RECENSIONE - REVIEW - REVIEW Praetorius I. (2019). L'economia è cura ...

Pagina creata da Davide Maggi
 
CONTINUA A LEGGERE
MeTis. Mondi educativi. Temi, indagini, suggestioni              9(1) 2019, 715-720
ISSN: 2240 9580

                         RECENSIONE - REVIEW

    Praetorius I. (2019). L’economia è cura. Una vita buona per tutti:
      dall’economia delle merci alla società dei bisogni e delle relazioni.
                         Milano: Altraeconomia.
                            di Carolina Maestro

     Nella mia terra di adozione, la Svizzera, esiste dal dicembre 2015 una orga-
nizzazione che porta lo stesso nome di questo saggio: Wirtschaft ist care
(L’economia è cura). Un gruppo di donne ha deciso spontaneamente di mettersi in-
sieme per dare una forma politico-culturale all’idea che è necessario un cambio di pa-
radigma nel pensiero e nella pratica economica. Da allora siamo attive in molte dire-
zioni. Abbiamo stabilito contatti con dipartimenti e facoltà di economia. Chiediamo
e pretendiamo risposte (p. 7).
     Inizia così “L’economia è cura” di Ina Praetorius che, nella nota
all’edizione italiana, si affretta ad avvisarci che il 5 settembre del
2020, si terrà il Settimo Sinodo delle Donne Svizzere sul tema
omonimo al titolo del libro, a ribadire la natura fattuale del mo-
vimento che prevede la partecipazione e il riconoscimento per
ognuno, uomo o donna che sia.
     «Un individuo sciolto da ogni responsabilità, da ogni vincolo
morale o etico, onnipotente, ignaro del valore costitutivo delle re-
lazioni, non esiste» è quanto afferma, con vigore, Luisa Cavaliere
nella prefazione per cui, continua:

     La reciprocità e la dipendenza consapevole dell’altro/a sono
l’antidoto più sovversivo all’individualismo, alla beneficenza e alla gra-
tuità. […] senza l’altro non posso conoscere la mia umanità, il senso
profondo del mio stare al mondo (pp. 9-11).

    Ina Praetorius, teologa ed economista svizzera, è impegnata
nella “Care Revolution” con la convinzione che il concetto di “cu-
ra” non può considerarsi slegato dai sistemi e dai processi eco-
nomici e sociali, il cui primo obiettivo dovrebbe essere il soddi-
Praetorius I. (2019). L’economia è cura                             716

sfacimento dei bisogni di tutti, di uomini e donne, abitanti lo stes-
so pianeta, nel presente e nel futuro.
     “L’economia è cura”, apparso nell’edizione di “Altraeconomia”
nell’aprile 2019, dopo tre anni dalla prima uscita in italiano, arric-
chito di nuovi contributi, non è “un libro sulla cura”, ci avverte,
nelle prime righe della presentazione, Adriana Maestro, curatrice
e traduttrice, dal tedesco, dell’opera, «o meglio occorre capire in
che senso lo è. Certamente non è un libro sull’economia della cu-
ra» (p. 13). In questo saggio non viene ribadita la necessità, peral-
tro molto adusa negli ambienti femministi, a partire dagli anni
Settanta del secolo scorso, di riscoprire e riconoscere la sfera dei
lavori preposti all’accudimento (cura e assistenza a bambini, an-
ziani, infermi, malati, disabili; retribuita in forma pubblica o priva-
ta, o di natura familiare elargita in ambiente domestico). La pro-
posta di Praetorius è di far sì che la cura abdichi al settore specifi-
co dell’economia nella quale è stata collocata o, piuttosto, relegata
− percorsa, peraltro, per decenni, da un incessante telos per il ri-
conoscimento delle attività alle quali è preposta − ma che diventi,
piuttosto, essa stessa, “l’oggetto precipuo dell’economia” favo-
rendo e assurgendo a un radicale, ontologico, dirompente cambio
di paradigma per il quale: l’economia è cura. «È questa la miccia
sotto la sedia che crea scompiglio e reazione» (p. 14) ribadisce,
netta, Adriana Maestro.
     Va inoltre esplicitato che il concetto di cura è qui da intender-
si “esploso” nella sua accezione più ampia di cura globale per il
mondo, agita attraverso profonde trasformazioni culturali e con-
crete pratiche politiche ed economiche di orientamento, non co-
me dimensione esclusiva di accudimento altrui, alla perenne ricer-
ca di riconoscimento e di attribuzione di un valore economico, so-
ciale ma, di fatto, il più delle volte, considerata espressione rivendi-
cativa di una nicchia ristretta di persone operanti in questi settori.
     La cura è l’attenzione a preservare il valore intrinseco e reci-
proco della vita dei vari esseri viventi, promuovendo relazioni
armoniose, giuste, reciproche, nel rapporto con il presente e verso
il futuro. In questo senso l’ecologia può permettere all’economia
di farla ritornare alla missione, al senso per cui nasce: «[…] quello
Praetorius I. (2019). L’economia è cura                                  717

di rispondere al bisogno umano di preservare la vita e la sua quali-
tà, promuovendo la giustizia negli equilibri sociali e nel rapporto
con il mondo vivente» (p. 116).
    L’autrice non è alla ricerca di “un’altra economia” ma, come
esplicita limpidamente Roberto Mancini nella postfazione,

    […] ci sta richiamando a vedere il senso umano di stare al mondo.
È la via che porta a non fondare più la società sul potere: una svolta
profondissima, che invita a vivere l’esistenza e la storia senza più cadere
nella complicità con logiche e pratiche di morte (p. 116).

     Nella prima parte del libro l’autrice affronta la questione della
dicotomizzazione dell’umanità analizzando, attraverso una rifles-
sione diacronica, dalla Grecia classica al pensiero contemporaneo,
il dualismo essere umano-natura e il necessario, urgente, bisogno
di lavorarne allo smantellamento, al fine di garantire «uno svilup-
po sostenibile della convivenza umana nel fragile cosmo» (p. 27).
Nel mondo antico il termine “umano”, soprattutto nell’ambito
familiare privato, non si estendeva a tutti gli appartenenti al gene-
re umano bensì era da riferirsi in maniera precipua agli «uomini
bianchi, colti, possidenti, indigeni che si lasciavano accudire da
mogli, schiave, schiavi, domestici, domestiche, servi, balie, madri» (p. 28).
     Resta dunque da individuare il quando e il dove, ossia il mo-
mento e il luogo in cui si è posta in essere la differenziazione ma-
schile/superiore e femminile/inferiore che l’autrice, consapevole
della complessa e controversa questione, rimanda a una ulteriore
traccia di investigazione, tenendo per buone, momentaneamente,
solo alcune delle domande che essa sollecita e comporta. È esisti-
ta effettivamente, intesa come esplicitazione di volontà di acca-
parramento di forze economiche, produttive e generatrici, la pra-
tica del ratto delle donne? È esistita una società matriarcale ante-
cedente a quella patriarcale che l’ha, dunque, spazzata via? È esi-
stita un’iniziale «invidia dell’utero» (p. 29), soppiantata, poi, da
una sopravvalutazione del ruolo riproduttivo maschile anche a
causa della definitiva e graduale conoscenza della funzione gene-
ratrice del seme maschile, misconosciuta fino al periodo ellenisti-
Praetorius I. (2019). L’economia è cura                          718

co? Oppure trattasi di fattori che hanno concorso insieme, se-
condo l’approccio della “intersezionalità”?
     Tale dualizzazione permane, sostanzialmente, fino agli anni
Settanta del secolo scorso, corroborandosi ulteriormente dei
dogmi delle tre religioni monoteiste e schivando, pressoché in-
denne, i parziali tentativi illuministici di ristabilire un principio
generale dell’inalienabilità della dignità umana, assecondando an-
che il tema biblico della somiglianza di tutti gli esseri umani con
Dio. Il mancato superamento di questa dicotomizzazione, tangi-
bile, nella teoria liberista di Adam Smith, nell’assenza di citazioni
dei lavori extra “manifatture”, quale quello delle donne e di popo-
li colonizzati, genera distorsioni e produce fraintendimenti che si
riflettono nella elaborazione della teoria economica moderna.
Ugualmente il materialismo storico, nella persona di Marx ed En-
gels, continua a escludere le prestazioni economiche di ambito
domestico non rientrando, queste, nella categoria del lavoro indu-
striale sul quale concentrano la loro attenzione.
     “Soltanto” circa due secoli e mezzo dopo, nel 1979, con
l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite della “Convenzione per la rimozione di tutte le forme di
discriminazione contro le donne” (entrata in vigore il 3 dicembre
1981), vengono riconosciuti i diritti delle donne come diritti uma-
ni e, a seguire, ci sono state, nel mondo, molte altre conferenze
sulle donne. Parimenti sono nati nuovi ambiti scientifici di ricerca
e di metodologia come quello, già citato, della “intersezionalità”:
da studi di genere a etica ed economia della cura così come asso-
ciazioni di studiose e ricercatrici, locali o mondiali.
     Nel 2009 Elinor Ostrom è stata la prima donna ad aver rice-
vuto un premio Nobel per l’economia, per la sua ricerca sull’uso
collettivo dei beni comuni, e, nel marzo 2014, a Berlino, prende
forma il movimento collettivo della “care revolution”, ad opera della
statunitense Riane Eisler, che si concretizza in un convegno dal
titolo: “Una vita buona per tutti/e, in tutto il mondo” così come
il motto/scopo del movimento. Ulteriore segnale positivo di av-
venuto superamento dell’ordine dicotomico potrebbe ravvisarsi
nell’elezione di una donna come prima ministra e cancelliera tede-
Praetorius I. (2019). L’economia è cura                           719

sca e di Barack Obama, afroamericano, come presidente di colore
negli Stati Uniti. È piuttosto un segno di speranza che si ravvisa e
che esula dalla presa di coscienza di attribuzione di indubbia ca-
pacità di orientamento politico da parte di donne o uomini di co-
lore ma è indicativo, invece, del germe della potenzialità che reca
e ne deriva che «[…] si sprigiona attraverso la frattura dell’ordine
simbolico dicotomico e delle sue corrispondenti attribuzioni».
     La domanda di senso circa cosa significhi abitare la stessa ter-
ra e desiderare “una vita buona per tutti/e” si fa, dunque, pubbli-
ca, politica, individuando nell’ecologia il motore trainante capace
di ricollocare l’economia e di restituirla al suo scopo specifico.
Non a caso “economia” ed “ecologia” fanno riferimento alla me-
desima radice etimologica di “oikos”: casa.
     Tuttavia, a questa confusione post-dualistica, si oppongono,
ovviamente, corporazioni politiche, economiche, culturali e media
che resistono, forzosamente, al cambiamento riproponendo e rin-
saldando le consolidate dicotomie o creandone delle nuove, uni-
tamente a nuovi stereotipi da assumere. Le uniche, schematizzate,
tre strategie possibili, spesso praticate in molteplici forme che si
accavallano, per contrastare tali «conglomerati di dicotomie» (p.
60) possono consistere in: il capovolgimento, l’integrazione, il ri-
fiuto che, isolate, hanno una portata limitata, e forse fine a se
stessa ma, se inscritte in una generale ottica di decostruzione
dell’ordine dicotomico, riguadagnano in pertinenza, profondità ed
efficacia. Esse, spesso, si palesano in forme molteplici, nondime-
no accavallate, ragion per cui, l’autrice, nel secondo capitolo, ne
passa in rassegna solo alcune, ben consapevole che la risposta al
collasso dicotomico non risiede in una rinuncia nichilistica ma
piuttosto nella laboriosa, pacifica costruzione di un nuovo para-
digma che essa individua nel passaggio da una condizione di caos
(Durcheinander) a quella di reciprocità (durch ein Ander).
     È necessaria una trasformazione post-patriarcale, anche e so-
prattutto attribuendo valore, e non necessariamente quello quan-
tificabile in denaro, alle attività finalizzate al soddisfacimento dei
bisogni primari che producono gratificazione delle relazioni in es-
so implicate.
Praetorius I. (2019). L’economia è cura                           720

     L’economia dovrebbe riassestarsi in questa direzione e inclu-
dere, nei suoi concetti di scambio, quello di cura, e riorganizzarsi,
insieme alla politica e alle pratiche di vita, in una dimensione vec-
chia e nuova, aprendosi anche a dimensione di rete. Parimenti
dovrebbe contemplare e, anzi, considerare, come centrali e indi-
spensabili, tutti i cosiddetti lavori “sporchi” ossia collegati allo
smaltimento di escrementi e rifiuti, intesi anche come cadaveri a-
nimali e umani. Per ribadirne l’assoluta centralità e necessarietà
l’autrice ricorda le immediate, e rovinose, conseguenze che pos-
sono derivare da una sospensione dei servizi di nettezza urbana
oppure da uno sciopero indetto da contadini o donne (cita la data
del 14 giugno, 1991, in Svizzera).
     Le pratiche alternative di esperimenti socio-economici, le co-
siddette “penisole contro la corrente”, secondo la definizione di
Habermann (p. 91), quali, ad esempio, le librerie pubbliche, i ne-
gozi con distribuzione di prodotti gratis, le mense pubbliche, etc.,
significano, per Praetorius, un tentativo di realizzare qualcosa che,
seppure non rappresenterà l’alternativa perfetta, diventerà co-
munque concime per processi di trasformazioni individuali che
l’autrice, a differenza di Habermann, contempla e include nelle
“penisole”, e che si compiranno, in una forma comune sostenibi-
le, solo in un ulteriore, secondo progetto, nel quale ogni dicoto-
mia sarà forse finalmente superata.
     Occorre, pertanto, decostruire, ricostruire, creare un lessico di
parole nuove, un immaginario di nuovi simboli e sperimentare
nuove pratiche. E, tutto questo, citando Maestro: «Può essere
un’impresa entusiasmante» (p. 21).
Puoi anche leggere