Consiglio Nazionale dei Geologi - 11 settembre 2018
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11/9/2018 Dissesto idrogeologico, riparte il Fondo progettazione: assegnati 20 milioni di euro 11 Set 2018 Dissesto idrogeologico, riparte il Fondo progettazione: assegnati 20 milioni di euro A.A. Riparte - dopo la soprressione dell’unità tecnica di Palazzo Chigi #italiasicura, a inizio luglio - l’assegnazione dei fondi statali per la progettazione di opere contro il dissesto idrogeologfico. Il Ministero dell'Ambiente (la competenza è sempre stata sua) ha finanziato infatti un nuovo stralcio del fondo di rotazione per la progettazione di interventi contro il dissesto idrogeologico, assegnando circa 20 milioni di euro a quattro regioni italiane. Progetti che - secondo le stime - permetteranno ai presidenti delle stesse regioni, in qualità di Commissari di Governo, di portare avanti opere per oltre 660 milioni di euro. IL FONDO PROGETTAZIONE Dopo una lunga gestazione, come abbiamo più volte raccontato, il Fondo progettazione per le opere anti-dissesto idrogeologico, finanziato dal Cipe per 100 miloni nel 2015 e approvato con Dm Ambiente luglio 2016, si è sbloccato operativamente alle fine dello scorso anno (2017). «La procedura definita dal Dpcm era un po' macchinosa - spiegavano a #Italiasicura - e tra Regioni e autorità di bacino c'è voluto parecchio per individuare gli interventi da finanziare». Da ottobre a marzo il Ministero dell'Ambiente ha assegnato risorse per 39 milioni di euro, ora altri 20 milioni. I PROGETTI FINANZIATI In Campania vengono finanziate 54 progettazioni per oltre 12 milioni di euro, in grado di attivare opere per circa 365 milioni di euro. Tra gli interventi finanziati troviamo la progettazione dell'intervento di mitigazione del rischio idrogeologico della foce del Volturno e del Litorale Domizio (CE) con 434 mila euro, opera da 35 milioni di euro complessivi, mentre altri 256 mila euro sono stati destinati alla progettazione del risanamento idrogeologico del Comune di Volturara Irpina (AV), opera da oltre 29 milioni di euro. In Sicilia invece vengono finanziate le progettazioni di 32 interventi per un importo di oltre 5 milioni di euro, che attivano opere per 133 milioni di euro. Tra questi, sono stati destinati 511 mila euro al ripascimento della spiaggia di Campofelice di Roccella (PA), opera da 45 milioni di euro e la mitigazione del rischio idrogeologico e di erosione costiera nel Comune di Messina per 365 mila euro, opera da oltre 8 milioni di euro. I progetti che ricevono il finanziamento nel Lazio sono 11 per un totale di 1,92 milioni di euro, in grado di attivare opere per oltre 85 milioni. Riceve, tra gli altri, il finanziamento del ministero di oltre 800 mila euro, la progettazione della messa in sicurezza di alcuni fossi e canali nel Comune di Roma, per un importo delle opere di oltre 44 milioni di euro. Altri 927 mila euro sono stati destinati al completamento dello scolmatore di piena del Fiume Liri (FR), opera da oltre 38 milioni di euro. 1/2
11/9/2018 Dissesto idrogeologico, riparte il Fondo progettazione: assegnati 20 milioni di euro La lista del Ministero dell'Ambiente prosegue con l'Umbria a cui vengono assegnati oltre 850 mila euro per due grandi progetti, del valore complessivo di 83 milioni. Sono, nello specifico, il completamento della messa in sicurezza dal rischio idraulico lungo l'asta del Tevere a Città di Castello (PG) ed il risanamento idrogeologico del Fosso Santa Margherita a Perugia. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
11/9/2018 Prevenzione incendi, ecco come dovranno essere progettati gli edifici condominiali 11 Set 2018 Prevenzione incendi, ecco come dovranno essere progettati gli edifici condominiali Mariagrazia Barletta Evitare che cavedi e materiali isolanti del “pacchetto” di facciata possano veicolare l'incendio in ambienti attigui al luogo di innesco. Scongiurare il rischio che pezzi di facciata, nel cadere, possano ostacolare l'esodo di chi scappa dalle fiamme. Sono alcuni degli obiettivi che i progettisti non potranno perdere di vista nella realizzazione di nuovi condomìni e nel pensare al restyling o all'efficientamento energetico di facciate di edifici esistenti per civile abitazione. In particolare, per i condomìni di altezza antincendio superiore a 24 metri, che siano di nuova costruzione o che siano interessati da estesi interventi di rifacimento delle facciate, stanno per nascere nuove norme il cui obiettivo è portare all'attenzione la sicurezza antincendio degli involucri. Le facciate, che siano curtain wall, o dotate delle più tradizionali finestre, con i loro rivestimenti, cavedi o pareti ventilate, costituiscono un punto sensibile sul fronte della sicurezza antincendio. Grenfell Tower docet. Le nuove norme sulle facciate nel Dm (che integra la regola tecnica del 1987) L'occasione per obbligare i progettisti a tenere in debita considerazione precisi requisiti per la sicurezza antincendio delle facciate, è data dalla bozza di decreto del Ministero dell'Interno che va ad integrare il Dm 246 del 16 maggio 1987, ossia lo “storico” decreto contenente i criteri di sicurezza antincendio da applicare agli edifici di civile abitazione. La bozza di provvedimento, dopo l'ok ricevuto lo scorso 24 aprile dal Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi (Ccts), è stata completata, ossia all'allegato è stato aggiunto l'articolato. Ed è proprio tra gli articoli della bozza di regolamento (articolo 2) che sono stati aggiunti i requisiti a cui devono rispondere le facciate dei condomìni, per le quali si impone una progettazione antincendio ben studiata. La bozza di Dm, completa di allegato, è stata inviata a Bruxelles per adempiere agli obblighi connessi alla procedura di informazione stabilita dalla direttive 98/34/Ce e 98/48/Ce. Più nel dettaglio, viene verificato che dalle nuove norme non derivino ostacoli alla libera circolazione delle merci. La bozza di Dm è stata ricevuta dalla Commissione Ue lo scorso 22 agosto e vi resterà tre mesi (il periodo di standstill termina il 23 novembre) o sei nel caso dovessero emergere criticità. SCARICA IL TESTO - LA BOZZA DEL DECRETO CON GLI ALLEGATI TECNICI Progettazione antincendio obbligatoria per il rifacimento delle facciate Con l'entrata in vigore del nuovo Dm bisognerà prestare particolare attenzione alla sicurezza antincendio delle facciate nel caso, ad esempio, di lavori volti alla realizzazione di un cappotto termico o di un'intercapedine ventilata. In definitiva, per i condomìni di altezza antincendio superiore a 24 metri, di nuova costruzione oppure esistenti ed oggetto di estesi lavori di rifacimento delle facciate, si impone una progettazione antincendio attenta. Per gli edifici esistenti i nuovi obblighi progettuali scattano per interventi che interessino più della metà della
11/9/2018 Prevenzione incendi, ecco come dovranno essere progettati gli edifici condominiali superficie dell'intero involucro. In entrambi i casi (nuova edificazione ed esistente) sono tre i requisiti basilari da considerare. Evitare che un incendio possa estendersi ad altre parti dell'edificio a causa di fumi e fiamme fuoriuscenti da vani, aperture, cavità e interstizi eventualmente presenti nel “pacchetto” facciata, è tra le principali azioni individuate nella bozza. Altrettanto importante è scongiurare il rischio che l'incendio possa provocare il distacco di pezzi di facciata, creando problemi all'esodo e mettendo a rischio la vita di occupanti e soccorritori. Limitare la possibilità che un incendio, sviluppatosi all'esterno dell'edificio, possa estendersi al suo interno è un altro obiettivo da perseguire. Le nuove regole non si applicheranno ai condomini per i quali, all'entrata in vigore del nuovo decreto, siano stati pianificati o siano in corso lavori di rifacimento delle facciate sulla base di un progetto approvato dal competente Comando dei Vigili del Fuoco. Saranno esclusi anche gli interventi di rifacimento dei prospetti che all'entrata in vigore del regolamento risulteranno già autorizzati dalle competenti autorità. Le linee guida del 2013 per la progettazione delle facciate Gli obiettivi da perseguire per assicurare la sicurezza antincendio degli involucri edilizi erano già contenuti nelle linee guida “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili” allegate alla lettera Circolare numero 5043 del 15 aprile 2013 della direzione Centrale per la prevenzione e sicurezza tecnica. La bozza di Dm li riprende fedelmente. Inseriti nel Dm diventeranno, però, cogenti. Le linee guida del 2013 vengono anche richiamate nella bozza di regolamento e, «nelle more della determinazione di metodi di valutazione sperimentale dei requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili», restano un utile riferimento progettuale. Più vicina la “rivoluzione” antincendio nei condomìni Con l'invio a Bruxelles compie un passo decisivo il nuovo regolamento che va a modificare il Dm del 1987, ossia la regola tecnica che attualmente si applica ai condomìni di altezza antincendio pari o superiore a 12 metri. Dopo il placet della Commissione europea, il nuovo Dm potrà fare ingresso in “Gazzetta ufficiale”, dando il via ad una “rivoluzione” per gli edifici per civile abitazione, che pone in carico anche ai condomìni le prescrizioni finora applicate ai luoghi di lavoro, riguardanti principalmente il mantenimento delle condizioni di sicurezza antincendio, la pianificazione di una corretta procedura di evacuazione in caso di emergenza, e la cura degli impianti e dei dispositivi antincendio, come: estintori, reti di idranti e impianti di rivelazione. Una “rivoluzione” tutta contenuta nell'allegato approvato ad aprile da parte del Ccts, che non ha subito alcuna modifica. Attuazione in due tempi per la gestione delle emergenze L'articolato include la definizione del periodo transitorio. In particolare, per quanto riguarda la gestione della sicurezza sia in condizioni ordinarie che in caso di emergenza, le corrispondenti misure possono essere attuate in due tempi. Più nel dettaglio, vengono dati due anni per ottemperare alle disposizioni che riguardano l'installazione degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio (previsti per altezze superiori a 54 metri) e dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza (obbligatori per condomìni di altezza antincendio superiore a 80 metri). Un anno è quanto concesso per mettere in atto le restanti prescrizioni, riguardanti principalmente tutte le azioni da mettere in atto per assicurare sia la sicurezza antincendio in condizioni ordinarie che una corretta evacuazione in caso di incidente.
11/9/2018 Permessi, serve una motivazione «di ferro» per l'annullamento in autotutela a oltre dieci anni dal rilascio 11 Set 2018 Permessi, serve una motivazione «di ferro» per l'annullamento in autotutela a oltre dieci anni dal rilascio Mauro Salerno Per annullare un permesso edilizio, con la formula dell’autotutela, a oltre dieci anni dal rilascio il Comune deve esibire una motivazione di ferro. Altrimenti il titolo edilizio rimane in piedi. In estrema sintesi è questo il principio al cuore della sentenza (n.5277 pubblicata il 7 settembre 2018) con cui il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso di un’amministrazione campana che ha tentato di cancellare a quasi quindici anni di distanza i permessi per un cambio di destinazione d’uso e di ampliamento di un’autorimessa. I giudici di Palazzo Spada hanno precisato che al Comune non basta una motivazione articolata per annullare in autotutela un provvedimento rilasciato diversi anni prima. È invece necessario dimostrare «l’originaria illegittimità del provvedimento» e «l’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione», «tenuto conto anche degli interessi dei privati coinvolti». «L’interesse pubblico che legittima e giustifica la rimozione d'ufficio di un atto illegittimo - precisa ancora la sentenza - deve consistere nell'esigenza che quest'ultimo cessi di produrre i suoi effetti, siccome confliggenti, in concreto, con la protezione attuale di valori pubblici specifici, all'esito di un giudizio comparativo in cui questi ultimi vengono motivatamente giudicati maggiormente preganti di (e prevalenti su) quello privato alla conservazione dell'utilità prodotta da un atto illegittimo». P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 1/1
11/9/2018 Concorsi, non basta un «refuso» sui codici delle buste per invocare la violazione dell'anonimato 11 Set 2018 Concorsi, non basta un «refuso» sui codici delle buste per invocare la violazione dell'anonimato Pietro Verna In tema di tutela della regola dell'anonimato nelle gare ad evidenza pubblica, bisogna distinguere tra le violazioni imputabili ai concorrenti e quelle imputabili all'amministrazione procedente: nel primo caso bisogna provare l'intenzionalità dei segni di riconoscimento, nel secondo caso è la violazione in sé dell'anonimato a rendere illegittima la procedura di gara, senza che sia necessario ricostruire a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte dei soggetti chiamati a valutarli (Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza 17 luglio 2018, n. 4331). Con l'enunciazione di questo principio, il massimo organo di giustizia amministrativo ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento (sentenza 19 gennaio 2018, n.13) aveva respinto il ricorso proposto contro l'esito del concorso di progettazione per la realizzazione del nuovo ospedale di Fiemme e Fassa a Cavalese, indetto dalla Provincia autonoma di Trento. Concorso che, a dire della società ricorrente seconda classificata, sarebbe stato espletato in violazione dei principi di imparzialità, non discriminazione e trasparenza nel procedimento di scelta del concorrente (articolo 4 Codice dei contratti pubblici), poiché durante l'abbinamento dei progetti ai nominativi dei concorrenti era emerso che sul plico contenente la busta del progetto della società aggiudicataria era riportato un codice alfa numerico (10CLO6) diverso, per una sola cifra (0), da quello apposto su tale busta (10CL6 ), e che, nonostante ciò, il presidente della commissione di gara avesse proseguito da solo le operazioni di abbinamento ritenendo detta irregolarità un lapsus calami. La vicenda processuale Il giudice di prime cure aveva respinto il ricorso stabilendo che l'anteposizione al quinto carattere del codice alfanumerico di una cifra (0) non poteva costituire un segno di riconoscimento, in quanto tale codice era stato liberamente scelto dal concorrente in conformità alla lex specialis (“i concorrenti dovranno consegnare un plico – riportante il codice alfanumerico necessario per garantire l'anonimato [in ] formato Arial […] di cinque numeri/lettere così composto in ordine: 2 cifre, 2 lettere, 1 cifra”). Motivo per il quale veniva meno il sospetto che la società aggiudicataria avesse intenzionalmente apposto un segno di identificazione (la cifra 0) per aggirare l'anonimato «essendo a ciò sufficiente la semplice comunicazione [ai commissari di gara] del codice scelto». Decisione che i magistrati di Palazzo Spada hanno condiviso alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale gli elementi da cui evincere la violazione della regola dell'anonimato consistono «nell'univoca idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione e dall'inequivoca intenzione del concorrente di farsi riconoscere» ( Consiglio di Stato, Sezione IV, 12 novembre 2015, n. 5137; Tar Marche, 1/2
11/9/2018 Concorsi, non basta un «refuso» sui codici delle buste per invocare la violazione dell'anonimato Sezione I, 31 luglio 2017, n. 628). Così come hanno condiviso l'altro capo della pronuncia del Tribunale ammnistrativo tridentino ossia la legittimità della decisione del presidente della commissione di gara di procedere da solo all'abbinamento degli elaborati progettuali alle buste contenenti l'identità dei concorrenti, ritenendo tale operazione «mera attività materiale […] successiva all'esaurimento dell'attività di valutazione» (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 3 marzo 2011, n. 1368). Orientamento dell'Adunanza Plenaria La pronuncia in narrativa è in linea con l'orientamento dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 26 novembre 2013, n.26, applicabile anche alle gare ad evidenza pubblica), secondo cui: (i) ciò che rileva ai fini dell'eventuale annullamento della procedura di gara per violazione della regola dell'anonimato «non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione»; (ii) la suddetta violazione ricorre quando la particolarità riscontrata assume un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo, a prescindere dal fatto che la commissione o i singoli componenti siano stati in grado o meno di risalire effettivamente all'autore; (iii) è da escludersi un automatismo tra l'astratta possibilità di riconoscimento e la violazione della regola dell'anonimato, in quanto deve emergere in modo palese l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato, «giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un membro della commissione riconosca [l'elaborato dalla] particolare modalità di stesura» ( in senso conforme, da ultimo, Consiglio di Stato: Sezione V, 31 gennaio 2018, n. 652; Sezione IV, 12 novembre 2015, n. 5137/2015). P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
Radon Rischio Geologico: dalla terra un pericolo invisibile per la salute: quanti lo conoscono? 11/09/2018 Il Consiglio Nazionale dei Geologi organizza a Roma, il 26 ottobre 2018 presso il CNR in Piazzale Aldo Moro n. 7, un Convegno Nazionale sulle problematiche del rischio provocate da una esposizione al gas radon il cui principale danno per la salute è un aumento statisticamente significativo del rischio di tumore polmonare. A livello mondiale, il radon è considerato il contaminante radioattivo più pericoloso negli ambienti chiusi. Nell’ambito del Convegno sarà presentato il documento finale, prodotto nell’aprile 2018, dal Tavolo “Radon” del Consiglio Nazionale dei Geologi. Con detto documento, facendo riferimento alla Direttiva EURATOM 59 del Dicembre 2013 che ha determinato le condizioni per una revisione della legge di conversione della precedente direttiva 29/96 che nel nostro Paese fu recepita nel 2000 con il Dlgs 241, si vogliono segnalare alcune criticità che si desidera portare all’attenzione del legislatore, affinché possano essere risolte nella legge di recepimento della nuova direttiva.
Va prima di tutto sottolineato che il problema Radon è da ascrivere al campo dei Rischi Geologici in quanto la condizione geologia locale, l’interazione tra edificio e sito e l’uso di particolari materiali da costruzione naturali sono gli elementi più rilevanti ai fini della valutazione dell’influenza del Radon sulla qualità dell’aria interna alle abitazioni ed agli edifici in genere. Sinora, il problema dell’inquinamento indoor da Radon nel nostro Paese, è stato gestito prevalentemente sotto l’aspetto medico/sanitario/epidemiologico e fisico per le operazioni di misura. Urge pertanto individuare dei metodi, protocolli e regolamenti di indirizzo nazionale, nonché meccanismi istituzionali e normativi che consentano la predisposizione delle mappe di rischio con la minor spesa possibile a carico dell’Amministrazione Pubblica e per procedere celermente alla riduzione dei valori di esposizione della popolazione e dei lavoratori, anche attraverso la definizione dei tempi e delle scadenze per il raggiungimento di “obiettivi di qualità”. © Riproduzione riservata Documenti Allegati Locandina
Permesso di costruire e Autotutela, anche parziale, in materia edilizia 11/09/2018 È possibile annullare d'ufficio un titolo edilizio, successivamente valutato come illegittimo, anche ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, ma deve essere adeguatamente motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, tenuto anche conto degli interessi dei privati coinvolti. Lo ha chiarito la Sezione Quarta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5277 del 7 settembre 2018 che ha respinto il ricorso presentato da un Comune per l'annullamento di una decisione di primo grado concernente l'annullamento in autotutela di permessi di costruire. In particolare, in primo grado i giudici avevano dato ragione ad un ricorrente che aveva contestato un provvedimento con il quale un Comune annullava in autotutela i permessi di costruire rilasciati 7 e 10 anni prima. Il TAR, dando ragione al privato, ha accolto il ricorso ritenendo che il provvedimento di annullamento in autotutela, ancorché ampiamente articolato, non presentasse la necessaria congrua motivazione sul pubblico interesse, in comparazione con quello privato ad esso contrapposto, sotteso alla conservazione dell'atto nel rispetto dell'affidamento ingeneratosi in capo alla società.
I giudici di Palazzo Spada, confermando la decisione di primo grado, hanno respinto il ricorso del Comune affermando che i presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titoli edilizi sono costituiti: • dall'originaria illegittimità del provvedimento; • dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari. L'esercizio del potere di autotutela è dunque espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l'Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l'ambito di motivazione esigibile è integrato dall'allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall'eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l'Amministrazione. Secondo il Consiglio di Stato l'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio, successivamente valutato come illegittimo, è possibile anche “ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo”, ma deve essere adeguatamente motivato "in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale", tenuto anche conto degli interessi dei privati coinvolti. Infine, l'interesse pubblico che legittima e giustifica la rimozione d'ufficio di un atto illegittimo deve consistere nell'esigenza che quest'ultimo cessi di produrre i suoi effetti, siccome confliggenti, in concreto, con la protezione attuale di valori pubblici specifici, all'esito di un giudizio comparativo in cui questi ultimi vengono motivatamente giudicati maggiormente preganti di (e prevalenti su) quello privato alla conservazione dell'utilità prodotta da un atto illegittimo. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Sentenza Consiglio di Stato 7 settembre 2018, n. 5277
Verifica di infrastrutture stradali a titolo gratuito, Inarsind scrive ai Ministri Di Maio, Bonafede Toninelli e Bongiorno 11/09/2018 Tra i principali effetti del crollo del Ponte Morandi possiamo certamente annoverare una seria riflessione sulla necessità di avere una disciplina organica per la gestione delle emergenze che non necessiti di deroghe al codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016) e la seria riflessione che gli amministratori locali stanno facendo sulla stabilità di ponti e viadotti provinciali. Lasciando stare i facili allarmismi (come chi ha proposto di verificare tutti i ponti progettati dall'ingegnere Riccardo Morandi, come se il problema fosse il progettista e non la vetustà di un manufatto costruito alla fine degli anni settanta), da segnalare due note inviate dal Comune di Avellino e dal Comune di Pompei, rispettivamente per la verifica del Ponte della Ferriera e per il monitoraggio di ponti e viadotti comunali. Due note che hanno in comune un aspetto: la necessità di ottenere un tecnico qualificato che possa operare a "titolo gratuito". Note che non sono piaciute a Inarsind (Associazione di Intesa Sindacale degli Architetti e Ingegneri Liberi Professionisti Italiani) che ha scritto ai Ministri del lavoro, Luigi Di Maio, della Giustizia, Alfonso Bonafede, delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, e per la semplificazione Giulia Bongiorno.
Di seguito la lettera completa e in allegato le note dei due comuni, lasciando a voi ogni commento. La lettera di Inarsind Pregiato Signor Ministro, INARSIND, Associazione di intesa Sindacale degli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti Italiani, con la presente vuole portare alla Sua attenzione un problema che negli ultimi anni ha colpito la nostra categoria: l’affidamento di incarichi professionali a titolo gratuito. Il caso eclatante del 2016 in cui il Comune di Catanzaro bandiva la gara per la redazione del Piano Strutturale Comunale a 1 euro (più spese) è stato oggetto di più sentenze che ne hanno decretato la legittimità (TAR Calabria 2435 del 13.12.2016, TAR Calabria 1507 del 02.08.2018) e l’illegittimità (Consiglio di Stato 4616 del 03.10.2017), di ampie proteste della categoria che hanno portato alla legge sull’equo compenso. Dopo i recenti fatti di Genova abbiamo assistito al moltiplicarsi di richieste da parte delle amministrazioni comunali per la verifica di infrastrutture stradali a titolo gratuito (in allegato quelle di Avellino e Pompei). Riteniamo che il lavoro di chiunque vada sempre e comunque remunerato, nel rispetto anzitutto dell’articolo 36 della nostra Costituzione, un concetto che non ci sembrava possibile fosse messo in discussione ma, alla luce dei recenti accadimenti, riteniamo necessario rimarcare l’obbligo di applicazione del D. Lgs. 50/2016 nell’affidamento degli incarichi per servizi di ingegneria ed architettura che evidentemente non consente affidamenti con base d’asta non determinati ai sensi del D.M 17.06.2016. Il tema dell’equo compenso e della certezza dei pagamenti, visti anche i recenti sviluppi normativi con la L.R. 25/2018 della regione Calabria, e gli atti di indirizzo della Regione Toscana e della Giunta Regionale Siciliana in merito, richiedono senz’altro più ampia trattazione, in merito alla quale INARSIND si mette fin d’ora a disposizione, ma ci preme sottolineare la necessità di porre un primo, urgente freno a questa inaccettabile deriva, di totale disapplicazione della norma vigente, che vuole tramutare il lavoro di ingegneri ed architetti liberi professionisti in volontariato. Ci preme altresì sottolineare che un lavoro svolto con l’idonea preparazione, professionalità, disponibilità di tempi e mezzi è prima di tutto garanzia di sicurezza per la collettività ed in tal senso la Pubblica Amministrazione dovrebbe essere la prima a preoccuparsi che le prestazioni possano essere rese in modo ottimale. INARSIND chiede quindi con urgenza un incontro su questo tema ed un altrettanto urgente presa di posizione in merito. In attesa di un cortese riscontro porgiamo i più Distinti Ossequi. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Nota Avellino Nota Pompei
Decreto FER, in arrivo incentivi per sostituire l’amianto con pannelli fotovoltaici di Paola Mammarella Gli interventi avranno diritto ad aiuti aggiuntivi, ma non cumulabili con le altre iniziative per la rimozione delle coperture in eternit 11/09/2018 – Dovrebbe essere discusso nei prossimi giorni il Decreto FER, contenente gli incentivi alle rinnovabili per il periodo 2018 – 2020. Rispetto alle bozze precedenti, il testo del 6 settembre, approvato in via informale dal Ministero dell’Ambiente, introduce incentivi per la sostituzione delle coperture in amianto con moduli fotovoltaici. Decreto FER, gli incentivi alla rimozione dell’amianto Come si legge nella bozza del decreto, si è ritenuto opportuno “promuovere la realizzazione di impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati su edifici con coperture in eternit o comunque contenenti amianto (cd premio amianto), con la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto, in quanto gli ambiziosi obiettivi sulle rinnovabili richiedono e suggeriscono l’utilizzo di superficie già impegnate
per altri usi, a partire da quelle su cui l’installazione del fotovoltaico può fornire anche un vantaggio supplementare, in termini di benefici sanitari e ambientali”. Gli impianti fotovoltaici realizzati al posto delle coperture in amianto avranno diritto, in aggiunta agli incentivi sull’energia elettrica, a un premio pari a 12 € /MWh, erogato con le stesse modalità e tempistiche degli incentivi sull’energia elettrica. L’amianto dovrà essere rimosso e smaltito secondo le modalità indicate dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Questo incentivo non potrà essere cumulato con altri bonus per la rimozione dell’amianto. Decreto FER, gli impianti incentivati Il decreto FER suddivide gli impianti che hanno diritto agli incentivi in gruppi: Gruppo A: i. impianti eolici; ii. impianti fotovoltaici; Gruppo B: iii. impianti idroelettrici; iv. impianti geotermoelettrici; v. impianti a gas residuati dei processi di depurazione; vi. impianti alimentati da gas di discarica. Gruppo C: i. impianti oggetto di rifacimento totale o parziale e rientranti nelle tipologie di cui al gruppo A, lettera i) e gruppo B lettere iii) e iv). A questi la bozza del 6 settembre ha aggiunto il gruppo Gruppo A-2: impianti fotovoltaici i cui moduli fotovoltaici sono installati in sostituzione di coperture di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto. In base al testo, la superficie dei moduli non può essere superiore a quella della copertura rimossa. Potranno accedere agli incentivi, previa partecipazione a procedure pubbliche per la selezione di progetti da iscrivere in appositi registri: - gli impianti di nuova costruzione o integralmente ricostruiti e riattivati, di potenza inferiore a 1MW; - gli impianti oggetto di un intervento di potenziamento, qualora la differenza tra il valore della nuova potenza installata rispetto alla potenza installata precedentemente l’intervento sia inferiore a 1 MW; - gli impianti oggetto di rifacimento di potenza inferiore a 1 MW. Gli impianti con una potenza superiore a 1 MW potranno accedere agli incentivi partecipando ad aste al ribasso. Le aste saranno suddivise per gruppi di tecnologie, in base alla capacità di ridurre i costi. Eolico onshore e fotovoltaico da una parte, idroelettrico, geotermoelettrico e gas di discarica e depurazione dall’altra. Con le aste saranno definiti i livelli di incentivazione, nei limiti di contingenti di potenza. La potenza messa a disposizione per fotovoltaico ed eolico sarà pari a 4.800 MW mentre il secondo ed il terzo gruppo riceveranno, rispettivamente, 140 MW e 490 MW. Gli incentivi al fotovoltaico Potranno accedere agli incentivi gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che non possono accedere alle detrazioni fiscali per gli interventi di
riqualificazione. Fin dalla prima bozza, gli incentivi al fotovoltaico hanno rappresentato una novità per il Decreto FER. Ricordiamo infatti che dal 2013 il fotovoltaico non ha ricevuto più gli aiuti del Conto Energia dal momento che è stato considerato in grado di sostenersi autonomamente nel mercato. Le altre fonti di energia rinnovabile hanno continuato ad usufruire degli incentivi fissati con i decreti FER elettriche non fotovoltaiche, come ad esempio il DM 23 giugno 2016. Ma non solo, perchè gli aiuti al fotovoltaico hanno subìto dei tagli retroattivi a causa del Decreto "Spalma Incentivi" (DL 91/2014). La norma, dopo accese proteste, è stata considerata legittima. Il Governo ha però deciso di cambiare rotta, come si legge nella bozza del decreto, “alla luce della Strategia energetica nazionale (SEN) e degli esiti del DM 23 giugno 2016". © Riproduzione riservata Norme correlate Bozza non ancora in vigore 06/09/2018 Ministero dello Sviluppo Economico - Bozza di decreto interministeriale sugli incentivi alle rinnovabili nel periodo 2018 - 2020 (FER elettriche) Decreto Ministeriale 23/06/2016 Ministero dello Sviluppo Economico - Incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico
Abusi edilizi, quando la multa sostituisce la demolizione? di Paola Mammarella Il Consiglio di Stato spiega: l’ordine di demolizione va sempre emesso e successivamente si valuta caso per caso Foto: Jozef Polc © 123rf 11/09/2018 – La possibilità di sostituire la demolizione di un edificio abusivo col pagamento di una multa deve essere valutata nella fase esecutiva del procedimento. Questo significa che prima l’Amministrazione deve emettere l’ordine di demolizione e poi valutare se, nel caso concreto, è più opportuna una sanzione pecuniaria. Il meccanismo è stato spiegato dal Consiglio di Stato con la sentenza 5128/2018.
Demolizione o multa, quando si può scegliere I giudici hanno spiegato che “la repressione di abusi edilizi costituisce un atto vincolato, la cui motivazione soddisfa i requisiti di legge anche quando si riduce all’affermazione dell’accertata irregolarità dell’intervento, risultando superflua ogni specifica comparazione tra l’interesse pubblico e gli interessi privati coinvolti o sacrificati”. In altre parole, gli abusi edilizi devono sempre essere puniti ed eliminati, senza badare a eventuali danni che i provati, responsabili degli interventi, potrebbero subire. Il Comune deve quindi emettere sempre l’ordine di demolizione in caso di accertamento di un abuso edilizio. “La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria – si legge nella sentenza - deve essere valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: il dato testuale della legge è univoco ed insuperabile, in coerenza col principio per il quale, accertato l'abuso, l'ordine di demolizione va senz'altro emesso”. Il Comune nella scelta tra l’esecuzione della demolizione o una multa alternativa deve considerare se la demolizione possa avvenire “senza pregiudizio della parte eseguita in conformità. In presenza di rischi alle parti di edificio in regola, “il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione”. Si tratta, ha concluso il CdS, di casi che si verificano prevalentemente quando alcuni interventi vengono eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo rilasciato. Casi in cui non rientra l’ampliamento senza permessi di un edificio preesistente. Demolizione o multa, il caso Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il Comune aveva respinto una richiesta di condono, presentata dopo l’ampliamento di un immobile e ordinato il ripristino dello stato dei luoghi. I responsabili avevano affermato che, invece dell’ordine di
demolizione, il Comune avrebbe dovuto irrogare una sanzione pecuniaria. I giudici hanno spiegato innanzitutto che, in base alla Legge 326/2003, non possono essere sanati gli abusi realizzati nelle zone vincolate o in violazione degli strumenti urbanistici. Dato che tutto il territorio del comune era stato precedentemente dichiarato “di notevole interesse pubblico”, l’Amministrazione aveva dichiarato l’ampliamento volumetrico non condonabile. Il CdS ha inoltre ricordato che gli interventi edilizi effettuati su immobili situati in territori sottoposti a vincoli di notevole interesse pubblico e paesaggistico possono essere condonati solo se siano consistiti in interventi minori quali opere di restauro, di risanamento conservativo e di manutenzione straordinaria. Non trattandosi di un intervento di manutenzione, i giudici hanno escluso la sanatoria. Dal momento che il ripristino dello stato dei luoghi poteva avvenire senza danneggiare la costruzione realizzata legittimamente, il CdS ha confermato l’ordine di demolizione. © Riproduzione riservata Norme correlate Sentenza 31/08/2018 n.5128 Consiglio di Stato - Multe alternative alla demolizione degli abusi edilizi Legge dello Stato 24/11/2003 n.326 Conversione in legge del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici (art.32 - condono edilizio)
Benefici prima casa, cosa accade se si cambia residenza? di Alessandra Marra L’Agenzia delle Entrate spiega cosa succede quando è necessario trasferirsi in un altro appartamento nello stesso comune 11/09/2018 – Se si acquistata un appartamento con i benefici “prima casa”, trasferendovi la residenza, è possibile dopo un po' di tempo trasferirla in un altro appartamento nello stesso comune senza perderne i benefici? A chiarirlo l’Agenzia delle Entrate, rispondendo alla domanda di una contribuente tramite la posta di FiscoOggi. Benefici prima casa e cambio di residenza L’Agenzia ha ricordato che tra le condizioni richieste dalla legge per usufruire dei benefici “prima casa”, vi è quella in base alla quale l’acquirente deve avere, o deve stabilire entro 18 mesi dall’acquisto, la propria residenza nel territorio del comune in cui è ubicato l’immobile.
Tuttavia, l’Agenzia ha specificato che “nel caso di successivo cambio di residenza all’interno dello stesso comune, non si determina la decadenza dai benefici”. Benefici prima casa: in cosa consistono Si tratta di una serie di agevolazioni fiscali finalizzate a favorire l’acquisto di immobili da destinare ad abitazione principale. Per esempio, con i benefici “prima casa” sono ridotte sia l’imposta di registro, se si acquista da un privato, sia l’Iva, se si acquista da un’impresa. Inoltre, non sono dovuti imposta di bollo, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie sugli atti assoggettati all’imposta di registro e quelli necessari per effettuare gli adempimenti presso il catasto e i registri immobiliari. Agevolazioni prima casa: chi ne può usufruire Queste agevolazioni interessano chi acquista un’abitazione principale e, in generale, si applicano quando: - il fabbricato che si acquista appartiene a determinate categorie catastali: A/2 (abitazioni di tipo civile); A/3 (abitazioni di tipo economico); A/4 (abitazioni di tipo popolare); A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare); A/6 (abitazioni di tipo rurale); A/7 (abitazioni in villini); A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi). Le agevolazioni prima casa non sono ammesse, invece, per l’acquisto di un’abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici); - il fabbricato si trova nel comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o lavora; - l’acquirente rispetta determinati requisiti (non essere titolare di un altro immobile nello stesso comune e non essere titolare su tutto il territorio nazionale di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su un altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa). Dal 1° gennaio 2016, i benefici fiscali sono riconosciuti anche all’acquirente già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto. © Riproduzione riservata
Professionisti, in Emilia-Romagna contributi per l’innovazione digitale di Alessandra Marra L’agevolazione a fondo perduto sarà concessa nella misura del 40% dell’investimento ammissibile. Domande entro il 28 settembre 11/09/2018 – I professionisti dell’Emilia-Romagna possono contare sul sostegno della Regione per investire nell’innovazione digitale. Da oggi al 28 settembre (e fino al raggiungimento di 50 domande), infatti, sarà possibile partecipare al bando Por Fesr 2014-2020 per l’innovazione delle attività libero professionali che, grazie ad una delibera regionale, ha riaperto i termini per la presentazione della domanda. Tale presentazione dovrà avvenire per via telematica tramite applicativo web Sfinge 2020. Innovazione digitale, gli obiettivi e i beneficiari del bando Il bando, rivolto al mondo delle professioni, intende promuovere in modo diffuso l’innovazione per l’ampliamento e il potenziamento dei servizi offerti per la crescita delle attività libero professionali, a supporto dei processi produttivi e dell’economia regionale.
Potranno beneficiare dei contributi: - i liberi professionisti ordinistici, titolari di partita Iva, esercitanti attività riservate, iscritti a Ordini o Collegi professionali e alle rispettive Casse di previdenza, che operano in forma singola, associata o societaria; - i liberi professionisti non ordinistici titolari di partita Iva, autonomi, operanti in forma singola, o associata di “studi formalmente costituiti“ (esclusa la forma di impresa) che siano iscritti alla gestione separata Inps e appartenenti ad Associazioni professionali riconosciute. Innovazione professionisti: interventi ammessi e contributi Sono ammessi a contributo gli interventi per l’innovazione tecnologica; la ristrutturazione, l’organizzazione e il riposizionamento strategico delle attività libero professionali; la diffusione della cultura dell’organizzazione e della gestione/valutazione economica dell’attività professionale. Rientrano anche le spese per l’acquisizione di brevetti, licenze software, consulenze specializzate Ict e studi di fattibilità per aggregazioni professionali fino al 30% del totale, compresi i costi relativi ai manager di rete. Infine, tra le spese ammesse ci sono anche le spese accessorie di carattere edilizio strettamente connesse alla installazione e posa in opera dei beni strumentali, nel limite massimo di 5.000 euro. L’agevolazione, a fondo perduto, é concessa nella misura del 40% dell’investimento ritenuto ammissibile. La percentuale di contributo è elevata al 45% qualora ricorra una delle seguenti ipotesi: - nel caso in cui il beneficiario realizzi un incremento occupazionale; - nel caso in cui il beneficiario caratterizzati dalla rilevanza della componente femminile/giovanile; - nel caso in cui il beneficiario sia in possesso del rating di legalità; - nel caso in cui la sede operativa o unità locale oggetto dell’intervento sia localizzata in area montana oppure nelle aree 107.3.C. definite dalla commissione europea. I progetti dovranno avere una dimensione minima di investimento ammesso pari a 15.000 euro, mentre l’importo massimo del contributo concedibile per ciascun progetto non potrà eccedere la somma complessiva di 25.000 euro. © Riproduzione riservata
Professionisti, Ministro Bonisoli annuncia nuovi concorsi pubblici Messa in sicurezza dei beni culturali e assunzione di nuovo personale tra le sue priorità Di Redazione Tecnica - 11 settembre 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli, dopo l’incontro avuto il 6 settembre con le sigle sindacali dei lavoratori e dei dirigenti, ha annunciato di aver già attivato un canale con la Funzione Pubblica per indire alcuni concorsi per l’assunzione di nuovi professionisti all’interno del suo dicastero. Il primo di questi concorsi dovrebbe essere già aperto all’inizio dell’anno prossimo. Professionisti, le priorità per il Ministro Bonisoli Parlando delle sue priorità, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali ha indicato la messa in sicurezza dei beni ed ha proseguito affermando: “Ma la carenza di personale è una delle emergenze che mi sta più a cuore. Sono partito con una serie di proposte normative che sono già a punto anche rispetto al quadro esigenziale di tipo nanziario”. Inoltre il ministro ha dichiarato che per portare a termine tutto ciò, agirà con pragmatismo, trasparenza e merito, aggiungendo: “L’ordine di grandezza con il quale ci muoviamo è di alcune migliaia di assunzioni”. Professionisti, Unità per la Sicurezza Il Ministro Bonisoli, a proposito di sicurezza, ci ha tenuto a far presente che già la settimana scorsa si era mosso per rendere operativa l’Unità per la Sicurezza del Patrimonio Culturale del Mibac che era stata istituita nel 2017 senza essere mai entrata in funzione. Questa “Unità per la Sicurezza” nasce con la nalità di uni care le varie strutture che avevano il compito di occuparsi di sicurezza. La struttura, che cercherà di coordinare al meglio le competenze, opererà sia nel campo della prevenzione, sia in quello delle emergenze che in quello degli interventi ordinari. Il Ministro Bonisoli, soddisfatto, ha così commentato: “La nascita dell’Unità per la Sicurezza del Patrimonio Culturale va nella direzione di quella sempli cazione non solo burocratica e https://www.ediltecnico.it/65263/professionisti-ministro-bonisoli-annuncia-nuovi-concorsi-pubblici/ 1/2
11/9/2018 Professionisti, Ministro Bonisoli annuncia nuovi concorsi pubblici amministrativa, ma anche e soprattutto operativa. Tutte le strutture che collaborano alla sicurezza, dalla Protezione civile ai Vigili del fuoco, alle strutture territoriali, ora sanno a chi rivolgersi per tutte le questioni legate alla sicurezza”. Anche le imprese del settore, tra cui Finco, hanno fornito il loro contributo tecnico ed esperienziale all’incontro del 6 settembre e il Ministro ha espresso interesse all’acquisizione di ogni possibile contributo da parte delle suddette imprese sulle vischiosità procedurali e per guadagnare risparmio nei tempi attuativi. Inoltre, nell’incontro, sono stati discussi anche altri temi importanti, tra cui l’archeologia, il verde storico e il restauro. In ne l’incontro si è concluso con l’auspicio della costituzione di un tavolo congiunto degli U ci Legislativi Mit/Mibact in merito al tema degli appalti. 2/2
Permesso di costruire, per la decadenza serve un provvedimento espresso Inoltre, nella rassegna di sentenze: demolizione e ricostruzione, liquidazione oneri concessori, scelte urbanistiche.. Di Mario Petrulli - 11 settembre 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli argomenti della selezione di sentenze per l’edilizia e l’urbanistica pubblicate la scorsa settimana sono… 1) Permesso di costruire – decadenza – necessità di un provvedimento espresso; 2) Demolizione e ricostruzione – titolo edilizio necessario; 3) Liquidazione oneri concessori – motivazione; 4) Scelte urbanistiche – precedente destinazione; 5) Convenzione urbanistica – modi ca disciplina urbanistica dell’area ; 6) Struttura per copertura parcheggio – titolo edilizio necessario; 7) Scelte urbanistiche – motivazione. Decadenza Permesso di Costruire, necessità di un provvedimento espresso Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 3 settembre 2018 n. 825 Massima: Per la decadenza del permesso di costruire serve un provvedimento espresso. Come evidenziato dal Consiglio di Stato, “la giurisprudenza più recente […] è prevalentemente orientata nel senso che l’operatività della decadenza della concessione edilizia necessita dell’intermediazione di un formale provvedimento amministrativo di carattere dichiarativo, che deve intervenire per il solo fatto del veri carsi del presupposto di legge e da adottare previa apposita istruttoria. Sulle stesse conclusioni è attestata anche la giurisprudenza del giudice di primo grado, per la quale la decadenza del permesso di costruire non opera di per sé, ma deve necessariamente tradursi in un provvedimento espresso che ne accerti i presupposti e ne renda operanti gli effetti; che, sebbene a contenuto vincolato, ha carattere autoritativo e, come tale, non è sottratto all’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 l. 7.8.1990, n. 241; può essere adottato solo previa formale ed apposita contestazione, esplicazione di una potestà provvedimentale” (Consiglio di Stato, sez. IV, 22 ottobre 2015, n. 4823). Il Giudice d’Appello ha, altresì, ricordato una precedente pronuncia (sez. VI, 17 febbraio 2006, n. 671) in cui si è speci cato che “la ragione, che giusti cherebbe l’obbligo per l’ente locale di adottare un atto che formalmente dichiari l’intervenuta decadenza del permesso di costruire, è stata individuata nella
necessità di assicurare il contraddittorio con il privato in ordine all’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che giusti chino la pronuncia stessa”. Demolizione e ricostruzione: titolo edilizio necessario Estremi della sentenza: TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 7 settembre 2018, n. 1213 Massima: Per la demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di un edi cio preesistente è su ciente la SCIA se è possibile accertare la preesistenza consistenza e volumetria; diversamente, si è dinanzi ad una nuova costruzione. A seguito della novella dell’art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico Edilizia (d.p.r. n. 380/2001) operata dall’art. 30 decreto legge n. 69/2013, gli interventi di ristrutturazione edilizia consistenti in demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria dell’edi cio “preesistente” rientrano nell’ambito di applicazione della SCIA edilizia ex art. 22, comma 1, lett. c) del medesimo Testo Unico (“Sono realizzabili mediante la segnalazione certi cata di inizio di attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente: … c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c”). Tuttavia, laddove non sia possibile accertare la preesistente consistenza e volumetria dell’edi cio originario, come già affermato da Cass. Pen., Sez. III, n. 5912/2014, non può operare il meccanismo di SCIA per demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria dell’edi cio preesistente di cui al citato art. 30 decreto legge n. 69/2013: in tal caso, quindi, si è in presenza di una “nuova costruzione”. Liquidazione oneri concessori, motivazione Estremi della sentenza: TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 4 settembre 2018 n. 1319 Massima: I provvedimenti con cui l’ente locale reclama somme dovute a titolo di oneri concessori non richiedono speci ca motivazione. I provvedimenti con cui l’ente locale reclama somme dovute a titolo di oneri concessori non richiedono speci ca motivazione, in quanto la determinazione di tali somme costituisce il risultato di una mera operazione materiale, applicativa di parametri stabiliti dalla legge o da norme di natura regolamentare stabilite dall’Amministrazione (ex plurimis: T.A.R. Catania n. 1193/2016; T.A.R. Salerno n. 1432/2015; T.A.R. Roma n. 2206/2014). Scelte urbanistiche, precedente destinazione
Estremi della sentenza: TAR Piemonte, sez. II, sent. 5 settembre 2018 n. 996 Massima: La mera esistenza, nella piani cazione previgente, di una destinazione urbanistica più favorevole al proprietario non è circostanza su ciente a fondare in capo a quest’ultimo quell’aspettativa quali cata la cui sussistenza imporrebbe all’amministrazione un obbligo di più puntuale e speci ca motivazione rispetto a quella, di regola su ciente, basata sul richiamo alle linee generali di impostazione del piano. Per giurisprudenza unanime, l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta per l’amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle differenti scelte operate, anche quando queste siano nettamente peggiorative per i proprietari e per le loro aspettative, dovendosi in tali casi dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte piani catorie intendono perseguire; più speci camente, la mera esistenza, nella piani cazione previgente, di una destinazione urbanistica più favorevole al proprietario non è circostanza su ciente a fondare in capo a quest’ultimo quell’aspettativa quali cata la cui sussistenza imporrebbe all’amministrazione un obbligo di più puntuale e speci ca motivazione rispetto a quella, di regola su ciente, basata sul richiamo alle linee generali di impostazione del piano” (Cons. Stato, sez. IV, 30 dicembre 2016 n. 5547; T.A.R. Piemonte, sez. II, 07/05/2018, n. 525). Per giurisprudenza costante, le scelte effettuate dall’amministrazione in sede di adozione- approvazione del piano regolatore generale o di sue varianti costituiscono apprezzamento di merito o, comunque, espressione di ampia potestà discrezionale, sottratto al sindacato di legittimità salvo che non siano in ciate da errori di fatto o abnormi illogicità (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2007, n. 2571). Convenzione urbanistica, modi ca disciplina urbanistica dell’area Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 5 settembre 2018 n. 2047 Massima: La stipulazione di una convenzione urbanistica attribuisce al privato una posizione di a damento quali cato, che deve essere adeguatamente ponderata dall’Amministrazione laddove questa intenda modi care la disciplina urbanistica dell’area. La stipulazione di una convenzione urbanistica attribuisce al privato una posizione di a damento quali cato, che deve essere adeguatamente ponderata dall’Amministrazione laddove questa intenda modi care la disciplina urbanistica dell’area. La modi cazione della piani cazione richiede, in questo caso particolare, una motivazione speci ca, ordinariamente non richiesta per le scelte di piano, che
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