Prodotti tradizionali del territorio - Camera di commercio di Rieti

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Prodotti tradizionali del territorio
02 aprile 2020

I Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016 n. 238,
sono prodotti le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, praticate
sul proprio territorio in maniera omogenea, secondo regole tradizionali e protratte per un periodo non inferiore ai 25
anni. Per questi prodotti viene dato particolare risalto alle procedure operative tradizionali per le quale è possibile
accedere alle deroghe igienico-sanitarie previste dalla normativa (esempio per locali storici, cantine, grotte o locali con
pavimenti geologici naturali e attrezzature in legno), che garantiscono la salvaguardia delle caratteristiche di tipicità,
salubrità e sicurezza del prodotto, in particolare per quanto attiene la necessità di preservare la microflora specifica.
Arsial, fin dalla emanazione della normativa, svolge la ricognizione dei PAT su tutto il territorio regionale, approfondendo
per ciascun prodotto la distribuzione territoriale, la valenza economica, le interazioni prodotto-territorio connesse con
l'ambiente di produzione e commercializzazione, le peculiarità del processo produttivo tradizionale. Alcuni prodotti
presentano un legame con la biodiversità in quanto provengono da risorse vegetali e animali autoctone a rischio di
erosione genetica di cui alla L.R. 1 marzo 2000 n. 15 "Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario".
Normativa di riferimento: D. Lgs 173/1998; DM 350/1999; Reg. CE 178/2002; Reg. CE 852/2004; Reg CE 2074/2005; L.
12/12/2016 n. 238 –art. 12 comma 1; L.R. n. 15/2000.

Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ai sensi dell' articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre
2016, n. 238.

CARNI FRESCHE E LORO PREPARAZIONI

In una provincia come quella reatina, fortemente ancorata alle origini contadine dove i grandi allevamenti intensivi sono
scarsamente rappresentati la consistenza media è di circa due capi in allevamento per azienda agricola. Esiste ancora
oggi l'abitudine, anche in molte famiglie che vivono nei centri urbani, di acquistare carni ed insaccati "caserecci" presso
aziende di conoscenti che provvedono autonomamente alla macellazione e alla lavorazione delle carni. La presenza di
questa "cultura" è dimostrata da uno studio demologico realizzato a fine anni '70 ove risulta che già negli insediamenti
dell'età del bronzo erano presenti ossa di suino che ne attestano la sua utilizzazione nella dieta alimentare umana
dell'epoca. Le testimonianze archeologiche o documentarie da allora in avanti sono sempre più frequenti, in particolare
per l'età romana, quando il paesaggio della Sabina era connotato dalla fitta presenza di boschi di querce. Oggi accanto
alla produzione casalinga e a quella dei piccoli laboratori artigianali ritroviamo, anche se in misura inferiore, anche
quella effettuata su scala industriale da aziende che vantano lunga tradizione nel settore delle trasformazioni norcine. Il
segreto del successo delle carni reatine deriva principalmente da una serie di fattori quali:

il clima, particolarmente adatto alla lavorazione;

la presenza di terreni incontaminati tra colline verdeggianti e boschi secolari che, pur trovandosi a pochi chilometri da
una metropoli come Roma, non ospitano sul loro suolo, né industrie, né agricoltura intensiva e l'aria non è inquinata da
smog;

le caratteristiche chimico fisiche e organolettiche delle pregiate carni utilizzate che conferiscono ai prodotti derivati, una
qualità eccezionale ed un gusto saporito unico;

una produzione attenta alle antiche tecniche e al rispetto di processi che seguono antiche e semplici tecniche
artigianali effettuate presso il laboratorio della stessa azienda produttrice.
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La compresenza di questi fattori ha consentito alle norcinerie reatine di fare della propria peculiarità un punto di forza,
investendo sull'unicità e sulla naturalità dei propri prodotti, promovendo uno stile di vita in armonia con una terra
incontaminata. La qualità delle carni risulta pertanto molto apprezzata e richiesta, il grasso in essa contenuta ne
determina caratteristiche tali da conferire ai salumi, nella stagionatura tradizionale, un'eccellente qualità. Gli insaccati
come salsicce, prosciutto, guanciale, coppa e salame, sempre buonissimi, sono speciali come antipasto, accompagnati
da un buon bicchiere di vino rosso locale.

Braciole sott'olio - Carne di pecora secca - Capocollo e coppa - Coppiette - Filetto di leonessa e guanciale - Guanciale
amatriciano - Lardo di Leonessa - Lardo stagionato al maiale nero - Lombretto della sabina e dei monti della
laga - Lombretto o lonza - Mortadella di accumoli e amatrice - Omento di maiale - Pancetta di suino - Porchetta di
poggio bustone - Porchetta di selci - Salame paesano - Salamella cicolana - Saldamirelli - Salsiccia corallina romana e
salsiccia paesana - Salsiccia di fegato e salsiccia sott'olio - Salsiccia di fegato - Salsiccie secche di suino - Spalla di
suino (spalluccia) - Zampetti

FORMAGGI

La storia del formaggio nel reatino affonda le sue radici ai tempi degli antichi romani e la geografia del territorio lo rende
naturalmente vocato all'allevamento. Le produzioni di formaggi nella provincia di Rieti rappresentano al meglio la
passione ed il rispetto per l'ambiente e per i procedimenti semplici e naturali, che riprendono e mantengono intatte
usanze e consuetudini dei nostri pastori di tanti secoli fa. Sapore, aroma, consistenza, valori energetici nutrizionali, tutto
perfettamente bilanciato, armonioso, equilibrato. E questo lo sapevano bene anche i legionari Romani che
aggiungevano sempre un'oncia di purissimo cacio di pecora alla razione quotidiana di farro per riacquistare vigore ed
energia prima di andare in battaglia. Il salato del formaggio, senza alterare gli aromi, è l'antica spia della sua lunga
conservabilità. Una sorpresa che non può non essere degustata è l'eccellente Formaggio Pecorino dei Monti della Laga,
che è ottenuto da latte ovino crudo coagulato mediante caglio di capretto, con stagionatura superiore ai cinque mesi e
con caglio di agnello con stagionatura di due-tre mesi. Un'altra tipologia molto nota è il Formaggio Pecorino di Amatrice,
grasso, di lunga stagionatura, a pasta dura. Viene prodotto con latte di pecora a crudo e le forme sono trattate con olio
di oliva e aceto, è famoso nella ricetta degli "Spaghetti all'Amatriciana". Anche se il principe dei formaggi locali è il
pecorino nelle sue varie declinazioni, nella zona di Rieti e della Sabina non manca una varietà di formaggi ottenuti da
diversi tipi di latte che, grazie alla ricchezza di pascoli e alla qualità dei foraggi locali, offrono profumi e sapori di
particolare qualità, molto apprezzati dai buongustai. Il territorio di Rieti detiene infatti le tradizioni e la cultura dei grandi
casari, maestri di quest'arte alimentata nei secoli. La produzione prevede tantissime tipologie sia a latte vaccino e a latte
ovino. Tutto sta infatti nella qualità del latte e dei pascoli, soprattutto quelli della tarda primavera, più ricchi di essenze e
fiori. La produzione del latte è, quasi ovunque, continua tutto l'anno grazie alla suddivisione in cicli di parti effettuati in
diversi periodi dell'anno per agevolarne anche la mungitura e la refrigerazione, conservandone, al contempo, la qualità
altissima. Questo procedimento consente di mantenere le giuste caratteristiche di sapore, anche per differenziarsi
rispetto al resto del mercato e per creare una gamma maggiormente di nicchia, conservando la standardizzazione che il
consumatore vuole, nonostante comunque cerchi sempre l'artigianalità del prodotto. C'è solo il piacere di scoprire
l'eccellenza casearia ed enogastronomica di questo fantastico luogo di magie e profumi che ne garantisce la continuità
del successo guadagnato nel tempo. Altri prodotti:

Cacio magno - Caciocavallo vaccino - Caciotta dei monti della laga - Caciotta di mucca - Caciotta genuina
romana - Caciotta ovi-vaccina - Fiordilatte - Formaggio di capra - Formaggio e caciotta di pecora - Pecorino della
Sabina - Provola di vacca - Provolone vaccino - Ricotta secca - Scamorza vaccina

OLI E GRASSI

Nel territorio sabino l'olivicoltura è molto antica e risale ai tempi degli Etruschi e poi dei Romani, fino ai monaci di Farfa
del Medioevo. La testimonianza vivente della vocazione millenaria della Sabina alla produzione di olio d'oliva è l'olivo
millenario di Canneto Sabino: un albero, grande, forte e rigoglioso che tocca i quindici metri di altezza, con una
circonferenza del tronco di 7,2 metri e una chioma di circa 30 metri, che porta benissimo i suoi oltre 2000 anni di vita.
Grazie alla Strada dell'olio della Sabina è stato istituito il Museo dell'olio di Castelnuovo di Farfa, che propone una
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reinterpretazione dell'olio e dell'ulivo in chiave storica, mitica e simbolica attraverso la metafora dell'arte. L'olio sabino è
stato il primo olio italiano in ordine di tempo ad ottenere la certificazione di Denominazione di Origine Protetta, nel luglio
del 1996. Il Sabina Dop appare con un colore giallo oro che, negli oli più freschi, conserva sfumature verdognole.
L'aroma è fruttato, così come il sapore, che al palato si presenta vellutato, uniforme, aromatico, leggermente piccante.
Viene presentato in commercio in recipienti in vetro o in lamina metallica inossidabile di capacità non superiore ai 5 litri.
Il fattore che più di ogni altro determina la qualità dell'olio sabino è rappresentato dal patrimonio di cultivar, con varietà
che qui hanno trovato condizioni ideali per svilupparsi: è previsto infatti l'impiego di Carboncella, Leccino, Raja,
Pendolino, Frantoio, Moraiolo, Olivastrone, Salviana, Olivago e Rosciola per almeno il 75% della materia prima, mentre
altre varietà possono concorrere fino ad un massimo del 25%. L'Olio di Oliva è alimento caratteristico della Dieta
Mediterranea e fa parte dei cosiddetti grassi di condimento. I Grassi sono essenziali per la salute dell'organismo poiché
costituiscono una fonte importante di energia e di nutrienti. Inoltre sono componenti strutturali di tutte le membrane
cellulari e delle cellule nervose e favoriscono lo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale in età infantile. Nelle varie fasi
dell'alimentazione contribuiscono alla palatabilità dei cibi, regolano lo svuotamento gastrico e, in questo modo, anche il
centro fame-sazietà, infine veicolano l'assorbimento delle vitamine liposolubili (vitamina A, D, E, K). In poche parole
possiamo mantenerci giovani e sani assumendo regolarmente gli acidi grassi insaturi presenti nei lipidi vegetali, in
particolare quelli dell'olio di oliva extra-vergine, specie se ottenuto mediante metodiche che non ne alterino le
caratteristiche organolettiche così salutari, cedute dal terreno di coltivazione. Dunque il consumo di olio extravergine
rappresenta un' ottima fonte di quei preziosi elementi utili al benessere del nostro organismo, possedendo molte qualità
benefiche ed essendo privo di controindicazioni. Ma quali sono le giuste quantità di olio da assumere? Crudo o come
alimento di cottura? Sicuramente per una dieta sana ed equilibrata non vanno superate le dosi di tre cucchiai al giorno.
Per quanto riguarda invece il modo in cui lo si utilizza, il consiglio è quello di preferirlo a crudo su verdure in pinzimonio,
finger food, bruschette, zuppe di legumi o verdure, carpacci di carne e pesce, crostacei. In cottura valorizza ragù, sughi
e condimenti di primi piatti, brasati, arrosti, cacciagione, grigliate di carne e pesce. Viene consigliato anche per friggere
in quanto, per la sua alta percentuale di acido oleico, l'olio d'oliva ha un elevato punto di fumo ed è stabile alle alte
temperature. - Burro di San Filippo - Olio monovarietale extravergine di carboncella - Olio monovarietale extravergine di
olivastrone - Olio monovarietale extravergine di salviana

PRODOTTI VEGETALI ALLO STATO NATURALE O TRASFORMATI

La terra, l'altitudine, le condizioni pedoclimatiche delle zone di coltivazione, garantiscono al territorio reatino una qualità
apprezzata e riconosciuta di cereali, legumi e patate, prodotti che trovano una spazio fondamentale nella cultura
culinaria locale.Un vero e proprio patrimonio naturale incontaminato, il territorio si presenta come una verde distesa di
campi e frutteti. E, a seconda delle stagioni, il paesaggio si dipinge con i diversi colori, come un bel quadro su cui
posare gli occhi e l'anima. Baciata dalla dea della fertilità, la provincia reatina Sabina è un territorio davvero fecondo,
ideale per chi dedica la propria vita all'agricoltura. Il paesaggio, fondamentalmente ancora incontaminato, non presenta
importanti insediamenti di agricoltura intensiva ma si privilegia la vendita diretta dei propri prodotti da parte delle
numerose aziende agricole presenti sul territorio. Questo consente ai produttori locali di dedicare una particolare
attenzione alla qualità e alla purezza del prodotto a beneficio dell'intera filiera produttiva, dalla coltivazione alla
trasformazione dei prodotti. Ne scaturisce una tavolozza aromatica fatta di sapori autentici e naturali, dove agricoltura e
ambiente si integrano e i paesaggi si fondano da tempi lontani quali luoghi magici da scoprire. Il buon cibo è infatti lo
strumento ideale per scoprire una destinazione in maniera originale, condividendo momenti indimenticabili e delizie con
la gente del posto e, perché no, per mettersi in gioco nella preparazione delle specialità locali. Potrebbe ad esempio
rivelarsi piacevole, in occasione di una gita fuori porta, recarsi, la seconda domenica di ottobre, a Leonessa per
prendere parte alla Sagra della Patata (dedicata alla patata di Leonessa), una manifestazione che celebra questo
straordinario prodotto dal 1990, raccogliendo consensi e successi sempre più rilevanti per l'economia e il turismo locale.
Un prodotto dalle elevate capacità qualitative, raggiunte grazie alle caratteristiche del terreno in cui viene coltivato ed
estremamente versatile in cucina, ideale per la preparazione di eccellenti gnocchi (tipici quelli conditi con sugo al tartufo
nero o al castrato) e gustosissime anche "rescallate", cioè lessate e ripassate in padella con pancetta e cipolla, oppure
utilizzate per la preparazione delle ciambelline di patate, una vera dolce prelibatezza della cucina leonessana. Perché
poi non provare a festeggiare il Capodanno anche con una delle numerose varietà tradizionali, forse meno note di altre
ma non per questo meno deliziose, quali la lenticchia di Rascino che nasce su un altopiano inviolato dall'uomo che
garantisce lo sviluppo di caratteristiche organolettiche di eccellenza. I vecchi pastori dicevano che questo legume fosse
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il prodotto ideale da coltivare perchè richiedeva pochi sforzi per la coltivazione, resa ancor più semplice dalle
considerevoli risorse idriche della zona, si conservava facilmente ed era molto nutriente tanto da essere servito cotto nel
latte ai più deboli e agli ammalati. La loro dolcezza e la delicatezza le rende deliziose come ingrediente per la
preparazione di zuppe e minestre e per la realizzazione di ottimi primi piatti e contorni. Allo stesso modo, solo per
citarne alcune, meritano un assaggio il fagiolo Borbontino, gustoso, delicato e facilmente digeribile grazie alla buccia
molto sottile, che viene coltivato a mano in piccoli appezzamenti nel comune montano di Borbona, o ancora la ciliegia
Ravenna della Sabina, dalla polpa rosa e dal gusto dolce, che viene coltivata tra Palombara e Montelibretti ma anche le
preziose marmellate, salse e conserve della tradizione reatina una vera delizia per il palato tutta da scoprire. Altri
prodotti: - Carciofini sott'olio- Castagna rossa del Cicolano - Cicerchia- Fagiolo a pisello- Fagiolo gentile di
Labbro - Farina di Marroni - Farro e ceci - Marmellata di agrumi, castagne mele al mosto cotto - Marrone antrodocano -
Melanzane sott'olio - Olive da mensa - Patata turchesa - Pere sciroppate al mosto o pesche o percoche
sciroppate - Pomodoro corno di toro - Pomodoro ovalone reatino

PASTE FRESCHE E PRODOTTI DELLA PANETTERIA, DELLA BISCOTTERIA E DELLA PASTICCERIA

La pasta fatta in casa è un primo piatto tipico della tradizione culinaria italiana: si tratta infatti di una ricetta che,
nonostante sia di antichissime origini, continua ad essere attuale grazie alla diffusione capillare della quale ha goduto
nel nostro Paese. Sarà la versatilità delle forme che può assumere, oppure la relativa economicità della materia prima a
renderla unica e invidiata da tutti gli stranieri. Le origini della pasta fresca sono a dir poco curiose: infatti la ricetta si è
sviluppata parallelamente e senza influenze reciproche sia in Europa che in Medio Oriente. Del resto questa
preparazione era nota fin dai tempi degli antichi greci. Il vero passo in avanti nella preparazione della pasta avvenne nel
Medioevo con l'avvento del metodo della bollitura. Contemporaneamente in Italia cominciarono a svilupparsi numerose
tradizioni locali che si differenziavano le une dalle altre per formato e dimensione. La cucina reatina in particolare
occupa anche essa un suo spazio sulla tavola degli italiani, grazie alle sue particolari ricette, che hanno contribuito a
delineare i paradigmi della cucina mediterranea. In particolare per i suoi primi piatti, figli di un territorio che è legato in
modo tutto particolare alle paste fresche delle nonne. Un territorio dove si trovano ancora con facilità le paste tradizionali
non solo fatte in casa, ma anche prodotte da innumerevoli laboratori artigianali. Le paste vengono impastate con farina
e uova e poi la sfoglia viene tirata a mano con il mattarello di legno; una preparazione all'apparenza semplice che in
realtà nasconde trucchi e segreti che fanno la differenza, noti solo alle massaie locali: guai, ad esempio, a sbagliare lo
spessore della sfoglia e soprattutto il taglio! Uno dei must della pasta fresca artigianale reatina è sicuramente la pasta
lunga, in tutte le sue declinazioni dalle tagliatelle alle fettuccine, dai nidi all'uovo agli spaghetti. Un cenno a parte
meritano le notissime "Fregnacce" che all'inizio erano solo di farina di grano tenero e acqua, per cui la sfoglia doveva
necessariamente essere tirata piuttosto spessa, poi veniva arrotolata e tagliata obliquamente, per cui la pasta risultava
di forma a losanga. Si tratta di una pasta povera, anzi poverissima, come denuncia lo stesso nome. Nel dialetto reatino,
il termine "fregnacce" indica appunto una cosa di poco valore, senza molta importanza, pertanto il condimento era
tradizionalmente di magro. Dapprima solo di olio e pecorino. Poi olio, aglio e pecorino con l'eventuale aggiunta di una
acciuga. Infine, a cavallo tra ‘800 e ‘900, l'arrivo dei pomodori pelati porta alla ricetta con cui le fregnacce
alla reatina vengono cucinate ancora oggi. Il condimento non è cambiato, ma le fregnacce invece si. La pasta si è fatta
infatti più raffinata, dapprima con l'aggiunta di uova, e quando l'uovo non c'è con l'uso di farina di grano duro. Altra pasta
tipica sono i pizzicotti, oggetto di una sagra tenuta ogni anno a Lisciano, che sono ottenuti prelevando "pizzichi" di un
impasto identico a quello utilizzato per il pane (cioè acqua, farina, sale e lievito) e cotti direttamente nell'acqua bollente;
vengono conditi con un sugo di pomodoro leggermente piccante. Fanno parte della cucina locale anche gli strengozzi,
che sono preparati "alla reatina" con un condimento costituito da grasso di prosciutto, olio di oliva, prosciutto fresco
tagliato a cubetti, peperoncino rosso, piselli freschi e pomodoro. Una nota di apprezzamento la meritano anche i dolci
tipici della tradizione reatina che vengono realizzati seguendo ricette classiche per dare vita a capolavori dal sapore
davvero unico e inconfondibile, capaci di accarezzare e stuzzicare il palato, scegliendo sempre con massima
accuratezza degli ingredienti che sono tuttora quelli tipici della tradizione contadina. La ricetta per ciascun manicaretto
veniva conservata gelosamente dalle massaie del luogo per dosi e quantità e veniva così tramandata oralmente di
generazione in generazione. Insomma un concentrato di profumi e sapori unico, che è possibile apprezzare a pieno solo
lì dove è stato inventato. E così ciascun piatto che, già nel nome, porta con se i segni indelebili di affascinanti trascorsi,
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rivivrà come per magia un glorioso passato intriso di storia, misteri e leggende. - Amaretti, bastoni e biscotti - Anse del
tevere- Calzone con verdure e ciacamarini - Castagnaccio - Ciambella al vino - Ciambelle all'anice e ciambelle da
sposa - Ciambelle salate - Ciambelline - Ciambelln'cotte - Crustoli e dolce di patate - Dolce alle fave di San Giuseppe da
Leonessa - Fave dei morti - Fettarelle - Fettuccine e fiatoni - Frascarelli - Frittelli di riso - Gnocchi di polenta, gnocchi de
lu contadino,gnocchi ricci e gnocchi di castagne - Lu cavalluccio e la copeta - Maccherono, maccheroni a
matassa - Maltagliati o fregnacce e mostaccioli - Murzitti, pane integrale e pane di semola

Palombella - Pane casareccio di lugnola - Pane con le olive - Pane con le patate

- Pane latino - Panpapato o panpepato - Pastarelle col cremore e pizza per terra - Pizza con farina di mais, pizza
somma e pizza sotto la brace - Pizza grassa - Pizza rossa, bianca, con gli sfrizzoli, pizza fritta - Pizza sfogliata e pizza
sucia - Pizzicotti e pizzicotto - Polentini e Spumette

- Ravioli con crema di castagne e ravioli di patate - Sagne - Salame del Re - Serpentone alle mandorle di
sant'anatolia - Sfusellati e strozzapreti - Tagliatelle, Terzetti, tusichelle - Tersitti de' Girgenti - Torta pasquale, tortano di
Pasqua, torta pasqualina, torteri di lenola, tortolo di pasqua e di sezze - Turchetti

CONDIMENTI E PRODOTTI DELLA GASTRONOMIA

Se si pensa ad Amatrice e al cibo che si consuma in questo luogo è quasi d'obbligo pensare all'amatriciana, una delle
pietanze più note e famose d'Italia, un tripudio di gusto composto da sugo rosso arricchito dal guanciale e una
spolverata di immancabile pecorino. Più che un piatto un'istituzione culinaria che nasce nel piccolo e sfortunato comune
di Amatrice, scosso dal terribile terremoto del 2016 che fortunatamente non ha piegato l'ottimismo della popolazione. Gli
spaghetti all'amatriciana nascono, come spesso accade per i cibi legati alla mitologia culinaria italiana, da esigenze
semplici e concrete. In periodi lontani, che si perdono nelle pieghe del tempo, i pastori della provincia di Rieti ponevano
infatti fine ai morsi della fame con i prodotti che avevano a disposizione nei ritagli di tempo che si concedevano quando
portavano al pascolo le pecore presso le montagne vicine: pasta, qualche pomodoro e gli ingredienti freschi derivati
dalla pastorizia. La prima testimonianza scritta del sugo all'amatriciana è contenuta nel manuale di cucina del cuoco
romano Francesco Leonardi, che nell'aprile 1816 lo servì nel corso di un banchetto al Quirinale offerto da Papa Pio VII
in onore dell'imperatore d'Austria Francesco I, emancipandolo da piatto popolano a specialità di alta classe, entrato di
diritto nel gotha della cucina italiana. Una specialità apprezzata da viaggiatori e turisti, desiderosi di saggiare la vera
essenza e il puro sapore nascosto nel luogo di origine della specialità culinaria, e strenuamente difesa dagli abitanti di
Amatrice. Il disciplinare ufficiale della salsa all'amatriciana, approvato nel 2014 dal Comune per l'attribuzione della
De.Co. (Denominazione comunale, dal mero valore identitario ma senza la forza e le implicazioni di un vero e proprio
marchio di tutela), prevede due versioni: "bianca" e "rossa". La prima, la notissima gricia o griscia, contempla tra gli
ingredienti spaghetti, guanciale amatriciano, olio extravergine di oliva, un goccio di vino bianco secco, pepe e pecorino
di Amatrice. Quindi niente pomodoro né, tantomeno, cipolla o aglio. La variante rossa addiziona il pomodoro
(possibilmente San Marzano) e il sale, con l'eventuale aggiunta di un pizzico di peperoncino in alternativa al pepe. Nel
disciplinare pubblicato in settimana sulla Gazzetta ufficiale dell'Ue si specifica che l'olio deve essere un extravergine
Dop di Lazio, Umbria, Marche o Abruzzo non miscelati tra loro e da queste stesse regioni deve arrivare il vino,
rigorosamente bianco. Il pomodoro può essere a pezzi o in passata, sempre che rispetti una serie stringente di requisiti
specifici. Quanto al formaggio, insieme a quello locale è ammesso il pecorino romano. Maggior tolleranza è prevista
infine per il tipo di pasta. Oltre ai canonici spaghetti, sono annoverati gli altrettanto classici bucatini, ma anche la pasta
corta. La tradizione culinaria reatina annovera altresì tra le proprie specialità la cosiddetta "Padellaccia", piatto della
tradizione nel giorno del "funerale" del maiale. Si è soliti realizzarlo, pertanto, a fine dicembre, gennaio al termine
dell'uccisione del maiale quando si festeggia tutti insieme con gli scarti suini che non possono essere conservati perché
di facile deperibilità. Si tratta di una ricetta antica tramandata da generazioni le cui testimonianze in nostro possesso
risalgono agli inizi del `900 ma che ha sicuramente una storia più antica. La lavorazione delle carni suine e la loro
trasformazione in prodotti della salumeria fanno parte della tradizione norcina, che, soprattutto nel comprensorio dell'alto
reatino, grazie anche alle favorevoli condizioni climatiche, ha una storia antica. A novembre, presso il comune di
Salisano in Sabina, la Sagra della Padellaccia è un appuntamento da non perdere!. Altri prodotti: Pasta di olive
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PESCE

La Trota reatina trova il suo habitat naturale nella Piana Reatina, una zona di gran pregio ambientale e condizioni
termiche e di ossigenazione delle acque ideali per la troticoltura. L'esistenza delle sorgenti del Peschiera, una delle più
grandi d'Europa, e di Santa Susanna, contribuiscono alla purezza delle acque, condizione questa necessaria per la
permanenza e la riproduzione della Trota Reatina, dalla polpa bianca o rosata se si gusta la trota salmonata, che vive e
si riproduce esclusivamente nelle acque pulite. Un grande pregio e un grande vantaggio per la salute del consumatore.
Considerata storicamente la regina delle acque cristalline e gelide che corrono sulla incontaminata Valle Santa Reatina,
le pregiate carni magre della trota, dal gusto delicato, sono fonte d'ispirazione per i ristoratori locali che, rielaborando
antiche ricette, propongono ricette accattivanti: dalla trota sott'olio alle erbe aromatiche o in crosta di patate. Si può
cucinare al vapore, lessa, al forno, alla griglia, al cartoccio, al sale, in umido o gratinata. Si abbina a vini bianchi secchi,
fruttati, di corpo adeguato alla complessità della preparazione e di persistenza aromatica e gustativa in accordo con
quella del piatto.

BEVANDE ANALCOLICHE, DISTILLATI E LIQUORI

Presenti in quasi tutte le civiltà antiche, le prime bevande alcoliche furono prodotte per fermentazione ed erano usate
sia per ragioni mediche, in alcuni luoghi e periodi in cui non era disponibile acqua potabile; sia per conservare le virtù
delle piante, al di fuori del periodo vegetativo o del loro tempo balsamico. A sviluppare la produzione di liquori naturali
erano anche motivi igienici (in quanto l'alcol ha proprietà antisettiche e disinfettanti); dietetici (per il loro apporto calorico
di zuccheri), oltre che per i consueti scopi conviviali, e di ispirazione artistica o in virtù dei loro effetti afrodisiaci. Tuttavia
la scoperta dell'alcol, ingrediente chiave per la preparazione di liquori naturali, è avvenuta in tempi quasi recenti. Infatti
prima dell'invenzione dell'alambicco, nell'VIII sec. d. C per opera degli alchimisti islamici, che permise l'estrazione
dell'alcol e delle parti volatili contenute nelle piante, gli olii essenziali. Il procedimento della distillazione è invece più
recente. La sua scoperta si fa risalire agli scienziati arabi medievali, che permisero con questa nuova tecnica di
superare la barriera del 16 % di gradazione alcolica, causata dalla non tollerabilità dei lieviti nei confronti di una
concentrazione superiore. L'alcol puro così ottenuto venne considerato una sorta medicina rivitalizzante e la
battezzarono in latino prima aqua ardens (acqua ardente o "che brucia") e poi aqua vitae (acqua di vita), da cui deriva il
nome attuale. La tecnica distillatoria dagli arabi giunse così ai monaci latini, detentori della grande sapienza e saggezza
delle civiltà passate, che all'interno dei monasteri continuarono a conservare, tramandare e sviluppare la scienza
botanica, erboristica e medica. Essi iniziarono a sperimentare la distillazione per estrarre le virtù delle piante in forme
più pure e usare conservanti e sostanze veicolanti più stabili come l'alcol (alcolati, elixir, estratti, liquori), a miscelare tra
loro vari elementi creando sinergie di grande effetto terapeutico. La Genziana è un amaro tipico delle zone intorno a
Rieti e soprattutto dei monti reatini che comprendono, immancabilmente, anche il Terminillo. Il liquore è fatto con le
radici dell'omonima pianta, la Genziana Lutea, un esemplare protetto di cui è vietata la raccolta. Un racconto mitologico
narra che la genziana fu la pianta prescelta per salvare il popolo da una grave carestia. Gli antichi romani utilizzavano la
Genziana per curare disturbi intestinali e Plino il Vecchio, in alcune sue opere, affermava che la radice fosse addirittura
in grado di fungere da antidoto al veleno dei serpenti. Dal gusto forte e deciso, l'amaro alla Genziana Lutea viene
esaltato dalla selezione di vini bianchi. Il Liquore fragolino viene realizzato utilizzando alcool, fragole, acqua e zucchero,
si possono anche utilizzare le fragoline di bosco. La storia di questo liquore parte all'inizio del '900. La preparazione del
liquore fragolino avviene in ambito domestico, impiegando una ricetta tramandata di generazione in generazione e
prevede la macerazione delle fragoline di bosco in alcool puro per circa 40 giorni. Il fragolino è un liquore dolce e
profumato, semplice da preparare, perfetto a fine pasto da sorseggiare mentre si gusta un dolcetto o dopo il caffè. Il
nocino è un infuso di noci acerbe che devono essere raccolte preferibilmente nella notte tra il 23 e il 24 giugno, la notte
di San Giovanni Battista: la notte, cioè, più corta dell'anno, che segna la vittoria del sole sulle tenebre e la massima
vitalità delle piante. Le piante devono essere messe in infusione in alcol con aggiunta di zucchero e, in piccole quantità,
di aromi quali cannella, chiodi di garofano, scorza di limone, macis, ecc.. Secondo fonti storiche, quando i romani
invasero la Britannia vi trovarono uno strano popolo che, per l'uso che avevano di dipingersi il volto e di tatuarsi il corpo,
chiamarono Picti (dipinti ). Questo popolo usava bere, specialmente nella notte del solstizio d'estate durante riti
particolari, uno strano liquido scuro che li rendeva particolarmente euforici, un infuso di noci acerbe in miele e frutta
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fermentati, era l'antenato del nocino. Un'antica credenza vuole inoltre che la rugiada (guazza) formatasi nella notte fra il
23 e il 24 giugno sia una panacea per ogni male, specie per i problemi dell'apparato digerente e per i disturbi
gastro-intestinali, per i quali il liquore di noci è considerato un rimedio eccellente. La raccolta viene effettuata quando la
maturazione non è ancora completa, e il mallo (cioè il rivestimento esterno del frutto) risulta verde e tenero. Al consumo,
il nocino si presenta limpido, di colore bruno scuro più o meno accentuato, di profumo intenso con sentore di noce e di
sapore aromatico, gradevole e persistente, tipico della noce immatura. Schede: Liquore di genziana e fragolino - Liquore
nocino

Non resta che gustare questi preziosi elisir in tranquillità dopo aver consumato un ricco pasto, delle migliori ricette
montane.
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