono azzerate rispetto al +3,0% del 2018. Contemporaneamente vi è
stato un forte rallentamento nella crescita nelle importazioni di beni e servizi (+1,0%)
rispetto al +4,4% del 2018.
Nel 2019 il tasso di inflazione negli Stati Uniti è salito al 2,3% su base annua, sostenuto
da un forte rimbalzo dei costi energetici, mentre il tasso di disoccupazione si è attestato
al 3,5%, il livello più basso in 50 anni. Si tratta di un livello che gli economisti considerano
inflazionistico.
Per quanto riguarda la bilancia commerciale di beni e servizi, nel 2019 il saldo negativo
di beni e servizi si è leggermente ridotto (-1,8%). Le esportazioni sono state di US$
2.498,02 miliardi e le importazioni di US$ 3.114,5 miliardi. Il disavanzo commerciale di
beni e servizi degli Stati Uniti è aumentato con tutti i principali partner commerciali
eccetto Brasile; Hong Kong; Regno Unito; Singapore e Arabia Saudita. L’Italia ha fatto

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registrare un saldo positivo di +US$37,6 miliardi di bilancia commerciale per beni e
servizi nei confronti degli Stati Uniti.

Interscambio commerciale con l’Italia
I dati di fine anno dello US Department of Commerce, confermano un calo del commercio
estero degli Stati Uniti con un decremento dell’interscambio complessivo con il resto del
mondo del-1,5% nel 2019, in controtendenza rispetto alla crescita registrata nei
precedenti due anni (+8,25% nel 2018 e +6,82% nel 2017). In tale contesto vi è stata una
decelerazione dell’interscambio USA con l’Unione Europea che seppur registrando una
crescita del +5,77% è in calo rispetto al +12,15% nel 2018.
L’andamento degli scambi USA-Italia con un incremento del +4,4% continua a essere
positivo ma in rallentamento rispetto al 2018 e inferiore alla media dell’Unione Europea.
La quota di interscambio USA-Italia è leggermente aumentata all’1,95% nel 2019, ma
l’Italia è scesa di due posizioni passando dal 10° al 12° posto tra i partner commerciali
degli USA, mantenendo il 4° posto tra i Paesi dell’Unione Europea dopo Germania,
Regno Unito e Francia. Gli Stati Uniti mantengono la loro posizione di terzo mercato di
destinazione delle nostre esportazioni. L’interscambio USA - Italia nel 2019 ha
confermato un saldo di bilancia commerciale in attivo per l’Italia che è addirittura
aumentato attestandosi a 33,4 miliardi di USD. Nel corso dell’ultimo triennio la dinamica
delle importazioni USA (US$.57.160 mln) dall’Italia ha seguito uno stabile trend di
crescita. L’andamento delle esportazioni USA (UD$.23.790 mln) verso l’Italia è
ugualmente risultato in crescita seppur con un +4,35% molto al di sotto del +23,96%
registrato nel 2018, il dato più alto dell’ultimo triennio.
Per quanto riguarda l’andamento settoriale delle importazioni USA dall’Italia, nel 2019,
con l’eccezione di una forte crescita registrata da chimica e farmaceutica (+36,48%), tutti
i settori del Made in Italy hanno accusato un rallentamento nel ritmo di crescita o
addirittura un calo rispetto al 2018. Hanno fatto segnare una crescita più contenuta:
meccanica (+4,45%), agroalimentare e bevande (+4,13%%) e moda e accessori
(+3,64%), mentre hanno registrato un calo: mezzi di trasporto (-19,28%), arredamento e
edilizia (-2,78%) e semilavorati e componenti (-1,18%). Tra i settori dell'alta tecnologia
importati negli USA dall’Italia, il dato di crescita complessivo è positivo (+9,0%), ma con
alcuni settori in calo come elettronica (-4,8%), life sciences (-4,2%), e aerospazio (-
14,8%). Anche rispetto alla composizione settoriale delle esportazioni USA verso
l'Italia, vi sono stati rallentamenti nella crescita e cali nel 2019: la chimica farmaceutica
(+14,14%) si conferma primo settore e a seguire moda accessori (+10,25%), meccanica
(+4,52%) e semilavorati e componenti (+3,33%). In calo, invece, arredamento e edilizia
(-12,87%), mezzi di trasporto (-10,92%), agroalimentari e bevande (-8,16%)

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IMPORTAZIONI USA DALL’ITALIA PER PRINCIPALI SETTORI
                                   2017-2019

Valori in milioni di US$
                                                                     Valore                           % Import da Italia            % Quota di mercato            % Variazione                 Posizione Italia

                  Prodotto
                                                     2017              2018             2019      2017      2018       2019        2017   2018     2019   17/16     18/17        19/18    2017      2018      2019

                      Totale                       49,888.20        54,743.54        57,159.72    100.00    100.00     100.00      2.13    2.15    2.29   10.20       9.73        4.41     8          9           12

 1     Meccanica                                   11,234.07        12,628.21        13,190.72     22.52     23.07         23.08   1.62    1.71    1.84   10.78     12.41         4.45    12         11           13

 2     Chimica e farmaceutica                       6,750.13          7,258.23         9,905.78    13.53     13.26         17.33   3.24    3.35    4.65   14.40       7.53       36.48     9         10           8

 3     Moda e accessori                             7,749.26          8,686.05         9,002.56    15.53     15.87         15.75   2.39    2.58    2.61    4.81     12.09         3.64     6          5           5

 4     Mezzi di trasporto                           7,528.87          8,263.58         6,670.24    15.09     15.10         11.67   4.09    3.82    2.93   12.83       9.76   - 19.28       8          8           9

 5     Agroalimentari e bevande                     4,798.90          5,177.78         5,391.85     9.62      9.46          9.43   3.29    3.34    3.41    5.40       7.90        4.13     6          6           4

 6     Semilavorati e componenti*                   3,841.43          5,009.77         4,950.72     7.70      9.15          8.66   0.94    1.06    1.17    9.17     30.41        - 1.18   20         18           16

 7     Arredamento e edilizia                       2,737.35          2,918.02         2,836.80     5.49      5.33          4.96   2.97    2.95    3.05    2.00       6.60       - 2.78    6          6           6

       Altro                                        5,248.18          4,801.90         5,211.03    10.52      8.77          9.12   1.85    1.56    1.63   19.04     - 8.50        8.52

(US Department of Commerce - Elaborazione ICE New York)
*comprende: metalli; plastica e gomma; combustibili, petroli e distillati; tessuti industriali

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IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA NEGLI USA

La Competizione
Gli USA vantano di una vasta offerta di marchi di lusso, infatti tutti i più famosi brand a
livello mondiale sono presenti sul mercato.
Le griffe di lusso italiane, pertanto si interfacciano con la concorrenza di quest’ultimi.
Per menzionarne alcuni: Chanel, Balmain, Cloe’, Tom Ford, Ralph Lauren, Stella
McCartney, Marc Jacobs, Balenciaga, Burberry, Alexander McQueen, Cristian Dior,
ecc.
Nonostante la forte concorrenza da parte di tutti i marchi internazionali, i brand di lusso
italiani hanno sicuramente rafforzato le loro radici sul mercato USA non solo tramite la
loro creatività; ma anche tramite il valore aggiunto della qualità di cui gode il prodotto
”made in Italy”.
L’alta qualità del prodotto “made in Italy” posiziona il prodotto nel segmento alto della
distribuzione. Il prodotto non di marca, si posiziona nella fascia al di sotto dei grandi
brand. Per le aziende italiane che non godono di un marchio conosciuto, entrare sul
mercato presenta delle difficoltà. In questo segmento c’è molto spazio per il prodotto
“made in Italy” e le aziende che seriamente vogliono stabilire una presenza sul mercato
devono essere disponibili ad adattarsi al mercato locale e in grado di investire.
I marchi che occupano al momento la fascia medio alta di mercato, e pertanto in
concorrenza alle aziende italiane, arrivano da tutto il mondo. Alcuni che godono di una
massiccia presenza e visibilità sono: Alice &Olivia, Rag & Bone, Theory, 3.1 Philip Lim,
Veronica Beard, Ganni, Cinq a’ Sept, Jonathan Simkai, Stine Goya, Tanya Taylor, Bronx
and Bianco, Alexis, Zimmerman.

Tendenze
La consumatrice americana sta evolvendo nel suo modo di vestire, allontanandosi dal
tradizionale “mono look” e optando per un “mix look”, ovvero accoppia articoli di brand
di lusso con articoli di prodotti non di marca. Questa tendenza offre una maggiore
opportunità ai prodotti che si collocano nella fascia di prezzo sottostante a quella “lusso”,
ovvero la fascia nella quale si posizionano molti dei prodotti “made in Italy”. Questo “mix
look” elimina anche le barriere fra l’elegante e il casual. Spesso si indossano capi
eleganti accoppiati con articoli casual, una tendenza molto presente nelle calzature. Un
look di abbigliamento elegante può essere infatti accoppiato ad una scarpa casual (le
sneakers e i tronchetti in particolare) e viceversa. Questo trend è emerso anche nel
mondo Hollywoodiano che vede le star portare le sneakers accoppiate a look eleganti
ed anche in occasione di red carpet, abbinando le sneakers al tuxedo, in particolare gli
uomini. Le attrici sono anche quelle che indossano le calzature Uggs in California dove
le temperature sono calde. Inoltre il “mix look” ammorbidisce anche le tradizionali
barriere tra il prodotto estivo e invernale.

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Il look che predomina al momento con i consumatori è casual e comodo. Si parla adesso
di un nuova tendenza l’“Athleisure”, una combinazione di abbigliamento atletico e da
tempo libero, che si prevede continuerà a crescere molto probabilmente nel futuro.
Si prevede che lo stile casual si diffondera’ sempre piu’, mentre quello elegante/formale
si ridurra’ sia nei luoghi di lavoro che in occasione di eventi sociali. Questa realtà è stata
percepita da tutti i brand internazionali che hanno inserito nelle loro collezioni, le loro
creazioni e interpretazioni di capi casual, cosi’ come di streetwear con costi che riflettono
quelli dei marchi a cui appartengono.

Prospettive
Al momento della stesura della presente nota congiunturale, gli Stati Uniti sono in piena
emergenza sanitaria per la pandemia COVID-19. Sono in atto misure di contenimento
dell’emergenza che stanno paralizzando numerosi settori economici, sia a livello
manifatturiero che distributivo, incluso quello dell’abbigliamento.
Il contesto è in rapida evoluzione, ed è estremamente difficile quantificare l'esatta entità
dell'impatto di queste misure sull’economia americana, ma è chiaro che implicano forti
contrazioni nel livello di produzione, spesa delle famiglie, investimenti delle imprese e
commercio internazionale.
E’ quindi troppo presto per quantificare il bilancio di COVID-19 sul settore della moda,
in quanto la pandemia ha certamente scosso alcune delle basi fondamentali del settore.
Tuttavia, il comparto della moda ha ripetutamente dimostrato la sua capacità di
reinventarsi e adattarsi a cosa, come e dove i consumatori acquistano. Crediamo però
nel potenziale a lungo termine del settore della moda nordamericano e nella capacità
del settore di darsi un nuovo ordine per una ripresa a breve.

Al momento in cui questa nota è stata redatta, la chiusura di molte delle produzioni e di
tutti gli esercizi commerciali ha completamente fermato il business a livello nazionale e
internazionale. Alcune realtà della grande distribuzione, già pesantemente indebitate,
senza liquidità corrente, non sono riuscite a far fronte alle scadenze e sono state di fatto
costrette a chiedere una procedura di fallimento concordato (Chapter 11) che implica
una sostanziale ristrutturazione aziendale e finanziaria, licenziamenti e chiusura di molti
dei punti vendita esistenti. Questo è il caso di grandi retailer come Neiman Marcus
Group che include anche i negozi di lusso Bergdorf Goodman, J. Crew, JC Penney, solo
per menzionare i più famosi. Ma anche grandi gruppi come Macy’s o Nordstrom, pur
non essendo in condizioni di bancarotta, hanno colto questa occasione per riorganizzare
la loro struttura, tagliare i rami secchi di attività e ridurre i punti vendita con la chiusura
di quelli meno performanti. Lo scenario del retail americano post-COVID riserverà
sorprese e avrà un assetto decisamente molto diverso dall’attuale.
Parimenti le abitudini di acquisto del consumatore, così come le priorità e gusti si sono
evoluti adattandosi a tempi di smart working (stay at home) e social distancing, acuendo
alcune tendenze che erano già timidamente emerse in precedenza. Parlare quindi di
previsioni oggi è difficile e complesso, e le voci sul futuro sono tante e spesso
contrastanti.

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Pertanto, in questa nota evidenzieremo quelle che al momento sono alcune delle
tendenze che si sono sviluppate o sono cresciute molto nel corso della pandemia, ma
che si prevede saranno ancora valide, rafforzandosi ulteriormente, in futuro.

L’Ecommerce ha avuto un boom durante lo shut down in particolare per acquisti di
prodotti essenziali. Amazon ha riportato utili per $75,5 miliardi, per il primo trimestre
fiscale del 2020, registrando un incremento di $15 miliardi rispetto al primo trimestre
2019. Nonostante Amazon sia uno dei più grandi dettaglianti di abbigliamento, è più
conosciuto dai consumatori come una piattaforma per acquistare abbigliamento basic e
a costi bassi. Oggi questa immagine potrebbe cambiare. Grazie alla pandemia, Amazon
si prepara ad entrare nel mondo dell’abbigliamento di design. Tramite la sua filiale
Shopbop, ha aperto un negozio on line in collaborazione con la rivista Vogue e
l’associazione degli stilisti americani CFDA, Council of Fashion Designers of America.
Il negozio si chiama Common Thread, nome della charity creata da Vogue e CFDA per
aiutare gli stilisti che hanno problemi causati da questa crisi. Il negozio sarà
commercializzato da Vogue in collaborazione con il fashion team di Amazon, che ha
anche donato $.500,000 alla charity Common Thread. I prodotti di circa 20 stilisti
saranno online fra cui Phillip Lim 3.1, Derek Lam e Tabitha Simmons. Amazon ha
sempre aspirato a diventare una destinazione di acquisto anche per l’abbigliamento di
lusso e questo potrebbe rappresentare un primo passo per poi inserirsi con successo in
modo autonomo.

L’utilizzo di strumenti e piattaforme digitali sono stati un mezzo di comunicazione di
estrema importanza durante la crisi ed uno dei più’ discussi nel settore della moda. Molti
stilisti a livello mondiale, tra cui Giorgio Armani, Alessandro Michele e Marc Jacobs,
hanno sottolineato la necessita’ di attuare possibili e radicali cambiamenti nel futuro, tra
i quali diminuire il numero di collezioni, abbandonare le tradizionali sfilate e presentare
le collezioni via canali virtuali o avere anche showroom virtuali per presentare e
commercializzare le proprie collezioni.
Diminuire il numero delle collezioni è un elemento clue per affrontare il problema della
sostenibilità. L'industria dell'abbigliamento è la più grande industria inquinante al
mondo, seconda solo a quella del petrolio, Un consumatore medio butta via 70 libbre
(31,75 chilogrammi) di vestiti all'anno. A livello globale si producono 13 milioni di
tonnellate di rifiuti tessili ogni anno, il 95% dei quali potrebbe essere riutilizzato o
riciclato.
La casa madre di Coach, Tapestry, e Gap Inc. sono tra le principali aziende di moda
che hanno affermato che ridurranno i volumi di produzione per le prossime stagioni.
Molti marchi di lusso hanno deciso di saltare la stagione resort o restringendo le loro
collezioni pre-autunno. Minori volumi, significano minori emissioni, minore utilizzo di
materie prime e ridotto consumo di acqua. In una visione piu’ ampia e nell’ottica del
risparmio e della salvaguardia ambientale, molte aziende di moda stanno
programmando di organizzare meno eventi “fisici” con un maggiore utilizzo del digitale,
per ridurre l’impatto sull’ambiente. Ma anche grandi big del mass market, stanno
facendo grossi forzi e progressi per essere riconosciuti come aziende attente alla

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sostenibilita’. L’ente globale non-profit, Textile Exchange ha classificato il gruppo H&M
come leader nell'uso del cotone organico e in piuma certificata dal Responsible Down
Standard, nel suo Rapporto sui cambiamenti dei materiali del 2019. Il gruppo H&M usa
molto il cotone, tra cui cotone organico, cotone riciclato e cotone proveniente dalla Better
Cotton Initiative, ed e’ anche uno dei maggiori utenti al mondo di lana riciclata, nylon
riciclato e lyocell. La società mira a reperire tutti i suoi materiali da articoli riciclati o in
modo più sostenibile entro il 2030. I suoi prossimi passi sono aumentare la percentuale
di fibre riciclate e continuare a investire attivamente in nuove tecnologie di riciclaggio
dei tessili.
Altro esempio e’ Kampos, una startup di moda italiana, che ha lanciato una linea di
costumi da bagno di lusso e accessori realizzati con bottiglie di plastica riciclate, nylon
rigenerato da abbandonate reti da pesca e cotone certificato dal Global Organic Textile
Standard. La sua tendenza ambientale non finisce qui: tutti i prodotti Kampos, afferma
la società, sono impacchettati senza plastica e progettati per essere riciclabili alla fine
dell'uso.
Questi sono solo alcuni esempi, ma l’interesse verso la sostenibilità continua il suo
momentum ed ha coinvolto l’intero comparto, dai grandi ai piccoli brand.
I produttori dovranno investire tanto sull’innovazione e tecnologia per migliorare il
prodotto e per soddisfare gli interessi e le richieste dei consumatori e le nuove realtà del
mercato. La sostenibilità sarà quindi un elemento chiave che determinerà gli acquisti, in
particolare per la generazione dei Millenial e Gen Z.

Retail: esperti e operatori di settore, stilisti, produttori, dettaglianti affermano che le
vendite al dettaglio non saranno piu’ come prima. Vivere questa pandemia ha cambiato
i consumatori. Pertanto nel riaprire, i negozi dovranno essere pronti ad affrontare e
rispondere velocemente alle aspettative, esigenze e interessi di questi nuovi
consumatori. Consumatori che saranno interessati anche alle attività’ che i negozi
mettono in campo per aiutare le proprie comunità, consumatori che quando visiteranno
i negozi saranno molto attenti alla loro salute e sicurezza e che guideranno i loro acquisti
verso prodotti sostenibili. Essere pronti significherà quindi essere flessibili.

PRODUZIONE LOCALE

La maggior parte della produzione di abbigliamento negli USA è prodotta oltreoceano,
anche se di recente il Made in USA sta crescendo in popolarità dovuto ad un crescente
senso di patriottismo e protezionismo dell’economia nazionale. Il Garment District di New
York negli anni 1900 è stato il polo principale a livello nazionale e mondiale della
produzione di abbigliamento. A partire dagli anni ’50, i proprietari delle fabbriche di
abbigliamento iniziarono a spostare la produzione di manodopera oltreoceano in paesi
come Taiwan, Korea del Sud, Tailandia, Cina e Vietnam. I primi settori ad essere
delocalizzati sono stati i settori minori come la biancheria intima, la lounge wear e le
pantofole, per poi allargarsi all’intero comparto moda.

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Secondo l’associazione di categoria, The American Apparel and Footwear Association,
più del 97% dell’abbigliamento negli USA è manufatto in altri paesi. (Negli anni 1960
circa il 95% era prodotto negli USA).
Secondo il U.S. Bureau of Labor Statistics, nel 2010, c'erano 7.855 stabilimenti di
imprese private nel settore manifatturiero dell'abbigliamento, che impiegavano 157.587
lavoratori - rispetto a 15.478 stabilimenti e 426.027 lavoratori nel 2001. Nel 2010, solo
due contee statunitensi avevano più di 500 stabilimenti commerciali; la contea di Los
Angeles, California (2.509) e la contea di New York, New York (803).

L'industria manifatturiera dell'abbigliamento comprende una vasta gamma di stabilimenti
che producono linee complete di abbigliamento pronto e personalizzato; appaltatori di
abbigliamento che eseguono operazioni di taglio o cucito su materiali di proprietà di terzi;
e su misura, producendo capi personalizzati per i singoli clienti. L’industria si estende su
quasi tutto il territorio statunitense, con una maggiore presenza sulla costa Est.

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Di seguito alcuni produttori di abbigliamento donna negli USA:

                  PRODUTTORI USA DI ABBIGLIAMENTO DONNA
 Azienda                      Stato   Categoria
 Bailey                       CA      Vestiti
 Boot Hoose                   PA      Giacche
 Camilyn Beth                 NY      Vestiti eleganti, cocktail
 Coat Check                   IL      Cappotti e giacche
 Copper River Fleece          AK      Giacche
 Crescent Down Works          WA      Capispalla
 Copper River Fleece          AK      Giacche
 Duckworth                    MT      Abbigliamento in lana
 Fleurette                    NY      Cappotti e capispalla
 Hackwith Design House        MI      Vestiiti, pantaloni, maglioni
 Hanky Panky                  NY      Lingerie e biancheria da notte
 Laura Tanzer                 AZ      Vestiti, gonne, pantaloni, camicie, giacche
 Michael Starts               CA      Vestiti
 Nadia Tarr                   NY      Maglieria
 Soul Flower                  MI      Abbigliamento Casual

Secondo le previsioni e dati pubblicati da Statista (pre-Covid), il reddito del settore
dell’abbigliamento donna negli USA dovrebbe ammontare a US $182,502 milioni di dollari

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nel 2020. Si prevede che il mercato crescerà annualmente del 2% (CAGR 2020-2023 –
tasso di crescita composto annuo).
In termine di volumi si prevede che l’abbigliamento donna arriverà a 11,175.54 milioni di
pezzi nel 2020.

CANALI DISTRIBUITIVI

Agente
L’agente noto come “sales agent” o “sales rappresentative”, è usualmente una persona
che tramite una propria ditta lavora in
proprio. Gli agenti sono muniti di showroom dove i buyer statunitensi, si possono recare
durante le settimane mercato e/o a seconda delle loro necessità di acquisto.
L’accordo di una azienda italiana con un agente USA, avviene tramite un contratto di
agenzia, la cui durata è solitamente di un anno; in genere, il contratto autorizza l’agente
ad agire in nome della ditta per la promozione e vendita dei suoi prodotti in un mercato
territorialmente specificato. Questo fa dell’agente un vero e proprio procacciatore d’affari
che si limita a generare e trasmette ordini. L’azienda a sua volta ha la libertà’ di accettare
l’ordine, di stabilire le modalità di pagamento, di garantire la merce venduta.

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La provvigione dell’agente viene stabilita a seconda dei casi ma in genere varia dal 15%
al 20% sul venduto più un fisso mensile che si aggira intorno ai $5,000 mensili per spese
di ufficio, affitto spazio esposizione della collezione, introduzione del marchio, viaggi per
incontrare i clienti ecc.

Importatore/Distributore
La figura dell’importatore/distributore per i prodotti di abbagliamento ed accessori italiani
è scomparsa. L’aumento dei costi del prodotto “made in Italy” e le difficoltà che
comportano gli altri ricarichi degli importatori hanno indotto gli importatori a dirigere i
propri acquisti verso prodotti provenienti da altri paesi.

Filiale
Alcune aziende italiane hanno optato di aprire una loro filiale negli USA. Le pratiche sono
abbastanza semplici ed i costi sono accessibili. Per aprire la filiale e registrare il proprio
marchio bisogna appoggiarsi ad un legale locale. Naturalmente il costo di una filiale è
molto più alto, del rapporto di agenzia e varia a secondo della grandezza e della scelta
delle sede, ma si può valutare che, a pieno regime, una sede di buon livello a New York
e con personale al minimo può costare da $300,000 a $400,000 annui (questo
ammontare indicativo oltre alla locazione, la grandezza, può cambiare anche a secondo
del numero del personale e a secondo della tipologia e preparazione del personale
prescelto).

Department Stores
Sono classificati come “department stores” negli USA i grandi esercizi di vendita al
dettaglio che trattano una vastissima gamma di prodotti:

   •   Abbigliamento ed accessori (incluse calzature) per uomo donna e bambino
   •   Mobili, arredamento, elettrodomestici e elettronici
   •   Articoli casalinghi

I G.M. dispongono di una elaborata organizzazione di personale per tutti gli aspetti
operativi, con addetti molto specializzati
Il buyer è sicuramente la figura essenziale nel mondo degli acquisti, essendo essa la
persona che stabilisce e sviluppa i rapporti con i fornitori sia a livello nazionale che
all’estero. I compratori dei grandi magazzini si appoggiano, per i loro acquisti, a degli
uffici d’acquisto, i cui compratori studiano il mercato e visitano periodicamente i produttori,
grossisti, agenti e possono cosi, informare i loro clienti sulle novità del mercato,
indirizzandoli verso i prodotti di maggiore importanza per i loro reparti.
Le centrali di acquisto all’estero sono stabilite nei principali paesi di origine della merce.
In Italia i più importanti uffici d’acquisto sono a Firenze e Milano. Oltre ad effettuare la
scelta dei prodotti in anteprima, gli uffici d’acquisto, dopo che è stato piazzato l’ordine,
rimangono in contatto con il produttore e si impegnano a vigilare l’esecuzione dell’ordine,
il controllo della qualità della merce e ad assicurare la spedizione della merce stessa

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entro i tempi stabiliti. Il ruolo dell’ufficio acquisti è essenziale nella selezione dei prodotti
e nel contatto produttore-compratore.
Continua ad essere importante nella politica degli acquisti dei grandi magazzini il “private
label’. Il ‘private label” offre al G.M. la possibilità di aumentare il ricarico e di avere prodotti
in esclusiva. Esempi di G.M. sono: Neiman Marcus, Saks, Nordstrom, Macy’s,
Bloomingdales.

Off price stores
Sono negozi molto simili ai depatment stores, che vendono a prezzi più bassi rispetto ad
altri grandi magazzini. I negozi “off price “rappresentano sempre di più una minaccia per
i tradizionali department stores, dando segnali che le abitudini di acquisto del
consumatore sono cambiate.
Il più importante gruppo di “off price “ store è TJX Companies, che opera con i negozi
TJMaxx, Marshall and Home goods.
La loro carta vincente è stata quella di assicurare un veloce turnover della merce e creare
il senso che un articolo che oggi è in negozio, potrà non esserci più la settimana
successiva. Questo ha creato un boom in questo tipo di dettaglio ed ha fatto di questi
negozi un fenomeno raro nel commercio al dettaglio: i consumatori si recano nei negozi
per gli acquisti. Il secondo gruppo in questa categoria è Ross Stores Company, altri sono:
Burlington, Century 21 Stores.

Independent Retailer
Gli “indipendents” sono i numerosi esercizi di vendita al dettaglio gestisti singolarmente.
la distribuzione indipendente rappresenta uno dei più importanti canali per le imprese
italiane. Infatti, attraverso gli independent retailer è possibile raggiungere nicchie
geografiche di mercato non ancora coperte dalla grande distribuzione. Alcuni
independent retailers hanno fatturati superiori alla decina di milioni di dollari per punto
vendita. Dopo i primi ordini è pratica commercialmente consigliata la conoscenza diretta
e la partecipazione alle politiche di marketing del punto vendita. Infatti, in questo modo si
potrà essere sicuri della giusta collocazione di fascia del proprio prodotto e si
acquisiranno delle conoscenze dirette sulle politiche di marketing più utili per un
determinato territorio. Nel caso degli indipendents gli acquisti vengono fatti direttamente
dal titolare e/o in collaborazione del suo eventuale manager o buyer. In alcuni casi gli
indipendents a secondo delle necessità si appoggiano ad un buying office.

Specialty Stores e Boutiques
Sono un altro canale di distribuzione: meno diffuse territorialmente in termini quantitativi,
ma maggiormente presenti in aree particolarmente esclusive, forniscono una maggiore
esposizione al mercato del lusso. È un compromesso nel quale la quantità fa spazio alla
qualità e ad una più forte identificazione in un mercato esclusivo, di nicchia, non sempre
facilmente raggiungibile. Dati i prodotti offerti, caratterizzati per essere prodotti di
altissima qualità ed altamente ricercati da una piccola nicchia di mercato, il segmento a
cui si interfacciano le boutique di alto livello sono persone con disponibilità di budget

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elevata (managers, celebrità...) da tenere in considerazione specialmente per coloro che
hanno intenzione di posizionare il proprio marchio sul mercato americano.

Outlets
Gli “outlets” sono negozi dedicati alle vendite soprattutto di prodotti marchiati e
usualmente gestiti da un’azienda produttrice per distribuire prodotti a fine stagione, partite
difettosi, ordini non andati a buon fine e, spesse volte articoli prodotti esclusivamente per
la vendita degli outlets. Il fenomeno degli “outlets” ha anche suscitato l’interesse dei
grandi department stores e oggi quasi tutti operano i propri negozi “outlets” con diverse
ragioni sociali.
Saks opera con “Off 5th”
Neiman Marcus con “Last Call”
Bloomingdale con “Bloomingdale the Outlet Store”
Macy’s con “Macy’s Backstage”
Norstrom con “Nordstrom Rack” e “HauteLook”(solo sito web, accessibile esclusivamente
da consumatori membri.)

Pop Up store (Negozio temporaneo)
Il Pop Up store rappresenta una nuova modalita’ di presenza nel dettaglio che sta
riscutendo un interesse crescente. È indubbiamente meno costoso ed impegnativo a
livello finanziario e offre la possibilità di offrire i prodotti direttamente ai consumatori.
Inoltre, aiuta a capire i gusti e le esigenze del mercato e farsi un’idea della potenzialità
del prodotto. Questo nuovo strumento di operativita’ ha avuto successo anche con i
Grandi Magazzini, che nell’ambito dei loro negozi hanno aperto Pop Up stores per
presentare nuovi prodotti, con il coinvolgimento di uno o piu’ brand oppure in alcuni casi
prodotti pluri settoriali. Con il Pop Up il grande magazzino, può permettersi di proporre
nuovi prodotti senza investire molto sugli acquisti ed avere in tempi abbastanza brevi la
reazione dei consumatori e valutare l’eventuale inserimento dei prodotti che hanno
riscontrato successo nella loro offerta corrente e futura.

E-commerce
il mondo E-commerce in USA è in continua e costante evoluzione. Il commercio
elettronico nel settore moda è in espansione quotidiana anche perché’, al di là delle
vendite, consente di trasmettere in tempo reale anche la filosofia aziendale e l’immagine
dei prodotti offerti. In particolari casi un buon sito che non si limiti alla semplice offerta
commerciale, rappresenta un “biglietto da visita” che può divenire la chiave di volta per
l’intera politica distributiva di un’azienda. L’E-commerce permette di entrare direttamente
in contatto con il consumatore finale, evitando, anche dal punto di vista dei costi, la
tradizionale filiera distributiva del prodotto. Ciò comporta una maggiore e più rapida
raccolta di dati relativi ai desiderata degli acquirenti e una più rapida possibilità di
adeguare la produzione alla domanda del mercato.
È da segnalare che, per le condizioni di vendita che impongono consegne rapide e resi
gratuiti, operare con gli E-commerce americani senza un proprio magazzino/stoccaggio
in USA è estremamente complesso.

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Secondo la normativa fiscale americana i soggetti non statunitensi non sono soggetti ad
alcuna tassazione sul reddito prodotto negli USA Tuttavia, gli stessi sono tenuti a
presentare il modulo W-8BEN al fine di essere esentati dagli obblighi di dichiarazione
fiscale negli Stati Uniti.
https://www.irs.gov/forms-pubs/about-form-w-8-ben-e

Altra questione, invece, è quella legata al pagamento della sales tax. È una tassa statale
sugli acquisti simile all’IVA italiana. La sales tax deve essere calcolata sul prezzo del
prodotto, deve essere pagata dal consumatore e successivamente versata dal venditore
allo stato di riferimento anche in assenza di collegamento diretto con lo stato in cui
avviene la transazione. Ogni singolo stato USA ha stabilito delle soglie limite con
riferimento al numero di transazioni effettuate annualmente e/o al valore delle stesse,
superato il quale il versamento della sales tax è dovuto. Il sito sotto indicato, riporta
l’elenco che indica questi limiti stato per stato. Se il reddito prodotto o il numero di
transazioni effettuati dal soggetto straniero con i residenti di ciascun singolo stato non
supera le soglie stabilite la sales tax non è dovuta.
La materia della sales tax è estremamente complicata e pertanto si consiglia di rivolgersi
ad un consulente fiscale americano.
https://www.streamlinedsalestax.org/for-businesses/remote-seller-faqs/remote-seller-
state-guidance

VENDITE AL DETTAGLIO
Secondo dati pubblicati da Statista i maggiori dettaglianti che hanno registrato nel 2018
il più alto reddito in miliardi di dollari sono i seguenti:

Note: United States; 2019
Further information regarding this statistic can be found on page 8.
Source(s): Stores; Kantar ID 197833

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1. T.J. Maxx, e’ un “off price” department store. Ha più di 1000 negozi negli USA ed e’
     pertanto uno dei più grandi dettaglianti di abbigliamento negli USA. La catena fa parte
     del gruppo TJX Companies e vende abbigliamento uomo, donna e bambino, calzature,
     accessori, giocattoli, igiene e bellezza, e prodotti per la casa, da mobili a utensili da
     cucina. TJMaxx and Marshalls operano sul mercato come negozi gemelli, i prezzi sono
     dello stesso livello, la disposizione dei negozi è uguale, TJMaxx ha un’apparenza
     migliore, ed ha una più’ massiccia offerta di gioielli e accessori. Alcuni negozi che
     registrano un alto volume offrono anche un reparto di abbigliamento di marchi chiamato
     “The Runway”.
2. Macy’s dal 1994 fa parte del gruppo Federated Department Stores, di cui fa anche parte
    il grande magazzino Bloomingdales e opera con 551 negozi.
3. Kohl’s da gennaio 2013 è il più grande department store in US con 1,483 punti vendita
    in 37 stati negli USA.
4. Ross Stores, Inc., opera con il brand “Ross Dress for Less” è un “off price” department
    store. E’ il più grande “off price” dettagliante negli USA con 1,483 negozi in 37 stati USA
    nel 2018.
5. J.C. Penney Company, Inc, ha 865 negozi in 49 stati degli USA, e a Puerto Rico. In
    molti negozi ospita molti Leased Departments quali Sephora, centri per automobili, studi
    fotografici, etc. A seguito di problemi finanziari, resi ulteriormente gravosi dal Covid-19,
    il gruppo ha dichiarato bancarotta il 15 maggio 2020.
6. L. Brand Inc. opera con i brand Victoria's Secret e Bath & Body Works.
7. Nordstrom Inc. è un department store e vende abbigliamento, calzature, borse, gioielli,
    accessori, cosmetici, e profumi. Alcuni negozi vendono anche arredamento per la casa
    e abbigliamento da sposa. Nel 2020 Nordstrom ha 117 negozi in 40 stati USA. Il 5
    maggio 2020, a causa di problemi finanziari causati da Covid-19, ha annunciato la
    chiusura di 16 negozi e successivamente il 18 maggio la chiusura delle tre boutique
    “Jeffrey”.
8. Old Navy (Gap) Inc, opera con sei diverse divisioni: Gap, Banana Republic, Old Navy,
    Intermix, Hill City and Athleta. Ha una rete di 1,106 negozi.
9. Burlington Stores Inc., è un negozio “off price”, che tratta abbigliamento uomo, donna,
    bambino, accessori, mobili e articoli arredamento casa, e oggetti da regalo. Opera con
    503 negozi in 44 stati, con i brand Burlington Coat Factory, Cohoes Fashions, Baby
    Depot, MJM Designer Shoes and Burlington Shoes.
10. Dillards, ha circa 289 grandi magazzini in 29 stati. Una gran parte sono ubicati in
    Florida (n. 42) e Texas (n.57). Gli altri sono ubicati in altri 27 stati degli USA.
11. Ascena Retail Group, dettaglianti di abbigliamento donna. Operano dal 2018 con 4,800
    negozi. Sono proprietari dei brand Justice, Lane Bryant e Catherine. È anche la casa
    madre di Ann Inc. con i negozi Ann Taylor e Loft.
12. Neiman Marcus Group, Inc., ha 42 department stores di lusso. Opera anche con lo
    Specialty Store Bergdorf Goodman sito nella città di New York. Nel 2014 ha acquistato
    la piattaforma e-commerce di lusso “mytheresa.com” (come anche il negozio), che
    serve il mercato a livello mondiale. Purtroppo negli ultimi anni hanno avuto problemi
    finanziari e il 7 maggio 2020 hanno dichiarato bancarotta.
13. Belk Inc., opera con 293 grandi magazzini in 16 stati. Il maggior numero di negozi è
    ubicato in North Carolina (n. 65), seguito dalla Georgia (n. 45) e da South Carolina (n.
    35).

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IL COMMERCIO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA CON IL RESTO DEL
MONDO

    Secondo le previsioni e i dati pubblicati da Statista, il più alto reddito del settore
    abbigliamento donna sarà generato nel 2020 dagli USA con $182,502 milioni di
    dollari, seguito dalla Cina con $175,120 milioni di dollari, poi dall’India con $60,614
    milioni di dollari, al quarto posto il Giappone con $42,866 milioni di dollari e al
    quinto posto dal Regno Unito con $41,757 milioni di dollari.

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IMPORTAZIONI DI ABBIGLIAMENTO DONNA

Source of Data: U.S. Department of Commerce, Bureau of Census

Secondo le statistiche disponibili, fonte U.S. Department of Commerce, le importazioni
USA di abbigliamento e accessori donna, per l’intero anno 2019, hanno registrato un calo

                                                                                     19
dell’1.18% rispetto allo stesso periodo nel 2018. L’import dall’Italia ha registrato una
crescita pari a 5.31%. Nel periodo in esame, l’Italia si è posizionata all’ottavo posto come
fornitore USA con $667.57 milioni ed una quota di mercato dell’1,9%.

Al primo posto tra i fornitori USA si è posizionata la Cina con $ 11,993.49 miliardi,
(registrando un calo dell’8.42% rispetto all’anno 2018) seguita da Vietnam con $6,264.86
miliardi, al terzo posto l’Indonesia con $2,257.36 (registrando un calo dello 0,64% rispetto
all’anno 2018), al quarto posto l’India con 1,907.34 e al quinto posto il Bangladesh con
$1,845.4. La Cina ha una quota di mercato del 34,8% il Vietnam del 18,2, l’Indonesia del
6,6%, l’India 5,5% e Bangladesh del 5,4%.

Maggiori fornitori
Da quanto emerso dai dati statistici sopra illustrati la maggiore concorrenza al settore
dell’abbigliamento da donna italiano arriva dalla Cina. La Cina tradizionalmente è stata in
passato e continua ad essere, sebbene abbia registrato negli ultimi anni un calo nella sua
quota di mercato, il più importante concorrente per tutti i prodotti non solo provenienti
dall’Italia, ma anche da altri paesi. La perdita di quote di mercato, ha offerto la possibilità
di crescere ad altri paesi, in particolare al Vietnam le cui quote di mercato hanno registrato
costanti aumenti negli ultimi anni. Nel 2017 il Vietnam aveva una quota di mercato del
15.6%, nel 2018 del 16.4%, arrivando nel 2019 a rappresentare il 18.2% della quota di
mercato fornitori.

SUGGERIMENTI PER LE SOCIETA’ ITALIANE

Si consiglia alle aziende italiane che intendono approcciare il mercato di:
• concentrarsi sul design e sulla qualità del prodotto;
• grande attenzione alla sostenibilità;
• adeguarsi al mercato per gusti, colori e calzata;
• fiere: altro utile ed importante strumento è la presenza presso le fiere specializzate
    del settore di riferimento per acquisire nuovi contatti e “testimoniare” l’assiduità della
    propria presenza sul mercato. Infatti, specialmente durante il primo periodo di
    penetrazione del mercato, le fiere sono più un luogo di incontro con gli operatori del
    settore piuttosto che un momento di affari.
• avere una presenza in loco (agente e/o proprio showroom) per facilitare i contatti tra
    le controparti;
• fornire i prezzi Landed in dollari USA (Landed Duty Paid e non in euro);
• fornire servizi post vendita;
• avere un programma di riassortimento;
• conoscere le esigenze del negozio e la clientela dello stesso;
• consegne: poiché’ i ritardi costituiscono un problema abbastanza serio, è
    indispensabile rispettare i tempi di consegna stabiliti con il proprio cliente come anche
    tutte le altre eventuali modalità pattuite. La serietà e preparazione dell’azienda nel
    gestire il business ed una costante comunicazione con il cliente aiuta a stabilire solide
    relazioni commerciali e a far crescere il giro di affari;

                                                                                            20
•   concentrarsi sulla digitalizzazione che andrà sempre più fortemente a crescere e
    forzerà sempre di più l’uso di processi virtuali, quali showroom, fiere, etc.;
•   avere un sito web in lingua inglese che contenga il catalogo e/o immagini
    rappresentativi della propria produzione; molto utile l’inserimento di una web chat per
    potersi connettere con i clienti, creare blog post e postare materiali di contenuto
    educativo;
•   concentrarsi sul brand awareness, creare una storia che possa cattivare l’interesse e
    la curiosità della comunità da comunicare sul proprio sito, e tramite i canali social,
    Facebook, Instagram, FB Live, Instagram Live, Twitter, etc.;
•   implementare un e-commerce;

E-Commerce/Mobile App & Influencers
La moda è uno dei mercati più solidamente sviluppati nell'ambito dell'e-commerce.
L'idea dello shopping a distanza per gli articoli di moda non e’ comunque nuova. Sin da
prima dell'avvento di internet i cataloghi per corrispondenza erano uno strumento di
vendita già molto popolare. Internet ha però portato con la vendita online la moda ad un
nuovo livello di sviluppo: la gamma di prodotti è più ampia (colori, dimensioni, stili), la
quantità dell'offerta è superiore (vi sono numerosi negozi online), i servizi di consegna più
efficienti (ad esempio consegna in giornata) e talune volte gratuiti, processi di reso più
rapidi. Negli ultimi anni nel mercato si è confermato un trend di crescita verso gli "acquisti
da casa" e i fattori precedentemente citati sono solo una parte dei numerosi motivi che
spingono il consumatore verso una scelta propendente allo shopping online piuttosto che
al negozio fisico.

La maggior parte dei negozi di moda online offrono prodotti e servizi che i clienti non
sempre trovano con facilità nei negozi fisici. A favore dei negozi online giocano, per
esempio, l'utilizzo dei cookie presenti nei browser di navigazione: i siti di e-commerce
riescono ad indicizzare meglio al segmento di mercato interessato i prodotti e servizi
offerti, fornendo così una esperienza di acquisto con contenuti e suggerimenti
personalizzati in base ai gusti del consumatore.
La tecnologia può indicizzare anche le comunicazioni attraverso la personalizzazione
delle newsletters a seguito di registrazione nel sito web e far si che vengano implementate
delle campagne di marketing personalizzato che possono concludersi anche con l'invio
di un campione di un prodotto personalizzato presso il domicilio del consumatore.

Un altro servizio che va oltre lo shopping online standard è lo shopping personalizzato,
offerto da aziende come Outfittery, dove i singoli look sono "assemblati" da consulenti di
stile personali.

Anche gli influencers hanno un ruolo chiave nel mercato della vendita della moda online.
Blog di moda e social networks come Instagram e Tumblr raggiungono un enorme
pubblico e il posizionamento di un prodotto potrebbe diventare rapidissimo.

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Oltre la personalizzazione ed indicizzazione dei prodotti, il mercato della moda online si
è evoluto da essere inizialmente una vetrina dei negozi fisici "installata" sul web, e quindi
in grado di raggiungere un mercato più ampio di consumatori, a casi di un'esperienza di
shopping integrata che unisce mobile-shopping on the go, negozi online pieni di
contenuti extra e nuovi store-concepts. É l'avvento di "new retail", in cui i consumatori
interagiscono con un marchio o un prodotto su un grande numero di piattaforme.

La fidelizzazione al marchio (brand loyalty) a seguito della visibilità che il web da a
tantissimi marchi e ad una maggiore frammentazione di mercato, ha oggi necessità di
maggiori investimenti ed attenzioni vista l'importanza che le comunità online, che si
concretizzano anche con il coinvolgimento diretto dei clienti, hanno in questo mercato.
Creare una finestra di dialogo con il cliente, oltre al seppur importante "semplice invio"
di newsletters, è oggi un elemento chiave per consolidarsi in un contesto di estrema
concorrenza come quello online. In media, i tassi di rendimento sugli investimenti nella
comunicazione sui social media affermano che l'interazione con i followers (clienti che
seguono la pagina del brand online), oltre che espandere la quota di mercato, aiuta a
mantenere e fidelizzare i clienti presenti. La fidelizzazione del cliente è fondamentale nel
mercato della moda: la tendenza mostra che i clienti online, data anche la possibilità di
reso gratuito, tendono ad effettuare ordini di più grandi dimensioni (per esempio
ordinando diverse taglie per lo stesso abito).

Social media
I social media sono una componente fondamentale della strategia di marketing aziendale.
Aiutano le imprese a:

       ·   connettersi con i clienti;
       ·   aumentare la consapevolezza del marchio;
       ·   aumentare i contatti e gli approcci con il consumatore;
       ·   incrementare le vendite.

Con oltre tre miliardi di persone in tutto il mondo che utilizzano i social media ogni mese
per comunicare ed interfacciarsi tra di loro, non siamo chiaramente di fronte ad un
fenomeno passeggero, ma ad una realtà ormai ben più che consolidata.

Da tenere in considerazione è il fatto che essere presenti online non riguarda unicamente
l’attività volta alla promozione della impresa in termini di visibilità, bensì è altrettanto
significativa la potenzialità che i social hanno di fornire informazioni in merito le
caratteristiche demografiche e le preferenze dei consumatori.
Sulla base della analisi di questa importantissima fonte di dati, l’impresa può segmentare
il mercato e diversificare l’offerta e adattandola e personalizzandola al singolo
consumatore. Quindi, uno strumento di enorme potenzialità.
Considerando gli ultimi trend e la presenza online di una enormità di imprese commerciali,
se una impresa non si dovesse adattare a tali esigenze di mercato, ossia se non fosse

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presente online, il potenziale cliente non sarà in grado di poter comparare offerte
commerciali né tantomeno di venirne a conoscenza. Inoltre, essere presente sui social
ha un enorme potenziale di fidelizzazione degli attuali clienti e acquisizione di nuovi.
In aggiunta, è ormai prassi tra i consumatori di cercare ed acquisire informazioni online
del prodotto/servizio prima di acquistarlo: una efficiente presenza online permetterà ai
consumatori di capire la qualità del prodotto/servizio ed eventualmente di valutarlo,
creando quindi una potenziale maggiore consapevolezza che si trasforma in maggiori
vendite.
Semplicisticamente, si tende a pensare che l’unico effetto del posizionamento online sia
quello di acquisire maggiori clienti e quindi di incrementare le vendite – sicuramente
questo è uno degli obbiettivi principali. Oltre ciò, bisogna tenere in considerazione la
potenzialità che i social media hanno di permettere ad una impresa di trasmettere la
propria vision, mission e la conoscenza di marca - brand awareness: azioni che
permettono di conquistare nuovi clienti ed affezionare i vecchi, rendendoli più consapevoli
della realtà aziendale.

Infine, è importante ricordare che il sito Web deve essere altamente user-friendly
(intuitivo e facile da usare) e responsive (compatibile per ogni piattaforma – computer,
tablet, telefono).
La visibilità e ad attività a livello internazionale è un fattore da considerare: in base al
mercato al quale ci si rivolge, bisogna adattare lingue e valuta (per il mercato statunitense
è importante che il sito sia in lingua inglese/spagnola e che i prezzi siano in $).
L’assenza di problemi, la facilità di navigazione ed il tema coerente con il core business
sono un fattore di vincita.

REGOLAMENTAZIONI DOGANALI E FISCALI

Doganali
A partire dal 1° gennaio 1989 è entrato in vigore il cosiddetto “Harmonized Commodity
and Coding System” abbreviato in ‘H.T.S”. Si tratta di una classificazione dettagliata,
contenente 99 capitoli, che illustra i dazi doganali applicati all’importazione di prodotti
negli USA. La Sezione XI, dal capitolo n. 61 al n. 62, è dedicata in particolare al settore
abbigliamento e maglieria. Il dazio doganale applicato all’importazione di prodotti tessili
di abbigliamento varia in relazione alla composizione del materiale e da prodotto a
prodotto. Per maggiori informazioni: http://www.usitc.gov/tata/hts/bychapter/index.htm

Etichettatura-Labeling
I requisiti di Labeling dei prodotti tessili sono delineati dal Textile and Wool Acts, sulla cui
applicazione vigila la Federal Trade Commission (FTC). La stragrande maggioranza dei
prodotti tessili è soggetta agli obblighi indicati in detta normativa.
Nello specifico, il label di un prodotto tessile deve indicare:
     • Fiber content: è richiesta l’indicazione del nome delle fibre che compongono il
        tessuto e delle loro rispettive percentuali in base al peso, in ordine decrescente.
        Ad esempio: 65% rayon, 35% polyester. Fibre che incidono sulla composizione

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del tessuto per meno del 5% possono essere listate come “other fiber(s)”, a meno
  che non si tratti di lana o altre fibre aventi una funzionalità specifica in rapporto al
  prodotto, ad esempio il nylon per la durata e lo spandex per l’elasticità`.
• Country of Origin: il label deve indicare il Paese in cui il capo è stato prodotto.
  Se il capo è prodotto in più di un Paese, tutti i Paesi coinvolti nel processo di
  produzione devono essere indicati. Ad esempio
  Made in China, finished in Italy. Assembled in Italy of imported components.
▪ Identificazione: del Produttore/Importatore o Distributore: il label deve indicare
  uno di questi a scelta. Anche se l’azienda non produce direttamente il prodotto,
  ma in qualche modo entra nel processo produttivo, essa può essere indicata.
▪ Care Label: il contenuto del Care Label è regolato dal Care Labeling Rule, anche
  questo sotto il diretto controllo e vigilanza della FTC.
  Il Care Label deve indicare quanto segue:
  Istruzioni complete per il lavaggio, con eventuali avvertenze nel caso in cui il capo
  possa essere danneggiato.
  Avvertenze circa processi successivi al lavaggio (ad es. per quanto riguarda la
  stiratura).
  Le etichette di cui sopra devono essere presenti in ciascun capo in quanto sono
  necessarie per l’importazione e sdoganamento della merce negli USA.
  Capi in lana o pelliccia:
  sono soggetti alla disclosure regolata rispettivamente dal Wool Products Labeling
  Act e dal Fur Products Labeling Act.
  Capi composti da materiali considerati infiammabili sono sottoposti al controllo
  della Consumer Product Safety Commission (CPSC), che stabilisce vari gradi di
  “flammability” e vieta l’entrata nel mercato USA di certi materiali classificati come
  “altamente infiammabili”. Per un’analisi più approfondita vi segnaliamo il
  seguente link:
  https://www.cpsc.gov/Regulations-Laws--Standards/Statutes/Flammable-
  Fabrics-Act
  Capi in pelle di animali selvaggi: composti in totus o in parte con l’uso di pelle
  di animali selvaggi sono soggetti a determinati regolamenti e in molti casi ne è
  proibita l’importazione negli USA. Capi realizzati con pelli di rettile, coccodrillo,
  etc. devono essere accompagnati da un certificato di origine. Con questo
  certificato e dopo un’ispezione accurata fatta dal personale dell’ufficio del “Fish &
  Wildlife Service” può essere sdoganato. Qualora la pelle usata provenga da un
  animale appartenente a specie in via di estinzione “Endangered Species”, la
  merce può essere bloccata e confiscata. Bisogna tener presente anche che le
  leggi in vigore relative ai succitati prodotti cambiano da stato a stato negli USA.
  Onde evitare complicazioni di sdoganamento è meglio appoggiarsi al
  responsabile ufficio del “Fish & Wildlife”.
  https://www.fws.gov/le/businesses.html

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