Primo caso di sospetto Coronavirus Si tratta di un 43enne di Postiglione
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Primo caso di sospetto Coronavirus Si tratta di un 43enne di Postiglione di Pina Ferro «Sono rientrato da due giorni dalla Cina e ora ho la febbre». E’ bastata questa unica frase a far scattare il protocollo operativo del Coronavirus presso il pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno. Sono state due ore di grande tensione e caos quelle vissute a partire dalle 15 di ieri pomeriggio. A presentarsi dinanzi agli infermieri del Triage del Ruggi è stato un 43enne, residente a Postiglione. L’uomo ha raccontato che aveva la febbre e che l’innalzamento della temperatura era stato riscontrato al rientro dalla Cina dove aveva trascorso un periodo di due mesi e dove pare viva la fidanzata. L’uomo è rientrato i Italia due giorni fa facendo scalo a Berlino. Raccolte le primissime informazioni è stato immediatamente posto in atto il protocollo previsto in questo caso. Il paziente è stato immediatamente isolato e posto in una stanza singola lontano da altri pazienti e familiari degli stessi. A tutti i presenti, personale sanitario compreso sono state distribuite mascherine da indossare rigorosamente. Coloro che hanno monitorato il 43enne hanno anche indossato speciali tute. L’accesso alle stanze di degenza del Pronto soccorso è stato chiuso con delle transenne leggere. A vigilare sul rispetto delle norme precauzionali attivate vi erano le guardie giurate. Intanto, al 43enne di Postiglione sono stati effettuati alcuni prelievi ed un tampone. Ovviamente, quanto stavano vivendo ha generato paura e preoccupazione sia tra i pazienti che tra i familiari presenti in sala di attesa. Nel frattempo, mentre i medici continuavano a visitare i pazienti presenti nelle stanze dei codici rossi, gialli e verdi altro personale ha continuato a porre in essere il protocollo
previsto nel caso specifico e contemporaneamente è stato allertato l’ospedale “Cotugno” di Napoli (ospedale di riferimento). Erano da poco passate le 16 30 quando l’ambulanza dell’Humanitas, appositamente attrezzata ha preso in carico il paziente ed è partita in direzione Napoli. Trasferito il paziente, è servita almeno un’altra ora prima di poter riaprire il pronto soccorso a pieno regime. Infatti, è stato necessario procedere alla bonifica e sanificazione di tutti i luoghi del reparto di emergenza. Quello del 43enne di Postiglione è il primo caso di sospetto Coronavirus registrato in provincia di Salerno. Proprio in questi giorni il personale del pronto soccorso dell’azienda ospedaliera di via San Leonardo aveva seguito dei corsi di formazione tesi alla gestione del paziente con sospetta sindrome da Coronavirus. Ieri pomeriggio la macchina organizzativa ha funzionato alla perfezione. Per sapere se il 43enne ha contratto il virus che sta facendo centinaia di vittime in Cina bisognerà attendere le prossime ore. Fibrillazione a Palazzo per le candidature Lega, c’è Di Brizzi. In bilico Ernesto Sica di Andrea Pellegrino A Roma le trattative proseguono sia nel centrosinistra che nel centrodestra per definire le coalizioni e le candidature, in vista delle prossime elezioni regionali. E se De Luca ha sulla sua testa la spada di Damocle di un possibile accordo tra
Movimento 5 Stelle e Partito democratico, che di fatto escluderebbe il governatore in carica, Caldoro nel centrodestra è minato duramente dalla Lega di Matteo Salvini che da giorni rimescola le carte sullo scacchiere nazionale, mettendo in discussione la candidatura di Fitto in Puglia. Ma mentre i vertici studiano e trattano, la corsa degli aspiranti consiglieri regionali è già partita. Luca Cascone, presidente della commissione trasporti in Consiglio regionale, ha già aperto la sua sede in via dei Principati. Per lui c’è già un posto nella lista “De Luca presidente” che tra le new entry vedrà, quasi certamente, la presenza dell’assessore alle politiche sociali, Nino Savastano. Ci riproverà anche Andrea Volpe che la scorsa volta sfiorò l’elezione, posizionandosi dopo Cascone. Anche la civica “Campania Libera” vedrà l’uscente Nello Fiore in pole position mentre l’assessore ai lavori pubblici Mimmo De Maio sarà dirottato nel collegio napoletano. Nel Pd, invece, s’attende il Nazareno: in testa c’è sicuramente Franco Picarone, così come Tommaso Amabile. Questo se De Luca sarà candidato presidente. Sicuramente dovrebbe esserci, a prescindere, l’ex deputato Simone Valiante mentre l’area Alfieri potrebbe rimettere in campo l’ex deputata Sabrina Capozzolo. In dubbio c’è la lista di Matteo Renzi che nel salernitano conta sulla presenza di Angelica Saggese e di Tommaso Pellegrino. Nel centrodestra, invece, Fratelli d’Italia ha già incassato le disponibilità, presentando i primi aspiranti candidati durante la convention di domenica scorsa all’Hotel Mediterranea. La Lega, invece, in attesa delle decisioni di Matteo Salvini ha già immaginato i primi candidati da schierare. Tra questi il sindaco di Positano Michele De Lucia, che tra non molto, dopo la fase di commissariamento, potrebbe prendere le redini in mano del partito salernitano. Poi c’è Peppe Zitarosa, mentre si tratta con Valentino Di Brizzi, fino a ieri dirigente provinciale di Forza Italia. Ma per un forzista che va verso la Lega ci dovrebbe essere un leghista che ritornerà forzista. E’ il caso di Ernesto Sica che resta in bilico e tenta di ritornare alla casa madre per ottenere l’attesa candidatura e ritornare in
pista. Gli azzurri salernitani per ora puntano sull’uscente Monica Paolino ma anche sul consigliere comunale di Salerno, Roberto Celano e su Lello Ciccone. Dai banchi consiliari arriva anche la candidatura di Dante Santoro che auspica la promozione a Napoli. Probabile l’impegno di una lista di civica di sinistra. LE FIBRILLAZIONI A PALAZZO La candidatura o meno di Vincenzo De Luca, così come la vittoria o meno dell’attuale governatore certamente cambierà lo scenario a Palazzo di Città, chiamato al voto tra un anno. In pratica se De Luca non dovesse spuntarla a Napoli, potrebbe ritornare nella sua Salerno, così come gli eventuali esclusi dalla prossima tornata elettorale. Scenari che non passano inosservati agli occhi dell’attuali consiglieri comunali, soprattutto tra le fila dei «senatori» che attendono il salto di qualità. Il futuro politico, qualsiasi cosa accada, passerà certamente dalle prossime elezioni regionali. Intanto c’è chi già ha opzionato il posto come possibile successore di Enzo Napoli: ai nastri di partenza ci sono Fulvio Bonavitacola ed Andrea Prete. Giorgio Benvenuto: Pola, ove imparai a nuotare da bambino Una testimonianza attinente la giornata del ricordo dell’esodo degli istriani e dei dalmati, dell’ex segretario generale della Uil profugo giuliano assieme alla sua famiglia, madre e padre e poi la sorellina piccolissima, abbandonò, in tenera età, la città di Pola, allora italianissima. Il racconto parte dalla vicenda storica,
che vede Giorgio trasferirsi in Istria a causa degli impegni di lavoro del padre, ufficiale di Marina Di Giulia Iannone Abbiamo chiesto a Giorgio Benvenuto una sua testimonianza attinente la giornata del ricordo dell’esodo degli istriani e dei dalmati, istituita nel 2004. L’ex segretario generale della Uil è profugo giuliano ed assieme alla sua famiglia, madre e padre e poi la sorellina piccolissima, abbandonò, in tenera età, la città di Pola,allora italianissima. Il racconto parte dalla vicenda storica, che vedeGiorgio trasferirsi in Istria a causa degli impegni di lavoro del padre, ufficiale di Marina, allora Capitano (a fine carriera diventò Ammiraglio). “I miei genitori, Luisa Rita Corsi e Giuseppe Benvenuto, si sono sposati a Chieti il 10 ottobre 1936”. Questo l’incipit della nostra conversazione telefonica” La prima destinazione di mio padre, ufficiale di Marina, è stata Brindisi. Io sono nato alla fine del 1937. Dovevo venire al mondo a Brindisi, sennonché mio padre venne trasferito a Gaeta. Dopo mio padre è stato mandato a Pola, ove siamo rimasti quasi per 5 anni. Pola era una base navale italiana, prima era stata un porto della Marina austriaca. Mio padre era Capitano: era stato trasferito a Pola alle scuole CREM (Corpo Reali Equipaggi di Marina) per i sottufficiali. In quella città abbiamo vissuto alcuni anni.Mia madre sentiva in cuor suo il desiderio di ritornare a casa per avvicinarsi, nell’Italia centrale quanto più possibile a Chieti, sua città natia. Ecco perché mia sorella Rosanna, è nata a Pescara nel 1942, mentre eravamo ancora residenti a Pola. Mio padre aveva ottenuto di venire al Centro Italia per andare in Albania, a Tirana e a Durazzo. L’8 settembre del 1943 ci fu l’armistizio.. Mio padre aveva avuto una peritonite e non era potuto partire per l’Albania. Le forze armate italiane si disfecero. Mio padre, assieme ad altri ufficiali e militari, entrò in clandestinità e riuscì, con l’aiuto del Vescovo di Chieti e del Vice Parroco della
Parrocchia della Trinità, dove si era sposato con mia madre, a passare il fronte, che era quello di Cassino, che arrivava in Abruzzo fino a Castel di Sangro e Vasto (la cosiddetta linea “Gustav”). Mia madre non ebbe notizie di mio padre per un anno. Fu un periodo interminabile e terribile. Noi stavamo a Chieti, ma mio padre era a Bari, Messina…sapevamo solo che era vivo. Non c’erano infatti comunicazioni tra il regno del Sud e la parte dell’Italia occupata dai nazisti e dai fascisti. Nel 1944 cade il fronte di Cassino. Ci giungono finalmente notizie certe di mio padre. Nel 1945 lo raggiungiamo a Messina con un viaggio avventuroso, lungo la Puglia, poi scendendo per la Calabria. Non c’erano ferrovie e non c’era nulla per rendere sicuro, agevole e semplice questo nostro viaggio. Siamo giunti a Messina ove ci siamo riuniti come famiglia dalla fine del 1945 fino al 1947. Quanto al ricordo della vita e dei giorni trascorsi a Pola”in quella città avevamo la casa” ha continuato il Presidente della Fondazione Bruno Buozzi”: era la casa di servizio; era una abitazione molto confortevole. La città era ed è bellissima, affacciata sul mare, antica, romana, ha l’arena, l’anfiteatro, il Tempio di Augusto di epoca romana affiancato dal Palazzo Comunale di Pola che risale al XIII secolo, l’Arco dei Sergi, poi ha dei dintorni bellissimi , c’è anche l’isola di Brioni ove andavo d’estate a trascorrere le vacanze, perché era sede di un distaccamento della marina militare, ed era stata aperta alle famiglie dei militari. È lì, che una estate mia madre mi insegnò a nuotare: mi lasciavo trasportare in alto mare dalla mamma – che nuotava benissimo – mettendomi a cavalcioni sulle sue spalle e così , perfettamente sicuro, attraversavo le acque limpide e cristalline di quella costa adriatica che era molto italiana. Serbo dentro di me dei bellissimi e tenerissimi ricordi di questo periodo e di questi luoghi.Ripeto, la casa era molto bella, c’era un bel giardino, imparai privatamente a leggere e a scrivere con un maestro privato, la gente era simpatica. Fino al dicembre de1942 non c’erano stati bombardamenti e situazioni che facessero sentire di essere in guerra. Per l’Italia la guerra stava andando
male: agli inizi del 1943, perché ci fu la tragica ritirata in Russia, la perdita della Libia e la resa dell’armata italiana in Tunisia. L’Italia stava per essere invasa. Noi fino alla fine del 1942 siamo stati bene e, dato importante da ricordare, ci eravamo dovuti iscrivere all’anagrafe di Pola, per cui risultavamo cittadini di Pola. Poi, siamo andati via. Una parte delle cose che avevamo, abbiamo fatto a tempo a riportarle giù a Chieti, ma non tutte. Venne con noi Angela Del Bianco, la persona che era stata assunta anche in previsione della nascita di mia sorella Rosanna. Ricordo benissimo che Angela, la nostra tata, aveva perso suo padre: era stato nel 1945, avvenne quando Tedeschi e Slavi dettero una caccia spietata agli italiani. Il suo papà, italiano ed originario di Carnizza, piccolissimo paese agricolo dell’Istria, fu preso, ucciso e gettato orribilmente nelle foibe. Angela venne via ed è rimasta con noi quasi 10 anni, poi nell’ultimo trasferimento di mio padre, a Roma, lei decise di restare a Chieti, dove si è poi sposata ed è così diventata abruzzese. Per l’affetto che aveva nei confronti di mia madre, ha dato alla sua prima figlia il nome Rita.Ed ecco” Le battute finali amare e decisive di questo racconto, che mescola tratti teneri di bambino, storia di una famiglia in fuga, in viaggio, in bilico, tra le alterne vicende della carriera militare di un padre, di una madre giovane nella disperata ed eroica forza e coraggiosa tensione di tenere unita la famiglia”. C’è stato nel 1947 il trattato di pace. Pola e l’Istria, Fiume, la Dalmazia sono state cedute alla Jugoslavia. Le clausole prevedevano che, chi era iscritto prima del 1947 all’anagrafe di Pola, poteva optare se rimanere lì come cittadino slavo o venire in Italia. Noi non accettammo quella cittadinanza e siamo rimasti in Italia come profughi Giuliani. Siamo sempre stati iscritti alla Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ( che da sempre si occupa di onorare e mantenere vivo il ricordo degli esuli, caduti e martiri delle foibe) e penso che quel giorno, i miei genitori, decidendo per me e per mia sorella, di essere italiani ed aiutandoci con grande forza e coraggio ad uscire da quella situazione tragica, hanno
consentito, oggi, come da molti anni, di testimoniare e ricordare la storia di quei luoghi e di quei fatti, quando altri non possono più farlo. Federico Euro Roman: Istria terra rossa “ I miei genitori e i nonni ci hanno tenuti lontani dal peso e dalla sofferenza del loro essere “Esuli” – scrive l’oro di Mosca 1980 di concorso completo di equitazione – Solo vedendo e rivedendo il film “Red land” ho capito che Visinada teatro di una delle tante tragedie, era a 15 km da dove nacque mio Padre e viveva mia Madre: Cittanova d’Istria” Di FEDERICO EURO ROMAN A casa, a Trieste , non se ne parlava. Almeno non certo con i toni drammatici e tristi che la recente verità avrebbe concesso. Forse, per dimenticare, forse perchè eravamo piccoli. L’unico ricordo certo è che iugoslavo a casa nel vocabolario non esisteva da solo: come in Friuli si bestemmia senza volerlo fare, l’esclamativo della mia fanciullezza era sempre accompagnato da un aggettivo di insulto, lo slavo era “sciavo”, ed oltre confine, benevolmente, detto “ injugo”. Ricordi di quando avevo 4-6 anni , nomi ripetuti intorno al tavolo, dopo mangiato, mentre noi piccoli giocavamo sotto o nel corridoio accanto, voci lontane, Visinada, la Rivarola , i Drusi , in zona B….. E ricordi di noiose visite a parenti, che vivevano nei due campi profughi di mia memoria, in riva a Trieste e verso Prosecco, baracche di legno grigio azzurro, con un recinto in muratura attorno, come un lazzaretto, unico rifugio per chi in
Istria aveva perduto tutto, ed in Italia non era riuscito, nella estrema povertà del primo dopoguerra, a trovare altre strade per sopravvivere. Solo ultimamente, superati i sessant’anni, ho capito meglio i drammi vissuti dai miei genitori e nonni, che ci hanno tenuti lontani dal peso e dalla sofferenza del loro essere “Esuli”. Solo vedendo e rivedendo il film “Red land” (la terra istriana è rossa, rossa con pietre bianche) ho capito che Visinada dove è stata rapita torturata uccisa ed altro Norma Cossetto, assieme ai tanti concittadini, era a 15 km da dove nacque mio Padre e viveva mia Madre: Cittanova d’Istria. Solo ultimamente, dai racconti di cugini triestini su testimonianze dei loro genitori, ho saputo che quel Varin palombaro che andavamo a trovare a Monfalcone, aveva un fratello trucidato solo ventiquattrenne a sassate dai suoi coetanei sulla spiaggia di fronte la diga di Cittanova, perchè di sentimenti italiani. E su quella spiaggia di ciottoli, come tutte le spiagge istriane, ero arrivato più volte a nuoto partendo dalla punta della diga, ignaro in quei 300 metri di mare di andare verso un angolo testimone della crudeltà dilagata contro gli italiani dal 1943 in poi . La scorsa primavera ero a Cittanova con la barca, ed in una piovosa giornata di maggio ho cercato a lungo nel cimitero vecchio la tomba di Giuseppe Varin, date precise, motivo della morte neutro politicamente: “rapito da crudele destino”. Accanto Cittanova d’Istria c’è Daila, e sul finire della borgata, in riva al mare al centro di una piccola baia, un gruppo di case ed una chiesetta minuscola, con 15 venti posti a sedere al massimo. E’ il villaggio dei Roman, dove i miei bisnonni e fratelli, nonni, prozii erano vissuti. Ed in quella chiesa si sposavano , andavano a Messa la domenica ed ai funerali dei congiunti. Mio Padre Antonio Virginio era lì, nato, lì andato a scuola e sulle lisce pietre di quel mare passato le estati. E da lì era partito a 17 anni per Pinerolo volontario in cavalleria. Scelta che avrebbe condizionato tanto della nostra vita. Da Daila era partito suo Padre, nonno Luigi, allora suddito dell’Impero Austro-Ungarico, allo scoppio della Grande Guerra. Fuggendo in barca da punta
Salvatore, era arrivato con un amico a remi in Italia, verso Grado, per arruolarsi e sotto falso nome combattere contro l’Austria. Tale era forte il sentimento italiano di quelle popolazioni. Per ironia della sorte sul fronte avverso, austriaco, c’era il mio nonno materno di Pola che, italianissimo anche lui Isidoro De Bianchi, ma meno impavido di fronte il rischio di fare la fine di Cesare Battisti, aveva servito nelle retrovie col chiodo in testa. Passata, ormai, la generazione che ha vissuto le guerre, gli Istriani di oggi dicono “Noi”, non si sentono né troppo Croati, né troppo Italiani, tantomeno austriaci. Parlano intercalando vocaboli italici e slavi con termini unici del dialetto istriano. Nei giorni di festa a Cittanova, da quando l’amico di gioventù Sergio Stoinich era Sindaco sventolano in Comune le due bandiere, oltre quella della Città. Ma le tensioni sono oggi rinate sul confine tra Croati e Sloveni dove collidono gli equilibri politici delle due capitali. A metà degli anni ’90, in un incontro con la popolazione del luogo, per definire il confine tra le due Repubbliche divenute Stati indipendenti, alle richieste della commissione preposta, un vecchio nato sotto l’Austria replicò: “Non mi sono mai spostato dal mio paese e dalla mia casa ed ho cambiato cinque passaporti. Se oggi vi dico che voglio essere sloveno o piuttosto croato, e poi Lubjana e Zagabria si rimettono d’accordo per spostare il confine, “cossa fè ? me impichè?”. Come scrivevo sopra, scoperte tutte acquisite di recente, grazie al silenzio di allora dei miei ed anche per la distrazione del mio vagabondare sportivo e scolastico, che mi ha allontanato dalla Trieste della mia fanciullezza a metà ginnasio. La storia del confine croato-sloveno l’ho raccolta nella pioggia della mia visita per mare, in un bar sotto le mura romane, chiacchierando con Sergio Stoinich: Madre di origini italiane, il Padre pescatore croato, critico verso gli eccessi del regime nell’immediato dopoguerra, morto in mare con ancora e cima della barca scomparse, e circostanze mai chiarite. Istria terra rossa difficile e sofferta di passioni ancora oggi accese.
Il giorno del ricordo: le Foibe e l’esodo giuliano- dalmata Di OLGA CHIEFFI Oggi desideriamo saldare un debito di conoscenza, andando con la memoria ad un passato che, in qualche modo ci appartiene, poiché appartiene ad una parte importante della nostra comunità, sono le persone, le famiglie originarie dell’Istria, della Dalmazia, di Fiume, di Zara, che dovettero lasciare i luoghi dove erano nati, persone costrette all’esodo, storia italiana ed europea su cui riflettere ed interrogarci non solo oggi, ma per l’intero anno. La prima parte del Novecento è stata caratterizzata dalla nascita e dallo straripamento di nazionalismi e totalitarismi che hanno alterato e distrutto luoghi, identità, persone, violando ripetutamente i fondamentali diritti individuali, diritti negati, dimezzati, dimenticati e fatti dimenticare, con disprezzo, oltre che con ferocia. Trieste e i suoi territori hanno conosciuto la repressione e la dittatura fascista, hanno sentito sulla propria pelle l’infamia delle leggi razziali, il campo di sterminio delle Risaie, hanno vissuto il dramma delle foibe, ha toccato con mano la sofferenza delle vicine genti istriane costrette all’esodo sotto la violenza del regime comunista di Tito. Non credo sia possibile fare paragoni con la Shoah, con il genocidio degli ebrei, richiamare l’orrore assoluto di quel preciso, lucido e folle disegno di annientamento di un intero popolo. Resta l’orrore delle foibe, alimentato da un intreccio di appetiti espansionistici di Tito, perverso odio etnico, nazionale e ideologico, un odio che colpì fascisti, antifascisti, persone senza una precisa posizione politica.
Poi, iniziò la rimozione. Quasi tutta l’Italia, anche se non certo quanti hanno vissuto l’esodo e la sofferenza di quegli anni, anche attraverso le parole dei familiari, hanno rimosso. Da quelle terre proviene la lezione di quanto è costato e costa costruire la democrazia in terre plurali dove a lungo le istituzioni sono state adoperate per negare, violare, cancellare identità e diritti, superare steccati, rimozioni, prima di riconoscersi pienamente crocevia di culture. Avere memoria riconoscere la propria storia e il proprio dolore, serve a riconoscere la storia e il dolore degli altri. Per far questo ci siamo affidati alla parola “vera” di due testimoni di quei fatti, il senatore Giorgio Benvenuto, che ricordiamo tutti a capo della Uil, oggi Presidente della Fondazione Bruno Buozzi, e a Federico Euro Roman Oro Olimpico a Mosca 1980 del concorso completo di equitazione. E’ la prima ricerca da storici che verrà qui proposta, quella sulla propria famiglia, che dovremmo fare tutti, per conoscere meglio noi stessi. “La prima grande virtù dell’uomo è la verità (secondo alcuni filologi deriva dalla radice iranica ver che significa fiducia realtà) – scrive il filosofo Aldo Masullo – solo cercandola con passione potremo, forse, risollevarci dalla nostra condizione che sta cedendo al Nulla”. L’ invito è a rompere il guscio d’isolamento, che non è materiale ma una volontaria reclusione dell’io. La passione non è la cecità di lasciarsi prendere da un’urgenza, ma patire, cioè vivere profondamente e dare spessore alla storia, ponendo un freno al frenetico correre, in modo da fermarci a riflettere su noi stessi, poichè l’uomo è libero e vive in quanto trascende con il proprio pensiero la stessa vita immediatamente vissuta. Riuscire a far questo significa poter guardare con fiducia al futuro, significa poterlo costruirlo insieme, offrendo ciascuno il proprio pesante contributo.
Processo troppo lungo, lo Stato deve risarcire di Pina Ferro Processo troppo lungo, lo Stato dovrà risarcire la ricorrente. Ha atteso sedici anni prima di ottenere una sentenza. A stabilirlo è stata la Corte di Appello di Salerno alla quale si era rivolta unadonna salernitana, R.C, attraverso lo studio legale associato Orlando Caponigro – Antonella De Luca. I giudici della Corte di Appello di Salerno – sezione Lavoro hanno accolto la domanda proposta da R.C. – con la quale veniva richiesto il riconoscimento dell’indennizzo dovuto all’irragionevole durata del processo, secondo quanto previsto dalla ex legge del 24 marzo 2001, numero 89 – nota come legge Pinto – (dal nome del suo estensore, Michele Pinto). La legge Pinto prevede e disciplina il diritto di richiedere un’equa riparazione per il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito per l’irragionevole durata di un processo. Nel caso di specie la ricorrente aveva atteso oltre 16 anni per ottenere una decisione definita dall’autorità giudiziaria, tempistica che aveva pregiudicato i diritti dell’interessato e comportato stress e ansie per l’attesa della decisione. I giudici della Corte di Appello presso il tribunale di Salerno hanno stabilito che lo Stato, nello specifico ilMinistero di Giustizia, debba pagare a R.C. la somma di 2.933,33 euro oltre gli interessi. Il termine ragionevole di durata del processo va individuato, come riportato nell’articolo 2comma 2 bis della legge numero 89/2001 e successive modifiche, in tre anni per il giudizio di primo grado ed in due anni per il giudizio di secondo grado, anche in considerazione della complessità del caso, dell’oggetto del procedimento, del comportamento delle parti nonchè degli altri soggetti chiamati a concorrere
o a contribuire alla sua definizione. Nel caso specifico il processo di primo grado che vedev come attore R.C. ha avuto una durata di 7 anni e 4 mesi (con un ritardo rispetto alla ragionevole durata del processo di 4 anni e 4 mesi); mentre il processo di secondo grado è durato Obbligo di firma per Marigliano Arrestato giovedì scorso a Fuorni E’ stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Domenico Marigliano, 60 anni, fratello di Ciro Marigliano, arrestato giovedì scorso dagli uomini della Squadra Mobile di Salerno. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno Romaniello, al termine dell’udienza di convalida del fermo ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia per l’uomo difeso da Carla Maresca. Nel pomeriggio di giovedı̀ , gli investigatori, individuata l’auto, e riconoscendo il soggetto, hanno deciso di seguirla e, dopo attento appostamento, osservavano l’uomo che a bordo dell’utilitaria veniva avvicinato da un cliente che dopo aver consegnato a Domenico Marigliano una banconota da 20 euro, quest’ultimo riceveva un involucro contenente una sostanza, successivamente rivelatasi alle analisi della Polizia Scienti- fica di tipo cocaina – crack. Gli agenti pertanto hanno deciso di intervenire, per effettuare una perquisizione personale e identificare i responsabili. Durante la perquisizione, e ̀ stata rinvenuta la somma complessiva di 765 euro in banconote di vario taglio, nonche ́ ben tre telefonini dove erano ancora presenti in memoria i mes- saggi riportanti appuntamenti, cifre e quantità r iconducibili all’illecita attività di
spaccio. Marigliano potendo contare sulla disponibilità di ben tre telefonini, a bordo di un’utilitaria, riceveva i contatti, utilizzando una diffusissima piattaforma di mes- saggistica e consegnava la sostanza stupefacente direttamente all’acquirente. Dopo le f o r m a l i t à di rito, l’Autorità Giudiziaria ha disposto la sottoposizione dell’uomo agli arresti domiciliari, in attesa del giudizio di convalida Raffica di furti in appartamento di Pina Ferro Ladri in azione in via Seripando. Nel giro doi poche ore sono stati messi a segno diversi furti in abitazione. Tra i residenti ora si è diffuso il timore di poter diventare il prossimo bersaglio dei malviventi e per tale ragione hanno chiesto alle forze dell’ordine una maggiore presenza di divise sianelle ore notturne che in quelle diurne su tutto il territorio del quartiere. Ad avere maggiormente paura sono le persone che vivono da sole. I malviventi soo entrati in azione entrando indisturbati negli appartamenti ed hanno portato via tujtto quanto vi era di valore. La “visita” dei ladri è stata scoperta solamente al rientro dei proprietari. Sul posto le forze dell’ordine che hanno effettuato i rilievi di rito e raccolto alcune testimonianze. I furti in appartamento a Salerno come in provincia sono divenuti una vera e propria emergenza al punto che nei giorni scorsi, sull’argomento, è stato convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Al termine della riunione, presieduta dal Prefetto, è stato deciso, per due settimane, l’impiego sul territorio salernitano di 10 militari delle Squadre di intervento
Operativo del 10° Reggimento “Campania” di Napoli, che coadiuveranno quelli del comando provinciale. Le aliquote dell’Arma dei carabinieri, meglio note con l’acronimo di Sio, sono inquadrate nei Reggimenti Carabinieri al fine di disporre di adeguati contingenti di rinforzo per con- sentire ai comandi territoriali dell’Arma di attuare servizi straordinari di controllo del territorio e risolvere criticità e mergenti della situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica in specifiche aree del Paese. I carabinieri della Sio affiancheranno i colleghi del Comando provinciale di Salerno nello svolgimento di servizi straordinari di controllo del ter- ritorio, con pattuglie finalizzate alla prevenzione dei furti. Vietri sul Mare, il sindaco De Simone incontra gli studenti della Corea del Sud L’amministrazione comunale di Vietri sul Mare incontra gli studenti di un liceo della Corea del Sud. Lo ha annunciato il sindaco Giovanni De Simone, secondo cui la scolaresca è ospite della Provincia di Salerno. « I ragazzi hanno seguito un corso di cucina e visitato tutta la nostra provincia», ha annunciato il primo cittadino. Nei giorni scorsi, i giovani coreani sono stati a Vietri per un corso di ceramica presso Villa Guariglia con gli artisti Lucio Afeltra e Lucio Ronca, «poi hanno visitato la nostra città alla scoperta delle tante botteghe ceramiche – ha poi spiegato il primo cittadino – Ovviamente lì abbiamo accolti al comune per dargli il benvenuto». Un gesto importante, quello lanciato da De Simone, soprattutto per tentare di arrestare la psicosi dilagante da Coronavirus che
sta colpendo tutto il territorio provinciale. «Una importante azione di scambio culturale e marketing territoriale, in un periodo nel quale la paura e la psicosi dovuta al corona virus sta danneggiando le aziende, in particolar modo il settore turistico con un calo di prenotazioni», ha infatti detto il sindaco Giovanni De Simone. Bimbo ferito in ludoteca, la struttura non ha colpa se ha
rispettato le norme di sicurezza di Pina Ferro Se un minore si ferisce mentre è in ludoteca e la struttura ha posto in essere tutte le norme di sicurezza prevista non può essere considerata responsabile dell’accaduto. A stabilirlo una sentenza del Giudice di Pace di Salerno a cui avevano fatto ricorso i genitori di un minore salernitano che mentre si trovava conb degli amici in una ludoteca cittadina è stato vittima di un piccolo incidente. Nel dettaglio con la sentenza numero 287/2020, il Giudice di Pace di Salerno, Sessa De Prisco, ha escluso la responsabilità di una struttura ricreativa/ludica per le lesioni patite da un minore che si trovava al suo interno in occasione di una festa di compleanno. I genitori del minore avevano citato la struttura ludica per vederla condannare a titolo di responsabilità per “culpa in vigilando” al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale patito dal minore. La struttura convenuta si è costituita in giudizio attraverso lo studio Legale adegli avvocati Orlando Caponigro e Antonella De Luca del foro di Salerno.Nel corso del procedimento,sono stati sentiti i testi dei genitori, della struttura convenuta ed è stata ascoltata la titolare della struttura in sede di interrogatorio formale. La prova raccolta acclarava che la struttura aveva attuato una condotta diligente ed aveva posto in essere tutto quanto in suo potere per evitare il danno, sulla scorta delle norme di legge e del regolamento della struttura ritualmente affisso nella sala. Pertanto, la domanda di risarcimento veniva rigettata. Il Giudice di Pace di Salerno si è uniformato alle molteplici sentenze in materia secondo le quali è onere della struttura convenuta provare la causa esimente/dimostrare che l’evento dannoso non si è verificato per causa a lei imputabile, ovvero di aver predisposto ogni misura atta a
prevenire ed evitare ogni evento lesivo, sia in riguardo alla struttura in sé, sia in riguardo alla diligenza e vigilanza delle educatrici .
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