TUTTI IN SCENA PER IL SANTUARIO - Il voto di Antonio Castellani - ic marcheno

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TUTTI IN SCENA PER IL SANTUARIO.
                         Il voto di Antonio Castellani
Siamo nel 2010, a Marcheno, un paese della Bassa Valtrompia.
Mi chiamo Aurora, sono una ragazzina di 11 anni; sono gentile, aiuto gli altri e so essere molto spiritosa. Ho i
capelli lisci, neri e qualche ciocca rossa; sono magra, di media altezza.
Io e i miei amici Mauro, Silvia, Marco e Jasmine siamo stati incaricati dalla nostra professoressa di Italiano di
fare una ricerca sul Santuario della Madonnina, che si trova proprio di fronte alla nostra scuola.
Il pomeriggio stesso andiamo (contro voglia) a visitarlo.
La mia migliore amica è Silvia, una ragazzina un po’ più alta di me, con i capelli ricci e biondi, molto magra e
agile. É molto gentile con me, però, se Marco la stuzzica, lei si arrabbia (ma succede raramente).
Marco è un ragazzo dai capelli a cresta, castani, un po’ cattivello: fa i dispetti quasi a tutti, ma non a me, che
so farmi rispettare!
Jasmine è una ragazza gentile, alta, di origine straniera, assai propensa a dimostrare il suo affetto verso di noi.
Mauro è un ragazzo un po’ bassino, dai capelli corti, neri, anche lui dal carattere gentile, che aiuta gli altri.
Appena arrivati al Santuario la prima cosa che salta all’occhio è il portale.
Esso costituisce l’ingresso principale del Santuario della Madonnina di Marcheno. Ci avviciniamo e scorgiamo
sui battenti inferiori delle formelle ottagonali con motivi decorativi vegetali stilizzati.
Silvia esclama: -Mi ricordano le decorazioni della chiesa di Santa Maria Assunta di Bovegno, dove vado a
messa ogni tanto con i miei nonni!-.
-Però, che brava!- esclama Jasmine, ammirata.
Appena entrati, vediamo le statue di San Pietro e San Paolo. Non sono certo lì a caso, dato che si tratta dei
Santi Patroni della nostra Parrocchia. Si tratta di due esemplari lignei, con un basamento di marmo, collocati
in due nicchie. San Paolo tiene in mano la spada, mentre San Pietro stringe la chiave per il regno di Dio. Hanno
un'espressione seria e due lunghe barbe folte che coprono loro gran parte del viso.
Mi ritrovo a pronunciare, a fior di labbra: -Expecto patronum..-.. ma nessuno si materializza davanti a noi: che
sciocca! Mi sono lasciata suggestionare dall'atmosfera del luogo.
Un’altra cosa che ci salta subito all’occhio è l’Altare Maggiore, precisamente la pala d'altare collocata in una
soasa dorata.
-Dite un po'-interpello provocatoriamente i miei amici- quale tecnica pittorica è stata impiegata? Vediamo se
durante le ore di storia dell'arte si dorme-.
-Dipinta ad olio!- esclama Mauro, risoluto.
Già, la tela spicca vivida, circondata da colonne anch’esse dorate. Nel dipinto è raffigurata la Madonna
inginocchiata davanti a un libro aperto; di fronte a lei vediamo l’Arcangelo Gabriele con in mano un giglio,
simbolo di purezza e castità; in alto vediamo una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
-Che meraviglia…-mormoro trasognata.
Il mio stupore aumenta non appena alzo gli occhi verso la cupola della navata: vedo dei bellissimi affreschi,
con tantissimi personaggi, tutti riferito al Vangelo.
-Sembrano fatti da Raffaello, anche se non credo siano opera sua- ironizza Mauro. Sono molto luminosi quasi
accecanti!
Gli stucchi li scandiscono e li dividono, creando magiche geometrie di cartelle a rilievo mistilinee, ovali e
quadrangolari.
Jasmine osserva: -Guardate, ci sono così tanti bouquet di fiori che sembra un matrimonio!-.
 Ci mettiamo a ridere a crepapelle.
Nelle due becche incise alla base del riquadro con Gesù tra i dottori si vede la scritta 'HOC OPVS FECIT
BENEDICTVS PORTA MDCCXX'. Noi non conosciamo niente di latino… chiederemo al nostro don di tradurci la
frase.
Ma l’Altare Maggiore non è l’unico Altare … ce n'è anche uno laterale, sul lato occidentale del Santuario, che
ospita un dipinto, anch'esso inserito in una soasa. É un altro olio su tela, raffigurante Sant’Anna (la santa delle
donne partorienti, di cui si conserva una reliquia nel Santuario) con il volto reclinato e gli occhi socchiusi, e
Maria bambina, in un'immagine di grande tenerezza.
Finita la nostra ricognizione, usciamo dal Santuario.

Silvia mi apostrofa scherzosamente, conoscendo la mia sbadataggine:-Mauro, preso tutto? La testa ce l'hai
sulle spalle?-
-Ops..- Sbadato come sempre, ho dimenticato il blocco degli appunti dentro il Santuario. Rientro, guardo sotto
l’altare e lo trovo, ma non è l’unica cosa che vedo …
Mi accorgo che c’è una scritta incisa sull’altare. Sembra tracciata con una lama, o qualcosa del genere.
Con qualche sforzo decifro quanto segue: “Castellani Antonio soldato del terzo bataglione cacciatori lombardi
qui dormì il mese di agosto lì 4 di anni 23 1848, Cremonese”.
Mi gratto la testa, perplesso. Quante informazioni tutte insieme! Meglio trascriverle sul mio fedele block-
notes.
Detto fatto. Mentre ripongo i miei strumenti da reporter nello zaino, mi cade l'occhio su uno strano oggetto: si
tratta di un cappello molto particolare! E'nero, con la becca del medesimo colore e una fascia verde.
Chiamo i miei amici che accorrono all’istante, curiosi di vedere cosa ho scoperto. Arrivano di corsa.
In loro presenza, con tono sicuro e dandomi anche qualche aria, commento: -Ma pensate un po', questo tipo
aveva preso il Santuario per un albergo e si è fermato a dormirci…lasciando pure la firma di presenza! Era il 4
agosto nel 1848, lui aveva 23 anni e ci teneva proprio a far sapere che era Cremonese-.
Aurora mi fa capolino alle spalle e mi dice: -Hai ragione, deve essere andata così-.
La mia accidentale scoperta non ci lascia indifferenti: ci rechiamo in biblioteca.
Scopriamo che Antonio Castellani era un Cacciatore delle Alpi, ossia un membro del corpo volontario voluto
fortemente da Giuseppe Garibaldi e costituito con Decreto Reale del 17 marzo 1859. Il comando fu
naturalmente affidato allo stesso Garibaldi.
 Torniamo al Santuario per rivedere la scritta …
Faccio un gioco di parole, più che altro per spaventare i miei compagni con un accenno allo spiritismo:
“Antonio, Antonioo, del tuo aiuto abbiamo bisogno ”.
E invece…incredibilmente, all’improvviso apparve un giovane…non può essere che Antonio!
Indossa una maglia blu con il risvolto verde, pantaloni blu con una striscia verde, scarpe bianche, una cintura
nera sulla quale c’è una fodera per tenere la baionetta. E' magro e alto, ha una barba corta e i baffi
leggermente a spiovente sulle labbra, ha gli occhi azzurri e i capelli biondi.
Sembra spaesato … dice: “Non capisco, dove mi trovo? Che posto strano! Ma voi, chi siete? E come siete
vestiti?”.
Noi siamo ancora più spaesati di lui, e anche spaventati.
Farfugliamo qualche parola confusa, tra cui "Santuario " e "Madonnina"..
Il volto di Antonio si illumina: pare aver capito dove si trova.
Aggiunge, in tono supplichevole: ” Vi prego! Dovete aiutarmi! Dopo essere passato all'altra vita, purtroppo
non ho ancora visto la luce: sono rimasto intrappolato nel purgatorio!”
-OK … adesso stiamo esagerando con le assurdità- dice Silvia preoccupata.
Come può essere possibile? Certo aver dormito nel Santuario della Madonnina, infangando un luogo sacro e
incidendo con la lama della baionetta del fucile il suo nome sull’altare assomiglia molto ad un atto vandalico,
ma da qui alla perdizione eterna.. A me Antonio sembra un bravo ragazzo.
Mi metto a pensare a cosa potrebbe fare per riparare al danno inflitto agli arredi sacri, certamente in un
momento di leggerezza…In fondo, può capitare di fare un gesto sconsiderato…
Antonio continua a ripetere di essere pentito, a scusarsi e a supplicare il nostro aiuto. Se solo potesse rendere
onore a questo magnifico luogo, che lo ha ospitato…
-Eureka! Ci sono!-esclamo. -Organizziamo un evento per il Santuario, così da farlo conoscere a tutti,
marchenesi e non. Dare lustro a questo luogo potrebbe funzionare come atto di riparazione!-.
-Già..Tra l'altro è stato costruito proprio 400 anni fa, nel 1614: quale occasione migliore per una bella festa di
compleanno?-aggiunge Silvia con un sorriso.

Non c'è tempo da perdere: mancano solo quattro settimane alla solennità dell'Annunciazione, quindi
chiediamo al Parroco di poter organizzare una rievocazione storica dedicata al santuario.
Il Parroco ci dà l’ok per cominciare con i preparativi. Ci impegniamo al massimo, coinvolgendo anche gli alunni
della nostra classe e quelli della scuola nelle attività di ricerca (senza però spiegare chi sia Antonio).
Durante la fase di ricerca, impariamo ad orientarci in una selva di sigle, che aprono le porte a luoghi magici,
che conducono al sapere:A.C.P.: ARCHIVIO COMUNALE PEZZAZE, A.P.B.: ARCHIVIO PARROCCHIALE BROZZO, A.P.M.:
ARCHIVIO PARROCCHIALE MARCHENO, A.S.B.: ARCHIVIO DI STATO BRESCIA, A.V.B.: ARCHIVIO VESCOVILE BRESCIA..
Per nostro fortuna, alcuni storici locali hanno già fatto il lavoro tecnico di 'regestazione' dei documenti, ossia
di ordinamento e trascrizione, in forma sintetica, delle fonti, cosicché a noi rimane 'solo' la consultazione degli
Annali della Comunità di Marcheno, raccolti nel volume "Marcheno nella storia e nell'arte".
Questo lavoro da piccoli storici ci porta via alcune settimane.
Finalmente arriva il gran giorno: gli abitanti delle parrocchie di Marcheno, Brozzo e Cesovo sono riuniti davanti
al Santuario della Madonnina.
Della prima parte della rievocazione, quella che riguarda le 'grazie miracolose', mi sono occupata io, Silvia. Ho
studiato accuratamente i documenti e ho scelto di trattare gli episodi che hanno dato fama alla Cappella della
Beata Vergine, sorta prima del Santuario, forse nel ’400, per sanare un non ben precisato scontro fra Guelfi e
Ghibellini, risalente, secondo lo storico don Omobono Piotti, al 24 ottobre del 1233. Negli anni seguenti si
sarebbero poi verificate varie pestilenze. Appunto per ricordare i caduti negli scontri guerreschi e i morti della
peste, gli abitanti vollero erigere, una cappella dedicata all’Annunciazione.
Ancora oggi la Cappella sorge davanti alla nostra scuola, in una strada oggi secondaria, ma che un tempo era
provinciale. L'edificio è decorata da stucchi del 1700 che corrono sulla volta, individuando riquadri con
simboli mariani. C’è un affresco raffigurante la Madonna in trono, Gesù bambino e due angeli musicanti. La
Madonna ha vesti preziosamente decorate, anche con foglie d’oro. Si rivolge a Gesù bambino solo con lo
sguardo e non con la parola. Gesù ha la mano destra alzata in segno di benedizione. Ai lati ci sono due
angioletti musicanti; quello che cade subito all’occhio è che gli angioletti sembrano più sospesi che seduti.
Il racconto delle 'grazie' si è tramandato fino ad oggi. Non si tratta di un'apparizione riconosciuta, come quella
della Madonna di Bovegno, ma di episodi che hanno comunque goduto della diffusione popolare,
contribuendo ad aumentare la fama della cappella della Madonnina.
I diretti interessati vennero chiamati a testimoniare davanti a don Gian Paolo Profeta, arciprete di Inzino e
vicario foraneo, durante un apposito “processo” riguardante la “imagine della B. Vergine posta nel luogo della
Croce di Leno contrada di Marcheno”, come disposto dal vicario generale, don Antonio Arboreo.
Il 2 giugno 1610 vennero esaminati sei testimoni.
Il primo a giurare di aver ricevuto la grazia fu Giovanni fu Bastiano de Reseghe di Vestone. Venendo da
Brescia, si trovò tra Inzino e Marcheno alla 'Croce di Leno'; lì gli venne un accidente e perse la vista, così andò
a rinfrescarsi gli occhi alla Fontana: ritornò a veder, scorgendo come prima cosa l'immagine della Beata
Vergine.
Un miracolo riguardò anche Francesco fu Andrea Morello, che veniva da Leno ed, avendo la sifilide, era
rimasto infermo per molto tempo. Sentendo i racconti sulla Beata Vergine si fece portare davanti all’immagine
della Madonna: con alcune donne testimoni, ricevette la grazia di guarire, continuando, da allora in poi, a
essere devoto alla Beata Vergine.
Cathilina, moglie de Ziliano Bileri da Polaveno, aveva invece problemi alla vista e alle gambe: nonostante le
molte cure si fece portare dalla Madonna presso la cappella per ricevere la grazia. Dopo ciò continuò a
comportarsi da buona cristiana.
Messer Francesco fu Silvestro soffriva di problemi di vista, ma dopo la grazia rivide benissimo; per devozione
prese a confessarsi tre volte l’anno.
Ultima fu la signora Maria, moglie di Battista, che dopo la grazia riacquisì il movimento del braccio.
Per rendere verosimili la messa in scena, ho fatto una ricerca sui costumi del tempo da far indossare agli
attori; inoltre ho scritto alcune battute da far dire agli interpreti, alcuni dei quali reciteranno in dialetto, altri in
italiano: i personaggi saranno infatti caratterizzati in base alla provenienza e alla estrazione sociale.
Per rendere l’interpretazione credibile, mi sono divertita a sfruttare qualche trucco del mestiere: ad esempio,
ho chiesto agli attori di indossare lenti a contatto, contaminate con un briciolo di sabbia, per favorire la
lacrimazione.
Così risulta più efficace la scena in cui il sopracitato Giovanni fu Bastiano de Reseghe di Vestone,
improvvisamente, proprio all'altezza della Cappella, si ritrova cieco. Eccolo mormorare, affranto: -Cosa è
successo? Non vedo più niente!-
Va a rinfrescarsi gli occhi alla vicina Fontana e mormora: -Ti prego, Beata Vergine, fammi tornare la vista- .
Ecco che I suoi occhi tornano a vedere, scorgendo l’immagine della Madonna.

La parte centrale della rievocazione è costituita dalla messa in scena dell'episodio della masnada dei buli, è
toccato a me, Marco, orchestrare la drammatizzazione.
Mi sono informato sugli eventi inerenti le origini del Santuario grande, e ho trovato dei documenti molto
interessanti su quanto avvenne durante la processione del Corpus Domini nell'anno del Signore 1614.
Ho quindi pensato di ricreare l'atmosfera di quel giorno nei minimi dettagli, immaginando con quanta
trepidante attesa i fedeli marchenesi attendessero la processione, specialmente quelli della frazione Parte.
Se fossi stato uno di loro, avrei esultato per il fatto che, dopo tre lunghi anni, fosse finalmente giunto il turno
della nostra contrada di ospitare il suo Re, il Corpo di Cristo, accompagnato dal Parroco celebrante.
Saremmo stati tutti in Chiesa ad ascoltare la santa messa, in tenuta di gala, dato che un tempo tutti tenevano
molto al proprio abbigliamento nel giorno di festa. Gli uomini vestiti con un cappello marroncino per segno di
rispetto, una maglia un po’ stropicciata, e dei pantaloni lunghi; le donne con un lungo velo sulle maniche o sul
petto e una lunga veste.
Oggi, 25 marzo, è una bella giornata, ma nell'anno del Signore 1608 il tempo non fu certo così clemente: usciti
dalla chiesa, faceva un freddo pungente e soffiava un vento flagellante, da farsi venire i brividi.
Noi popolani avremmo tenuto in mano una torcia accesa prima di partire. Il Parroco, impeccabile in piviale
viola, con il Santissimo tra le mani, ovviamente tenuto non direttamente ma con un telo, sarebbe stato
protetto dal baldacchino rosso porpora, molto abbellito con dettagli accurati di colore argento; le aste del
baldacchino sorrette da quattro portatori, di solito abbastanza robusti.
Don Alessandro Baldini -il parroco di allora- avrebbe scandito le seguenti fatali parole:- Secondo ordine del
Vescovo di Brescia la Processione della frazione Parte del comune di Marcheno in Valle Trompia sarà
accorciata, e si vede che anche il tempo mi sta dando ragione. Quest’oggi la Processione si svolgerà solo
intorno alla Chiesa e non seguirà l’itinerario degli altri anni. -
Noi della Parte saremmo stati molto dispiaciuti, ma d’altronde non si poteva fare niente, anche se qualcuno
aveva intenzione di fare qualcosa … I buli: persone arroganti con un cappello stravagante calcato in testa,
guarnito da una piuma, un vestito nero e una cinghia marrone piena di armi e proiettili.
-Eh no, Reverendo Parroco, la Processione si svolgerà come tutti gli altri anni- avrebbero minacciato.
-Mi dispiace, ma mal tempo non era aspettato e non avrebbe senso passare dalla contrada Parte con questo
freddo gelido - la risposta di don Baldini.
-Ve ne pentirete!-Con questa triste minaccia, avrebbe preso inizio la Processione intorno alla Chiesa. Ad un
tratto, però, i buli avrebbero estratto le pistole, riempiendole di polvere da sparo e, disprezzando le leggi
umane e divine, avrebbero sparato al nostro caro Parroco!!
Lui sarebbe caduto a terra sanguinante. Si sarebbe creato il panico totale: urla e tutti che correvano alla
rinfusa spaventati. I buli sarebbero stati completamente fuori controllo. A loro non bastava il Parroco ferito,
così sarebbero andati dai quattro uomini e avrebbero tagliato le aste del baldacchino: il Santissimo sarebbe
caduto a terra vicino al Parroco che pensò ad un miracolo quando si rialzò.
Grande sacrilegio!
Io sinceramente dopo aver scoperto il fatto accaduto sono rimasto sbalordito, perché non mi sarei aspettato
un fatto del genere dai vicini di casa dei miei antenati, che hanno sempre abitato alla Parte.
Ritengo che quello che è successo sia imperdonabile e decisamente eccessivo, ma che dimostri anche
l'attaccamento, seppure malsano, ai riti e alle tradizioni: noi , oggi, per non andare o comunque evitare di
camminare diverse ore o al sole cocente o al freddo gelido ci fingeremmo sicuramente ammalati!

Proprio io, Jasmine, che vengo da un paese lontano e professo un'altra religione, mi sono presa la briga di
ricostruire l'episodio del rito della pioggia, che ho trovato molto interessante, celebrato il 14 agosto 1824..
Ho letto nei documenti che quell'estate, dopo più di due mesi che non pioveva, la campagna era bruciata dal
sole, le sorgenti esaurite e le persone sempre più esasperate dalla calura e preoccupate per le conseguenze
della siccità.
Il parroco di allora, don Lazzari, aveva dunque deciso di dedicare a Maria un’intera giornata di preghiera
sperando che in questo modo la pioggia cadesse abbondante.
Per la nostra ricostruzione, essendo il rito della pioggia un evento molto importante, come tutti gli
appuntamenti legati alla devozione , ho prestato molta attenzione a quanto detto nei documenti.
In chiesa si cantò la Santa Messa con grande solennità da tutti i paesani. L’Arciprete di Cesovo fece un
discorso lungo e solenne (per noi ragazzi anche un po’ troppo lungo) e, quando finì, tutti mostrarono la loro
gratitudine con un bell’applauso. Gli uomini avevano la barba rasata accuratamente e i capelli pettinati
all’indietro. Le donne più ricche avevano il loro vestito elegante con gonna lunga che copriva le scarpe. Tutte,
benestanti e popolane, avevano il velo che copriva loro i visi in segno di rispetto.
-Curioso-penso- oggi il velo lo indossano solo le donne musulmane, anche quelle della mia famiglia…Non
sapevo che un tempo fosse in uso anche qui. E' un segno che ha un valore universale!-.
La temperatura, oggi, è certo più clemente che in quel torrido giorno d'estate, ma immagino di camminare tra
mio padre e mia madre: riesco a vedere il sudore del mio papà che scivola sotto il cappello grigio e la fatica di
mia mamma nel camminare con le scarpe eleganti.
Io mi sono attribuita una parte importante: devo portare il Crocifisso in Chiesa, con un po’ di ansia per la
paura di fare figuracce facendolo cadere o addirittura cadendo. Sono anche un po' in imbarazzo perchè, per
l'occasione, devo indossare panni maschili.
Oggi, come allora, quando il corteo entra a Marcheno, i fedeli vengono accolti dai rappresentanti della
Confraternita, tra cui deputati e fabbricieri, accompagnati da quattro ragazzi vestiti da Angeli che
sventolavano le bandiere.
Verso il termine della celebrazione, i ragazzi vestiti da Angeli sparano colpi di mortaio che fanno un rumore
così forte che per due giorni non sentirò più.
Inizia una lunga fila per la preghiera personale che finisce, come ogni volta che c’è da fare una cosa simile,
verso le ore 21,30.
Provo a immaginare come si debbano essere sentiti i marchenesi di tanti anni fa… Sicuramente speravamo che
il Signore ascoltasse le loro preghiere.
Sono andata a leggere nel documento cosa accadde dopo il rito: nonostante tutte le preghiere, cadde una sola
leggera pioggerellina … L'estensore del documento dice però che tutti erano comunque contenti e in pace
con sé stessi per aver partecipato a questo rito con massima devozione e solennità.
Il senso del discorso dei miei compaesani di allora è questo: Dio ha voluto punirci, ci ha fatto capire che vede e
sente tutto, ci può dare, ma ci può anche togliere! Se non vogliamo altre “disgrazie” dobbiamo vivere sempre
cristianamente …
Un messaggio che vale ancora adesso!

La rievocazione è stata un grande evento, che si è conclusa con la celebrazione della messa solenne in
Santuario. Il nostro parroco ci comunica che ha ri-ottenuto, per l'occasione dei 400 anni del Santuario, il diritto
di lucrare l'indulgenza plenaria, concesso per la prima volta il 21 gennaio 1643 con il Breve dell’indulgenza
plenaria da lucrare “il giorno dell’Annunziata”.
Il prossimo passo-chissà!-potrebbe essere la ricostituzione della Confraternita laicale, per i devoti di ambo i
sessi, nata "per germinazione spontanea" agli inizi del 1700 ed approvata il 22 ottobre 1718 da papa Clemente
XI. Con essa potrebbe essere rivitalizzata la 'Mariegola', lo statuto della Confraternita, che ne stabilisce oneri
di culto e opere di carità cristiana, approvata il 6 luglio 1719.
Il giorno dopo, prima che inizino le lezioni, ci rechiamo al Santuario e ci accorgiamo che la scritta “Antonio
Castellani” è sparita per magia (anche se nelle ultime due settimane ne erano avvenute molte).
Di Antonio, nessuna traccia. Il suo voto è stato sciolto. Immaginiamo che il nostro amico non abbia avuto
nemmeno il tempo di respirare, mentre il varco che l’aveva portato nei nostri tempi lo risucchiava.
Certamente con un sorriso sereno sul viso.
Arrivati in classe, ci aspetta un'ultima sorpresa: consegniamo la ricerca alla prof. che ci premia con un bel 10
e lode.

Lavoro di scrittura degli alunni della classe 1A della scuola secondaria di primo grado di Marcheno, coordinati
dalla prof.ssa Elisa Rizzinelli

a.s. 2018-2019
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