Uno sguardo sulla comunità pastorale - Rivista della parrocchia di Bellinzago Lombardo
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maggio/giugno 2021 - Anno 54 Rivista della parrocchia di Bellinzago Lombardo Uno sguardo sulla comunità pastorale
sommario copertina 1_Uno sguardo sulla comunità pastorale.a cura di MT la parola del parroco 3_Che combina il Consiglio Pastorale?.......don Matteo primo piano 4_Passi concreti verso il futuro...............a cura di DB 5_Evangelizzazione e missione 8_Servizio e carità 13_Educazione e formazione 16_Liturgia e celebrazione associazioni 21_Pina e Tilde...................................Gruppo Unitalsi Verso il futuro 22_Cuore e testa………………….......Giuseppe Vincenzi amministrazione comunale 26_Consiglio comunale 14 giugno......Virginio Cavalli 27_Consiglio comunale 30 giugno......Virginio Cavalli letture consigliate 28_............................…………..a cura di una lettrice sport 30_Arcieri..............................Daniele Alessandro Folli quarta di copertina 32_Nuvola.....................a cura di Giovanni Gargantini 2 il faro - maggio/giugno 2021
la parola del parroco Che combina il Consiglio Pastorale? E il Parroco? D urante lo scorso mese di maggio, i componenti del Consiglio Pastorale della nostra Comunità si sono ritrovati per no pastorale e il Consiglio tornerà a tro- varsi, ma non vuole essere qualcosa di ar- tificioso, bensì il luogo di una correspon- quattro mercoledì sera per uno scambio e sabilità condivisa sul Vangelo annunziato una riflessione riguardante temi fonda- e vissuto. mentali del nostro essere e vivere la Chie- Vi confesso un sentimento che provo since- sa: evangelizzazione e missione, carità e ramente; ogni volta che mi ritrovo con il servizio, educazione e formazione, liturgia Consiglio Pastorale provo un senso di pace, e celebrazioni. di gratitudine, di serenità. Son prete in Stop! A che cosa fanno riferimento queste mezzo a voi e vivo la responsabilità in aree tematiche (che spaziano su mille ar- quanto parroco, ma con il Consiglio e in gomenti tra l’altro)? Sì, mi fermo subito ogni occasione di ascolto e di confronto perché corro il rischio di dire tutto e nien- con chi vive l’essere Chiesa, famiglia di figli te. Quattro temi ricchissimi, che ci hanno di Dio, nei momenti e negli incontri in cui visti coinvolti nell’ascolto e nella condivi- qualcuno mi racconta, mi consiglia (…mi sione; ma quanto questi argomenti suscita- riprende; ci sta anche questo), ecco, è qui no un respiro nuovo, una scintilla di novi- che mi sento a casa, che non mi sento solo tà in chi di voi sta ora leggendo? Inoltre, in una responsabilità bella e grande, quella mi chiedo anche quanto siamo capaci, do- di vivere il Regno di Dio già qui, oggi. po averne parlato, di fare passi concreti e vostro don Matteo reali nel vivere uno stile di Chiesa secondo il cuore di Dio. Il Consiglio Pastorale è per definizione un ambito di riflessione, di verifica e di pro- posta, prima d’essere organo d’azione; po- tremmo paragonarlo a una buona dose di vitamine che assunte dall’organismo lo fanno funzionare meglio. Rimane però la fatica di aprirsi al disegno di Dio, di saper fare discernimento su chi siamo e sul tem- po che stiamo vivendo: ciò che è essenzia- le e non va dimenticato, le potenzialità che abbiamo, le vie che ci si aprono innanzi, i percorsi e le proposte talora obsolete. Il Consiglio Pastorale vorrebbe essere il cuo- re e la mente della Comunità per aiutare ciascuno a compiere quei passi a cui siamo chiamati per il bene nostro e del mondo intero. Non è semplice né immediato un lavoro a questo livello perché richiede di- sponibilità e impegno, passione e interes- se, pazienza e ascolto; però ci stiamo pro- vando, non ci tiriamo indietro e non man- ca la passione per il Vangelo e per il bene delle persone. Ripartiamo a settembre con un nuovo an- il faro - maggio/giugno 2021 3
primo piano Passi concreti verso il futuro U n momento importante per la nostra comunità ha riguardato il consiglio pastorale che si è riunito per riflettere, di- Agnesi, vicario generale per la diocesi, ha avuto modo di affermare: “Il consiglio do- vrebbe essere l’occasione in cui dire le tre scutere, confrontarsi su alcuni temi impor- cose essenziali che deve fare una comuni- tanti. Si sono creati dei gruppi di lavoro tà: pregare, celebrare l’Eucaristia e i Sacra- all’interno del consiglio per poi finalizzare menti; aiutare i ragazzi a comprendere la passi concreti di agire pastorale nella ses- chiamata a dare la vita, ossia la loro voca- sione plenaria in presenza del 6 giugno. zione; infine, rendere abitabile la terra e Quattro sono stati i tavoli di lavoro che benedirla – come ama dire l’Arcivescovo -, hanno impegnato i nostri consiglieri con la compiendo gesti di fraternità. Naturalmen- diaconia. Quattro ambiti di confronto e di te vi sono anche le strutture e le iniziative, condivisione. Questi sono i quattro temi ma vengono dopo, per così dire.” Il primo che approfondiremo nelle pagine successi- piano di questo numero del faro seguirà il ve: Evangelizzazione e Missione, Servizio e percorso di confronto del consiglio pasto- Carità, Educazione e Formazione, Liturgia rale, seguendo le sollecitazioni che hanno e Celebrazione. Ripensare l’agire pastorale, portato al confronto, gli spunti raccolti e individuare passi concreti da compiere, le proposte che sono state formulate e confrontarsi in spirito di fraternità. In oc- presentate. casione del rinnovo dei consigli Mons. DB 4 il faro - maggio/giugno 2021
Evangelizzazione e Missione O ccorre che nelle comunità cristiane si attui una decisa scelta missionaria, capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato all’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione” (Evangelii Gaudium n.27). La sola ripetizione di attività senza incidenza nella vita delle persone concrete rimane uno sterile tentativo di soprav- vivenza, spesso accolto dall’indifferenza generale. Se non vive del dinamismo spirituale proprio dell’evangelizzazione, la parrocchia corre il rischio di divenire autoreferenziale e di sclerotizzarsi, proponendo esperienze ormai prive di sapore evangelico e di mordente missionario, magari destinate solo a piccoli gruppi. Occorre individuare prospettive che permettano di rinnovare le strutture parrocchiali “tradizionali” in chiave missionaria. È questo il cuore della desiderata conversione pastorale, che deve toccare l’annuncio della Parola di Dio, la vita sacramentale e la testimonianza della carità, ovvero gli ambiti es- senziali nei quali la parrocchia cresce e si conforma al Mistero in cui crede. Dalla conver- sione delle persone a quella delle strutture. In tale processo di rinnovamento e di ristrut- turazione, la parrocchia deve evitare il rischio di cadere in una eccessiva e burocratica organizzazione di eventi e in un’offerta di servizi, che non esprimono la dinamica dell’e- vangelizzazione, bensì il criterio dell’autopreservazione (cf. EG n. 27). Sintesi del confronto senza memoria, senza corpo, di fatto, sen- Questo era uno degli spunti che ha guidato za vita. il gruppo che si è occupato di questo tema Con questa idea, viene sottolineato, dal nell’ambito del consiglio pastorale. Un te- gruppo di lavoro, come il rapporto con la ma molto importante in questa fase di quotidiana evangelizzazione possa dipen- cammino della Chiesa e della comunità. dere anche dalla relazione che si costrui- Innanzitutto, si sottolinea l’attenzione alla scono con le strutture presenti, siano fisi- quotidianità: non esiste missione o evange- che o mentali. Si possono individuare dei lizzazione se non innestata nell’educazio- binomi che consentono di collocare ognu- ne e nell’attenzione dell’agire di tutti i no (e anche le strutture fisiche) nel modo giorni. Le realtà presenti, le attività perio- in cui si vive la quotidianità: servizio o po- diche culturali, pastorali o educative, le tere, desiderio o soddisfazione, affidamen- riviste… sono tutti strumenti che, valo- rizzati nell’ottica dell’evangelizzazione, ne cambiano il cuore. L’annuncio diven- ta la guida dell’attività. Questo costrin- ge in qualche modo a dover ripensare il modo di essere comunità. La conversio- ne pastorale delle strutture implica la consapevolezza che il Popolo di Dio è unto con la grazia dello Spirito Santo; per tanto, all’ora di riflettere, pensare, valutare, discernere dobbiamo essere molto attenti a questa unzione. Ogni volta che vogliamo soppiantare, far ta- cere, annientare, ignorare o ridurre a piccole élite il Popolo di Dio nella sua totalità e nelle sue differenze, costruia- mo comunità, piani pastorali, accentua- zioni teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza storia, senza volto, il faro - maggio/giugno 2021 5
to o possesso. Un intervento nel gruppo di rici, che obbediscono a logiche elaborate lavoro sottolinea come sia necessaria forse “a tavolino”, dimenticando le persone con- una conversione personale per cogliere crete che abitano il territorio. Al termine nell’agire quotidiano la forza missionaria del confronto sono state consegnate per il ed evangelizzatrice. Un percorso personale consiglio pastorale in presenza e conclusi- per essere credibili negli incontri quotidia- vo due spunti, come sintesi alla discussio- ni e una centralità alla vita sacramentale ne: recuperare in modo specifico il modo come fonte di grazia a cui sempre si deve di essere comunità cristiana che si ritrova attingere. Si sottolinea anche come biso- attorno all’Eucarestia e l’attenzione alla gnerà fare attenzione a non “forzare i tem- formazione personale e comunitaria alla pi”, volendo condurre a termine le riforme dinamica del primo annuncio che caratte- troppo frettolosamente e con criteri gene- rizza il tempo dell’oggi. Lo sguardo di padre Alessandro Intervistiamo padre Alessandro Canali, 30 anni. Missionario del PIME e animatore missio- nario presso il centro di animazione missionaria di Milano. U na delle parole di moda in questo pe- riodo nella Chiesa è Evangelizzazio- ne. Come nel quotidiano di tutti i giorni Perché un giovane dovrebbe farsi coin- volgere dall’esigenza di evangelizzare il mondo? E un adulto, anziano… perché possiamo vivere questo importante stile dovrebbe impegnarsi ad evangelizzare? cristiano? Come ho accennato prima l’opera di evan- Anzitutto credo che l’evangelizzazione gelizzazione non è un incarico o un impe- non sia solo un aspetto della vita cristiana gno, piuttosto fonte di gioia e speranza ma un impulso vitale di questa. “Non pos- per il mondo. Non portiamo agli altri la siamo tacere quello che abbiamo visto e parola perché ci tocca ma perché è bello, ascoltato” dicono Pietro e Giovan- ni negli Atti. Se siamo raggiunti da una bella notizia non possia- mo trattenerla, questa deve corre- re. Così è l’esperienza della vita cristiana, non è conoscenza di dogmi o enunciati ma esperienza di un Amore che ci cambia la vita da portare al mondo. Quali sono gli atteggiamenti che un cristiano dovrebbe avere per essere un buon evangelizzatore? Essere buoni evangelizzatori non è questione di esercizio, ma di vita. Posso solamente dire cosa ho riscontrato nelle persone che hanno lasciato un segno impor- tante nella mia vita, nelle cui azio- ni ho trovato il riflesso di Gesù. Penso che queste persone si siano contraddistinte per una grande apertura all’altro, una grande ca- pacità di ascolto e per la loro bon- tà. Questi sono i tratti dell’evan- gelizzatore più marcati che ho trovato in loro. 6 il faro - maggio/giugno 2021
per amore. Non abbiamo un obbligo verso L’esempio più grande credo siamo noi, se gli altri o verso il mondo, l’amore di Gesù leggiamo queste parole, se ci troviamo la ci spinge perché desideriamo che tutti con- domenica per celebrare insieme è perché dividano la gioia profonda che c’è nell’in- qualcuno ci ha parlato di Gesù, del Figlio, e contro con Dio. Evangelizzare non è solo dell’amore del Padre per l’umanità. Possia- cosa per alcuni, esser felici è cosa per tutti! mo essere testimonianza anche per gli al- Ci sono esempi che tu conosci in cui que- tri? Anche nelle difficoltà? Penso proprio sto stile evangelizzante possa essere di di sì, perciò…. esempio per tutti? Buona missione a voi! Una riflessione del card. Tagle P roponiamo alcuni spunti di riflessione del cardinal Luis Antonio Tagle, prefet- to della Congregazione per l'evangelizza- zione dei popoli. In occasione di una visita a Milano nel 2014 e nel corso di alcune interviste per i giornali vaticani. Parole più che mai vive e che ancora oggi dicono molto sul tema dell’evangelizzazione. «Evangelizzare nella grande metropoli si- gnifica fornire spazio per incontrare Ge- sù», ha detto il cardinal Tagle. Senza di- menticare la predicazione di Benedetto XVI e Francesco, quando hanno sottolinea- to che la fede «non è un’epica o una sem- plice ideologia, ma tratta di una persona, il Figlio del Dio vivente venuto dal Padre in mezzo a noi. E come risorto continua a vivere tra noi». L’evangelizzazione è dun- que «lo sforzo della Chiesa per fornire alle persone lo spazio di incontrare Gesù nella forza dello Spirito Santo». Le metropoli non hanno più spazi geografici liberi, sono tutti occupati dalle persone. Significa, ha concluso, «che abbiamo un sacco di spazi mentalità e costumi non sempre corri- umani. Sono il luogo privilegiato per l’in- spondono al modo di Gesù e al suo Vange- contro con Cristo: i sogni e i desideri pro- lo». Come quando incontrò un’adolescente fondi delle persone, la loro cultura e la lo- in rotta con il padre perché, fumatore, le ro condizione spezzata. Aiutiamoli a tro- impediva di fumare. E con la madre, che vare spazio nella vita umana per incontra- ogni fine settimana faceva shopping, ma le re Gesù». In una grande metropoli «dove le raccomandava di essere risparmiatrice. persone sono anonime in una massa di "Siete tutti falsi, mi disse. Questa è una umanità, il dono della presenza è molto voce amica che grida per la mancanza di apprezzato», ha proseguito. Per poi descri- autenticità e integrità nelle nostre famiglie, vere le modalità con cui le parrocchie sono nella nostra città e anche nella chiesa. presenti nel popolo: raccolte fondi per i Questa ragazza – conclude Tagle – mi ha poveri, apertura delle strutture per i sen- fornito uno spazio umano dove incontrare zatetto, borse di studio. «Nessuna evange- Gesù che mi diceva: convertitevi e credete lizzazione avverrà senza conversione – è nel Vangelo. Era una ragazza cresciuta in convinto il Cardinale -. «Abbiamo bisogno una grande metropoli, volto di postmoder- dell’umiltà, del coraggio di ammettere che nità. Dobbiamo ascoltare la sua domanda». alcune delle nostre politiche, strutture, In un’altra intervista rilasciata al sito web il faro - maggio/giugno 2021 7
del vaticano nel 2019, sempre il cardinal cristiani siamo chiamati a sviluppare altri Tagle dice: “I giovani conoscono il mondo tipi o forme di intelligenza, come l’intelli- digitale meglio di noi. Nell’annuncio del genza relazionale, che incoraggia una per- Vangelo in quell’ambito possono darci sona a generare fiducia e sicurezza. La no- consigli meravigliosi. Le donne, poi, hanno stra missione comune è proclamare la buo- una naturale predisposizione alla comuni- na novella del Vangelo. Andate e procla- cazione interpersonale. Le donne e le ma- mate il Dio che parla, comunica e ascolta», dri sono esperte in comunicazione. Impa- ha aggiunto, sottolineando il cuore di que- riamo anche da loro», esorta. Ancora il sto annuncio: «La presenza consolante e la card. Tagle sull’era digitale attuale: compassione di Cristo Gesù. La missione «Stiamo vivendo nell’era dell’intelligenza non è un compito fai-da-te ma è comunita- artificiale, che è dominante nella rivoluzio- rio, per e con gli altri, soprattutto con Cri- ne digitale. La rete internet è ormai ovun- sto. La missione non è solo per pochi indi- que e le persone sono connesse per venti- vidui ma per tutti. La missione si fa in co- quattr’ore al giorno. È in atto un cambia- munità. È ecclesiale: la Chiesa tutta è in mento culturale, perché questo influisce missione. Ogni battezzato è inviato in mis- sul corpo e sulla mente delle persone. Noi sione da Cristo e dalla Chiesa». Servizio e Carità P apa Francesco ha ricordato che «la parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione», e ha afferma- to che essa «è comunità di comunità» (Evangelii Gaudium n. 28). La parrocchia, chiamata anche a raggiungere ciascuno, senza eccezione, ricorda che i poveri e gli esclusi devono sempre avere nel cuore della Chiesa un posto privilegiato. Molto spesso la comunità par- rocchiale è il primo luogo di incontro umano e personale dei poveri con il volto della Chiesa. Nelle nostre parrocchie vi sono numerosissime persone impegnate in servizi di tutti i tipi, dai più umili ai più visibili; persone che dedicano passione, tempo, risorse per molteplici bisogni. Qualcuno lo fa da una vita e ci si rammarica quando non si vedono “nuove leve” pronte a subentrare nei servizi più diversificati. Il servizio evangelico è altro rispetto al pur prezioso volontariato, è un assumere sulla propria pelle una responsabili- tà; servire è amare ci insegna Gesù alla Lavanda dei piedi, servire è dare la vita. Oltre alla collaborazione occasionale, esistono alcuni incarichi stabili, in base ai quali i fedeli ac- colgono la responsabilità per un certo tempo di un servizio all’interno della comunità parrocchiale. Si può pensare, ad esempio, ai catechisti, ai ministranti, agli educatori che operano in gruppi e associazioni, agli operatori della carità e a quelli che si dedicano ai diversi tipi di consultorio o centro di ascolto, a coloro che visitano i malati. Il tempo dell’emergenza Covid ha visto emergere maggiori e nuove povertà, ma pure nuove risor- se e fantasiose risposte da parte di tanti nella nostra Comunità Pastorale, anche con un dialogo più articolato e serrato con altre realtà sul campo dei bisogni (Caritas, ammini- strazioni comunali e servizi sociali, associazioni sul territorio, progetti diocesani…). Sintesi del confronto il carisma dell’esercizio nel servizio della Nel confronto che ne è seguito in consiglio carità al prossimo. L’idea di dar vita a pro- pastorale, sono emerse la necessità di gettualità profonde che riguardino le strut- un’educazione alla carità e al servizio e di ture, gli spazi e le modalità di svolgimento come sia importante informare e formare dell’attività: si rilevano necessità alimenta- con testimoni che si limitino a far conosce- ri, concrete, ma anche di vicinanza o di re le realtà, ma condividano la vita, i doni e supporto tecnologico. Un problema solle- 8 il faro - maggio/giugno 2021
vato è come raggiungere quanti necessita- siglio pastorale il gruppo di lavoro ha pro- no di un aiuto, ma per vergogna o per po- posto un paio di iniziative. Un momento di ca conoscenza delle realtà presenti non si sintesi con la creazione di opuscoli che riescono a coinvolgere e supportare. Si os- “mappino” le iniziative presenti nella co- serva come le strutture Caritas, empori munità e la creazione di iniziative per la della carità, banco della solidarietà sono promozione e la divulgazione dei servizi assolutamente presenti nella nostra comu- presenti, che siano l’incontro con un testi- nità come risorsa e grazia per tante perso- mone, o piccole attività ed esperienze che ne, ma come la pandemia abbia sollevato attivino la testimonianza e il passaparola la necessità di cooperare con altre agenzie oppure una “giornata del volontario”. ed enti sul territorio. Per la sintesi del con- Il servizio nella carità con Elio Ciao Elio, molti di noi ti hanno visto, al- Cambiago. La mia visione è sicuramente cuni incontrato…parlaci un po' di te e molto parziale e molto legata alla realtà di dell’esperienza che stai svolgendo in Milano. La prima povertà che ho incontra- questo periodo. to è quella relazionale: da alcuni anziani, Mi chiamo Elio Partesana, sono originario che vengono in mensa a mangiare per ave- di Sondalo, un paese della Valtellina noto re un po’ compagnia, fino ai giovani, che soprattutto per il suo sanatorio. Ho spesso faticano a relazionarsi in modo po- quell’età in cui i più giovani ti dicono “hai sitivo e costruttivo al di fuori del loro già tutti quegli anni”, i più anziani ti guar- gruppetto, passando per quelle persone dano e ti mormorano: “sei ancora giova- che non riescono a concepire l’idea di vo- ne”: ho 34 anni. Sto vivendo da qualche lontariato e di gratuità: perché donare il mese un’esperienza di volontariato molto tuo tempo agli altri – ti dicono – se poi il intensa e bella: vado ogni giorno a Milano mondo attorno a te è così cattivo? in corso Concordia, alla mensa dell’Opera Una seconda grande povertà è poi la fatica san Francesco pensata, gestita e animata presente in tante persone tra i 30 e i 50 dai frati Cappuccini. In questa struttura ogni giorno passano circa 1500 persone tra pranzo, cena e servizio docce e guarda- roba. Il nostro impegno come volontari consiste prima di tutto nel rendere umana e accogliente l’opera che dedichiamo agli ospiti: un sorriso, uno scambio di battute, uno sguardo… per far capire loro che ab- biamo di fronte delle persone, degli ospiti, e non degli anonimi utenti di un servizio. Non è sempre così facile e immediato! Nel frattempo, ci sono da svolgere i vari com- piti molto pratici e funzionali: pulizia delle docce o dei tavoli in mensa, controllo delle temperature e delle mascherine, aiuto nel scegliere le taglie dei vestiti, distribuzione del cibo… verificando sempre che le perso- ne si muovano senza intoppi o scontri. Per la tua esperienza, quali son le pover- tà presenti nei nostri territori: economi- che, materiali, culturali, educative…? Premetto che sono in questa realtà da po- chissimo: è da febbraio che frequento la mensa di Opera san Francesco e abito a il faro - maggio/giugno 2021 9
anni di volersi immaginare un futuro. Di Come si può coinvolgere la comunità, i darsi una possibilità. È probabilmente un giovani, nell’esercizio di questa attenzio- discorso culturale e sociale: molti sono ne caritativa nei nostri territori e nelle arrivati dall’Africa e dal sud America con nostre comunità? grandi prospettive e speranze che si sono Il punto fondamentale penso sia quello di infrante poco tempo dopo essere arrivati dare fiducia, di aprire possibilità e propo- in Italia. Trovano così rifugio e vivacchiano ste. Spesso si tende a rimanere sui binari nel loro gruppo sociale e nazionale senza della comodità o dello scontato. I cammini però riuscire a mettersi in gioco realmente che portano alla scoperta e alla valorizza- nella società italiana. Così perdono la spe- zione del servizio caritativo sono tanto ranza di poter lavorare seriamente e di diversi e vari quante sono le persone che li essere riconosciuti degni di far parte della percorrono. Oggi più che mai. La sfida può realtà italiana. Tutto questo deresponsabi- essere quella di dare dignità a questi cam- lizza queste persone: non devo rispondere mini e a queste intuizioni. Provengono dai a nessuno, non ho nulla da poter donare giovani o da persone che non conosciamo: agli altri: mi isolo, mi chiudo e mi spengo. diamo loro fiducia, permettiamo di far Ultima sottolineatura che faccio è quella sentire la loro voce, facciamoli sentire rico- riguardo la povertà materiale: una base nosciuti. Non penso si tratti di pensare economica certa non ti dà sicuramente la tante attività. Dovremmo forse accogliere, felicità, ma ti assicura una stabilità e una valorizzare e accompagnare le varie sensi- serenità di fondo. Quando ho un lavoro bilità e attenzioni dei giovani e dei singoli. stabile ho la giornata occupata e scandita, C’è già tanta ricchezza attorno a noi, che ho un tempo che impiego per costruire forse va solo scoperta e riconosciuta… e qualcosa… e ho dei soldi che mi posso ge- aver fiducia che dall’Amore nasca sempre stire in modo indipendente. È un primo più altro Amore! gradino, fondamentale. Servizio e carità, in cosa farne parte in Quali scenari e prospettive pensi possa qualche modo cambia o ha cambiato il avere il servizio nella carità in questi tuo sguardo sulla vita e sul mondo? tempi? Verso fine marzo ho incontrato un uomo Partendo da quanto ho detto prima, credo abbastanza anziano in mensa. Era triste e il punto più importante sia il riconoscere abbattuto. Non aveva nessuno attorno, i la dignità delle persone. Dignità che signi- parenti lo avevano abbandonato, era da fica potersi riconoscere in un gruppo di poco uscito dal carcere e non sapeva cosa pari. Aver diritto di parola. Avere la possi- fare e dove andare. Ho parlato con lui per bilità di amare e di essere amati. Si tratta un bel momento, una mezz’ora circa: non di mettersi a fianco alle persone bisognose ne voleva sapere di ripartire e di rimettersi non perché devo far loro un favore o devo in cammino. Mi ha raccontato le grandi sentirmi più fortunato rispetto a loro o per svolte della sua vita, come ha vissuto e chissà quali altri motivi. Mi metto a fianco quello che ha fatto. Alla fine, si è rialzato alle persone perché riconosco la loro im- con uno sguardo diverso: non aveva risolto portanza, la loro dignità: vedo la loro sto- nulla, evidentemente, e io non avevo nulla ria, non li appiattisco in uno stereotipo ma per poterlo aiutare, ma il solo mettersi al do loro il giusto valore. È in fondo il terzo suo fianco e ascoltarlo gli ha dato una pro- articolo della nostra Costituzione: tutti spettiva nuova. Penso questo sia il mio hanno pari dignità sociale! Il servizio della guadagno: il solo sentirsi ascoltato ha dato carità credo possa avere anche questa pro- a quest’uomo una prospettiva diversa. Si spettiva: riconosco la dignità di ogni per- tratta di non dare per scontate le tante co- sona che ho fronte: ricca o povera, simpa- se e persone belle che accompagnano le tica o antipatica, brutta o bella non impor- nostre vite: sono loro e non altro il sale ta. Come? Valorizzando la relazione, della vita! C’è qualcuno comunque dispo- creando occasioni di scambio e di recipro- sto a spendere mezz’ora o una giornata cità, aiutando a formare lavorativamente le intera con noi solo perché ci vuole dare il persone e a cercare un lavoro retribuito nostro giusto valore: dobbiamo solo rico- giustamente e dignitoso per tutti. noscerlo e valorizzarlo! 10 il faro - maggio/giugno 2021
Don Renato, il sagrato per sostenere e aiutare U n contributo alla discussione sull’attenzione a quanti in difficoltà in questo periodo di pandemia e quindi un modo di esercitare la carità in una comunità parrocchiale, può essere quanto il nostro don Renato ha fatto nella sua parrocchia di Mede. ll sagrato della chiesa è diventato un dehors: i camerieri vanno e vengono con piatti, bottiglie e bic- chieri rischiando di incrociare il passo dei fedeli. Una soluzione inconsueta ma inevitabi- le: è questo l’unico modo per continuare a lavorare fino a quando non saranno allentate le restrizioni. Il ristorante «Ca’ Schù» di Mede, non ha uno spazio esterno per poter ini- ziare la sua attività a seguito delle restrizioni presenti per le zone gialle. Don Renato ha deciso di fornire gratuitamente ai suoi «vicini di casa» lo spazio davanti alla chiesa di San Giovanni Battista alla Trinità. Così, da qualche giorno, i clienti pranzano e cenano al rit- mo delle campane. Una chiesa centralissima ma secondaria: le messe si svolgono sola- mente nei giorni feriali e cedono il passo, domenica, alla chiesa parrocchiale di San Mar- ziano, la principale a Mede. «Si tratta di una soluzione logica — dice don Renato —. Quan- do alcuni fedeli mi hanno fatto presente il problema di questo ristorante che non poteva lavorare, se non con il take away, ho pensato che non fosse possibile rimanere indifferente. All’inizio, comunque, ero piuttosto scettico. Un sagrato forse non è il luogo idoneo per espe- rienze mondane come mangiare fuori. Poi ho valutato attentamente la situazione. I gestori del ristorante non avrebbero potuto lavorare per tanti altri giorni in più, in attesa che il governo dia il benestare a pranzi e cene all’interno dei locali. Non si può far finta di niente quando si apprende che persone oneste sono in difficoltà, e chiedono aiuto». Questa attenzione per uomini e donne in difficoltà, specie in questo periodo, è servizio e carità. Non eclatante, non richiede sforzi se non attenzione e cu- ra. Forse non è solo la programmazione di grandi iniziative a rendere efficaci le proposte caritative, ma è la quotidiana vicinanza alle difficoltà di quanti con noi condividono il cammino di questa vita. «Il ristorante esiste da tantissimi anni — dice il proprietario del ristoran- te —, ma io l’ho rilevato poco più di do- dici mesi fa. Il tempismo non è stato dei migliori... La cittadinanza ci ha sostenu- ti come poteva nel corso di questo anno, accontentandosi di portare il cibo a ca- sa. Ma è certo che senza l’aiuto di don Renato Passoni sarebbe stato un mag- gio infernale. Altri locali a Mede hanno la fortuna di possedere il proprio de- hors. Saremmo stati penalizzati, privan- do nostro malgrado i clienti del piacere di essere serviti seduti a un tavolo». In- vece, ora, i clienti possono accomodar- si. Grazie anche al passaparola di alcu- ni fedeli perspicaci e alla grande gene- rosità di un prete di provincia. il faro - maggio/giugno 2021
Servizio al prossimo in RSA: ascoltiamo Marco U n esercizio di carità è sempre l’atten- zioni a quanti la sofferenza e la solitu- dine costringe a passare il tempo in strut- la paura (per una malattia pericolosa an- che per noi); il sapere di stare accanto a chi stava morendo (privato anche della vici- ture come le RSA, dove incontriamo Marco, nanza dei propri cari) senza fuggire di 50 anni. Infermiere da 25 anni. Da 16 anni fronte alla morte, all'insuccesso delle tera- lavora nel nucleo Alzheimer nell'hinterland pie”. Proprio il confronto con questa fragi- milanese. Nel raccontarci le emozioni vis- lità ci consente di cogliere la complessità sute in questo anno complesso, Marco sot- dell’essere umano di fronte al dolore e alla tolinea: “All'inizio soprattutto paura, rab- morte e, con esso sottolinea Marco: “La bia, impotenza, scoraggiamento. Poi anche risposta di ogni singolo è diversa, dipende determinazione, senso del dovere/ da tanti fattori. Ma mi sembra che alcuni dedizione, stanchezza. Oggi restano sia la degli ospiti di cui mi occupo abbiano af- stima per ciò che siamo riusciti a fare insie- frontato e vissuto prove terribili conservan- me, sia la speranza di tornare a una vita do un atteggiamento positivo verso la vita e davvero normale. Ma anche un’irritabilità, gli altri, grazie alla consapevolezza profon- un’impazienza, un’intolleranza molto mag- da di essere amati: da Dio, da una persona giori di prima. E la difficoltà a prender son- cara, a volte da noi. Ma altri invece ci sono no e a dormire, ogni sera. E una profonda la rabbia (e quindi reazioni violente), o la avversione nel sentirsi definire eroe”. Non tristezza e la rassegnazione come reazione definiamolo eroe, ma di sicuro in un repar- dominante”. Ecco percepiamo questo acco- to come quello in cui lavora Marco, si deve gliere la sofferenza come un dono solo se percepire il ruolo: quel bisogno di te, della inserita in una logica di amore, di tenerez- tua figura, della tua professionalità. Eppu- za. Sia Dio e la fede, siano uomini e donne re, ecco cosa ci dice Marco: “Il senso di im- che mostrano il volto amorevole e tenero: potenza e in alcuni casi-come questa pan- questa sembra la chiave per accogliere la demia- anche di imprepa- razione, sono il segno di come si sia essere umani e di come sia necessario avere un certo senso della realtà: non esiste l'opera- tore sanitario che sa tutto, che sa tutto sempre e che non sbaglia mai. Ciò che nella nostra equipe di la- voro ha fatto la differen- za (per la salute e per la dignità nostri ospiti) sono stati: la collaborazione (un eccellente operato- re ,da solo ,può fare molto meno che due buoni ope- ratori organizzati) la per- severanza e la disponibili- tà a fare tutto ciò che sa- pevamo e potevamo, an- dando oltre i limiti del puro dovere contrattuale; il coraggio di affrontare 12 il faro - maggio/giugno 2021
sofferenza. “Il desiderio di mantenere il vedi intorno a te affetto, se chi ti aiuta ti dà controllo, almeno su qualche aspetto della dignità e non ti tratta come un oggetto.” propria vita, è normale. Con l'avanzare Ecco nelle parole di Marco forse il senso di degli anni, o con la malattia anche da gio- questo accogliere con fede la debolezza e vani, il controllo si perde. Quando questo la sofferenza, solo in una logica di amore. avviene è sempre molto difficile: ci si arrab- Ecco la paternità tenera testimoniata da bia (perché a me? cosa ho fatto di male? Giuseppe e rivissuta nelle parole di Marco: dov'è il Signore che l'ho pregato così tan- una tenerezza che conferisce dignità, una to?), ci si deprime, ci si intristisce.” prose- tenerezza che consente di accogliere, una gue Marco “A volte si scorge l'umiliazione tenerezza che trasmette amore. Questi so- negli occhi di chi non è arrivato in bagno no i frutti derivanti dalla paterna tenerez- in tempo, a volte la vergogna di spogliarsi za individuati da Marco: “La capacità di davanti a qualcun altro, a volte la tristezza affrontare le difficoltà con il sorriso, senza per non essere più capaci di camminare (e scaricare rabbia, ansia e paura su chi sta magari eri un atleta), o di non riuscire più intorno, vivendo meglio che si può ciò che a ricordare i nomi dei tuoi cari, altre volte la vita ti dà in ogni momento”. Ringrazia- si scorge la rabbia... Forse si può accettare mo Marco per la disponibilità, per la sua la dipendenza, sempre con tanta fatica, se passione e il suo servizio. Educazione e formazione N ella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ec- clesiale. Il kerygma è trinitario. È il fuoco dello Spirito che si dona sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita misericordia del Padre. (Evangelii Gaudium n. 164). L’incontro catechistico è un annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli eloquenti, dell’inseri- mento in un ampio processo di crescita e dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta. (Evangelii Gaudium n. 166). Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capa- cità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere tutti insie- me le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. (Evangelii Gaudium n. 171) Gli itinerari educativi delle nostre parrocchie sono stati al centro dell’attenzione e dell’impegno delle comunità cristiane da sempre e in modalità diverse e ricche. Non si parla solo dell’educazione dei ragazzi, del catechismo che prepara ai sacramenti, anche se questo ambito è indispensabile e tra i più curati da sempre. In questo ambito si consi- derano: cammini per ragazzi, per giovani, per adulti, per anziani, per coppie, per fami- glie; e ancora: formazione per gruppi particolari come i catechisti, gli educatori, gli ani- matori, gli allenatori, operatori della carità e dell’ascolto dei bisogni e delle povertà, mi- nistri straordinari, come pure l’attenzione alla politica e alla partecipazione, all’arte nelle sue molteplici forme, alla cultura. Sintesi del confronto Tutti hanno necessità di avere un ambito Si sottolinea come la necessità di educa- di formazione. Ma soprattutto con i giova- zione e formazione, che è soprattutto ri- ni, si sottolinea come, il riscoprire un tem- volta ai giovani e ai ragazzi, abbia bisogno po e dei luoghi in cui creare relazioni che di uno sguardo e un respiro più ampio. possa portare a camminare insieme, sia il faro - maggio/giugno 2021
un’esigenza evangelizzatrice. Dal confron- cio. Un altro elemento portato alla luce to si evince come il cammino di educazio- durante la discussione è quello di non ne non possa essere quello di un ente ero- chiudere la comunità educante in una sor- gatore che fornisce risposte più o meno ta di autoreferenzialità, ma aprire il tema plausibili, ma l’incontro che susciti dubbi, della formazione e dell’annuncio a tutti domande. Non anestetizzare, ma trovare coloro che a vario titolo sono innestati nel- un luogo dove la domanda sia alimentata. la vita della parrocchia, con uno sguardo Trovare il tempo di stare con i ragazzi, collaborativo e di confronto con le realtà mettendosi in ascolto, uscendo anche dalla presenti sul territorio. Si porta all’attenzio- struttura rigida di una impostazione ne del consiglio pastorale in presenza: “tradizionale”. Sia questo un percorso gio- tracciare i cammini con l’intento di coglie- vanile, o un corso fidanzati, o un gruppo re e condividere le proposte, un’attenzione famiglia. Uno dei punti di discussione è a individuare sinergie con il territorio per stato come rivolgere i cammini ormai en- aprirsi all’ascolto e al confronto in ambito trati nella consuetudine pastorale perché educativo e preparare uno strumento di possano intercettare ampie fasce di perso- raccolta di informazioni, di luoghi ed ne, dove non si fornisca una predicazione, esperienze in ambito educativo, formativo, ma un vero e proprio atteggiamento di evangelizzatore e propositivo. ascolto e educazione, in pratica di annun- Don Stefano, qualche spunto sull’educazione P roponiamo un intervento di don Stefa- no Guidi, responsabile della Federazio- ne Oratori Milanesi dal titolo: “Buone pra- possa essere educatore, ma può esserlo solo nella misura in cui riconosce e stima la presenza dell’altro come una presenza tiche nell'educazione alla fede dei giova- educativa. Nell’incontro con i giovani la ni” (https://www.youtube.com/watch? prima preoccupazione dovrebbe essere v=bUoPqylDlSU). quella dell’ascolto. I giovani hanno biso- “Tutta la comunità è educante: l’oratorio, gno di essere ascoltati. Hanno un mondo la parrocchia…si devono porre in atteggia- dentro, un mondo che vivono, un mondo mento educativo nei confronti dei ragazzi che merita attenzione. Non a caso quello e dei giovani. L’idea forte di comunità edu- dell’ascolto è uno dei bisogni primari per cante è che nessuno può essere educatore tutti, non soltanto dei giovani. Ma spesso da solo, ma soltanto insieme agli altri. sono proprio i giovani che soffrono più Quindi la forza di una comunità è proprio degli altri degli schematismi, delle catego- questa: che ciascuno con la sua specificità, rizzazioni tipiche del nostro tempo. Quin- 14 il faro - maggio/giugno 2021
di si pensa di sapere già chi siano i giova- ni, quali siano i loro bisogni, i loro sogni, le loro aspirazioni, le loro paure. E questo non è completamente vero. E questo è quello che alla fine una comunità può fare e deve fare: l’approccio con i giovani è quello di mettersi in un atteggiamento di ascolto e anche dalla disponibilità di la- sciarsi cambiare da quello che ascoltano. L’oratorio continua ad essere quel cortile aperto, quello spazio aperto dove sempli- cemente ci si incontra per giocare, per con- dividere del tempo, per vivere delle espe- rienze formative, ma dire anche molto quotidiane. In questo senso l’oratorio svi- luppa una capacità formativa ancora oggi. È un contesto dove i ragazzi giocando, in- un’attenzione educativa verso i giovani è contrandosi, stando insieme, posso co- quella di mettersi al loro fianco, è quella di struire delle esperienze educative per loro, superare la paura di vedere un sistema di delle esperienze di fraternità. Credo che i Chiesa che forse si sta compiendo o con- giovani più lontani si intercettino nel vis- cludendo. Il primo atteggiamento non è suto quotidiano, se ci rendiamo conto che quello di chi si pone come docente, ma di la Chiesa è un modo per essere nel mondo, chi si pone come compagno di viaggio. ci rendiamo conto anche che la Chiesa è Condividendo le gioie, le paure, le speran- ovunque. L’esperienza di Chiesa possiamo ze… il grande atteggiamento del Vaticano viverla ovunque, dove viviamo, dove lavo- II per cui la Chiesa vive di fianco alle per- riamo… e li che si incontrano le persone. sone che vivono e quindi senza confini e Gesù stesso ha vissuto il suo ministero tra senza limiti. Quindi il nostro modo di edu- la strada e la casa. Non ha voluto istituzio- care non è tanto quello di consegnare delle nalizzare, non ha volito decifrare un luogo informazioni, di trasmettere un sapere ma particolare. Ma si è messo in gioco lì dove è di camminare accanto, sapendo che il la gente viveva. E questa è la missione an- cammino dell’educazione è un cammino cora oggi. La prima attenzione che una lungo, che accompagna tutta la vita”. parrocchia deve avere se vuole rilanciare Camilla educatrice per riflettere sull’educazione E ducatori, un ruolo importante. Ma si deve trovare le risposte per i ragazzi affidati o intercettare le loro domande? ragazzi nascondono e non sanno nemme- no di avere; quelle domande che ci permet- tono di andare a fondo di ogni esperienza, Credo che il punto non siano le risposte che permettano ai ragazzi di non vivere ma proprio le domande; le risposte alle con superficialità ma di essere protagoni- domande dei ragazzi non possono che tro- sti delle loro vite. Le risposte non sono varle loro stessi, ma il punto non è riuscire immediate e facili da trovare ma credo che a trovare tutte le risposte quanto riuscire a non sia tanto il riuscire ad arrivare a una porsi domande che permettano di andare risposta quanto il lasciarsi interrogare dal- a fondo di quello che viviamo e che aiutino le domande, lasciarci guidare da quelle i ragazzi a delineare la giusta strada per il domande senza la pretesa di trovare subi- loro futuro. Penso che a noi educatori non to una risposta ma con il desiderio di la- sia chiesto di dare risposte ma di riuscire a sciarci smuovere dalle domande che na- tirar fuori quelle domande che spesso i scono. il faro - maggio/giugno 2021
ci di entrare nella loro quotidianità per capire quali siano i loro bisogni, perché solo partendo da quelli saremo capaci di raggiungere davvero i ragazzi. Spesso quei momenti che si rivelano essere più prezio- si per i ragazzi sono quelli più informali in cui hanno occasione di raccontarsi e trova- no qualcuno disposto ad ascoltarli e pren- dersi cura di loro. Quali sono le cose su cui pensi ci sia più da impegnarsi per crescere nel servizio educativo nella nostra comunità? Come educatrice credo che alcune volte forse ci dimentichiamo di ascoltare i ra- gazzi e ci concentriamo di più sul contenu- to che abbiamo pensato di dire o sull’atti- vità che abbiamo pensato. Credo che do- vremmo avere maggiore cura di tutti quei momenti informali che ci permettono di conoscere meglio i ragazzi e costruire una Abbiamo itinerari e percorsi educativi, relazione con loro. strutture e momenti ben delineati. Come Quali consigli daresti a dei giovani o questi intercettano l’esperienza e la quo- adulti che vorrebbero mettersi al servi- tidianità dei ragazzi e dei giovani? zio della comunità per l’educazione dei Ogni percorso che proponiamo ai ragazzi, giovani o delle famiglie o degli adulti …? perché abbia un senso, deve partire pro- Non credo di essere capace di dare grandi prio dalle esperienze e dalle quotidianità consigli se non quello di essere pronti a dei ragazzi che abbiamo davanti; anche mettersi in ascolto per essere capaci di l’incontro meglio pensato se non parte da costruire una relazione con chi si ha da- quello che vivono i ragazzi alla fine non vanti perché solo attraverso di essa che si servirà a nulla. Quello che ci è chiesto co- può parlare di educazione… solo attraver- me educatori è innanzitutto quello di stare so di essa siamo capaci di lasciare qualco- con i ragazzi, di ascoltarli e di essere capa- sa agli altri e di aiutarli a crescere. Liturgia e celebrazione L ’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidia- na di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi EG n. 24. In alcuni si nota una cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, ma senza che li preoccupi il reale inserimento del Vangelo nel Popolo di Dio e nei bisogni concreti della storia. In tal modo la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi. EG n. 95 Le cele- brazioni liturgiche sono uno dei segni più visibili della vita della comunità cristiana, spesso sono il primo volto di Chiesa incontra che chi si avvicina alla comunità. Le sante messe domenicali sono normalmente l’esperienza che vede il maggior numero di pre- senze (consapevoli che probabilmente frequentava la messa meno del 10% dei residenti delle nostre parrocchie prima dell’emergenza Covid). Nel recente periodo di emergenza sanitaria abbiamo scoperto anche nuove modalità e attenzioni nel vivere la Liturgia, non solo eucaristica: la trasmissione online delle messe, la preghiera delle ore, adorazioni, rosario in videoconferenza; abbiamo istituito il servizio di accoglienza all’ingresso delle 16 il faro - maggio/giugno 2021
chiese nei giorni festivi, che ha assunto una valenza ben oltre la gestione del flusso ordi- nato delle persone; ci si è ingegnati molto di più per animare le celebrazioni curando l’accompagnamento con il canto a tutte le messe, il servizio liturgico, ecc. Sintesi del confronto una certa conoscenza. Si ribadisce il senso Nel confronto si ribadisce il carattere di una ministerialità che coinvolga anche estremamente importante della liturgia la celebrazione eucaristica domenicale: sia nella vita comunitaria. L’attenzione per il laico che si assume responsabilità, sia il atteggiamenti, cura dei canti, coinvolgi- clero chiamato a lasciare spazio. Una sot- mento di tutta nel vivere insieme la messa tolineatura è stata fatta sul cercare di con- ad esempio. La cura dei lettori, dei canti, siderare la liturgia come un’esperienza di della partecipazione dei bambini e degli ciò che viviamo nel quotidiano: ripartire da adulti. L’inclusività dei gruppi con una semplici attenzioni e coinvolgimento delle condivisione e una formazione sfruttando persone perché i momenti liturgici siano anche i social di cui abbiamo tutti ormai innestati nella vita delle persone. La siner- gia tra le persone chiamate a vivere la liturgia, più che ad assistervi. Un atteggiamento di cui si è sottolineato una importanza particolarità è quella di creare una omoge- neità, non un’omologazione delle iniziative e degli atteg- giamenti liturgici nella comu- nità pastorale. Si porta all’at- tenzione del consiglio pasto- rale in presenza la necessità di avere sempre più spesso momenti di formazione e di confronto tra tutta la comu- nità pastorale. Don Enzo tra i 20 anni a Gessate e la liturgia Don Enzo, ormai da venti anni a Gessate, prima come parroco, ed ora come sacerdote della diaconia nella nostra Comunità Pastorale. Una vita spesa a servizio della Chiesa e alla sequela del Signore Gesù, affidandosi sempre a Maria, Madre della provvidenza. Una breve chiacchierata sull’essere prete, uomo di fede e sulla liturgia. Un ringraziamento per il suo ministero e per l’opera che ogni giorno compie in mezzo a noi. Venti anni a Gessate, sicuramente un bel quelle economiche. Ma senza tali investi- traguardo! Ma ci saranno stati momenti menti, alcuni luoghi sarebbero ormai chiu- difficili, qual è il segreto per superarli? si da parecchio tempo. Venivo da Pantiglia- Ci sono stati sicuramente momenti diffici- te dove ho trascorso gli anni più belli della li. Sono stati momenti di confronto con i mia vita dal punto di vista sacerdotale: mi laici per le varie iniziative da intraprende- sentivo come missionario. La vita non era re. Appena arrivato a Gessate, ho dovuto facile e non potevo molto sognare in ter- affrontare spese per la canonica, il cinema, mini di opere e cose da fare. Vivendo l’oratorio. Ci sono state molte difficoltà all’ombra del santuario Madonna Madre sulle scelte delle opere da realizzare e su della Divina Provvidenza mi sono affidato il faro - maggio/giugno 2021
a Lei e posso dire come Renzo il protago- Per quanto riguarda l’Eucarestia abbiamo nista del romanzo dei Promessi Sposi, al cercato di solennizzare soprattutto i mo- termine delle sue peripezie: “Là c’è la Prov- menti importanti dell’anno liturgico, le videnza.” Nei vent’anni trascorsi in Panti- feste, le domeniche, le solennità, i Santi gliate ho avuto la collaborazione di cinque Patroni, Natale, Pasqua e Pentecoste. Cu- coadiutori. Nei quindici anni a Gessate, ne rando i vari aspetti e momenti della litur- ho avuti due: Don Stefano e don Riccardo. gia, perché non è solo il sacerdote, ma è Direi una bugia se dicessi che tutto è anda- una comunità che celebra. Quindi coinvol- to liscio come l’olio. Certo mi sento di dire gere tutta la comunità nelle celebrazioni, di averli amati. Anche per un prete c’è la nei canti, nella preghiera… tribolazione: inutile star qui a nascondere. Come si riesce a coinvolgere i laici, i fe- Alcuni problemi che non sempre si posso- deli, adulti e giovani, a partecipare ai vari no risolvere elegantemente. Ma ciò che im- momenti della liturgia? porta è il non staccare mai il cordone om- Ebbene, non è sempre facile. Una via da belicale con il Signore, mantenere sempre seguire è coinvolgere le persone nella let- questo contatto con Lui, tutti i giorni e non tura e nella partecipazione con il canto, un giorno sì e uno no. che se ben curati, rendono la liturgia coin- Quale è il segreto per farsi voler bene volgente. Il servizio dei cantori ha sicura- dalla comunità? mente sempre aiutato questa partecipazio- Compiere con amore, entusiasmo e tanta ne. La corale Santi Pietro e Paolo a Gessate, fede la propria missione. Per un prete la ad esempio, è sempre presente nelle solen- missione è quella di mettere al primo po- nità. Ma poi anche nella messa delle 10:30 sto la preghiera, la celebrazione eucaristi- a Gessate, tutte le domeniche, c’è il coro ca e i sacramenti. Ma soprattutto la pre- dei ragazzi. Nelle parrocchie di Bellinzago ghiera personale. Stare in Chiesa a pregare. La gen- te deve vederti in Chiesa a pregare, perché soprat- tutto sei prete per que- sto. Poi, dopo andare a trovarli, le persone, nelle famiglie, consolarle e soprattutto portare la comunione agli ammalati e agli anziani e in ogni situazione portare la lu- ce e il conforto del Si- gnore. In questi anni a Gessate, come si è occupato de- gli aspetti della liturgia? Una delle priorità che mi sono dato venti anni fa, appena arrivato a Gessa- te, è stato appunto quel- lo di curare la liturgia: nell’Eucarestia nei sacra- menti, nei battesimi…. perché la liturgia non è un insieme di cose este- riori inutili, ma il conte- nuto e la finalità della liturgia è di entrare in sintonia con il Signore. 18 il faro - maggio/giugno 2021
e Cambiago ci sono due corali che solen- circa tre messe ogni domenica. Ma non mi nizzano le celebrazioni. Poi in tutta la co- è mai pesato, anzi ti dico la verità, alcune munità ci sono delle persone preparate e volte le messe serali erano quelle che mi qualificate che fanno la voce guida: leggo- entusiasmavano di più. Quando un prete si no bene, con calma, cantano, animano le prepara per celebrare una messa, sente celebrazioni. Questo è un altro servizio che va a fare qualcosa di straordinario. tanto importante che rende la liturgia effi- Non va a fare l’attore ma va a rivivere, per- cace e bella. ché la liturgia significa ricordare e rivivere. Se dovesse dare un consiglio, a un giova- Rivivere quanto Gesù ha fatto, il sacrificio ne o un adulto, su come partecipare bene in croce e la sua presenza in mezzo a noi. alla liturgia cosa gli direbbe? Dico sinceramente, anche adesso che la Il consiglio è quello di prepararsi alla cele- stanchezza fisica, specie di sera si sente, brazione. Prepararsi: leggere le letture, il quando mi metto a celebrare mi riempio Vangelo, le orazioni… predisponendo così sempre di entusiasmo, non dico come lo Spirito… sapendo che la liturgia è qual- quello giovanile ma quasi. Non vai a fare cosa di vivo. E poi quando si partecipa, teatro, vai a celebrare con il Signore, e non aprire la mente e il cuore allo Spirito San- puoi non avere l’entusiasmo di farlo. to, nei vari momenti, ascoltando le varie Cosa direbbe ai giovani, quale consiglio, parole. Apertura massima, perché il Signo- quale suggerimento sul perché sia bello re, proprio in quei momenti, si rende pre- credere? sente, guida i nostri desideri ad essere gli Non bisogna aver paura di dire al Signore: stessi Suoi. Sarà una parola, sarà un ge- “Ho bisogno di Te, mi metto nelle tue ma- sto… ma partecipare con il cuore. Poi la- ni, ti prego”. Se uno non si mette nelle ma- sciarsi provocare dalla solennità dei gesti, ni del Signore difficilmente supera le diffi- dalla presenza dei sacerdoti, da quella del coltà della vita. Questo vale per tutti. La Vescovo… tutti i gesti, se abbiamo il cuore vita non è facile! Se uno pensa nel corso aperto, aiutano a entrare nella solennità della propria vita di sentirsi capace di tut- della liturgia. to, presto o tardi cade per le debolezze e Una curiosità: come fate voi sacerdoti, le difficoltà. La vita è una lotta continua che dite anche tre messe di fila, a mante- tra bene e male che è sempre presente in nere vivo l’entusiasmo e la liturgia ogni ogni persona. Quindi bisogna capire che volta? da soli non ce la facciamo. Che abbiamo Beh, io posso dire che a 83 anni inizia a bisogno del Signore, di metterci lì e dire: sentirsi la fatica fisica. Ma anche a Panti- “Eccomi Signore, prendimi per quel che gliate prima di venire a Gessate, dicevo sono e fai di me quello che vuoi Tu.”. Intervista doppia a Giuseppe e Giacomo Un’intervista doppia a due figure il cui servizio spesso è dato per scontato e forse poco enfatizzato. Un servizio semplice, quotidiano, continuo e bello. Un ruolo, il sacrista, im- portante, impegnativo e guardando la passione con cui viene svolto da Giacomo e Giu- seppe, anche molto bello. Un servizio che è fondamentale per il pieno e bello svolgimen- to della liturgia nella nostra parrocchia. Nome? Quale periodo dell’anno liturgico è quello A: Giuseppe che ti fa lavorare di più? B: Giacomo A: Quaresima e Pasqua Da quanti anni svolgi il servizio di sacre- B: Quaresima e Pasqua stano? Quale il periodo dell’anno liturgico che ti A: Quarantaquattro piace di più? B: Quattordici A: Quaresima il faro - maggio/giugno 2021
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