Sviluppo locale di tipo partecipativo ed organismi di diritto pubblico, per la gestione dei beni culturali - Diritto.it

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Sviluppo locale di tipo partecipativo ed organismi di
diritto pubblico, per la gestione dei beni culturali -
Parte I
Autore: Bruno Aurelio
In: Diritto amministrativo

Parte I

Introduzione

Fritjof Capra ed Ugo Mattei hanno pubblicato lo scorso anno un libro sui temi dell'ecologia e del diritto[i].
Un altro, più centrato sull'analisi dei rapporti tra ecologia e diritto privato, è stato pubblicato quest'anno
da Ugo Mattei, insieme ad Alessandra Quarta.

Gli autori fanno un parallelo interessante tra la storia del pensiero scientifico e la storia del diritto.
Come la scienza meccanicistica razionalistica di Galileo, Cartesio, Newton ha creato una scienza che ha
chiuso la secolare concezione olistica della natura facendo diventare la Natura stessa una macchina
(governata da leggi di natura oggettive indipendenti dall'osservatore umano) e la scienza uno strumento
per dominarla, così nel diritto tale visione ha fatto sì che la società umana venisse interpretata come
governata dal diritto considerato una infrastruttura oggettiva indipendente dall'interprete (“leggi
naturali” Grozio), in una visione razionalista ed atomista[ii] (individui distinti) dei rapporti con al centro il
diritto naturale individuale alla proprietà privata (Locke e Domat) protetto dallo Stato autoritario
(Hobbes)[iii].

E da allora il diritto è una specie di tiro alla fune tra le ragioni della proprietà /diritto individuale e quelle
del diritto statuale[iv].

Gli autori oppongono a tale visione meccanicistica il paradigma ecologico e sistemico, “dal mondo
macchina al mondo rete”[v]. Come la realtà fisica è une rete di relazioni, così la realtà giuridica deve
essere composta di reti di comunità; come la scienza deve essere ecologica ed imparare dalla natura, così
gli operatori del diritto devono essere eco-alfabetizzati; come la scienza deve nascere da un processo di
formazione del consenso nelle comunità scientifica, così il diritto deve nascere da operatori e cittadini
attivi nelle comunità auto-gestite; come la scienza, nella fisica quantistica, dipende dall'osservatore umano
così il diritto dipende dalle umane interpretazioni della realtà[vi].

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Gli autori argomentano che, in corrispondenza con la succitata evoluzione meccanicistica[vii] del pensiero
scientifico, il diritto si sia evoluto in un “diritto estrattivo” funzionale alla estrazione e costante
accrescimento di capitale tratto dallo sfruttamento dei beni comuni. Tra gli strumenti del diritto estrattivo,
la concezione assoluta ed escludente del diritto di proprietà[viii] nel codice civile francese e la creazione
della fictio della persona giuridica[ix] nelle società per azioni, oggi multinazionali, sottraente la
responsabilità individuale per colpa nel commercio[x].

Conseguentemente, tutta una serie di attività e beni comuni sono stati sottratti alle comunità dal
capitalismo[xi]... Tale capitale in mano alle multinazionali è diventato immenso mentre pochi di tali beni
sono rimasti bene comune; prima, al contrario, tanti erano i beni comuni e pochissimo era il capitale.
Oggi, sostengono gli autori, urge ribaltare questa situazione giacché ha determinato gli sconquassi
ecologici che conosciamo.

Gli autori ci ricordano l'impoverimento di intere aree, comunità, regioni del pianeta e lo smodato consumo
di risorse da parte di alcune aree del pianeta: ad esempio, se tutto il pianeta avesse lo stesso consumo
degli Stati Uniti non basterebbero cinque pianeta Terra a sostenere il consumo di questo Stato, consumo
che viene, per fortuna, compensato da altri paesi che consumano molto meno[xii].

La capacità del sistema Terra di riciclare i consumi dell'uomo (“Antropocene” viene definita dagli autori
l'epoca del presente disastro ecologico) è stata superata. Oggi l'umanità consuma ed inquina a tale livello
che non basta il pianeta Terra per riassorbire gli scarti, ma serve da subito almeno “un pianeta Terra e
mezzo” per potere riciclare quanto smaltito ed emesso dall'uomo nel corso della presente era
dell'Antropocene.

Gli autori coltivano la speranza di contrastare il destino, per molti versi ormai quasi ineluttabile, del
pianeta.

La fisica e la scienza moderna hanno scoperto che la vita del pianeta è basata su un web, une rete di
sistemi vitali autopoietici che generano e si autorigenerano, altrettanto la vita umana è basata su sistemi
relazionali biologici, sociali, economici, etc.[xiii].

La soluzione suggerita dagli autori è, allora, il diritto sistemico ed ecologico per mutare il capitale in
beni comuni, dando adito ad investimenti durevoli in un'economia della condivisione, nell'architettura eco-
compatibile e nell'ambiente[xiv]. Con l'eco-diritto, tra le altre cose, i beni comuni potranno essere
trasformati in beni comuni sociali o culturali, potrà essere tutelato internet dalla privatizzazione e
potranno essere resi obbligatori modelli generativi di proprietà e non estrattivi[xv].

Ovvero un ritorno ad una vita ecologica comunitaria, tanto a livello rurale[xvi] che urbano[xvii]. Comunità
quali soggetti attivi dell'uso armonico dei beni comuni, per il consumo e recupero delle risorse e regolate,
nei rapporti tra i soggetti delle comunità e tra le stesse comunità, dal diritto civile[xviii]. Il diritto pubblico
non viene, infatti, considerato utile a tal fine, considerato il livello di influenza e controllo esercitato da

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parte delle multinazionali sulla politica a tutti i livelli.

E' utile, invece, un costante negoziato di rapporti e di relazioni di diritto civile tra le comunità ed i
soggetti, per l'organizzazione e gestione dei beni comuni.

Per salvare il pianeta dal disastro, tali beni devono essere riacquisiti alle comunità e gestiti dalle comunità
con sistemi di diritto privato, dicono gli autori[xix]. Dunque, un diritto privatistico dell'ecologia che
disciplini rapporti tra soggetti e comunità, ed in particolare, tra soggetti che gestiscono
temporaneamente, per conto delle stesse comunità, i beni comuni.

I privati potranno essere anche proprietari dei beni comuni, ma con vincolo di utilizzo, per esempio, dei
terreni agricoli di cui vi sarebbe l'obbligo di uso per non lasciarli incolti, salvo ritorno alla comunità per
darli a qualche altro lavoratore, per come suggerito dai due autori.

Si tratterebbe, dicono gli autori, di creare una coscienza giuridica ecologica (una “rialfabetizzazione”) al
fine di realizzare un nuovo paradigma interpretativo per un diritto privato ecologico che non supporti e
giustifichi capitale e rendite (ovvero applicazioni di tipo estrattivo), ma che implementi la remunerazione
del lavoro quale valore d'uso dei beni comuni non più valore di scambio.

Cosa si propone questo studio? Premesse metodologiche ed
obiettivi

Il primo tema che ci proponiamo da subito come scopo di questo studio è verificare la possibilità di
realizzazione delle soluzioni proposte dai nostri autori usando, quale metodo, gli strumenti giuridici da
essi stessi propugnati.

Per fare ciò occorre, secondo noi, verificare se si può proporre, al fine della detta rivoluzione
paradigmatica del diritto e dell'ecologia, una nuova o vecchia idonea struttura istituzionale incardinata su
un certo e consolidato sistema normativo.

Essa dovrebbe essere dotata dei seguenti caratteri: 1. comunitaria e di prima prossimità locale, 2.
deputata alla partecipazione e alla condivisione (commoning[xx]), 3. struttura di sistema e collocata
all'interno di altri sistemi, 4. le cui funzioni siano improntate a politiche economiche eco-sostenibili,
solidali ed inclusive, ambientali e di contrasto ai cambiamenti climatici etc. 5. dotata di soggettività
giuridica (per la tutela ambientale del territorio con azioni, ad es., di denuncia e ricorsi per prevenzione e
ripristino ambientale[xxi]), 6. struttura di chiara e celere fattibilità giuridica ed amministrativa.

Lo scopo è la realizzazione di un test pilota Italiano per la creazione di comunità generative e rette da un
diritto ecologico e sistemico. Nel prossimo paragrafo cominceremo a trattarne meglio.

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Ancora, preliminarmente, osserviamo che tra i tanti rimedi giuridici proposti[xxii], vi è quello già
sperimentato del no-profit, in Italia oggetto di una recente riforma con il Codice del Terzo Settore (D.Lgs
117/17). Altro rimedio proposto è la società di tipo B-Corp (suggerita dagli autori [xxiv]). Tale società,
pur perseguendo il profitto, svolge attività di beneficio comune operando in modo responsabile,
sostenibile[xxv] e trasparente: anche su questo tema vi è stata una recente legiferazione in Italia con la
L.208/2015 (società benefit)[xxvi].

Considerate le novità della succitata normativa e con riferimento al coinvolgimento del terzo settore su
temi relativi alla valorizzazione del patrimonio culturale, ci siamo chiesti se le soluzioni degli autori
fossero applicabili anche ai beni comuni di tipo culturale.

Scopo di questo saggio è, dunque, analizzare anche se e come detti rimedi possano essere usati al settore
del patrimonio culturale e paesaggistico,

Tanto, in virtù delle recenti riforme legislative per la “socializzazione della cultura”[xxvii] ma, e
sopratutto, della recente collocazione delle funzioni di tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali
tra i livelli essenziali delle prestazioni previsti dalla Costituzione (su questi temi si veda oltre).

Oltre che per il detto valore costituzionale, crediamo che tale analisi sia importante anche perché, in forza
della vigente legge ambientale Italiana[xxviii], deve essere, contestualmente ed unitariamente, garantita
la tutela sia dell'ambiente che del patrimonio culturale, a mezzo dei principi unionali per la tutela in
materia ambientale.

Non avrebbe, peraltro, neanche senso escludere i beni culturali dal novero dei beni comuni giacché
sin'ora, a differenza di altri beni comuni, essi sono stati poco attaccati dalle multinazionali (qualche
avvisaglia però si vede con riferimento ai grandi attrattori culturali).

I beni culturali e paesaggistici, si stima preliminarmente, dovrebbero essere, invece al contrario, tra i
primi beni oggetto della rivoluzione di applicazione ed interpretazione giuridica ecologica proposta da
Capra e Mattei, proprio perché in gran parte oggi in mano pubblica e causa la detta scarsa invasività del
capitale privato nel settore.

Dunque, tenteremo di capire se esistono anche qui le condizioni di fattibilità giuridica per avviare un
primo test prototipale di gestione comunitaria del patrimonio culturale Italiano.

Limitatezza dell'approccio solo privatistico al tema della
gestione ecologica dei beni comuni

I Gal quale pratica comunitaria/eco-giuridica e strumento place-based istituzionale e

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multisettoriale

Accingendoci a commentare i loro scritti, per onestà intellettuale, non possiamo non evidenziare che
concordiamo in toto con le riflessioni dei due grandi ed illustri autori.

Crediamo, però, che le preziose intuizioni proposte debbano essere integrate ed, in parte, riviste, almeno
in Europa, sulla scorta delle esperienze e della parallela evoluzione normativa che si è avuta sul
continente[xxix].

Ovvero, a differenza dell'impianto di analisi e riflessione normativa proposto dai due autori e poi dal solo
Mattei nel successivo libro[xxx], il suggerimento di un approccio di diritto privato tout-court rischia di non
tenere conto della realtà dei sistemi di relazioni presenti sui territori. Tali sistemi non possono
prescindere dai rapporti già strutturatisi tra privati ed enti pubblici territoriali, titolari, questi ultimi, come
su precisato, in Italia anche di patrimoni pubblici di tipo ambientale, forestale ad esempio, e culturale, in
particolare (anche grazie alle risorse dei fondi strutturali che in epoche recenti hanno consentito
l'acquisto/esproprio di tanti beni culturali, nel sud Italia in particolare).

Tali rapporti si sono nel tempo evoluti da rapporti istituzionali e giuridici di concertazione partenariale,
all'epoca della programmazione negoziata[xxxi], all'attuale partenariato pubblico privato di tipo
istituzionale in forma sussidiaria orizzontale[xxxii].

L'Unione Europea sin dalla riforma dei fondi strutturali ha, infatti, sempre privilegiato la programmazione
e gestione delle risorse con modalità bottom-up ovvero partenariali. Su tale tema torneremo, però, meglio
dopo. Tale modalità ha comportato la nascita di un diritto spurio al servizio della detta modalità
partecipativa, a cavallo tra il diritto amministrativo e quello civile.

In attuazione dei principi europei, in Italia sono sorte modalità sempre più partecipate di rapporto tra
privati ed istituzioni sfocianti: 1) nella partecipazione al procedimento[xxxiii], nel diritto di essere
ascoltati in esso (right to be heard[xxxiv]), nel diritto di avere comunicato l'inizio del procedimento stesso,
nel preavviso di rigetto, etc., 2) negli accordi pubblico privati, ovvero negli accordi integrativi e sostitutivi
tra privati e pubblica amministrazione; 3) nelle autocertificazioni prestate dai privati alle PA e nel
connesso regime autorizzatorio per l'edilizia che si rimette in larga parte a tali regimi di
autocertificazione. Sul tema della partecipazione e dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati si
rinvia ai testi amministrativi.

Quanto sopra con riferimento al procedimento amministrativo.

Per quanto riguarda la contrattualistica pubblica (public procurement) l'innovazione partenariale è
stata ancora più forte. E' stato creato, da una parte, l'istituto giuridico di diritto misto, pubblicistico e

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civilistico al contempo, del partenariato pubblico privato istituzionale[xxxv] quale espressione formalizzata
della sussidiarietà orizzontale tra privati e enti pubblici, che tra poco esamineremo, mentre dall'altra
parte è sorto il modello dei partenariati pubblico privati contrattuali (P.P.P.) che sono una modalità di tipo
concessorio di affidamento di forniture[xxxvi], che esula dal nostro tema.

In tutto lo sviluppo normativo ed istituzionale succitato l'istituto europeo che ha indicato la strada e
accompagnato l'evoluzione delle forme giuridiche ed operative di servizio e gestione dei beni pubblici sul
territorio è sempre stato l'istituto giuridico del Gal (Gruppo di Azione Locale)[xxxvii].

Tale istituto oggi si è rafforzato, diventando da “metodo Leader[xxxviii]”, per come è chiamato il
programma che, in gran parte, lo finanzia, ad istituto unionale che trova legittimazione normativa nelle
previsioni del Regolamento UE 1303/13. Oggi, nominati anche quali strumenti dello “sviluppo locale di
tipo partecipativo” (CLLD)[xxxix], i GAL sono i soggetti istituzionali su cui si basa l'approccio territoriale
(place-based)[xl] e partenariale previsto dai regolamenti per la programmazione e spesa delle risorse dei
fondi strutturali, oggi SIE[xli].

I GAL sono strutture istituzionali nate con i Programmi di Iniziativa Comunitaria ed introdotte con la
riforma dei fondi strutturali del 1988[xlii] per favorire lo sviluppo locale, ambientale[xliii] ed
ecosostenibile di un'area rurale. Da più di 25 anni, infatti, i Gal assurgono al ruolo di “pratica eco-
giuridica”[xliv] poiché da sempre hanno promosso lo sviluppo sostenibile delle aree rurali e interventi per
l'ambiente e, con la nuova programmazione, anche azioni per il contrasto dei cambiamenti climatici[xlv].

I Gal hanno spesso sostenuto progetti e scambi di esperienze in rete europea relativi all'economia della
condivisione comunitaria (sharing economy), come i gruppi di acquisto solidale (GAS) che acquistano
merci all'ingrosso per impiegarle in comune o distribuirle ai membri della GAS[xlvi].

Dalla programmazione 2014-2020 l'area di intervento settoriale (con la strategia CLLD) è stata estesa
anche ai settori non finanziati dal Fondo Europeo Agricoltura e Sviluppo Rurale (FEASR) ovvero agli
interventi infrastrutturali e ai servizi in generale in aree urbane.

I Gal sono rete di soggetti e/o in rete con altre reti[xlvii] di conoscenza e di scambio di dimensione
nazionale ed europea. Speciali programmi di cooperazione Leader finanziano, conseguentemente, gli
scambi a livello europeo o a livello nazionale tra i GAL. Osserviamo che tali reti micro e macro sono
concettualmente speculari alla tesi di Capra sul “mondo come rete di comunità ecologiche”[xlviii].

I Gal sono legittimati per legge europea (art.32 reg.UE 1303/13) a programmare e gestire uno sviluppo
integrato e multisettoriale a livello comunitario tramite lo “sviluppo locale di tipo partecipativo”. Esso è
“a) concentrato su territori subregionali specifici; b) gestito da gruppi d’azione locali composti da
rappresentanti degli interessi socio-economici locali sia pubblici che privati, nei quali, a livello decisionale,
né le autorità pubbliche, quali definite conformemente alle norme nazionali, né alcun singolo gruppo di
interesse rappresentano più del 49% degli aventi diritto al voto; c) attuato attraverso strategie territoriali

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di sviluppo locale integrate e multisettoriali; d) concepito tenendo conto dei bisogni e delle potenzialità
locali, e comprende elementi innovativi nel contesto locale, attività di creazione di reti e, se del caso, di
cooperazione”.

Ancora l'articolo 34 paragrafo 3 dello stesso regolamento prevede che “(...) almeno il 50% dei voti espressi
nelle decisioni di selezione provenga da partner che sono autorità non pubbliche (…).

La lettera degli articoli fa già, ora all'inizio del nostro studio, evincere come tale strumento a controllo
privatistico dovrebbe corrispondere a quello ricercato da Capra e Mattei. Esso è già normativamente ed
amministrativamente pronto e (per quel che vale) finanziariamente dotato in tutto il Continente[xlix].

In Europa sono attivi 2600 Gal che coprono il 54% della superficie rurale europea.

In Italia, per la programmazione 2014-2020, sono stati programmati investimenti di CLLD nel settore dello
sviluppo rurale (fondo FEASR) per euro 673.794.581,00, investimenti per il settore della pesca (fondo
FEAMP) per euro 42.430.000,00 e nel settore delle opere pubbliche e servizi in generale (fondo FESR) per
euro 51.500.000 euro. Il totale di risorse programmate in Italia è di euro 767.724.581,00[l].

In grande sintesi i Gal in Italia sono 200 e si occupano di giovani, agricoltura sociale, produzione
integrata, agriturismo, agricoltura biologica, progetti enti locali (settore culturale in particolare), progetti
per le aree interne, montagna, aree svantaggiate, banda ultralarga, foreste, paesaggio rurale, suolo,
fitofarmaci, contrasto al cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e sviluppo sostenibile[li], risorse
idriche, innovazione e formazione, inclusione sociale e azioni solidali, etc[lii].

Per la futura programmazione 2021-2027 l'assemblea della rete europea ELARD, composta da delegati di
25 paesi europei, tenutasi in occasione dei 25 anni di avvio della iniziativa Leader, ha deliberato la
richiesta di aumento delle risorse messe a disposizione per la strategia Leader/CLLD portandole al 15%
almeno del budget generale dei fondi strutturali per ogni Stato[liii].

Analisi giuridica dei Gal, sia organismi di diritto pubblico che
soggetti di diritto privato

Torniamo al tema della struttura normativa e organizzativa necessaria per la governance comunitaria ed
ecologica dei beni comuni. Per come detto nel superiore paragrafo, l'ipotesi di lavoro propostaci è quella
di fare organizzare istituzionalmente le comunità ecologiche in GAL, Gruppi di Azione Locale.

Abbiamo fatto cenno delle ragioni strutturali-organizzative e finanziarie che supportano l'ipotesi Gal:
esaminiamo ora le ragioni normative che giustificano la scelta dei Gal.

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Come detto i due autori asseriscono che per la salvezza ecologica del pianeta occorra interrompere il
circuito di sfruttamento dei beni comuni messo in opera dalle multinazionali e suggeriscono, a tal fine, il
ritorno a comunità ecologiche regolate dal diritto privato (attesa la permeabilità della politica e delle
amministrazioni pubbliche al lobbying delle multinazionali) per la gestione dei beni comuni.

Orbene, il nostro suggerimento di adottare i Gal si giustifica su una ulteriore considerazione, in risposta
alla succitata tesi: i Gal sono strutture private, con maggioranze assembleari in mano ai privati come
altrettanto a livello di consiglio di amministrazione (“almeno il 50% dei voti”). Ad essi si applica il
diritto civile in tutti i rapporti, salvo, laddove utilizzino risorse pubbliche, garantire il rispetto delle
normative pubblicistiche sui contratti di appalto per opere e servizi pubblici. Tanto per quanto riguarda il
diritto da applicare. Vediamo ora la giurisdizione per la tutela dei diritti ed interessi.

La giurisdizione compete al giudice civile per tutte le attività economico finanziarie di tipo
commerciale[liv] e per tutti gli altri rapporti civilistici dei Gal nessuno escluso. Unica eccezione, per
quanto riguarda le procedure concorsuali per l'assunzione di dipendenti o consulenti, la competenza
spetta al giudice amministrativo [lv]. Stesso ragionamento vale, per come detto sopra in punto di diritto
sostanziale, anche per i procedimenti pubblicistici di affidamenti per fornitura beni, lavori o
servizi[lvi] su cui, a norma dell'articolo 133 punto c) del D.Lgs 104 del 2010, a ragione del “pubblico
servizio” svolto dai Gal, sussiste una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Per il resto i Gal sono strutture partenariali a gestione privatistica, disciplinate in modo snello nei
rapporti negoziali e commerciali dal diritto privato così come nella difesa in giudizio. I Gal predispongono
un bilancio civilistico che deve dare conto della finalità di servizio pubblico e/o di gestione di beni pubblici
predestinata in statuto. La natura squisitamente privatistica non fa sì, però, che i Gal non possano gestire
opere e servizi relativi ai beni comuni[lvii].

I Gal si occupano, infatti, in modo prevalente, ad esempio, di opere e servizi pubblici (TIC) nelle
zone rurali; infrastrutture su piccola scala Investimenti in opere urbanistiche ed edilizie del territorio e
infrastrutture su piccola scala; villaggi e paesaggio rurale; digitalizzazione Sistema pubblico di
connettività (giustizia (informatizzazione del processo civile), sanità, ambiente, fruizione e valorizzazione
dei beni culturali locali, etc...

Per queste attività funzionali, ma anche per altre ragioni tra breve esposte, i Gal devono, secondo noi,
configurarsi quali “Organismi di diritto pubblico” di cui all'art. 2 punto 1. 1) e 4) della Direttiva
2014/24/UE (recepita nell'attuale Codice dei Contratti Pubblici (art. 3 punto 1. a) e d) del D.Lgs 50/16 e
smi)[lviii]

A norma del citato articolo 3 punto 1. a) e d) del D.Lgs 50/16 e smi l'organismo di diritto pubblico: 1) è
istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o
commerciale[lix]; 2) è dotato di personalità giuridica; 3) è finanziato in modo maggioritario dallo Stato,
dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la sua gestione è soggetta al

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controllo di questi ultimi oppure il suo organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da
membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi
di diritto pubblico.

Per come si vede al 3° punto, occorre che gli organismi di diritto pubblico siano alternativamente
finanziati in modo prevalente con risorse pubbliche o che il consiglio di amministrazione o il collegio dei
revisori siano in maggioranza designati da enti pubblici. Nel primo caso il consiglio di amministrazione o il
collegio dei revisori possono essere in maggioranza designati da privati.

Quest'ultima è la casistica che riguarda i Gal giacché per il succitato articolato regolamentare europeo
(art. 34 paragrafo 3 del Reg.UE 1303/13) il 50% almeno delle decisioni deve essere assunto da privati.
Dunque, necessita perché i Gal siano organismi di diritto pubblico che essi gestiscano, per come
ordinariamente fanno, risorse finanziarie pubbliche per l'espletamento dei detti compiti di servizio
(appunto, tipici degli organismi di diritto pubblico).

La giurisprudenza di merito ha, inoltre, osservato che al fine della succitata qualificazione rilevano gli
interessi pubblici non industriali soddisfatti dai Gal e non l'astratta configurazione giuridica: (…) Appare
evidente come l'elemento fondante dell'organismo di diritto pubblico sia appunto quello riconducibile alla
rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali non può venire meno una funzione di
controllo (…)[lx] “la natura giuridica dell'ente resistente (nella fattispecie, un GAL società consortile a
partecipazione pubblica minoritaria, avente personalità giuridica di diritto privato) non implica, di per sé,
l'impossibilità di qualificare i relativi atti come provvedimenti amministrativi”[lxi]; “ai fini della
qualificazione come organismo di diritto pubblico non è sufficiente il requisito che il soggetto sia istituito
per soddisfare specificatamente esigenze di carattere generale, ma occorre che tali esigenze siano
perseguite operando con metodo non economico, ovvero senza rischio d'impresa”[lxii].

In ordine alle dette funzioni di servizio pubblico per lo sviluppo locale, ancora la giurisprudenza
afferma: “l’attività dell’organismo di diritto pubblico deve avere carattere non industriale o commerciale.
La presenza di tale carattere è desunta dalla connotazione “interna” dell’assetto societario (nel caso del
Gal Etna la finalità non di lucro della scarl) e dalla esistenza di relazioni finanziarie con l’ente pubblico
(Unione Europea) che assicurano la dazione di risorse (risorse del Fondo FEASR per i PAL Leader) in
grado di consentire la permanenza sul mercato dell’organismo”[lxiii].

Completiamo l'analisi dei requisiti concomitanti previsti dalla normativa e dalla giurisprudenza per la
classificazione dei Gal quale organismo di diritto pubblico[lxiv].

I Gal possiedono il requisito della personalità giuridica poiché le persone giuridiche di diritto privato
(società consortili a responsabilità limitata senza scopo di lucro, generalmente) o associazioni riconosciute
o fondazioni di partecipazione, in cui possono configurarsi i Gal, hanno il detto requisito soggettivo per la
classificazione quale organismo di diritto pubblico.

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Come detto, tanto per la Corte di giustizia Europea quanto per la giurisprudenza domestica risulta,
inoltre, ormai prevalente la succitata tesi funzionale, in forza della quale possono considerarsi organismi
di diritto pubblico tutti gli enti, compresi anche quelli aventi forma societaria, purché non svolgano
attività industriale o commerciale.

A tal proposito, si ripete, che i Gal non fanno ordinariamente offerta di servizi e beni sul mercato[lxv]
proprio in virtù della missione di interesse pubblico loro affidata con le risorse finanziarie (Leader, POR
etc.) concesse in gestione.

Ancora bisogna aggiungere che, a norma del combinato disposto dell'art.30 comma 8 del D.Lgs 50/16 e
smi e dell'art.2 e dell'art.1 comma 1-ter della L.241/90, la legge sul procedimento amministrativo viene
richiamata dal Codice del Contratti Pubblici. Pertanto, gli organismi di diritto pubblico sono tra i soggetti
privati preposti all'esercizio di attività amministrative che assicurano “un livello di garanzia” “in materia
di pubblicità e trasparenza” “non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni”, per
come previsto dalla L.241/90. Pertanto, ai Gal si applica la normativa sui procedimenti amministrativi.

Va ancora annotato che, a motivo dell'esercizio del detto servizio pubblico di sviluppo locale, ai GAL, per
prassi e giurisprudenza consolidata, si applicano gli articoli 22 e 23 della Legge n. 241/1990 relativi al
diritto di accesso dei terzi ai documenti dei gestori di pubblici servizi (T.A.R. Campania - Napoli,
Sez. V, 28 gennaio 2010 n. 448, etc.). Tanto consente ai Gal di garantire al pubblico la totale trasparenza e
accessibilità degli atti.

Il Gal ha, inoltre, potere di auto-organizzazione o autonomia interna (si dota di un proprio
regolamento organizzativo come gli enti territoriali che lo compongono), emana atti amministrativi
equiparati ad atti dello Stato (ad es. i decreti di finanziamento), ha potere di controllo e certificazione
(sulle attività svolte e sulle risorse pubbliche gestite), ha potere di autotutela amministrativa di tipo
anche decisorio diretto, etc.. Il Gal ovvero ha, pur essendo controllato da privati, prerogative uguali a
quelle di un ente pubblico.

Questo per quanto riguarda la sua natura giuridica. Ritorniamo ora sui già cennati aspetti finanziari ma
dal punto di vista della legittimazione soggettiva.

Il Gal, quale organismo di diritto pubblico obbligato all'imparzialità, è legittimato a gestire in prima
persona risorse pubbliche per lo sviluppo eco-sostenibile del territorio?

Sì, i Gal già oggi assolvono a compiti di servizio pubblico “per lo sviluppo locale di tipo partecipativo”
(art.32, par.1 Reg.UE1303/13) quali “Organismi Intermedi” incaricati della gestione delle risorse su
specifica delega dell'Autorità di Gestione dei programmi operativi finanziati dall'Unione Europea[lxvi].

Il Reg.UE 1303/13 all'art. 2 par.18) così definisce l"Organismo Intermedio": “qualsiasi organismo pubblico
o privato che agisce sotto la responsabilità di un'autorità di gestione o di certificazione o che svolge

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mansioni per conto di questa autorità in relazione e nei confronti dei beneficiari che attuano le
operazioni”.

La natura di ente pubblico dei Gal, ove classificati quali organismi di diritto pubblico, viene confermata
dal recente Regolamento (UE) N. 549/2013 del 21 maggio 2013 (SEC Sistema Europeo dei Conti)[lxvii].
Parimenti dispone il Regolamento UE n. 2223/96 (SEC 95) ai paragrafi 2.68 e 2.69 e la legge 24 dicembre
2012, n. 243 circa le "amministrazioni pubbliche".

Inoltre, i Gal sono sottoposti ai controlli della Corte dei Conti Europea previsti dall'art. 287 TFUE
che dispone che la Corte “(...) Esamina i conti di tutte le entrate e le spese dell'Unione. Esamina del pari i
conti di tutte le entrate e le spese di ogni altro organo o organismo creato dall'Unione nella misura in cui
l'atto costitutivo non escluda tale esame” (art.287, par.1 TFUE)[lxviii], come parimenti si sono occupate
dei Gal le Corte dei Conti Regionali[lxix].

Tali previsioni garantiscono il controllo pubblico sulla corretta e legittima gestione contabile dei Gal e la
verifica sul corretto indirizzo di servizio al pubblico delle attività rese.

A questo proposito si osserva che in dottrina l’ente è considerato “pubblico”, a vari fini, se sottoposto a
controlli di natura amministrativa ovvero a controlli da parte di un amministrazione ovvero da parte di una
giurisdizione deputata all’attività di controllo giudiziale sulle amministrazioni[lxx].

La qualificazione soggettiva di Organismo di Diritto Pubblico e di Organismi Intermedi della Regione dei
Gal oggi è vieppiù rafforzata, come succennato, dalla circostanza che la normativa sui GAL (prima
ristretta solo alle Decisioni europee di approvazione dei programmi e poi al solo Regolamento FEASR) è
assurta al rango di Regolamento Europeo di portata generale ed obbligatoria per gli Stati Membri ex-
articoli 288 TFUE e artt. 32-35 del Reg.UE 1303/13.

Non solo. Ai sensi del considerando 19) del Reg.Ue 1303/13 la strategia di sviluppo locale di tipo
partecipativo “concepita ed eseguita da un Gruppo di Azione Locale contribuisce alla realizzazione della
strategia dell'Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, ovvero contribuisce alla
Strategia 2020 di tutta l'Unione Europea.

Una piccola comunità, anche sub-provinciale, a mezzo delle reti di cui fa parte, può, dunque, contribuire
legittimamente alla macrosistemica strategia europea. Il che non è poco.

[i]             CAPRA F.– MATTEI U.“Ecologia del diritto. Scienza politica, beni comuni”, Aboca, 2017

[ii]             Cfr. “Legal evolution: the story of an idea” di STEIN P, Cambridge University 2009, pag. 22 e
ss.

[iii]            CAPRA F.– MATTEI U. ibidem pagg.17-40

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[iv]             CAPRA F.– MATTEI U. ibidem pag.40

[v]        CAPRA F. “The hidden connections”, Flamingo 2003 pag.202 e CAPRA F. “La rete della vita”,
1996 pag.327-334

[vi]             CAPRA F.– MATTEI U. ibidem pag.164

[vii]       Sul termine meccanicismo si veda anche ANGELINI A. RE A. “Parole, simboli e miti della
natura”, Qanat, 2012, voce “meccanicismo” pag.203,

[viii]        La concezione non sociale della proprietà ed i diritti esclusivi e non accessibili legati alla
proprietà individuali sono stati ancora da ultimo confermati dall'articolo 1 del protocollo n.1 allegato alla
Convenzione Europea per i Diritti dell'Uomo (CEDU -ECHR) e all'articolo 17 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell'Unione Europea (vedi MATTEI U. - QUARTA A. “Punto di Svolta - Ecologia, Tecnologia e
diritto privato. Dal capitale ai beni comuni”, Aboca, 2018, pag.57. Che la concezione liberista della
proprietà sia oggi in crisi è evidente. Un colpo forte l'hanno attestato le stesse multinazionali che hanno
gravemente leso la concezione classica ad es., non consentendo al proprietario del computer Mac Apple di
apporvi modifiche, salvo denunce penali; non consentendo di rivendere un libro elettronico (ebook Kindle)
acquistato da Amazon, tutto questo tramite il controllo esercitato dalle multinazionali sui loro licenziatari,
che hanno, dunque, consentito (obtorto collo) a limitare il loro diritto di proprietà, si veda MATTEI U. -
QUARTA A. ibidem, pag. 76. Ancora in alcuni paesi la concezione esclusivista del diritto di proprietà neo-
liberista è stata messa in difficoltà dal Countryside and Rights of Way Act del 2000 che consente in
Inghilterra il diritto di passeggio ai cittadini sulle proprietà altrui o, ancor di più, dall'Allemansratt del
1994 (diritto di tutti gli uomini) che in Svezia consente a chiunque di accamparsi, fare picnic o raccogliere
frutti su un terreno altrui, pur nel rispetto della privacy, cfr.MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag. 77.
Altro istituto studiato da Mattei è quello del “Community land trust” che consente diritti di proprietà su
beni degradati alle comunità e ai privati diritti esclusivi su alcune parcelle con obbligo di riqualificazione
delle stesse, cfr.MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag. 84. Si segnala che anche alcuni Comuni in Italia
hanno fatto bandi pubblici per assegnare a giovani la coltivazione di terreni non occupati in comodato
d'uso gratuito (Comune di Belpasso – Città Metropolitana di Catania: http://www.comune.belpasso.ct.it. Il
bene comune deve consentire un accesso (“accessibilità” è uno dei temi ricorrenti delle politiche europee
sulle infrastrutture pubbliche) condiviso (“commoning”) da parte delle comunità.

[ix]         Mattei e Quarta propongono di affidare la responsabilità limitata della Persona Giuridica solo
ai soggetti in grado di dimostrare l'attività benefica e socialmente sostenibile. “(...)cambiare il DNA di
squalo delle società e sostituirlo con quello di una creatura premurosa e preoccupata del benessere del
gruppo, quale per esempio un delfino: sarebbe sufficiente riformare gli atti fondativi e gli statuti delle
societa (…) MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag. 118. Ancora gli stessi autori suggeriscono di usare la
responsabilità limitata come “scudo” per i gruppi di attivisti impegnati nelle battaglie per la difesa
dell'ambiente anche su fronti giudiziari causa le cause di responsabilità avviate contro di loro dalle
multinazionali. MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag. 135

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[x]          CAPRA F.– MATTEI U. “Ecologia del diritto. Scienza politica, beni comuni”, Aboca, 2017. E'
utile ricordare che la prima pronuncia della Corte Giustizia Europea con la quale si riconobbe il prevalere
dell'interesse ambientale (“esigenze imperative di interesse generale”) sul principio della libera
circolazione delle merci risale al 1978 (CORTE GIUSTIZIA EUROPEA 20 febbraio 1979 – Causa C-120/78,
Cassis de Dijon). Ad essa seguirono altre sentenze che precisarono meglio la valenza della tutela
dell'ambiente quale “scopo fondamentale della Comunità” (CGUE, 7 febbraio 1985, Causa -C/240/86) e
“scopo d'interesse generale comunitario” (CGUE 20 settembre 1988, causa C-320/86). Sul tema politico
del ragionamento critico verso il sistema di generazione del capitale si segnala una significativa
convergenza con il pensiero della destra più estrema, in EVOLA J.in Rivolta contro il mondo moderno, che
a pag.391 scrive de “l'America civiltà della macchina, della quantità e della tecnocrazia” “nella sua corsa
verso la ricchezza e la potenza l'America ha disertato l'asse della libertà per seguire quello del
rendimento”. Medesima analisi in SIEGFRIED A. Les Etats-Unis d'aujourd'hui, 1927, pag.346, 349, 350,
VOEGELIN E.Il mito del mondo nuovo, Rusconi, 1990, LATOUCHE S. l'occidentalizzazione del mondo,
Bollati Boringhieri, Torino 1992 e DEL NOCE A. la nuova forma di totalitarismo, in Intervento, n. 21
Roma, 1975.

[xi]             CAPRA F. “The hidden connections”, Flamingo 2003 pag.202 “principles of ecology” e ss.

[xii]          Si veda in generale sul tema GORE A.”Una scomoda verità”, Milano 2006. Ed ancora
riportiamo: “Nell'attuale dibattito politico ed economico predominano la frammentazione, il pensiero
lineare e soprattutto una fede incondizionata nel progresso tecnologico e nella crescita infinita su un
pianeta finito” CAPRA F.– MATTEI U. ibidem, pag. 35. A maggior ragione tale considerazione, per
paradosso, sarebbe ancora più grave e preoccupante ove dovesse prevalere la nuova tesi, apparentemente
assurda, propugnata da coloro (“Flat Earth Investigation into a massive 500-year Heliocentric lie” di
LEE.J. 2017, “200 proofs Earth is not a spinning ball” DUBAY E., AtlanteanConspiracy.com 2016, etc.) che
asseriscono che la terra/piatta sia un sistema limitato poiché circondato da un firmamento chiuso ed
impenetrabile per come era considerato in tutte le precedenti civiltà umane (ad es. nella cultura classica
nell'Inno Orfico a Zeus, traduzione G. Ricciardelli, Mondadori, 2000). Gli assertori della inconsistente tesi
su citata sostengono che le multinazionali (a loro dire controllate dagli Illuminati) da decenni manipolano
le informazioni sui mass media al fine di giustificare l'attuale devastazione e consumo delle risorse del
pianeta Terra con la imminente conquista di altri mondi abitabili nello spazio. Per questo motivo la corsa
nello spazio, a detta dei “terrapiattisti”, è stata da sempre una falsa messa in scena causa l'asserita
impossibilità di oltrepassare il succitato firmamento che chiuderebbe il pianeta.

[xiii]       Sul tema vedi CASTELLS M. The information age, vol.1, “the rise of the network society”,
Blackwell 1996, CASTELLS M., The information age, vol.1, “the power of identity”, Blackwell 1997 e
CASTELLS M., The information age, vol.1, “end of millenium”, Blackwell 1998 e MATURANA H. VARELA
F. “L'albero della conoscenza”, Garzanti, 1987. Ancora si rimanda alla classica teoria su Gaya in “L'uomo
e Gaya” di LOVELOCK J., pagg.57-60 in Rapporto Terra di GOLDSMITH E. e HILDYARD N., 1989

[xiv]            Sul tema del rapporto tra ambiente e imprenditoria vedi LOMBARDI G.”Iniziativa economica

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privata e tutela dell'ambiente” in “Ambiente e la sua protezione” ( a cura di MURGIA) Atti del Convegno di
Studi Giuridici. Cagliari, 19-20-21 aprile 1989, pag. 255 e ss;

[xv]            CAPRA F.– MATTEI U. ibidem pag.38

[xvi]       Sul pensiero fisiocratico per le comunità rurali si veda BRESSO M. “pensiero economico e
ambiente” Loescher editore, 1982, pag.182 “riscoprire i fisiocratici?” F.QUESNAY, Tableaue economique
des phisiocrates, Calman Levy, 1969R.GRANDAMY”la physiocratie. Theorie generale du developpement
economique”, Moutom 1973, pag.34 - bioeconomiaper bioeconomia GEORGESCU-ROEGEN Demain la
decroissance, Favre, 1979, p.18 “l'energie et les mythes economiques”

[xvii]      Circa le culture rurali ed urbane si veda il “metissage” di un famoso parallelo tra il barbaro
Droctulft che entra a Ravenna ed una giovane inglese rapita da selvaggi americani per come
splendidamente fatto da Borges nell'Aleph e riportato quale metafora del contrasto culturale tra città e
campagna in “Tra città e campagna ripetizione dell'uniformità ed organizzazione della diversità” di
HARRISON G., in “Del patrimonio culturale” di F.A.LA ROCCA, 2009, pag. 73-137. In termini generali si
veda MALINOWSKI B., “Teoria scientifica della cultura e altri saggi”, 1962 (ed.orig.1944)

[xviii]              Cfr., CAPRA F. “The hidden connections”, Flamingo 2003 pag.94/95 “Communities of
practice”

[xix]        In Italia ed in Europa il diritto amministrativo si è, però, evoluto allargando, dopo varie
resistenze, la sua azione anche al diritto privato, con i contratti di diritto privato della pubblica
amministrazione e con le forme di partecipazione al procedimento da parte dei privati.

[xx]            CAPRA F.– MATTEI U. ibidem, pag. 203

[xxi]           ex-art.309 della L.152/06

[xxii]         I rimedi suggeriti sono esposti nelle note di questo saggio. Uno, in particolare, riguarda, in
applicazione del principio di precauzione (Dichiarazione di Rio del 1992 Principio 15, art.191 TFUE e
art.301 del D.Lgs 152/2006), la possibilità che una comunità adisca i tribunali per ottenere provvedimenti
inibitori a carico di un impresa. Attualmente l'art.301 prevede l'obbligo a carico dell'operatore economico
di comunicazione alla competente autorità e l'art.309 prevede la possibilità di richiesta di intervento al
Ministero da parte di enti locali e persone fisiche e giuridiche. Mattei e Quarta propongono di dare la
possibilità di proporre un azione giudiziaria per inibire le attività dannose. Sarà poi dovere dell'impresa
dovere provare che la sua attività non fosse dannosa (inversione dell'onere della prova). Si veda MATTEI
U. - QUARTA A. ibidem, pag. 219. In tal senso, un ulteriore passo nel senso della coscienza giuridica
ecologica potrebbe essere quello di intendere come reato penale di abuso qualsiasi esercizio di libertà
aziendale “che non includa un grado sufficiente di precauzione”, cfr. MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag.
233. Sul principio di precauzione si veda SUNSTEIN C.R. “Il diritto della paura. Oltre il principio di

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precauzione”, Bologna 2012 ed in senso più tecnico, BUTTI L. “Principio di precauzione. Codice
dell'ambiente e giurisprudenza delle Corti Comunitarie e della Corte Costituzionale, in Rivista Giuridica
dell'ambiente, 2006, pp. 809-826

[xxiii]        Come nella Commissione Rodotà del 2007 si propone una legittimazione ad agire diffusa per
l'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti connessi alla salvaguardia e fruizione dei beni comuni cfr.
RODOTA' S. “Il terribile diritto: studi sulla proprietà privata e sui beni comuni”, Il Mulino, 2013, pag.51 e
ss. Mattei e Quarta propongono nuove soggettività giuridiche per l'ecologia. Ovvero prevedere una
personalità giuridica al fine di proteggere la natura da attacchi conferendo ad essa la legittimazione ad
agire in quanto vittima di un'attività causa di un danno ambientale. Famoso è il caso del parere
dissenziente del giudice William O.Douglas che, nel 1972 nella causa Sierra vs Morton, riconobbe
legittimazione ad agire alla natura a mezzo di curatori. La stessa posizione assunse il Parlamento della
Nuova Zelanda che riconobbe personalità giuridica al fiume Whaganui o il tribunale Indiano che riconobbe
legittimazione ad agire al fiume sacro Gange. Si veda MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag.135 -137 e
207-207. La stessa cosa potrebbe essere fatta, suggeriamo, per la tutela degli interessi tanto ecologici
quanto culturali (parchi archeologici, opere d'arte) dei nostri discendenti in futuro, ovvero prevedere dei
curatori legittimati ad agire per essi per i danni perpetrati alle future generazioni private della fruizione
dei beni comuni. Tornando all'Europa, sul principio unionale “chi inquina paga” GOISIS F.”Caratteri e
rilevanza del principio comunitario chi inquina paga nell'ordinamento nazionale”, in Il Foro
Amministrativo CD- 2009 pagg.2711; SICLARI D. “La bonifica dei siti inquinati tra tutela dell'ambiente e
giustiziabilità delle pretese”Napoli 2017; GIULIETTI W. “Danno ambientale ed azione amministrativa”,
Napoli 2012, etc..

[xxiv]        “la mutazione in società B equivale all'ottenimento del marchio “equo e solidale”, cfr.MATTEI
U. - QUARTA A. ibidem, pag. 126. Un'esperienza interessante di società B ante-litteram è quella della
Olivetti, esperienza che ha consentito alla Città di Ivrea di essere con successo iscritta alla World Heritage
List UNESCO 2018. Fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, la città industriale di Ivrea è un progetto
industriale e socio-culturale del XX secolo. “La città - si chiarisce nelle motivazione della candidatura -
rappresenta la realizzazione di un modello di città industriale, promosso dalla Olivetti, basato su un
sistema sociale e produttivo ispirato dalla comunità e alternativo a quello proposto dallo sviluppo
industriale del XX secolo”. Il patrimonio architettonico, lascito della fabbrica alla città copre il 70% del
perimetro urbanizzato di Ivrea, e costituisce un esempio di costruzioni residenziali, industriali e sociali di
straordinaria qualità (vedi http://www.fondazioneadrianolivetti.it/attivita). In Olivetti tutti i lavoratori
godevano di incredibili benefici assistenziali e dell'accesso gratuito alla cultura e all'istruzione superiore.
Dopo due rivoluzioni industriali negli ultimi tre secoli, l’Europa registra oggi un crescente interesse nei
confronti della rigenerazione urbana delle città postindustriali di significative dimensioni, con una scarsa
attenzione alle città piccole e medie. La candidatura di Ivrea, che rientra in quest’ultimo gruppo,
rappresenta un’opportunità per sollecitare importanti riflessioni non solo sulle trasformazioni di città con
simili caratteristiche, ma soprattutto sui processi di innovazione sociale e di governance del territorio che
il lavoro sul patrimonio architettonico moderno comporta, cfr.MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag. 129

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[xxv]         L'art. 3 quater comma 1 del D.Lgs 152/05 dispone che ogni attività umana giuridicamente
rilevante debba conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile. Sul principio di sviluppo sostenibile si
veda: FRACCHIA F. “Sviluppo sostenibile e diritti delle generazioni future” in Rivista Quadrimestrale di
Diritto dell'Ambiente”, 2010, pag.13 e ss. Il comma 3 prevede che il rapporto tra le risorse ereditate, da
risparmiare e da trasmettere si informi al “principio di solidarietà”, la quale ultima, “pur immersa nel
presente, non è immemore del passato e impone di contemplare il futuro”, per come diceva RODOTA' S.
in“Solidarietà. Un utopia necessaria”, Roma-Bari 2016. Su tale accezione della solidarietà si veda: CORTE
COSTITUZIONALE sentenza n. 75 del 28.02.1992.

[xxvi]      PARINI “Le società benefit : una interessante opportunità anche per il mondo del non profit”,
pag. 145 in Impresa Cultura 13 rapporto annuale Federculture, Gangemi, 2017. Sulle società benefit (B-
corp) vedi MATTEI U. - QUARTA A. ibidem, pag. 126

[xxvii]      Si consenta rimandare a BRUNO A. in “P.P.P. e beni culturali : ragioni di un cambio di rotta
legislativo e conseguenze sull'impianto ordinamentale” in www.ildirittoamministrativo.it, 4 dicembre
2017, pag.17. Si veda ancora “L'imprenditore del mecenatismo stakeholder uso sociale dei beni culturali:
gestire e non subire” di GRASSO D., in “Del patrimonio culturale” di F.A.La Rocca, 2009, pag. 161-187

[xxviii]        ai sensi dell'art.3 ter del D.Lsg 152/06

[xxix]      gli autori hanno una visuale più americana atteso che entrambi insegnano in università
americane vedi CAPRA F.– MATTEI U. ibidem, pag.11. Mattei insegna anche all'Università di Torino.

[xxx]           MATTEI U. QUARTA A.“Punto di svolta”, Aboca, 2018

[xxxi]       Sulla programmazione negoziata come promozione di normativa pattizia (intreccio costante di
reti di rapporti Capra) si veda P.PETRAROIA “la cura del patrimonio storico-culturale come leva di
sviluppo del territorio. Una nuova frontiera dell'ottava legislatura” in Confronti, 3, 2005, pp 43-55,
M.CAMMELLI “programmazione e gestione delle attività di valorizzazione. Forme convenzionate e modelli
operativi”, in “M.MONTELLA – P.DRAGONI. La programmazione negoziata ebbe origine dalla L.662/1996
che ha normato i patti territoriali e contratti d'area, primi strumenti di programmazione negoziata in
Italia,

[xxxii]      Sul partenariato orizzontale si veda CASSESE S. “L'arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo
Stato”, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, 2001 e ARENA G. “il principio della sussidiarietà
orizzontale nell'art.118, u.c della Costituzione”, in Cittadini attivi per una nuova amministrazione, 2003.
L'art.118 4° comma Costituzione sancisce il principio della sussidiariarietà orizzontale cfr. CROSETTI A.,
FERRARA R., FRACCHIA F., OLIVETTI RASON N. “Introduzione al diritto dell'ambiente”, Laterza, 2018,
pag. 27 e ss. Ancora si veda su internet ROVERSI MONACO F. “Federalismo e sussidiarietà”,
www.sussidiarieta.net e ANTONINI L. “Le frontiere della democrazia: verso diritti sociali fondati sulla
sussidiarietà”, in Diritto della Regione, 2005, pag.3 e ss.

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[xxxiii]     Sul tema della partecipazione rispetto alle politiche ambientali si veda MONTANARO R.
“L'ambiente e i nuovi istituti di partecipazione”, in CROSETTI A., FRACCHIA F. (a cura di) Procedimento
amministrativo e partecipazione. Problemi, prospettive ed esperienze”, Milano 2002, pag. 107 e ss.

[xxxiv]      Art. 41 par.2 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01) – Carta di
Nizza, cfr. BEQIRAJ P. “The Right to Be Heard in the European Union – Case Law of the Court of Justice of
the European Union”, European Journal of Multidisciplinary Studies Jan-Apr 2016 Vol.1 Nr. 1

[xxxv]     Comunicazione interpretativa della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario degli
appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) (2008/C 91/02)

[xxxvi]     Sul tema dei PPP si veda in generale BRUNO A.“Public private partnership e indicazioni soft-
law di Eurostat” su www.diritto.it del 10 ottobre 2017

[xxxvii]     Il gruppo (generalmente una società consortile senza scopo di lucro, una fondazione in
partecipazione o un'associazione) è composto da soggetti pubblici e privati allo scopo di favorire lo
sviluppo locale ed ecosostenibile di un'area rurale.

[xxxviii]   LEADER ovvero “Liaison entre actions de développement de l'économie rurale”. Sul metodo
Leader vedi “The LEADER Approach”, su enrd.ec.europa.eu., Presentazione Commissione europea- CLLD,
2014, Guida Commissione europea al CLLD, 2014 e ancora Guida UE a LEADER. Commissione europea,
2006, Corte dei conti europea, 2010, p. 11

[xxxix]      CLLD ovvero Community Led Local Development. Dal sito della rete europea la seguente
spiegazione: “In 2013 the LEADER approach, which had developed in a rural context, was extended to
apply to urban and coastal areas under the title of Community-Led Local Development (CLLD). The
LEADER method has been extended to cover not only rural but also coastal (FARNET) and urban areas
under the banner of Community-led Local Development (CLLD)” da http://www.elard.eu.

[xl]          F.BARCA, An agenda for a reformed cohesion policy. A place-based approach to meeting
European         Union      challenges        and       expectations,         Independent    Report,
https://ec.europa.eu/migrant-integration/librarydoc/an- agenda-for-a-reformed-cohesion-policy-a-place-
based-approach-to- meeting-european-union-challenges-and-expectations-barca-report e BARCA F.,
Towards a place-based social agenda for the EU, Report Working Paper, 2009,
http://ec.europa.eu/regional_policy/archive/policy/future/ pdf/10_barca_final_formatted.pdf.

[xli]       BRUNO A. in “Place-Based. Sviluppo Locale e Programmazione 2014-2020” con ANGELINI
A.(co-autore) ISBN 9788891742971 Prefazione di G.PUGLISI, pag. 220 – Franco Angeli Editore – 2016

[xlii]           Reg.2052/88 - Guida Generale Commissione Europea al Leader, 2006

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