12 AGOSTO 2018 - UFFICIO STAMPA - Provincia Regionale di Ragusa

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UFFICIO STAMPA

12 AGOSTO 2018
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Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA

                                LA SICILIA
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                                 G.D.S.
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CRONACA                                                                                                      12/8/2018

Il caso

Caccia ai soldi della gang spaccaossa
FRANCESCO PATANè

In quattro anni 30 falsi incidenti e indennizzi per oltre 500mila euro Indagato un primario del Buccheri La Ferla
Dopo gli undici arresti è scattata la caccia al tesoro delle due bande di “spaccaossa” specializzate nel truffare le
assicurazioni inscenando finti incidenti stradali le cui vittime erano state mutilate dai truffatori. Due organizzazioni che
in quattro anni sono riuscite a ottenere oltre mezzo milione di euro di risarcimenti, per oltre trenta falsi scontri stradali
accertati dalle indagini della squadra mobile di Palermo, coordinate dai sostituti procuratori Alfredo Gagliardi e Daniele
Sansone e dall’aggiunto Salvatore De Luca. Ma secondo gli investigatori l’ammontare complessivo della truffa alle
compagnie assicuratrici sarebbe ancora più elevato. Soldi che i capi delle due bande si spartivano, lasciando le briciole
ai disperati che reclutavano per farsi mutilare. « Franco Mocciaro ( uno degli arrestati nel blitz di mercoledì, ndr) mi
spiegò che, se fossi stata disposta a farmi rompere un solo arto, avrei potuto riscuotere subito 300 euro — ha
raccontato agli investigatori Francesca Calvaruso, indagata e allo stesso tempo vittima di uno dei falsi incidenti — se mi
fossi fatta rompere un braccio e una gamba avrei potuto incassare 800 euro e se fossi stata disposta a farmi fratturare
tutti gli arti mi avrebbero pagato mille euro».
Cifre irrisorie che le vittime, quasi sempre tossicodipendenti o persone indigenti, accettavano per necessità senza
rendersi conto che i capi dell’organizzazione sul loro dolore arrivavano a ottenere dalle compagnie fino a 255mila euro.
« Mi ero accordato per vendere la mia pratica con Francesco Faija (un altro degli arrestati, ndr) per la somma di 48mila
euro — ha ammesso Alessio Violante, anche lui vittima degli “ spaccaossa” — Di cui 33mila euro in contanti e un
appartamento del valore di circa 15mila euro nei palazzoni occupati in via Brigata Aosta».
Un racconto dettagliato, quello di Violante, con il luogo, la data e i protagonisti del falso incidente che gli investigatori
hanno verificato con la banca dati dell’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni. A suo nome è censito un incidente
stradale avvenuto il 9 settembre 2015, al cui esito la compagnia di assicurazione aveva liquidato un risarcimento pari a
255mila euro, a fronte di una lesione al femore che gli era costata una misura di invalidità pari al 32 per cento circa. «
Faija non ha rispettato i patti. Mi aveva promesso il 30 per cento del risarcimento, ma mi ha dato molto meno — ha
svelato agli inquirenti Violante, indagato nel procedimento — Faija disse che i soldi erano già stati utilizzati per pagare le
visite, i medici e le altre spese, e che anzi mi avevano dato più del previsto».
Grazie anche alle sue dichiarazioni, gli investigatori hanno cominciato a spulciare fra le pratiche, in cerca dei camici
bianchi che la banda utilizzava per dare consistenza alle richieste di risarcimento. « C’era un medico, in particolare, che
mi visitò nel suo studio in via Notarbartolo e che mi assicurò che la visita era come se fosse stata fatta al Buccheri La
Ferla, e infatti utilizzò documentazione di quell’ospedale » , racconta Violante, che fa il nome di quel medico: Armando
Bilello, primario di Neurologia all’ospedale di via Messina Marine e adesso indagato.
«Fu proprio Michele Caltabellotta ( perito assicurativo, considerato dagli inquirenti il capo di una delle due bande, ndr) a
indicarmi questo medico — dice Violante — perché avevamo bisogno di dimostrare all’assicurazione che il danno era
più grave. Per pagare la visita i soldi mi furono dati direttamente da Caltabellotta: 450 euro per la visita e 250 come
regalo per la sua disponibilità».
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ATTUALITA                                                                                                  12/8/2018

La polveriera Pagliarelli

Rivolta anti- rom: arriva Casapound, Lega
divisa
Giorgio Ruta

Raccolta di viveri per gli abusivi. I musumeciani bocciano l’occupazione Destra a caccia di firme contro i trasferimenti
All’inizio di via Felice Emma il gazebo montato da mercoledì è pieno. « Da qui non ce ne andiamo, neanche a
Ferragosto: non faremo passare gli operai per attaccare le utenze » , dice con forza Giovanna Di Franco, residente del
quartiere Pagliarelli. Le sei famiglie che martedì notte hanno occupato le tre villette destinate ai rom restano chiuse
dentro. Per loro decine di persone hanno portato sacchettini pieni di cibo. Una solidarietà che arriva da persone che
vivono anche fuori dalla zona. Intanto, i residenti, con i militanti neofascisti di Audaces e Forza Nuova, hanno iniziato
una raccolta firme per chiedere al sindaco Leoluca Orlando di bloccare il trasferimento in via Emma delle due famiglie
provenienti dal campo della Favorita. Sindaco che ha invocato, sin dal primo giorno, la linea della fermezza.
Sulla vicenda torna a intervenire Diventerà Belissima, il movimento del governatore Nello Musumeci che in via Emma è
stata presente con Domenico Bonanno ed Eduardo De Filippis. «Il sindaco dimostra ogni giorno di più il suo totale
distacco dalla realtà che cittadini e residenti sono costretti a vivere quotidianamente e non fa altro che dimostrare
arroganza politica ed amministrativa sottraendosi al confronto e imponendo le sue scelte dall’alto » , si legge in una
nota, dove si condanna fermamente l’occupazione abusiva «da parte di alcune famiglie palermitane senza casa».
Via Emma diventa sempre più il campo di battaglia della destra. Ha fatto un’apparizione Casapound, è intervenuta la
Lega. Igor Gelarda ha incontrato i residenti della zona e adesso annuncia: « Per il 17 agosto ho organizzato un
confronto tra l’assessore alle Attività sociali, Giuseppe Mattina e una delegazione di residenti. Bisogna essere concreti e
non urlare “ prima gli italiani” », dice l’ex 5stelle. Ma proprio dal Carroccio arriva la dichiarazione del deputato
regionale Tony Rizzotto: «Sappiano i palermitani che al grido “prima gli italiani” la Lega è al loro fianco per rivendicare
il diritto alla casa contro chi vorrebbe, come l’amministrazione comunale, anteporre forse altre logiche e favorire altre
persone».
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Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA   12 AGOSTO 2018

                               LA SICILIA
Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA   12 AGOSTO 2018

                               LA SICILIA
ECONOMIA                                                                                                         12/8/2018

Il piano della maggioranza

Pensioni oltre 4000 euro un taglio tra il 10 e il
20% Le donne più penalizzate
Cambia, in modo retroattivo, l’età per il trattamento di vecchiaia chi in passato ha dovuto
lasciare il lavoro ora vedrà l’assegno ridotto

valentina conte,

roma
Addio ricalcolo delle pensioni d’oro col metodo contributivo, per ragioni di "equità", ossia applicando ai nonni le regole
dei nipoti. Lega e Cinque Stelle hanno deciso di colpire gli assegni da 4 mila euro netti in su - 80 mila euro lordi all’anno
- con un taglio duro e puro tra il 10 e il 20%, proporzionale all’anticipo del pensionamento rispetto a una nuova età,
fissata ora dal governo del cambiamento. Taglio assai più severo di quello a suo tempo previsto da una delle norme
della Fornero, riforma per loro da abolire. Nel mirino finiscono 158 mila super pensionati, nella speranza di recuperare
500 milioni all’anno per alzare le pensioni minime e sociali. Stime giudicate ottimistiche dagli esperti. Anche perché c’è
una contraddizione. È vero che una clausola di salvaguardia consentirà di non scendere mai sotto gli 80 mila euro lordi.
Ma chi - per esempio alti magistrati o professori universitari - è andato in pensione a 70 anni con assegni molto
generosi non sarà toccato.
La scure si abbatterà poi non solo sugli assegni futuri. Ma anche su quelli dal primo gennaio 2019 in poi. Con
distorsioni palesi. E dubbi aspetti di costituzionalità. Nel mirino la classe dirigente italiana. Il testo del progetto di legge -
atto 1071, depositato ma non caricato sul sito della Camera - è scarno e confuso in alcuni punti. Firmato dai due
capigruppo di maggioranza a Montecitorio: Francesco D’Uva ( M5S) e Riccardo Molinari (Lega). Sei articoli asciutti e
una relazione illustrativa per i tre quarti dedicata a dimostrare che l’intervento risponde a una « forte istanza sociale di
solidarietà » . Perché « equo, ragionevole, non arbitrario, proporzionale » . In una parola: « costituzionale ». L’unica
«criticità» riconosciuta - la « non temporaneità » , il taglio è permanente - verrà perdonata dalla Consulta perché c’è la
crisi. E la ratio è correggere « palesi disuguaglianze».
Il criterio Robin Hood, insomma. Togliere a chi ha per dare a chi non ha. Ma come funziona nel concreto? Le pensioni
pubbliche e private, passate e future sopra gli 80 mila euro lordi all’anno subiranno una penalizzazione. La parte
retributiva degli assegni sarà ridotta in relazione all’età in cui ci si è pensionati. Prima te ne sei andato o te ne andrai, più
ti colpisco. In sé un criterio comprensibile. Se non fosse che per decidere se sei meritevole di punizione, se in passato
hai mollato troppo presto il lavoro e con super assegni, l’età di uscita di riferimento non è quella vigente all’epoca in cui
uno è andato in pensione. Ma una nuova erà, ridefinita applicando in modo retroattivo la speranza di vita attuale indietro
sino agli anni ‘70.
Facciamo due esempi, uno per il passato e uno sul futuro. Nel 1995 l’età per andare in pensione di vecchiaia era di 62
per gli uomini e 57 per le donne. Quella ricalcolata dai gialloverdi è 64 anni. Ecco che scatta la penalizzazione,
fortissima per le donne che però non potevano far altro che andare in pensione a 57 anni. Per i 7 anni di anticipo " a
sua insaputa" una professoressa o dottoressa viene punita con un taglio attorno al 20%. Quasi il 2,9% all’anno, quando
la Fornero disponeva ma per il futuro - un taglio del 2% l’anno. Applicato solo a chi anticipava davvero l’età di
vecchiaia.
Il secondo esempio è sul futuro. Supponiamo che un alto ufficiale dell’Esercito, al lavoro da quando ha 19 anni, decida
di andare in pensione nel 2019 a 62 anni, dopo 43 anni di servizio. Lo può fare. Ma se il suo assegno è sopra i 4 mila
euro netti, allora sarà tagliato del 14,5% perché si trova a 5 anni da quota 67, l’età di vecchiaia prevista dalla legge. Se
lascia a 65 anni, il taglio si abbassa al 6,4%. I calcoli sono di Stefano Patriarca, esperto di previdenza e fondatore di
Tabula: « Si colpisce una platea piccola - circa 68 mila persone in base alle mie proiezioni - ma in modo molto severo.
Se ne ricaverà però non più di 300-400 milioni all’anno. Con un grosso rischio: la probabile bocciatura della Consulta,
intanto perché il testo di legge parla di ricalcolo, quando invece si tratta di una penalizzazione data dal rapporto dei
coefficienti di trasformazione. Vengono colpite le donne soprattutto, come pure militari e poliziotti che potevano andare
in pensione prima. Ma non si interviene sulla vera stortura del metodo retributivo: premiare le carriere veloci che alzano
gli stipendi negli ultimi anni di attività ».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Una dottoressa a riposo a 57 anni nel ‘95, come voleva la legge, perde un quinto del
reddito L’esecutivo punta a raccogliere 500 milioni per alzare le "minime" Gli esperti più cauti
ETTORE FERRARI/ ANSA
ECONOMIA                                                                                                   12/8/2018

La manovra

Alta tensione Lega-5 Stelle il condono perde
pezzi e cala l’incasso previsto
gabriella colarusso,

roma
Ci prova, Giuseppe Conte, nell’ultimo sabato prima della pausa d’agosto a mettere ordine nella babele di dichiarazioni
che ministri, vice e sottosegretari hanno rilasciato in queste settimane in vista della prossima legge di bilancio. A
rassicurare. Sarà una manovra «coraggiosa, ma seria e rigorosa » , dice in un video postato su Facebook. La tregua
dura poche ore. In serata è Matteo Salvini ad alzare nuovamente la posta: «Me lo ricordo cosa ci siamo impegnati a
fare, piaccia o no all’Europa». Ma l’ostacolo questa volta non è Bruxelles, sono i numeri, a cominciare da quelli della
cosiddetta " pace fiscale": il tesoretto non c’è. Dei 50 miliardi che si pensava di poter aggredire con maxi-sconti per
recuperarne almeno una parte, meno di 30 sono di fatto disponibili per una qualche forma di condono. E perciò il
gettito potrebbe essere di molto inferiore ai 3,5 miliardi stimati in un primo momento. Ammesso, a questo punto, che il
condono - quale è in realtà - si faccia.
« Ci stiamo lavorando così come stiamo lavorando per la pace fiscale: non sarà facile, avremo parecchi avversari » ,
dice il leader leghista, ma al ministero dell’Economia l’aria è tesa. Il 17 luglio, in audizione al Senato, il ministro
Giovanni Tria aveva parlato di 50 miliardi di debiti con il fisco accumulati dai contribuenti italiani, lo stesso numero
fornito nel 2016 dall’allora direttore di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini. Con aliquote ipotizzate dal 5% al 25% per
cartelle non superiori ai 100mila euro si sarebbero potuti recuperare più di 3,5 miliardi, erano le stime. Ma la base da
cui si parte è molto inferiore ai 50 miliardi perché il 22% di questa cifra corrisponde a Iva non pagata, dunque circa 11
miliardi, che non possono essere condonati. Un altro 15%, 7,5 miliardi, sono iscritti alla voce debiti previdenziali, cioè
contributi che i cittadini non hanno versato all’Inps e ad altri enti previdenziali: anche questi non possono essere toccati
perché sono soldi iscritti a bilancio, un condono farebbe saltare i conti degli enti. Senza considerare che i contributi
sono un diritto acquisito, alla fine della vita lavorativa tutti, dipendenti e autonomi, devono vedersi corrisposta la cifra
che spetta loro. Se un cittadino versa il 20% di quanto doveva, chi pagherà il resto?
Così da 50 miliardi si arriva a 30, che però non sono tutti di cartelle inferiori a 100mila euro. La Ragioneria generale
dello Stato aveva fornito al ministero dell’Economia la composizione del " magazzino", ma solo negli ultimi vertici di
governo è diventato chiaro che dalla pace fiscale non sarebbero potute arrivare le risorse che ci si aspettava. Di qui
l’irritazione di Salvini, che questa volta non trova particolari sponde nell’alleato Di Maio. Sebbene sia nel contratto di
governo, infatti, una parte del Movimento 5 Stelle non ha mai digerito l’idea del condono fiscale, una misura che stride
con la retorica della " galera agli evasori". Se diventa anche poco conveniente, non saranno certo i grillini a stracciarsi
le vesti per difenderla.
POLITICA                                                                                                      12/8/2018

La crisi del centrodestra

Salvini: " Berlusconi ormai vota col Pd"
Dopo la rottura in Abruzzo il vicepremier allarga le distanze con Forza Italia e in Puglia
lancia la sfida anche ai 5S Comizio a Lesina, dove cinque giorni fa morirono 12 migranti. Qui
dice: "La capotreno anti-zingari va premiata"

paolo russo,

Dal nostro inviato
lesina ( foggia)
Dopo l’Abruzzo, la Puglia. Matteo Salvini conferma lo strappo della Lega e rilancia sulla sua voglia di correre da sola
alle prossime Regionali. « Il centrodestra è finito? Noi non abbiamo cambiato idea - attacca il vicepremier - è qualcun
altro che vota sempre più spesso con col Pd. Starà agli altri scegliere tra la Lega del futuro e Renzi del passato».
Il ministro dell’Interno parla da Lesina, in Puglia. Seimila abitanti, estremo Sud dell’Italia. Nel sabato che precede il
Ferragosto si è presentato in bermuda e maglietta blu, perché «quelli in giacca e cravatta ci hanno fottuto » . Nella
piazza ci sono mille persone e le luminarie pronte per san Rocco. A pochi chilometri da qui, cinque giorni fa, 12
migranti sono morti mentre tornavano dal lavoro nei campi ammassati in un vecchio furgone.
Il leader della Lega, dopo la tragedia è stato qui per ordinare il pugno duro contro il caporalato, prima di partire per le
Tremiti per una breve vacanza con la compagna, Elisa Isoardi. Ci ritorna quattro giorni dopo per tagliare il nastro della
prima sezione della Lega mai inaugurata da queste parti e prende la parola, rilanciando le promesse sulla Fornero e
l’elogio alla capotreno anti-rom.
In Puglia la propaganda del ministro trova terreno fertile. « E Salvini - gongola il coordinatore regionale della Lega,
Andrea Caroppo - guarda con grande interesse alla Puglia » . Qui il partito del Nord è passato dallo 0,06 per cento delle
Politiche 2013 al 6,6 di pochi mesi fa. Ma dalla formazione del governo, il pressing del vicepremier sulla Puglia è
costante. La piazza gremita di Lesina è un chiaro indicatore per i leghisti pugliesi. E la svolta arrivata dall’Abruzzo,
potrebbe trovare un seguito in casa di Michele Emiliano.
« In Puglia si voterà nel 2020 - ragiona il deputato barese Rossano Sasso - ma nel 2019 c’è il test elettorale di Bari
città. Per scegliere un candidato unico è in piedi un tavolo con Forza Italia. Speriamo che funzioni».Nel dubbio la Lega
ha già pronto il suo candidato, Fabio Romito. « Ma l’alleanza non si sfascerà - ne è convinto il commissario provinciale
di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto - altrimenti facciamo un regalo ad Antonio Decaro » . Contro il sindaco e
presidente dell’Anci, sarà dura: i sondaggi lo premiano, malgrado il Pd.
La vera sfida, per i leghisti pugliesi potrebbe essere quella a Michele Emiliano per la Regione. Gli alleati grillini in Puglia
rischiano di perdere terreno a causa delle promesse impossibili su Ilva e Tap. La propaganda salviniana è già al lavoro.
L’ultima prova è l’invio a Bari di 75 agenti chiesti dal prefetto per l’emergenza criminalità. È il gioco delle 3 carte: sono
gli stessi inviati a Bitonto dopo l’omicidio di una passante. Saranno semplicemente spostati.
Ieri la piazza di Lesina gremita ha sostenuto il disegno del vicepremier. «La capotreno che ha intimato a rom e zingari di
scendere andrebbe premiata, perché difende il diritto a viaggiare sicuri » , ha tra gli applausi ( mentre l’uomo che l’ha
denunciata, Raffaele Ariano, ha ricevuto minacce via social). « Studiamo come e se reintrodurre per alcuni mesi il
servizio militare e il servizio civile per i nostri ragazzi e le nostre ragazze così almeno imparano un po’ di educazione » ,
trionfo. « Ìl governo smonterà pezzo per pezzo la legge Fornero: non si può andare in pensione a 68 anni » , ovazione.
L’ultimo messaggio « a Renzi, Emiliano, e a chi non ha capito che la musica è cambiata. Chi l’avrebbe detto pochi anni
fa che ad agosto. centinaia di persone sarebbero venute ad applaudirmi in Puglia?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Matteo Salvini al comizio di ieri a Lesina, in Puglia
FACEBOOK MATTEO SALVINI/ ANSA
CRONACA                                                                                                       12/8/2018

Il dossier
Allarme contagio

Infezioni in corsia, 7mila morti l’anno "Troppi
antibiotici rafforzano i batteri"
CRISTINA NADOTTI,

ROMA
Le infezioni ospedaliere, soprattutto nei reparti di terapia intensiva neonatale, sono un rischio inevitabile. Ma in Italia le
epidemie nei reparti di degenza hanno un’incidenza maggiore rispetto all’Europa, perché gli antibiotici si usano troppo e
male. Secondo i dati di Assobiomedica, su circa 9 milioni di ricoverati negli ospedali italiani ci sono ogni anno da
450mila a 700mila casi di infezioni ospedaliere. Le infezioni in generale colpiscono circa dal 5 all’8 per cento dei
pazienti ricoverati in ospedale, con differenze per tipo di ospedale, di reparto, di procedura. La media europea è di circa
il 6 per cento, ma da noi le infezioni sono più gravi e più a rischio di esiti letali, perché ci sono più sepsi e infezioni del
sangue. Nell’1 per cento dei casi italiani infatti l’infezione risulta mortale e dopo i reparti di terapia intensiva (circa 30
per cento dei casi), quelli di patologia neonatale sono i più soggetti a infezioni. «Nei reparti di patologia neonatale c’è un
"equilibrio instabile" — spiega Mauro Stronati, presidente della Società italiana di neonatologia — poiché i nostri pazienti
sono soggetti vulnerabili. Nel caso specifico di Brescia il neonato pesava meno di un chilo, ma tutti i neonati sono
deboli e hanno meno difese immunitarie. In più, nei nostri reparti non si può negare l’accesso ai genitori, è una
questione di umanità, ed è perciò più complicato mantenere elevati standard di igiene».
Tuttavia non sono i batteri portati dall’esterno la causa principale della diffusione delle infezioni. «L’ospedale fa da
amplificatore — spiega Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità
— soprattutto nei reparti di terapia intensiva e neonatale dove appunto le terapie sono più invasive per l’applicazione di
cateteri e sondini. A dare i problemi maggiori e talvolta esiti mortali sono soprattutto i batteri Gram negativi, tra i quali
rientra la Serratia marcescens che ha infettato il neonato di Brescia, perché più antibiotico resistenti».
E qui si arriva al nodo della questione: «Il nostro lavoro di osservazione si concentra soprattutto su questo aspetto —
dice Rezza — perché i germi mutano anche a causa dell’uso non corretto degli antibiotici, e sotto questo aspetto l’Italia
è maglia nera in Europa». A novembre scorso il ministero della Salute guidato da Beatrice Lorenzin ha varato il Piano
nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza, un progetto su tre anni, dal 2017 al 2020, per la sorveglianza,
prevenzione e controllo delle infezioni, impiego corretto degli antibiotici, formazione, informazione, ricerca e
innovazione. «Le iniziative vanno però sostenute con risorse e impegno — dice ora Rezza — le campagne devono
avere lunga durata e diffusione capillare».
Anche Stronati insiste sull’uso eccessivo di antibiotici e la necessità di maggiore informazione: «Il concetto di "utilizzo
ragionato" di questi farmaci non è ancora stato assimilato come si dovrebbe — sottolinea il presidente della Sin — È
chiaro che a un neonato in terapia intensiva l’antibiotico va dato, ma se dopo tre giorni la sospetta infezione non è
ancora accertata l’antibiotico va sospeso».
«C’è ancora molto da fare sull’informazione e la responsabilizzazione del personale sanitario sull’uso degli antibiotici e
sulle norme igieniche», conclude Rezza.
Batteri antibiotico resistenti e loro mutazioni si sconfiggono infatti anche con la più basilare delle norme igieniche, il
lavaggio frequente e accurato delle mani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sono da 450mila a 700mila gli italiani che si ammalano nei luoghi di cura.
"Serve più attenzione alle norme igieniche"
FILIPPO VENEZIA/ ANSA
ECONOMIA                                                                                                              12/8/2018

Domani su Affari&Finanza

Trasporto locale una tassa occulta da sei miliardi
Cottarelli: due terzi dei costi pagati dallo Stato Sprechi ed evasione, il settore pubblico ha numeri disastrosi e quasi
sempre il servizio è inefficiente
ROMA
I sussidi al trasporto pubblico locale costano all’erario italiano oltre sei miliardi di euro ogni anno. Un salasso al quale
molto spesso non corrisponde un servizio efficiente, come dimostra un caso su tutti: quello di Roma, dove l’Atac (la
più grande municipalizzata italiana del trasporto) è in regime di concordato preventivo e sta affrontando l’ultima
possibilità di un rilancio.
Affari& Finanza, in edicola domani con Repubblica, mette in primo piano l’emergenza del trasporto pubblico locale,
facendo parlare Carlo Cottarelli che, da direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, ha dedicato un rapporto
dettagliato al problema. E con un focus, appunto, sulla crisi dell’Atac e sul suo miliardo di euro di debiti pregressi.
« La situazione del trasporto pubblico locale italiano è anomala — spiega Cottarelli — e ci allontana dal resto
d’Europa». La ricetta? Aumentare il contributo delle risorse proprie, ovvero la vendita dei biglietti: «Perché queste
risorse — si legge nel rapporto dell’Osservatorio — non coprono complessivamente che il 37 per cento dei bilanci » .
Il resto è coperto dai trasferimenti pubblici che, pur essendo appropriati come incentivo alla riduzione del traffico
privato nei centri urbani, hanno ormai superato ogni limite. Per l’esattezza, 6,3 miliardi di euro annui. « Le tariffe sono
mediamente troppo basse — sottolinea Cottarelli — l’evasione nei pagamenti dei biglietti, specie in alcune regioni, ha
raggiunto livelli intollerabili, i costi di esercizio sono più alti che all’estero per una serie di inefficienze ».
Affari& Finanza propone inoltre un ritratto di Barbara Lezzi, ministro per il Sud, che si trova al centro delle partite più
scottanti per il governo giallo- verde: dall’Ilva al Tap, Lezzi ha già incassato la prima sconfitta: l’esclusione dal decreto
dignità della quota del 34 per cento degli investimenti nel Mezzogiorno di Anas e Fs.
Un altro "ritratto" di Affari&Finanza ci porta in India, raccontando il 55enne Natarajan Candrasekaran che guida il
colosso Tata, il più grande conglomerato industriale del subcontinente. Scelto dal "patriarca" Ratan Tata in sostituzione
di Cyrus Mistry, Cadrasekaran è un appassionato della maratona.
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