CORTE COSTITUZIONALE SEGNALAZIONI SULL'ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA - SERVIZIO STUDI
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CORTE COSTITUZIONALE SERVIZIO STUDI Area di diritto comparato SEGNALAZIONI SULL’ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA a cura di Carmen Guerrero Picó Sarah Pasetto Maria Theresia Rörig Céline Torrisi con il coordinamento di Paolo Passaglia n. 26 (giugno 2019)
Avvertenza La Corte costituzionale ha la titolarità, in via esclusiva, dei contenuti del presente documento. La Corte costituzionale fa divieto, in assenza di espressa autorizzazione, di riprodurre, estrarre copia ovvero distribuire il documento o parti di esso per finalità commerciali. Il riutilizzo per finalità diverse è soggetto alle condizioni ed alle restrizioni previste nel contratto di licenza Creative Commons (CC by SA 3.0). Per informazioni e richieste, si invita a contattare il Servizio Studi, scrivendo al seguente indirizzo email: servstudi@cortecostituzionale.it.
SOMMARIO Spagna CATALOGNA – SECESSIONE La Corte di Strasburgo dichiara irricevibile un ricorso riguardante la sospensione della seduta del Parlamento catalano che avrebbe dichiarato l’indipendenza .................................................................................. 5 Francia LAVORATORE – LICENZIAMENTO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-787 QPC del 7 giugno 2019, M. Taoufik B., sull’impossibilità di sospendere l’esecuzione del licenziamento di un lavoratore c.d. protetto ................................................ 9 Germania IMMIGRAZIONE Il Bundestag approva varie modifiche alla normativa sull’immigrazione e sull’allontanamento di stranieri senza titolo di soggiorno ........................... 13 Francia PROTEZIONE DEI DATI – SICUREZZA SOCIALE Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-789 QPC del 14 giugno 2019, Mme. Hanen S., sulla comunicazione di dati agli organismi di sicurezza sociale .............................................................................................................. 19 Francia DETENUTI – USCITE DAL CARCERE Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-791 QPC del 21 giugno 2019, Section française de l'Observatoire international des prisons, in tema di autorizzazione all’uscita con scorta dei detenuti dal carcere ...................... 23
Francia MEDICI – ATTIVITÀ INTRA-MOENIA Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-792 QPC del 21 giugno 2019, Clinique Saint-Coeur et autres, in tema di superamento degli onorari dei medici nell’ambito dell’attività intra-moenia ............................................................. 25 Spagna PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – MOBBING Il Tribunale costituzionale si pronuncia su un caso di mobbing nell’ambito della pubblica amministrazione ....................................................................... 29 Spagna AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA – PROCESSO TELEMATICO Il Tribunale costituzionale si pronuncia su alcune criticità collegate al processo telematico ...................................................................................... 33 Stati Uniti CENSIMENTO – DOMANDA SULLA CITTADINANZA Corte suprema, sentenza Department of Commerce et al. v. New York et al., 588 U.S. __ (2019), No. 18–966, del 27 giugno 2019, sulla reintroduzione di una domanda sulla cittadinanza nel formulare inerente al censimento decennale ......................................................................................................... 37 Francia GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA – CONTROLLO DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-794 QPC del 28 giugno 2019, Union syndicale des magistrats administratifs et autre, sul controllo della legittimità formale delle decisioni amministrative non regolamentari ............ 43 Stati Uniti COLLEGI ELETTORALI (INDIVIDUAZIONE) – LIMITI AL SINDACATO GIURISDIZIONALE Corte suprema, sentenza Rucho et al. v. Common Cause et al., 588 U.S. (2019), No. 18 422, del 27 giugno 2019, sul ruolo delle corti nei casi di partisan gerrymandering ................................................................................. 47
SPAGNA CATALOGNA – SECESSIONE La Corte di Strasburgo dichiara irricevibile un ricorso riguardante la sospensione della seduta del Parlamento catalano che avrebbe dichiarato l’indipendenza 04/06/2019 La Corte europea dei diritti dell’uomo, con decisione del 28 maggio 2019 1, ha dichiarato irricevibile il ricorso María Carmen Forcadell i Lluis ed altri c. Spagna, riguardante i fatti collegati al processo secessionista catalano che si presentano qui di seguito. Il 4 ottobre 2017, l’Ufficio di presidenza del Parlamento catalano, accettando la richiesta di Junts pel Sí e di Canditatura d’Unitat Popular Crida Constituent (i due gruppi parlamentari di maggioranza), aveva convocato una seduta plenaria ordinaria per il giorno 9 ottobre. In essa sarebbe intervenuto il Presidente della Generalitat per valutare i risultati del c.d. referendum indipendentista del 1º ottobre ed i suoi effetti, in conformità all’art. 4 della legge n. 19/2017, del 6 settembre, sul referendum di autodeterminazione. Il Tribunale costituzionale era stato subito adito dai deputati del gruppo parlamentare socialista catalano, che lamentavano l’asserita violazione dello jus in officium (art. 23, comma 2, Cost.) e del diritto dei cittadini di partecipare agli affari pubblici attraverso rappresentanti (art. 23, comma 1, Cost.). L’ATC 134/2017, del 5 ottobre, aveva dichiarato ammissibile il loro ricorso di amparo, aveva sospeso in via cautelare l’efficacia degli acuerdos del 4 ottobre e, di conseguenza, aveva impedito la celebrazione della seduta plenaria prevista per il 9 ottobre. Anticipando un possibile atto di disobbedienza del Parlamento catalano 2, il Tribunale costituzionale aveva altresì dichiarato radicalmente nullo e privo di alcun valore giuridico qualsivoglia atto, risoluzione o accordo che potesse essere adottato in violazione del provvedimento di sospensione. 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22itemid%22:[%22001-193593%22]}. 2 In effetti, il 10 ottobre 2017, il Presidente catalano Carles Puigdemont si era presentato in aula, aveva dichiarato l’indipendenza della Catalogna e subito dopo aveva chiesto al Parlamento catalano di sospenderla. La STC 46/2018, del 26 aprile, ha accolto, nel merito, il ricorso di amparo dei deputati socialisti. 5
Un gruppo di settantasei deputati del Parlamento catalano, tra cui la sua presidente Carme Forcadell e Carles Puigdemont, aveva allora adito la Corte di Strasburgo, ritenendo che la decisione di sospendere la seduta plenaria del 9 ottobre 2017 fosse contraria agli artt. 6 (diritto ad un processo equo), 10 (libertà di espressione) e 11 (libertà di riunione e di associazione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché all’art. 3 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU (diritto a libere elezioni). Sull’asserita violazione degli artt. 10 e 11 CEDU, la Corte di Strasburgo ha ribadito ancora una volta che il diritto alla libertà di riunione è un diritto fondamentale in una società democratica e, non diversamente dal diritto alla libertà di espressione, costituisce uno dei fondamenti di un tale tipo di società. Tuttavia, l’ingerenza denunciata non può ritenersi illegittima perché, come sancito dall’art. 11 CEDU, sono ammesse restrizioni previste dalla legge 3, che rispondano ad una finalità legittima 4 e che costituiscano misure necessarie in una società democratica 5. In questo caso, la sospensione decisa dal Tribunale costituzionale era prevista dalla legge. L’art. 56 della Legge organica sul Tribunale costituzionale prevede la possibilità di adottare misure di sospensione o misure cautelari e provvisorie già nella fase di ammissibilità, trattandosi di casi di urgenza eccezionale. La decisione può essere contestata dal pubblico ministero e dalle parti entro cinque giorni dalla sua notifica e, nella specie, il Tribunale costituzionale aveva concesso un termine di dieci giorni. Inoltre, l’ingerenza era da ritenersi prevedibile, poiché (i) la seduta plenaria era stata convocata in attuazione della legge n. 19/2017, anche questa sospesa dal Tribunale costituzionale, e (ii) la STC 259/2015, del 2 dicembre, poteva essere considerata un precedente riguardo alla posizione del Tribunale costituzionale in merito al processo di creazione di uno stato indipendente catalano. La misura cautelare aveva una finalità legittima: era volta a garantire la protezione dei diritti e delle libertà dei parlamentari in minoranza nel Parlamento catalano, nei confronti di possibili abusi della maggioranza parlamentare. Infine, si trattava di una misura necessaria in una società democratica. La decisione dell'Ufficio di presidenza del Parlamento catalano di autorizzare lo svolgimento della sessione plenaria del 9 ottobre presupponeva una chiara inosservanza della decisione del Tribunale costituzionale che aveva decretato la 3 V. in particolare i §§ 28-31 della decisione. 4 V. i §§ 32-33. 5 V. i §§ 34-40. 6
sospensione della legge n. 19/2017, legge che sarebbe stata dichiarata incostituzionale dalla STC 114/2017, del 17 ottobre, per – tra l’altro – il mancato rispetto dei diritti delle minoranze nel procedimento legislativo. Pertanto, la sospensione della seduta plenaria era volta a garantire l’osservanza delle decisioni del Tribunale costituzionale, preservando così l’ordine costituzionale. La Corte EDU ha, quindi, dichiarato il ricorso manifestamente infondato. Con riferimento all’asserita violazione del diritto a libere elezioni 6, “in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”, poiché la decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento catalano presupponeva una chiara inosservanza delle decisioni del Tribunale costituzionale, la pretesa dei ricorrenti era incompatibile ratione materiae con le disposizioni della CEDU. Infine, non era stata provata alcuna violazione dell’art. 6 CEDU. Carmen Guerrero Picó 6 V. i §§ 41-46. 7
FRANCIA LAVORATORE – LICENZIAMENTO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-787 QPC del 7 giugno 2019, M. Taoufik B., sull’impossibilità di sospendere l’esecuzione del licenziamento di un lavoratore c.d. protetto 10/06/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. L. 1232-6 del Codice del lavoro, come modificato dalla legge n. 2018-217 del 29 marzo 2018, di ratifica delle ordonnances adottate sul fondamento della legge n. 2017-1340 del 15 settembre 2017, di abilitazione ad adottare, mediante, ordonnances, misure per il rafforzamento del dialogo sociale. Le disposizioni contestate stabiliscono che, qualora il datore di lavoro decida di licenziare un lavoratore, la decisione deve essere notificata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno. Tale lettera, contenente le motivazioni addotte dal datore di lavoro, non può essere spedita oltre due giorni dopo la data del colloquio preliminare di licenziamento. Inoltre, gli artt. L. 2411-1 e L. 2411-2 del Codice del lavoro specificano che, nel caso in cui i lavoratori coinvolti ricoprano un mandato di rappresentanza, godono di una protezione specifica, in virtù della quale il licenziamento può intervenire solo previa autorizzazione dell’ispettorato del lavoro. Tale autorizzazione può essere impugnata dinanzi al giudice amministrativo e, in applicazione dell’art. L. 521-1 del Codice di giustizia amministrativa, dinanzi al giudice dei référés, che può ordinare la sospensione di tale decisione o di alcuni dei suoi effetti. Tuttavia, la giurisprudenza del Conseil d’État ha fissato l’esecutività dell’autorizzazione al licenziamento di un lavoratore “protetto” al momento dell’invio della lettera di licenziamento. Di conseguenza, la richiesta di sospensione eventualmente sollevata dinanzi al giudice dei référés dopo l’invio di tale lettera diventa priva di oggetto, il che implica il suo rigetto. Il ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che, qualora tali disposizioni si applicassero a un lavoratore c.d. protetto e per il quale l’autorità amministrativa avesse autorizzato il licenziamento, esse non avrebbero garantito la possibilità di promuovere un ricorso per chiederne la sospensione. Ne sarebbe derivata una violazione del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo nonché una incompetenza negativa da parte del legislatore, nella misura in cui non sarebbe stato previsto un meccanismo che garantisse l’effettività della domanda di 9
sospensione. Inoltre, tali disposizioni avrebbero violato il principio di uguaglianza davanti alla legge, nella misura in cui un lavoratore non protetto può contestare il proprio licenziamento dinanzi al giudice dei référés di diritto comune, senza che tale ricorso possa – a differenza di quello esercitato innanzi al giudice amministrativo da un lavoratore protetto – essere privo di effetto al momento dell’invio della raccomandata. Il Conseil constitutionnel ha stabilito che la natura non sospensiva di un ricorso non viola, di per sé, il diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo garantito dall’art. 16 della Dichiarazione del 1789. Ha poi considerato che, malgrado l’impossibilità di sospendere la decisione amministrativa di autorizzazione al licenziamento dopo la data di invio della lettera, esiste sempre la possibilità, per il giudice di merito, di annullarla. In questo caso, il lavoratore può, nel caso lo auspicasse, riprendere il suo posto di lavoro o uno equivalente. Il Conseil constitutionnel ha poi sottolineato che, in applicazione dell’art. L. 2422-2 del medesimo Codice, il componente della delegazione del personale al comitato economico, il rappresentante di prossimità ed il componente della delegazione del personale al comitato sociale e economico interimprese godono, per un verso, di una reintegrazione di diritto nei loro mandati qualora, nel frattempo, l’istituzione non sia stata rinnovata, e, per altro verso, di una protezione contro il licenziamento per un periodo di sei mesi, a partire dal giorno in cui abbiano reintegrato il loro posto di lavoro. Infine, l’art. L. 2422-4 del medesimo Codice prevede che il lavoratore che ricopre uno dei mandati menzionati all’art. L. 2422-1 ha diritto ad una indennità che corrisponde alla totalità del pregiudizio subito nel corso del periodo trascorso tra il licenziamento ed il suo reintegro. Qualora non avesse chiesto il reintegro, l’indennizzo coprirebbe il periodo trascorso tra il licenziamento ed i due mesi successivi alla notifica dell’annullamento dell’autorizzazione amministrativa al licenziamento. Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha considerato che il legislatore avesse istituito garanzie sufficienti volte a rimediare alle conseguenze, per il lavoratore “protetto”, dell’esecuzione dell’autorizzazione amministrativa al licenziamento. Ha stabilito, inoltre, che, non garantendo l’effetto sospensivo del ricorso contro tale autorizzazione, le disposizioni contestate non violano il diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo e non danno luogo ad una incompetenza negativa. 10
Infine, il Conseil ha stabilito che le disposizioni contestate non violano il principio di uguaglianza, giacché il legislatore non ha creato alcuna disparità di trattamento tra i lavoratori licenziati. Ha, quindi, dichiarato le disposizioni contestate conformi alla Costituzione 1. Céline Torrisi 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019787qpc/2019787qpc.pdf. 11
GERMANIA IMMIGRAZIONE Il Bundestag approva varie modifiche alla normativa sull’immigrazione e sull’allontanamento di stranieri senza titolo di soggiorno 11/06/2019 Il Bundestag ha approvato, il 7 giugno scorso, numerose nuove norme riguardanti la politica d’accoglienza. Il c.d. ‘pacchetto migratorio’ comprende sette leggi che modificano, in particolare, la normativa relativa alle espulsioni coatte, all’immigrazione regolare ed all’integrazione di migranti e rifugiati nel mondo del lavoro. La riforma prevede l’introduzione di numerose modifiche alla legge tedesca sul soggiorno, sull’attività lavorativa e sull’integrazione degli stranieri nel territorio federale (Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet 1, di seguito anche AufenthG) del 30 luglio 2004 (da ultimo modificata nel luglio 2018), che disciplina i permessi di soggiorno di cittadini extracomunitari. Tale normativa costituisce, infatti, la principale base giuridica in materia di ingresso, allontanamento e soggiorno di cittadini stranieri in Germania ed è applicabile anche ai rifugiati ed ai richiedenti asilo nella misura in cui la normativa sul procedimento di asilo non preveda norme speciali 2. Il voto al Bundestag è stato preceduto da un dibattito molto intenso, nel corso quale i Verdi e la sinistra radicale dei Die Linke hanno criticato il Governo, accusandolo di calpestare i diritti civili e umani degli immigrati e di gestire il tema solo secondo criteri di interesse economico. I Verdi e Die Linke hanno anche cercato di far slittare la votazione finale alla settimana successiva, ma senza successo. Si è in particolare contestata la tempistica troppo veloce con cui la normativa è stata approvata impedendo un opportuno e approfondito dibattito. 1 Una traduzione inglese dell’AufenthG (nella sua nuova versione del 25 febbraio 2008, BGBl. I. p. 162, da ultimo modificata il 12 luglio 2018, BGBl. I., p. 1147), aggiornata al 30 ottobre 2017, è disponibile alla pagina https://www.gesetze-im-internet.de/englisch_aufenthg/index.html. 2 Per un’illustrazione dettagliata della normativa si rinvia al contributo sulla Germania di M. Th. Roerig, nel Dossier del Servizio Studi, Area di diritto comparato, Ingresso, accoglienza e allontanamento dello straniero, Comp. 253, Maggio 2019, a cura di P. Passaglia. 13
Con la riforma, è stato da un lato semplificato e ulteriormente agevolato in base al c.d. “FEG – Fachkräfteeinwanderungsgesetz (“legge sull’immigrazione di lavoratori specializzati”), l’ingresso di stranieri extracomunitari come lavoratori qualificati, avendo individuato nell’accoglienza in Germania di detti lavoratori la mossa cruciale per poter restare un competitor valido nel mercato globale. Un lavoratore qualificato può ottenere un visto d’ingresso di sei mesi anche per la sola ricerca di un posto di lavoro e successivamente un permesso di soggiorno illimitato una volta trovato il posto di lavoro. La nuova legge facilita così l’ingresso ai cittadini extraeuropei che intendano raggiungere la Germania per motivi puramente economici. La questione dell’immigrazione professionale (la c.d. migrazione economica) viene, infatti, chiaramente separata da quella dei richiedenti asilo. Mentre si potrà sempre chiedere asilo in base alla legge tedesca, i cittadini extra-Ue senza un diritto alla tutela internazionale e che non posseggano elevati livelli di istruzione (non necessariamente accademica ma comunque qualificata) e, possibilmente, una offerta di lavoro concreta in Germania, avranno maggiore difficoltà a varcare i confini federali tedeschi. I migranti vengono essenzialmente classificati sulla base di una serie di prerequisiti: livello di istruzione, età, competenze linguistiche, offerte di lavoro e sicurezza finanziaria. Inoltre, in base alle c.d. leggi sulla formazione e sull’attività di stranieri “tollerati” (Gesetze über Duldung bei Ausbildung 3 und Beschäftigung 4), che sono state parimenti approvate, si prevede il rilascio di particolari permessi di soggiorno per “tollerati” per un periodo più lungo (30 mesi) anche a quei richiedenti asilo che, pur presenti sul territorio tedesco (come “tollerati”, senza permesso), abbiano visto rifiutata la loro domanda, a patto che questi siano ben integrati (perché abbiano già un lavoro a tempo pieno in Germania da almeno 18 mesi, siano in grado di dimostrare la loro identità, non abbiano alcun precedente criminale e parlino almeno un livello medio di tedesco o anche per motivi formativi) e che siano entrati in Germania prima dell’agosto 2018. Lo “stato di tollerato” per motivi formativi di cui all’art. 60a, comma 2, per. 4 ss., della legge sul soggiorno (Aufenthaltsgesetz), quale sotto-caso di “tolleranza per motivi personali”, viene ora disciplinato in un’apposita norma. I presupposti per una “tolleranza per motivi formativi” (anche in considerazione della formazione qualificata in materie in cui manchi personale) vengono regolati per legge, anche per creare una prassi uniforme all’interno del territorio federale. I nuovi permessi 3 Beschäftigungsduldungsgesetz 4 Ausländerbeschäftigungsförderungsgesetz 14
per tollerati potranno infine, in presenza dei requisiti, essere convertiti in veri e propri permessi di soggiorno (ai sensi del § 25b 5 o del § 18a 6 AufenthG). Per altro verso, la nuova normativa, di cui in particolare la “Zweites Gesetz zur besseren Durchsetzung der Ausreisepflicht”, detta anche “Geordnete-Rückkehr- Gesetz” (19/10047), renderà più facili e veloci gli itinera per il rimpatrio per coloro che non abbiano alcun titolo di soggiorno (ivi inclusi i profughi la cui domanda di asilo politico in Germania venga respinta) e che siano quindi tenuti a lasciare il paese. Si cerca essenzialmente di rendere più efficace l’esecuzione dell’ordine di allontanamento e dunque l’espulsione coattiva. A tal fine, viene anche ampliata la custodia cautelare e la detenzione propedeutica all’allontanamento per i soggetti che, decorsi 30 giorni dalla data prefissata per l’espatrio volontario, non abbiano rispettato l’obbligo di allontanarsi dal paese, così evitando la fuga nella clandestinità. La detenzione propedeutica viene inoltre estesa a soggetti potenzialmente pericolosi, anche ai fini di protezione della sicurezza della Bundesrepublik Deutschland e contro un pericolo terroristico. È stata introdotta una c.d. “detenzione cooperativa” (Mitwirkungshaft), che riguarda stranieri che non osservino i provvedimenti al fine di accertare la loro identità. Per la custodia ai fini dell’allontanamento non viene più richiesto un pericolo di fuga. Le autorità avranno inoltre la possibilità – in deroga al principio di separazione tra centri penitenziari e appositi centri per l’espulsione – di rinchiudere, fino al 30 giugno 2022, i soggetti da allontanare in centri di detenzione preventiva e, se necessario, anche all’interno di penitenziari, sebbene in spazi separati (e quindi non necessariamente in appositi centri visto che questi risultano troppo affollati). In linea di massima, l’esatto momento dell’allontanamento coatto dal territorio non viene più comunicato allo straniero una volta scaduta la data entro cui è consentito l’espatrio volontario per evitare la fuga nella clandestinità. Le informazioni circa le concrete misure di allontanamento vengono considerate alla stregua di un vero e proprio segreto la cui violazione è penalmente rilevante. Persone che sono state condannate definitivamente per truffa relativa all’ottenimento di sussidi sociali o per violazione delle norme sugli stupefacenti 5 Una sorta di sanatoria per gli stranieri “tollerati” residenti nella Repubblica federale da più di otto anni (sei per le famiglie con minori) è stata prevista dal § 25b AufenthG, introdotto dalla legge del 27 luglio 2015 sulla ridefinizione del diritto di permanenza e della cessazione del soggiorno (Gesetz zur Neubestimmung des Bleiberechts und der Aufenthaltsbeendigung), che ha concesso loro un permesso di soggiorno (rinnovabile) di 2 anni, a condizione che conoscano sufficientemente la lingua tedesca e siano in grado di provvedere al proprio sostentamento. 6 Permesso per tollerati professionalmente “qualificati”. 15
ad una reclusione di almeno un anno potranno essere più facilmente allontanate coattivamente. Sono previste anche nuove misure di sorveglianza degli autori di reati gravi che non possono essere allontanati. La permanenza nei centri di accoglienza per i richiedenti d’asilo è stata estesa fino a 18 mesi (per famiglie rimane ferma la durata di 6 mesi). Chi non collabora ai fini dell’accertamento dell’identità o chi proviene da c.d. stati sicuri può essere rinchiuso nei centri per un periodo maggiore. Infine, viene introdotto un nuovo stato di tollerato per “persone con identità non accertata” da attribuirsi a soggetti che non possono essere allontanati per motivi a loro stessi imputabili (perché hanno omesso o fornito informazioni false sulla propria identità e/o nazionalità). A dette persone viene vietato di lavorare in Germania e sono anche assoggettati a limitazioni relative alla dimora o alla residenza. La violazione degli obblighi di collaborazione (circa l’accertamento dell’identità, ecc.) comporta una più significativa riduzione di prestazioni sociali ed esistenziali ai sensi della legge sui sussidi per i richiedenti d’asili (Asylbewerberleistungsgesetz), che viene modificata nel rispetto del dettato della direttiva Ue 2013/33 del Parlamento Ue e del Consiglio del 26 giugno 2013. Chi abbia già ottenuto o deve ottenere la tutela internazionale in un altro Stato membro, riceverà prestazioni sociali soltanto in misura limitata e provvisoria. Si è inoltre esteso il termine per lo scrutinio delle decisioni d’asilo da 3 fino a 5 anni, al fine di alleggerire il sovraccarico dell’autorità federale per la migrazione ed i profughi. Con la legge che rende la durata della legge sull’integrazione indeterminata (Gesetz zur Entfristung des Integrationsgesetzes), le disposizioni sulle restrizioni e gli obblighi di dimora e residenza dei richiedenti di protezione internazionale, finora provvisorie, vengono rese definitivamente applicabili. Un’altra novità riguarda la registrazione e lo scambio tra le varie autorità competenti di dati personali sugli stranieri (in particolare su quelli senza documento d’identità) in base alla “seconda legge sul miglioramento dello scambio di dati personali” (Datenaustauschgesetz), che si estende anche a minori non accompagnati, le cui impronte digitali possono essere registrate. La legge intende tra l’altro agevolare l’identificazione degli stranieri da allontanare. Il Bundesrat deve ancora esprimersi sul pacchetto normativo nella (comunque limitata) misura in cui è richiesta la sua approvazione. Quest’ultima è necessaria in merito alla definizione delle prestazioni sociali per richiedenti d’asilo ed alla normativa sullo scambio di dati personali tra autorità. La Linke è inoltre 16
dell’opinione che il Bundesrat debba approvare anche le nuove regole sull’allontanamento coattivo. Maria Theresia Roerig 17
FRANCIA PROTEZIONE DEI DATI – SICUREZZA SOCIALE Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-789 QPC del 14 giugno 2019, Mme. Hanen S., sulla comunicazione di dati agli organismi di sicurezza sociale 17/06/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. L. 114-19 del Codice della sicurezza sociale, come modificato dalla legge n. 2015-1702 del 21 dicembre 2015 di finanziamento della sicurezza sociale per il 2016, e gli artt. L. 114-20 e L. 114-21 del medesimo Codice, come modificati dalla legge n. 2007- 1786 del 19 dicembre 2007 di finanziamento della sicurezza sociale per il 2008 1. Tali disposizioni conferiscono ad alcuni agenti della sicurezza sociale il c.d. “diritto di comunicazione”, ovvero la possibilità di richiedere agli istituti bancari alcune informazioni – quali, ad esempio, estratti conto e/o altri documenti bancari – riguardanti il beneficiario di una prestazione sociale, il suo avente diritto o un qualsiasi contribuente, senza che possa essere opposto il segreto bancario. Si riconosceva anche il diritto a richiedere i dati di connessione dei medesimi soggetti detenuti dagli operatori di comunicazioni elettroniche, dai fornitori di accesso ad un servizio di comunicazione al pubblico on line o dagli hosters di contenuti di tale servizio. Il ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che tali disposizioni violassero il diritto al rispetto della vita privata, in ragione dell’insufficienza delle garanzie previste. Si denunciava anche il fatto che il soggetto sottoposto ai suddetti controlli dovesse essere informato dell’esercizio del diritto di comunicazione nei suoi confronti solo nel caso in cui tali informazioni fossero state utilizzate per giustificare una decisione di ritiro di una prestazione sociale o di ripetizione di somme indebitamente versate. Per i medesimi motivi, si adduceva, infine, una violazione, da parte del legislatore, della propria competenza, tale da violare il diritto al rispetto della vita privata. 1 Successivamente, tali disposizioni sono state parzialmente modificate con la legge n. 2016- 1691 del 9 dicembre 2016 sulla trasparenza, sulla lotta alla corruzione e sulla modernizzazione della vita economica. La modifica non era però applicabile, ratione temporis, nel giudizio a quo. 19
Il Conseil constitutionnel ha considerato che, adottando le disposizioni contestate, il legislatore ha perseguito l’obiettivo di valore costituzionale di lotta alla frode fiscale in materia di protezione sociale; una parte di tali disposizioni è stata, nondimeno, dichiarata incostituzionale. Nello specifico, il Conseil ha sottolineato che, in virtù dell’art. L. 114-19 del Codice della sicurezza sociale, le disposizioni contestate perseguono l’obiettivo di agevolare il controllo della sincerità e dell’esattezza delle dichiarazioni fatte dagli utenti e dell’autenticità dei documenti prodotti al fine dell’attribuzione e del pagamento di prestazioni di sicurezza sociale; obiettivi parimenti perseguiti sono l’agevolazione dell’esercizio delle missioni di controllo dei contribuenti al regime obbligatorio di sicurezza sociale e di contrasto al lavoro dissimulato, nonché il recupero di prestazioni indebitamente versate. Il Conseil ha altresì ricordato che gli agenti degli organismi di sicurezza sociale ai quali è stato riconosciuto tale diritto di comunicazione sono sottoposti al rispetto del segreto professionale e che tale diritto non può essere esercitato mediante esecuzione forzata. Si è poi rilevato che, autorizzando la comunicazione di dati bancari al fine di poter conoscere i redditi, le spese e la situazione familiare di determinati soggetti, le disposizioni contestate hanno una piena giustificazione dovuta alla necessità di valutare la situazione del richiedente o del beneficiario di prestazioni sociali. Se, quindi, tali dati possono rivelare informazioni relative alle circostanze nelle quali il soggetto avesse speso o percepito il proprio reddito, a parere del Conseil constitutionnel, la violazione al diritto al rispetto della vita privata non è comunque sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito dalla legge. Il legislatore ha, quindi, conciliato in maniera equilibrata il diritto al rispetto della vita privata con l’obiettivo di valore costituzionale di lotta alla frode in materia di protezione sociale. Tuttavia, con riguardo ai dati di connessione, il Conseil constitutionnel ha stabilito che, considerata la loro natura ed i trattamenti cui possono essere oggetto, nonché la quantità e la precisione delle informazioni fornite da tali strumenti, la previsione relativa alla loro comunicazione violasse il diritto al rispetto della vita privata dei soggetti controllati e non fosse in connessione diretta con la necessità di valutare la situazione delle persone coinvolte. Di conseguenza, sul punto, il legislatore non aveva conciliato in maniera equilibrata il diritto al rispetto della vita privata con la lotta alla frode in materia di protezione sociale. Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha, quindi, dichiarato l’art. L. 114-20 del Codice della sicurezza sociale contrario alla Costituzione. Per quanto riguarda l’art. L. 114-21 del medesimo Codice, che disciplina le condizioni nelle quali il soggetto i cui dati sono stati trasmessi viene informato di 20
tale procedura (limitando tale obbligo alle situazioni nelle quali è stato deciso di eliminare il beneficio di una prestazione o di ripetere determinate somme), il Conseil constitutionnel ha sottolineato che, nella misura in cui consentono alla persona controllata di avere conoscenza dei documenti comunicati al fine di poter contestare le decisioni che sono state adottate contro di lui, tali disposizioni non violano il diritto al rispetto della vita privata. L’art. L. 114-21 è, stato, quindi, dichiarato conforme alla Costituzione. Infine, considerando che l’impugnazione dei provvedimenti già adottati in applicazione delle disposizioni dichiarate non conformi alla Costituzione violerebbe l’obiettivo di valore costituzionale di lotta alla frode fiscale in materia di protezione sociale e che tale situazione avrebbe conseguenze manifestamente eccessive, il Conseil ha stabilito che tali provvedimenti non possano essere contestati sulla base dell’incostituzionalità pronunciata 2. Céline Torrisi 2 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/decision/2019/2019789QPC.htm. 21
FRANCIA DETENUTI – USCITE DAL CARCERE Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-791 QPC del 21 giugno 2019, Section française de l'Observatoire international des prisons, in tema di autorizzazione all’uscita con scorta dei detenuti dal carcere 24/06/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto gli artt. 148-5, 712-5 e 723-6 del Codice di procedura penale (d’ora in avanti c.p.p). Tali disposizioni disciplinavano le autorizzazioni di uscita dal carcere delle persone detenute (art. 723-6) o in custodia cautelare (art. 148-5), stabilendo che tali soggetti potessero ottenere, alle condizioni stabilite dall’art. 712-5, e a titolo eccezionale, una autorizzazione all’uscita con scorta. Per i soggetti sottoposti a custodia cautelare, tale autorizzazione veniva rilasciata dal giudice istruttorio o dal giudice di merito, mentre per le persone condannate veniva rilasciata dal giudice dell’applicazione delle pene. L’art. 712-5 stabiliva, inoltre, che, tranne che in caso di urgenza, le ordinanze di riduzione della pena, le autorizzazioni all’uscita con scorta ed i permessi di uscita fossero adottati previo parere della commissione di applicazione delle pene. L’associazione ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che tali disposizioni violassero il diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo, nella misura in cui il rifiuto opposto all’autorizzazione all’uscita di una persona in custodia cautelare non poteva essere contestato. Si lamentava il fatto che, anche se la persona detenuta poteva impugnare tale decisione, nessun termine era imposto al giudice per decidere su tale richiesta. Inoltre, a parere della ricorrente, considerata la natura di tale misura, il legislatore avrebbe dovuto imporre al giudice di pronunciarsi con celerità. Ancora, si asseriva che le disposizioni contestate non specificassero i motivi per i quali una autorizzazione all’uscita con scorta potesse essere rifiutata. Si sosteneva, infine, che le disposizioni contestate violassero il diritto ad avere una vita familiare normale. Sulla contestazione del rifiuto di autorizzare l’uscita con scorta di una persona in custodia cautelare, il Conseil constitutionnel ha considerato che, in ragione delle conseguenze di tale rifiuto, l’impossibilità di impugnare tale decisione 23
violasse le esigenze costituzionali stabilite dall’art. 16 della Dichiarazione del 1789. L’art. 148-5 c.p.p è stato, quindi, dichiarato contrario alla Costituzione 1. Per quanto riguarda, invece, la contestazione del rifiuto di autorizzare l’uscita con scorta di una persona condannata, il Conseil ha sottolineato che, in virtù degli artt. 712-1 e 712-12 c.p.p., tale decisione può essere, in realtà, impugnata dinanzi al presidente della camera dell’applicazione delle pene. Ha poi sottolineato che, in applicazione dell’art. 802-1 c.p.p., qualora una giurisdizione venga adita in merito ad una richiesta alla quale debba rispondere mediante decisione motivata suscettibile di ricorso, è possibile impugnare la decisione implicita di rigetto che matura trascorsi due mesi dalla richiesta. Di conseguenza, in assenza di risposta del giudice entro i due mesi, il condannato può impugnare tale rifiuto implicito. Il Conseil constitutionnel ha poi stabilito che spetta al giudice tenere conto dell’eventuale urgenza della richiesta per rendere una decisione prima del decorso del termine sopra menzionato. Infine, si è considerato che il diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo non obbliga il legislatore a definire i motivi di accettazione o di rifiuto dell’autorizzazione all’uscita con scorta. In virtù di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha dichiarato l’art. 723-6 c.p.p conforme alla Costituzione. Atteso il fatto che le disposizioni dell’art. 148-5 c.p.p. non erano più in vigore, il Conseil ha stabilito che la declaratoria di incostituzionalità si sarebbe applicata a tutte le istanze non ancora giudicate definitivamente alla data di pubblicazione della decisione. Céline Torrisi 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/decision/2019/2019791QPC.htm. 24
FRANCIA MEDICI – ATTIVITÀ INTRA-MOENIA Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-792 QPC del 21 giugno 2019, Clinique Saint-Coeur et autres, in tema di superamento degli onorari dei medici nell’ambito dell’attività intra-moenia 24/06/2019 Il Conseil constitutionnel è stato adito dal Conseil d’État, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’ultimo comma del par. II dell’art. L. 6154-2 del Codice della sanità pubblica (d’ora in avanti c.s.p.), come modificato dall’ordonnance n. 2017-31 del 12 gennaio 2017, di adeguamento delle norme in vigore alle disposizioni della legge n. 2016-41 del 26 gennaio 2016 di modernizzazione del sistema sanitario. Tali disposizioni disciplinano le condizioni di esercizio della professione medica all’interno degli ospedali pubblici. Nello specifico, il 4° del par. I dell’art. L. 6112-2 c.s.p. garantisce che non vengano fatturati c.d. dépassements d’honoraires, ovvero i superamenti delle tariffe regolamentari all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche. L’art. L. 6154-2 del medesimo codice prevede, invece, una deroga alle disposizioni del 4° del I dell’art. L. 6112-2, stabilendo che si possano definire, con disposizioni regolamentari, le modalità di esercizio dell’attività professionale privata presso le strutture pubbliche. I ricorrenti criticavano tali disposizioni nella misura in cui consentivano ai medici di ruolo presso strutture pubbliche di esercitare, in seno alla medesima struttura, una attività professionale privata non soggetta al divieto di fatturazione dei superamenti degli onorari. Sostenevano che tali disposizioni creassero differenze di trattamento tali da violare il principio di uguaglianza davanti alla legge sotto due profili. Il primo riguardava i pazienti delle strutture pubbliche: secondo i ricorrenti, non poteva essere garantito per tutti i pazienti il divieto di superamento degli onorari, giacché tale garanzia dipendeva dal fatto di essere curato da un medico che esercitasse, o meno, la professione a titolo privato. Il secondo profilo atteneva alla distinzione tra le strutture pubbliche e le strutture private abilitate a svolgere il servizio pubblico ospedaliero, nella misura in cui solo le prime potevano impiegare medici autorizzati a praticare i c.d. dépassements d’honoraires. I ricorrenti asserivano, infine, che, limitando tale possibilità alle strutture pubbliche, le disposizioni contestate limitavano le 25
opportunità, per le strutture private, di essere abilitate all’esercizio del servizio pubblico ospedaliero. Ne risultava una violazione della libertà di impresa e della libertà contrattuale. Il Conseil constitutionnel ha ricordato che l’attività professionale privata svolta dai medici nella loro struttura di appartenenza (pubblica) non interferisce in alcun modo con l’attività di servizio pubblico. Il paziente accolto in tale struttura può, quindi, scegliere tra essere curato da un medico a titolo privato – senza godere della garanzia di assenza di dépassements d’honoraires – o da un medico che eserciti il servizio pubblico ospedaliero, tenuto, in tal caso, a non fatturare alcun superamento di onorario. A parere del Conseil constitutionnel, tale situazione non crea alcuna disparità di trattamento per i pazienti 1. Successivamente, il Conseil constitutionnel ha ricordato che i medici di ruolo presso una struttura pubblica che possono beneficiare della deroga prevista dalle disposizioni contestate sono tenuti a dedicare, in ragione del loro statuto, la totalità della loro attività professionale alle loro funzioni ospedaliere e universitarie. Diverso è per i medici assunti da una struttura privata che svolge il servizio pubblico ospedaliero, i quali non sono sottoposti a tale obbligo. Di conseguenza, essi possono esercitare, nei limiti stabiliti per legge, altre attività mediche, non sottoposte al divieto di dépassements d’honoraires, nell’ambito della c.d. médecine de ville o in una struttura che non svolga un’attività di servizio pubblico. Per il Conseil constitutionnel, la differenza di trattamento tra i medici che esercitano presso le strutture pubbliche e quelli che esercitano presso le strutture private si fonda, quindi, su una differenza tra le due situazioni. Il Conseil constitutionnel ha poi rilevato che la possibilità, per i medici che operano nel settore pubblico, di esercitare un’attività professionale privata presso la medesima struttura è sottoposta a diverse condizioni 2, e che tale possibilità ha come scopo quello di offrire, solo a titolo accessorio, un complemento di remunerazione e di pensione ai suddetti medici. Consente anche di migliorare 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/decision/2019/2019792QPC.htm. 2 Tali attività non devono disturbare lo svolgimento delle missioni di servizio pubblico ospedaliero; i medici devono avere sottoscritto la convenzione sull’inquadramento degli onorari che disciplina i rapporti tra gli organismi di assicurazione malattia ed i medici (ex art. L. 162-5 c.s.s); devono esercitare, a titolo personale ed a titolo principale, una attività della stessa natura nel settore pubblico; la durata dell’attività liberale non deve superare il 20% della durata del servizio ospedaliero settimanale che i medici sono tenuti ad esercitare; il numero di visite e di interventi svolti a titolo dell’attività privato deve essere inferiore a quelli esercitati nell’ambito dell’attività pubblica; infine, nessun posto letto e nessun dispositivo medico-tecnico deve essere riservato all’attività privata. 26
l’attrattività delle carriere ospedaliere pubbliche nonché la qualità delle strutture sanitarie pubbliche. Nella misura in cui la possibilità di praticare alcuni dépassements d’honoraires contribuisce a tale scopo, il Conseil constitutionnel ha considerato che la differenza di trattamento contestata sia in rapporto diretto con l’oggetto della legge. Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha respinto l’asserita violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge. Le disposizioni sono state, quindi, dichiarate conformi alla Costituzione. Céline Torrisi 27
SPAGNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – MOBBING Il Tribunale costituzionale si pronuncia su un caso di mobbing nell’ambito della pubblica amministrazione 25/06/2019 La sala prima del Tribunale costituzionale, con STC 56/2019 1, del 6 maggio, ha accolto il ricorso di amparo presentato da un funzionario pubblico nei confronti delle decisioni amministrative e giurisdizionali che non avevano accolto i suoi reclami per mobbing sul posto di lavoro. Il ricorrente era un funzionario di carriera che, una volta cessato dall’incarico di direttore del Gabinetto di presidenza del Consiglio di Stato, aveva chiesto il reintegro presso la Segreteria di Stato per la sicurezza, poiché beneficiava del diritto di riserva del posto di lavoro. Il Ministero degli interni aveva promosso allora la creazione di un posto di “vocal asesor” (consulente) presso la Gerencia de Infraestructuras y Equipamiento de la Seguridad del Estado, tuttavia il posto di lavoro non aveva mansione definite. Il funzionario aveva denunciato il fatto che, durante un anno e mezzo, non aveva avuto alcuna occupazione, non aveva ricevuto alcuna informazione sui compiti che avrebbe dovuto svolgere e non aveva partecipato ad alcuna riunione. L’amministrazione non aveva neppure preso in considerazione le sue richieste di avere un’effettiva occupazione o di essere trasferito. Inoltre, erano state archiviate le sue denunce di mobbing sul lavoro, nonostante il protocollo di attuazione dell’Amministrazione generale dello Stato del 2011 ritenga costitutive da mobbing le condotte consistenti nel lasciare il dipendente in modo continuativo senza occupazione effettiva, o isolato, senza causa alcuna che lo giustifichi. In sede giurisdizionale, era stata provata la situazione di emarginazione professionale prolungata, ma non erano state accolte le pretese del ricorrente, perché la situazione subita non poteva essere ritenuta violenta o di particolare gravità, e non era stato provato che questa rispondesse ad un ordine dato dal ministero. Era stata accolta invece la giustificazione data dall’amministrazione, e cioè che la ridotta attività della Gerencia in quel periodo traesse origine dalla situazione di crisi economica che attraversava il paese. 1 Il testo della decisione è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-8637. 29
Il ricorrente denunciava dinanzi al Tribunale costituzionale la violazione del diritto alla carica (art. 23, comma 2, Cost.) e del diritto all’integrità morale (art. 15 Cost.), in combinato disposto con il diritto al rispetto della dignità umana (art. 10, comma 1, Cost.), del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e del diritto al processo (art. 24 Cost.). La sala prima ha escluso che fosse interessato il diritto alla carica. La prolungata inattività professionale può vulnerare diritti che derivano dallo statuto dell’impiegato pubblico, in concreto il diritto allo svolgimento effettivo delle mansioni collegate alla propria condizione professionale, ma questo non forma parte del diritto di accedere in condizioni di eguaglianza alle funzioni o cariche pubbliche 2. Per contro, la condotta denunciata interessava inequivocabilmente il diritto fondamentale all’integrità morale ed il divieto di trattamento inumani o degradanti (art. 15 Cost.). Per valutare se l’amministrazione avesse violato il diritto all’integrità morale di un impiegato pubblico, nella specie bisognava verificare: i) se la condotta denunciata fosse stata deliberata o se, per lo meno, fosse collegata al risultato lesivo; ii) se avesse causato alla vittima una sofferenza fisica, mentale o morale o, almeno, se avesse il potenziale per causarla; iii) se fosse diretta a vessare, umiliare o svilire oppure fosse obiettivamente idonea a produrre quel risultato o, ancora, se lo avesse effettivamente prodotto. In difetto di quest’ultimo requisito, non vi sarebbe stato alcun trattamento degradante, ma si sarebbe potuto escludere la violazione dell’art. 15 Cost. solo se la condotta oggetto di giudizio avesse base legale, rispondesse ad uno scopo costituzionalmente legittimo, costituisse l’alternativa meno restrittiva per il diritto all’integrità e producesse benefici rispetto in relazione ad altri beni o valori costituzionali. Nel caso di specie 3, l’inattività professionale del ricorrente non era stata casuale, si era prolungata nel tempo ed aveva interessato solo lui, senza che l’amministrazione avesse apportato alcuna giustificazione al riguardo. Il fatto che non si sapesse con certezza se la situazione del funzionare obbedisse o meno ad un ipotetico “ordine dall’alto”, ad un castigo o ad una rappresaglia, non era rilevante da un punto di vista costituzionale, ma solo agli effetti di appurare eventuali responsabilità disciplinari o penali. Per contro, non potevano ammettersi come validi i motivi riguardanti, da un lato, le difficoltà di assegnare una destinazione ai funzionari che, dopo le elezioni politiche, chiedano di ritornare al servizio attivo presso l’amministrazione e, dall’altro, una presunta 2 V. il FJ 5. 3 V. il FJ 6. 30
diminuzione del carico di lavoro dovuta alla crisi. La Costituzione obbliga le pubbliche amministrazioni ad impiegare le risorse personali efficacemente ed efficientemente (artt. 103, comma 1, e 31, comma 2, Cost.). L’amministrazione, quindi, deliberatamente, senza un obiettivo legittimo, con abuso di potere o arbitrarietà, aveva emarginato il ricorrente per un lungo periodo di tempo. Tale condotta implicava un chiaro disprezzo ed offesa alla dignità del lavoratore, idonea a screditarlo davanti agli altri impiegati, a provocare in lui una sensazione di inferiorità, bassa autostima, frustrazione e impotenza e, in breve, di ledere il libero sviluppo della sua personalità. Il Tribunale costituzionale ha dichiarato che non gli spettava dare una definizione di mobbing e che la corretta applicazione del protocollo per prevenire e contrastare il mobbing presso l’amministrazione avrebbe potuto porre fine alla violazione dell’art. 15 Cost. già in sede amministrativa o giurisdizionale. Carmen Guerrero Picó 31
SPAGNA AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA – PROCESSO TELEMATICO Il Tribunale costituzionale si pronuncia su alcune criticità collegate al processo telematico 26/06/2019 Il Tribunale costituzionale si è pronunciato di recente su talune violazioni dei diritti fondamentali avvenute nell’ambito del processo telematico, collegate quindi all’utilizzo della piattaforma LexNet, che garantisce lo scambio sicuro ed immediato di informazioni tra organi giurisdizionali ed operatori giuridici. In particolare, la STC 55/2019 1, del 6 maggio, ha accolto un ricorso di amparo riguardante la commissione di un errore durante la compilazione di un formulario di LexNet. La specie riguardava il licenziamento di una lavoratrice di Bankia, dichiarato illegittimo in primo e secondo grado di giudizio. L’impresa aveva presentato un ricorso per cassazione per l’unificazione della giurisprudenza contro queste decisioni ed il letrado dell’amministrazione di giustizia della sala del lavoro del Tribunale supremo aveva tenuto per non presentato lo scritto di impugnazione dell’interessata. Il suo rappresentante legale aveva inviato lo scritto entro il termine legalmente previsto ma, nel compilare il formulario relativo allo scritto caricato nel sistema, aveva sbagliato all’identificare il tipo di ricorso cui era riferito. Aveva selezionato il codice 1 “cassazione” anziché il codice 8 “unificazione della giurisprudenza”, pensando che avrebbe dovuto selezionare entrambi perché il processo riguardava un ricorso per cassazione per unificazione della giurisprudenza. Il sistema aveva accettato e trasmesso il primo codice 1 Il testo della decisione è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-8636. V. anche E. ROJO, La tecnología al servicio de la justicia, y no la justicia al servicio de la tecnología. Notas a la sentencia del TC 55/2019, de 6 de mayo, del 10/06/2019, http://www.eduardorojotorrecilla.es/2019/06/la- tecnologia-al-servicio-de-la.html. La STC 61/2019, del 6 maggio, evidenzia altre criticità collegate all’utilizzo di LexNet. Una donna era stata condannata per un reato di truffa perché il tribunale non aveva valutato la documentazione aggiuntiva che accompagnava la memoria difensiva. La piattaforma non aveva caricato i files perché erano troppo voluminosi. In questo caso, il rappresentante era riuscito ad inviare i documenti mancanti via fax. 33
inserito, e il letrado aveva ritenuto che lo scritto non rispettasse i requisiti di forma prescritti. Contro le sue decisioni non vi era alcun ricorso giurisdizionale. La sala seconda del Tribunale costituzionale ha confermato che le decisioni del letrado avevano leso il diritto di non subire indefensión (art. 24, comma 1, Cost) della ricorrente 2. Il Tribunale costituzionale ha dichiarato di non poter ritenere irrilevante il fatto che il sistema non fosse del tutto chiaro e che l’operatore giuridico non potesse chiarire i dubbi ricorrendo alla normativa di LexNet, che non conteneva alcuna previsione su questi aspetti. Del pari, ha dovuto constatare che, nei casi di semplice errore nei formulari, il sistema non generava alcuna avvertenza affinché l’interessato potesse sanare eventuali errori, poiché una volta caricati tutti i dati obbligatori la loro trasmissione avveniva con successo, rilasciandosi una ricevuta elettronica che non permetteva all’interessato di sapere che vi fosse un errore da sanare. La sala del Tribunale costituzionale ha dichiarato, al riguardo, che l’ammodernamento dell’amministrazione della giustizia attraverso la generalizzazione dell’uso delle nuove tecnologie non è fine a sé stesso, ma deve essere uno strumento volto a facilitare il lavoro sia dell’organo giudiziario che delle persone che intervengono nei processi, di persona o attraverso i professionisti. I mezzi tecnologici non possono porsi in alcun caso come ostacoli affinché le persone possano ricevere la tutela giurisdizionale cui hanno diritto. Il Tribunale costituzionale ha altresì considerato che, nonostante il sistema avesse registrato un ricorso per cassazione c.d. di regime comune, lo scritto di impugnazione caricato era corretto ed era indirizzato all’organo giudiziario competente. La segreteria del Tribunale supremo avrebbe potuto agevolmente individuare il ricorso cui era riferito il documento caricato con il formulario. Inoltre, il formulario ha un ruolo accessorio, facilita la comunicazione elettronica, ma non per questo condiziona la validità dello scritto che accompagna, la cui intestazione, nella specie, identificava correttamente il numero del ricorso, per cui avrebbe dovuto essere incorporato agli atti del processo. Le decisioni del letrado avevano conferito carattere essenziale ed insanabile al dato erroneo inserito nel formulario. Il suo ragionamento, non solo mancava di fondamento giuridico, ma ignorava pure la giurisprudenza costituzionale in materia di errori processuali. Lo scritto di impugnazione era l’unico mezzo di cui disponeva la parte per attaccare la rivendicazione dell’ente promotore del ricorso per cassazione e per fornire all’organo giurisdizionale argomenti a favore della conferma 2 V. in particolare il FJ 5 della decisione. 34
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