Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat

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Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
Morto Marchionne, il manager
che rivoluzionò la Fiat

Addio a Sergio Marchionne. Il manager è morto a Zurigo, nella
clinica dove era ricoverato da fine giugno. Accanto a lui la
compagna Manuela Battezzato e i figli Alessio e Tyler. “E’
accaduto, purtroppo, quello che temevamo. Sergio, l’uomo e
l’amico, se n’è andato”, ha detto John Elkann annunciando la
morte dell’ex ad di Fca. “Penso che il miglior modo per
onorare la sua memoria sia far tesoro dell’esempio che ci ha
lasciato, coltivare quei valori di umanità, responsabilità e
apertura mentale di cui è sempre stato il più convinto
promotore”. “Un uomo speciale”, ha detto il nuovo ad di Fca
Mike Manley che ha parlato oggi dopo la presentazione dei
conti dell’azienda con il debito a zero come promesso da
Marchionne.

Nato a Chieti 66 anni       fa, figlio di un maresciallo dei
Carbinieri. Studi in       Canada (tre lauree in Filosofia,
Economia, Giurisprudenza   e master in Business Administration),
domicilio in Svizzera,      due figli, Marchionne, l’uomo dal
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
maglioncino nero, ha vissuto gli ultimi anni tra Torino e
Detroit, guidando la ‘rivoluzione’ che ha portato in Borsa Cnh
Industrial e Ferrari.

Un manager al centro anche delle relazioni politiche mondiali,
da Obama a Trump, che in Italia ha respinto l’invito di Silvio
Berlusconi a candidarsi con il centrodestra e ha avuto una
lunga luna di miele con l’ex premier Matteo Renzi dal quale ha
poi preso le distanze.

Terni, in 400 evacuati per
una bomba di 250 chili

TERNI – Circa 400 persone sono state precauzionalmente
evacuate dalle loro abitazioni in seguito al ritrovamento di
un residuato bellico, una bomba di aereo inesplosa di 250
chili (500 libbre) risalente alla seconda guerra mondiale,
nella zona di Cesi, una frazione di Terni.

La decisione è stata presa nel corso di una riunione in
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
prefettura con tutti gli organismi interessati per esaminare
la situazione.
Gli artificieri intervenuti, quelli del sesto reggimento Genio
pionieri dell’esercito, di stanza a Roma, hanno infatti
richiesto l’evacuazione per il “rilevante potenziale
esplosivo” dell’ordigno.

Il provvedimento riguarda un’area con un raggio di 380 metri
dal residuato e che serve a garantire – spiega la Prefettura –
la “piena sicurezza” della zona e dei cittadini residenti. Il
sindaco di Terni Leonardo Latini ha quindi adottato la
conseguente ordinanza e le 400 persone coinvolte sono stati
sistemati presso parenti, amici e nel Pala Tennistavolo.

Rapina a mano armata al
bancomat,    muore   bandito
pluripregiudicato durante il
conflitto a fuoco: poliziotti
indagati. Il solito atto
dovuto?
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
Sabato 21 luglio, di notte, alcuni rapinatori armati – almeno
cinque – hanno assaltato con esplosivo un impianto Bancomat
della Banca popolare di Bari, a Brindisi, al rione Commenda.

Il 113 sarebbe stato allertato da un passante. Con la
pattuglia intervenuta, è nato un conflitto a fuoco, durante il
quale è stato colpito a morte tale Giovanni Ciccarone, 50
anni, di Ostuni (BR), risultato pluripregiudicato per
contrabbando, furti, rapine, estorsioni, spaccio di droga e di
banconote false. Due anni fa era stato arrestato dalla GdF
dopo un inseguimento lungo la SS 16 a bordo di un’Audi A 6, in
cui furono trovati due Kalashnikov, tre caricatori e 90
cartucce.

Dopo la sparatoria i ladri sono fuggiti a
bordo di un’Audi A6
Inseguiti da una volante, hanno sparso sull’asfalto chiodi a
tre punte, forando le gomme dell’auto della polizia. A seguito
dei fatti, i due poliziotti coinvolti nell’uccisione del
Ciccarone, vicino al corpo del quale sono state rinvenute
numerose cartucce cal. 12, sono indagati per omicidio colposo.
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
Per l’ennesima volta i tutori dell’ordine
sono messi all’indice [Un atto dovuto?]
pur avendo agito, non solo legittimamente, ma, in più,
nell’espletamento del loro dovere. È superfluo dire che la
magistratura dichiara questa indagine un ‘atto dovuto’, per
consentirne la difesa. Ma da cosa si dovrebbero difendere, se
non hanno compiuto alcun illecito, hanno rischiato la vita e
sventato una rapina, ciò che fa parte del loro dovere? A
nostro parere la legge va cambiata. A questi elementi
bisognerebbe dare una medaglia, altro che indagine per
omicidio colposo. In più, le circostanze sono eclatanti e
della massima evidenza. Per cui sarebbe bastato un sopralluogo
del magistrato per concludere con il non luogo a procedere,
senza ingolfare avvocati e tribunali di lavoro superfluo.

A questo proposito abbiamo chiesto un
parere sull’accaduto, ma soprattutto
sulle eventuali modifiche procedurali, al
dottor Gianni Tonelli, già Segretario
Generale del Sindacato di Polizia SAP,
ora deputato della Lega, al fianco di
Matteo Salvini.
Dottor Tonelli, a proposito del caso della sparatoria di
Brindisi lei ha scritto un articolo pubblicato oggi, 24
luglio, sul Tempo di Roma. Perché in questi casi i poliziotti
sono sempre indagati, perché le divise ci devono sempre
rimettere?

È una cosa assurda. Ma questo già partendo dalla legittima
difesa che riguarda i cittadini. La materia, sia la legittima
difesa che l’uso legittimo delle armi, è inserita nel codice
penale e nell’argomento “Cause oggettive dell’esclusione del
reato”. Allora, se si esclude il reato, io comprendo che la
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
magistratura debba aprire un procedimento finalizzato a
verificare la sussistenza degli elementi che possano
individuare le cause oggettive di esclusione del reato. Ma non
è possibile che questo passi tramite l’incriminazione, o
comunque la sottoposizione a procedimento penale della
vittima. A maggior ragione quando questo avviene
nell’adempimento del dovere. Perché i miei colleghi sono
andati a sventare una rapina a danno di un bancomat da parte
di delinquenti armati che gli hanno sparato contro. Quindi non
è possibile adesso che i colleghi, che sono riusciti
miracolosamente a salvare la pelle, e a colpire uno dei
banditi, adesso si trovino nella condizione di patire gli
oneri materiali, quindi economici, e anche morali di un
procedimento. Va rivista la procedura, e va rivisto
l’approccio, perché comunque, al di là di rivedere
normativamente la procedura, io penso che possa essere aperto
un fascicolo, come di regola viene fatto, dall’Autorità
Giudiziaria, “Atti relativi a…”. E’ chiaro che serve anche una
modifica normativa che possa prevedere la possibilità, cioè il
dovere, in nome e per conto dello Stato, tramite
l’Amministrazione della Polizia di Stato, di provvedere a
nominare un perito di parte che assista all’autopsia. Non vedo
perciò ragioni per cui queste persone debbano essere
sottoposte, come lo è stato per l’eroe di Guidonia, a un
procedimento penale. Sono quelle assurdità del nostro
ordinamento, per noi che siamo dalla parte del diritto, di cui
non riesco proprio a capacitarmi.
Ci sono poi alcuni giornali, dalla cui maniera di esporre il
fatto, si capisce il loro orientamento politico. Un piccolo
giornale di provincia ha titolato “Morto Giovanni Ciccarone”
[uno dei rapinatori ndr] come se fosse un personaggio.
Ciccarone, come ho scritto nell’articolo che ho scritto per
‘Il Tempo’, è una persona che aveva numerosi procedimenti
penali, un pregiudicato che è stato trovato in possesso di
alcuni Kalashnikov, cioè tutto si può dire tranne che fosse
uno stinco di santo, o che fosse una personalità. Forse lo era
nel mondo criminale.
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
Qualcuno scrive anche “Il presunto partecipante alla rapina”.

Il presunto? Uno che con un fucile nelle mani ti spara
addosso, cerchiamo un attimo di vedere di cosa stiamo
discutendo. È chiara una cosa. Qui, più che la politica, più
che il dibattito, dovrebbe intervenire l’Ordine dei
Giornalisti, perché io credo che si siano violate le regole
elementari di un codice deontologico. Io credo che il
giornalista abbia l’obbligo di descrivere la realtà effettiva.
Poi la può commentare secondo il proprio pensiero, la propria
visione dei fatti. Ma che non possa prescindere dalla realtà
storica. Perché se un giornalista con coscienza e volontà
altera la realtà storica, viene meno al suo primo dovere di
giornalista. Quello di descrivere ciò che è accaduto.

Cosa mi dice a proposito del rifiuto di modifica della legge
sulla legittima difesa sa da parte dell’ANM? Sappiamo che
questo è un punto importante per la politica di Salvini e per
la Lega.

Il testo presentato nel 2006, molto chiaro, se non fosse stato
forzato da una interpretazione giurisprudenziale, che, devo
dire, ancora non mi spiego, non ci sarebbe oggi la necessità
di rivedere ancora questa normativa. Ma mi sembra molto chiaro
che comunque in un paese civile, in cui abbiamo potuto
assistere alla metamorfosi dei topi d’appartamento , non è
possibile lasciare il vantaggio della prima mossa a chi entra
in casa.

Cosa ne pensa di due argomenti: primo, il risarcimento al
ladro che eventualmente ci lascia la pelle in un’azione
delittuosa, secondo, l’eccesso in legittima difesa che per
logica andrebbe eliminato.

Faccio rifermento a quella cosiddetta ‘responsabilità
aquiliana’, di cui all’art. 2073 del Codice Civile, per cui
chiunque causi un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo. Io
credo che manchi l’elemento fondamentale, cioè il danno
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
ingiusto. Il danno c’è, con la perdita della vita
dell’aggressore, ma non è ingiusto. Perché se tu entri in casa
mia, e io mi difendo, e ne ho il diritto, perché non ti posso
lasciare il vantaggio della prima mossa. La normativa è
ingiusta, in questo caso, tra l’altro aggravata anche da
un’applicazione giurisprudenziale, molto favorevole ai
criminali. È chiaro che comunque manca l’ingiustizia del
danno, perché io mi sono difeso. Quindi a mio parere non ci
può essere risarcimento.

E per l’eccesso in legittima difesa? Come faccio a valutare
l’intensità dell’offesa per opporre una difesa proporzionale,
nei momenti di concitazione che certamente appartengono a
situazioni di aggressione?

Oggi la legittima difesa prevede l’attualità, la necessità e
la proporzionalità. Io non mi posso modulare, perché per poter
avere la proporzionalità devo lasciare il vantaggio della
prima mossa a chi entra in casa mia. Ma quando questo mi ha
aperto il cervello, mi ha ammazzato, mi ha immobilizzato, e
poi magari torturato, io non posso più fare nulla. Allora io
non sono in grado di mettere in atto una difesa proporzionata
all’offesa. Allora deve intervenire una presunzione di legge,
per cui, quando sono in casa mia, o nel mio domicilio
professionale, per legge è presumibile il principio di
proporzionalità. E quindi non esiste l’eccesso.

Roberto Ragone

“Naufraga ma con lo smalto
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
alle unghie”: l’odio della
rete e la fake news virale su
Josepha

L’ennesimo oltraggio per Josepha, dopo quello di essere stata
48 ore in mare, arriva dall’odio web: “è una naufraga ma con
smalto”. Post pieni di odio all’indirizzo della migrante
camerunense, salvata dagli operatori di Open Arms, e corredati
da foto di Josepha con smalto rosso e braccialetti. Da lì la
montatura virale: “è un’attrice”, “non c’è stato alcun
naufragio”. Una montatura che acquista toni che vanno oltre le
fake news, venati di razzismo. “Scappa dalla guerra ma si è
pitturata le unghie. Inoltre le mani non hanno l’aspetto
spugnoso tipico di chi resta in acqua per ore”, discetta un
account su twitter.

La fake news corre tra un post e l’altro, tra un social e
l’altro, si colora di complottismo e a tratti trasuda persino
cinismo fuori luogo, “si è rifatta le unghie tra un naufragio
e l’altro”, “funziona come Cocoon, dopo 48 ore in acqua sei
più bella”. La verità la racconta Annalisa Camilli,
giornalista dell’Internazionale che era a bordo dell’Open Arms
quando hanno soccorso Josepha: “ha le unghie laccate perchè
Morto Marchionne, il manager che rivoluzionò la Fiat
nei quattro giorni di navigazione per raggiungere la Spagna le
volontarie di Open Arms le hanno messo lo smalto per distrarla
e farla parlare. Non aveva smalto quando è stata soccorsa,
serve dirlo?”. A riprova la foto del salvataggio della donna
dove chiaramente non ha smalto, nè braccialetti. Ma neanche
questo placa l’odio in rete.

“Sulla nave Open arms ci si diletta con lo smalto”, ironizza
qualcuno e subito sotto accusa finiscono i volontari di Open
Arms ‘colpevoli’ di avere lo smalto a bordo e di aver regalato
un attimo di umanità, di normalità e anche di legittima vanità
alla migrante.

Molise pride: su Fb dilaga il
video di un uomo con il
lanciafiamme

CAMPOBASSO – Un uomo con un lanciafiamme: è la gif animata di
pochi secondi postata sulla pagina Facebook del ‘Molise
pride’. A denunciare l’episodio è l’Arcigay Molise che ha
segnalato quanto accaduto alle competenti autorità. La notizia
viene confermata all’ANSA da Luce Visco, presidente
dell’Arcigay Molise. “L’episodio risale a qualche settimana fa
– dice – abbiamo aspettato prima di divulgare la notizia. Il
profilo Fb proviene dalla Sicilia”. “Non temiamo alcun tipo di
minaccia – scrive l’Arcigay Molise in una nota stampa – e ciò
ci spinge ancora più fortemente a scendere in piazza il 28
luglio a Campobasso per il primo Molise pride”.
L’appuntamento ha fatto registrare nelle scorse settimane
alcune posizioni contrastanti anche nei palazzi della
politica.
Il Comune ha concesso il patrocinio gratuito alla
manifestazione, la Regione invece lo ha negato. Sulla
manifestazione sono intervenuti anche i Vescovi delle diocesi
molisane richiamando al “rispetto di etica e religione”.

Fonte Nuova: girava armato
con  un   revolver rubato.
Arrestato
MENTANA – I Carabinieri della Stazione di Mentana hanno
arrestato un italiano di 37 anni, già noto alle forze
dell’Ordine per i precedenti, con l’accusa di detenzione e
porto illegale di arma comune da sparo.

I militari, a seguito di una segnalazione per schiamazzi
giunta al 112, sono intervenuti in via Platani a Fonte Nuova
dove hanno notato l’uomo, in evidente stato di alterazione
psicofisica riconducibile ad abuso di sostanze alcoliche,
mentre occultava sotto la maglietta un’arma. I militari sono
riusciti, dopo averlo bloccato, e a disarmarlo. L’arma, un
revolver con due colpi inseriti nel tamburo, a seguito dei
successivi accertamenti è risultata rubata da un’abitazione di
Mentana lo scorso settembre.

La pistola è stata sequestrata e sarà inviata al RIS di Roma
per gli accertamenti balistici del caso, al fine di verificare
se sia stata mai utilizzata in episodi delittuosi.

L’uomo invece dopo l’arresto è stato portato nel carcere di
Rebibbia in attesa di giudizio.

Sergio Marchionne è in fin di
vita: già al lavoro l’inglese
Manley, nuovo ad di Fca

Sono peggiorate le condizioni di salute di Sergio
Marchionne rendendo così necessaria un’accelerazione della
successione alla guida di Fca, Ferrari e Cnh Industrial. Mike
Manley – responsabile del brand Jeep – è il nuovo
amministratore delegato di Fca: è già al lavoro, il primo
appuntamento in agenda è la riunione a Torino, al Lingotto,
domani e martedì, del Gec (Group Executive Council),
l’organismo decisionale del gruppo, costituito dai
responsabili dei settori operativi e da alcuni capi funzione e
guidato dall’amministratore delegato.

Le condizioni di Marchionne      – spiega il gruppo – sono
peggiorate dopo che in settimana sono sopraggiunte
complicazioni inattese durante la convalescenza post-
operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore. Il
consiglio di amministrazione di Fca – si spiega – ha deciso
dunque “di accelerare il processo di transizione per la carica
di ceo in atto ormai da mesi e ha nominato Mike Manley
amministratore delegato”. Il nuovo amministratore delegato di
Fca, Mike Manley, e la squadra di management del gruppo
automobilistico “lavoreranno alla realizzazione del piano di
sviluppo 2018-2022 presentato a Balocco il primo giugno
scorso, che assicurerà a Fiat Chrysler Automobiles un futuro
sempre più forte e indipendente”.

Da 14 anni Sergio Marchionne guida Fca. Il suo mandato finisce
nell’aprile 2019. Nato a Chieti nel 1952, doppia nazionalità
italiana e canadese, due figli, Marchionne diventa
amministratore delegato della Fiat nel 2004, alla morte di
Umberto Agnelli, al posto di Giuseppe Morchio. L’azienda,
allora, è vicina al fallimento, rimasta a galla anche grazie
al prestito convertendo concesso da una cordata di banche: il
bilancio 2003 presenta un rosso di 2 miliardi e una perdita
operativa di 500 milioni. Il manager in pullover blu, arrivato
dalla società svizzera Sgs ma un perfetto sconosciuto per la
maggior parte degli italiani, trasforma la Fiat in un gruppo
globale.

Primi passi sono lo scioglimento della joint venture con Gm e
la conversione del prestito bancario, mentre non va in porto
il tentativo di rilevare la tedesca Opel. Il grande salto con
l’acquisto di Chrysler nel 2009, grazie anche all’ottimo
rapporto con Barack Obama, che permette al gruppo di piazzarsi
al settimo posto tra i costruttori mondiali di auto.
Marchionne porta poi a termine gli spin off di Cnh Industrial
e Ferrari, operazioni che spingono la capitalizzazione di Fca
vicino ai 56 miliardi. Più recente il piano di rilancio
dell’Alfa Romeo, di cui fa parte anche la scelta di portare il
Biscione in Formula Uno e la nascita del polo del lusso con
Maserati.

Tre lauree e un master in business administration, Marchionne
è anche l’uomo della “rottura” nel campo delle relazioni
industriali, con la disdetta nell’aprile del 2010 del
contratto nazionale e la richiesta ai sindacati di una serie
di concessioni per investire a Pomigliano nella produzione
della nuova Panda. E’ l’inizio del lungo duello con la Fiom,
tra fabbriche e tribunali, mentre a fine 2011 arriva la
decisione di Fiat di uscire da Confindustria.

E, intanto, come anticipato da Automotive News Europe, è Louis
Carey Camilleri, membro del board Ferrari, il successore di
Sergio Marchionne nella carica di amministratore delegato
della casa di Maranello. Il presidente sarà John Elkann. Il
cambio al vertice – secondo le indiscrezioni – sarà deciso
oggi nel cda della Rossa. Louis Carey Camilleri si è formato
in Philip Morris International.

Vibo Valentia, colpo al clan
Mancuso: il figlio del boss
Pantaleone vuota il sacco. In
manette 18 persone

VIBO VALENTIA – La Polizia di Stato di Vibo Valentia, dalle
prime ore di stamane, ha dato esecuzione ad un´ordinanza di
custodia cautelare, emessa dal G.I.P. distrettuale di
Catanzaro, dott.ssa Paola CIRIACO, nei confronti di 18
persone, ritenute responsabili di appartenere ad
un´associazione a delinquere dedita al narcotraffico.

Per 8 persone è stata disposta la custodia cautelare in
carcere, per 9 gli arresti domiciliari e, per 1, l´obbligo di
dimora.

Nel corso dell´operazione, coordinata dalla Procura
Distrettuale Antimafia di Catanzaro ed eseguita dalla Polizia
di Stato, con il supporto del Servizio Centrale Operativo,
insieme alle Squadre Mobili di Catania, Catanzaro, Cosenza,
Messina e Reggio Calabria, i Reparti Prevenzione Crimine di
Vibo Valentia, Cosenza e Siderno, l´Unità Cinofila di Vibo
Valentia e il Reparto Volo di Reggio Calabria, altri 21
soggetti sono stati indagati a vario titolo per il reato di
associazione a delinquere dedita al narcotraffico e detenzione
ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Inoltre, con la collaborazione delle Squadre Mobili di
Alessandria, Brescia, Caltanissetta, Catanzaro, Chieti Genova,
Imperia, Lecce, Milano, Napoli, Salerno e Savona si stanno
anche effettuando 18 perquisizioni a carico delle sedi di una
società, attiva nella vendita online di semi di canapa
indiana, site in quelle province, a carico delle quali verrà
anche notificato un provvedimento di sequestro preventivo.

L´operazione – alla quale hanno partecipato circa 200 agenti
della Polizia di Stato – rappresenta l´epilogo di una
complessa attività investigativa, avviata già dal 2015, che
permette oggi di smantellare un´associazione a delinquere
finalizzata alla produzione, coltivazione e vendita di
sostanze stupefacenti, in particolare marijuana, capeggiata da
Emanuele MANCUSO, figlio di Pantaleone, alias “l´Ingegnere”,
esponente apicale dell´omonima consorteria criminale
dell´`ndrangheta di Limbadi.

Le   attività   investigative,   scaturite   dal   sequestro   di
appezzamenti di terreno adibiti a piantagioni di marijuana,
siti in località Nicotera, Joppolo e Capistrano, per un
quantitativo di circa 26.000 piante, hanno consentito di
evidenziare, anche grazie ad attività tecniche ed al supporto
della Polizia Scientifica, la capacità dell´organizzazione di
provvedere a tutte le varie fasi del ciclo di produzione della
sostanza stupefacente.

In particolare, con l´acquisto on line di semi di canapa
indiana e di concime, effettuati direttamente dal capo del
sodalizio Emanuele MANCUSO, l´organizzazione realizzava la
costruzione delle strutture ove piantare i semi, curare la
germinazione e la fioritura delle piante, la crescita, la
lavorazione e, infine, l´immissione sulle piazze di spaccio.
Le varie attività erano assicurate da accoliti di MANCUSO, ma
anche da mano d´opera reclutata tra extracomunitari.

Nel corso delle investigazioni, si è anche accertato come
MANCUSO – tramite l´utilizzo di droni – controllasse i terreni
destinati alla coltivazione della droga.

Le risultanze delle indagini, coordinate dal Sostituto
Procuratore della D.D.A. Annamaria Frustaci ed oggetto di
precisi riscontri, sono state recentemente suffragate dalle
dichiarazioni dello stesso Emanuele MANCUSO che ha avviato un
percorso di collaborazione con i magistrati della Procura
Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Labico, sospesa la licenza a
un bar del centro

LABICO – Proseguono i controlli e il monitoraggio degli
esercizi commerciali da parte dei Carabinieri della Compagnia
di Colleferro. I militari della Stazione di Labico hanno
proposto alle Autorità di Pubblica Sicurezza preposte la
sospensione della licenza di un
noto bar del centro della cittadina.

Il provvedimento è scaturito dalle varie segnalazioni
pervenute al numero d’emergenza “112” e dai numerosi servizi
di controllo del territorio che i militari hanno costantemente
effettuato riscontrando, in quel locale, l’assidua presenza di
avventori con precedenti penali in materia di droga, reati
contro il patrimonio e reati contro la persona, facendolo
diventare un luogo abituale di ritrovo.

Decisiva è stata, tra l’altro, la rissa avvenuta pochi giorni
fa scoppiata nei pressi del bar tra 4 persone, anche queste
avventori dell’esercizio, a seguito della quale sono rimasti
feriti anche i due Carabinieri intervenuti per riportare la
calma tra i contendenti.

I militari hanno notificato alla titolare del bar – una 50enne
di Labico – il provvedimento che impone la chiusura temporanea
di 20 giorni.

Milano, uomo murato                               sotto
pavimento: un arresto
MILANO – La Polizia di Stato ha arrestato un uomo di 47 anni,
Luca Sanfilippo, residente a Cinisello Balsamo al confine con
Milano, accusato di essere l’autore dell’omicidio di Antonio
Deiana, di 36 anni, scomparso il 20 luglio del 2012.
Avrebbe fatto alcune ammissioni. L’ attività investigativa
condotta dai poliziotti della Squadra Mobile di Como e Milano,
nonché del Commissariato Greco Turro, è stata coordinata dalla
Procura della Repubblica del Tribunale di Monza.
Il caso è stato anticipato da articoli su diversi giornali.
Secondo la loro ricostruzione il corpo di Deiana è stato
trovato all’interno di una cantina di uno stabile a Cinisello
ricoperto da una colata di cemento. Sarebbe stato ucciso per
motivi di droga nell’ambito di un traffico della ‘ndrangheta.
Il fratello, Salvatore Deiana, era stato ucciso a coltellate e
sepolto in un bosco a Guanzate (Como) e trovato dopo la
confessione di uno dei killer.
Brindisi,   muore                            durante
assalto a bancomat

BRINDISI – Un uomo è morto la scorsa notte a Brindisi durante
un conflitto a fuoco con la polizia mentre con altri stava
tentando un assalto ad uno sportello bancomat mentre i
complici sono riusciti a fuggire in auto. A quanto si è
appreso, i banditi erano almeno in quattro ed erano armati.
Avevano già inserito in una fessura del bancomat una striscia
di esplosivo per scardinare la cassaforte, quando sono stati
intercettati da una volante della polizia. Ne è nato un
conflitto a fuoco durante il quale – con modalità ancora da
ricostruire – uno dei banditi è stato ucciso. Gli altri sono
fuggiti in macchina inseguiti dai poliziotti. Alla periferia
di Brindisi hanno lanciato sull’asfalto delle punte chiodate
fermando le ruote della volante e bloccandola
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