NAPOLI CHIAMA, BARCELLONA RISPONDE - sollevazione
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
NAPOLI CHIAMA, BARCELLONA RISPONDE Ieri a Barcellona, violando le prescrizioni anti-Covid, migliaia di ristoratori e baristi, accompagnati da diversi loro dipendenti, hanno manifestato sotto la Generalitat (la sede del governo della Catalogna (vedi foto), contro il lockdown e la chiusura degli esercizi. Ce ne da notizia La vanguardia la quale ci informa che su 44mila piccole e medie imprese del settore alberghiero e della ristorazione circa il 30% prevede di chiudere i battenti a causa della gravissima crisi economica. L’impatto sull’occupazione, dato che il turismo è un settore trainante, sarà devastante. Il giorno prima ad Arzano, comune alla periferia di Napoli, si è svolta la protesta dei commercianti contro il cosiddetto mini-lockdown. Qui sotto un comunicato di Liberiamo l’Italia. SOLIDARIETA’ AI COMMERCIANTI DI ARZANO Arzano è un comune alla periferia nord-est di Napoli. Il Commissario prefettizio, a causa di un aumento dei positivi al virus, ha ordinato la chiusura di tutti i negozi, ad eccezione di quelli di generi di prima necessità.
Immediatamente è scattata la rivolta di tutti gli altri commercianti, con due blocchi stradali delle due vie d’accesso alla cittadina. Degno di nota che alla protesta hanno aderito, per solidarietà, anche i negozianti che possono stare aperti. Questa rivolta pone una domanda e si presta ad alcune considerazioni. E’ giusta la rivolta? Si lo è, e per due ragioni. Come hanno detto i commercianti in lotta, non ha alcun senso, nessuna efficacia nel contrastare il “contagio”. Mentre tutti i negozi vengono chiusi, i cittadini di Arzano possono infatti liberamente uscire dal comune per recarsi al lavoro o andare a fare compere in quelli adiacenti. “Se siamo davvero infetti, perché ci consentono di diffondere il virus a Casoria, Scampia o Afragola? Non solo possiamo esportare il virus ma possiamo anche importarlo”, dichiarano i commercianti. Ma c’è una seconda ragione per cui la protesta è legittima. Le autorità commissariali hanno agito d’imperio, senza minimamente consultare o confrontarsi coi cittadini. Un caso esemplare di gestione unilaterale e autoritaria. Riguardo alle considerazioni. La prima è che la rivolta è scattata spontaneamente, frutto del tam tam tra gli stessi commercianti, senza attendere le colluse (con le autorità) associazioni e i sindacati di categoria. La seconda è che l’importanza simbolica e politica di questa rivolta è inversamente proporzionale alle sue modeste dimensioni: è il segno di una strisciante ma diffusa insofferenza verso la gestione sicuritaria della pandemia. La gente è stanca del terrorismo delle autorità e del circo mediatico, della martellante campagna finalizzata a instillare paura ed a criminalizzare i cittadini — di cui il presidente De Luca è uno dei più accaniti promotori. La terza considerazione tira in ballo la drammatica situazione economica aggravata dalla gestione politica della crisi sanitaria. Il lockdown della primavera scorsa ha messo in ginocchio anzitutto milioni di esercenti, patite iva, artigiani. In tanti hanno già chiuso i battenti, coloro che hanno
riaperto hanno visto dimezzare i loro fatturati, mentre non sono diminuite le tasse e incombe la minaccia di milioni di cartelle esattoriali in arrivo. Chi non paga è sotto la mannaia di pignoramenti a tappeto. Infine la rivolta chiama in causa direttamente il governo: mentre impone di abbassare le saracinesche, rifiuta di adottare serie misure di sostegno al reddito alle micro- aziende ed alle famiglie gettate sul lastrico, né concede alcuna moratoria fiscale. In poche parole i commercianti di Arzano ci dicono non solo che la situazione è intollerabile, ma che non accetteranno un secondo lockdown. Nel ribellarsi essi mostrano che i cittadini non sono dei servi, ma dei cittadini. Non solo la rivolta dei commercianti di Arzano è giusta, essi ci indicano che quella della disobbedienza civile è la sola via contro un potere autoritario e antipopolare, insensibile al grido di chi sta in basso e prono agli interessi del grande capitalismo. Coordinamento nazionale Liberiamo l’Italia Fonte: Liberiamo l’Italia CONSIDERAZIONI SULL’ENCICLICA FRATELLI TUTTI” di F.f.
L’ultima monumentale e controversa Enciclica di Papa Francesco pone dirimenti questioni e merita doverose considerazioni. Volentieri pubblichiamo quanto scrive F.f. Malgrado la redazione non condivida alcuni dei suoi giudizi. * * * «Per molti la politica oggi è una brutta parola, e non si può ignorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?» Lettera enciclica Fratelli tutti del Santo Padre Francesco Avevamo scritto, riguardo alla recente enciclica di Sua santità Francesco “Fratelli tutti”, che la lettura che ne ha dato la Sinistra radicale non è probabilmente esatta. Il
valore di questa enciclica è di certo epocale. Sua santità, consapevole che il secolare dominio ideocratico dell’Occidente neo-illuministico – europeismo di Bruxelles compreso – è ormai agli sgoccioli, finisce per prefigurare un nuovo ordine etico e politico globale. Siamo di fronte a un’enciclica, non a un programma politico, ma il valore politico e storico del documento, dati anche gli eccezionali tempi che stiamo attraversando, è indubbio e a nostro modesto avviso centrale, dunque è necessario concentrarsi proprio sul significato storico e politico di “Fratelli tutti”. L’enciclica andrebbe concepita, anzitutto, in continuità con “Etica nell’economia”, l’enciclica di Benedetto XVI (7 luglio 2009), in cui venivano stigmatizzati i meccanismi tecnocratici, progressistici e elitistici del capitalismo finanziario di mercato. Entrambi, sia Benedetto XVI sia Francesco, considerano la politica occidentale dei nostri tempi – compresa naturalmente quella della Unione Europea – nelle sue bipolari varianti, populismo e liberalismo, antitetica a una vera politica basata sulla pratica sacrale e anti-laicista dell’amicizia sociale e sulla meta finale dell’amore armonioso sociale. «La politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso. Il disprezzo per i deboli può nascondersi in forme populistiche…o in forme liberali al servizio degli interessi economici dei potenti. In entrambi i casi si riscontra la difficoltà a pensare un mondo aperto dove ci sia posto per tutti, che comprenda in sé i più deboli e rispetti le diverse culture». (Cfr. “Fratelli tutti, p. 41). Francesco condanna, peraltro, in netta controtendenza rispetto alla Sinistra radicale e al “il manifesto”, la campagna politica propagandistica globalista e progressista contro il populismo. In realtà, precisa il santo pontefice, dietro la lotta al populismo si nasconde una vera e propria lotta di classe contro il popolo: «La pretesa di porre il populismo come chiave di lettura della
realtà sociale contiene un altro punto debole: il fatto che ignora la legittimità della nozione di popolo. Il tentativo di far sparire dal linguaggio tale categoria potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che la società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine “popolo”» (Cfr. “Fratelli tutti”, p. 42). Il liberalismo e le Sinistre radicali negano perciò, alla stessa maniera, la realtà sociale, in quanto intendono rinunciare alla centrale categoria di “Popolo-Nazione”; l’individualismo atomistico del liberalismo è l’altro volto della medesima medaglia del neo-classismo migrazionistico e internazionalistico delle Sinistre radicali. Il pontefice ribadisce, fedele alla sua originaria vocazione politica di peronista anticapitalista e antimarxista, che l’essenza del concetto di popolo è di natura mitica, non sociale né classistica: il mondo avrebbe bisogno di “leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società” (Ibidem), leader popolari e antimaterialisti capaci di integrare l’identità mistica e religiosa di “Popolo Nazione” con uno spiccato senso realistico e pragmatico della cultura amministrativa istituzionale. Francesco differenzia quindi un “populismo chiuso” da un “populismo saggio e intelligente”, un cattivo nazionalismo tribale e etnocratico da un buon patriottismo nazionale neo-corporativistico, come distingue “certe visioni economicistiche chiuse e monocratiche” dall’economia organicistica espressione di uno Stato popolare. Economia popolare e di produzione comunitaria, quella organicistica, fondata sulla partecipazione sociale, politica e economica del “popolo-nazione” alla vita dello Stato democratico organico. Concezione quest’ultima, del resto, che rappresenta il cuore della visione sociale della Teologia del popolo argentina, di esplicita ascendenza peronista, su cui si è formato
politicamente il pontefice. Ben lungi dal proclamare l’annientamento del principio nazionale, come vorrebbe dare a intendere “il manifesto”, il pontefice prende invece di mira il globalismo progressistico livellatore, “la falsa apertura all’universale, che deriva dalla vuota superficialità di chi non è capace di penetrare fino in fondo nella propria Patria, o di chi porta con sé un risentimento non risolto verso il proprio popolo”. Il grande tema dell’economia comunitaria è certamente “la mistica del Lavoro” mentre la speculazione tecnocratica e finanziaria continua a fare strage di innocenti e di oppresse famiglie, afferma senza mezzi termini Sua santità. Il dogma neo-liberale è di nuovo preso di petto dal pontefice, il mercato non risolverebbe i problemi ma anzi li aggraverebbe, come già in epoca non sospetta affermò Benedetto XVI prima di lui. La Politica, quale prassi di carità, espressione perciò di una visione del mondo basata sulla sussidiarietà organicistica e sul comunitarismo, ha la missione epocale di concretizzarsi quale forza anti-utopistica di realizzazione organica dell’amicizia sociale. «Ancora una volta invito a rivalutare la politica, che è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune». (“Fratelli tutti”, p. 49), scrive il santo pontefice nel capitolo dedicato a “L’amore politico”. Al globalismo progressistico e radicalistico delle multinazionali e delle Sinistre colorate basato su un astratto io universalistico annientatore del multipolare differenzialismo universale, il pontefice contrappone, oltre al sacro principio della socializzazione della grande proprietà, oltre alla difesa della media e piccola proprietà che rimane un diritto fondamentale della Dottrina Sociale della Chiesa, il “Noi” dei quartieri popolari in cui si sperimenta socialmente, minuto per minuto, giorno dopo giorno, lo spirito del “vicinato”, dove ognuno sente spontaneamente il
dovere di accompagnare e aiutare il vicino, soprattutto se quest’ultimo si trova in grave difficoltà. E’ la fratellanza organicistica e “populistica” contro l’estremistico individualismo atomista, oggettivista e transumanista della Silicon Valley l’esempio concreto che questo pontefice addita all’universo. L’identità organica e originaria dei “Popoli Nazione” contro il livellamento materialistico e nichilistico in atto su scala mondiale. Lo Spirito Santo può, in sostanza, manifestarsi esclusivamente nell’ideale pentecostale della Comunità. Non vi è spazio per la Grazia intimistica e pietistica in tale orizzonte teologico-politico. Sono chiaramente in ballo, in questo contesto teorico, due concetti antitetici di democrazia, cattolico-popolare e protestante individualistico, ma non è questo il contesto adatto per un simile approfondimento. La strategia del pontefice è così finalizzata alla maturazione universale di un “senso sociale che superi la mentalità individualistica” tipica delle democrazie radicali oligarchiche e plutocratiche nordiche o anglosassoni; partendo dall’ “amore sociale” è possibile progredire verso la civiltà dell’amore; l’amore “elicito”, atti che procedono direttamente dalla virtù della carità, diretti a persone e a popoli, deve essere integrato dall’ “amore imperato”, quegli atti della carità che spingono a creare istituzioni più giuste e religiose. L’essenza della carità, forza d’amore sociale e sintesi efficiente del prassismo politico, è infine il sacrificio come fuoco alimentante l’amicizia sociale, meta definitiva di una vera Comunità cristiana. Vi è ora un importante concetto da sottolineare, prima di concludere. Se la Sinistra radicale ha equivocato, e continua a equivocare, sul significato teologico-politico dell’odierno pontificato, lo stesso sembra comunque fare la “Destra sovranista”. Si pensi a un valido e equilibrato intellettuale come Marcello Veneziani, il quale sostiene che Francesco, per farsi perdonare il passato di simpatizzante attivista della
Guardia di Ferro argentina, ispirata sin dal nome alla formazione romena di Corneliu Codreanu (1899-1938), promuoverebbe oggi dal soglio pontificio una ideologia globalista e progressista. En passant, sia anzitutto detto che per Francesco i grandi genocidi del ‘900 sono quattro, non vi è solo lo sterminio “fascista” degli ebrei, ma vi sarebbero anche le bombe atomiche “liberaldemocratiche” sui civili giapponesi, i gulag sovietici riservati ai martiri cristiani e lo sterminio degli armeni. Va poi precisato che l’originario obiettivo strategico di Francesco non era di certo inquadrabile in quell’europeismo filorusso, multipolarista e antiamericanista, che Benedetto XVI tentò di concretizzare in ogni modo sino al tragico 2013. Francesco arriva dopo quell’esperimento conservatore- europeistico, chiaramente antagonista rispetto alla tecnocrazia ultra-laicistica e abortista di Bruxelles, che probabilmente l’elite romana “progressista” della Santa Sede ha considerato storicamente fallito o ha fatto addirittura fallire. L’attuale pontefice non è un europeista conservatore che percepisce il limes di civiltà con il mondo occidentale come lo poteva percepire Ratzinger. “La rivoluzione nichilista del ‘68”, sono parole di Benedetto XVI, considerata da quest’ultimo il padre putativo della società post-liberale e neo-illuministica occidentalista, non significa molto per Francesco, per evidenti ragioni contestuali, ambientali e esistenziali. Dall’uribismo colombiano al sovranismo di destra radicale di Jair Bolsonaro, dall’affermazione, in Bolivia, della destra di Camacho sul socialismo di Evo Morales, con cui Francesco si era saldato in una comunione di intenti, sino alla malinconica e grottesca conclusione dell’utopia chavista in Venezuela, il disegno, profondamente neo-occidentale, del pontefice di fare della fascia continentale e geopolitica ibero-americana “la
nuova Europa” della riscossa neo-cattolica e populista, che doveva essere certamente guidata e accompagnata dalla prima Roma papalina di fronte al materialismo e al relativismo delle società anglosassoni e protestanti, è stato fortemente messo in discussione dal verbo sovranistico di Donald Trump, che ha attecchito velocemente un po’ in tutto il Sud America. La Sinistra liberal o radicale statunitense non avrebbe ostacolato un simile progetto strategico, non fosse altro perché avrebbe messo in seria difficoltà il patriarcato russo, ma l’onda lunga del trumpismo ha costretto Francesco al ridimensionamento strategico. E’ dunque una conseguenza tattica, probabilmente obbligata e non evitabile, il flirt dell’elite neo-cattolica di Roma con i nemici di Trump, dai Dem statunitensi alla Cina “socialista”. L’impressione è che, sconfitto in casa propria dal trumpismo, Francesco non abbia ancora ridisegnato una strategia politica sui tempi corti. Il migrazionismo esasperato e il neo- paganesimo relativistico naturalistico e ecologista, per quanto siano evidentemente elementi tattici, stonano totalmente con l’armonico, coerente ideale di una Europa cristiana, storicista e anti-illuministica, strategicamente aperta al patriarcato ortodosso di Mosca, potente elemento storico quest’ultimo lasciato in dote da Benedetto XVI, che potremmo ben considerare uno dei fondatori del multipolarismo. Con tutto il rispetto del caso, il cattolicesimo africano o amazzonico ha poco o anche nulla da dire rispetto al cristianesimo pravoslavo russo. L’enciclica “Fratelli tutti” potrebbe essere effettivamente l’inizio di una nuova fase strategica dell’odierno pontificato, sebbene il silenzio di Bergoglio sull’inquietante e terribile vicenda Assange è piuttosto avvilente. Una nuova fase strategica di Francesco vorrebbe dire lasciarsi definitivamente alle spalle ogni anche minimo proposito di universalismo globalistico progressistico aprendo su tutta la linea al multipolarismo, fatto storico epocale del resto già
partorito dalla rivoluzione conservatrice putiniana e dal pontificato europeista di Benedetto XVI. Peròn, dopo Yalta e contro Yalta, lanciò la strategia della Terza via e del Terzo Mondo contro le due ideologie globaliste e progressiste egemoni (capitalismo e collettivismo). Francesco è oggi l’unica guida pubblica in Occidente in grado di indicare la Nuova Via, né globalismo progressista occidentalista né nazionalismo etnico occidentalista: patriottismo multipolarista e prassi dell’amicizia sociale cristiana. ANTHROBOT di Sandokan
Sulla sua pagina Facebook tal Giuseppe Miceli ci informa, entusiasta, che si è fatto installare un microchip sottocutaneo. Leggere per credere: «IL FUTURO E’ ARRIVATO! Finalmente in fase 2 sono riuscito ad essere uno dei primi in Calabria e in tutta italia a far parte del sistema Zero Borders Europeo. Stamattina mi hanno inserito il microchip sottocutaneo alla base del pollice e entro 3 giorni potrò cominciare ad utilizzarlo per pagare contactless senza né cellulare né carte. Il chip è controllato direttamente dallo smartphone ed è in grado di misurare anche la pressione sanguigna, la temperatura del corpo e altre fantastiche funzioni, è anche dotato di GPS così non potrete perdervi mai! Prenotando un biglietto aereo tramite smartphone, avrete la carta d’imbarco direttamente e automaticamente già nel microchip, non serve altro che la vostra mano, collegandosi alle già numerevoli antenne 5G funziona praticamente con qualsiasi cosa ed emette un numero bassissimo di radiazioni! Adesso posso andare in giro senza documenti perché tutte le mie informazioni sono custodite in un minuscolo e quasi indolore chicco di riso ultratecnologico! L’intervento è durato praticamente 5 minuti e il medico (tedesco) è stato bravissimo e gentile! La parte migliore è che tutto questo è GRATIS! Non dovrò più fare fila alla posta, al cinema, col telepass, è tutto alla base del mio pollice! In cambio vi chiedono solo di firmare delle liberatorie per la privacy ma direi che ne vale la pena!». Per capire con che razza di soggetto abbiamo a che fare, il 24 settembre scorso, il tipo scriveva: «Oggi inizia la scuola, per molti l’inizio di qualcosa di magico, unico. Ogni anno l’emozione è sempre tanta e l’unica cosa che mi sento di dire ai ragazzi è: nto culu io me ne sto
a casa col reddito di cittadinanza dormo fino a mezzogiorno. Sfigati!». Ma sorvoliamo per carità di patria su questo prototipo che sperimenta su di sé la famigerata ibridazione uomo-macchina. Il dramma è profondo, epocale. Ci sono forze potenti che spingono nella direzione del transumanesimo, verso l’orizzonte di una vera e propria inquietante mutazione antropologica. Voi penserete che si tratta di una soglia di là da venire, ma non è così. La minaccia è già tra noi. Sappiate che con la scusa del Covid queste forze stanno compiendo un’accelerazione che fa paura. Stanno già sperimentando un microchip anti-Covid. Uno strumento di sorveglianza sociale capillare che fa invidia alle autorità di Singapore. Si può restare inermi? Possiamo lasciare che il mondo vada a puttane? VERGOGNA! di Davide Gionco
In Italia gli organi di informazione calpestano la Costituzione Lo scorso 10 ottobre 2020 si è svolta a Roma, in Piazza San Giovanni in Laterano, la manifestazione Marcia della Liberazione”. La presentazione e, poi, il resoconto che ne hanno dato la maggior parte dei principali mezzi di informazione è stata a dir poco scandalosa. E’ noto a tutti che nella classifica mondiale della libertà di stampa l’Italia occupa la non onorabile 41a posizione. Reporter senza frontiere motiva questa posizione in classifica con le minacce della mafia nei confronti di alcuni giornalisti e dai tagli sui contributi pubblici ai mezzi di informazione. L’associazione, tuttavia, non si occupa per nulla del trattamento riservato dai principali organi di informazione a chi osa, in modo civile e democratico, contestare il potere politico-finaziario costituito.
La manifestazione “Marcia della Liberazione” era preannunciata da tempo, con un programma chiaro, visibile da chiunque sul sito internet www.marciadellaliberazione.it. Si tratta di richieste politiche che in gran parte ricalcano la Costituzione. Hanno parlato dei lavoratori in partita IVA disperati, perché a causa della crisi sanitaria, delle troppe tasse e della concorrenza sleale delle multinazionali non riescono più a vivere: “lavorare in proprio è diventato un incubo, una moderna forma di schiavitù”. Hanno parlato degli operatori del settore medico, denunciando i tagli alle cure mediche causati dall’emergenza covid, che ha lasciato senza cure molte migliaia di ammalati di tumore e di altre malattie “normali”, per le quali la mortalità è aumentata, causa l’assenza di cure. E’ naturalmente legittimo che dei giornalisti ritengano di essere contrari ad una moneta sovrana, ad un lavoro e reddito minimo per tutti, a difendere le piccole e medie imprese, ecc. Molto meno legittimo è che gli organi di stampa definiscano come “negazionisti” coloro che hanno organizzato tale manifestazione, davvero non si capisce sulla base di quale fondamento. Eppure..
Eppure i mezzi di informazione: 1) Definiscono “negazionisti” o “no mask” (termini spregiativi e fuorvianti) le persone che manifestano, ignorando totalmente le ragioni ufficiali e dichiarate della protesta. E questo nonostante gli organizzatori dal palco abbiano a più riprese invitato i partecipanti a rispettare le norme sanitarie emanate dalla Presidenza del Consiglio e dalla Regione Lazio: il covid-19 e le maschere non sono mai state l’oggetto della manifestazione. 2) Concentrano l’attenzione su questioni marginali, come il fatto che su migliaia di manifestanti ci fosse una persona che, per propria scelta, ha deciso di non portare la mascherina e di sfidare le forze dell’ordine. 3) Sminuiscono la portata dell’evento dichiarando cifre sulla partecipazione largamente inferiori alla realtà e a quanto verificabile mediante semplici verifiche sulle dimensioni di Piazza San Giovanni in Laterano. Una piazza di 7’283 metri quadrati può contenere anche 25’000 persone, se accalcate (4 persone/m²). A causa delle norme di sicurezza anti-covid le persone erano meno accalcate, ma la zona gialla della piazza era quasi piena, per cui è del tutto realistico stimare la presenza di almeno 10-15’000 persone. Dichiarare su di un giornale la presenza di sole 700 persone è una evidente mala fede. I principali mezzi di stampa, a partire da Repubblica (che ci risulta sia stata querelata) e Corriere della Sera decidono da soli quale deve essere la “verità ufficiale” per tutti. Sono i
cosiddetti “spin doctor”. Dopo di che tutti gli altri mezzi di informazione ripetono la stessa “notizia”, senza preoccuparsi se sia fondata o meno. Oppure volendo anch’essi deliberatamente distorcere gli eventi, in modo da denigrare una manifestazione popolare con la quale non concordano. La verità su quanto è accaduto è peraltro verificabile da tutti, guardando il video della manifestazione https://youtu.be/AhfQjKiubwc . E se anche ci sarà stata qualche persona che, dopo 4 ore sotto il sole, si è un attimo distanziata dagli altri per tirare giù la maschera e respirare, non è certo questo un motivo per dichiarare che la questione delle mascherine fosse il motivo principale della manifestazione. A questo punto dobbiamo chiederci “perché?” Perché una manifestazione in cui molte persone, spesso disperate, chiedono a gran voce il diritto al lavoro, il diritto alla salute, di aumentare la spesa pubblica per la scuola, di ridimensionare il potere delle multinazionali… Perché questo tipo di manifestazione viene deliberatamente rappresentato in modo falso e negativo? A mio giudizio il motivo è che la scomoda verità di avere in Italia persone che protestano per essere rimaste senza lavoro, per il diritto alla salute, per una scuola migliore, questa scomoda verità deve essere nascosta agli occhi di coloro che non hanno partecipato alla manifestazione. I manifestanti vengono definiti come gente al di fuori dell’accettabilità: “negazionisti” (dei folli che negano la pericolosità del virus), “neofascisti” (persone pericolose che vorrebbero ritornare ai tempi di Mussolini), “no mask” (persone superficiali che protestano unicamente perché non vogliono portare la mascherina). La gente che non conosce la verità crede a questa narrazione e non tenta neppure di interessarsi ai veri contenuti della protesta, convinta che da persone “del genere” non possa
venire nulla di buono. Vogliamo invitare tutti gli italiani ad avere un maggior senso critico nei confronti dei mezzi di informazione, perché troppo spesso non operano per informarci, ma per ingannarci. E ci ingannano per perseguire degli obiettivi ben precisi che, non è difficile da ipotizzare, non riguardano gli interessi dei cittadini, ma solo di pochi soggetti già ricchi e potenti. La “marcia di liberazione” è anche liberazione da un sistema di potere che manipola l’informazione per servire gli interessi dei potenti. * Fonte: attivismo.info — https://www.attivismo.info/in-italia-gli-organi-di-informazi one-calpestano/ UN GRIDO DI LIBERTA’ di Tiziana Alterio
Pubblichiamo l’intervento con cui Tiziana Alterio ha aperto la Marcia della Liberazione Voglio tranquillizzare la stampa rimandando indietro le parole negazionista, No Mask, estremista, complottista, terrapiattista perché queste sono loro invenzioni che non ci appartengono e non ci riguardano. Le nostre parole sono amore per la vita e per questa Terra che ci ospita. Voglio ancora tranquillizzare tutti che non siamo persone eversive, rispettiamo i DPCM, il distanziamento perché questa non è una manifestazione No MASK come è stato scritto da tutti. Noi li rispettiamo, anche se non li condividiamo, ma utilizzeremo tutti gli strumenti democratici a nostra disposizione per impugnarli. Siamo qui perché sentiamo la sofferenza di chi ha perso il lavoro, dei nostri imprenditori, artigiani, dei nostri bambini, dei nostri anziani e voi ci state diffamando. Saremo costretti a difenderci nelle aule dei Tribunali querelando chi falsifica la realtà raccontando menzogne.
Voglio tranquillizzare ancora i giornalisti di Repubblica, del Corriere che noi siamo qui anche per voi, per i vostri figli, i vostri padri e le vostre madri perché ci sentiamo tutti parte di una unica comunità. Non vogliamo alzare muri tra noi. Vi invitiamo a metter giù le vostre armi affilate per un dialogo costruttivo con voi e con il governo perché siamo tutti parte di un unico Paese che sta soffrendo. Sento di essere qui con voi perché sono innanzitutto una madre e come tutte le madri del mondo abbiamo un istinto innato di difendere la vita. Quattro mesi fa mi venne l’idea di fare una Marcia della Liberazione ma non avrei mai immaginato di riuscire a coinvolgere tanti amici e attivisti. Oggi siamo chiamati a difendere la vita da un mondo malato, schizofrenico che ci ha messi gli uni contro gli altri e che ci sta impoverendo materialmente e spiritualmente. E’ un grande onore per me poter camminare insieme a tutti voi, insieme al popolo italiano che ha dimostrato in molte occasioni nella storia che è capace di risorgere dai momenti più bui. In questi mesi abbiamo lavorato con l’obiettivo di unire le diverse anime, i diversi gruppi, Movimenti, le associazioni delle categorie produttive e abbiamo ottenuto un grande risultato. Perché la Marcia della Liberazione ? Noi non neghiamo l’esistenza del virus ma contestiamo con forza e determinazione l’uso strumentale e politico che si sta facendo del Covid per imporre scelte economiche e sociali che portano l’Italia ancora di più nel baratro e che impongono un modello di società dell’iper controllo basato sulla paura che noi respingiamo. Siamo qui perché vogliamo superare il modello neoliberista che sta accelerando la sua corsa anche grazie a quanto sta accadendo negli ultimi mesi ma è un modello disumano,
predatorio che ci sta portando verso l’autodistruzione arricchendo pochi e impoverendo la maggioranza. Siamo qui perché non riconosciamo questa Unione Europea che anche in questo momento così drammatico ha mostrato il suo volto più spietato e questo governo accettando i finti aiuti del Recovery Fund indebiterà noi e i nostri figli per i prossimi anni. E’ il tempo di trasformare la resistenza in una direzione precisa nutrendo profondamente una visione diversa di mondo e possiamo iniziare dalle nostre scelte quotidiane, anche quelle più piccole, possono essere rivoluzionarie perché noi siamo molti mentre loro sono un piccolissimo manipolo di persone. Usciamo dalla prigione dell’impossibilità. Dobbiamo chiedere il rispetto della Costituzione, un atto oggi rivoluzionario perché vilipesa e oltraggiata da oltre 20 anni, dobbiamo pretendere che lo Stato riprenda il ruolo che le compete che non è quello di svendere i nostri beni agli stranieri. E’ un tempo storico difficile ma anche straordinario perché se saremo uniti potremo vedere gli albori di una Nuova Umanità ma dovremo ripartire da dove siamo stati distrutti, dal recuperare la nostra identità più profonda, le nostre ricchezze in modo che l’Italia possa avere un ruolo centrale nel Mediterraneo così come auspicava Aldo Moro, mentre oggi siamo diventati i Pigs, i Paesi maiali da spolpare. E’ il tempo per una Nuova Umanità incentrata sul rispetto della natura, degli animali, dell’uomo, sui suoi bisogni e la sua naturale socialità e condivisione. E’ in corso in tutto il mondo un risveglio delle coscienze, un risveglio collettivo e voi siete la testimonianza di questo risveglio. Questa Marcia è il primo passo di un cammino per spingere come cittadini questo Paese in una direzione in cui siano rispettate la vita, il lavoro, le nostre libertà
fondamentali e la sovranità che appartiene al popolo italiano. Lavoreremo alla costituzione di un ufficio legale con avvocati, giuristi e costituzionali per impugnare ogni atto anticostituzionale e antidemocratico di questo governo. E chiunque voglia dare una mano si faccia avanti. E’ il momento che uomini e donne coraggiosi si mettano in cammino. Facciamo in modo che per il neoliberismo sia l’ultimo colpo di coda per ritrovarci in una Nuova Umanità. L’energia, la fede, il coraggio e la determinazione che porteremo in questo cammino renderà la nostra esistenza degna di essere vissuta. CONCLUSIONI Mio nonno era un sopravvissuto di guerra, era rimasto invalido tutta la vita ma era stato pronto a morire, come molti altri italiani, affinchè io e voi vivessimo in un Paese libero e democratico con una Costituzione che ha fatto grande l’Italia nel mondo. Il nostro compito oggi è essere quel ponte invisibile tra i nostri nonni e i nostri figli. Il nostro compito è restituire al popolo italiano ogni decisione economica, politica, culturale e sociale, decisioni che oggi sono invece nelle mani di quelle elite globaliste, a cui l’Unione Europea e questo governo si sono piegati. Il nostro compito è riprenderci ciò che è nostro di diritto, la nostra libertà e una vita che sia degna di essere vissuta e onorata. Dobbiamo tutti insieme trasformare la resistenza in una direzione perché senza direzione mai alcun vento sarà per noi favorevole. Dobbiamo riprendere in mano la nostra identità come popolo italiano e mediterraneo, ricordarci chi eravamo e chi siamo
facendo appello quei valori che sono nostri per nascita ma che abbiamo svilito in nome di un finto progresso che ha portato infelicità, depressione, ansia, paura e che ci ha impoveriti tutti materialmente e spiritualmente. Ritorneremo ad essere grandi se con forza chiediamo il rispetto della nostra Costituzione e se ci riprenderemo tutti quei beni che una volta erano degli italiani e che grazie a Prodi, Bersani, Amato ora sono in mani straniere. Mi auguro che verrà un giorno in cui queste persone rispondano davanti ad un tribunale e davanti al popolo italiano delle loro azioni predatorie. Oltre ad avere una visione occorre una rivoluzione comunitaria perché solo ricreando un senso di comunità avremo speranza di vincere questa battaglia. E una rivoluzione comunitaria significa anche ripartire dai territori per alimentare quelle economie locali che un tempo erano la nostra ricchezza mentre abbiamo permesso che fossero spazzate via dalle multinazionali che ci lasciano a mani vuote perché portano la ricchezza altrove. Rivoluzione comunitaria vuol dire ancora uscire dalle nostre tane, dalle nostre abitudini e partecipare come cittadini alla trasformazione necessaria, così come voi avete fatto oggi con spirito guerriero. Non è più tempo di uomini e donne tiepidi, addormentati e addomesticati, è il tempo del coraggio. Ma la visione e l’unità non bastano da soli, abbiamo bisogno di creare un Comitato di Liberazione Nazionale che, per prima cosa, si doti di un ufficio legale. Visione, Unità e Comitato di Liberazione Costituzionale sono le sfide a cui siamo chiamati. Abbiamo un grande compito e abbiamo tutte le capacità per
determinare il futuro dell’Italia e dell’Europa intera dimostrando per la terza volta nella storia, dopo l’Impero Romano e il Rinascimento, che possiamo essere grandi con un Nuovo Rinascimento Mediterraneo che ridarà centralità all’Italia e indicherà la direzione per una Nuova Umanità. Restiamo uniti! Fonte: www.marciadellaliberazione.it VERRÀ IL GIORNO DEL GIUDIZIO di Moreno Pasquinelli “Molti nemici, molto onore”. Viene in mente questa massima dopo aver letto i quotidiani di ieri, nonché tutti i TG, nonché svariati siti web. “Ecco il
rossobruno!”, penserà il pennivendolo di turno, per il quale questa folgorante battuta sarebbe stata inventata da Mussolini. Il pennivendolo non sa che fu invece una esclamazione di un generale tedesco, tal Georg Von Frundsberg, poco prima di una battaglia contro i veneziani. Correva l’anno 1513. Come ubbidissero ad una unica centrale di disinformazione, come fossero un branco di lupi, tutti hanno raccontato una doppia bugia: “poche centinaia di persone alla marcia dei negazionisti no mask”. Chi c’era, sa quale sia la verità. Questa centrale tuttavia non esiste. Siamo infatti messi molto peggio. L’orda dei giornalisti non ha più nemmeno bisogno di ubbidire ad un comando, agiscono in automatico. Sfornati come giornalisti con l’elmetto dalla stessa tayloristica catena di montaggio sono tutti arruolati in servizio permanente effettivo nell’esercito della manipolazione strategica. Non truppe ausiliarie quindi, ma veri e propri speciali reparti d’assalto. Chi era in piazza San Giovanni può confermare, li ha visti all’opera, alcuni come veri e propri provocatori di professione che cercavano la rissa per meglio individuare i manifestanti come untori da additare al pubblico ludibrio. Verrà il giorno del giudizio, il giorno della vendetta. Sappiamo chi siete, vi conosciamo tutti quanti. Verrà il giorno in cui sarete costretti a scontare la condanna che meritate, quella per cui il popolo, dopo avervi messo alla gogna, vi costringerà a cambiar mestiere ed a guadagnavi onestamente il tozzo di pane. Passiamo a cose più impegnative, con una prima riflessione a caldo. Quanti saremmo potuti essere, in piazza San Giovanni, non ci fosse stata la martellante campagna di criminalizzazione e di accerchiamento che ha preceduto la manifestazione? Quanti quelli che si sono fatti intimidire ma che col cuore e con la mente stavano con noi? Tantissimi. Lo sappiamo. E tutti lo sentivano in quella piazza, di essere sì una minoranza, ma una minoranza grande per quanto imbavagliata e ancora impaurita. Il merito dei Promotori è enorme perché non si sono fatti spaventare dalle minacce, perché hanno sfidato il blocco della paura, perché con la loro manifestazione hanno presidiato l’ultima trincea — il diritto a manifestare in tempi di Stato d’eccezione — caduta la quale ci sarebbe stata la rotta
disordinata. Il loro merito è aver dato un esempio di coraggio, esempio prezioso in tempi in cui il potere istiga alla pusillanimità e all’ignavia. Il tempo è galantuomo, e renderà merito alla Marcia della Liberazione. Un evento che potrebbe segnare un punto di svolta dopo tanti indietreggiamenti e ritirate. A nome e per conto di una minoranza ampia e non muta, la Marcia è stata, per il fatto stesso di svolgersi, il primo ed esemplare atto di disobbedienza civile. Esemplare perché esso non è stato solo un atto di protesta. Il punto tutto politico di forza sta da un’altra parte. La profonda e irriducibile contestazione dell’ordine di cose presente non si è risolta in un mero avanzare al sovrano un cahier de doleance. Non c’era il Terzo Stato lì, c’erano dei cittadini consapevoli che disconoscono al nemico la sua pretesa di sovranità e che anzi lo denunciano come fuori legge, ove la legge è la nostra Costituzione. Esemplare, infine, perché, di contro ad un sindacalismo sociale fuori tempo, ha indicato le misure politiche rivoluzionarie realizzando le quali il nostro popolo e quindi la nazione possono e debbono tornare sovrani. CE L’ABBIAMO FATTA!
Secondo la stampa e i media di regime eravamo “poche centinaia”. Ci vuole una bella faccia tosta ed una disonestà morale smisurata per negare il grande successo della Marcia della Liberazione. 20 mila persone hanno sfidato la campagna di paura e di sciacallaggio che ci è stata rovesciata addosso. 20 mila persone che hanno vinto la scommessa assieme a noi. Un successo che ci riempie di gioia e ci da tanto coraggio per continuare una battaglia politica e sociale che sappiamo irta di difficoltà. Siamo troppo stanchi ora per fare un bilancio compiuto. Ci torneremo presto. Adesso lasciateci godere la festa! Non un passo indietro. Tiziana Alterio e Moreno Pasquinelli Fonte: marciadellaliberazione.it
DOMANI TUTTI IN PIAZZA SAN GIOVANNI IN LATERANO! di Marcia della Liberazione “Lavoro, Reddito, Democrazia, Sovranità”. Con queste parole d’ordine saremo in piazza domani a Roma. Contrariamente ad alcune voci messe in circolazione, la manifestazione è stata regolarmente autorizzata dalla Questura. L’enorme pressione politico-mediatica, messa in campo per impedirci di manifestare, ha fallito il suo obiettivo. Di fronte a pressioni, minacce e provocazioni di ogni tipo, quattro giorni fa avevamo scritto che la manifestazione si sarebbe fatta “senza sé e senza ma“. La nostra tenacia ha vinto! Ed è questa la vittoria di tutti i democratici, di
tutti quelli che non si rassegnano allo stato di cose presente. Nel salutare l’enorme afflusso di adesioni di queste ore, che ci da la certezza di un grande successo, denunciamo con forza la vigliacca campagna di denigrazione messa in atto da tanti giornali. Volendo negare alla manifestazione ogni legittimità, questi giornali hanno fatto ricorso ad una serie di falsi. E’ ovviamente falso che vi sia una qualche relazione tra la nostra manifestazione di piazza San Giovanni e quella che si terrà in un altro luogo della città. E’ falso che siamo “negazionisti”, dato che non neghiamo affatto l’esistenza del virus, mentre ne denunciamo invece il suo utilizzo politico, a partire da quello “stato d’emergenza” che si vorrebbe prorogare all’infinito, anche per mettere in secondo piano l’emergenza sociale provocata dalle scelte del governo. Ed è proprio di questa emergenza – dalla disoccupazione alla perdita del reddito; dalla crescita della povertà, alle prospettive buie della piccola impresa, fino al dramma in cui è stata gettata la scuola – che parleremo domani Contro le falsità dei media, il Comitato organizzatore della Marcia della Liberazione ha già querelato gli organi di (dis)informazione che le hanno diffuse. Identica querela verrà presentata contro chi, nonostante le nostre prese di posizione pubbliche, vorrà continuare sulla strada della diffamazione. Ma la miglior risposta a questi falsari incalliti sarà la grande partecipazione che prevediamo per la manifestazione di domani. Tutti in piazza San Giovanni dalle ore 14:00! Comitato Organizzatore Marcia della Liberazione 07 ottobre 2020 Fonte: marciadellaliberazione.it
Progressismo cattolico vs multipolarismo ortodosso russo di F.f.
“Io credo nella Russia, nella sua Ortodossia. Credo nel Popolo Cristo”. Fedor Michajlovic Dostoesvkij L’amico Moreno Pasquinelli – che indicheremo da ora in poi con la iniziale MP per abbreviare – ha replicato al nostro scritto sul cattolicesimo con un articolo concettualmente e storicamente molto denso. La nostra risposta è d’obbligo non per tenere il punto, tantomeno per polemizzare, tutt’altro, ma viceversa per cercare di mostrare come talvolta la visione del “sovranismo di sinistra” rischi di essere, come d’altra parte quella del “sovranismo di destra” europeo, un altro volto della stessa medaglia di quel laicismo e relativismo europeistici ed occidentalistici, di radice Illuministica, di cui vorrebbero costituire l’alternativa. Laicismo e relativismo democraticista, non democratico, antidemocratico, ben più che liberale (come dice invece il Nostro), che sono il marchio del Deep State. MP ci accusa, in senso storico- politico, di sostenere: a) il costantinismo; b) la mitologia panortodossa basata sulla Terza Roma; infine di aver costruito
c) una fallace ideologia riguardo alla lotta del presente secolo basata su un presupposto astratto, ossia il discrimine di civiltà fra nazionalconservatori o neo-illuministi progressisti. Costantinismo? Non intendiamo rispondere troppo a lungo sul concetto di costantinismo. Vi è ormai una serie di concetti storico- politici, tra i quali costantinismo, fascismo, populismo, sovranismo, che vengono utilizzati fuori dal proprio specifico ambito contestuale. Sono divenuti, tali concetti, meri strumenti di lotta politica propagandistica. Gravissimo errore, dottrinario e di proposta politica concreta, quello dell’amico MP, che cade nella trappola di Antonio Spadaro, il validissimo propagandista gesuita della “rivoluzione nella Chiesa” di Sua santità Francesco. Il progressismo globalista e relativista, divulgato a piene mani dall’elite gesuita egemone, in larga parte derivante dal pensiero del teologo scientista e panteista Teihlard de Chardin, sta bollando ogni prototipo di “civilizzazione cristiana” come Neo- Costantiniana. MP, che intelligentemente ha sempre rifiutato la fascistizzazione del nemico, cade qui in pieno nella trappola. “Nuovo Costantino” fu infatti definito Mussolini per la Conciliazione del 1929, non dai comunisti italiani, ma dai dossettiani (la frazione che rispondeva a Giuseppe Dossetti, la guida degli anti-andreottiani e degli anti-DeGasperi che furono soliti fascistizzare il nemico Conservatore) e dalla Sinistra cattolica evoluzionistica e progressistica. Il bergoglismo, per quanto si nutra di varie fonti, è in diretta continuità strategica con il dossettismo, ossia con il proposito che deve essere l’elite clericalistica, non lo Stato, a detenere il potere totale. Tale ideologia del potere politico del clero, per quanto sia oggi apparentemente più morbida, ripetiamo di nuovo apparentemente, di quella dei bei tempi del papa nero gesuita in offensiva su ogni fronte, si definisce Neo-Gelasiana, da Gelasio I 49° vescovo di Roma.
Perfettamente neo-gelasiana fu l’interferenza politica globalista e progressista della sinistroide e gesuitica “Civiltà cattolica” contro la democrazia conservatrice russa in coincidenza delle ultime elezioni politiche. Terza Roma La ricostruzione compiuta dal Nostro riguardo alla storia religiosa della Russia, a parte le insolite, per lui, sbavature occidentalistiche – il Patriarcato di Mosca sarebbe per sua natura ontologica teocratico, chi lo appoggia nutrirebbe nostalgie teocratiche -, è buona e condivisibile. Le conclusioni non possiamo condividerle. Cristianità ortodossa russa è sia la rivoluzione modernizzatrice di Pietro il Grande e di Caterina II, sia la fiera reazione, ultranazionalistica, degli “Antichi Credenti” che si ribellarono alla “Riforma” del 1653 su cui si è soffermato MP. Al tempo stesso, nell’ultimo secolo, Cristianità ortodossa russa è l’infinito elenco dei Martiri sterminati dal regime ateo comunista, è la Chiesa catacombale che non vuole compromessi con i bolscevichi ma è anche l’elite ortodossa che, dalla Guerra Patriottica in avanti, temperò sino a raddrizzare l’utopismo materialista e globalista del regime marxista, rendendolo di fatto sempre più post-marxista, meno globalista e più russo. Ora, il lettore dirà che è questa una enorme contraddizione. E avrebbe ragione. Ma la contraddizione è il cuore e il lievito della Tradizione ortodossa russa. Il concetto di sobornost’, l’universalità e l’unità nella molteplicità, la comunione nel divenire della storia, è lo spirito della Chiesa russa che si rivela nella storia, si storicizza. La Chiesa è perciò il Popolo, e il Popolo Russo è, nella visione ortodossa, per sua stessa essenza il Popolo Cristo, il Popolo Ortodosso. Al tempo stesso, però, nel “Domostroj” – Documento del XVII sec. in cui venivano dettate le norme per il popolo – lo Zar è presentato come il padre igumeno di tutto l’impero russo, l’obbedienza
verso di lui è un autentico rituale che ha un valore religioso. Tale concetto è presente nella stessa democrazia conservatrice putinista. Che significato dare a tutto questo in relazione alla Terza Roma? Sono necessarie due premesse prima di tirare qui le conclusioni. La prima è che il pensiero filosofico cristiano russo ha la caratteristica del senso storico “mitico” (storicismo conservatore cristiano), mentre il pensiero cattolico ha la caratteristica del senso politico immediato, quello protestante del senso empirico individualistico. Il “mito” Mosca Terza Roma viene formulato dal monaco starec Filofej nella sua lettera al gran principe di Mosca Vasilj III (1505-1533): “O zar molto pio! Ascolta e ricorda che tutti i regni cristiani si sono riuniti nel tuo regno, che due Rome sono cadute, ma che la Terza sta in piedi e che non ce ne potrà mai essere una quarta. Il tuo regno cristiano non sarà mai rimpiazzato da nessun altro”. La Terza Roma sta in piedi. MP sottovaluta questo passaggio fondamentale, “la Terza Roma sta in piedi” e quindi confonde il messianismo universale russo, che è di sostanza metafisica e spirituale, con il millenarismo sociale rivoluzionaristico. Viceversa il messianismo ortodosso e storicista russo ha il fine opposto, più da barriera e fortezza, o ancor meglio da scudo di ciò che resta degli ultimi giorni, mantenendosi il piccolo resto nella santità e Santa il Popolo Cristo ha chiamato la Russia, unico caso nella storia della Cristianità di rituale santificazione di una intera terra benedetta. Per intensità e durata, quella ch’è stata probabilmente la più terribile prova che un popolo cristiano abbia dovuto affrontare (“il più grande genocidio della storia” secondo l’archimandrita Nektarios), un fiume ininterrotto di sangue che arriverebbe alla cifra di quasi 70 milioni di cristiani ortodossi, per lo più di rito russo, martirizzati nel corso del Novecento avrebbe avuto, nell’ottica di Mosca Terza Roma, la misteriosa finalità provvidenziale nel confermare
l’elezione storica del Popolo Cristo. Ciò non è nazionalismo o sovranismo, ma missione spirituale di cui la storia di un popolo si fa portatrice. Lo stesso andrebbe detto della Rivelazione di Fatima, riconosciuta solennemente dal Venerabile Pio XII, con al centro il destino della “Santa Russia” ma non è questo il contesto per soffermarsi su una questione così foriera di misteriose finalizzazioni. Il metropolita Tichon, Solzenicyn e il nichilismo occidentale MP, infine, fa dell’odierno patriarcato poco più che un braccio arrugginito del potere temporale putinista. In realtà occorrerebbe maggiore cautela e prudenza, consigliamo al Nostro la visione di questo importante video. Il metropolita Tichon, uno dei padri del Neoconservatorismo russo di questi tempi, influente pensatore e teologo, confessore del presidente VVP, dette la licenza al canale televisivo di stato russo, nel gennaio 2008, di trasmettere questo documentario che ci pare assai chiaro sulla prioritaria strategia del Cremlino, basata sulla difesa dell’identità cristiana russa. Identità cristiana russa, come abbiamo mostrato, dal valore universale non nazionalista filetista. Il filetismo, che indica la tendenza della Chiesa greco-ortodossa a prendere come base la nazionalità, e non lo Spirito, sarebbe perciò una nuova forma di nazionalismo o tribalismo. Vladimir Putin, inoltre, ha più volte definito l’attivista conservatore cristiano Solzenicyn come il proprio personale maestro. Poco prima di morire fu chiesto a Solzenicyn cosa si dicessero lui e Putin nel corso dei loro incontri. Il vecchio pensatore rispose che aveva continuamente avvertito il presidente che la democrazia neo-illuministica all’occidentale è quanto di più radicalmente e pervicacemente anticristiano fosse comparso nella storia dell’umanità, missione di Putin era non solo sbarrare ogni tipo di via all’ingresso di quella “cosiddetta democrazia” in Russia, ma inverare storicamente il nazionalconservatorismo storico russo
come Catechon, forza di lucida e eroica contrapposizione all’Anticristo, che secondo Solzenicyn si sarebbe manifestato in veste di “democrazia”, “diritti”, “ecumenismo”, tecnocrazia illuministica. La Russia non avrebbe dovuto essere antimoderna, reazionaria, rifiutare le conquiste scientifiche moderne. Ma avrebbe dovuto mettere al centro la sua storia spirituale, non il 5 G, non la Silicon Valley alla russa, non la ideologia radicalista LGTBQ. Solzenicyn indicò alla Russia il sentiero spirituale e storicistico che Benedetto XVI indicò all’Europa dal 2005. Dall’Orda d’Oro all’illuminismo massonico-rivoluzionario del bonapartismo, la Russia fece sempre scudo contro l’epidemia ultraprogressistica e rivoluzionaristica, spiega Alexander Solzenicyn. Lo stesso compitò avrà nel secolo attuale: arrestare l’avanzata irrefrenabile del neo-mongolismo tecnocratico globalistico. La Russia ha accettato la saggezza di Solzenicyn, l’Europa, democraticista e laicista, ha rifiutato la saggezza del Pontefice. Come si può vedere, il putinismo affonda in ben altre radici rispetto a quelle del laicismo machiavelliano che MP gli attribuisce; missione dell’ “Ortodossia di stato” russa è quella di chiudere le porte alla catastrofe, non di redimere un mondo, come è quello occidentale, che avrebbe armi e strumenti per salvarsi da se. Tanto meno è quella di spremere di nuovo come un limone il grande popolo russo, legna d’ardere sulla via di una rivoluzione mondiale o globalista di bolscevica memoria. E qui ritorna, nel pensiero di MP sulla Russia, quel millenarismo social-rivoluzionario estraneo, oggettivamente, alla linea del patriarcato, ma altrettanto estraneo a quella tradizione apostolica greco-cristiana (e non giudeo-cristiana) a cui il concetto di Mosca Terza Roma si ispira. Il Nostro equivoca anche, a nostro modesto avviso, il senso della recente modifica della costituzione. Dio, Popolo (non patria come MP dice), Famiglia. Popolo è da intendersi nel senso sopra specificato di Popolo Cristo e Popolo Chiesa. Non
Puoi anche leggere