EX LIBRIS - Letizia Goretti
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EX LIBRIS INTINGI LA MENTE NEGLI INCHIOSTRI ALTRUI Direttore collana NICOLA LONGO Università di Roma Tor Vergata Comitato scientifico LORENZO BARTOLI Università Autonoma di Madrid Spagna CARMINE CHIODO Università di Roma Tor Vergata VINCENZO DE CAPRIO Università di Viterbo RAFFAELE GIGLIO Università di Napoli “Federico II” ANDREA GAREFFI Università di Roma Tor Vergata CRISTIANA LARDO Università di Roma Tor Vergata PATRICIA PETERLE Universidade Federal de Santa Catarina Brasile MAURICIO SANTANA DIAS Università di São Paulo Brasile
La Collana Ex Libris - Intingi la mente negli inchiostri altrui intende racco- gliere lavori di critica letteraria, monografici e miscellanei, esito di ricer- che originali e di grande interesse. Uno spazio privilegiato sarà offerto ai contributi di giovani studiosi che arrivano alla pubblicazione con proposte di indagini frutto delle loro prime esperienze nel campo. A questi, saranno affiancati libri di autori già affermati sia per pubblica- zioni importanti sia per carriera accademica. La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla doppia revisione paritaria, imparziale e anonima (peer review standard ISI) PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Copyright 2020 – UniversItalia – Roma ISBN 978-88-3293-405-2 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riprodu- zione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, mec- canico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registratori o altro. Le fotocopie per uso personale del lettore possono tuttavia essere effettuate, ma solo nei limiti del 15% del volume e dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art.68, commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Ogni riproduzione per finalità diverse da quelle per uso personale deve essere autorizzata specifi- catamente dagli autori o dall’editore.
ABITARE. TERRE IDENTITÀ RELAZIONI. ATTI DEL X CONVEGNO INTERDISCIPLINARE DEI DOTTORANDI E DEI DOTTORI DI RICERCA (ROMA, 13-14-15 GIUGNO 2018) A CURA DI Giovanna Giurlanda, Orsola Iermano, Anna Maria Pescosolido, Viviana V.F. Raciti, Giorgia Terrinoni UniversItalia
COSTRUZIONE DI UN AMBIENTE: DALLA CAVERNA DELL’ANTIMATERIA A DIE WELT ALS LABYRINTH. LO SPAZIO COME OPERA D’ARTE E COME ESPERIENZA Letizia Goretti* Lo spazio è qualcosa che interessa tutti noi, che fa parte della nostra vita quotidiana: è il luogo in cui abitiamo, lavoriamo, svolgiamo le nostre attività. Ogni giorno, in modo più o meno consapevole, viviamo l’esperienza di questa dimensione. In questo contributo propongo di approfondire l’idea di spazio come opera d’arte, ma anche di indagare ulteriormente la relazione che intercorre tra opera d’arte, spazio e spettatore, partendo da due progetti, la Ca- verna dell’Antimateria e Die Welt als Labyrinth (Il mondo come Labi- rinto), per poi proseguire in ambito contemporaneo. 1. La genesi I due progetti menzionati sono legati all’Internazionale Situazio- nista (d’ora in poi IS), un movimento culturale rivoluzionario che ha interessato trasversalmente diverse sfere, dall’arte alla politica, dall’architettura all’urbanistica, e non solo1. Il movimento fu fon- dato ufficialmente nel 1957 a Cosio Di Arroscia (Liguria) a se- guito della conferenza internazionale delle avanguardie alla quale * Letizia Goretti, fotografa, è Dottore di Ricerca in Cultura visuale (XXXII ciclo) presso lo Iuav di Venezia, con una ricerca sul movimento Internazionale situazionista. Dal 2016 fa parte del comitato editoriale della rivista OFFICINA, trimestrale di architettura e tecnologia. 1 Nella sua totalità considero l’IS come un movimento culturale rivolu- zionario poiché trovo riduttivo delineare il gruppo soltanto come avanguar- dia artistica-politica.
COSTRUZIONE DI UN AMBIENTE 127 parteciparono: Michèle Bernstein e Guy Debord, delegati dell’In- ternazionale Lettrista, Ralph Rumney, come rappresentante del Comitato Psicogeografico di Londra2, Pinot Gallizio, Asger Jorn, Walter Olmo, Piero Simondo ed Elena Verrone, membri del Mo- vimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (M.I.B.I). Il programma situazionista intendeva trasformare la vita quotidiana attraverso una rivoluzione ludica nella sfera culturale, partendo dall’ambito artistico e in seguito estendendo le loro teorie a diffe- renti domini. Uno sguardo particolare era rivolto all’architettura e alla città. Nell’architettura vedevano «il mezzo più semplice per articolare il tempo e lo spazio, per modellare la realtà, per far sognare» e «un mezzo di conoscenza e un mezzo di azione»3. Il loro obiettivo era di agire nello spazio urbano poiché la città, per dirlo con le parole di Lewis Mumford, «può essere definita un particolare ricettacolo per immagazzinare e trasmettere messaggi»4. All’impegno critico rivolto ai campi dell’arte, dell’urbanistica, della società dello spettacolo e dell’economia doveva corrispon- dere l’elaborazione di una serie di procedimenti pratici, come il détournement, la deriva e la ricerca psicogeografica. Se la psicogeografia studiava gli «effetti precisi dell’ambiente geo- grafico, disposto coscientemente o meno», che agivano diretta- mente «sul comportamento affettivo degli individui», la deriva era lo strumento empirico di ricerca, ovvero l’esplorazione di por- zioni di tessuto urbano. La peculiarità della deriva era l’atto del camminare inteso come momento di azione, di scoperta e d’incon- tro; poteva avere una durata breve o proseguire per dei giorni. Invece il détournement era l’appropriazione e il riutilizzo di «elementi estetici precostituiti» integrandoli «in una costruzione superiore 2 Il Comitato Psicogeografico di Londra è stata un’invenzione di Ralph Rumney, il quale era l’unico esponente. Cfr. R. Rumney, Le Consul, Éditions Allia, Paris, 2018, p. 50. 3 G. Ivain, Formulario per un nuovo urbanismo, «Internationale situazioni- sta», n°1, giugno 1958, in Internazionale situazionista 1958-69, Nautilus, To- rino, 1994, p. 16. 4 L. Mumford, La città nella storia, Milano, Edizioni di Comunità, 1963, pp. 136-137.
128 LETIZIA GORETTI dell’ambiente»5. Tutti questi procedimenti confluivano nell’urbanismo unitario, teoria che tracciava le linee per la costruzione di un ambiente, at- traverso l’utilizzo delle arti e delle tecniche, in connessione con le esperienze di comportamento dell’essere umano. L’arte, secondo i situazionisti, aveva un ruolo rivoluzionario nella società ma la borghesia, che forniva il paradigma culturale dell’epoca, metteva a disposizione delle masse «un’arte popolare preconfezionata»6. Per questo motivo volevano creare un’«arte ap- plicabile nella costruzione degli ambienti»7. Gli artisti avevano «il compito di inventare nuove tecniche e di utilizzare la luce, il suono, il movimento, e in generale tutte le invenzioni» che pote- vano «influenzare gli ambienti»8. L’ambiente, essendo parte inte- grante della vita quotidiana, aveva un ruolo centrale e la sua costru- zione nasceva dalla necessità di avere un terreno fertile per il gioco e per la sperimentazione – condizioni essenziali per la libertà e la realizzazione dell’individuo –, come opposizione alla mercifica- zione dell’arte e alla società dello spettacolo: soltanto costruendo nuovi ambienti, legati a esperienze di comportamento, era possibile distruggere il mondo dello spettacolo e la passività dello spettatore. Il ruolo del pubblico doveva diminuire per lasciare spazio ai viveurs.9 5 Per le definizioni ufficiali di psicogeografia, deriva e détournement si veda l’articolo Problemi preliminari alla costruzione di una situazione, «Internazionale situazionista», n°1, giugno 1958, in Internazionale situazionista 1958-69, op. cit., pp. 11-14. Le citazioni in questo paragrafo sono parte delle definizioni uf- ficiali. Queste tecniche sono tuttora utilizzate. In questo brano le descrivo al passato poiché mi riferisco al loro impiego durante l’operato dell’Inter- nazionale situazionista. 6 Che cosa sono gli amici di «Cobra» e che cosa rappresentano, «Internationale situazionista», n°2, dicembre 1958, in Internazionale Situazionista 1958-69, op. cit., p. 6. 7 Attività della sezione italiana, «Internationale situazionista», n°2, dicem- bre 1958, in Internazionale Situazionista 1958-69, op. cit., p. 27. 8 Constant, Sui nostri mezzi e sulle nostre prospettive, «Internationale situa- zionista», n°2, dicembre 1958, in Internazionale Situazionista 1958-69, op. cit., pp. 23-26. 9 Il termine viveurs compare in Rapport sur la construction des situations et sur les conditions de l’organisation et l’action de la tendance situationniste internationale di
COSTRUZIONE DI UN AMBIENTE 129 I situazionisti, nonostante il loro intento, non sono mai riusciti a costruire un ambiente nel tessuto urbano, nello spazio del reale e della vita quotidiana, tanto è vero che i due progetti, la Caverna dell’Antimateria e Die Welt als Labyrinth, erano destinati a una galle- ria e a un museo. Sembra strano che i membri dell’IS avessero scelto proprio quei luoghi che detestavano e che consideravano nemici, in quanto parte del sistema di mercificazione e di regola- mentazione dell’arte. Tuttavia, questi spazi permettevano di met- tere in pratica le loro teorie e, nello stesso tempo, creare scalpore all’interno degli ambienti artistici e dando al contempo una scossa al mercato dell’arte. 2. Casi studio: la Caverna dell’Antimateria e Die Welt als Labyrinth La Caverna dell’Antimateria, opera di Pinot Gallizio, può essere considerato il primo modello situazionista10 di costruzione di un am- biente. Quest’opera è stata allestita presso la galleria d’arte René Drouin di Parigi nel 1959. Lo spazio della galleria è stato comple- tamente stravolto: fu tappezzato interamente da rotoli di pittura industriale. Facciamo un passo indietro. La pittura industriale è stata inventata dallo stesso Gallizio, il quale produceva lunghi ro- toli di pittura, attraverso lavorazioni chimiche, che poi vendeva al metro, con l’intento di inflazionare il mercato dell’arte. Questi ro- toli di tela dipinta percorrevano la galleria e creavano, come l’ha Guy Debord, riprodotto in Textes et documents situationnistes 1957-1960, Édi- tions Allia, Paris, 2004, p. 19. 10 In realtà la mostra era una personale di Pinot Gallizio, ma la corri- spondenza tra lui e Debord rivela i retroscena dell’esposizione, come la partecipazione all’organizzazione di Guy Debord e Michèle Bernstein, il processo per arrivare alla costruzione di un ambiente, cioè la Caverna dell’Antimateria. Le lettere scritte da Debord e indirizzate a Gallizio son state pubblicate dalla casa editrice Fayard in Correspondance, vol. 0 e 1. La corrispondenza di Gallizio si trova presso il Fondo Gallizio, GAM, Torino. Alcune delle lettere da me visionate si trovano presso l’Archive Gérard Berréby (d’ora in poi AGB), Documents et correspondance situationnistes.
130 LETIZIA GORETTI definita lui stesso, una «caverna-scatola»11: un luogo magico di gioco e di emozioni. Lo spettatore poteva camminare all’interno della caverna e diventare «complice e attore» a ogni sua intera- zione con l’ambiente, creando, per esempio, delle nuove imma- gini sulle tele attraverso giochi di luce. L’uso dell’aroma resinoso destava la memoria olfattiva degli spettatori e la musica di sotto- fondo creava l’atmosfera «ansiosa ed angosciosa di un mondo in for- mazione»12. Lo spettatore veniva coinvolto in un’esperienza tota- lizzante e portato all’interno dell’opera stessa per vivere un’espe- rienza unica nello spazio e nel tempo creato dall’artista. Il giorno del vernissage i situazionisti avrebbero dovuto dichiarare la loro po- sizione teorica e accendere lo scandalo13. Nella lettera indirizzata a Drouin l’8 dicembre 1958, Gallizio parla della Caverna definendola l’Antimondo. Gallizio, sempre nella stessa lettera, fa riferimento al fisico italiano Francesco Pannaria, colui che introdusse la teoria dell’antimondo in contrapposizione alla teoria dell’antimateria del fisico Paul Dirac negli anni ‘30. Solo in seguito, prima dell’inaugurazione della mostra presso la galleria Drouin, l’opera fu chiamata Caverna dell’Antimateria14. Lo stesso Gallizio già sulla lettera a Drouin parlava di ‘caverna’ come una forma infantile e poetica per tradurre «l’antimondo». La scelta di aggiungere la parola ‘antimateria’ probabilmente è stata sugge- rita dalle teorie situazioniste sulla mercificazione dell’arte. Quindi il nome potrebbe sottolineare che l’opera non era materia consu- mabile – come oggetto – ma spazio vuoto e, al tempo stesso, il titolo creava un effetto straniante in quanto si contrapponeva all’opera stessa che, di fatto, era materia pura. Die Welt als Labyrinth, invece, fu un progetto – non realizzato – 11 Lettera di Pinot Gallizio indirizzata a René Drouin, Alba, 8 dicembre 1958. AGB, Documents situattionistes. Riprodotta in parte in G. Bertolino, F. Comisso, M.T., Roberto (a cura di), Pinot Gallizio. Il laboratorio della scrittura, Milano, Edizioni Charta, 2005, pp. 59-63. 12 Ibidem. 13 Lettera di Guy Debord indirizzata a Giorgio Gallizio alias Giors Me- lanotte, 9 dicembre 1958. AGB, Documents et correspondance situattionistes. 14 Lettera di Pinot Gallizio a René Drouin in G. Bertolino, F. Comisso, M.T., Roberto (a cura di), op. cit., p. 60.
COSTRUZIONE DI UN AMBIENTE 131 per una manifestazione dell’IS, presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam, che prevedeva la trasformazione delle sale 36 e 37 del museo in un labirinto. La manifestazione avrebbe dovuto svolgersi nelle sale del museo ma anche all’esterno, per questo motivo erano state previste tre giornate di deriva, organizzate da tre gruppi situazionisti, nel centro di Amsterdam. La data stabilita per l’evento era il 30 maggio 1960, ma il 5 marzo Willem J.H.B. Sandberg, direttore del museo, approvò il progetto definitivo ma con due riserve che portarono i situazionisti ad annullare la ma- nifestazione15. Ad ogni modo abbiamo a disposizione una plani- metria16 e un articolo17 che illustrano il progetto. Il labirinto pre- sentava un percorso variabile e l’altezza del soffitto cambiava da zona a zona. L’arredamento interno non avrebbe dovuto rappre- sentare una classica esposizione di opere ma era la costruzione di un «ambiente misto»: una fusione di caratteri interni e familiari, come un «appartamento arredato», ed esterni, utilizzando «piog- gia e nebbia artificiali». Le «zone termiche e luminose», erano alternate da suoni, «rumori e parole», che provenivano da magnetofoni. Non mancava la pit- tura industriale utilizzata per creare un tunnel e delle palizzate, modificate da Maurice Wyckaert, con lo scopo di creare ostacoli e giochi all’interno del labirinto. Infine, erano previste delle «pro- vocazioni concettuali», indirizzate contro le istituzioni e il mer- cato dell’arte. L’intento, come per La Caverna dell’antimateria, era 15 La prima riserva riguardava i controlli. I vigili del fuoco dovevano approvare alcuni elementi pericolosi del labirinto. La seconda riserva, in- vece, era legata ai materiali e al finanziamento. Parte dei mezzi per la co- struzione del labirinto dovevano essere forniti da organi esterni al museo e ai quali l’IS doveva indirizzarsi. Vedi articolo Die Welt als Labyrinth, «Inter- nationale situazionista», n°4, giugno 1960, in Internazionale Situazionista 1958-69, op. cit., p. 5. 16 Bibliothèque nationale de France (d’ora in poi BnF), Fonds Guy De- bord, naf 28603, cv 94. 17Die Welt als Labyrinth, «Internationale situazionista», n°4, giugno 1960, in Internazionale Situazionista 1958-69, op. cit., pp. 5-10.
132 LETIZIA GORETTI di coinvolgere totalmente lo spettatore, fargli vivere delle emo- zioni attraverso l’intervento diretto nell’ambiente e permettergli di sperimentare l’effetto di una «microderiva»18. In questi due progetti sono presenti due elementi chiave: l’espe- rienza e la costruzione. La parola esperienza deriva dal verbo latino experiri che indica sperimentare, conoscere per prova. L’espe- rienza è una conoscenza diretta, appresa tramite l’osservazione, l’uso o la pratica, in un determinato ambiente, ma è anche la co- noscenza acquisita per mezzo dei sensi. Costruire, invece, è met- tere insieme degli elementi per fabbricare, creare, fondare un qualcosa, sia esso materiale o immateriale. La Caverna dell’Antimateria e Die Welt als Labyrinth presentano una doppia costruzione: quella fisica, rappresentata dall’effettiva crea- zione di un nuovo ambiente, con la conseguente perdita di significa- zione dello spazio ospitante (galleria e museo), e quella immate- riale, cioè l’esperienza diretta del soggetto. In questo modo l’opera d’arte, considerata come oggetto di sublimazione estetica e come feticcio, scompare: l’opera e lo spazio diventano la stessa cosa. Di conseguenza lo spettatore, vivendo direttamente l’espe- rienza all’interno dell’opera, non è più un pubblico passivo e di- venta finalmente viveur. 3. Lo spazio e l’opera d’arte Nel corso degli anni numerosi artisti – Christo, Gordon Matta- Clark e molti altri – hanno tentato di influire sullo spazio e di far interagire sempre di più lo spettatore, attraverso opere interattive, installazioni eccetera, poiché anche lo spazio comunica e possiede un suo linguaggio. Ma cosa succede quando lo spazio è utilizzato solo come un contenitore? Quando non ha più una parte attiva? Un esempio divertente di questa situazione è narrato nel film di Al- berto Sordi Le vacanze Intelligenti, terzo e ultimo episodio del film Tutte le citazioni fin qui riportate derivano dall’articolo Die Welt als 18 Labyrinth. «Internationale situazionista», n°4, giugno 1960, in Internazionale Situazionista 1958-69, op. cit., pp. 5-10.
COSTRUZIONE DI UN AMBIENTE 133 collettivo Dove vai in vacanza? (1978), in cui i due protagonisti Remo (Alberto Sordi) e la moglie Augusta (Anna Longhi), sotto la direttiva dei figli “istruiti”, visitano la Biennale di Venezia del 1978. L’episodio, esilarante e grottesco, mette in luce come l’arte non sempre comunica con lo spettatore e ottiene lo status di opera d’arte soltanto perché si trova in un luogo a lei dedicato. Quando Augusta vede gli imbuti di Mimmo Conenna, cercando di trovare un senso, afferma: «pure io li metto così quando spiccio la cu- cina». Il marito controbatte che la cucina non c’entra nulla: «è ‘na scultura questa, stamo alla Biennale!». Al contrario, può accadere che il pubblico non riconosca né l’opera né lo spazio. Questo è il caso della scena delle pecore viventi. Remo e Augusta entrano in un’altra sala ma alla vista delle pecore, opera dell’artista israeliano Menashe Kadishman, pensano di aver sbagliato luogo e di stare in una stalla. Cercano di uscire dalla sala ma urtano contro un gruppo di ragazzi che stanno entrando, allorché Remo esclama: «No, no, ce semo sbagliati questa è una stalla!». I ragazzi imme- diatamente rispondono: «Ma quale stalla! Questa è un’opera d’arte israeliana!». I coniugi, ancora increduli, guardano l’opera e ascoltano la spiegazione del professore – la guida –, ma Augusta non riesce a trattenere l’esclamazione: «ma so’ pecore!». La guida in- terviene specificando che sono pecore, ma viventi. Allora Remo, con il suo far umile e l’espressione basita, si rivolge al professore dicendo: «è la prima volta che vengo alla Biennale e non avevo l’idea di quello che può essere la pecora…vivente. Avevo detto alla mia signora che son sculture, non so’ sculture, so’ pecore!»19. Conclusioni Il movimento situazionista non aveva alcun fine nell’arte, se non quello di utilizzarla come un mezzo d’azione. I situazionisti ave- vano un obiettivo molto più ambizioso: quello di fare diventare 19 Dialoghi tratti dal film Le vacanze intelligenti, Alberto Sordi (1978). Terzo episodio del film collettivo Dove vai in vacanza?, Mauro Bolognini, Luciano Salce, Albero Sordi (1978).
134 LETIZIA GORETTI la vita quotidiana un’arte. La loro rivoluzione non era diretta solo al campo artistico ma a tutta la sfera culturale. Per fare questo, però, dovevano portare le loro azioni nel tessuto urbano, il luogo dove vive la collettività. Per questo doveva essere integrata nella vita di tutti i giorni come un comportamento naturale. L’IS non voleva occupare un posto nel sistema dell’arte, «ma scalzarlo sotterra- neamente»20. Ai nostri giorni è nota la mercificazione dell’arte e tutto il ‘sistema’ che le ruota intorno, non è mia intenzione aprire il dibattito in questo contributo. I due casi studi trattati servono a mettere in risalto l’idea dell’inte- razione tra arte, spazio e visitatore in opposizione ad una spetta- colarizzazione dell’opera artistica, alla non-comunicazione – in al- cuni casi – dell’arte contemporanea e alla passività dello spetta- tore, come abbiamo visto nell’episodio di Vacanze intelligenti. I situazionisti si erano prefissati di «costruire delle situazioni come uno dei desideri base su cui verrà fondata la prossima civiltà»21. La necessità di una «creazione assoluta» nasceva dal «bisogno di giocare con l’architettura, il tempo e lo spazio»22. L’arte doveva «cessare di essere un rapporto sulle sensazioni per diventare un’organizzazione diretta di sensazioni superiori»23. A questo punto le domande che potremmo porci sono: come può oggi interagire l’arte con lo spazio? Esiste un’arte che non segua il modello tradizionale? Un tipo di arte che va al di fuori del classico schema spazio espositivo-visitatore, dove l’ambiente ha un ruolo importante è, ad esempio, l’art contextuel24, cioè un’arte 20 L’avventura, «Internationale situazionista», n°5, dicembre 1960, in In- ternazionale situazionista 1958-69, op. cit., p. 3. 21 G. Ivain, Formulario per un nuovo urbanismo, op. cit., p. 18. 22 Ibidem. 23 G. Debord, Tesi sulla rivoluzione culturale, op. cit., p. 21. 24 Il termine art contextuel è stato utilizzato per la prima volta dall’artista polacco Jan Swidzinski nel 1991, successivamente ripreso e usato dallo stu- dioso Paul Ardenne per descrivere le esperienze degli artisti a partire dai primi anni ’60. Vedi P. Ardenne, Un Art contextuel. Création artistique en milieu urbain, en situation d’intervention, de participation, Flammarion, Paris, 2002, pp.9-
COSTRUZIONE DI UN AMBIENTE 135 che convive con il quotidiano, e che nasce, più o meno libera, nel tessuto urbano, senza cercare di allontanarsi dalla realtà tramite la produzione di un feticcio. Lo spazio pubblico diviene un luogo di creazione e di poesia ma può anche trasformarsi in un teatro di performance e di azioni, da parte di singoli artisti o di collettivi, contro la politica e il sistema, come nel caso dei Voina25 per dare un esempio. Le loro pratiche artistiche sono dirompenti e vio- lente, portate fino all’estremo, per scuotere la collettività e met- tere in luce gli atroci giochi del potere. In altri casi, l’opera gioca e re-inventa lo spazio urbano, come nel primo periodo della Street art26, ma al tempo stesso lo contesta, risveglia la città e suoi abi- tanti. Un caso recente in ambito italiano sono le azioni dell’artista Sal- vatore Benintende, in arte Tvboy, contro il governo o la politica. Si veda l’opera in cui il governo è stato raffigurato attraverso dei personaggi del romanzo di Collodi – Pinocchio, il gatto e la volpe – oppure il celeberrimo bacio tra Di Maio e Salvini, solo per dare 13. L’espressione art contextuel è molto vasta. Lo stesso Paul Ardenne rag- gruppa sotto questa voce l’insieme delle forme artistiche che differiscono dalla concezione di opera d’arte tradizionale. In questo elaborato prendo a prestito il termine per parlare delle pratiche e delle forme artistiche –sov- versive e illegali – utilizzate nel tessuto urbano come mezzo di espressione, di riflessione e di lotta. 25 Voina è un collettivo russo di artisti/attivisti. Il gruppo è noto per le sue pratiche sovversive rivolte contro le autorità. Cfr. http://en.free- voina.org/about (12/11/2018) 26 La Street art, da quando è stata istituzionalizzata, ha perso il suo va- lore di contestazione. Un avvenimento clamoroso, esplicativo del funzio- namento del sistema dell’arte, e nello stesso una battaglia contro quest’ul- timo, è “il caso Blu a Bologna”. La Genus Bononiae, un’istituzione cultu- rale, ha staccato dai muri – senza il consenso dell’autore - le opere di Blu, artista di strada riconosciuto a livello internazionale, per esporle in una mo- stra sulla Street art. La risposta di Blu è stata quella di cancellare tutte le sue opere dalla città di Bologna, contro la museificazione di un’arte che nasce libera nel tessuto urbano. Un’arte di tutti. Vedi Wu Mig, Blu, i mostrificatori e le sfumature di grigio, https://www.internazionale.it/opinione/wu- ming/2016/03/18/blu-bologna-murales-mostra 2016 (12/11/2018).
136 LETIZIA GORETTI un esempio27. Le sue opere arrivano fulminee di notte e vengono cancellate il giorno seguente con altrettanta velocità. Più volte nel corso della storia ‘i muri presero la parola’ contro le istituzioni e il potere. Dalla New York degli anni ’60 alle scritte poetiche e i manifesti attaccati sui muri durante il maggio pari- gino, la città è stata parte integrante e veicolo di trasmissione delle proteste. L’arte di strada è nata proprio nel contesto urbano come una pra- tica artistica di ribellione e di contestazione che appartiene a tutti. Anche se oggi in buona parte è stata addomesticata, essa ha an- cora delle potenzialità di espressione e di comunicazione. Non c’è una costruzione di un ambiente ma lo spazio reale e l’opera si fondono stabilendo una relazione diretta con il passante, poiché «il luogo dell’arte non è necessariamente dove è regolato il suo mercato»28. Forse è tempo di ritornare a giocare collettivamente nello spazio urbano per farlo diventare un’‘opera d’arte vivente’. 27 Il governo Conte in versione Collodi è stato realizzato a Roma nel marzo 2019. P. G. Brera, Di Maio e Salvini sono 'il gatto e la volpe', Conte è Pinocchio: Tv-Boy disegna il governo gialloverde, «La Repubblica», 22 marzo 2109. Il bacio tra Di Maio e Salvini risale al marzo 2018 ed è stato realizzato a Roma http://www.ansa.it/lazio/notizie/2018/03/23/a-roma-spunta- murales-bacio-tra-salvini-e-di-maio-_758b2d29-da4e-46aa-859a- fa7128b24073.html. 28 Yann Toma, L'artiste a-t-il encore une valeur politique?, «Mouvements» 2001/4 (no.17), pp. 84-85.
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