USA - SCHEDA DI MERCATO ABBIGLIAMENTO DONNA - Giugno 2020 Agenzia ICE New York - Virtual Fair
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INDICE 1. ANDAMENTO CONGIUNTURALE………………………………….3 L’interscambio con l’Italia……………………………………………..4 I settori di punta dell’export italiano………………………………….5 2. IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA NEGLI USA…6 LA COMPETIZIONE………………………………………………….6 TENDENZE……………………………………………………….…...6 PROSPETTIVE………………………………………………………..7 PRODUZIONE LOCALE……………………………………………..9 CANALI DISTRIBUTIVI ………………………………………….....12 3. IL COMMERCIO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA CON IL RESTO DEL MONDO………………………………………………………… 18 IMPORTAZIONI………………………………………………………19 Maggiori fornitori………………………………………………………20 4. SUGGERIMENTI PER LE SOCIETA’ ITALIANE…………………20 5. REGOLAMENTAZIONI DOGANALI E FISCALI………………….23 6. INFORMAZIONI UTILI…………………………………………........25 7. ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA…………………………………..25 8. FONTI………………………………………………………………….26 2
ANALISI CONGIUNTURALE Nota introduttiva Al momento della stesura della presente nota congiunturale, gli Stati Uniti sono in piena emergenza sanitaria per la pandemia COVID-19. Sono in atto misure di contenimento dell’emergenza che stanno paralizzando numerosi settori economici. Il contesto è in rapida evoluzione, ed è estremamente difficile quantificare l'esatta entità dell'impatto di queste misure sull’economia americana, ma è chiaro che implicano forti contrazioni nel livello di produzione, spesa delle famiglie, investimenti delle imprese e commercio internazionale. I dati riportati in questo rapporto sono i più recenti e disponibili di fonte ufficiale USA, rilasciati dal Bureau of Economic Analysis o dallo U.S. Department of Commerce. Andamento congiunturale dell’economia americana Secondo i dati iniziali rilasciati a febbraio 2020 dallo U.S. Department of Commerce (Bureau of Economic Analysis -BEA), Il PIL reale è aumentato del 2,3% nel 2019, mentre il PIL in dollari correnti del 4,1% nel 2019, pari a US$ 21.430 miliardi, registrando comunque una crescita più lenta rispetto a quella del 2018. La decelerazione del PIL reale nel 2019, rispetto al 2018, ha rispecchiato principalmente le decelerazioni degli investimenti fissi delle imprese e della spesa per consumi personali e da una flessione delle esportazioni. Le importazioni nel 2019 hanno avuto un incremento più contenuto rispetto al 2018. La crescita del PIL nel 2019 è stata sostenuta da una domanda interna sospinta soprattutto dalla spesa per consumi personali (+2,8%), investimenti fissi delle aziende (+1,3%) e dalla ripresa della spesa pubblica (+2,3%). Invece, nel 2019 il settore estero ha registrato una forte contrazione. Le esportazioni di beni (+0,2%) e servizi (-0,4%) si sono azzerate rispetto al +3,0% del 2018. Contemporaneamente vi è stato un forte rallentamento nella crescita nelle importazioni di beni e servizi (+1,0%) rispetto al +4,4% del 2018. Nel 2019 il tasso di inflazione negli Stati Uniti è salito al 2,3% su base annua, sostenuto da un forte rimbalzo dei costi energetici, mentre il tasso di disoccupazione si è attestato al 3,5%, il livello più basso in 50 anni. Si tratta di un livello che gli economisti considerano inflazionistico. Per quanto riguarda la bilancia commerciale di beni e servizi, nel 2019 il saldo negativo di beni e servizi si è leggermente ridotto (-1,8%). Le esportazioni sono state di US$ 2.498,02 miliardi e le importazioni di US$ 3.114,5 miliardi. Il disavanzo commerciale di beni e servizi degli Stati Uniti è aumentato con tutti i principali partner commerciali eccetto Brasile; Hong Kong; Regno Unito; Singapore e Arabia Saudita. L’Italia ha fatto 3
registrare un saldo positivo di +US$37,6 miliardi di bilancia commerciale per beni e servizi nei confronti degli Stati Uniti. Interscambio commerciale con l’Italia I dati di fine anno dello US Department of Commerce, confermano un calo del commercio estero degli Stati Uniti con un decremento dell’interscambio complessivo con il resto del mondo del-1,5% nel 2019, in controtendenza rispetto alla crescita registrata nei precedenti due anni (+8,25% nel 2018 e +6,82% nel 2017). In tale contesto vi è stata una decelerazione dell’interscambio USA con l’Unione Europea che seppur registrando una crescita del +5,77% è in calo rispetto al +12,15% nel 2018. L’andamento degli scambi USA-Italia con un incremento del +4,4% continua a essere positivo ma in rallentamento rispetto al 2018 e inferiore alla media dell’Unione Europea. La quota di interscambio USA-Italia è leggermente aumentata all’1,95% nel 2019, ma l’Italia è scesa di due posizioni passando dal 10° al 12° posto tra i partner commerciali degli USA, mantenendo il 4° posto tra i Paesi dell’Unione Europea dopo Germania, Regno Unito e Francia. Gli Stati Uniti mantengono la loro posizione di terzo mercato di destinazione delle nostre esportazioni. L’interscambio USA - Italia nel 2019 ha confermato un saldo di bilancia commerciale in attivo per l’Italia che è addirittura aumentato attestandosi a 33,4 miliardi di USD. Nel corso dell’ultimo triennio la dinamica delle importazioni USA (US$.57.160 mln) dall’Italia ha seguito uno stabile trend di crescita. L’andamento delle esportazioni USA (UD$.23.790 mln) verso l’Italia è ugualmente risultato in crescita seppur con un +4,35% molto al di sotto del +23,96% registrato nel 2018, il dato più alto dell’ultimo triennio. Per quanto riguarda l’andamento settoriale delle importazioni USA dall’Italia, nel 2019, con l’eccezione di una forte crescita registrata da chimica e farmaceutica (+36,48%), tutti i settori del Made in Italy hanno accusato un rallentamento nel ritmo di crescita o addirittura un calo rispetto al 2018. Hanno fatto segnare una crescita più contenuta: meccanica (+4,45%), agroalimentare e bevande (+4,13%%) e moda e accessori (+3,64%), mentre hanno registrato un calo: mezzi di trasporto (-19,28%), arredamento e edilizia (-2,78%) e semilavorati e componenti (-1,18%). Tra i settori dell'alta tecnologia importati negli USA dall’Italia, il dato di crescita complessivo è positivo (+9,0%), ma con alcuni settori in calo come elettronica (-4,8%), life sciences (-4,2%), e aerospazio (- 14,8%). Anche rispetto alla composizione settoriale delle esportazioni USA verso l'Italia, vi sono stati rallentamenti nella crescita e cali nel 2019: la chimica farmaceutica (+14,14%) si conferma primo settore e a seguire moda accessori (+10,25%), meccanica (+4,52%) e semilavorati e componenti (+3,33%). In calo, invece, arredamento e edilizia (-12,87%), mezzi di trasporto (-10,92%), agroalimentari e bevande (-8,16%) 4
IMPORTAZIONI USA DALL’ITALIA PER PRINCIPALI SETTORI 2017-2019 Valori in milioni di US$ Valore % Import da Italia % Quota di mercato % Variazione Posizione Italia Prodotto 2017 2018 2019 2017 2018 2019 2017 2018 2019 17/16 18/17 19/18 2017 2018 2019 Totale 49,888.20 54,743.54 57,159.72 100.00 100.00 100.00 2.13 2.15 2.29 10.20 9.73 4.41 8 9 12 1 Meccanica 11,234.07 12,628.21 13,190.72 22.52 23.07 23.08 1.62 1.71 1.84 10.78 12.41 4.45 12 11 13 2 Chimica e farmaceutica 6,750.13 7,258.23 9,905.78 13.53 13.26 17.33 3.24 3.35 4.65 14.40 7.53 36.48 9 10 8 3 Moda e accessori 7,749.26 8,686.05 9,002.56 15.53 15.87 15.75 2.39 2.58 2.61 4.81 12.09 3.64 6 5 5 4 Mezzi di trasporto 7,528.87 8,263.58 6,670.24 15.09 15.10 11.67 4.09 3.82 2.93 12.83 9.76 - 19.28 8 8 9 5 Agroalimentari e bevande 4,798.90 5,177.78 5,391.85 9.62 9.46 9.43 3.29 3.34 3.41 5.40 7.90 4.13 6 6 4 6 Semilavorati e componenti* 3,841.43 5,009.77 4,950.72 7.70 9.15 8.66 0.94 1.06 1.17 9.17 30.41 - 1.18 20 18 16 7 Arredamento e edilizia 2,737.35 2,918.02 2,836.80 5.49 5.33 4.96 2.97 2.95 3.05 2.00 6.60 - 2.78 6 6 6 Altro 5,248.18 4,801.90 5,211.03 10.52 8.77 9.12 1.85 1.56 1.63 19.04 - 8.50 8.52 (US Department of Commerce - Elaborazione ICE New York) *comprende: metalli; plastica e gomma; combustibili, petroli e distillati; tessuti industriali 5
IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA NEGLI USA La Competizione Gli USA vantano di una vasta offerta di marchi di lusso, infatti tutti i più famosi brand a livello mondiale sono presenti sul mercato. Le griffe di lusso italiane, pertanto si interfacciano con la concorrenza di quest’ultimi. Per menzionarne alcuni: Chanel, Balmain, Cloe’, Tom Ford, Ralph Lauren, Stella McCartney, Marc Jacobs, Balenciaga, Burberry, Alexander McQueen, Cristian Dior, ecc. Nonostante la forte concorrenza da parte di tutti i marchi internazionali, i brand di lusso italiani hanno sicuramente rafforzato le loro radici sul mercato USA non solo tramite la loro creatività; ma anche tramite il valore aggiunto della qualità di cui gode il prodotto ”made in Italy”. L’alta qualità del prodotto “made in Italy” posiziona il prodotto nel segmento alto della distribuzione. Il prodotto non di marca, si posiziona nella fascia al di sotto dei grandi brand. Per le aziende italiane che non godono di un marchio conosciuto, entrare sul mercato presenta delle difficoltà. In questo segmento c’è molto spazio per il prodotto “made in Italy” e le aziende che seriamente vogliono stabilire una presenza sul mercato devono essere disponibili ad adattarsi al mercato locale e in grado di investire. I marchi che occupano al momento la fascia medio alta di mercato, e pertanto in concorrenza alle aziende italiane, arrivano da tutto il mondo. Alcuni che godono di una massiccia presenza e visibilità sono: Alice &Olivia, Rag & Bone, Theory, 3.1 Philip Lim, Veronica Beard, Ganni, Cinq a’ Sept, Jonathan Simkai, Stine Goya, Tanya Taylor, Bronx and Bianco, Alexis, Zimmerman. Tendenze La consumatrice americana sta evolvendo nel suo modo di vestire, allontanandosi dal tradizionale “mono look” e optando per un “mix look”, ovvero accoppia articoli di brand di lusso con articoli di prodotti non di marca. Questa tendenza offre una maggiore opportunità ai prodotti che si collocano nella fascia di prezzo sottostante a quella “lusso”, ovvero la fascia nella quale si posizionano molti dei prodotti “made in Italy”. Questo “mix look” elimina anche le barriere fra l’elegante e il casual. Spesso si indossano capi eleganti accoppiati con articoli casual, una tendenza molto presente nelle calzature. Un look di abbigliamento elegante può essere infatti accoppiato ad una scarpa casual (le sneakers e i tronchetti in particolare) e viceversa. Questo trend è emerso anche nel mondo Hollywoodiano che vede le star portare le sneakers accoppiate a look eleganti ed anche in occasione di red carpet, abbinando le sneakers al tuxedo, in particolare gli uomini. Le attrici sono anche quelle che indossano le calzature Uggs in California dove le temperature sono calde. Inoltre il “mix look” ammorbidisce anche le tradizionali barriere tra il prodotto estivo e invernale. 6
Il look che predomina al momento con i consumatori è casual e comodo. Si parla adesso di un nuova tendenza l’“Athleisure”, una combinazione di abbigliamento atletico e da tempo libero, che si prevede continuerà a crescere molto probabilmente nel futuro. Si prevede che lo stile casual si diffondera’ sempre piu’, mentre quello elegante/formale si ridurra’ sia nei luoghi di lavoro che in occasione di eventi sociali. Questa realtà è stata percepita da tutti i brand internazionali che hanno inserito nelle loro collezioni, le loro creazioni e interpretazioni di capi casual, cosi’ come di streetwear con costi che riflettono quelli dei marchi a cui appartengono. Prospettive Al momento della stesura della presente nota congiunturale, gli Stati Uniti sono in piena emergenza sanitaria per la pandemia COVID-19. Sono in atto misure di contenimento dell’emergenza che stanno paralizzando numerosi settori economici, sia a livello manifatturiero che distributivo, incluso quello dell’abbigliamento. Il contesto è in rapida evoluzione, ed è estremamente difficile quantificare l'esatta entità dell'impatto di queste misure sull’economia americana, ma è chiaro che implicano forti contrazioni nel livello di produzione, spesa delle famiglie, investimenti delle imprese e commercio internazionale. E’ quindi troppo presto per quantificare il bilancio di COVID-19 sul settore della moda, in quanto la pandemia ha certamente scosso alcune delle basi fondamentali del settore. Tuttavia, il comparto della moda ha ripetutamente dimostrato la sua capacità di reinventarsi e adattarsi a cosa, come e dove i consumatori acquistano. Crediamo però nel potenziale a lungo termine del settore della moda nordamericano e nella capacità del settore di darsi un nuovo ordine per una ripresa a breve. Al momento in cui questa nota è stata redatta, la chiusura di molte delle produzioni e di tutti gli esercizi commerciali ha completamente fermato il business a livello nazionale e internazionale. Alcune realtà della grande distribuzione, già pesantemente indebitate, senza liquidità corrente, non sono riuscite a far fronte alle scadenze e sono state di fatto costrette a chiedere una procedura di fallimento concordato (Chapter 11) che implica una sostanziale ristrutturazione aziendale e finanziaria, licenziamenti e chiusura di molti dei punti vendita esistenti. Questo è il caso di grandi retailer come Neiman Marcus Group che include anche i negozi di lusso Bergdorf Goodman, J. Crew, JC Penney, solo per menzionare i più famosi. Ma anche grandi gruppi come Macy’s o Nordstrom, pur non essendo in condizioni di bancarotta, hanno colto questa occasione per riorganizzare la loro struttura, tagliare i rami secchi di attività e ridurre i punti vendita con la chiusura di quelli meno performanti. Lo scenario del retail americano post-COVID riserverà sorprese e avrà un assetto decisamente molto diverso dall’attuale. Parimenti le abitudini di acquisto del consumatore, così come le priorità e gusti si sono evoluti adattandosi a tempi di smart working (stay at home) e social distancing, acuendo alcune tendenze che erano già timidamente emerse in precedenza. Parlare quindi di previsioni oggi è difficile e complesso, e le voci sul futuro sono tante e spesso contrastanti. 7
Pertanto, in questa nota evidenzieremo quelle che al momento sono alcune delle tendenze che si sono sviluppate o sono cresciute molto nel corso della pandemia, ma che si prevede saranno ancora valide, rafforzandosi ulteriormente, in futuro. L’Ecommerce ha avuto un boom durante lo shut down in particolare per acquisti di prodotti essenziali. Amazon ha riportato utili per $75,5 miliardi, per il primo trimestre fiscale del 2020, registrando un incremento di $15 miliardi rispetto al primo trimestre 2019. Nonostante Amazon sia uno dei più grandi dettaglianti di abbigliamento, è più conosciuto dai consumatori come una piattaforma per acquistare abbigliamento basic e a costi bassi. Oggi questa immagine potrebbe cambiare. Grazie alla pandemia, Amazon si prepara ad entrare nel mondo dell’abbigliamento di design. Tramite la sua filiale Shopbop, ha aperto un negozio on line in collaborazione con la rivista Vogue e l’associazione degli stilisti americani CFDA, Council of Fashion Designers of America. Il negozio si chiama Common Thread, nome della charity creata da Vogue e CFDA per aiutare gli stilisti che hanno problemi causati da questa crisi. Il negozio sarà commercializzato da Vogue in collaborazione con il fashion team di Amazon, che ha anche donato $.500,000 alla charity Common Thread. I prodotti di circa 20 stilisti saranno online fra cui Phillip Lim 3.1, Derek Lam e Tabitha Simmons. Amazon ha sempre aspirato a diventare una destinazione di acquisto anche per l’abbigliamento di lusso e questo potrebbe rappresentare un primo passo per poi inserirsi con successo in modo autonomo. L’utilizzo di strumenti e piattaforme digitali sono stati un mezzo di comunicazione di estrema importanza durante la crisi ed uno dei più’ discussi nel settore della moda. Molti stilisti a livello mondiale, tra cui Giorgio Armani, Alessandro Michele e Marc Jacobs, hanno sottolineato la necessita’ di attuare possibili e radicali cambiamenti nel futuro, tra i quali diminuire il numero di collezioni, abbandonare le tradizionali sfilate e presentare le collezioni via canali virtuali o avere anche showroom virtuali per presentare e commercializzare le proprie collezioni. Diminuire il numero delle collezioni è un elemento clue per affrontare il problema della sostenibilità. L'industria dell'abbigliamento è la più grande industria inquinante al mondo, seconda solo a quella del petrolio, Un consumatore medio butta via 70 libbre (31,75 chilogrammi) di vestiti all'anno. A livello globale si producono 13 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ogni anno, il 95% dei quali potrebbe essere riutilizzato o riciclato. La casa madre di Coach, Tapestry, e Gap Inc. sono tra le principali aziende di moda che hanno affermato che ridurranno i volumi di produzione per le prossime stagioni. Molti marchi di lusso hanno deciso di saltare la stagione resort o restringendo le loro collezioni pre-autunno. Minori volumi, significano minori emissioni, minore utilizzo di materie prime e ridotto consumo di acqua. In una visione piu’ ampia e nell’ottica del risparmio e della salvaguardia ambientale, molte aziende di moda stanno programmando di organizzare meno eventi “fisici” con un maggiore utilizzo del digitale, per ridurre l’impatto sull’ambiente. Ma anche grandi big del mass market, stanno facendo grossi forzi e progressi per essere riconosciuti come aziende attente alla 8
sostenibilita’. L’ente globale non-profit, Textile Exchange ha classificato il gruppo H&M come leader nell'uso del cotone organico e in piuma certificata dal Responsible Down Standard, nel suo Rapporto sui cambiamenti dei materiali del 2019. Il gruppo H&M usa molto il cotone, tra cui cotone organico, cotone riciclato e cotone proveniente dalla Better Cotton Initiative, ed e’ anche uno dei maggiori utenti al mondo di lana riciclata, nylon riciclato e lyocell. La società mira a reperire tutti i suoi materiali da articoli riciclati o in modo più sostenibile entro il 2030. I suoi prossimi passi sono aumentare la percentuale di fibre riciclate e continuare a investire attivamente in nuove tecnologie di riciclaggio dei tessili. Altro esempio e’ Kampos, una startup di moda italiana, che ha lanciato una linea di costumi da bagno di lusso e accessori realizzati con bottiglie di plastica riciclate, nylon rigenerato da abbandonate reti da pesca e cotone certificato dal Global Organic Textile Standard. La sua tendenza ambientale non finisce qui: tutti i prodotti Kampos, afferma la società, sono impacchettati senza plastica e progettati per essere riciclabili alla fine dell'uso. Questi sono solo alcuni esempi, ma l’interesse verso la sostenibilità continua il suo momentum ed ha coinvolto l’intero comparto, dai grandi ai piccoli brand. I produttori dovranno investire tanto sull’innovazione e tecnologia per migliorare il prodotto e per soddisfare gli interessi e le richieste dei consumatori e le nuove realtà del mercato. La sostenibilità sarà quindi un elemento chiave che determinerà gli acquisti, in particolare per la generazione dei Millenial e Gen Z. Retail: esperti e operatori di settore, stilisti, produttori, dettaglianti affermano che le vendite al dettaglio non saranno piu’ come prima. Vivere questa pandemia ha cambiato i consumatori. Pertanto nel riaprire, i negozi dovranno essere pronti ad affrontare e rispondere velocemente alle aspettative, esigenze e interessi di questi nuovi consumatori. Consumatori che saranno interessati anche alle attività’ che i negozi mettono in campo per aiutare le proprie comunità, consumatori che quando visiteranno i negozi saranno molto attenti alla loro salute e sicurezza e che guideranno i loro acquisti verso prodotti sostenibili. Essere pronti significherà quindi essere flessibili. PRODUZIONE LOCALE La maggior parte della produzione di abbigliamento negli USA è prodotta oltreoceano, anche se di recente il Made in USA sta crescendo in popolarità dovuto ad un crescente senso di patriottismo e protezionismo dell’economia nazionale. Il Garment District di New York negli anni 1900 è stato il polo principale a livello nazionale e mondiale della produzione di abbigliamento. A partire dagli anni ’50, i proprietari delle fabbriche di abbigliamento iniziarono a spostare la produzione di manodopera oltreoceano in paesi come Taiwan, Korea del Sud, Tailandia, Cina e Vietnam. I primi settori ad essere delocalizzati sono stati i settori minori come la biancheria intima, la lounge wear e le pantofole, per poi allargarsi all’intero comparto moda. 9
Secondo l’associazione di categoria, The American Apparel and Footwear Association, più del 97% dell’abbigliamento negli USA è manufatto in altri paesi. (Negli anni 1960 circa il 95% era prodotto negli USA). Secondo il U.S. Bureau of Labor Statistics, nel 2010, c'erano 7.855 stabilimenti di imprese private nel settore manifatturiero dell'abbigliamento, che impiegavano 157.587 lavoratori - rispetto a 15.478 stabilimenti e 426.027 lavoratori nel 2001. Nel 2010, solo due contee statunitensi avevano più di 500 stabilimenti commerciali; la contea di Los Angeles, California (2.509) e la contea di New York, New York (803). L'industria manifatturiera dell'abbigliamento comprende una vasta gamma di stabilimenti che producono linee complete di abbigliamento pronto e personalizzato; appaltatori di abbigliamento che eseguono operazioni di taglio o cucito su materiali di proprietà di terzi; e su misura, producendo capi personalizzati per i singoli clienti. L’industria si estende su quasi tutto il territorio statunitense, con una maggiore presenza sulla costa Est. 10
Di seguito alcuni produttori di abbigliamento donna negli USA: PRODUTTORI USA DI ABBIGLIAMENTO DONNA Azienda Stato Categoria Bailey CA Vestiti Boot Hoose PA Giacche Camilyn Beth NY Vestiti eleganti, cocktail Coat Check IL Cappotti e giacche Copper River Fleece AK Giacche Crescent Down Works WA Capispalla Copper River Fleece AK Giacche Duckworth MT Abbigliamento in lana Fleurette NY Cappotti e capispalla Hackwith Design House MI Vestiiti, pantaloni, maglioni Hanky Panky NY Lingerie e biancheria da notte Laura Tanzer AZ Vestiti, gonne, pantaloni, camicie, giacche Michael Starts CA Vestiti Nadia Tarr NY Maglieria Soul Flower MI Abbigliamento Casual Secondo le previsioni e dati pubblicati da Statista (pre-Covid), il reddito del settore dell’abbigliamento donna negli USA dovrebbe ammontare a US $182,502 milioni di dollari 11
nel 2020. Si prevede che il mercato crescerà annualmente del 2% (CAGR 2020-2023 – tasso di crescita composto annuo). In termine di volumi si prevede che l’abbigliamento donna arriverà a 11,175.54 milioni di pezzi nel 2020. CANALI DISTRIBUITIVI Agente L’agente noto come “sales agent” o “sales rappresentative”, è usualmente una persona che tramite una propria ditta lavora in proprio. Gli agenti sono muniti di showroom dove i buyer statunitensi, si possono recare durante le settimane mercato e/o a seconda delle loro necessità di acquisto. L’accordo di una azienda italiana con un agente USA, avviene tramite un contratto di agenzia, la cui durata è solitamente di un anno; in genere, il contratto autorizza l’agente ad agire in nome della ditta per la promozione e vendita dei suoi prodotti in un mercato territorialmente specificato. Questo fa dell’agente un vero e proprio procacciatore d’affari che si limita a generare e trasmette ordini. L’azienda a sua volta ha la libertà’ di accettare l’ordine, di stabilire le modalità di pagamento, di garantire la merce venduta. 12
La provvigione dell’agente viene stabilita a seconda dei casi ma in genere varia dal 15% al 20% sul venduto più un fisso mensile che si aggira intorno ai $5,000 mensili per spese di ufficio, affitto spazio esposizione della collezione, introduzione del marchio, viaggi per incontrare i clienti ecc. Importatore/Distributore La figura dell’importatore/distributore per i prodotti di abbagliamento ed accessori italiani è scomparsa. L’aumento dei costi del prodotto “made in Italy” e le difficoltà che comportano gli altri ricarichi degli importatori hanno indotto gli importatori a dirigere i propri acquisti verso prodotti provenienti da altri paesi. Filiale Alcune aziende italiane hanno optato di aprire una loro filiale negli USA. Le pratiche sono abbastanza semplici ed i costi sono accessibili. Per aprire la filiale e registrare il proprio marchio bisogna appoggiarsi ad un legale locale. Naturalmente il costo di una filiale è molto più alto, del rapporto di agenzia e varia a secondo della grandezza e della scelta delle sede, ma si può valutare che, a pieno regime, una sede di buon livello a New York e con personale al minimo può costare da $300,000 a $400,000 annui (questo ammontare indicativo oltre alla locazione, la grandezza, può cambiare anche a secondo del numero del personale e a secondo della tipologia e preparazione del personale prescelto). Department Stores Sono classificati come “department stores” negli USA i grandi esercizi di vendita al dettaglio che trattano una vastissima gamma di prodotti: • Abbigliamento ed accessori (incluse calzature) per uomo donna e bambino • Mobili, arredamento, elettrodomestici e elettronici • Articoli casalinghi I G.M. dispongono di una elaborata organizzazione di personale per tutti gli aspetti operativi, con addetti molto specializzati Il buyer è sicuramente la figura essenziale nel mondo degli acquisti, essendo essa la persona che stabilisce e sviluppa i rapporti con i fornitori sia a livello nazionale che all’estero. I compratori dei grandi magazzini si appoggiano, per i loro acquisti, a degli uffici d’acquisto, i cui compratori studiano il mercato e visitano periodicamente i produttori, grossisti, agenti e possono cosi, informare i loro clienti sulle novità del mercato, indirizzandoli verso i prodotti di maggiore importanza per i loro reparti. Le centrali di acquisto all’estero sono stabilite nei principali paesi di origine della merce. In Italia i più importanti uffici d’acquisto sono a Firenze e Milano. Oltre ad effettuare la scelta dei prodotti in anteprima, gli uffici d’acquisto, dopo che è stato piazzato l’ordine, rimangono in contatto con il produttore e si impegnano a vigilare l’esecuzione dell’ordine, il controllo della qualità della merce e ad assicurare la spedizione della merce stessa 13
entro i tempi stabiliti. Il ruolo dell’ufficio acquisti è essenziale nella selezione dei prodotti e nel contatto produttore-compratore. Continua ad essere importante nella politica degli acquisti dei grandi magazzini il “private label’. Il ‘private label” offre al G.M. la possibilità di aumentare il ricarico e di avere prodotti in esclusiva. Esempi di G.M. sono: Neiman Marcus, Saks, Nordstrom, Macy’s, Bloomingdales. Off price stores Sono negozi molto simili ai depatment stores, che vendono a prezzi più bassi rispetto ad altri grandi magazzini. I negozi “off price “rappresentano sempre di più una minaccia per i tradizionali department stores, dando segnali che le abitudini di acquisto del consumatore sono cambiate. Il più importante gruppo di “off price “ store è TJX Companies, che opera con i negozi TJMaxx, Marshall and Home goods. La loro carta vincente è stata quella di assicurare un veloce turnover della merce e creare il senso che un articolo che oggi è in negozio, potrà non esserci più la settimana successiva. Questo ha creato un boom in questo tipo di dettaglio ed ha fatto di questi negozi un fenomeno raro nel commercio al dettaglio: i consumatori si recano nei negozi per gli acquisti. Il secondo gruppo in questa categoria è Ross Stores Company, altri sono: Burlington, Century 21 Stores. Independent Retailer Gli “indipendents” sono i numerosi esercizi di vendita al dettaglio gestisti singolarmente. la distribuzione indipendente rappresenta uno dei più importanti canali per le imprese italiane. Infatti, attraverso gli independent retailer è possibile raggiungere nicchie geografiche di mercato non ancora coperte dalla grande distribuzione. Alcuni independent retailers hanno fatturati superiori alla decina di milioni di dollari per punto vendita. Dopo i primi ordini è pratica commercialmente consigliata la conoscenza diretta e la partecipazione alle politiche di marketing del punto vendita. Infatti, in questo modo si potrà essere sicuri della giusta collocazione di fascia del proprio prodotto e si acquisiranno delle conoscenze dirette sulle politiche di marketing più utili per un determinato territorio. Nel caso degli indipendents gli acquisti vengono fatti direttamente dal titolare e/o in collaborazione del suo eventuale manager o buyer. In alcuni casi gli indipendents a secondo delle necessità si appoggiano ad un buying office. Specialty Stores e Boutiques Sono un altro canale di distribuzione: meno diffuse territorialmente in termini quantitativi, ma maggiormente presenti in aree particolarmente esclusive, forniscono una maggiore esposizione al mercato del lusso. È un compromesso nel quale la quantità fa spazio alla qualità e ad una più forte identificazione in un mercato esclusivo, di nicchia, non sempre facilmente raggiungibile. Dati i prodotti offerti, caratterizzati per essere prodotti di altissima qualità ed altamente ricercati da una piccola nicchia di mercato, il segmento a cui si interfacciano le boutique di alto livello sono persone con disponibilità di budget 14
elevata (managers, celebrità...) da tenere in considerazione specialmente per coloro che hanno intenzione di posizionare il proprio marchio sul mercato americano. Outlets Gli “outlets” sono negozi dedicati alle vendite soprattutto di prodotti marchiati e usualmente gestiti da un’azienda produttrice per distribuire prodotti a fine stagione, partite difettosi, ordini non andati a buon fine e, spesse volte articoli prodotti esclusivamente per la vendita degli outlets. Il fenomeno degli “outlets” ha anche suscitato l’interesse dei grandi department stores e oggi quasi tutti operano i propri negozi “outlets” con diverse ragioni sociali. Saks opera con “Off 5th” Neiman Marcus con “Last Call” Bloomingdale con “Bloomingdale the Outlet Store” Macy’s con “Macy’s Backstage” Norstrom con “Nordstrom Rack” e “HauteLook”(solo sito web, accessibile esclusivamente da consumatori membri.) Pop Up store (Negozio temporaneo) Il Pop Up store rappresenta una nuova modalita’ di presenza nel dettaglio che sta riscutendo un interesse crescente. È indubbiamente meno costoso ed impegnativo a livello finanziario e offre la possibilità di offrire i prodotti direttamente ai consumatori. Inoltre, aiuta a capire i gusti e le esigenze del mercato e farsi un’idea della potenzialità del prodotto. Questo nuovo strumento di operativita’ ha avuto successo anche con i Grandi Magazzini, che nell’ambito dei loro negozi hanno aperto Pop Up stores per presentare nuovi prodotti, con il coinvolgimento di uno o piu’ brand oppure in alcuni casi prodotti pluri settoriali. Con il Pop Up il grande magazzino, può permettersi di proporre nuovi prodotti senza investire molto sugli acquisti ed avere in tempi abbastanza brevi la reazione dei consumatori e valutare l’eventuale inserimento dei prodotti che hanno riscontrato successo nella loro offerta corrente e futura. E-commerce il mondo E-commerce in USA è in continua e costante evoluzione. Il commercio elettronico nel settore moda è in espansione quotidiana anche perché’, al di là delle vendite, consente di trasmettere in tempo reale anche la filosofia aziendale e l’immagine dei prodotti offerti. In particolari casi un buon sito che non si limiti alla semplice offerta commerciale, rappresenta un “biglietto da visita” che può divenire la chiave di volta per l’intera politica distributiva di un’azienda. L’E-commerce permette di entrare direttamente in contatto con il consumatore finale, evitando, anche dal punto di vista dei costi, la tradizionale filiera distributiva del prodotto. Ciò comporta una maggiore e più rapida raccolta di dati relativi ai desiderata degli acquirenti e una più rapida possibilità di adeguare la produzione alla domanda del mercato. È da segnalare che, per le condizioni di vendita che impongono consegne rapide e resi gratuiti, operare con gli E-commerce americani senza un proprio magazzino/stoccaggio in USA è estremamente complesso. 15
Secondo la normativa fiscale americana i soggetti non statunitensi non sono soggetti ad alcuna tassazione sul reddito prodotto negli USA Tuttavia, gli stessi sono tenuti a presentare il modulo W-8BEN al fine di essere esentati dagli obblighi di dichiarazione fiscale negli Stati Uniti. https://www.irs.gov/forms-pubs/about-form-w-8-ben-e Altra questione, invece, è quella legata al pagamento della sales tax. È una tassa statale sugli acquisti simile all’IVA italiana. La sales tax deve essere calcolata sul prezzo del prodotto, deve essere pagata dal consumatore e successivamente versata dal venditore allo stato di riferimento anche in assenza di collegamento diretto con lo stato in cui avviene la transazione. Ogni singolo stato USA ha stabilito delle soglie limite con riferimento al numero di transazioni effettuate annualmente e/o al valore delle stesse, superato il quale il versamento della sales tax è dovuto. Il sito sotto indicato, riporta l’elenco che indica questi limiti stato per stato. Se il reddito prodotto o il numero di transazioni effettuati dal soggetto straniero con i residenti di ciascun singolo stato non supera le soglie stabilite la sales tax non è dovuta. La materia della sales tax è estremamente complicata e pertanto si consiglia di rivolgersi ad un consulente fiscale americano. https://www.streamlinedsalestax.org/for-businesses/remote-seller-faqs/remote-seller- state-guidance VENDITE AL DETTAGLIO Secondo dati pubblicati da Statista i maggiori dettaglianti che hanno registrato nel 2018 il più alto reddito in miliardi di dollari sono i seguenti: Note: United States; 2019 Further information regarding this statistic can be found on page 8. Source(s): Stores; Kantar ID 197833 16
1. T.J. Maxx, e’ un “off price” department store. Ha più di 1000 negozi negli USA ed e’ pertanto uno dei più grandi dettaglianti di abbigliamento negli USA. La catena fa parte del gruppo TJX Companies e vende abbigliamento uomo, donna e bambino, calzature, accessori, giocattoli, igiene e bellezza, e prodotti per la casa, da mobili a utensili da cucina. TJMaxx and Marshalls operano sul mercato come negozi gemelli, i prezzi sono dello stesso livello, la disposizione dei negozi è uguale, TJMaxx ha un’apparenza migliore, ed ha una più’ massiccia offerta di gioielli e accessori. Alcuni negozi che registrano un alto volume offrono anche un reparto di abbigliamento di marchi chiamato “The Runway”. 2. Macy’s dal 1994 fa parte del gruppo Federated Department Stores, di cui fa anche parte il grande magazzino Bloomingdales e opera con 551 negozi. 3. Kohl’s da gennaio 2013 è il più grande department store in US con 1,483 punti vendita in 37 stati negli USA. 4. Ross Stores, Inc., opera con il brand “Ross Dress for Less” è un “off price” department store. E’ il più grande “off price” dettagliante negli USA con 1,483 negozi in 37 stati USA nel 2018. 5. J.C. Penney Company, Inc, ha 865 negozi in 49 stati degli USA, e a Puerto Rico. In molti negozi ospita molti Leased Departments quali Sephora, centri per automobili, studi fotografici, etc. A seguito di problemi finanziari, resi ulteriormente gravosi dal Covid-19, il gruppo ha dichiarato bancarotta il 15 maggio 2020. 6. L. Brand Inc. opera con i brand Victoria's Secret e Bath & Body Works. 7. Nordstrom Inc. è un department store e vende abbigliamento, calzature, borse, gioielli, accessori, cosmetici, e profumi. Alcuni negozi vendono anche arredamento per la casa e abbigliamento da sposa. Nel 2020 Nordstrom ha 117 negozi in 40 stati USA. Il 5 maggio 2020, a causa di problemi finanziari causati da Covid-19, ha annunciato la chiusura di 16 negozi e successivamente il 18 maggio la chiusura delle tre boutique “Jeffrey”. 8. Old Navy (Gap) Inc, opera con sei diverse divisioni: Gap, Banana Republic, Old Navy, Intermix, Hill City and Athleta. Ha una rete di 1,106 negozi. 9. Burlington Stores Inc., è un negozio “off price”, che tratta abbigliamento uomo, donna, bambino, accessori, mobili e articoli arredamento casa, e oggetti da regalo. Opera con 503 negozi in 44 stati, con i brand Burlington Coat Factory, Cohoes Fashions, Baby Depot, MJM Designer Shoes and Burlington Shoes. 10. Dillards, ha circa 289 grandi magazzini in 29 stati. Una gran parte sono ubicati in Florida (n. 42) e Texas (n.57). Gli altri sono ubicati in altri 27 stati degli USA. 11. Ascena Retail Group, dettaglianti di abbigliamento donna. Operano dal 2018 con 4,800 negozi. Sono proprietari dei brand Justice, Lane Bryant e Catherine. È anche la casa madre di Ann Inc. con i negozi Ann Taylor e Loft. 12. Neiman Marcus Group, Inc., ha 42 department stores di lusso. Opera anche con lo Specialty Store Bergdorf Goodman sito nella città di New York. Nel 2014 ha acquistato la piattaforma e-commerce di lusso “mytheresa.com” (come anche il negozio), che serve il mercato a livello mondiale. Purtroppo negli ultimi anni hanno avuto problemi finanziari e il 7 maggio 2020 hanno dichiarato bancarotta. 13. Belk Inc., opera con 293 grandi magazzini in 16 stati. Il maggior numero di negozi è ubicato in North Carolina (n. 65), seguito dalla Georgia (n. 45) e da South Carolina (n. 35). 17
IL COMMERCIO DELL’ABBIGLIAMENTO DONNA CON IL RESTO DEL MONDO Secondo le previsioni e i dati pubblicati da Statista, il più alto reddito del settore abbigliamento donna sarà generato nel 2020 dagli USA con $182,502 milioni di dollari, seguito dalla Cina con $175,120 milioni di dollari, poi dall’India con $60,614 milioni di dollari, al quarto posto il Giappone con $42,866 milioni di dollari e al quinto posto dal Regno Unito con $41,757 milioni di dollari. 18
IMPORTAZIONI DI ABBIGLIAMENTO DONNA Source of Data: U.S. Department of Commerce, Bureau of Census Secondo le statistiche disponibili, fonte U.S. Department of Commerce, le importazioni USA di abbigliamento e accessori donna, per l’intero anno 2019, hanno registrato un calo 19
dell’1.18% rispetto allo stesso periodo nel 2018. L’import dall’Italia ha registrato una crescita pari a 5.31%. Nel periodo in esame, l’Italia si è posizionata all’ottavo posto come fornitore USA con $667.57 milioni ed una quota di mercato dell’1,9%. Al primo posto tra i fornitori USA si è posizionata la Cina con $ 11,993.49 miliardi, (registrando un calo dell’8.42% rispetto all’anno 2018) seguita da Vietnam con $6,264.86 miliardi, al terzo posto l’Indonesia con $2,257.36 (registrando un calo dello 0,64% rispetto all’anno 2018), al quarto posto l’India con 1,907.34 e al quinto posto il Bangladesh con $1,845.4. La Cina ha una quota di mercato del 34,8% il Vietnam del 18,2, l’Indonesia del 6,6%, l’India 5,5% e Bangladesh del 5,4%. Maggiori fornitori Da quanto emerso dai dati statistici sopra illustrati la maggiore concorrenza al settore dell’abbigliamento da donna italiano arriva dalla Cina. La Cina tradizionalmente è stata in passato e continua ad essere, sebbene abbia registrato negli ultimi anni un calo nella sua quota di mercato, il più importante concorrente per tutti i prodotti non solo provenienti dall’Italia, ma anche da altri paesi. La perdita di quote di mercato, ha offerto la possibilità di crescere ad altri paesi, in particolare al Vietnam le cui quote di mercato hanno registrato costanti aumenti negli ultimi anni. Nel 2017 il Vietnam aveva una quota di mercato del 15.6%, nel 2018 del 16.4%, arrivando nel 2019 a rappresentare il 18.2% della quota di mercato fornitori. SUGGERIMENTI PER LE SOCIETA’ ITALIANE Si consiglia alle aziende italiane che intendono approcciare il mercato di: • concentrarsi sul design e sulla qualità del prodotto; • grande attenzione alla sostenibilità; • adeguarsi al mercato per gusti, colori e calzata; • fiere: altro utile ed importante strumento è la presenza presso le fiere specializzate del settore di riferimento per acquisire nuovi contatti e “testimoniare” l’assiduità della propria presenza sul mercato. Infatti, specialmente durante il primo periodo di penetrazione del mercato, le fiere sono più un luogo di incontro con gli operatori del settore piuttosto che un momento di affari. • avere una presenza in loco (agente e/o proprio showroom) per facilitare i contatti tra le controparti; • fornire i prezzi Landed in dollari USA (Landed Duty Paid e non in euro); • fornire servizi post vendita; • avere un programma di riassortimento; • conoscere le esigenze del negozio e la clientela dello stesso; • consegne: poiché’ i ritardi costituiscono un problema abbastanza serio, è indispensabile rispettare i tempi di consegna stabiliti con il proprio cliente come anche tutte le altre eventuali modalità pattuite. La serietà e preparazione dell’azienda nel gestire il business ed una costante comunicazione con il cliente aiuta a stabilire solide relazioni commerciali e a far crescere il giro di affari; 20
• concentrarsi sulla digitalizzazione che andrà sempre più fortemente a crescere e forzerà sempre di più l’uso di processi virtuali, quali showroom, fiere, etc.; • avere un sito web in lingua inglese che contenga il catalogo e/o immagini rappresentativi della propria produzione; molto utile l’inserimento di una web chat per potersi connettere con i clienti, creare blog post e postare materiali di contenuto educativo; • concentrarsi sul brand awareness, creare una storia che possa cattivare l’interesse e la curiosità della comunità da comunicare sul proprio sito, e tramite i canali social, Facebook, Instagram, FB Live, Instagram Live, Twitter, etc.; • implementare un e-commerce; E-Commerce/Mobile App & Influencers La moda è uno dei mercati più solidamente sviluppati nell'ambito dell'e-commerce. L'idea dello shopping a distanza per gli articoli di moda non e’ comunque nuova. Sin da prima dell'avvento di internet i cataloghi per corrispondenza erano uno strumento di vendita già molto popolare. Internet ha però portato con la vendita online la moda ad un nuovo livello di sviluppo: la gamma di prodotti è più ampia (colori, dimensioni, stili), la quantità dell'offerta è superiore (vi sono numerosi negozi online), i servizi di consegna più efficienti (ad esempio consegna in giornata) e talune volte gratuiti, processi di reso più rapidi. Negli ultimi anni nel mercato si è confermato un trend di crescita verso gli "acquisti da casa" e i fattori precedentemente citati sono solo una parte dei numerosi motivi che spingono il consumatore verso una scelta propendente allo shopping online piuttosto che al negozio fisico. La maggior parte dei negozi di moda online offrono prodotti e servizi che i clienti non sempre trovano con facilità nei negozi fisici. A favore dei negozi online giocano, per esempio, l'utilizzo dei cookie presenti nei browser di navigazione: i siti di e-commerce riescono ad indicizzare meglio al segmento di mercato interessato i prodotti e servizi offerti, fornendo così una esperienza di acquisto con contenuti e suggerimenti personalizzati in base ai gusti del consumatore. La tecnologia può indicizzare anche le comunicazioni attraverso la personalizzazione delle newsletters a seguito di registrazione nel sito web e far si che vengano implementate delle campagne di marketing personalizzato che possono concludersi anche con l'invio di un campione di un prodotto personalizzato presso il domicilio del consumatore. Un altro servizio che va oltre lo shopping online standard è lo shopping personalizzato, offerto da aziende come Outfittery, dove i singoli look sono "assemblati" da consulenti di stile personali. Anche gli influencers hanno un ruolo chiave nel mercato della vendita della moda online. Blog di moda e social networks come Instagram e Tumblr raggiungono un enorme pubblico e il posizionamento di un prodotto potrebbe diventare rapidissimo. 21
Oltre la personalizzazione ed indicizzazione dei prodotti, il mercato della moda online si è evoluto da essere inizialmente una vetrina dei negozi fisici "installata" sul web, e quindi in grado di raggiungere un mercato più ampio di consumatori, a casi di un'esperienza di shopping integrata che unisce mobile-shopping on the go, negozi online pieni di contenuti extra e nuovi store-concepts. É l'avvento di "new retail", in cui i consumatori interagiscono con un marchio o un prodotto su un grande numero di piattaforme. La fidelizzazione al marchio (brand loyalty) a seguito della visibilità che il web da a tantissimi marchi e ad una maggiore frammentazione di mercato, ha oggi necessità di maggiori investimenti ed attenzioni vista l'importanza che le comunità online, che si concretizzano anche con il coinvolgimento diretto dei clienti, hanno in questo mercato. Creare una finestra di dialogo con il cliente, oltre al seppur importante "semplice invio" di newsletters, è oggi un elemento chiave per consolidarsi in un contesto di estrema concorrenza come quello online. In media, i tassi di rendimento sugli investimenti nella comunicazione sui social media affermano che l'interazione con i followers (clienti che seguono la pagina del brand online), oltre che espandere la quota di mercato, aiuta a mantenere e fidelizzare i clienti presenti. La fidelizzazione del cliente è fondamentale nel mercato della moda: la tendenza mostra che i clienti online, data anche la possibilità di reso gratuito, tendono ad effettuare ordini di più grandi dimensioni (per esempio ordinando diverse taglie per lo stesso abito). Social media I social media sono una componente fondamentale della strategia di marketing aziendale. Aiutano le imprese a: · connettersi con i clienti; · aumentare la consapevolezza del marchio; · aumentare i contatti e gli approcci con il consumatore; · incrementare le vendite. Con oltre tre miliardi di persone in tutto il mondo che utilizzano i social media ogni mese per comunicare ed interfacciarsi tra di loro, non siamo chiaramente di fronte ad un fenomeno passeggero, ma ad una realtà ormai ben più che consolidata. Da tenere in considerazione è il fatto che essere presenti online non riguarda unicamente l’attività volta alla promozione della impresa in termini di visibilità, bensì è altrettanto significativa la potenzialità che i social hanno di fornire informazioni in merito le caratteristiche demografiche e le preferenze dei consumatori. Sulla base della analisi di questa importantissima fonte di dati, l’impresa può segmentare il mercato e diversificare l’offerta e adattandola e personalizzandola al singolo consumatore. Quindi, uno strumento di enorme potenzialità. Considerando gli ultimi trend e la presenza online di una enormità di imprese commerciali, se una impresa non si dovesse adattare a tali esigenze di mercato, ossia se non fosse 22
presente online, il potenziale cliente non sarà in grado di poter comparare offerte commerciali né tantomeno di venirne a conoscenza. Inoltre, essere presente sui social ha un enorme potenziale di fidelizzazione degli attuali clienti e acquisizione di nuovi. In aggiunta, è ormai prassi tra i consumatori di cercare ed acquisire informazioni online del prodotto/servizio prima di acquistarlo: una efficiente presenza online permetterà ai consumatori di capire la qualità del prodotto/servizio ed eventualmente di valutarlo, creando quindi una potenziale maggiore consapevolezza che si trasforma in maggiori vendite. Semplicisticamente, si tende a pensare che l’unico effetto del posizionamento online sia quello di acquisire maggiori clienti e quindi di incrementare le vendite – sicuramente questo è uno degli obbiettivi principali. Oltre ciò, bisogna tenere in considerazione la potenzialità che i social media hanno di permettere ad una impresa di trasmettere la propria vision, mission e la conoscenza di marca - brand awareness: azioni che permettono di conquistare nuovi clienti ed affezionare i vecchi, rendendoli più consapevoli della realtà aziendale. Infine, è importante ricordare che il sito Web deve essere altamente user-friendly (intuitivo e facile da usare) e responsive (compatibile per ogni piattaforma – computer, tablet, telefono). La visibilità e ad attività a livello internazionale è un fattore da considerare: in base al mercato al quale ci si rivolge, bisogna adattare lingue e valuta (per il mercato statunitense è importante che il sito sia in lingua inglese/spagnola e che i prezzi siano in $). L’assenza di problemi, la facilità di navigazione ed il tema coerente con il core business sono un fattore di vincita. REGOLAMENTAZIONI DOGANALI E FISCALI Doganali A partire dal 1° gennaio 1989 è entrato in vigore il cosiddetto “Harmonized Commodity and Coding System” abbreviato in ‘H.T.S”. Si tratta di una classificazione dettagliata, contenente 99 capitoli, che illustra i dazi doganali applicati all’importazione di prodotti negli USA. La Sezione XI, dal capitolo n. 61 al n. 62, è dedicata in particolare al settore abbigliamento e maglieria. Il dazio doganale applicato all’importazione di prodotti tessili di abbigliamento varia in relazione alla composizione del materiale e da prodotto a prodotto. Per maggiori informazioni: http://www.usitc.gov/tata/hts/bychapter/index.htm Etichettatura-Labeling I requisiti di Labeling dei prodotti tessili sono delineati dal Textile and Wool Acts, sulla cui applicazione vigila la Federal Trade Commission (FTC). La stragrande maggioranza dei prodotti tessili è soggetta agli obblighi indicati in detta normativa. Nello specifico, il label di un prodotto tessile deve indicare: • Fiber content: è richiesta l’indicazione del nome delle fibre che compongono il tessuto e delle loro rispettive percentuali in base al peso, in ordine decrescente. Ad esempio: 65% rayon, 35% polyester. Fibre che incidono sulla composizione 23
del tessuto per meno del 5% possono essere listate come “other fiber(s)”, a meno che non si tratti di lana o altre fibre aventi una funzionalità specifica in rapporto al prodotto, ad esempio il nylon per la durata e lo spandex per l’elasticità`. • Country of Origin: il label deve indicare il Paese in cui il capo è stato prodotto. Se il capo è prodotto in più di un Paese, tutti i Paesi coinvolti nel processo di produzione devono essere indicati. Ad esempio Made in China, finished in Italy. Assembled in Italy of imported components. ▪ Identificazione: del Produttore/Importatore o Distributore: il label deve indicare uno di questi a scelta. Anche se l’azienda non produce direttamente il prodotto, ma in qualche modo entra nel processo produttivo, essa può essere indicata. ▪ Care Label: il contenuto del Care Label è regolato dal Care Labeling Rule, anche questo sotto il diretto controllo e vigilanza della FTC. Il Care Label deve indicare quanto segue: Istruzioni complete per il lavaggio, con eventuali avvertenze nel caso in cui il capo possa essere danneggiato. Avvertenze circa processi successivi al lavaggio (ad es. per quanto riguarda la stiratura). Le etichette di cui sopra devono essere presenti in ciascun capo in quanto sono necessarie per l’importazione e sdoganamento della merce negli USA. Capi in lana o pelliccia: sono soggetti alla disclosure regolata rispettivamente dal Wool Products Labeling Act e dal Fur Products Labeling Act. Capi composti da materiali considerati infiammabili sono sottoposti al controllo della Consumer Product Safety Commission (CPSC), che stabilisce vari gradi di “flammability” e vieta l’entrata nel mercato USA di certi materiali classificati come “altamente infiammabili”. Per un’analisi più approfondita vi segnaliamo il seguente link: https://www.cpsc.gov/Regulations-Laws--Standards/Statutes/Flammable- Fabrics-Act Capi in pelle di animali selvaggi: composti in totus o in parte con l’uso di pelle di animali selvaggi sono soggetti a determinati regolamenti e in molti casi ne è proibita l’importazione negli USA. Capi realizzati con pelli di rettile, coccodrillo, etc. devono essere accompagnati da un certificato di origine. Con questo certificato e dopo un’ispezione accurata fatta dal personale dell’ufficio del “Fish & Wildlife Service” può essere sdoganato. Qualora la pelle usata provenga da un animale appartenente a specie in via di estinzione “Endangered Species”, la merce può essere bloccata e confiscata. Bisogna tener presente anche che le leggi in vigore relative ai succitati prodotti cambiano da stato a stato negli USA. Onde evitare complicazioni di sdoganamento è meglio appoggiarsi al responsabile ufficio del “Fish & Wildlife”. https://www.fws.gov/le/businesses.html 24
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