Miele, tra verità e pregiudizi
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Il Divulgatore n° 3/2009 L’ALLEVAMENTO DELLE API Miele, tra verità e pregiudizi È possibile riconoscere la qualità del prodotto semplicemente osservandone l’aspetto? Come verificare l’origine botanica di un miele uniflorale rispetto a quanto dichiarato in etichetta? Alcuni preziosi consigli per non cadere in errati luoghi comuni e per scoprire la ricchezza sensoriale di un alimento completamente naturale. Lucia Piana Osservatorio nazionale della produzione e del mercato del miele HONEY: TRUTH AND PREJUDICE Is it possible to judge honey quality by its aspect? How can you verify that the honey you bought is really monofloral, as stated on the label? In the present issue some revealing tips for not being cheated are given. Since 28 years, in Castel San Pietro Terme is running a honey competition (named Best Italian Honey Gala – Giulio Piana Prize) which gathers thousands and thousands of Italian beekeepers willing to win distinction prizes. Such event represents an important contribution to honey quality improvement and product promotion. Una domanda che ritorna spesso negli incontri con produttori e consumatori di miele è quella riguardante le possibilità di identificare le difettosità del prodotto attraverso caratteristiche visibili o test facilmente applicabili anche dal consumatore. In effetti, l’analisi sensoriale del miele, cioè la valutazione delle caratteristiche che si possono percepire con i nostri sensi, permette di avere moltissime informazioni sul prodotto. È anche vero, tuttavia, che alcune insidie sono assolutamente invisibili anche all’occhio (e al naso) più esperto. Inoltre esistono molte false opinioni, tra le quali la più diffusa è quella di attribuire un valore qualitativo inferiore al prodotto che si presenti “diverso”, rispetto a quello più familiare all’osservatore.Così,nelle aree dove solitamente si producono mieli scuri,diventano sospetti quelli di colore chiaro o chiarissimo; in quelle dove il miele cristallizza rapidamente si diffida dei prodotti liquidi; dove sono comuni i prodotti a grossi cristalli si accusano quelli a grana fine e cremosa di essere “trafficati” e così con un’altra infinità di luoghi comuni. La prima importante informazione è proprio quella di sfatare il fatto che esista un solo aspetto per il buon miele: non esiste infatti un solo tipo di miele, ma tanti quante sono le piante dalle quali le api possono ricavarne la materia prima e le loro infinite combinazioni. Quindi non esiste un solo aspetto tipico, ma un’infinità di differenze, in termini di aspetto, colore, fluidità, odore e sapore, a seconda dell’origine botanica, in primo luogo, ma anche del modo di produrlo e della conservazione. Il naturale processo di cristallizzazione Il miele deriva da liquidi naturali (nettare e melata) che le api raccolgono dalle piante e trasformano fino a fare loro assumere una tale concentrazione in sostanze zuccherine da renderli inattaccabili da qualsiasi microrganismo e quindi lungamente conservabili. Per questo tutti i mieli sono originariamente liquidi, ma, proprio perché concentratissimi, evolvono nella forma cristallizzata. Questo è un processo naturale, che si sviluppa in un tempo variabile da pochi giorni a molti mesi, a seconda della composizione, e quindi dell'origine, della temperatura di conservazione e di altri fattori di tipo meccanico e fisico. La cristallizzazione è più rapida nei mieli più ricchi di glucosio (tarassaco, girasole, colza), che troveremo quindi sempre sul mercato già in forma cristallizzata. Nei mieli poveri in glucosio e ricchi in fruttosio (acacia, castagno, melata), invece, si sviluppa molto tardivamente e quindi troveremo i prodotti sempre (o quasi sempre) nella loro forma liquida originale. Le temperature fresche (14-16 °C) la velocizzano e quindi in aree più fresche o in inverno sarà più probabile osservare mieli cristallizzati,
mentre temperature molto calde (estive) la rallentano o la bloccano. I cristalli cominciano sempre a formarsi dove trovano un "appiglio", per esempio una minuta particella solida o il fondo e le pareti del vaso.Anche l'agitazione del prodotto può promuovere la formazione di cristalli in un miele liquido e accelerarla in un miele in corso di cristallizzazione. Per questo, una volta cristallizzato, il miele si presenta con caratteristiche diverse a seconda di come si sono combinati tutti questi fattori: esistono per questo mieli con aspetto più o meno omogeneo, a cristalli grossolani o finissimi, a consistenza compatta o cremosa. Queste diversità possono segnalare, ad un occhio esperto, l'origine e la "storia" del prodotto, ma non possono, data la complessità del fenomeno, essere prese come riferimento assoluto per identificare la genuinità o meno del miele. Quando cristallizzato è meglio La scelta tra liquido e cristallizzato è una questione di preferenze personali; se però si vogliono privilegiare i prodotti più integri bisogna ricordare che,al di fuori della stagione produttiva, i soli mieli che si mantengono stabilmente liquidi sono l'acacia, il castagno e le melate. Negli altri la presentazione allo stato liquido dipende da un trattamento termico di rifusione fatto con finalità commerciali ed è noto che il riscaldamento produce una perdita di alcune caratteristiche naturali del miele. Al di fuori delle tipologie ricordate è quindi meglio orientarsi verso prodotti cristallizzati: si scoprirà che questa forma fisica rende forse il miele meno comodo da prelevare e da sciogliere, ma molto più facile da maneggiare, in quanto non cola, e molto più piacevole da consumare, in quanto viene percepito meno dolce e più fresco al palato. Inoltre, un piccolo segreto per rendere più maneggevole il miele cristallizzato in maniera eccessivamente compatta: basta ammollarlo leggermente, utilizzando una fonte di calore moderata, in modo da non modificarne le caratteristiche di composizione (per esempio tenere il vaso nell’acqua calda di rubinetto per un’oretta o sul termosifone per lo stesso tempo, o 40- 60 secondi nel micro-onde per un vaso da 500 g) e mescolarlo con una robusta posata, per ottenere un miele cremoso che non ritornerà più alla compattezza originale. I casi di cui diffidare È molto poco probabile che si trovino sul mercato mieli difettosi, ma non impossibile. L’unica alterazione che il miele può subire è una fermentazione alcolica che interviene quando il miele presenta un eccessivo contenuto d'acqua, dovuto a condizioni ambientali sfavorevoli o a errori produttivi. Un miele fermentato non è comunque dannoso per la salute, ma è sicuramente un prodotto degradato da non destinare a uso alimentare diretto. I mieli fermentati si riconoscono facilmente già dall'aspetto, schiumoso, con bolle di gas inglobate e un’eventuale evidente separazione tra la componente liquida e quella solida. L'odore e il sapore di fermentazione e di acido confermeranno eventualmente la diagnosi. Anche un miele con eccesso di umidità, non ancora alterato ma predisposto alla fermentazione, può essere individuato facilmente dall'eccessiva fluidità. Inoltre il miele tende a perdere i suoi profumi e le sue proprietà con il tempo e quindi non è opportuno acquistare prodotti vecchi (oltre i due anni di età) o mal conservati (a temperature superiori a 25°C). L’indicazione sulla conservabilità del miele è riportata obbligatoriamente in etichetta, ma al di là di queste informazioni, un sintomo di invecchiamento e di conservazione a temperatura eccessivamente elevata è la separazione di fasi, cioè l'evidenziazione di uno strato di miele liquido alla superficie del prodotto cristallizzato. Anche i prodotti che hanno subito dei trattamenti termici devono essere considerati impoveriti rispetto agli equivalenti non riscaldati. È meglio diffidare quindi dei prodotti che vengono presentati allo stato liquido in una stagione in cui sarebbe lecito immaginarli già cristallizzati: con ogni probabilità sono stati rifusi. Se poi la cristallizzazione si presenta con grossi cristalli disomogeneamente distribuiti nel vaso, è molto probabile che si tratti di un miele preparato per la commercializzazione allo stato liquido (cioè rifuso) e poi ricristallizzato nel corso della commercializzazione, e quindi ugualmente da evitare. Non sempre un aspetto disomogeneo deve tuttavia far diffidare. Molto comunemente, in mieli non scaldati e ben conservati in ambiente fresco si sviluppano degli affioramenti bianchi, costituiti da zone
di essiccazione superficiale dei cristalli naturali del miele. Tale aspetto, che è sempre collegato a una cristallizzazione compatta del prodotto, può non essere molto attraente per il consumatore, ed è spesso scambiato per un ammuffimento (che nel miele non avviene) o a zucchero aggiunto (che non si riconoscerebbe certo con una semplice analisi visiva!). È invece un segnale del rispetto che ha avuto il produttore nel manipolare e conservare il prodotto e può essere preso come una garanzia certa di qualità. Solo per esperti La maggior parte del miele presente sui nostri mercati viene commercializzato con un’indicazione relativa all’origine botanica (miele di acacia, di castagno ecc.) e spesso geografica (la località di produzione). Queste indicazioni devono essere, IL DECALOGO DEL CONSUMATORE DI MIELE ovviamente, veritiere: per le attestazioni di origine 1 Scegli miele invece di altri alimenti zuccherini, è più geografica il consumatore deve fidarsi della naturale e più sicuro. dichiarazione del produttore e dei sistemi di tutela 2 Scegli il miele che più ti piace, c’è un miele adatto ad pubblica, che attraverso opportune indagini ogni gusto e ad ogni uso. 3 Scegli di preferenza miele di origine locale. possono verificare la rispondenza del prodotti; per 4 Scegli miele cristallizzato, a meno che non si tratti di l’origine botanica, invece, i mieli uniflorali sono acacia, castagno o bosco o nella stagione stessa di sufficientemente diversi l’uno dall’altro, dal punto produzione. di vista dell’aspetto, odore e sapore, per 5 Accetta con fiducia i mieli con macchie bianche, sono permettere anche al consumatore di verificare la quelli più naturali. veridicità del dichiarato. 6 Evita i mieli separati in fasi. Anzi, molto spesso sono proprio le peculiarità 7 Evita i mieli con vistose bolle di gas. organolettiche, per esempio il profumo di fiori del 8 Evita i mieli con cristallizzazione parziale e molto miele di agrumi, il sapore delicato di quello di disomogenea. acacia, l’amaro del castagno, il mentolato del 9 Evita i mieli con etichette incomplete, non chiare o tiglio, a determinare il motivo di acquisto.È però ambigue. necessario conoscere le caratteristiche di 10 Non perdere le occasioni per conoscere di più questo prodotto e i suoi profumi. riferimento dei diversi mieli uniflorali, che molto spesso non corrispondono a quanto osservabile sulla pianta (per esempio il miele di rosmarino non ha l’odore della pianta, ma una fine sfumatura floreale). Così, come per il vino, l’olio e il formaggio, anche il miele ha i suoi esperti in analisi sensoriale, assaggiatori professionisti, iscritti in un apposito elenco gestito dal Ministero dell’Agricoltura. Ma la capacità di discriminare tra un miele e l’altro non è prerogativa degli esperti ed è consigliabile a tutti gli appassionati del miele e delle api avvicinarsi a un corso per la conoscenza del prodotto, organizzato dalle associazioni di produttori e dagli altri enti operanti in questo campo. Un prodotto naturale e sicuro Forse vale la pena ricordare le qualità peculiari del prodotto miele rispetto agli altri alimenti simili per uso e composizione alimentare (confetture e dolcificanti). Il miele è l’unico alimento dolce interamente naturale, in quanto si definisce come il prodotto ottenuto dalle api a partire da sostanze vegetali, al quale non si può aggiungere nulla: né zuccheri, sarebbe una frode, né conservanti, non ce n’è bisogno, né coloranti o aromatizzanti. Le caratteristiche organolettiche del miele sono quelle che gli derivano dalle piante d’origine. Non sono concessi trattamenti che ne cambino le caratteristiche o che ne impoveriscano sostanzialmente la composizione. Il processo di produzione non comporta particolari rischi per il consumatore e così la sua natura, che non consente alterazioni microbiche pericolose. Inoltre le norme sui residui da farmaci veterinari sono, per il miele, particolarmente restrittive. La scelta stessa del prodotto miele è quindi già di per sé garanzia di qualità, sulla quale vegliano i controlli destinati a verificare il rispetto delle leggi e a tutelare il consumatore; questi aspetti della qualità sono quindi prerequisiti indispensabili alla commercializzazione, ma non fanno parte degli elementi di qualità visibile che il consumatore stesso può verificare attraverso i propri sensi.
Ma allora, davanti a uno scaffale con diverse tipologie di prodotto e diversi produttori, come scegliere? Occorre qui ricordare che oltre il 50% del mercato nazionale è approvvigionato da miele di importazione e che l’indicazione del paese d’origine deve essere obbligatoriamente riportato in etichetta. Non necessariamente il prodotto di importazione è di qualità inferiore a quello locale, ma più il percorso tra produttore e consumatore è breve, maggiore può essere la freschezza del prodotto (e quindi la fragranza e le proprietà benefiche) e minori sono i rischi. CONAPI COMPIE TRENT’ANNI Conapi, il Consorzio Apicoltori e Agricoltori Biologici Italiani, da trent’anni trasforma e commercializza il miele che i soci apicoltori conferiscono insieme ad altri prodotti dell’alveare. Conapi, socio fondatore del Gruppo Alce Nero & Mielizia, è leader nazionale nella produzione di miele italiano e biologico, raggiungendo ogni anno più di 2 mila tonnellate di miele – circa un quinto del totale nazionale – di cui la metà da agricoltura biologica. Si tratta di numerose varietà di mieli provenienti dalle regioni più vocate d'Italia: miele di arancio dalla Sicilia e dalla Calabria, quello di castagno dalla Toscana, quello di acacia dal Piemonte e dalla Lombardia, l'eucalipto dalla costa ionica e tirrenica…. Gli apicoltori oggi sono più di 250 e raccolgono il miele secondo un regolamento preciso che ne indica le modalità produttive al fine di garantire qualità eccellenti. Il miele viene conferito dai soci presso lo stabilimento di lavorazione, controllato e stoccato in base all'origine botanica e geografica. Per rispettare le caratteristiche di naturalità del prodotto, la lavorazione è estremamente delicata: il miele viene filtrato, reso omogeneo, in vasettato e mai sottoposto a temperature superiori ai 40 °C. Questa lavorazione, profondamente diversa da quella subita dai mieli industriali che vengono pastorizzati a 80-90 °C, permette di proteggere le sostanze nutritive del miele. In questi anni Conapi ha costruito una rete che consente agli apicoltori di controllare direttamente tutta la filiera dalla raccolta alla commercializzazione del miele e di avere uno scambio continuo e costante di conoscenze tecniche al fine di migliorare costantemente la qualità del prodotto. Il Consorzio offre infatti assistenza tecnica agli associati e svolge ispezioni in campo e controlli preliminari sul prodotto prima della lavorazione, durante il processo produttivo e sul prodotto finito. Lo stabilimento di Conapi è certificato ISO 9001 per la gestione della qualità ed ISO 14001 ed Emas per la certificazione ambientale. Recentemente ha ottenuto inoltre, la certificazione UNI 10939 per la rintracciabilità di filiera. UN CONCORSO CHE FA DA STIMOLO L’appuntamento annuale di Castel San Pietro Terme da 28 anni spinge centinaia di apicoltori a concorrere per i prestigiosi riconoscimenti assegnati dal Concorso Grandi mieli d’Italia – Premio Giulio Piana. Un contributo importante al miglioramento della qualità del miele e alla promozione del prodotto. Lucia Piana Osservatorio nazionale della produzione e del mercato del miele Correva l’anno 1981: Giulio Piana, il noto apicoltore di Castel San Pietro Terme, era scomparso da 3 anni poco più che cinquantenne. I colleghi e gli amici apicoltori, i familiari, gli amministratori del Comune di Castel San Pietro, tutti coinvolti a vario titolo nell’organizzazione delle manifestazioni apistiche di settembre che Giulio aveva contribuito largamente a progettare, stimolare e realizzare, rendendole uno degli appuntamenti del settore più attesi dell’anno, si chiedevano come ricordarlo in maniera efficace e coerente. Fu così che nacque il Premio Giulio Piana: per la prima edizione venne utilizzato un regolamento di derivazione tedesca, in cui i punteggi venivano rigidamente assegnati in base a pochi criteri e ben poco spazio veniva lasciato alla differenziazione organolettica; la graduatoria finale assegnava 10 premi in base al punteggio finale, indipendente- mente dalla tipologia del miele. Quella prima esperienza, che suscitò un discreto interesse nel settore, raccogliendo un centinaio di campioni dalla maggior parte delle regioni italiane, mise subito in evidenza due fatti. Il primo, che i criteri di qualità erano tutt’altro che noti e condivisi nel settore: infatti, diversi furono i campioni mal presentati (vasetti riciclati, miele non adeguatamente purificato) e mal identificati (origine botanica dichiarata non corrispondente). Il secondo, che un regolamento che stabiliva un’unica graduatoria finale indipendentemente dalla tipologia di miele non rendeva giustizia alla varietà di produzioni nazionali. Inoltre, fu subito evidente che, per gli obiettivi di valorizzazione del miele e incentivazione delle buone pratiche di produzione, sarebbe stata molto più efficace e corretta una premiazione exaequo per i prodotti da un certo livello di qualità in su, piuttosto che una classifica su base strettamente numerica.
I punti di forza della manifestazione Già dall’anno seguente il concorso venne riproposto con un regolamento profondamente modificato e da allora si svolge secondo un format che, seppur in continua evoluzione, era già stato stabilito fin dalle sue prime edizioni. I capisaldi di questa manifestazione possono essere così riassunti: • anonimato dei campioni, indispensabile per l’obiettività del giudizio; • valutazione di alcuni criteri obiettivi attraverso analisi di laboratorio (in particolare l’umidità per verificare la conservabilità del prodotto, l’HMF per verificare lo stato di conservazione, ma anche colore, accertamenti microscopici, contaminanti); • costante evoluzione nelle tecniche di analisi organolettica, utilizzando i giudici più esperti e il miglior livello di giudizio organolettico disponibile; • elevato numero di riconoscimenti e scarsa gerarchizzazione degli stessi; • ritorno dell’informazione al partecipante attraverso il rapporto di prova relativo alle analisi e il commento dell’esito del concorso, nonché la disponibilità a chiarire i punti oscuri o controversi; • diffusione e pubblicizzazione dei risultati del concorso. Il premio Giulio Piana è la manifestazione di questo genere più longeva e con la maggior partecipazione e rappresenta per il settore un esempio e punto di riferimento, tanto è vero che può vantare diversi tentativi di imitazione. A partire dalla quinta edizione il numero di partecipanti non è mai sceso sotto i 200 campioni, ma con notevoli variazioni in funzione dell’andamento produttivo, del contributo economico richiesto ai partecipanti, del gradimento del servizio offerto e della concorrenza da parte di manifestazioni analoghe (fig. 1). Oltre agli obiettivi di educazione alla qualità e promozione, la disponibilità di un’ampia campionatura di miele ha permesso anche di svolgere una rilevante attività di indagine sulla qualità del miele, utile ai fini produttivi e commerciali, svolta in gran parte grazie a importanti collaborazioni con Enti di ricerca. Ne sono un esempio l’attività svolta con il Cra-Api per lo studio di caratterizzazione dei mieli dell’Emilia Romagna, quella con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna per la messa a punto di una metodologia rapida d’analisi dei principali parametri merceologici del miele attraverso spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FT-IR) nonché la proficua e duratura interazione con la Sezione di Apicoltura dell’Istituto Sperimentale per la Zoologia Agraria, in particolare nelle indagini sulla caratterizzazione botanica e geografica dei mieli. Le analisi sulla salubrità dei campioni Un cenno a parte merita il lavoro svolto con l’Istituto Zooprofilattico relativamente alle indagini di salubrità effettuate sui campioni in concorso nel 2006, 2007 e 2008. A partire dall’inizio degli anni 2000, infatti, si è evidenziato come il rischio di contaminazione da farmaci di uso veterinario, in particolare antibiotici e sulfamidici, sia tutt’altro che
trascurabile, a livello nazionale come mondiale. I risultati sono stati allo stesso tempo confortanti e preoccupanti (fig. 2). Confortanti in quanto la percentuale di campioni positivi (4,6% nel 2006) è risultata bassa se paragonata alle informazioni allarmanti provenienti dalle imprese di trasformazione e commercializzazione e dalle associazioni di consumatori, che segnalavano una contaminazione ben più diffusa. Ancora più confortanti in quanto nei due anni successivi la percentuale si è ulteriormente ridotta (2,9% nel 2007 e 1,0% nel 2008), segno di una maggiore sensibilità al problema da parte del mondo produttivo; ugualmente confortante il fatto che nella maggior parte dei casi i livelli di contaminazione siano molto bassi, probabile indizio indizio di un abbandono dell’uso di queste sostanze negli anni precedenti al campionamento. Sono comunque preoccupanti in quanto l’indagine è stata condotta su campioni che i produttori avevano volontariamente inviato ad un concorso di qualità e quindi non sono rappresentativi della intera produzione nazionale, a maggior ragione negli anni di indagine successivi al primo. Si può supporre che i produttori che hanno partecipato al concorso si sentissero comunque la “coscienza tranquilla” o perchè non potevano prevedere la presenza di residui di antibiotici in quanto non li avevano utilizzati, perlomeno negli ultimi anni, o perché sottostimavano la gravità del loro operato. In particolare desta preoccupazione il fatto che, occasionalmente e solo nel 2006, si sono rinvenuti campioni fortemente contaminati, segnalando comportamenti totalmente irresponsabili. Preoccupante anche il fatto che la contaminazione riguarda tutti i principi attivi ricercati e non c’è legame con l’area geografica di provenienza o le dimensioni dell’azienda; l’insidia si può nascondere quindi ovunque, rendendo più difficile l’opera di tutela del consumatore. La spinta a migliorare Nel chiudere questo resoconto ci si può chiedere se il concorso abbia raggiunto i suoi obiettivi relativi al miglioramento della qualità del miele e alla promozione del prodotto. Relativamente al primo obiettivo il risultato è lampante e già nel primo decennio del concorso la qualità obiettiva dei campioni partecipanti era decisamente migliorata, soprattutto per i criteri più vistosi, quali quelli relativi alla presentazione e all’umidità. A titolo di esempio viene qui riportata la figura 3 che indica la distribuzione del valore di umidità: si osserva che per il primo quinquennio di concorso circa il 14% dei campioni superava il limite qualitativo imposto dal regolamento (18,0%) e per il secondo quinquennio i campioni con umidità inferiore a 17,0% aumentano considerevolmente e la percentuale di campioni difettosi si dimezza. Come altro esempio può essere citato il fatto che nell’edizione 1982 fu eliminato al primo screening analitico il 20% dei campioni in gara, mentre nel 1993 la quota di eliminati fu solo del 4%.Anche dopo un quarto di secolo, tuttavia, il concorso mantiene il suo ruolo di stimolo alla qualità, in quanto la costante evoluzione porta il pubblico a focalizzare la propria attenzione su aspetti qualitativi via via più elevati (per esempio quelli relativi alla differenziazione botanica e geografica) o su eventuali nuove emergenze (per esempio residui di farmaci veterinari). Un ruolo specifico il concorso l’ ha avuto anche nella nascita e nel mantenimento dell’Albo degli esperti in analisi sensoriale del miele; all’epoca della costituzione dell’Albo, il Premio Giulio Piana era l’unica manifestazione che richiedesse la partecipazione di un numero consistente di assaggiatori e fu la necessità di una garanzia sulla loro competenza a stimolare e giustificare la costituzione dell’albo stesso. Per molti anni l’appuntamento settembrino è stato il più importante momento di confronto e aggiornamento (assieme al seminario di Finale Ligure - SV, organizzata ogni inizio d’anno presso gli Apiari Benedettini) e l’unico in cui gli assaggiatori potessero applicare le proprie competenze in un contesto concorsuale nazionale; ancora oggi l’appuntamento di Castel San Pietro è il principale riferimento per gli assaggiatori. In questi anni il concorso ha costituito un volano che ha aggregato persone, dato il via e amplificato dinamiche positive, tra le quali, non ultima, la diffusione dei concorsi locali, dando un contributo importante alla creazione di una vera e propria cultura del miele, con produttori più competenti, attenti alle richieste del mercato e capaci di raccontare il loro prodotto al pubblico.
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