Problematiche vecchie e nuove nell'acquacoltura del terzo millennio. V Corso di aggiornamento - Torino, 6 aprile 2018 - IZSTo
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Problematiche vecchie e nuove nell’acquacoltura del terzo millennio. V^ Corso di aggiornamento Torino, 6 aprile 2018 Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Via Bologna, 148 – Torino – Sala Conferenze
Obiettivi del Corso: L’evento è destinato in particolare a medici veterinari, biologi, tecnici di laboratorio e della prevenzione che operano nel settore ittico. L’iniziativa ha lo scopo di fornire costante aggiornamento agli operatori sanitari che esercitano nell'ambito dell'acquacoltura, dell’ittiopatologia, della sicurezza alimentare nella filiera ittica e del benessere animale, attraverso comunicazioni puntuali su argomenti specifici di interesse attuale o comunque di competenza. L'evento prende spunto dalla richiesta degli operatori sanitari di fruire una più ampia formazione su diverse sfaccettature riguardanti la normativa vigente, malattie dominanti ed emergenti nel panorama ittico nazionale, problematiche di sicurezza alimentare legate al comparto ittico, nonché nozioni di alimentazione, fish welfare e biodiversità. - SEGRETERIA SCIENTIFICA Marino Prearo Paolo Pastorino S.S. Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia IZS PLVA Torino Tel.: 011-2686251 E-mail: marino.prearo@izsto.it - SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Daniela Passalacqua IZS Piemonte Liguria e Valle d’Aosta Via Bologna, 148 10154 TORINO Tel.: 011-2686356 E-mail: daniela.passalacqua@izsto.it 7 crediti per medici veterinari, biologi, chimici, tecnici di laboratorio e tecnici della prevenzione 2
PROGRAMMA Ore 08.30-09.00 Registrazione dei partecipanti Ore 09.00-09.30 Saluti delle Autorità Moderatore: Giorgio DIAFERIA (Centro Medicina Preventiva SUISM - UniTO) Ore 09.30-10.00 Il Laboratorio di Ittiopatologia a servizio dell’acquacoltura regionale Marino PREARO (IZS PLV) Ore 10.00-10.45 Le malattie notificabili dei Salmonidi: aggiornamenti sui Novirhabdovirus Anna TOFFAN (IZS Venezie) Ore 10.45-11,00 Coffee break Ore 11.00-11.45 La Lattococcosi: vecchia conoscenza, ma nuova emergenza Marino PREARO (IZS PLV) Ore 11.45-12.15 Profilassi in acquacoltura: resistenza genetica alle patologie Silvia COLUSSI (IZS PLV) Ore 12.15-13.00 Il farmaco in acquacoltura: aspetti normativi e modalità di utilizzo Raffaella BARBERO (IZS PLV) Ore 13.00-14.00 Light lunch Moderatori: Elena BOZZETTA (IZS PLV) Simone PELETTO (IZS PLV) Ore 14.00-14.30 La gestione dei ripopolamenti nelle acque interne naturali Elisabetta PIZZUL (UniTS) 3
Ore 14.30-15.00 I laghi alpini: laboratori naturali a cielo aperto Paolo PASTORINO (IZS PLV) Ore 15.00-15.30 Exhibit acquatici: la gestione al bioparco Zoom Torino Sara PIGA (Zoom Torino) Ore 15.30-16.00 Epidemiologia … per chi non sa che pesci pigliare Giuseppe RU (IZS PLV) Ore 16.00-16.15 Coffee break Ore 16.15-17.00 L’anguilla europea: note ecologiche, allevamento e nozioni sulla riproduzione Oliviero MORDENTI (UniBO) Ore 17.00-17.30 La vongola verace: una produzione nazionale da tutelare. Brevi cenni su biologia, ecologia, allevamento, patologie e salute pubblica Giuseppe ESPOSITO (UniSS) Ore 17.30-18.00 Discussione e test finale di apprendimento 4
IL LABORATORIO DI ITTIOPATOLOGIA A SERVIZIO DEL- L’ACQUACOLTURA REGIONALE Prearo M.1, Pastorino P.1,2, Righetti M.1, Cavazza G.1, Mugetti D.1, Arsieni P.1, Saragaglia C.1 & Dondo A.1 1 Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino; 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste. Via Giorgieri, 10 – 34127 Trieste L’acquacoltura rappresenta un comparto della zootecnia nazionale molto rilevante, rivestendo un ruolo importante sia nella produzione di specie dulciacquicole che di quelle marine. L’intero settore ha un valore approssimativamente di 280 milioni di euro, impiegando circa 15.000 persone. L’acquacoltura piemontese rappresenta una delle più antiche e consolidate del Paese, con una rilevante professionalità ed esperienza degli imprenditori che porta ad avere una elevata qualità dei prodotti; le condizioni di mercato risultano alquanto favorevoli, legate soprattutto ad una domanda crescente di prodotti ittici ed un’offerta quantitativamente limitata, lasciando ampi spazi di miglioramento produttivo. A fronte di una produzione di circa 3.000 tonnellate di prodotto ittico per un valore di circa 8 milioni di euro, sono state censite circa 30 aziende di dimensioni medie; la produzione è quasi totalmente volta all’allevamento di Salmonidi, dove la trota iridea (Oncorhynchus mykiss) viene allevata per l’alimentazione umana, mentre la trota fario (Salmo trutta), la trota marmorata (Salmo marmoratus) e il salmerino di fonte (Salvelinus fontinalis) per il ripopolamento delle acque libere o dei laghetti di pesca sportiva. Vi sono inoltre numerosi piccoli allevamenti presenti soprattutto nella fascia pedemontana e montana, dove vengono gestiti totalmente a livello famigliare, con 1 o al massimo 2 persone occupate e con produzioni piccole, ma che costituiscono una fonte di reddito importante. Tali realtà hanno una vocazione soprattutto per il turismo enogastronomico e culturale locale o per prodotto pronto pesca da consumare a casa. Proprio per la tipologia degli allevamenti e della produzione, gli imprenditori piemontesi presentano una spiccata sensibilità ai problemi ambientali e sanitari. Il settore acquacoltura regionale presenta però dei punti di debolezza particolari: infatti, l’eccessiva concentrazione del prodotto in una sola specie (trota) e la presenza di impianti ed attrezzature obsolete non permettono una crescita elevata come è successo in altre regioni. Inoltre, le carenze nell’organizzazione commerciale e nell’integrazione di filiera, la concorrenza di altre realtà nazionali ed internazionali, più dotate nella commercializzazione e nella differenziazione del prodotto, portano ad una difficoltà nella crescita delle produzioni e dei consumi. A tutte queste problematiche va aggiunta la scarsità di servizi di formazione ed assistenza tecnica degli operatori che tale settore deve affrontare. In Piemonte l’utilizzo di specie ittiche dulciacquicole è molto rilevante, anche se negli ultimi decenni, il consumo di specie allevate marine è in forte crescita e la concorrenza del salmone d’importazione ha esercitato una forte pressione nei mercati. Nell’ultimo ventennio l’acquisto domestico di trote bianche è andato diminuendo, aumentando invece 6
il consumo di trota salmonata di maggiore pezzatura, sia intera che in filetto, mantenendo pertanto stabile il consumo; il livello di penetrazione nelle famiglie piemontesi ed in generale del nord Italia di questo prodotto ittico è elevatissimo, prossimo al 100%, con un notevole apprezzamento da parte del consumatore soprattutto per il suo basso tenore di grassi (circa 2,5%). Mentre la produzione di trota da consumo ha subito un lieve aumento nel tempo, si è potuto osservare contemporaneamente una riduzione della domanda di salmonidi da ripopolamento delle acque pubbliche (circa il 20%). Un particolarità del territorio piemontese è la presenza di numerosissimi incubatoi di valle, a gestione privata o pubblica provinciale, dove viene allevato novellame di salmonidi provenienti da allevamenti certificati o viene effettuata una campagna ittiogenica dove vengono riprodotti esemplari selvatici prelevati direttamente dagli alvei dei fiumi ed il novellame prodotto viene reimmesso negli stessi bacini idrografici di prelievo. Un’altra produzione ittica che rappresentava nel passato un’eccellenza è l’allevamento dell’anguilla (Anguilla anguilla), presente soprattutto nel comparto di pianura, ma che attualmente ha perso la sua importanza con dismissione della maggior parte degli impianti anche a livello nazionale. Un certo interesse da parte dei produttori piemontesi è stato rivolto negli ultimi anni verso altre specie ittiche, soprattutto ciprinidi (Carpa comune, Cyprinus carpio e tinca, Tinca tinca) e storioni (Acipenser spp.); la carpa comune ha un notevole interesse nel settore della pesca ricreativa, dove viene spesso utilizzata nel ripopolamento di riserve di pesca e di laghetti di cava; anche lo storione, a livello regionale, viene spesso richiesto per la pesca sportiva, ma non trova sul territorio regionale ancora una connotazione di prodotto ittico da consumo o per la produzione di caviale. Un discorso un po’ particolare va fatto per la tinca: l’allevamento di tale ciprinide a livello regionale ha una connotazione totalmente diversa rispetto alla tipologia dell’allevamento ittico tradizionale che risale ai secoli scorsi e non ha grossomodo cambiato nel tempo le modalità di approccio tecnologico e strutturale. Infatti, tale allevamento, tipico del Pianalto di Poirino tra le provincie di Torino, Asti e Cuneo, presenta delle caratteristiche peculiari, grazie anche al territorio particolare di questo comprensorio. L’alleva- mento storicamente viene effettuato in bacini naturali o artificiali denominati piscine, in cui il ciclo produttivo della tinca avviene in modo naturale, a carattere estensivo, con una produzione di tinche porzione intorno ai 100-150 grammi pronte all’uso alimentare per ottenere piatti tipici della tradizione contadina, che negli ultimi anni sono stati riscoperti, presentando un valore commerciale elevato nella ristorazione locale. Per quanto riguarda la pesca professionale nelle acque interne piemontesi, l’unico luogo in cui tale attività è stata tradizionalmente effettuata è il Lago Maggiore. Le specie di alto 7
pregio che vengono pescate sono il coregone (Coregonus sp.), l’agone (Alosa fallax lacustris) ed il pesce persico (Perca fluviatilis). La pesca professionistica nel Lago Maggiore ha subito delle sospensioni per fenomeni di inquinamento ed attualmente il blocco pesca rimane per l’agone. L’evoluzione dell’acquacoltura intensiva, anche in Piemonte ha portato ad un incremento inevitabile di problematiche di tipo sanitario; il peggioramento dei parametri ambientali, la comparsa di nuove patologie, la difficoltà di trattamento delle stesse e la mancanza di strutture adeguate per avere una maggior efficacia delle misure di biosicurezza da mettere in atto, portano ad una difficoltà della gestione di allevamenti spesso obsoleti. Il laboratorio specialistico di Ittiopatologia dell’IZS PLV di Torino, seppur con denominazioni diverse, fino dagli anni ’70 del secolo scorso ha collaborato con gli imprenditori ittici piemontesi e del territorio nazionale proprio nella lotta contro le patologie, nel loro controllo e nel miglioramento della gestione degli impianti. All’inizio è stato gestito dal Prof. Pietro Ghittino, al quale è subentrato il figlio Claudio negli anni ’90; dal 2000 la gestione è passata al responsabile attuale, il Dr. Marino Prearo. Entrambi i successori provengono dalla medesima scuola del compianto Pietro Ghittino, il quale può essere sicuramente definito il padre dell’acquacoltura moderna italiana. Il laboratorio specialistico di Ittiopatologia ha da sempre come obiettivo principale la diagnosi ed il controllo delle patologie degli organismi acquatici; oltre agli argomenti di sanità animale, nell’ultimo decennio, proprio per soddisfare le richieste dell’utenza, si è occupato anche di argomenti di sicurezza alimentare e di benessere animale, oltre che di tematiche inerenti l’acquacoltura, l’ambiente e la biodiversità. Storicamente il personale del laboratorio si è sempre occupato di virologia, batteriologia e parassitologia; una fetta rilevante dell’attività routinaria del laboratorio verte sulla ricerca delle malattie notificabili di origine virale. La regione Piemonte, a partire dalla fine degli anni ’90, ha intrapreso una collaborazione con l’Istituto per monitorare e mappare la situazione territoriale, andando a controllare tutti gli allevamenti ittici con specie sensibili per Setticemia Emorragica Virale (SEV o VHS) e Necrosi Ematopoietica Infettiva (NEI o IHN). Tale controllo, obbligatorio per legge nella valutazione e nel successivo mantenimento di qualifica per gli allevamenti che seminano materiale ittico in acque pubbliche, è stato esteso a tutte le troticolture regionali, anche di piccolissime dimensioni, che allevano materiale destinato al consumo e agli incubatoi di valle che attuano la campagna ittiogenica; questa estensione, ancora in atto, ha permesso una valutazione corretta e precisa della situazione sanitaria regionale rispetto a queste due virosi. Attualmente non vi sono nuovi focolai di entrambe le malattie. La diagnosi viene effettuata con le metodiche tradizionali, mediante coltivazione su monostrati cellulari ed eventuale identificazione del virus tramite immunofluorescenza. Altra malattia notificabile di recente inserimento è l’Herpesvirosi della carpa koi (CyHV3 o KHV), che per la difficoltà di isolamento su monostrati cellulari, viene gestita mediante diagnosi biomolecolare. Nel 2017 sono stati isolati tre casi di positività in altrettanti allevamenti, due sul territorio piemontese e uno in Liguria; i tre episodi non sono stati collegati epidemiologicamente, anche se la diagnosi è avvenuta più o meno in contemporanea. Il trattamento dei focolai ha previsto modalità diverse a seconda della tipologia di allevamento. Per tutte le patologie notificabili, oltre alla diagnosi effettuata dal laboratorio territorialmente competente, il quale deve notificare all’ASL di competenza, alla Regione e al Ministero della Salute la positività, è necessario avere una conferma diagnostica da parte del Centro di Referenza Nazionale per le Malattie dei Pesci, situato presso l’IZS delle Venezie di Legnaro (PD). In ambito virologico, il laboratorio ha condotto ricerche su altri patogeni quali il Rhabdovirus dell’anguilla (Eel virus European X o EVEX), il Rhabdovirus del pesce persico (Perch Rhabdovirus), gli Herpesvirus dei ciprinidi (CyHV1 e CyHV2) e soprattutto 8
l’Iridovirus degli storioni. Questa ultima patologia rappresenta il fiore all’occhiello della struttura, in quanto già dalla suo primo isolamento nel 2016, insieme al Centro di Referenza, si è iniziato a effettuare diagnosi per l’utenza, mettendo in evidenza i focolai e valutando lo stato sanitario di partite di giovanili e di riproduttori. Le malattie batteriche rappresentano il settore dove il laboratorio di Torino storicamente ha una maggiore competenza tecnica e scientifica; la diagnosi routinaria viene condotta su tutti gli organismi acquatici ed è volta all’isolamento e alla classificazione dei patogeni batterici, sempre con l’allestimento del relativo antibiogramma, in modo da ottenere dati sulle molecole eventualmente efficaci e per valutare nel corso degli anni l’eventuale antibioticoresistenza. Da decenni ci si occupa soprattutto di patologie primarie come la Bocca rossa (da Yersinia ruckeri), la Foruncolosi (da Aeromonas salmonicida) e la Lattococcosi (da Lactococcus garvieae), ma anche di altre batteriosi come la Flavobatteriosi (da Flavobacterium psychrophilum), le Aeromonosi (da Aeromonas hydrophila/sobria) e alcune patologie che colpiscono i pesci marini. Sicuramente la malattia che maggiormente caratterizza l’azione del laboratorio è la Lattococcosi, di cui verrà ampiamente trattato in una comunicazione seguente: oltre alla diagnosi in allevamento, sono in atto ricerche specifiche sul patogeno, sull’immunità dell’ospite e sulla profilassi vaccinale. Sempre nel contesto delle malattie batteriche, un obiettivo particolare che caratterizza il laboratorio è il costante monitoraggio sanitario di partite di importazione di pesci ornamentali, per valutare lo stato di salute e di benessere dei pesci d’acquario e la prevalenza delle infezioni da micobatteri atipici. La Micobatteriosi è una problematica attuale ed è sempre più frequente il ritrovamento sia nei pesci ornamentali che nei pesci delle acque libere e di allevamento. E’ una seria problematica, non sempre messa in giusto risalto, che può causare implicazioni di sanità pubblica soprattutto negli operatori del settore. Tra i pesci ornamentali, la gestione dei doctor fish (Garra rufa) nei centri estetici rappresenta una peculiarità della struttura, dove da anni si cerca di valutare l’impatto sulla salute pubblica di tale attività con pesci vivi. Anche le patologie di origine parassitaria sono spesso al centro del nostro interesse diagnostico; tra queste malattie, quelle che maggiormente caratterizzano l’azione di laboratorio e sul campo del personale operante nel centro di Torino sono la Malattia Proliferativa Renale (MPR o PKD) e la Malattia Nodulare Branchiale (MNB) da ameba. Un discorso un po’ particolare, sempre in ambito parassitologico, va esteso alle zoonosi parassitarie ittiche, quali Difillobotriasi (da Diphyllobothrium latum), Opisthorchiasi (da Opisthorchis felineus) e Anisakiasi (da Famiglia Anisakidae), che rivestono un ruolo soprattutto in sicurezza alimentare; l’attività del laboratorio è volta al costante 9
monitoraggio delle parassitosi per una continua valutazione del rischio e per mantenere il livello di attenzione sempre alto su tali problematiche. Restando nel settore della sicurezza alimentare, l’azione persistente di monitoraggio sui contaminanti ambientali e sulla ricerca si residui di antibiotici soprattutto nella fauna ittica selvatica e nell’ambiente, è una caratteristica costante dell’azione del laboratorio sul territorio di competenza. Altra tematica che da qualche anno ha caratterizzato l’azione del laboratorio è relativa al benessere animale, dove si opera sia nella ricerca e nella valutazione di parametri ematologici base e degli enzimi epatici e renali delle diverse specie ittiche d’allevamento utili per la verifica dello stato di benessere, sia nel controllo degli stessi nelle diverse condizioni di allevamento o durante episodi stressogeni particolari. Vengono inoltre valutati da anni anche i parametri enzimatici dello stress ossidativo che sono ottimi criteri predittivi sullo stress cellulare. L’attività diagnostica di laboratorio è anche supportata da azioni sul campo volte a supportare gli acquacoltori in pratiche di igiene zootecnia, di alimentazione, di vaccinazione, di terapia e di biosicurezza in generale. Infine i ricercatori del centro di Torino stanno trattando diffusamente anche argomenti su tematiche di ecopatologia, gestione della fauna ittica, biodiversità e presenza di specie aliene, in particolare il siluro (Silurus glanis) e il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), biofouling e presenza di cianotossine nei corpi idrici. Per completare il quadro generale su come il laboratorio Specialistico di Ittiopatologia sia a disposizione del comparto ittico regionale e nazionale, resta da indicare i diversi filoni di ricerca che attualmente sono attivi; siamo in fase conclusiva dei progetti su: - geni candidati per la resistenza alla lattococcosi; - valutazione dell’antibioticoresistenza in ambiente acquatico d’allevamento; - monitoraggio sanitario su ostriche in banchi naturali e d’allevamento; - monitoraggio sanitario e creazione di linee guida nell’utilizzo di doctor fish in centri estetici (Fondazione CRT); sono invece attive pienamente ricerche su altre tematiche quali: - utilizzo della fitoterapia in acquacoltura; - valutazione della possibile tossicità delle acque potabili; - ricerche su disinfettanti in acquacoltura; - uso di farine di insetto nell’alimentazione dei pesci (Fondazione AGER); - i laghi alpini come laboratori a cielo aperto (Fondazione CRT). A corollario di tutta l’attività diagnostica e di ricerca, gli operatori del laboratorio, siano essi a tempo indeterminato che borsisti, nell’ultimo triennio hanno edito a stampa su riviste indicizzate, 47 lavori scientifici ed hanno partecipato a numerosi Convegni Nazionali e Internazionali su tematiche riguardanti gli organismi e gli ambienti acquatici. A conclusione del quadro fin qui esposto, il personale del laboratorio, avendo acquisito negli anni una formazione e una conoscenza relativamente ampia nell’ambito del settore ittico, da tempo è chiamato nella formazione diretta degli operatori del settore, sia a livello sanitario che gestionale, con la partecipazione in qualità di esperti, a corsi di formazione universitaria, in scuole di specializzazione ed in corsi tematici. 10
LE MALATTIE NOTIFICABILI DEI SALMONIDI: AGGIORNAMENTI SUI NOVIRHABDOVIRUS Toffan A. Laboratorio di Ittiovirologia, Centro di Referenza Nazionale per le malattie dei Pesci, Molluschi e Crostacei; Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Viale dell’Università, 11 – Legnaro (PD) I virus della setticemia emorragica virale (VHS sin. SEV) e della necrosi ematopoietica infettiva (IHNV sin. NEI) sono virus a RNA appartenenti alla famiglia Rhabdoviridae, genere Novirhabdovirus, e sono gli agenti causali della VHS e della IHN, due fra le più gravi patologie infettive che colpiscono gli animali acquatici. Queste malattie virali interessano principalmente i salmonidi, in particolare le trote iridee (Oncorhynchus mykiss), ma anche numerose altre specie sia d’acqua dolce che marine. I Novirhabdovirus si distinguono dagli altri appartenenti alla famiglia Rhabdoviridae per la presenza di un gene aggiuntivo (chiamato non viral o NV) che codifica per una proteina non strutturale alla quale si attribuisce un ruolo importante nel determinare la patogenicità dei diversi ceppi di VHSV e IHNV. Anche i geni codificanti per altre proteine, come la proteina di matrice (M) e la nucleoproteina (N) sembrano avere un ruolo importante nel determinare la diversa virulenza osservata in diversi ceppi virali nei confronti della trota iridea. Entrambi i virus hanno una distribuzione globale, anche se ristretta all’emisfero Nord, e sono endemici in Europa ed in Italia. In Europa la diffusione di tali malattie è regolamentate da leggi nazionali ed internazionali mirate alla loro eradicazione (direttiva 2006/88/CE), ed entrambe sono malattie listate dalla World Organisation for Animal Health (OIE). In Italia l’introduzione del virus della setticemia emorragica virale risale agli anni ’60 mentre l’introduzione del virus della necrosi ematopoietica infettiva è datata 1987. A seguito della loro introduzione tali malattie si sono diffuse sul territorio italiano con un impatto sanitario ed economico molto grave per la troticoltura italiana. Sia VHS che IHN si manifestano principalmente in presenza di temperature comprese tra i 4 e i 14°C con diverse forme di decorso accompagnate da sintomi clinici differenti. Tra 9 e 12°C le infezioni causano mortalità elevata e rapida, tra 15 e 18°C le patologie hanno un decorso rapido ma la mortalità complessiva è moderata. Infine a basse temperature (1-5°C) il decorso è prolungato e a stillicidio con limitata mortalità giornaliera ma elevata mortalità complessiva. I giovanili di trota iridea sono maggiormente sensibili all’infezione con mortalità vicina al 100%, ma tutte le taglie possono essere colpite con mortalità variabile dal 5 al 90%. I pesci affetti presentano melanosi, esoftalmo, anoressia, letargia intervallata da sprazzi di iperattività e nuoto anomalo (movimenti a spirale). Le lesioni esterne più frequentemente osservate sono: melanosi, esoftalmo bilaterale, emorragie alla base delle pinne, sui fianchi, oculari e branchiali, distensione dell’addome, anemia branchiale. Entrambi i virus possiedono tropismo per l’endotelio vasale ed il tessuto ematopoietico dell’interstizio renale. Le lesioni interne possono essere variabili: emorragie nella muscolatura dorsale, anemia di fegato, rene e milza, ascite, petecchie emorragiche su tutti gli organi interni (fegato, grasso viscerale, vescica natatoria e pericardio), riduzione dell’ematocrito, leucopenia e trombocitopenia. Le malattie sono indistinguibili dal punto di vista clinico, è quindi necessario sempre ricorrere al laboratorio per la caratterizzazione del virus. Poiché VHS e IHN sono due virus distinti dal punto di vista antigenico e gli anticorpi prodotti nei confronti di un virus non proteggono dall’altro, sono frequenti sono le coinfezioni con entrambi i virus nello stesso impianto e addirittura nello stesso soggetto. 11
La trasmissione dei due virus è prevalentemente orizzontale, diretta per coabitazione (da pesce a pesce) o mediata dall’acqua (acqua che contiene virioni infettanti). Elevata escrezione virale si osserva attraverso le urine ed i fluidi sessuali. La trasmissione verticale non è stata dimostrata, anche se le uova possono essere facilmente contaminate dai fluidi riproduttivi. Gli esemplari che superano la forma clinica della patologia possono restare carrier del virus per lungo periodo, anche per tutta la vita produttiva. Dai salmonidi allevati il virus si può trasmettere anche ai salmonidi selvatici, creando così dei reservoir in ambiente naturale. Infine, la disseminazione tra corpi idrici non direttamente collegati può avvenire tramite uccelli piscivori (aironi, cormorani, gabbiani), strumentario contaminato movimentazione di salmonidi infetti. Studi recente evidenziano tra i fattori di rischio più importanti associati all’introduzione di VHS in allevamento: lo stato sanitario delle aziende limitrofe, la vicinanza ad allevamenti positivi, le movimentazioni di animali vivi. Le movimentazioni di acqua e pesce in ingresso ed in uscita sono infatti i fattori di rischio considerati dalla normativa vigente per l’attribuzione della categoria sanitaria alle aziende che allevano specie sensibili a VHS e IHN (Dec. 2008/896/CE). Le diagnosi si esegue mediante rilevazione del/i virus in isolamento cellulare o del loro genoma mediante tecniche di biologia molecolare. I dettagli sulla frequenza e tipologia di campionamenti da eseguire nonché le metodiche riconosciute per la diagnosi si trovano nella Decisione di esecuzione UE 1554/2015 recante le modalità di applicazione della Dir 2006/88/CE per quanto riguarda le prescrizioni in materia di sorveglianza e di metodi diagnostici. Studi recenti di caratterizzazione virale hanno evidenziato la circolazione in Italia di diversi cluster virali appartenenti al genotipo Ia1 per VHS e al genotipo E per IHN. In particolare l’analisi filogenetica di 89 ceppi di IHN e 108 ceppi di VHS rappresentativi di un periodo temporale di oltre 30 anni (1982-2013) hanno permesso di evidenziare nel tempo, per entrambi i virus, introduzioni virali multiple nel territorio nazionale e una diversa velocità evolutiva, con IHN che presenta dei tassi evolutivi molto più elevati rispetto a VHS, probabilmente a causa della sua più recente introduzione nel territorio nazionale. Inoltre per i ceppi di IHN italiani si sta assistendo ad un incremento della gravità delle forme cliniche ad essi associate. Ulteriori studi per approfondire i marker molecolari di virulenza di questi due virus sono in corso. In Italia, in alternativa allo svuotamento completo dell’azienda prima del ripopolamento come previsto, ove possibile, dalle norme comunitarie, è permesso effettuare il ripopolamento prima del completamento del ciclo produttivo dei pesci ancora sotto taglia commerciale (eradicazione per fasi) (Nota MinSal 2386-31/01/2017). Questo strumento normativo, innovativo e unico in Europa, permette di ridurre le perdite economiche derivate dalle pratiche di stamping out necessarie ed indispensabili per la chiusura dei focolai di malattia secondo la normativa vigente. Bibliografia Abbadi M., Fusaro A., Ceolin C., Casarotto C., Quartesan R., Dalla Pozza M., Cattoli G., Toffan A., Holmes E.C. & Panzarin V. (2016). Molecular evolution and phylogeography of co-circulating IHNV and VHSV in Italy. Front Microbiol., 7: 1306. Baillon L., Mérour E., Cabon J., Louboutin L., Quenault H., Touzain F., Morin T., Blanchard Y., Biacchesi S. & Brémont M. (2017). A single amino acid change in the non-structural NV protein impacts the virulence phenotype of Viral hemorrhagic septicemia virus in trout. J. Gen. Virol., 98 (6): 1181-1184. doi: 10.1099/jgv.0.000830. 12
Cieslak M., Mikkelsen S.S., Skall H.F., Baud M., Diserens N., Engelsma M.Y., Haenen O.L., Mousakhani S., Panzarin V., Wahli T., Olesen N.J. & Schütze H. (2016). Phylogeny of the Viral Hemorrhagic Septicemia Virus in European aquaculture. PLoS One, 11 (10): e0164475. Dixon P., Paley R., Alegria-Moran R. & Oidtmann B. (2016). Epidemiological characteristics of infectious hematopoietic necrosis virus (IHNV): a review. Vet. Res., 47 (1): 63. Leong J.A.C. & Kurath G. (2017). Chapter 2. Infectious Hematopoietic Necrosis. In “Fish Viruses and Bacteria. Pathobiology and protection”. Eds. Woo & Cipriano. CAB International, USA. Lumsden J.S. (2017). Chapter 3. Viral Hemorrhagic Septicaemia Virus. In “Fish Viruses and Bacteria. Pathobiology and protection”. Eds. Woo & Cipriano. CAB International, USA. Oidtmann B.C., Pearce F.M., Thrush M.A., Peeler E.J., Ceolin C., Stärk K.D., Dalla Pozza M., Afonso A., Diserens N., Reese R.A. & Cameron A. (2014). Model for ranking freshwater fish farms according to their risk of infection and illustration for viral haemorrhagic septicaemia. Prev. Vet. Med., 115: 263-279. 13
LA LATTOCOCCOSI: VECCHIA CONOSCENZA, MA NUOVA EMERGENZA Prearo M.1, Righetti M.1, Cavazza G.1 & Pastorino P.1, 2 1 Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino; 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste. Via Giorgieri, 10 - Trieste Le infezioni ittiche causate da cocchi Gram-positivi, comunemente denominate Streptococcosi, sono delle patologie che colpiscono una grande varietà di specie ittiche. Sono state descritte per la prima volta in Giappone alla fine degli anni ’50, dove sono state diagnosticate in allevamento intensivo di trota iridea (Hoshina et al., 1958). Nel territorio nazionale casi di Streptococcosi sono stati riscontrati per la prima volta durante la tarda estate del 1991, in allevamenti di pianura dell’Italia settentrionale (Ghittino & Prearo, 1992). Sulla base della valutazione delle caratteristiche fenotipiche dei germi, si è sempre parlato della Streptococcosi ittica come di una patologia unica. Tutte le patologie sostenute dalle specie afferenti a questa grande categoria, presentano delle caratteristiche comuni, abbastanza peculiari rispetto alle altre malattie che colpiscono le specie ittiche: - causano una precoce anoressia dei soggetti colpiti; - i pesci si presentano letargici, con evidente melanosi e marcato esoftalmo mono o bilaterale; - vengono colpiti soprattutto pesci prossimi alla taglia commerciale, risparmiando in parte i soggetti giovani (novellame). Grazie anche allo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche basate su caratteristiche genotipiche, è stato possibile effettuare una riclassificazione, dimostrando che sono implicati almeno quattro generi: Streptococcus, Lactococcus, Vagococcus e Carnobacterium (Schleifer et al., 1985; Collins et al., 1987; Wallbanks et al., 1990; Michel et al., 1997). Da un punto di vista puramente accademico le Streptococcosi, sulla base della temperatura alla quale si manifestano in modo eclatante, possono essere divise in due gruppi: - Streptococcosi d’acqua calda: causate da cocchi Gram positivi patogeni che provocano mortalità a temperature al di sopra dei 15°C; tra questi distinguiamo Lactococcus garvieae, Streptococcus iniae, S. agalactiae e S. parauberis; - Streptococcosi d’acqua fredda: causate da cocchi Gram positivi che risultano patogeni esclusivamente per i Salmonidi a temperature inferiori a 15°C; tra questi si annoverano Vagococcus salmoninarum, Lactococcus piscium e Carnobacterium piscicola (Eldar & Ghittino, 1999). La Lattococcosi è una patologia causata da Lactococcus garvieae; l’agente eziologico fu isolato e descritto per la prima volta in Gran Bretagna a partire da un episodio mastitico in bovino (Collins et al., 1983). I primi focolai di lattococcosi riscontrati in allevamenti di trote iridea (Oncorhynchus mykiss) sono stati descritti in Spagna (Palacios et al., 1993). Dopo le prime segnalazioni nella troticoltura italiana tra il 1991 e il 1992 (Ghittino & Prearo, 1992), l’infezione da Lactococcus garvieae è diventata in breve tempo la malattia batterica più importante negli allevamenti di pianura che presentano un’alimentazione idrica da acque di superficie, che durante il periodo estivo subiscono un innalzamento significativo della temperatura. I ceppi isolati fino ad ora in Italia sembrano appartenere ad un unico sierotipo (Eldar et al., 1999), risultando particolarmente virulento (Manfrin et al., 2004). È responsabile di considerevoli perdite economiche, soprattutto nel periodo estivo, in pesci all’ingrasso e a fine ciclo produttivo. Tale patogeno è in grado di causare mortalità pari al 50-80% del totale della produzione (Ghittino & Pedroni, 2007). 14
Lactococcus garvieae è stato isolato in diverse specie ittiche, tra le quali la trota iridea rappresenta quella maggiormente colpita, essendo la specie più sensibile, nella quale la malattia si sviluppa in forma iperacuta - acuta, associata ad altissima mortalità. Generalmente vengono colpiti i pesci adulti (con taglia >80-100 g), anche se potenzialmente possono essere colpite tutte le taglie (Chang et al., 2002; Pereira et al., 2004). L. garvieae è quindi da considerarsi un patogeno primario, responsabile di focolai anche in assenza di fattori predisponenti (Vendrell et al., 2006). I ceppi presentano diversa patogenicità: i ceppi capsulati (KG-) sono più virulenti rispetto a quelli non capsulati (KG+) (Barnes et al., 2002). I fattori dell’ambiente acquatico che possono influenzare la comparsa della malattia sono diversi: tra questi, la temperatura e la qualità dell’acqua sono i più importanti. La patologia è associata alle alte temperature dell’acqua, manifestandosi soprattutto nel periodo estivo, quando vengono superati i 15°C. L’ingresso di nuove partite di pesce in allevamento può rappresentare la via principale di introduzione del patogeno (Vendrell et al., 2006). La trasmissione è di tipo orizzontale e avviene per contatto diretto con soggetti infetti, alimento e acqua contaminati. Il ciclo oro-fecale mantiene la malattia all’interno dell’allevamento: è stato dimostrato che l’eliminazione dell’agente tramite le feci avviene dopo 72 ore dall’infezione (Eldar & Ghittino, 1999). Lo stato setticemico che si viene a stabilire nella lattococcosi causa un’imponente diatesi emorragica (Austin & Austin, 2007). Dall’infezione la comparsa dei sintomi è rapida, circa tre giorni e il batterio agisce con alta virulenza (Eldar & Ghittino, 1999). La malattia provoca gravi perdite economiche a causa di tassi molto elevati di mortalità, diminuzione della crescita e comparsa di lesioni tali da rendere i pesci invendibili. L'attività patogena è mediata da tossine che hanno la capacità di produrre i sintomi clinici quando vengono inoculate nel pesce (Barnett et al., 2015). La sintomatologia inizia con la rapida comparsa di anoressia, melanosi, letargia, perdita di orientamento e nuoto irregolare (Vendrell et al., 2006). Tipica e costante è la comparsa di accentuato esoftalmo uni o bilaterale (da cui il nome inglese “pop- eye”). Si osserva inoltre la presenza di emorragie e petecchie sulla superficie cutanea a causa di lesioni all’endotelio vascolare. In particolare sono maggiormente colpite la base delle pinne e le regioni periorbitale, intraoculare, opercolare, buccale e perianale. È anche molto comune osservare i pesci con distensione addominale e prolasso anale (Eldar & Ghittino, 1999). All’apertura del pesce si osserva presenza di ascite, emorragie a carico di diversi organi, soprattutto a livello di peritoneo, vescica natatoria, grasso periviscerale, fegato e muscoli. Il parenchima epatico si presenta spesso con un imponente quadro di teleangectasia maculosa e l’intestino presenta enterite emorragica. Vi è inoltre splenomegalia e pericardite, con accumulo di 15
liquido sieroso nella cavità pericardica, meningite all’apertura della scatola cranica (Ghittino & Prearo, 1992). Sotto il profilo istopatologico si delinea una panoftalmite talvolta emorragica, con distruzione della camera anteriore e posteriore dell’occhio. Un infiltrato di cellule infiammatorie può essere osservato a livello del nervo ottico, del muscolo striato e del tessuto adiposo retrobulbare (Eldar & Ghittino, 1999). Nel SNC le lesioni sono a carico delle meningi del cervello e del cervelletto con infiltrazioni di linfociti e macrofagi. I pesci infetti presentano meningite acuta ed essudato che copre la superficie del cervello. Nel cuore, le lesioni sono costituite da infiltrato di macrofagi e linfociti a livello del pericardio. Nel rene si ha la deposizione di materiale ialino, sia a livello di epitelio che a livello di lume. Nella cavità celomatica, la peritonite è accompagnata da necrosi a carico del grasso periviscerale. L’intestino presenta vaste aree di erosione superficiale e formazione di pseudomembrane (Vendrell et al., 2006). La diagnosi clinica ed epidemiologica delle setticemie batteriche non risulta facile, poiché sono numerose le infezioni che causano una sintomatologia simile ed aspecifica. Risulta quindi fondamentale la conferma diagnostica con metodi di laboratorio che consentano la corretta identificazione dell’agente eziologico. La diagnosi clinica si basa sull’osservazione dei sintomi e delle lesioni anatomopatologiche tipiche. La conferma diagnostica si basa invece sull’isolamento del batterio e sulla sua successiva identificazione, tramite caratterizzazione fenotipica (prove colturali e biochimiche) o biomolecolare (PCR). Gli organi più appropriati da cui partire sono reni e cervello, sebbene l'agente possa essere isolato anche da fegato, milza, occhi, intestino e sangue. Gli antibiotici utilizzati per il controllo delle Streptococcosi, vengono somministrati solo per via orale, mediante mangimi medicati (Meyburgh et al., 2017) e tra le molecole più frequentemente utilizzate per il loro controllo, l’eritromicina rappresenta il farmaco d’elezione, dando ottimi risultati; altre molecole efficaci risultano l’ossitetraciclina, l’amoxicillina ed il florfenicolo. Il dosaggio terapeutico per l’eritromicina è di 50 mg/kg di peso vivo per 7 giorni (Ghittino & Prearo, 1992). Gli agenti antimicrobici mostrano una buona attività in vitro, ma scarso rendimento in condizioni di campo a causa di una serie di fattori, fra i quali l’estrema virulenza del germe, la precoce comparsa di anoressia nei pesci infetti ed in secondo luogo la possibile comparsa di ceppi batterici resistenti (Bercovier et al., 1997). Inoltre, a causa delle alte temperature delle acque e della precoce anoressia che si instaura molto velocemente, i pesci si alimentano poco e male, con conseguente scarsa assunzione di antibiotico e continue ricadute. Attualmente i risultati scoraggianti della terapia antibiotica, accompagnata dai costi molto spesso poco sostenibili, hanno fatto intraprendere campagne di vaccinazione con l’impiego di vaccini spenti. Ad oggi sono in commercio vaccini adiuvati, ma resta ancora possibile l’utilizzo di vaccini stabulogeni. Le misure sanitarie sono la prima barriera efficace nei confronti della diffusione dei batteri in allevamento. È necessario mantenere buone condizioni igieniche ambientali, usare cibi certificati e conservarli adeguatamente, effettuare la quarantena per i soggetti di nuova introduzione, ridurre le densità di pesci in vasca, le manipolazioni e eliminare i pesci morti. Inoltre può aiutare anche una periodica pulizia e disinfezione di tutti gli utensili in azienda (Vendrell et al., 2006). Infine, è importante evitare l'ingresso di uccelli ittiofagi, i quali possono agire come vettori. La lattococcosi rappresenta una malattia spesso favorita da scadenti condizioni ambientali, alto carico organico delle acque, elevate temperature e sovraffollamento (Ghittino & Prearo, 1992). Per questi motivi, quando la malattia compare in impianto, è necessario cercare di ridurre la densità dei pesci, ridurre i fattori stressanti come il trasporto e l’alimentazione spinta e controllare le vie d’infezione (cibo, acqua e pronta eliminazione dei soggetti morti). Se si hanno vasche separate e ne viene colpita solo una, è necessario usare attrezzature dedicate (Prearo et al., 2004). 16
Dai primi anni '90, L. garvieae è stato associato a diverse infezioni nell’uomo, principalmente endocarditi. Nel corso dell’ultimo decennio, le infezioni umane dovute a questo batterio sembrano essere in aumento, probabilmente a causa del miglioramento dei metodi diagnostici per l'identificazione dell’agente patogeno. Queste infezioni sono state spesso associate al consumo o alla manipolazione di pesce contaminato crudo e, di recente, uno studio genetico ha mostrato che la carne, il latte crudo e prodotti lattiero-caseari possono rappresentare fonti alimentari di infezione. Tuttavia, lo stato di L. garvieae come potenziale batterio zoonotico, è ancora molto dibattuto (Russo et al., 2012; Gibello et al., 2016). Proprio alla luce di quanto affermato e per far fronte alla nuova emergenza che gli allevatori hanno indicato, soprattutto dopo le due ultime annate, dove la vaccinazione ha in parte fallito l’obiettivo, un gruppo di ricercatori italiani (IZS di Torino, IZS di Legnaro e Università di Udine), in collaborazione con l’Associazione Piscicoltori Italiani e alcune ditte mangimistiche, sta tentando di intraprendere un nuovo studio sulla situazione epidemiologica attuale negli allevamenti italiani. L’obiettivo è quello di valutare la situazione generale, sia dal punto di vista del patogeno, per verificare gli eventuali cambiamenti delle condizioni o del germe, sia dal punto di vista della trota, verificando lo stato immunitario e la risposta mutuata dal trattamento vaccinale; inoltre si dovrà valutare l’efficienza e l’efficacia del vaccino attualmente utilizzato, cercando di portare eventuali migliorie al prodotto. Bibliografia: Austin B. & Austin D. (2007). Bacterial fish pathogens – Disease of farmed and wild fish. IV^ Ed. Springer, Germania: 1-538. Barnes A.C., Guyot C., Hansen B.G., Mackenzie K., Horne M.T. & Ellis A.E. (2002). Resistance to serum killing may contribute to differences in the abilities of capsulate and non-capsulated isolates of Lactococcus garvieae to cause disease in rainbow trout (Oncorhynchus mykiss L.). Fish & Shellfish Immunol., 12, 155- 168. Barnett T.C., Cole J.N., Rivera-Hernandez T., Henningham A., Paton J.C., Nizet V. & Walker M.J. (2015). Streptococcal toxins: role in pathogenesis and disease. Cell. Microbiol., 17: 1721-1741. Bercovier H., Ghittino C. & Eldar A. (1997). Immunization with bacterial antigens: infections with streptococci and related organisms. Dev. Biol. Stand., 90: 153-160. Chang P.H., Lin C.W. & Lee Y.C. (2002). Lactococcus garvieae infection of cultured rainbow trout, Oncorhynchus mykiss, in Taiwan and associated biophysical characteristics and histopathology. Bull. Eur. Ass. Fish Pathol., 22: 319-327. Collins M.D., Farrow J.A., Phillips B.A., Ferusu S. & Jones D. (1987). Classification of Lactococcus divergens, Lactococcus piscicola, and some catalase negative, asporogenous, rod-shaped bacteria from poultry in a new genus, Carnobacterium. Int. J. Syst. Bacteriol., 37: 310-316. 17
Collins M.D., Farrow J.A., Phillips B.A. & Kandler O. (1983). Streptococcus garvieae sp. nov. and Streptococcus plantarum sp. nov. J. Gen. Microbiol., 129: 3427-3431. Eldar A. & Ghittino C. (1999). Lactococcus garvieae and Streptococcus iniae infections in rainbow trout Oncorhynchus mykiss: similar, but different diseases. Dis. Aquat. Org., 36: 227-231. Eldar A., Goria M., Ghittino M., Zlotkin A. & Bercovier H. (1999). Biodiversity of Lactococcus garvieae strains isolated from fish in Europe, Asia and Australia. Appl. Environ. Microbiol., 3: 1005-1008. Ghittino C. & Pedroni A. (2007). Principali patologie batteriche dei Salmonidi: diagnosi, terapia e prevenzione. In: G. Baruchelli, “Tecniche di allevamento e trasformazione della Trota”, Ed. Istituto Agrario S. Michele all’Adige (TN): 271-284. Ghittino C. & Prearo M. (1992). Segnalazione di Streptococcosi nella trota iridea (Oncorhynchus mykiss) in Italia: nota preliminare. Boll. Soc. It. Patol. Ittica, 8: 4-9. Gibello A., Galán-Sánchez F., Blanco M.M., Rodríguez-Iglesias M., Domínguez L. & Fernández-Garayzábal J.F. (2016). The zoonotic potential of Lactococcus garvieae: an overview on microbiology, epidemiology, virulence factors and relationship with its presence in foods. Res. Vet. Scien., 109: 59-70. Hoshina T., Sano T. & Morimoto Y. (1958). A Streptococcus pathogenic to fish. J. Tokio Univ. Fish, 44: 57- 58. Manfrin A., Corrò M., Franceschini F., Volpin M., Perin R., Friso S. & Qualtieri K. (2004). Tolleranza al trattamento termico di ceppi di Lactococcus garvieae isolati da trota iridea (Oncorhynchus mykiss). Ittiopatologia, 1: 112-119. Meyburgh C., Bragg R. & Boucher C. (2017). Lactococcus garvieae: an emerging bacterial pathogen of fish. Dis. Aquat. Org., 123, (1): 67-79. Michel C., Nougayrede P., Eldar A., Sochon E. & de Kinkelin P. (1997). Vagococcus salmoninarum, a bacterium of pathological significance in rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) farming. Dis. Aquat. Org., 30: 189-208. Palacios M.A., Zamora M.J., Velazquez J., Zamora E. & Duran A. (1993). Streptococcosi della trota iridea (Oncorhynchus mykiss) in Spagna. Boll. Soc. It. Patol. Ittica, 13: 11-16. Pereira F., Ravelo C., Toranzo A.E. & Romalde J.L. (2004). Lactococcus garvieae, an emerging pathogen for the Portuguese trout culture. Bull. Eur. Ass. Fish Pathol., 24: 274-279. Prearo M., Pedron C. & Sarti M., (2004). Controllo e profilassi vaccinale della lattococcosi. Atti XI Convegno Nazionale Soc. It. Patol. Ittica, Finale Ligure (SV) 7-9 ottobre 2004:47-49. Russo G., Iannetta M., D’Abramo A., Mascellino M.T., Pantosti A., Erario L., Tebano G., Oliva A., D’Agostino C., Trinchieri V. & Vullo V. (2012). Lactococcus garvieae endocarditis in patient with colonic diverticulosis: first case report in Italy and review of the literature. New Microbiologica, 35: 495-501. Schleifer K.H., Kraus J., Dvorak C., Kilpper-Balz R., Collins M.D. & Fischer W. (1985). Transfer of Streptococcus lactis and related streptococci to the genus Lactococcus gen nov. Syst. Appl. Microbiol., 6: 183-195. Vendrell D., Balcázar J.L., Ruiz-Zarzuela I., de Blas I., Gironés O. & Múzquiz J.L. (2006). Lactococcus garvieae in fish: a review. Comp. Immunol. Microbiol. Infect. Dis., 29, (4): 177-198. Wallbanks S., Martínez-Murcia A.J., Fryer J.L., Phillips B.A. & Collins M.D. (1990). 16S rRNA sequence determination for members of the genus Carnobacterium and related lactic acid bacteria and description of Vagococcus salmoninarum sp. nov. Int. J. Syst. Bacteriol., 40: 224-230. 18
PROFILASSI IN ACQUACOLTURA: RESISTENZA GENETICA ALLE PATOLOGIE Colussi S.1, Campia V.1, Maniaci M.G.1, Riina M.V.1, Peletto S.1, Modesto P.1, Volpatti D.2, Bulfon C.2, Byadgi O.2, Righetti M.1, Prearo M.1 & Acutis P.L.1 1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – via Bologna, 148 - 10154 Torino; 2 Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali, Università degli Studi di Udine - Via Sondrio, 2/A – 33100 Udine. Le malattie infettive rappresentano ad oggi uno dei principali problemi negli allevamenti intensivi d'acquacoltura; esse sono fonte di ingenti perdite economiche da attribuire agli elevati livelli di mortalità e alla necessità di impiegare trattamenti farmacologici che possono, peraltro, indurre lo sviluppo di fenomeni di antibiotico resistenza e inquinamento ambientale. L'implementazione di efficaci sistemi di profilassi, potrebbe pertanto favorire uno sviluppo sostenibile dell'acquacoltura: tra le tecnologie innovative utilizzabili vi è la selezione genetica degli stock ittici. Essa può essere impiegata per la selezione di tratti di interesse produttivo ma anche per la selezione di soggetti geneticamente resistenti a malattie di origine batterica, virale e parassitaria. I maggiori sforzi, in tal senso, sono stati fatti per le specie di più elevata rilevanza economica quali i salmonidi e il Nord Europa ha messo in atto piani di selezione assistita da marcatori genetici per la resistenza alla necrosi pancreatica infettiva (NPI) ottenendo un decremento del 75% dell'incidenza della malattia. Sebbene la maggior parte degli stock ittici nel mondo risulti ancora non selezionato, per ragioni prevalentemente economiche, questo rimane sicuramente un obiettivo da perseguire. In tale contesto si inserisce lo studio condotto sul gene MHC di classe IIß, quale gene candidato nel conferire resistenza alla lattococcosi nella trota iridea (Colussi et al., 2015). La lattococcosi è una infezione batterica sostenuta da Lactococcus garvieae, di notevole impatto economico per la troticoltura italiana. Le strategie di controllo disponibili si basano sull’utilizzo di vaccini autologhi e commerciali e sul trattamento terapeutico. In entrambi i casi vi sono grossi limiti dovuti alla ridotta efficacia dei vaccini e alla possibilità di immissione di antibiotici nell’ambiente, con accresciuto rischio di insorgenza di ceppi antibiotico resistenti, come dimostrato da Raissy & Ansari (2011), che hanno rilevato valori di antibiotico resistenza dal 25 al 100% su tutti i ceppi isolati da impianti di troticoltura in Iran. La selezione genetica di soggetti portatori dell'allele di resistenza del gene MHC di classe IIß, individuato nello studio suddetto, consentirebbe di applicare piani per il contenimento dell’infezione, quale ausilio alle tecniche tradizionali. Di recente è stato, inoltre, concluso un challenge test per immersione-diluizione del patogeno, finalizzato all'approfondimento dello studio della risposta immunitaria in linee di trote resistenti e suscettibili, in condizioni standardizzate. Lo studio ha evidenziato differenze significative nei parametri relativi alla immunità innata coinvolti nel contrastare il patogeno. La condizione immunologica di un organismo può suggerire, infatti, la presenza di specifici tratti genetici che lo rendono resistente alle malattie ed i parametri di immunità innata rappresentano la prima linea difensiva contro i patogeni (Das & Sahoo, 2014). Ulteriori approfondimenti verranno condotti per testare la resistenza nei confronti di ceppi differenti di Lactococcus garvieae e si procederà ad implementare metodi di crioconservazione del tessuto ovarico di trota, al fine di sopperire alla bassa frequenza con cui l'allele di resistenza è stato rilevato nelle popolazioni di trota iridea studiate. 19
Bibliografia: Colussi S., Prearo M., Bertuzzi S.A., Scanzio T., Peletto S., Favaro L., Modesto P., Maniaci M.G., Ru G., Desiato R. & Acutis P.L. (2015). Association of a specific major histocompatibility complex class IIb single nucleotide polymorphism with resistance to lactococcosis in rainbow trout, Oncorhynchus mykiss (Walbaum). J. Fish Dis., 38 (1): 27-35. Das S. & Sahoo P.K. (2014). Markers for selection of disease resistance in fish: a review. Aquaculture Inter., 22: 1793-1812. Raissy M. & Ansari M. (2011). Antibiotic susceptibility of Lactococcus garvieae isolated from rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) in Iran fish farms. African J. Biotechnol., 10: 1473-1476. 20
IL FARMACO IN ACQUACOLTURA: ASPETTI NORMATIVI E MODALITÀ D’UTILIZZO Barbero R. Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino Dal 10 giugno 2006 è in vigore il Codice Comunitario dei medicinali veterinari: un Testo Unico che raccoglie e sostituisce tutta la precedente normativa sui medicinali veterinari per quanto riguarda l’autorizzazione all’immissione in commercio, la detenzione, la prescrizione, la fornitura e la somministrazione dei medicinali veterinari. L’art. 1 del Decreto Legislativo 6 aprile 2006, n° 193 (Decreto Legislativo 6 aprile 2006, n° 193, www.camera.it/parlm/leggi/deleghe/testi/06193dl.htm) definisce medicinale veterinario “ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative e profilattiche delle malattie animali e che può essere usata sull’animale o somministrata all’animale allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche mediante un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, oppure di stabilire una diagnosi medica”. Questo decreto si applica ai medicinali veterinari, incluse le premiscele per alimenti medicamentosi, destinati ad essere immessi in commercio e preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale (Art. 2). Non si applica invece agli alimenti medicamentosi disciplinati dal decreto legislativo 3 marzo 1993, n° 90 e successive modificazioni che regola l’allestimento, l’immissione in commercio e l’utilizzo dei mangimi medicati. L’ art. 3, comma 1 di tale decreto recita che nessun medicinale può essere immesso in commercio senza aver ottenuto l’AIC dal Ministero della Salute, oppure dalla Commissione Europea, a norma del Regolamento (CEE) 2309/93, fatta eccezione per alcune deroghe citate nello stesso comma. Il D.Lgs. 6 aprile 2006, n° 193 non si applica neppure ai medicinali veterinari ad azione immunologica inattivati aventi caratteristiche di vaccini stabulogeni ed autovaccini, regolamentati dal D.M. 17 marzo 1994, n° 287. Questi vaccini sono prodotti dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali previa autorizzazione del Ministero della Salute e a seguito di parere favorevole dell’Istituto Superiore di Sanità. Essi, quindi, non sono “registrati” come avviene per gli altri prodotti farmacologici, vaccini compresi e possono essere utilizzati solo per motivi contingenti, in presenza di gravi patologie. Inoltre essi devono essere preparati, su specifica richiesta del veterinario curante, dopo diagnosi clinica e di laboratorio con lo specifico ceppo della singola azienda (da qui il nome di stabulogeno, cioè “nato/isolato in quella stalla”). Attualmente risultano essere autorizzati in Italia: un vaccino per la lattococcosi (IZS di Torino) e gli “storici” vaccini per la vibriosi e la bocca rossa (autorizzazione dell’IZS delle Venezie attualmente acquisita dall’ IZS di Sassari). Quanto detto costituisce solo una breve disamina sulla legislazione legata al farmaco in medicina veterinaria tuttavia appare già evidente con quante e quali difficoltà il Medico Veterinario sia obbligato ad interfacciarsi nella pratica clinica quotidiana. Inoltre, occorre inoltre aggiungere il fatto che per le specie ittiche, tutto quanto venga ulteriormente complicato dalla scarsità di molecole registrate in commercio. Nonostante il vasto numero di farmaci (antibatterici e antiparassitari), ritenuti potenzialmente idonei per il trattamento delle malattie che interessano le specie ittiche, in realtà è estremamente ristretto il campo di molecole consentite; infatti, oltre all' aspetto economico, è sempre più crescente l'attenzione sui possibili rischi che l'uso intensivo del farmaco in acquacoltura potrebbe rappresentare per la salute umana e per l'ambiente, in particolare per quanto concerne il trasferimento di farmacoresistenze ai patogeni per l’uomo. La terapia antibatterica nell' allevamento ittico è legalmente consentita solo con 21
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