Liceo scientifico G.B. Grassi

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EDITORIALE
    INDICE
                                 L’inizio dell’anno scolastico porta sempre con sé
                                 un complesso di idee, trasformazioni, eventi, unita-
                                 mente a dubbi passati ancora irrisolti e speranze e
                                 ambizioni per l’anno a venire.
                                 Per alcuni, che percorrono i corridoi del nostro Li-
                                 ceo da parecchio tempo, l’inizio dell’anno scolastico
                                 rappresenta la fine di un percorso, un “traguardo
                                 personale”; per altri, che in quegli stessi corridoi,
     Diumvirato                  tra quelle stesse aule, hanno appena imparato a
               pag.5             camminare, è solo l’inizio, e la strada da percorrere
                                 è ancora lunga. Io sono uno di quelli che cammina-
                                 no da tanto.
                                 Gli spazi, i momenti e le occasioni per discutere di
                                 Noi Studenti sono sempre meno.
                                 Noi della Redazione “La Zanzara”, sempre e inevita-
                                 bilmente fedeli a quello stile “pungente” che da anni
                                 caratterizza il nostro essere giornalisti, abbiamo
                                 pensato e deciso di analizzare il Nostro inizio pren-
                                 dendo le mosse – come dice lo stesso titolo - dall’e-
                                 vento senza alcun dubbio più “scottante” e atteso
                                 del’anno fra gli Studenti del nostro Liceo: quello
                                 delle elezioni dei rappresentanti del Consiglio d’I-
     Il nuovo esame              stituto, oramai tradizione di un Grassi che non può
                pag.14           farne a meno durante l’anno scolastico.
                                 E via attraverso programmi elettorali, risultati e
                                 interviste ai neoeletti, fino ad arrivare alla novità
                                 nell’ambito della scuola, quella della riforma degli
                                 Esami di Stato. Un excursus attraverso le ultime ten-
                                 denze diffuse fra i giovani, dalla musica ai mass me-
                                 dia, senza mai dimenticare la Nostra proverbiale at-
                                 tenzione alla situazione nazionale e internazionale,
                                 al mondo che ci circonda, fuori dal nostro Istituto.
                                 Un numero che ponga l’attenzione sui giovani e, in
                                 particolare, su di Noi, affinché durante questo nuo-
     Che tipo di musica si sta   vo anno possiamo davvero riscoprire il nostro es-
                                 sere Studenti, menti attive, fiaccole da accendere,
     affermando?                 membri “vivi” di una comunità più grande: il No-
               pag.18            stro Liceo.
                                                                     Lorenzo Favaro

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SESSANTOTTINI E TELETUBBIES

Da dove nascono i rivoluzionari?
Nel 1968, quindi esattamente cinquant’anni fa, una grande rivoluzione sociale e culturale era in atto.
I giovani studenti liceali e universitari stavano cambiando il modo di vedere il mondo, di approcciare
la vita e la politica, portando in quello che era un mondo in cambiamento, il cambiamento anche della
mentalità delle persone che abitavano quel mondo. Nuove scoperte tecnologiche, la contrapposizione
del blocco Occidentale a quello Orientale, la nascita di nuovi generi musicali, l’avvento del fumetto come
arte popolare, il miglioramento della qualità della vita e soprattutto l’ampia consapevolezza che la per-
sona comune stava guadagnando grazie all’avvento di giornali e televisioni in contrapposizione al mon-
do rurale e contadino di soli 30/40 anni prima rendevano l’ambiente sociale pre-sessantottino molto
controverso. Il gap generazionale tra genitori e figli non era mai stato così imponente. Nella stessa casa
vivevano un padre operaio, analfabeta, che aveva combattuto la Seconda Guerra Mondiale, e che vedeva
il mondo al di fuori della sua piccola realtà con diffidenza e un figlio che magari frequentava l’Università
con la voglia di vedere cosa ci fosse fuori dalla sua città, di scoprire cose nuove, a cui il Mondo Piccolo
del padre stava stretto.
Soffermiamoci per un attimo su questi due personaggi, così diversi ma comunque molto legati fra loro.
Il padre è nato nel 1920, i suoi genitori erano dei contadini a mezzadria che avevano difficoltà a nutrire
lui e i suoi numerosissimi fratelli, alcuni dei quali morti in guerra. A 20 anni viene chiamato al fronte
e combatte la guerra d’Africa contro gli inglesi. Tornato a casa sposa una ragazza del paese, scelta dai
genitori, e si spostano a vivere in città. Qui nasce, nel 1946, il loro primo figlio, il protagonista di questa
storia.
Questo giovane figlio di operai cresce in una città di una ancor più giovane Repubblica Italiana, spaccata
dallo scontro tra Comunisti e Democristiani. Cresce, si istruisce nelle scuole che sono diventate da poco
accessibili anche a persone come lui e inizia a maturare il desiderio di non vivere una vita come quella
del padre, ma sogna di guadagnare conoscenze e competenze, sogna di evadere da quella grigia periferia
dove suo padre ha preso casa, in mezzo a mille altri operai come lui. Gli sforzi dei genitori lo portano
all’Università, dove entra in contatto con altri ragazzi come lui, si avvicina sempre di più alla politica, ed
inizia a capire che il mondo in cui vive è colmo di ingiustizie.
Si ricorda dei racconti di guerra del padre, di quelli del nonno, e capisce che adesso è arrivato anche per
lui il momento di combattere. Eppure non c’è nessuna guerra come quella del padre o del nonno. Non c’è
alcun Austriaco da cui proteggere i confini, non c’è nessun Re che inciti alla difesa della patria.
No, adesso c’è qualcos’altro per cui combattere. Adesso c’è la rabbia. La rabbia verso il proprietario della
fabbrica in cui lavora il padre, che possiede una villa gigantesca mentre i suoi operai vivono ammassati
in palazzi dove c’è un bagno ogni cinque appartamenti. C’è la rabbia verso il Rettore Magnifico dell’U-
niversità, che ha un occhio di riguardo verso gli studenti più benestanti. C’è la rabbia verso il sistema,
verso quel qualcosa di non detto che fa andare suo padre in bicicletta mentre il suo capo si sposta in
Mercedes.
Tutta questa rabbia si sfoga anche verso lo stesso padre, taciturno firmatario di questo accordo non
detto.
Tutta questa rabbia finisce all’interno di manifestazioni contro la guerra in Vietnam, contro il classismo
delle scuole, contro la borghesia, contro l’ordine costituito che a questi giovani di città non andava più
bene.
Tutta questa rabbia produce una grande rivoluzione culturale che cambia le prospettive al loro mondo,
che adesso non è più un Mondo Piccolo, ma un Mondo Grande con Coca Cola e film di Hollywood.
Senza soffermarci troppo andiamo avanti di circa trent’anni. Arriviamo al 1998.
Il mondo è cambiato. Le persone sono cambiate, e il nostro giovane rivoluzionario figlio di operai adesso
è cambiato anche lui. Ha 52 anni e il suo primo nipotino sta nascendo adesso.
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Il suo nipotino invece guarda i Teletubbies.
Belli i Teletubbies vero? Colorati, morbidi, simpatici e sorridenti.
Andati in onda dal 1997 al 2001 i Teletubbies hanno formato una generazione intera e hanno insegnato
ai bambini importanti valori quali la condivisione e la gentilezza. Decisamente adatti ad un bambino
che vive in una casa di medie dimensioni, con una condizione sociale mediamente accettabile e che,
diversamente da suo nonno non cresce per strada facendo a botte con i propri coetanei, ma viene ac-
compagnato in auto ogni mattina alla scuola elementare dove la maestra non sogna nemmeno di dargli
bacchettate sulle dita
Questo giovane a cavallo fra la generazione Millennial e la Generation Z è cresciuto in una condizione
accettabile e per questo non ha alcuna intenzione di sovvertire un sistema che, nel bene o nel male, gli
ha sempre dato di che sopravvivere in modo più o meno dignitoso.
Poi questo bambino cresce, arriva anche lui all’Università, al Politecnico di Milano per la precisione.
Porta la barba rifinita, ascolta musica Indie, è un Hipster.
Pacifico e tranquillo, non sogna nemmeno di agitarsi come suo nonno.
Si interessa di politica, ma non troppo. Vota +Europa.
E quando mentre si trova a lezione il tetto dell’aula del Politecnico crolla sotto la pioggia il nostro Hip-
ster non si stupisce. Perché è cresciuto con i Teletubbies. Lo scontro gli fa paura, sua madre gli ha inse-
gnato ad essere gentile e tranquillo, senza mai mettere in discussione nulla.
Il requisito fondamentale per la guerra non sono né i fucili né il coraggio dei combattenti, ma la ferma
convinzione di non avere nulla da perdere.
Nel 1968, quindi esattamente cinquant’anni fa, una grande rivoluzione sociale e culturale era in atto.
Ma adesso, a mezzo secolo di distanza, una nuova rivoluzione è possibile?
Questa generazione Teletubbies ha già dimostrato di essere diversa da coloro che l’hanno preceduta,
avendo una moralità più sensibile all’uguaglianza e all’integrazione; ma saremo noi cresciuti ad omoge-
neizzati e Teletubbies capaci di cambiare il mondo come fecero i nostri nonni?
Il mondo che hanno creato è quello in cui poi siamo cresciuti noi, ma è davvero così perfetto da non
richiedere altre lotte?
E soprattutto, noi generazione Teletubbies sentiremmo realmente il bisogno di combattere se questo
mondo lo richiedesse?
                                                                                  Michelangelo De Nardis

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DIUMVIRATO
Lo aveva detto Di Maio questa estate: in autunno si gioca la credibilità dell’Italia a livello europeo. Que-
sta affermazione si è rivelata profetica. Nel momento in cui il Governo, dopo continue vicissitudini e
polemiche degli scorsi mesi, ha presentato all’Europa il DEF (Documento di Economia e Finanzia), si è
ritrovato solo. La bocciatura della manovra è stata già preannunciata dalle opposizioni in parlamento
settimane orsono. Sia Forza Italia che il PD si sono scagliate contro la proposta dei giallo verdi, soste-
nendo l’impossibilità dell’attuazione dei maggiori punti della finanziaria: reddito e pensione di citta-
dinanza, aumento(?) del deficit al 2,4%, condono edilizio e altre misure mirate alla diminuzione delle
imposte. Lo stesso governo è rimasto per giorni immobilizzato a causa dell’intervento del vice premier
grillino, il quale, presentatosi a Porta a porta, ha insinuato la presenza di una manina nell’esecutivo che
ha modificato in maniera sostanziale il macro-capitolo riguardante l’evasione fiscale. La questione è sta-
ta poi chiarita con l’intervento del premier Conte che ha riappacificato Lega e M5S. Questo è solo stato
uno degli episodi che evidenziano la diversa impronta dei due partiti. Entrambi bisogna dire con chia-
rezza che si stanno impegnando affinché vengano attuate le riforme annunciate in campagna elettorale.
Il superamento della Fornero con la Quota 100 e l’eventuale Quota 41 non sembrano tuttavia i provvedi-
menti più efficaci e sicuri per tale azione. Innanzitutto il pensionamento anticipato (si passa dai 67 della
Fornero ai 62 proposti dal governo) non garantisce la ripartenza del lavoro tra i giovani italiani, che
rimangono tra i più inattivi di Europa. Si deve superare la logica del“un vecchio in meno, un giovane in
più”. Inoltre solo coloro che avranno contribuito alle casse dello stato per oltre 38 anni potranno attuare
il prepensionamento. Ciò ne limita il raggio d’azione. Altro punto cardine della manovra è il ormai famo-
so reddito di cittadinanza dei penta stellati. All’inizio dovevano essere destinati 17 miliardi, poi ridotti a
10 e infine ai 7 di oggi. Non si sanno ancora molti particolari (modalità di attivazione e pagamento, enti
ai quali rivolgersi per l’accesso) e lo stesso Di Maio ha dichiarato che con molta probabilità il sussidio
verrà approvato tramite un decreto legge differente. Le opposizioni e la stessa Commissione Europea
hanno criticato soprattutto questo punto della manovra, descrivendola “improduttiva” e “di non aiuto”
per la già stentata crescita dell’Italia. Si aggiunga il fatto che la manovra ha già poco spazio di movimen-
to e che ci chiamiamo Italia che tradotto per gli altri paesi europei significa: “Evadiamo e buttiamo nel
cesso più soldi di tutti quanti voi altri messi insieme”. La flat tax, principale cavallo di battaglia della lega,
è stato ridimensionato e diventerà attuabile alle sole piccole imprese. Di tutta altra pasta rispetto alle
promesse elettorali. Il solito abbassamento delle tasse gridato ai quattro venti verrà attuato oppure sarà
la solita balla propagandistica? Con i dettagli che mano a mano escono bisogna porre la domanda: da
dove verranno presi tutti soldi per le coperture? Sarà dall’Europa? Saranno dai nostri alleati America e
Russia? Oppure saranno gli italiani stessi a mettere le mani nel portafoglio? Fatto sta che anche gli eco-
nomisti non riescono a mettersi d’accordo. Nel “talk show x” si sente Esperto 1 dire che la manovra è at-
tuabile, Esperto 2 smentisce 1 e spara numeri a caso riportati nel “talk show y” da Esperto 3. Et dulcis in
fundo il condono edilizio per l’isola d’Ischia. Ampliate questa situazione a tutti i ministeri ed ecco che si
prospetta un governo contraddittorio, da più facce, guidato da due vice premier aventi ideologie politi-
che e economiche differenti. La tenuta del governo è stata ed è messa alla prova a causa di questi incom-
prensioni e, talvolta, da veri e propri disaccordi interni ai due partiti di maggioranza. Ultimo episodio di
tale “fragilità” è la discussione riguardante la riforma della prescrizione. Si deve analizzare, l’assenza, o
per meglio dire, lo svuotamento sostanziale di qualsiasi ministero a favore dei due leader. È innegabile
quanto l’esecutivo soffra la mancanza di un premier forte e autoritario, che non si limiti al semplice
compito di mediatore o paciere. Sembra, vista dell’esterno, una sorta di consolato romano. Si deve fare
chiarezza e dialogare per ripristinare dei sani rapporti tra Italia e i vari stati membri, e soprattutto tra
i cittadini, affinché non vi siano pregiudizi e divergenze. È da notare comunque il grande coraggio che
questo esecutivo sta mettendo nel far prevalere le proprie idee, e quindi quelle degli italiani che lo han-
no votato. Tuttavia per governare il paese non basta un grande cuore con il quale ascoltare il malessere
italiano, ma vi è la necessità anche di possedere la capacità di saper ascoltare Milano, Francoforte, Parigi
e Bruxelles. Questo verità tanto veritiera quanto scomoda, inquadra perfettamente l’attuale situazione
del Bel Paese, che ora di tanto attraente poco ha. La subordinazione della politica all’economia è totale:
tutto è dettato da numeri, azioni, titoli di stato. Vedremo se il governo del cambiamento riuscirà a tra-
sformare un’Europa molto diversa da quella solidale dei suoi fondatori. Perché d’altronde miglioramen-
to non è sempre sinonimo di cambiamento.
                                                                                               Matteo Virgolino
                                                                                                            5
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REDDITO DI CITTADINANZA: A CHE PUNTO SIAMO?
A soli tre mesi di distanza dalla prevista partenza, per il prossimo mese di marzo, del reddito di citta-
dinanza sostenuto dal movimento Cinque Stelle quale strumento economico contro la povertà, la di-
suguaglianza e l’esclusione sociale come promozione concreta del diritto al lavoro e alla formazione
professionale, non si è ancora sopita la querelle sulla sua effettiva attuabilità.
Il reddito di cittadinanza nasce come misura attiva rivolta ai cittadini italiani che versano in condi-
zioni di bisogno, cioè tutti coloro che non superano la “soglia di rischio di povertà”, fissata, secondo i
dati ISTAT, in misura pari a 780 euro mensili per persona singola per tre anni (comunque prorogabili),
con lo scopo di reinserirli nella vita sociale e lavorativa del Paese. In caso di famiglie più numerose la
prestazione verrebbe rideterminata tramite l’utilizzo di una scala di equivalenza, che tenga conto del-
le economie che si manifestano all’aumento dei componenti del nucleo familiare. Agli aventi diritto al
reddito di cittadinanza si aggiungono tutti coloro che, pur avendo un lavoro a tempo pieno, risultano
sottopagati. La misura prevede, in aggiunta, diversi vantaggi per le imprese che assumano beneficiari
del reddito, laboratori per la creazione di nuove imprese, concessioni di beni demaniali (cioè quei beni
che, per espressa disposizione di legge, servono a soddisfare bisogni collettivi in modo diretto) a favore
delle start up innovative e del recupero agricolo.
Al fine di consentire l’effettivo reinserimento del cittadino nel mondo del lavoro, l’erogazione del reddito
di cittadinanza presuppone un impegno attivo da parte del beneficiario che dovrà aderire alle offerte di
lavoro provenienti dai centri dell’impiego con decadenza dal beneficio in caso di rifiuto per tre volte allo
svolgimento dell’attività lavorativa richiesta (nel caso in cui questa dovesse essere ritenuta congrua).
In sintesi sono due le linee direttrici: da un lato la valorizzazione delle caratteristiche professionali di
ogni individuo, dall’altro la garanzia della piena occupazione per tutti i cittadini.
I dubbi e gli interrogativi dei quali in questi giorni maggiormente si discute riguardano la disponibilità
dei fondi per far fronte alla misura e la sussistenza di concrete possibilità di formazione professionale
per gli aventi diritto al reddito in cerca di un impiego a tempo pieno.
È quindi accaduto che, analizzando in concreto le modalità di attuazione della misura economica e gli
effetti che essa è in grado di produrre, alle iniziali perplessità che si appuntavano soprattutto sulla
difficoltà di conciliare questa misura con la flat tax e con i criteri di progressività in materia tributaria
previsti dall’art. 53 della Costituzione Italiana, si siano aggiunti gli altri e forse più preoccupanti gli in-
terrogativi di cui sopra. Come far fronte alla mancanza di fondi adeguati?
Interviene a tal proposito lo stesso leader Di Maio il quale già lo scorso settembre, al termine del con-
siglio dei Ministri riunito per esaminare i nuovi tendenziali di finanza pubblica in vista della Legge di
Bilancio, affermava che “una volta portata l’asticella del deficit al 2,4%, dovrebbero essere maggiori le
risorse disponibili per il reddito” ed indicava la cifra di 10 miliardi di euro a disposizione per la misura.
Quanto poi alla presa in carico dei percettori di reddito di cittadinanza sempre secondo il Ministro Di
Maio, la stessa spetterebbe ai centri per l’impiego: cioè agli uffici della pubblica amministrazione cui è
demandata la funzione di gestire il mercato del lavoro a livello locale.
Di qui, la proposta, correlata, di intervenire anche sugli stessi centri per l’impiego in modo da poterli
potenziare e rendere più efficienti, in particolar modo attraverso l’introduzione di una nuova figura
professionale, quella del cosiddetto “Navigator”.
Nell’idea del ministro Di Maio avrebbe il compito di prendere in carico, seguire, formare e quindi rein-
serire nel mondo del lavoro chi il lavoro l’ha perso.
Il vantaggio per le aziende consisterebbe nella disponibilità di lavoratori da assumere già dotati di ido-
nea formazione.
Ancora una volta non si può far altro che stare a guardare e attendere ulteriori evoluzioni della misura,
nell’attuale situazione economica certamente ambiziosa, ma al contempo dai moltissimi aventi diritto
(anche nella nostra provincia) estremamente attesa.
                                                                                              Lorenzo Favaro
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                         PONTE MORANDI: NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA
14 agosto. Genova viene colpita da una tragedia che lascerà una cicatrice profonda nella memoria dei
cittadini: crolla il viadotto Polcevera, meglio conosciuto come ponte Morandi, costruito nel 1967 dall’
architetto Riccardo Morandi da cui prende il nome, lasciando dietro di sé una lunga scia di vittime (43
persone) che si transitavano sul ponte al momento del crollo.
Il Governo si è mosso a sostegno della città ferita dal disastro, varando un decreto ad hoc denominato
“Decreto Genova”, il quale prevede una spesa di 660 milioni di euro complessivi volti alla ricostruzione
del ponte per farlo tornare uno dei punti nevralgici del traffico cittadino.
Questo decreto, approvato da poco in Parlamento, ha suscitato numerose polemiche, dovute al ritardo
della presentazione del testo ufficiale, rimandata a causa delle numerose modifiche apportate.
Dopo il disastro, come Commissario per l’emergenza è stato nominato Giovanni Toti, attuale presidente
della Regione Liguria. Per la ricostruzione invece è stato designato Marco Bucci, sindaco di Genova. La
carica durerà per circa 14 mesi, durante i quali il delegato del Governo disporrà di ampi poteri per ope-
rare senza restrizioni burocratiche.
Anche la Procura ligure ha aperto fin da subito un fascicolo d’indagine, coordinata dal procuratore capo
Francesco Cozzi che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati e a numerosi avvisi di garanzia
tecnici, dirigenti e vertici di Autostrade per l’Italia, Spea e Anas.
E’ proprio Autostrade per l’Italia che si occupa, attraverso una concessione del Ministero delle Infra-
strutture e dei Trasporti, del controllo e dell’eventuale manutenzione di autostrade, valichi e viadotti,
come ad esempio il ponte Morandi.
E adesso? Diciamo che la fase di rimozione delle macerie è ripartita dopo l’allerta meteo, che ha flagella-
to non solo la Liguria, ma anche tutta l’Italia da nord a sud, creando danni per milioni di euro.
Sono molte le notizie che circolano ma la maggior parte confuse. Le uniche certe riguardano la demo-
lizione del ponte, che dovrebbe cominciare prima di Natale, e quella relativa al nuovo progetto questa
volta definitivo, proposto da Fincantieri in collaborazione con Renzo Piano, famoso architetto.
La speranza, dei genovesi tutti, è che al più presto il ponte venga riconsegnato alla città come simbolo
di una nuova rinascita.
										                                                                                    Paolo Ialleni

                                                                                                     7
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TRUMP E L’ IMMIGRAZIONE
Dopo quasi due anni di presidenza Trump possiamo iniziare a stilare un primo bilancio sulla condotta
politica del 46esimo Presidente degli Stati Uniti.
Per giudicare il suo parziale operato e vedere come i problemi che aveva evidenziato durante la sua
campagna elettorale sono stati gestiti, in particolare la questione immigrazione, possiamo utilizzare
come cartina da tornasole i risultati del midterm 2018.
Le elezioni di metà mandato ci hanno consegnato la cosiddetta “anatra zoppa” ossia un Congresso divi-
so, la Camera ai dem ed il Senato ai repubblicani.
Trump, che non era ufficialmente candidato, con le sue parole e azioni ha fatto molto per entrare prepo-
tentemente nella scheda elettorale, e con la perdita della Camera e le difficoltà in Senato deve fare i conti
con un netto rallentamento rispetto alle presidenziali del 2016.
Sconfitta dunque, quella repubblicana, visibile ancor più nell’ elezione del Senato che della Camera,
infatti nonostante la vittoria, alcuni stati storicamente rossi come Texas, Florida e New Mexico hanno
vacillato o, come nel caso del New Mexico, cambiato bandiera.
Il caso forse più esemplificativo è proprio quello dello Stato della stella solitaria dove il beniamino di El
Paso e nuovo astro nascente del Partito Democratico, Beto O’Rourke, ha sfiorato l’impresa ma ha perso
con uno scarto minimo contro il repubblicano Ted Crux.
Questo ragionamento, che può essere esteso ad altri stati, ci mostra come roccaforti storicamente ros-
se e che per ragioni geografiche si rapportano direttamente con il problema dell’immigrazione, stiano
approdando ad una visione del problema diversa, proprio perché Trump non è riuscito a garantire una
gestione accettabile della crisi migratoria.
Dopo i grandi proclami fatti durante la campagna elettorale, Trump ha tradito le attese, per esempio il
muro divenuto quasi uno slogan durante la campagna esiste solo lungo piccole parti di confine ritenute
particolarmente a rischio.
Il Presidente voleva anche abrogare il DACA ossia il programma ideato da Obama che protegge i figli de-
gli immigrati clandestini arrivati in America da bambini. Nonostante le sue intenzioni il provvedimento
è già stato respinto tre volte da tre diversi giudici federali.
Altre misure anti-immigrazzione adottate sono stati il terzo “muslim ban” che vieta l’accesso in America
di persone provenienti da sei paesi a maggioranza musulmana, e l’invio di diecimila uomini delle forze
armate al confine per contrastare l’onda migratoria proveniente dal Centro America.
Questa la risposta, svuotata da grandi proclami e slogan razzisti, di Trump al problema dell’immigrazio-
ne fino ad oggi.Il midterm invece ci mostra come il consenso politico che Trump ha ottenuto attorno al
tema dell’immigrazione è destinato a calare.
La motivazione è da ricercare non tanto nelle contraddizione etiche, bensì proprio su un’evidenza fisio-
logica, l’America cambia e già il 41% è formato da gruppi minoritari. La percentuale destinata a salire.
Affidarsi quindi al voto della popolazione maschile bianca potrebbe non essere sul lungo termine la
scelta migliore.

                                                                                           Giorgio Zeppieri

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Liceo scientifico G.B. Grassi
LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE

«Il mondo arabo ha bisogno della libertà d’espressione» è l’ultimo messaggio lanciato da Jamal Khashog-
gi in un articolo postumo pubblicato dal Washington Post.

Jamal Ahmad Khashoggi (Medina, 13 ottobre 1958 – Istanbul, 2 ottobre 2018) è stato uno scrittore
e giornalista saudita, che da circa un anno viveva in esilio negli Stati Uniti e scriveva per una rivista
americana. Nei suoi articoli si trovavano spesso critiche contro la repressione delle libertà individuali,
imposte dal governo di Mohammed bin Salman. Schierandosi dalla parte di attivisti e dissidenti politici,
si era fatto dei nemici, rivelando perfino ad una sua collega il sospetto che una nuova leadership saudita
volesse ucciderlo.

Ma cosa è successo nel suo ultimo giorno? Ebbene, Khashoggi si sarebbe dovuto sposare con una donna
turca, e perciò si trovava al consolato dell’Arabia Saudita a Instanbul per presentare i documenti del
divorzio con la prima moglie. Non lasciò mai l’edificio, e, dopo quattro ore di attesa, la fidanzata ne ha
denunciato la scomparsa.

Molti giornali statunitensi scriveranno poi che 15 cittadini dell’Arabia Saudita erano arrivati in Turchia e
nel consolato alla stessa ora di Khashoggi, e il 20 ottobre infine, Mohammed bin Salman ammetterà che
il giornalista era morto in una colluttazione all’interno del consolato. Secondo l’intervista anonima di un
alto funzionario saudita, la storia invece avrebbe avuto sviluppo differente: il principe avrebbe diramato
l’ordine di rimpatriare i cittadini residenti all’estero, quali Khashoggi; quando quest’ultimo aveva tenta-
to di fuggire, gli uomini dell’intelligence saudita lo avrebbero strangolato e squartato per circa 7 minuti.

E Khashoggi non è stato il primo né sarà l’ultimo giornalista a morire per difendere la libertà di stampa e
soprattutto di informazione. Nella classifica di “Reporters sans frontières”, l’Italia è in 46esima posizione
per la libertà di stampa. Il documento del 25 aprile scorso testimonia “l’accrescimento dell’odio verso i
giornalisti. L’ostilità nei confronti dei media, incoraggiata dai politici e dalla volontà dei regimi autoritari
di esportare la loro visione del giornalismo, minaccia le democrazie.” Secondo gli ultimi dati, lo scorso
anno in tutto 65 giornalisti sono morti, 326 sono finiti in carcere e 54 sono stati tenuti in ostaggio.

“Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la mia vita affinchè tu lo possa dire” -Voltaire

                                                                                                Giulia Maione
                                                                                                          9
Liceo scientifico G.B. Grassi
PROGRAMMI ELETTORALI 2018/19

Lista 1. “A mano, a mano”
Leonardo Majocchi, primo a presentarsi sul palco, stupisce tutti con il suo video che ci riporta alla fine
degli anni ‘90. Punti cardine della lista “10 piccoli rappresentanti” per garantire maggiore comunica-
zione e coinvolgimento.

Lista 2. “Usque ad finem”
Lorenzo Favaro, rappresentante della seconda lista, porta come suo motto “A noi l’impegno, a voi il
risultato.” Propone un quaderno d’ascolto e l’apertura anticipata della scuola per rendere l’ambiente
scolastico più confortevole possibile ed evitare disagi.

Lista 3. “Tra palco e realtà”
Antonio Cimini, invece, dichiara alla luce proposte che appaiono di secondaria importanza; fra queste:
un torneo di calcetto notturno e il “prom” (ballo in stile americano) che si terrebbe in una villa privata
affittata per l’occasione.

Lista 4. “Mindfulness”
Simone Cecchetelli cerca di raggiungere un sentimento sempre più forte di appartenenza. Propone una
collaborazione con l’Atena per dei corsi di ripetizioni al costo di €30 e una vasta varietà di tornei spor-
tivi. Motto di questa lista “Godiamoci questi anni”.

Lista 5. “Lista da leoni 3.0”
Gianmarco Ricci diverte tutti con il suo video a tratti censurato. Porta punti “estremamente” originali
come Temptation School, macchinette con i profilattici all’ingresso e immancabile l’assalto a Obi per la
riconquista del parcheggio.

Lista 6. “Stamo Live”
Lorenzo Hauradou tenta di risolvere una questione molto discussa all’interno della scuola, quella dei
fumatori proponendo di fotografarli nel momento in cui fumano e portare poi la foto alla preside che li
punirà facendoli rimanere a scuola nel pomeriggio al posto dei collaboratori scolastici.

Lista 7. “Grassi senza gloria”
Paolo Ialleni nonostante il video poco curato, è stato da tutti apprezzato per il suo coraggio. Punti car-
dini della lista 7 sono il rilancio della biblioteca, adesso adibita a classe, una gestione migliore dei fondi
scolastici e la creazione di una pagina officiale del Grassi in modo da tenere informati tutti gli alunni su
eventi e iniziative.

Lista 8. “The hateful 8”
Lorenzo Tringali risolve il problema dei pendolari utilizzando il celebre pullman di Fortnite, da cui ci si
dovrà paracadutare, e quello dell’autofinanziamento abbattendo del tutto il planetario e lasciando spa-
zio ad una piantagione… poco legale.

Lista 9. “Lista Stori”
Danilo Reali mostra una serie di video, con sottofondo una splendida canzone, impersonando un sim-
patico gorilla.

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Liceo scientifico G.B. Grassi
Lista 10. “Lista Pacio & Co.”
Alessandro Pacifico suggerisce di vendere le tende e con i soldi raccolti realizzare delle scale mobili d’i-
stituto cercando di corrompere tutti coloro che sudano molto promettendo deodoranti gratis in cambio
di voti.

Lista 11. “We can do better.”
Karol Wasik pone l’attenzione su un fenomeno molto diffuso, ossia quello dei ragazzi spesso annoiati e
impauriti, che vivono la scuola in modo passivo, senza viverla veramente. Uno dei punti più interessanti
è il “prom” a cui si potrà partecipare solamente in coppia.

Lista 12. “Lista XII”
Michelangelo Iorio con la sua lista vuole portare un messaggio di appartenenza e per questo promuove
di pagare una somma in denaro a Obi per usufruire del parcheggio, cifra ricavata dalla vendita di un ab-
bigliamento d’istituto e del pagamento dell’entrata al cineforum che si terrebbe ben due volte al mese.

                                                                                              Sofia Rogato

                                      ELEZIONI ANNO 2018-2019

A seguito della presentazione delle 12 liste e dei voti degli studenti, sono stati eletti rappresentanti del
 Consiglio del nostro Istituto: Majocchi Leonardo, Favaro Lorenzo, Cimini Antonio e Ardito Federico.
Due di questi, Majocchi e Ardito, erano primo e secondo della lista 1, eletti con rispettivamente 308 e
 144 voti. Favaro, della lista 2, è stato votato da 235 persone, mentre Cimini, lista 3, con 158.
La vittoria della lista 1 di Leonardo Majocchi non è stata affatto inaspettata prima della votazione per
 la preparazione portata sul palco e per la validità delle idee proposte, come anche la lista di Lorenzo
 Favaro.
Pare che stiano facendo già un ottimo lavoro iniziando ad attuare quanto promesso sul palco. Ad esem-
 pio con l’elezione dei “10 Piccoli Rappresentanti”, che sosterranno i quattro neoeletti nel loro lavoro.
Per quanto riguarda la consulta invece non c’è stata una nuova votazione, dato che la carica è biennale
 e non ancora scaduta. I rappresentanti dello scorso anno erano di quinto e hanno lasciato la nostra
 scuola e per non vanificare i voti ricevuti, Michelangelo De Nardis ed Edoardo Valentini sono suben-
 trati come da protocollo.
                                                                                              Elisa Dolcetti

                                                                                                      11
EXIT POLL: IL RAPPRESENTANTE RISPONDE.

Dicembre, arriva Natale, l’albero in Piazza del Popolo, il freddo e i maglioni larghi. Ma cosa è più im-
portante delle interviste di inizio mandato ai nostri neoeletti Rappresentanti d’Istituto e di Consulta?
Alcuni hanno combattuto sul palco a colpi di proposte, altri hanno fatto sentire la loro voce lungo i cor-
ridoi dell’Istituto. Ma solo in quattro hanno ottenuto la vittoria… ecco come hanno risposto i Nostri ai
microfoni de “La Zanzara”

                                   COSA TI HA PORTATO A CANDIDARTI?
     Leonardo Majocchi:
Principalmente due cose, una è l’insofferenza verso uno status quo a cui tendiamo ad abituarci e verso
le cose che non cambiano e il dato più triste ovvero le persone che non vogliono mutare questo sistema.
La seconda che io e molti altri ragazzi, come Federico e Matteo che sono in classe con me, da molti anni
contribuiamo alla politica studentesca e abbiamo colto l’occasione di essere eletti rappresentanti per
formalizzare il nostro impegno.
 Lorenzo Favaro:
Inutile dire che il sogno di essere rappresentante degli Studenti abbia accompagnato, non senza dubbi
e ripensamenti, gli anni passati in questa scuola. Purtroppo da poco tempo ho realizzato quali fossero
effettivamente i doveri di un rappresentante. Si arriva ad un punto della propria vita scolastica in cui ci
si rende conto di quanto il Liceo ti abbia lasciato e di quanto poco Noi, come Studenti, gli abbiamo dato
in cambio. Troppo spesso ragioniamo su ciò che non è stato ancora fatto invece di metterci in gioco per
realizzarlo.
 Michelangelo De Nardis:
Non ho rifiutato l’incarico perché ho voluto continuare il progetto iniziato l’anno scorso. Sono convinto
che quest’anno andrà molto meglio rispetto agli anni passati.
 Federico Ardito:
Come ben sappiamo ero il secondo della lista di Leonardo. Per me è più importante l’ideologia che la
persona e per questo motivo ho sposato il progetto della lista “A mano a mano”. Infatti non ritengo che
sia necessario avere una carica per apportare un cambiamento ed è per questo che ho accettato di ap-
poggiare il progetto di Leonardo. In secondo luogo la disillusione: si ha sempre la percezione che le cose
non possano cambiare e il mio obiettivo è dimostrare il contrario.
 Antonio Cimini:
Da quando sono entrato in questa scuola, sin dal primo giorno ho sempre ammirato chi occupava questa
carica, ero attratto dall’interno e della voglia che avevano di dare un senso diverso alla scuola, non steri-
le e innocuo; approcciare al proprio istituito in maniera seria e costruttiva mi ha sempre lasciato a bocca
aperta. Sono sicuro che porterò per sempre con me un’esperienza simile, è indiscrivibile ed auguro a
tutti un giorno di provare qualcosa di simile.
 Edoardo Valentini:
Non mi sono dovuto esattamente candidare poiché lo scorso anno ero il secondo di lista di Lorenzo Bu-
setta e quindi ho ereditato questa carica. Sicuramente avevo pensato a questa eventualità quando decisi
di essere il suo secondo di lista. Penso che questo sia indubbiamente un ruolo molto importante per fare
un passo avanti nell’ambiente politico locale. In più riesce a far crescere e a formare la persona.

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SECONDO TE, COME DOVREBBE ESSERE LA NOSTRA SCUOLA?

 Lorenzo Favaro:
Quello che desidero è una scuola partecipe, consapevole del proprio senso comunitario, delle proprie
possibilità e capacità. Desidero più di ogni altra cosa una scuola consapevole di ciò che effettivamente
possa fare e che si metta in gioco. Il fatto che una persona, uno studente, sappia di fa parte di un sistema
più grande per me è ciò che conta: il resto viene da sé.
 Michelangelo De Nardis:
Semplicemente una scuola “superiore”.
 Leonardo Majocchi:
Questa è una domanda molto ampia. La scuola dovrebbe essere un ambiente fervente dal punto di vista
culturale, siamo in una scuola composta da 1500 alunni, un patrimonio immenso. Più che dirti come
dovrebbe essere la nostra scuola mi sento di dirti come dovrebbero essere i nostri compagni: la scuola
non è un luogo statico, dobbiamo renderci conto che la miglior risorsa è la persona, altrimenti non si
va da nessuna parte. Io vedo ragazzi che escono da questa scuola che invece di essere frizzanti, sono
estremamente disillusi. Vorrei che i ragazzi non vedessero la scuola solo da un punto di vista di quante
cose so, quante cose non so, perché non siamo contenitori da riempire.
 Federico Ardito:
Innanzi tutto credo che ci sia bisogno di tornare a quando la scuola era realmente una comunità. Un
tempo ogni alunno si sentiva parte di un qualcosa di più grande. Oggi invece gli studenti sono molto più
spaesati e a volte si arriva quasi a delle faide, lo vediamo anche nelle assemblee d’istituto. Invece di an-
dare nella stessa direzione si tende a scindersi e a mettersi i bastoni tra le ruote. La scuola deve essere
uno spazio di aggregazione dove ognuno posa sviluppare una propria coscienza critica. Ma soprattutto
la scuola deve essere lo specchio del Paese e troppe volte non è così. Dobbiamo capire che una volta
usciti da qui dovremmo mettere al sevizio del Paese le nostre competenze, competenze che non si assi-
milano con una lezione frontale ma tramite un approccio al sapere diverso.
 Antonio Cimini:
Nella nostra scuola vedo molto cose positive, vantiamo sicuramente una nomea importante in moltissi-
mi ambiti, sarebbe bene secondo me, sfruttare questo vantaggio in modo tale che per ogni studente, far
parte del G.B grassi sia un vero e proprio motivo di orgoglio, come lo è per me.
 Edoardo Valentini:
E’ importante che ci sia una grande collaborazione tra studenti e rappresentanti e una forte partecipa-
zione degli studenti stessi per portare a termine le iniziative che vengono proposte. È questo uno degli
obiettivi che cercheremo di portare avanti anche con i Rappresentanti d’Istituto. È importante anche
che il singolo studente si impegni per portare avanti i progetti della scuola.

                                                                                                      13
QUALI RESPONSABILITA’ SENTI A TUO CARICO?

 Lorenzo Favaro:
La responsabilità principale è quella di rappresentare un’intera scuola: il rappresentante non si pone al
comando, ma al servizio della scuola. È responsabilità del rappresentante farsi carico, insieme ai propri
compagni, dei problemi degli studenti. È responsabilità del rappresentante fare in modo che si crei una
coscienza comune, è sua responsabilità fare in modo che gli Studenti possano sentirsi parte integrante,
viva e attiva di una comunità, quella scolastica.
 Michelangelo De Narids:
Tantissime perché sono Presidente Provinciale. Praticamente ho un’intera provincia da monitorare, ad
esempio un’occupazione al Classico, all’Artistico o al Ramadù sarebbe di mio interesse. È un lavoro mol-
to più ampio rispetto a quello di un rappresentante di consulta normale perché ho sotto la mia respon-
sabilità molte scuole e devo impostare un piano che valga per tutte.
 Leonardo Majocchi:
Davvero molte, innanzitutto quella di non rappresentare in forma sterile ma di essere veramente rap-
presentativi, un concetto fondamentale. Bisogna essere sempre l’espressione di tutti gli studenti. Poi la
responsabilità di rispondere realmente agli impegni presi. Paradossalmente in termini di impegno ogni
generazione sta diventando peggio di quella precedente e se noi non ne usciremo andremo incontro ad
un buco nero mostruoso. La responsabilità di invertire questa tendenza facendo comprendere l’impor-
tanza di questi spazi e di questi concetti.
 Federico Ardito:
Detto molto sinceramente ho paura di arrivare a luglio, voltarmi e vedere che questa scuola non è cam-
biata. Vorrò vedere persone che possano portare avanti il percorso da noi iniziato. Poi ovviamente la
responsabilità di ripagare la fiducia di coloro che ci hanno eletti e poter rappresentare tutte le realtà. È
compito del rappresentante mettere da parte la propria figura per rappresentare chiunque.
 Antonio Cimini:
Posso dire che a 18 anni, sentirsi il portavoce di un numero così sostanzioso di persone, è sicuramente
una responsabilità tanto impegnativa quanto meravigliosamente attraente, la speranza è quello di svol-
gere questa carica nel migliore dei modi, a facilitare il nostro lavoro saranno sicuramente gli studenti,
contiamo moltissimo sulla loro intelligenza e sulla loro partecipazione. Su questo secondo presupposto
ci sarà da fare un importante lavoro da fare, mi rasserena molto però, pensare di collaborare con ragazzi
dotati di importanti capacità di ascolto e molto educati, come è ogni studente del nostro amato liceo.
 Edoardo Valentini:
Sicuramente portare avanti gli obiettivi che ci siamo prefissati per dare un segno di vicinanza ed intesa
agli studenti per cercare di migliorare per quello che possiamo la loro vita all’interno dell’istituto.

                                                                                Valerio Rosario Cardarelli.

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IL NUOVO ESAME
Le novità dell’esame di stato in seguito all’approvazione della legge n°108 sono illustrate nella circolare
che il Ministero ha mandato alle diverse scuole per dare un quadro completo e chiaro a studenti e do-
centi. “Quando un esame cambia bisogna stare al fianco della scuola e di chi quella prova deve superarla
per fornire tutti i chiarimenti che servono”, queste le parole del Ministro Marco Bussetti che invita i
ragazzi a fare domande anche sui social in modo da poter esaurire tutte le richieste e chiarire ogni tipo
di dubbio.
 Il Ministero dell’Istruzione ha confermato che alternanza scuola lavoro e invalsi non saranno obbligato-
ri per l’ammissione. I requisiti di accesso all’esame prevedono di avere la media del sei in ogni disciplina
(comportamento compreso) e aver frequentato almeno i tre quarti del monte orario previsto.
Il voto finale continuerà ad essere in centesimi e il numero di crediti da poter conseguire nel triennio
non sarà di 25/100, bensì 40/100. Questo aumento dei crediti accumulabili nel corso degli ultimi tre
anni, renderà possibile una maggiore valorizzazione del percorso di studi dei maturandi.
Per quanto concerne la commissione d’esame non ci saranno modifiche: sarà composta da tre membri
interni e tre esterni. Con l’abolizione della terza prova cambieranno, inoltre, i punteggi da assegnare
alle prime due, il cui massimo sarà in ventesimi , assumendo così una notevole importanza che eguaglia
quella del colloquio orale.
 Nella prima prova scritta, italiano, gli studenti si cimenteranno nella scelta tra sette tracce riferite a tre
tipologie diverse di elaborati: analisi del testo, analisi e produzione di un testo argomentativo e rifles-
sione critica di carattere espositivo-argomentativo.
 La seconda prova scritta riguarderà infine due o più materie caratterizzanti l’indirizzo scolastico, che
verranno comunicate agli istituti il prossimo gennaio. Secondo la nuova normativa vigente saranno poi
fornite delle griglie per la valutazione.
In quanto maturanda sono stata colpita in prima persona dalla riforma e anche se inizialmente ero un
po’ scettica e titubante riguardo le modifiche apportate, ragionandoci attentamente mi trovo favorevole
all’approvazione della stessa.
                                                                                          Francesca Loffredi

                                                                                                         15
SULLA MIA PELLE
22 OTTOBRE 2009: è la data che segna la fine del doloroso calvario e il decesso di Stefano Cucchi.
Quello del 31enne romano, arrestato una settimana prima della suddetta data per detenzione e spaccio
di stupefacenti, è considerato dall’opinione pubblica uno dei casi di cronaca più scandalosi dell’ultimo
decennio.
Le vicende giudiziarie sono tuttora in corso.
Sul banco degli imputati ci sono cinque carabinieri, rei di aver malridotto Stefano durante la notte
dell’arresto, causandogli lividi, lesioni e fratture. Dopo aver trascorso atrocemente i successivi cinque
giorni tra un carcere e un altro, il ragazzo si spegne all’ospedale Pertini di Roma.
Seguono anni e anni di processi con oltre 40 udienze, perizie e maxi perizie. Il 15 maggio 2018, il ma-
resciallo dei carabinieri Casamassima ribadisce in aula le sue accuse ai cinque colleghi, tre dei quali
colpevoli della morte del Cucchi.
L’11 ottobre 2018 la svolta: uno dei cinque carabinieri imputati, Francesco Tedesco, confessa, scaglian-
do le accuse contro gli altri due colleghi coinvolti nel processo (Di Bernardo e D’Alessandro).
La nuova inchiesta del 22 ottobre chiama in causa anche il maggiore dei carabinieri Soligo per falsi ver-
bali e depistaggi legati al pestaggio in caserma. Colpevoli di aver modificato nel verbale lo stato di salute
di Cucchi, invece, il luogotenente Colombo e il carabiniere scelto Di Sano.
A reclamare giustizia per Stefano, c’è la sua famiglia e in particolare la sorella Ilaria, guidati dallo splen-
dido operato dell’avvocato Anselmo, un uomo con una tenacia da vendere, che non mostra alcuna paura,
solo contro tutti senza mai arrendersi, in una guerra aperta contro l’intero sistema giudiziario.
A distanza di nove anni dalla morte del giovane, Alessio Cremonini decide di realizzare un lungometrag-
gio dal titolo “Sulla mia pelle”, pubblicato su Netflix e mandato in onda in alcune sale di cinema italiani,
dove vengono ripercorsi gli ultimi giorni di vita di Stefano.
Cremonini si accosta alla vicenda con grande accortezza, attenendosi ai fatti realmente accaduti, essen-
do a conoscenza della profonda delicatezza del caso. L’intera pellicola è incentrata su Stefano, incarnato
dall’attore Alessandro Borghi che ha il merito di aver fatto suo il personaggio fino al midollo. Il regista
risparmia agli spettatori l’episodio del pestaggio vero e proprio, ma il film è senza dubbio molto duro:
l’utilizzo di alcune scene crude ha il fine di rappresentare il dolore psico-fisico del protagonista, di certo
non un uomo giusto, ma comunque non meritevole di un simile scempio e di una tale ingiustizia.
Quello di Stefano Cucchi è uno dei tanti casi di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine, di omertà,
di mancata giustizia: un insieme di componenti che evidenzia un sistema che non tutela i suoi individui,
perdendosi in una burocrazia tanto vecchia quanto mal funzionante.
“Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte, mi cercarono l’anima a forza di botte.” (Un blasfemo,
Fabrizio De Andrè)
                                                                                                Orlando Sassi

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CHE TIPO DI MUSICA SI STA AFFERMANDO ?
La musica non ha età, è una passione che accomuna tutti. C’è chi si limita ad ascoltarla in macchina ,
chi la ascolta mentre fa sport e chi la ascolta in qualsiasi momento. I meno appassionati si limitano ad
ascoltare “musica commerciale”, ossia quella trasmessa dalle radio.
Questo tipo di musica la conosciamo tutti, ci viene imposto dalle classifiche ed è un mix di generi :
pop,rap,rock con artisti conosciuti o che a furia di ascoltare conosciamo. Ma cosa ascoltano gli appas-
sionati, cosa ricercano su Spotify , qual è il genere che si sta affermando in Italia tra i ragazzi? L’indie.
L’indie nasce negli anni duemila, non può essere chiamato genere in quanto il suo nome deriva proprio
“dall’essere indipendenti”. questi artisti infatti, considerati “di nicchia”, non sono conosciuti attraverso
talent show o grandi case discografiche. Alcuni, registrano ascolti talmente elevati da poter passare poi
alle radio. Il fenomeno “Stato Sociale” ha preso il via in seguito alla partecipazione a Sanremo.
E’ incredibile pensare come un talent abbia cambiato le sorti di questa band . Un talent ha modificato e
ha reso un gruppo “indie”, un gruppo comune, un “gruppo da radio “.
Ma come è avvenuto tutto questo ? E’ cambiato il loro modo di fare musica, il loro stile?
Lo stesso quesito può essere posto agli ormai famosissimi “The giornalisti”,due anni fa c’erano poche
centinaia di persone su quel prato che ora invece è sold out.
Dov’è finita quella camicia blu che poi in realtà era la mia ( Il tuo maglione mio,2016 )?
Come siamo arrivati a “questa nostra stupida canzone d’amore”?
Sono cambiati o siamo cambiati, non è che forse il fatto di averli visti in televisione ci ha colpito?
Non è che la tv ci ha fatto apprezzare musica che in principio non ci apparteneva ?
Forse è proprio la televisione, forse sono i social o forse i giornali . Forse sono loro la causa della selezio-
ne naturale che riguarda la musica, secondo la quale alcune band meritano di avere successo e altre no .
Ci sono artisti emergenti e che devono essere ascoltati come Gazzelle, i Giocattoli, i Pinguini Tattici
Nucleari,i Pop X la lista sarebbe davvero troppo lunga.
I Pop X ad esempio sono un gruppo musicale dai componenti variabili, la cui unica stella fissa è Davide
Panizza.Il loro stile è così variegato e particolare da non poter essere intrappolato in un solo scatolo di
genere. E’ per questo che è decisamente un gruppo indipendente, i cui testi devono essere ascoltati e
capiti. Sono ricchi di significati nascosti, alcuni sembrano volgari ma se ascoltati con attenzione si può
incorrere in concetti che vale la pena comprendere.
Ma perché è bene che la loro musica si diffonda?
La vera ragione è che questi cantautori stanno rimettendo in gioco la musica italiana, stanno riportano
le canzoni italiane tra i giovani che per troppo tempo hanno prestato attenzione soltanto agli interna-
zionali.
                                                                                              Francesca Roma

                                                                                                          17
VIA AI LIVE DI X FACTOR

Il contest musicale seguito da milioni di ascoltatori ha dato il via ai live.
Giovedì 25 ottobre alle 21.15, infatti, su sky uno è stato trasmesso il primo live che ha registrato due
milioni trecentoquarantaseimila ascoltatori.
I concorrenti che tentano di vincere il contratto da trecentomila euro con la Sony Music sono dodici e
divisi in quattro categorie: under donne,under uomini, over e band (categoria aggiunta lo scorso anno).
I giudici sono come anno quattro e vengono proposti nuovamente Fede,Mara Maionchi e Manuel Agnelli,
con l’aggiunta finale di Lodo Guenzi.
Il noto cantante de ‘Lo Stato Sociale’ è stato scelto per sostituire Asia Argento, recentemente accusata di
violenza sessuale alla baby star di Hollywood Jimmy Bennet.
Secondo recenti interviste lei continua a ritenersi innocente.
L’attore americano invece continua ad affermare di aver subito violenze da colei che amava definire
“mamma” sul set.
L’ex moglie di Morgan continua poi il suo discorso dicendo di voler ritornare ad X Factor per riprendersi
ciò che era suo e specialmente perchè è l’Italia a volerlo rivedere sugli schermi televisivi.
Non si risparmia poi dall’esprimere un giudizio sul giudice scelto per il suo rimpiazzo.
Non condivide le sue scelte e dice addirittura di vergognarsi per lui.
Ogni live lascia sempre più senza fiato, accompagnato ogni volta da due ospiti internazionali.
Fra apprezzamenti e critiche delle perfomance dei concorrenti si arriva al ballottaggio per poi conclude-
re con l’eliminazione di uno dei ragazzi.
Non resta allora che sintonizzarsi su Sky Uno ogni giovedì per vedere chi vincerà... anzi vi voglio rivelare
il nome del vincitore in anticipo: “Anastasio”
                                                                                                Eva Figliozzi

                                              IL PRIMO UOMO
Uscito al cinema il 31 ottobre 2018, “The first man” è un film biografico - drammatico diretto da Daniel
Chazelle che ha aperto il Festival di Venezia di quest’anno.
Incentrato sulla vita di Neil Armstrong e ambientato tra il 1961 e il 1969, racconta di una vita di soffe-
renze, sacrifici e traguardi. Infatti, ha una natura intima e psicologica più che scientifica.
Il film, narrato in prima persona e basato sul romanzo di James P. Hansen, racconta di un uomo in mis-
sione per conto della NASA nell’impresa di andare sulla luna.
Neil Armstrong, interpretato da Ryan Gosling, conduce una vita ritirata con la propria famiglia alla quale
ha “promesso” la luna. Atterrito dalla morte prematura della figlia, partecipa al programma Gemini, il
secondo programma di volo umano istituito dagli Stati Uniti il quale scopo era sviluppare tecniche avan-
zate per impiegarle, successivamente, nella missione Apollo. Selezionato e assoldato come comandante
della missione Gemini 8, Neil sarà il primo civile a lasciare la Terra, mentre su quest’ultima vi si scatena
l’inferno. Tra la guerra in Vietnam, le tensioni sociali del ’68, due figli da crescere e una moglie da ricon-
quistare, Neil Armstrong irromperà nel silenzio dello spazio per prendersi la luna.
                                                                                              Stefania Siano
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Giornalino Scolastico
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