Problematiche vecchie e nuove nell'acquacoltura del terzo millennio. V Corso di aggiornamento - Torino, 6 aprile 2018 - IZSTo

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Problematiche vecchie e nuove nell'acquacoltura del terzo millennio. V Corso di aggiornamento - Torino, 6 aprile 2018 - IZSTo
Problematiche vecchie e nuove
nell’acquacoltura del terzo millennio.

       V^ Corso di aggiornamento

                     Torino, 6 aprile 2018

 Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta
                Via Bologna, 148 – Torino – Sala Conferenze
Problematiche vecchie e nuove nell'acquacoltura del terzo millennio. V Corso di aggiornamento - Torino, 6 aprile 2018 - IZSTo
Obiettivi del Corso:

   L’evento è destinato in particolare a medici veterinari, biologi, tecnici di laboratorio e
della prevenzione che operano nel settore ittico.
   L’iniziativa ha lo scopo di fornire costante aggiornamento agli operatori sanitari che
esercitano nell'ambito dell'acquacoltura, dell’ittiopatologia, della sicurezza alimentare nella
filiera ittica e del benessere animale, attraverso comunicazioni puntuali su argomenti
specifici di interesse attuale o comunque di competenza.
   L'evento prende spunto dalla richiesta degli operatori sanitari di fruire una più ampia
formazione su diverse sfaccettature riguardanti la normativa vigente, malattie dominanti ed
emergenti nel panorama ittico nazionale, problematiche di sicurezza alimentare legate al
comparto ittico, nonché nozioni di alimentazione, fish welfare e biodiversità.

- SEGRETERIA SCIENTIFICA
Marino Prearo
Paolo Pastorino
S.S. Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia
IZS PLVA Torino
Tel.: 011-2686251
E-mail: marino.prearo@izsto.it

- SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
Daniela Passalacqua
IZS Piemonte Liguria e Valle d’Aosta
Via Bologna, 148
10154 TORINO
Tel.: 011-2686356
E-mail: daniela.passalacqua@izsto.it

                                           7 crediti
                             per medici veterinari, biologi, chimici,
                        tecnici di laboratorio e tecnici della prevenzione

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Problematiche vecchie e nuove nell'acquacoltura del terzo millennio. V Corso di aggiornamento - Torino, 6 aprile 2018 - IZSTo
PROGRAMMA

Ore 08.30-09.00
Registrazione dei partecipanti

Ore 09.00-09.30
Saluti delle Autorità

Moderatore:
Giorgio DIAFERIA (Centro Medicina Preventiva SUISM - UniTO)

Ore 09.30-10.00
Il Laboratorio di Ittiopatologia a servizio dell’acquacoltura regionale
Marino PREARO (IZS PLV)

Ore 10.00-10.45
Le malattie notificabili dei Salmonidi: aggiornamenti sui Novirhabdovirus
Anna TOFFAN (IZS Venezie)

Ore 10.45-11,00
Coffee break

Ore 11.00-11.45
La Lattococcosi: vecchia conoscenza, ma nuova emergenza
Marino PREARO (IZS PLV)

Ore 11.45-12.15
Profilassi in acquacoltura: resistenza genetica alle patologie
Silvia COLUSSI (IZS PLV)

Ore 12.15-13.00
Il farmaco in acquacoltura: aspetti normativi e modalità di utilizzo
Raffaella BARBERO (IZS PLV)

Ore 13.00-14.00
Light lunch

Moderatori:
Elena BOZZETTA (IZS PLV)
Simone PELETTO (IZS PLV)

Ore 14.00-14.30
La gestione dei ripopolamenti nelle acque interne naturali
Elisabetta PIZZUL (UniTS)

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Ore 14.30-15.00
I laghi alpini: laboratori naturali a cielo aperto
Paolo PASTORINO (IZS PLV)

Ore 15.00-15.30
Exhibit acquatici: la gestione al bioparco Zoom Torino
Sara PIGA (Zoom Torino)

Ore 15.30-16.00
Epidemiologia … per chi non sa che pesci pigliare
Giuseppe RU (IZS PLV)

Ore 16.00-16.15
Coffee break

Ore 16.15-17.00
L’anguilla europea: note ecologiche, allevamento e nozioni sulla riproduzione
Oliviero MORDENTI (UniBO)

Ore 17.00-17.30
La vongola verace: una produzione nazionale da tutelare. Brevi cenni su biologia, ecologia,
allevamento, patologie e salute pubblica
Giuseppe ESPOSITO (UniSS)

Ore 17.30-18.00
Discussione e test finale di apprendimento

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ABSTRACT

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Problematiche vecchie e nuove nell'acquacoltura del terzo millennio. V Corso di aggiornamento - Torino, 6 aprile 2018 - IZSTo
IL LABORATORIO DI ITTIOPATOLOGIA A SERVIZIO DEL-
L’ACQUACOLTURA REGIONALE

Prearo M.1, Pastorino P.1,2, Righetti M.1, Cavazza G.1, Mugetti D.1, Arsieni P.1,
Saragaglia C.1 & Dondo A.1
1
  Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta,
Via Bologna, 148 – 10154 Torino; 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste. Via Giorgieri,
10 – 34127 Trieste

  L’acquacoltura rappresenta un comparto della zootecnia nazionale molto rilevante,
rivestendo un ruolo importante sia nella produzione di specie dulciacquicole che di quelle
marine. L’intero settore ha un valore approssimativamente di 280 milioni di euro,
impiegando circa 15.000 persone.
  L’acquacoltura piemontese rappresenta una delle più antiche e consolidate del Paese, con
una rilevante professionalità ed esperienza degli imprenditori che porta ad avere una
elevata qualità dei prodotti; le condizioni di mercato risultano alquanto favorevoli, legate
soprattutto ad una domanda crescente di prodotti ittici ed un’offerta quantitativamente
                                        limitata, lasciando ampi spazi di miglioramento
                                        produttivo. A fronte di una produzione di circa 3.000
                                        tonnellate di prodotto ittico per un valore di circa 8
                                        milioni di euro, sono state censite circa 30 aziende di
                                        dimensioni medie; la produzione è quasi totalmente
                                        volta all’allevamento di Salmonidi, dove la trota
                                        iridea (Oncorhynchus mykiss) viene allevata per
l’alimentazione umana, mentre la trota fario (Salmo
trutta), la trota marmorata (Salmo marmoratus) e il
salmerino di fonte (Salvelinus fontinalis) per il
ripopolamento delle acque libere o dei laghetti di
                                        pesca sportiva.
                                        Vi sono inoltre numerosi piccoli allevamenti presenti
                                        soprattutto nella fascia pedemontana e montana, dove
                                        vengono gestiti totalmente a livello famigliare, con 1
                                        o al massimo 2 persone occupate e con produzioni
piccole, ma che costituiscono una fonte di reddito importante. Tali realtà hanno una
vocazione soprattutto per il turismo enogastronomico e culturale locale o per prodotto
pronto pesca da consumare a casa. Proprio per la tipologia degli allevamenti e della
produzione, gli imprenditori piemontesi presentano una spiccata sensibilità ai problemi
ambientali e sanitari. Il settore acquacoltura regionale presenta però dei punti di debolezza
particolari: infatti, l’eccessiva concentrazione del prodotto in una sola specie (trota) e la
presenza di impianti ed attrezzature obsolete non permettono una crescita elevata come è
successo in altre regioni. Inoltre, le carenze nell’organizzazione commerciale e
nell’integrazione di filiera, la concorrenza di altre realtà nazionali ed internazionali, più
dotate nella commercializzazione e nella differenziazione del prodotto, portano ad una
difficoltà nella crescita delle produzioni e dei consumi.
  A tutte queste problematiche va aggiunta la scarsità di servizi di formazione ed assistenza
tecnica degli operatori che tale settore deve affrontare.
  In Piemonte l’utilizzo di specie ittiche dulciacquicole è molto rilevante, anche se negli
ultimi decenni, il consumo di specie allevate marine è in forte crescita e la concorrenza del
salmone d’importazione ha esercitato una forte pressione nei mercati. Nell’ultimo
ventennio l’acquisto domestico di trote bianche è andato diminuendo, aumentando invece

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il consumo di trota salmonata di maggiore pezzatura, sia intera che in filetto, mantenendo
pertanto stabile il consumo; il livello di penetrazione nelle famiglie piemontesi ed in
generale del nord Italia di questo prodotto ittico è elevatissimo, prossimo al 100%, con un
notevole apprezzamento da parte del consumatore soprattutto per il suo basso tenore di
grassi (circa 2,5%). Mentre la produzione di trota da consumo ha subito un lieve aumento
                                                 nel tempo, si è potuto osservare
                                                 contemporaneamente una riduzione della
                                                 domanda di salmonidi da ripopolamento delle
                                                 acque pubbliche (circa il 20%). Un
                                                 particolarità del territorio piemontese è la
                                                 presenza di numerosissimi incubatoi di valle,
                                                 a gestione privata o pubblica provinciale,
                                                 dove viene allevato novellame di salmonidi
                                                 provenienti da allevamenti certificati o viene
                                                 effettuata una campagna ittiogenica dove
                                                 vengono riprodotti esemplari selvatici
prelevati direttamente dagli alvei dei fiumi ed il novellame prodotto viene reimmesso negli
stessi bacini idrografici di prelievo.
   Un’altra produzione ittica che rappresentava nel passato un’eccellenza è l’allevamento
dell’anguilla (Anguilla anguilla), presente soprattutto nel comparto di pianura, ma che
attualmente ha perso la sua importanza con dismissione della maggior parte degli impianti
anche a livello nazionale.
   Un certo interesse da parte dei produttori piemontesi è stato rivolto negli ultimi anni
verso altre specie ittiche, soprattutto ciprinidi (Carpa comune, Cyprinus carpio e tinca,
Tinca tinca) e storioni (Acipenser spp.); la carpa
comune ha un notevole interesse nel settore della
pesca ricreativa, dove viene spesso utilizzata nel
ripopolamento di riserve di pesca e di laghetti di
cava; anche lo storione, a livello regionale, viene
spesso richiesto per la pesca sportiva, ma non
trova sul territorio regionale ancora una
connotazione di prodotto ittico da consumo o per
la produzione di caviale. Un discorso un po’ particolare va fatto per la tinca: l’allevamento
                                            di tale ciprinide a livello regionale ha una
                                            connotazione totalmente diversa rispetto alla
                                            tipologia dell’allevamento ittico tradizionale che
                                            risale ai secoli scorsi e non ha grossomodo
                                            cambiato nel tempo le modalità di approccio
                                            tecnologico e strutturale. Infatti, tale allevamento,
                                            tipico del Pianalto di Poirino tra le provincie di
                                            Torino, Asti e Cuneo, presenta delle
                                            caratteristiche peculiari, grazie anche al territorio
                                            particolare di questo comprensorio. L’alleva-
mento storicamente viene effettuato in bacini naturali o artificiali denominati piscine, in
cui il ciclo produttivo della tinca avviene in modo naturale, a carattere estensivo, con una
produzione di tinche porzione intorno ai 100-150 grammi pronte all’uso alimentare per
ottenere piatti tipici della tradizione contadina, che negli ultimi anni sono stati riscoperti,
presentando un valore commerciale elevato nella ristorazione locale.
   Per quanto riguarda la pesca professionale nelle acque interne piemontesi, l’unico luogo
in cui tale attività è stata tradizionalmente effettuata è il Lago Maggiore. Le specie di alto

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pregio che vengono pescate sono il coregone (Coregonus sp.), l’agone (Alosa fallax
lacustris) ed il pesce persico (Perca fluviatilis). La pesca professionistica nel Lago
Maggiore ha subito delle sospensioni per fenomeni di inquinamento ed attualmente il
blocco pesca rimane per l’agone.
  L’evoluzione dell’acquacoltura intensiva, anche in Piemonte ha portato ad un incremento
inevitabile di problematiche di tipo sanitario; il peggioramento dei parametri ambientali, la
comparsa di nuove patologie, la difficoltà di trattamento delle stesse e la mancanza di
strutture adeguate per avere una maggior efficacia delle misure di biosicurezza da mettere
in atto, portano ad una difficoltà della gestione di allevamenti spesso obsoleti.
  Il laboratorio specialistico di Ittiopatologia dell’IZS PLV di Torino, seppur con
denominazioni diverse, fino dagli anni ’70 del secolo scorso ha collaborato con gli
imprenditori ittici piemontesi e del territorio nazionale proprio nella lotta contro le
patologie, nel loro controllo e nel miglioramento della gestione degli impianti. All’inizio è
stato gestito dal Prof. Pietro Ghittino, al quale è subentrato il figlio Claudio negli anni ’90;
dal 2000 la gestione è passata al responsabile attuale, il Dr. Marino Prearo. Entrambi i
successori provengono dalla medesima scuola del compianto Pietro Ghittino, il quale può
essere sicuramente definito il padre dell’acquacoltura moderna italiana.
  Il laboratorio specialistico di Ittiopatologia ha da sempre come obiettivo principale la
diagnosi ed il controllo delle patologie degli organismi acquatici; oltre agli argomenti di
sanità animale, nell’ultimo decennio, proprio per soddisfare le richieste dell’utenza, si è
occupato anche di argomenti di sicurezza alimentare e di benessere animale, oltre che di
tematiche inerenti l’acquacoltura, l’ambiente e la biodiversità.
  Storicamente il personale del laboratorio si è sempre occupato di virologia, batteriologia
e parassitologia; una fetta rilevante dell’attività routinaria del laboratorio verte sulla ricerca
delle malattie notificabili di origine virale. La regione Piemonte, a partire dalla fine degli
anni ’90, ha intrapreso una collaborazione con l’Istituto per monitorare e mappare la
situazione territoriale, andando a controllare tutti gli allevamenti ittici con specie sensibili
per Setticemia Emorragica Virale (SEV o VHS) e Necrosi Ematopoietica Infettiva (NEI o
IHN). Tale controllo, obbligatorio per legge nella valutazione e nel successivo
mantenimento di qualifica per gli allevamenti che seminano materiale ittico in acque
pubbliche, è stato esteso a tutte le troticolture regionali, anche di piccolissime dimensioni,
che allevano materiale destinato al consumo e agli incubatoi di valle che attuano la
campagna ittiogenica; questa estensione, ancora in atto, ha permesso una valutazione
corretta e precisa della situazione sanitaria regionale rispetto a queste due virosi.
Attualmente non vi sono nuovi focolai di entrambe le malattie. La diagnosi viene effettuata
con le metodiche tradizionali, mediante coltivazione su monostrati cellulari ed eventuale
identificazione del virus tramite immunofluorescenza. Altra malattia notificabile di recente
inserimento è l’Herpesvirosi della carpa koi (CyHV3 o KHV), che per la difficoltà di
isolamento su monostrati cellulari, viene gestita mediante diagnosi biomolecolare. Nel
2017 sono stati isolati tre casi di positività in altrettanti allevamenti, due sul territorio
piemontese e uno in Liguria; i tre episodi non sono stati collegati epidemiologicamente,
anche se la diagnosi è avvenuta più o meno in contemporanea. Il trattamento dei focolai ha
previsto modalità diverse a seconda della tipologia di allevamento. Per tutte le patologie
notificabili, oltre alla diagnosi effettuata dal laboratorio territorialmente competente, il
quale deve notificare all’ASL di competenza, alla Regione e al Ministero della Salute la
positività, è necessario avere una conferma diagnostica da parte del Centro di Referenza
Nazionale per le Malattie dei Pesci, situato presso l’IZS delle Venezie di Legnaro (PD).
  In ambito virologico, il laboratorio ha condotto ricerche su altri patogeni quali il
Rhabdovirus dell’anguilla (Eel virus European X o EVEX), il Rhabdovirus del pesce
persico (Perch Rhabdovirus), gli Herpesvirus dei ciprinidi (CyHV1 e CyHV2) e soprattutto

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l’Iridovirus degli storioni. Questa ultima
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                                                  della struttura, in quanto già dalla suo
                                                  primo isolamento nel 2016, insieme al
                                                  Centro di Referenza, si è iniziato a
                                                  effettuare diagnosi per l’utenza, mettendo
                                                  in evidenza i focolai e valutando lo stato
                                                  sanitario di partite di giovanili e di
                                                  riproduttori.
                                                    Le malattie batteriche rappresentano il
                                                  settore dove il laboratorio di Torino
                                                  storicamente ha una maggiore competenza
                                                  tecnica e scientifica; la diagnosi routinaria
viene condotta su tutti gli organismi acquatici ed è volta all’isolamento e alla
classificazione dei patogeni batterici, sempre con l’allestimento del relativo
antibiogramma, in modo da ottenere dati sulle molecole eventualmente efficaci e per
valutare nel corso degli anni l’eventuale antibioticoresistenza. Da decenni ci si occupa
soprattutto di patologie primarie come la Bocca rossa (da Yersinia ruckeri), la Foruncolosi
(da Aeromonas salmonicida) e la Lattococcosi (da Lactococcus garvieae), ma anche di
altre batteriosi come la Flavobatteriosi (da Flavobacterium psychrophilum), le Aeromonosi
(da Aeromonas hydrophila/sobria) e alcune patologie che colpiscono i pesci marini.
Sicuramente la malattia che maggiormente caratterizza l’azione del laboratorio è la
Lattococcosi, di cui verrà ampiamente trattato in una comunicazione seguente: oltre alla
diagnosi in allevamento, sono in atto ricerche specifiche sul patogeno, sull’immunità
dell’ospite e sulla profilassi vaccinale.
  Sempre nel contesto delle malattie batteriche, un
obiettivo particolare che caratterizza il laboratorio è il
costante monitoraggio sanitario di partite di
importazione di pesci ornamentali, per valutare lo
stato di salute e di benessere dei pesci d’acquario e la
prevalenza delle infezioni da micobatteri atipici. La
Micobatteriosi è una problematica attuale ed è sempre
più frequente il ritrovamento sia nei pesci ornamentali
che nei pesci delle acque libere e di allevamento. E’
                                    una seria problematica, non sempre messa in giusto
                                    risalto, che può causare implicazioni di sanità pubblica
                                    soprattutto negli operatori del settore.
                                      Tra i pesci ornamentali, la gestione dei doctor fish
                                    (Garra rufa) nei centri estetici rappresenta una
                                    peculiarità della struttura, dove da anni si cerca di
                                    valutare l’impatto sulla salute pubblica di tale attività con
                                    pesci vivi.
  Anche le patologie di origine parassitaria sono spesso al centro del nostro interesse
diagnostico; tra queste malattie, quelle che maggiormente caratterizzano l’azione di
laboratorio e sul campo del personale operante nel centro di Torino sono la Malattia
Proliferativa Renale (MPR o PKD) e la Malattia Nodulare Branchiale (MNB) da ameba.
Un discorso un po’ particolare, sempre in ambito parassitologico, va esteso alle zoonosi
parassitarie ittiche, quali Difillobotriasi (da Diphyllobothrium latum), Opisthorchiasi (da
Opisthorchis felineus) e Anisakiasi (da Famiglia Anisakidae), che rivestono un ruolo
soprattutto in sicurezza alimentare; l’attività del laboratorio è volta al costante

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monitoraggio delle parassitosi per una continua valutazione del rischio e per mantenere il
livello di attenzione sempre alto su tali problematiche.
   Restando nel settore della sicurezza alimentare, l’azione persistente di monitoraggio sui
contaminanti ambientali e sulla ricerca si residui di antibiotici soprattutto nella fauna ittica
selvatica e nell’ambiente, è una caratteristica costante dell’azione del laboratorio sul
territorio di competenza.
   Altra tematica che da qualche anno ha caratterizzato l’azione del laboratorio è relativa al
benessere animale, dove si opera sia nella ricerca e nella valutazione di parametri
ematologici base e degli enzimi epatici e renali delle diverse specie ittiche d’allevamento
utili per la verifica dello stato di benessere, sia nel controllo degli stessi nelle diverse
condizioni di allevamento o durante episodi stressogeni particolari. Vengono inoltre
valutati da anni anche i parametri enzimatici dello stress ossidativo che sono ottimi criteri
predittivi sullo stress cellulare.
   L’attività diagnostica di laboratorio è anche supportata da azioni sul campo volte a
supportare gli acquacoltori in pratiche di igiene zootecnia, di alimentazione, di
vaccinazione, di terapia e di biosicurezza in generale.
   Infine i ricercatori del centro di Torino stanno trattando diffusamente anche argomenti su
                                                           tematiche di ecopatologia, gestione
                                                           della fauna ittica, biodiversità e
                                                           presenza di specie aliene, in
                                                           particolare il siluro (Silurus glanis) e
                                                           il gambero rosso della Louisiana
                                                           (Procambarus clarkii), biofouling e
presenza di cianotossine nei corpi idrici.
   Per completare il quadro generale su come il laboratorio Specialistico di Ittiopatologia
sia a disposizione del comparto ittico regionale e nazionale, resta da indicare i diversi filoni
di ricerca che attualmente sono attivi; siamo in fase conclusiva dei progetti su:
         - geni candidati per la resistenza alla lattococcosi;
         - valutazione dell’antibioticoresistenza in ambiente acquatico d’allevamento;
         - monitoraggio sanitario su ostriche in banchi naturali e d’allevamento;
         - monitoraggio sanitario e creazione di linee guida nell’utilizzo di doctor fish in
         centri estetici (Fondazione CRT);
sono invece attive pienamente ricerche su altre tematiche quali:
                 - utilizzo della fitoterapia in acquacoltura;
                 - valutazione della possibile tossicità delle acque potabili;
                 - ricerche su disinfettanti in acquacoltura;
                 - uso di farine di insetto nell’alimentazione dei pesci (Fondazione AGER);
                 - i laghi alpini come laboratori a cielo aperto (Fondazione CRT).
   A corollario di tutta l’attività diagnostica e di ricerca, gli operatori del laboratorio, siano
essi a tempo indeterminato che borsisti, nell’ultimo triennio hanno edito a stampa su riviste
indicizzate, 47 lavori scientifici ed hanno partecipato a numerosi Convegni Nazionali e
Internazionali su tematiche riguardanti gli organismi e gli ambienti acquatici.
   A conclusione del quadro fin qui esposto, il personale del laboratorio, avendo acquisito
negli anni una formazione e una conoscenza relativamente ampia nell’ambito del settore
ittico, da tempo è chiamato nella formazione diretta degli operatori del settore, sia a livello
sanitario che gestionale, con la partecipazione in qualità di esperti, a corsi di formazione
universitaria, in scuole di specializzazione ed in corsi tematici.

                                                10
LE   MALATTIE     NOTIFICABILI    DEI                                                          SALMONIDI:
AGGIORNAMENTI SUI NOVIRHABDOVIRUS
Toffan A.

Laboratorio di Ittiovirologia, Centro di Referenza Nazionale per le malattie dei Pesci, Molluschi e Crostacei; Istituto
Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Viale dell’Università, 11 – Legnaro (PD)

   I virus della setticemia emorragica virale (VHS sin. SEV) e della necrosi ematopoietica
infettiva (IHNV sin. NEI) sono virus a RNA appartenenti alla famiglia Rhabdoviridae,
genere Novirhabdovirus, e sono gli agenti causali della VHS e della IHN, due fra le più
gravi patologie infettive che colpiscono gli animali acquatici. Queste malattie virali
interessano principalmente i salmonidi, in particolare le trote iridee (Oncorhynchus
mykiss), ma anche numerose altre specie sia d’acqua dolce che marine.
   I Novirhabdovirus si distinguono dagli altri appartenenti alla famiglia Rhabdoviridae per
la presenza di un gene aggiuntivo (chiamato non viral o NV) che codifica per una proteina
non strutturale alla quale si attribuisce un ruolo importante nel determinare la patogenicità
dei diversi ceppi di VHSV e IHNV. Anche i geni codificanti per altre proteine, come la
proteina di matrice (M) e la nucleoproteina (N) sembrano avere un ruolo importante nel
determinare la diversa virulenza osservata in diversi ceppi virali nei confronti della trota
iridea.
   Entrambi i virus hanno una distribuzione globale, anche se ristretta all’emisfero Nord, e
sono endemici in Europa ed in Italia. In Europa la diffusione di tali malattie è
regolamentate da leggi nazionali ed internazionali mirate alla loro eradicazione (direttiva
2006/88/CE), ed entrambe sono malattie listate dalla World Organisation for Animal
Health (OIE).
   In Italia l’introduzione del virus della setticemia emorragica virale risale agli anni ’60
mentre l’introduzione del virus della necrosi ematopoietica infettiva è datata 1987. A
seguito della loro introduzione tali malattie si sono diffuse sul territorio italiano con un
impatto sanitario ed economico molto grave per la troticoltura italiana.
   Sia VHS che IHN si manifestano principalmente in presenza di temperature comprese tra
i 4 e i 14°C con diverse forme di decorso accompagnate da sintomi clinici differenti. Tra 9
e 12°C le infezioni causano mortalità elevata e rapida, tra 15 e 18°C le patologie hanno un
decorso rapido ma la mortalità complessiva è moderata. Infine a basse temperature (1-5°C)
il decorso è prolungato e a stillicidio con limitata mortalità giornaliera ma elevata mortalità
complessiva. I giovanili di trota iridea sono maggiormente sensibili all’infezione con
mortalità vicina al 100%, ma tutte le taglie possono essere colpite con mortalità variabile
dal 5 al 90%. I pesci affetti presentano melanosi, esoftalmo, anoressia, letargia intervallata
da sprazzi di iperattività e nuoto anomalo (movimenti a spirale). Le lesioni esterne più
frequentemente osservate sono: melanosi, esoftalmo bilaterale, emorragie alla base delle
pinne, sui fianchi, oculari e branchiali, distensione dell’addome, anemia branchiale.
Entrambi i virus possiedono tropismo per l’endotelio vasale ed il tessuto ematopoietico
dell’interstizio renale. Le lesioni interne possono essere variabili: emorragie nella
muscolatura dorsale, anemia di fegato, rene e milza, ascite, petecchie emorragiche su tutti
gli organi interni (fegato, grasso viscerale, vescica natatoria e pericardio), riduzione
dell’ematocrito, leucopenia e trombocitopenia. Le malattie sono indistinguibili dal punto di
vista clinico, è quindi necessario sempre ricorrere al laboratorio per la caratterizzazione del
virus. Poiché VHS e IHN sono due virus distinti dal punto di vista antigenico e gli
anticorpi prodotti nei confronti di un virus non proteggono dall’altro, sono frequenti sono
le coinfezioni con entrambi i virus nello stesso impianto e addirittura nello stesso soggetto.

                                                          11
La trasmissione dei due virus è prevalentemente orizzontale, diretta per coabitazione (da
pesce a pesce) o mediata dall’acqua (acqua che contiene virioni infettanti). Elevata
escrezione virale si osserva attraverso le urine ed i fluidi sessuali. La trasmissione verticale
non è stata dimostrata, anche se le uova possono essere facilmente contaminate dai fluidi
riproduttivi. Gli esemplari che superano la forma clinica della patologia possono restare
carrier del virus per lungo periodo, anche per tutta la vita produttiva. Dai salmonidi allevati
il virus si può trasmettere anche ai salmonidi selvatici, creando così dei reservoir in
ambiente naturale. Infine, la disseminazione tra corpi idrici non direttamente collegati può
avvenire tramite uccelli piscivori (aironi, cormorani, gabbiani), strumentario contaminato
movimentazione di salmonidi infetti. Studi recente evidenziano tra i fattori di rischio più
importanti associati all’introduzione di VHS in allevamento: lo stato sanitario delle aziende
limitrofe, la vicinanza ad allevamenti positivi, le movimentazioni di animali vivi. Le
movimentazioni di acqua e pesce in ingresso ed in uscita sono infatti i fattori di rischio
considerati dalla normativa vigente per l’attribuzione della categoria sanitaria alle aziende
che allevano specie sensibili a VHS e IHN (Dec. 2008/896/CE).
  Le diagnosi si esegue mediante rilevazione del/i virus in isolamento cellulare o del loro
genoma mediante tecniche di biologia molecolare. I dettagli sulla frequenza e tipologia di
campionamenti da eseguire nonché le metodiche riconosciute per la diagnosi si trovano
nella Decisione di esecuzione UE 1554/2015 recante le modalità di applicazione della Dir
2006/88/CE per quanto riguarda le prescrizioni in materia di sorveglianza e di metodi
diagnostici.
  Studi recenti di caratterizzazione virale hanno evidenziato la circolazione in Italia di
diversi cluster virali appartenenti al genotipo Ia1 per VHS e al genotipo E per IHN. In
particolare l’analisi filogenetica di 89 ceppi di IHN e 108 ceppi di VHS rappresentativi di
un periodo temporale di oltre 30 anni (1982-2013) hanno permesso di evidenziare nel
tempo, per entrambi i virus, introduzioni virali multiple nel territorio nazionale e una
diversa velocità evolutiva, con IHN che presenta dei tassi evolutivi molto più elevati
rispetto a VHS, probabilmente a causa della sua più recente introduzione nel territorio
nazionale. Inoltre per i ceppi di IHN italiani si sta assistendo ad un incremento della gravità
delle forme cliniche ad essi associate. Ulteriori studi per approfondire i marker molecolari
di virulenza di questi due virus sono in corso.
  In Italia, in alternativa allo svuotamento completo dell’azienda prima del ripopolamento
come previsto, ove possibile, dalle norme comunitarie, è permesso effettuare il
ripopolamento prima del completamento del ciclo produttivo dei pesci ancora sotto taglia
commerciale (eradicazione per fasi) (Nota MinSal 2386-31/01/2017). Questo strumento
normativo, innovativo e unico in Europa, permette di ridurre le perdite economiche
derivate dalle pratiche di stamping out necessarie ed indispensabili per la chiusura dei
focolai di malattia secondo la normativa vigente.

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                                                  13
LA LATTOCOCCOSI: VECCHIA CONOSCENZA, MA NUOVA
EMERGENZA
Prearo M.1, Righetti M.1, Cavazza G.1 & Pastorino P.1, 2
1
  Laboratorio Specialistico di Ittiopatologia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta,
Via Bologna, 148 – 10154 Torino; 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste. Via Giorgieri,
10 - Trieste

  Le infezioni ittiche causate da cocchi Gram-positivi, comunemente denominate
Streptococcosi, sono delle patologie che colpiscono una grande varietà di specie ittiche.
Sono state descritte per la prima volta in Giappone alla fine degli anni ’50, dove sono state
diagnosticate in allevamento intensivo di trota iridea (Hoshina et al., 1958). Nel territorio
nazionale casi di Streptococcosi sono stati riscontrati per la prima volta durante la tarda
estate del 1991, in allevamenti di pianura dell’Italia settentrionale (Ghittino & Prearo,
1992). Sulla base della valutazione delle caratteristiche fenotipiche dei germi, si è sempre
parlato della Streptococcosi ittica come di una patologia unica. Tutte le patologie sostenute
dalle specie afferenti a questa grande categoria, presentano delle caratteristiche comuni,
abbastanza peculiari rispetto alle altre malattie che colpiscono le specie ittiche:
        - causano una precoce anoressia dei soggetti colpiti;
        - i pesci si presentano letargici, con evidente melanosi e marcato esoftalmo mono o
        bilaterale;
        - vengono colpiti soprattutto pesci prossimi alla taglia commerciale, risparmiando
        in parte i soggetti giovani (novellame).
  Grazie anche allo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche basate su caratteristiche
genotipiche, è stato possibile effettuare una riclassificazione, dimostrando che sono
implicati almeno quattro generi: Streptococcus, Lactococcus, Vagococcus e
Carnobacterium (Schleifer et al., 1985; Collins et al., 1987; Wallbanks et al., 1990;
Michel et al., 1997). Da un punto di vista puramente accademico le Streptococcosi, sulla
base della temperatura alla quale si manifestano in modo eclatante, possono essere divise
in due gruppi:
        - Streptococcosi d’acqua calda: causate da cocchi Gram positivi patogeni che
        provocano mortalità a temperature al di sopra dei 15°C; tra questi distinguiamo
        Lactococcus garvieae, Streptococcus iniae, S. agalactiae e S. parauberis;
        - Streptococcosi d’acqua fredda: causate da cocchi Gram positivi che risultano
        patogeni esclusivamente per i Salmonidi a temperature inferiori a 15°C; tra questi si
        annoverano Vagococcus salmoninarum, Lactococcus piscium e Carnobacterium
        piscicola (Eldar & Ghittino, 1999).
  La Lattococcosi è una patologia causata da Lactococcus garvieae; l’agente eziologico fu
isolato e descritto per la prima volta in Gran Bretagna a partire da un episodio mastitico in
bovino (Collins et al., 1983). I primi focolai di lattococcosi riscontrati in allevamenti di
trote iridea (Oncorhynchus mykiss) sono stati descritti in Spagna (Palacios et al., 1993).
Dopo le prime segnalazioni nella troticoltura italiana tra il 1991 e il 1992 (Ghittino &
Prearo, 1992), l’infezione da Lactococcus garvieae è diventata in breve tempo la malattia
batterica più importante negli allevamenti di pianura che presentano un’alimentazione
idrica da acque di superficie, che durante il periodo estivo subiscono un innalzamento
significativo della temperatura. I ceppi isolati fino ad ora in Italia sembrano appartenere ad
un unico sierotipo (Eldar et al., 1999), risultando particolarmente virulento (Manfrin et al.,
2004). È responsabile di considerevoli perdite economiche, soprattutto nel periodo estivo,
in pesci all’ingrasso e a fine ciclo produttivo. Tale patogeno è in grado di causare mortalità
pari al 50-80% del totale della produzione (Ghittino & Pedroni, 2007).

                                                            14
Lactococcus garvieae è stato isolato in diverse specie ittiche, tra le quali la trota iridea
rappresenta quella maggiormente colpita, essendo la specie più sensibile, nella quale la
malattia si sviluppa in forma iperacuta - acuta, associata ad altissima mortalità.
Generalmente vengono colpiti i pesci adulti (con taglia >80-100 g), anche se
potenzialmente possono essere colpite tutte le taglie (Chang et al., 2002; Pereira et al.,
2004). L. garvieae è quindi da considerarsi un patogeno primario, responsabile di focolai
anche in assenza di fattori predisponenti (Vendrell et al., 2006). I ceppi presentano diversa
patogenicità: i ceppi capsulati (KG-) sono più virulenti rispetto a quelli non capsulati
(KG+) (Barnes et al., 2002). I fattori dell’ambiente acquatico che possono influenzare la
comparsa della malattia sono diversi: tra questi, la temperatura e la qualità dell’acqua sono
i più importanti. La patologia è associata alle alte temperature dell’acqua, manifestandosi
soprattutto nel periodo estivo, quando vengono superati i 15°C. L’ingresso di nuove partite
di pesce in allevamento può rappresentare la via principale di introduzione del patogeno
(Vendrell et al., 2006). La trasmissione è di tipo orizzontale e avviene per contatto diretto
con soggetti infetti, alimento e acqua contaminati. Il
ciclo oro-fecale mantiene la malattia all’interno
dell’allevamento:      è   stato    dimostrato      che
l’eliminazione dell’agente tramite le feci avviene
dopo 72 ore dall’infezione (Eldar & Ghittino,
1999).
  Lo stato setticemico che si viene a stabilire nella
lattococcosi causa un’imponente diatesi emorragica
(Austin & Austin, 2007). Dall’infezione la
comparsa dei sintomi è rapida, circa tre giorni e il
batterio agisce con alta virulenza (Eldar & Ghittino, 1999). La malattia provoca gravi
perdite economiche a causa di tassi molto elevati di mortalità, diminuzione della crescita e
                                            comparsa di lesioni tali da rendere i pesci
                                            invendibili. L'attività patogena è mediata da
                                            tossine che hanno la capacità di produrre i sintomi
                                            clinici quando vengono inoculate nel pesce
                                            (Barnett et al., 2015). La sintomatologia inizia
                                            con la rapida comparsa di anoressia, melanosi,
                                            letargia, perdita di orientamento e nuoto
                                            irregolare (Vendrell et al., 2006). Tipica e
                                            costante è la comparsa di accentuato esoftalmo
                                            uni o bilaterale (da cui il nome inglese “pop-
eye”). Si osserva inoltre la presenza di emorragie e
petecchie sulla superficie cutanea a causa di lesioni
all’endotelio vascolare. In particolare sono
maggiormente colpite la base delle pinne e le
regioni periorbitale, intraoculare, opercolare,
buccale e perianale. È anche molto comune
osservare i pesci con distensione addominale e
prolasso anale (Eldar & Ghittino, 1999).
All’apertura del pesce si osserva presenza di ascite,
emorragie a carico di diversi organi, soprattutto a
livello di peritoneo, vescica natatoria, grasso periviscerale, fegato e muscoli. Il parenchima
epatico si presenta spesso con un imponente quadro di teleangectasia maculosa e l’intestino
presenta enterite emorragica. Vi è inoltre splenomegalia e pericardite, con accumulo di

                                              15
liquido sieroso nella cavità pericardica, meningite all’apertura della scatola cranica
(Ghittino & Prearo, 1992).
  Sotto il profilo istopatologico si delinea una panoftalmite talvolta emorragica, con
distruzione della camera anteriore e posteriore dell’occhio. Un infiltrato di cellule
infiammatorie può essere osservato a livello del nervo ottico, del muscolo striato e del
tessuto adiposo retrobulbare (Eldar & Ghittino, 1999). Nel SNC le lesioni sono a carico
delle meningi del cervello e del cervelletto con infiltrazioni di linfociti e macrofagi. I pesci
infetti presentano meningite acuta ed essudato che copre la superficie del cervello. Nel
cuore, le lesioni sono costituite da infiltrato di macrofagi e linfociti a livello del pericardio.
Nel rene si ha la deposizione di materiale ialino, sia a livello di epitelio che a livello di
lume. Nella cavità celomatica, la peritonite è accompagnata da necrosi a carico del grasso
periviscerale. L’intestino presenta vaste aree di erosione superficiale e formazione di
pseudomembrane (Vendrell et al., 2006).
  La diagnosi clinica ed epidemiologica delle setticemie batteriche non risulta facile,
poiché sono numerose le infezioni che causano una sintomatologia simile ed aspecifica.
Risulta quindi fondamentale la conferma diagnostica con metodi di laboratorio che
consentano la corretta identificazione dell’agente eziologico. La diagnosi clinica si basa
sull’osservazione dei sintomi e delle lesioni anatomopatologiche tipiche. La conferma
diagnostica si basa invece sull’isolamento del batterio e sulla sua successiva
identificazione, tramite caratterizzazione fenotipica (prove colturali e biochimiche) o
biomolecolare (PCR). Gli organi più appropriati da cui partire sono reni e cervello,
sebbene l'agente possa essere isolato anche da fegato, milza, occhi, intestino e sangue.
  Gli antibiotici utilizzati per il controllo delle Streptococcosi, vengono somministrati solo
per via orale, mediante mangimi medicati (Meyburgh et al., 2017) e tra le molecole più
frequentemente utilizzate per il loro controllo, l’eritromicina rappresenta il farmaco
d’elezione, dando ottimi risultati; altre molecole efficaci risultano l’ossitetraciclina,
l’amoxicillina ed il florfenicolo. Il dosaggio terapeutico per l’eritromicina è di 50 mg/kg di
peso vivo per 7 giorni (Ghittino & Prearo, 1992). Gli agenti antimicrobici mostrano una
buona attività in vitro, ma scarso rendimento in condizioni di campo a causa di una serie di
fattori, fra i quali l’estrema virulenza del germe, la precoce comparsa di anoressia nei pesci
infetti ed in secondo luogo la possibile comparsa di ceppi batterici resistenti (Bercovier et
al., 1997). Inoltre, a causa delle alte temperature delle acque e della precoce anoressia che
si instaura molto velocemente, i pesci si alimentano poco e male, con conseguente scarsa
assunzione di antibiotico e continue ricadute. Attualmente i risultati scoraggianti della
terapia antibiotica, accompagnata dai costi molto spesso poco sostenibili, hanno fatto
intraprendere campagne di vaccinazione con l’impiego di vaccini spenti. Ad oggi sono in
commercio vaccini adiuvati, ma resta ancora possibile l’utilizzo di vaccini stabulogeni.
  Le misure sanitarie sono la prima barriera efficace nei confronti della diffusione dei
batteri in allevamento. È necessario mantenere buone condizioni igieniche ambientali,
usare cibi certificati e conservarli adeguatamente, effettuare la quarantena per i soggetti di
nuova introduzione, ridurre le densità di pesci in vasca, le manipolazioni e eliminare i pesci
morti. Inoltre può aiutare anche una periodica pulizia e disinfezione di tutti gli utensili in
azienda (Vendrell et al., 2006). Infine, è importante evitare l'ingresso di uccelli ittiofagi, i
quali possono agire come vettori. La lattococcosi rappresenta una malattia spesso favorita
da scadenti condizioni ambientali, alto carico organico delle acque, elevate temperature e
sovraffollamento (Ghittino & Prearo, 1992). Per questi motivi, quando la malattia compare
in impianto, è necessario cercare di ridurre la densità dei pesci, ridurre i fattori stressanti
come il trasporto e l’alimentazione spinta e controllare le vie d’infezione (cibo, acqua e
pronta eliminazione dei soggetti morti). Se si hanno vasche separate e ne viene colpita solo
una, è necessario usare attrezzature dedicate (Prearo et al., 2004).

                                               16
Dai primi anni '90, L. garvieae è stato associato a diverse infezioni nell’uomo,
principalmente endocarditi. Nel
corso dell’ultimo decennio, le
infezioni umane dovute a questo
batterio sembrano essere in
aumento, probabilmente a causa
del miglioramento dei metodi
diagnostici per l'identificazione
dell’agente patogeno. Queste
infezioni sono state spesso
associate al consumo o alla
manipolazione          di     pesce
contaminato crudo e, di recente,
uno studio genetico ha mostrato
che la carne, il latte crudo e
prodotti lattiero-caseari possono
rappresentare fonti alimentari di infezione. Tuttavia, lo stato di L. garvieae come
potenziale batterio zoonotico, è ancora molto dibattuto (Russo et al., 2012; Gibello et al.,
2016).
  Proprio alla luce di quanto affermato e per far fronte alla nuova emergenza che gli
allevatori hanno indicato, soprattutto dopo le due ultime annate, dove la vaccinazione ha in
parte fallito l’obiettivo, un gruppo di ricercatori italiani (IZS di Torino, IZS di Legnaro e
Università di Udine), in collaborazione con l’Associazione Piscicoltori Italiani e alcune
ditte mangimistiche, sta tentando di intraprendere un nuovo studio sulla situazione
epidemiologica attuale negli allevamenti italiani. L’obiettivo è quello di valutare la
situazione generale, sia dal punto di vista del patogeno, per verificare gli eventuali
cambiamenti delle condizioni o del germe, sia dal punto di vista della trota, verificando lo
stato immunitario e la risposta mutuata dal trattamento vaccinale; inoltre si dovrà valutare
l’efficienza e l’efficacia del vaccino attualmente utilizzato, cercando di portare eventuali
migliorie al prodotto.

Bibliografia:

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                                                     18
PROFILASSI IN ACQUACOLTURA: RESISTENZA GENETICA
ALLE PATOLOGIE
Colussi S.1, Campia V.1, Maniaci M.G.1, Riina M.V.1, Peletto S.1, Modesto P.1,
Volpatti D.2, Bulfon C.2, Byadgi O.2, Righetti M.1, Prearo M.1 & Acutis P.L.1
1
 Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – via Bologna, 148 - 10154 Torino;
2
 Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali, Università degli Studi di Udine - Via Sondrio, 2/A –
33100 Udine.

   Le malattie infettive rappresentano ad oggi uno dei principali problemi negli allevamenti
intensivi d'acquacoltura; esse sono fonte di ingenti perdite economiche da attribuire agli
elevati livelli di mortalità e alla necessità di impiegare trattamenti farmacologici che
possono, peraltro, indurre lo sviluppo di fenomeni di antibiotico resistenza e inquinamento
ambientale. L'implementazione di efficaci sistemi di profilassi, potrebbe pertanto favorire
uno sviluppo sostenibile dell'acquacoltura: tra le tecnologie innovative utilizzabili vi è la
selezione genetica degli stock ittici. Essa può essere impiegata per la selezione di tratti di
interesse produttivo ma anche per la selezione di soggetti geneticamente resistenti a
malattie di origine batterica, virale e parassitaria.
   I maggiori sforzi, in tal senso, sono stati fatti per le specie di più elevata rilevanza
economica quali i salmonidi e il Nord Europa ha messo in atto piani di selezione assistita
da marcatori genetici per la resistenza alla necrosi pancreatica infettiva (NPI) ottenendo un
decremento del 75% dell'incidenza della malattia. Sebbene la maggior parte degli stock
ittici nel mondo risulti ancora non selezionato, per ragioni prevalentemente economiche,
questo rimane sicuramente un obiettivo da perseguire.
   In tale contesto si inserisce lo studio condotto sul gene MHC di classe IIß, quale gene
candidato nel conferire resistenza alla lattococcosi nella trota iridea (Colussi et al., 2015).
La lattococcosi è una infezione batterica sostenuta da Lactococcus garvieae, di notevole
impatto economico per la troticoltura italiana. Le strategie di controllo disponibili si
basano sull’utilizzo di vaccini autologhi e commerciali e sul trattamento terapeutico. In
entrambi i casi vi sono grossi limiti dovuti alla ridotta efficacia dei vaccini e alla possibilità
di immissione di antibiotici nell’ambiente, con accresciuto rischio di insorgenza di ceppi
antibiotico resistenti, come dimostrato da Raissy & Ansari (2011), che hanno rilevato
valori di antibiotico resistenza dal 25 al 100% su tutti i ceppi isolati da impianti di
troticoltura in Iran.
   La selezione genetica di soggetti portatori dell'allele di resistenza del gene MHC di classe
IIß, individuato nello studio suddetto, consentirebbe di applicare piani per il contenimento
dell’infezione, quale ausilio alle tecniche tradizionali. Di recente è stato, inoltre, concluso
un challenge test per immersione-diluizione del patogeno, finalizzato all'approfondimento
dello studio della risposta immunitaria in linee di trote resistenti e suscettibili, in condizioni
standardizzate. Lo studio ha evidenziato differenze significative nei parametri relativi alla
immunità innata coinvolti nel contrastare il patogeno. La condizione immunologica di un
organismo può suggerire, infatti, la presenza di specifici tratti genetici che lo rendono
resistente alle malattie ed i parametri di immunità innata rappresentano la prima linea
difensiva contro i patogeni (Das & Sahoo, 2014). Ulteriori approfondimenti verranno
condotti per testare la resistenza nei confronti di ceppi differenti di Lactococcus garvieae e
si procederà ad implementare metodi di crioconservazione del tessuto ovarico di trota, al
fine di sopperire alla bassa frequenza con cui l'allele di resistenza è stato rilevato nelle
popolazioni di trota iridea studiate.

                                                        19
Bibliografia:

Colussi S., Prearo M., Bertuzzi S.A., Scanzio T., Peletto S., Favaro L., Modesto P., Maniaci M.G., Ru G.,
Desiato R. & Acutis P.L. (2015). Association of a specific major histocompatibility complex class IIb single
nucleotide polymorphism with resistance to lactococcosis in rainbow trout, Oncorhynchus mykiss
(Walbaum). J. Fish Dis., 38 (1): 27-35.

Das S. & Sahoo P.K. (2014). Markers for selection of disease resistance in fish: a review. Aquaculture Inter.,
22: 1793-1812.

Raissy M. & Ansari M. (2011). Antibiotic susceptibility of Lactococcus garvieae isolated from rainbow trout
(Oncorhynchus mykiss) in Iran fish farms. African J. Biotechnol., 10: 1473-1476.

                                                     20
IL FARMACO IN ACQUACOLTURA: ASPETTI NORMATIVI E
MODALITÀ D’UTILIZZO
Barbero R.

Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Via Bologna, 148 – 10154 Torino

  Dal 10 giugno 2006 è in vigore il Codice Comunitario dei medicinali veterinari: un Testo
Unico che raccoglie e sostituisce tutta la precedente normativa sui medicinali veterinari per
quanto riguarda l’autorizzazione all’immissione in commercio, la detenzione, la
prescrizione, la fornitura e la somministrazione dei medicinali veterinari. L’art. 1 del
Decreto Legislativo 6 aprile 2006, n° 193 (Decreto Legislativo 6 aprile 2006, n° 193,
www.camera.it/parlm/leggi/deleghe/testi/06193dl.htm) definisce medicinale veterinario
“ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative e
profilattiche delle malattie animali e che può essere usata sull’animale o somministrata
all’animale allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche
mediante un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, oppure di stabilire una
diagnosi medica”. Questo decreto si applica ai medicinali veterinari, incluse le premiscele
per alimenti medicamentosi, destinati ad essere immessi in commercio e preparati
industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale (Art. 2). Non si
applica invece agli alimenti medicamentosi disciplinati dal decreto legislativo 3 marzo
1993, n° 90 e successive modificazioni che regola l’allestimento, l’immissione in
commercio e l’utilizzo dei mangimi medicati. L’ art. 3, comma 1 di tale decreto recita che
nessun medicinale può essere immesso in commercio senza aver ottenuto l’AIC dal
Ministero della Salute, oppure dalla Commissione Europea, a norma del Regolamento
(CEE) 2309/93, fatta eccezione per alcune deroghe citate nello stesso comma. Il D.Lgs. 6
aprile 2006, n° 193 non si applica neppure ai medicinali veterinari ad azione immunologica
inattivati aventi caratteristiche di vaccini stabulogeni ed autovaccini, regolamentati dal
D.M. 17 marzo 1994, n° 287. Questi vaccini sono prodotti dagli Istituti Zooprofilattici
Sperimentali previa autorizzazione del Ministero della Salute e a seguito di parere
favorevole dell’Istituto Superiore di Sanità. Essi, quindi, non sono “registrati” come
avviene per gli altri prodotti farmacologici, vaccini compresi e possono essere utilizzati
solo per motivi contingenti, in presenza di gravi patologie. Inoltre essi devono essere
preparati, su specifica richiesta del veterinario curante, dopo diagnosi clinica e di
laboratorio con lo specifico ceppo della singola azienda (da qui il nome di stabulogeno,
cioè “nato/isolato in quella stalla”). Attualmente risultano essere autorizzati in Italia: un
vaccino per la lattococcosi (IZS di Torino) e gli “storici” vaccini per la vibriosi e la bocca
rossa (autorizzazione dell’IZS delle Venezie attualmente acquisita dall’ IZS di Sassari).
  Quanto detto costituisce solo una breve disamina sulla legislazione legata al farmaco in
medicina veterinaria tuttavia appare già evidente con quante e quali difficoltà il Medico
Veterinario sia obbligato ad interfacciarsi nella pratica clinica quotidiana. Inoltre, occorre
inoltre aggiungere il fatto che per le specie ittiche, tutto quanto venga ulteriormente
complicato dalla scarsità di molecole registrate in commercio.
  Nonostante il vasto numero di farmaci (antibatterici e antiparassitari), ritenuti
potenzialmente idonei per il trattamento delle malattie che interessano le specie ittiche, in
realtà è estremamente ristretto il campo di molecole consentite; infatti, oltre all' aspetto
economico, è sempre più crescente l'attenzione sui possibili rischi che l'uso intensivo del
farmaco in acquacoltura potrebbe rappresentare per la salute umana e per l'ambiente, in
particolare per quanto concerne il trasferimento di farmacoresistenze ai patogeni per
l’uomo. La terapia antibatterica nell' allevamento ittico è legalmente consentita solo con

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