Equilibra edizioni GESTIRE UN CLIENTE AGGRESSIVO - MASSIMO FRANCESCHETTI - Equilibra di ...

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equilibra edizioni

    MASSIMO FRANCESCHETTI

GESTIRE UN CLIENTE AGGRESSIVO
         Elementi di base
Equilibra edizioni GESTIRE UN CLIENTE AGGRESSIVO - MASSIMO FRANCESCHETTI - Equilibra di ...
PRESENTAZIONE

I testi qui presentati riguardano i temi della comunicazione e della collaborazione.
Hanno lo scopo di condividere quanto ho appreso attraverso la mia esperienza
personale, gli studi e le lezioni tenute in aziende, istituzioni o scuole. Essi vogliono
essere di stimolo alla riflessione e all’azione per coloro che vogliono migliorare il
proprio comportamento nelle relazioni interpersonali. Non vogliono esaurire
l’argomento, né sostituire la lezione. Alla fine, viene dato qualche riferimento per
orientarsi. Tutto quanto qui scritto è frutto di letture di altri autori rielaborate
personalmente. Scrivo per far riflettere non per dimostrare, anche quando il testo,
per motivi di sintesi, assume un tono perentorio. Questi testi non sono definitivi.
Sono uno strumento provvisorio e limitato per aiutare me stesso, innanzitutto, e
poi gli altri a riflettere sulle nostre relazioni personali.

Ringrazio Andrea Bernardi e Maurizio Granelli per le correzioni e i suggerimenti.
Per qualsiasi commento o suggerimento scrivere a:
massimo.franceschetti@fastwebnet.it

I testi sono di proprietà dell’autore, Massimo Franceschetti, che si assume la
responsabilità di quanto scritto. Essi non sono utilizzabili per nessun fine
commerciale.

Creative Commons

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Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate
CC BY-NC-ND

      In copertina: Giustiniano e la sua corte, Mosaico, Ravenna, 530-547 d. C.

                                  Edizioni Equilibra
                                    maggio 2018
Equilibra edizioni GESTIRE UN CLIENTE AGGRESSIVO - MASSIMO FRANCESCHETTI - Equilibra di ...
INDICE

Premessa                                             5
Definizione di "aggressività"                        6
La rabbia dietro l’aggressività del cliente          7
      I pensieri che causano la rabbia nel cliente   8
Gestire le emozioni nell’operatore                   8
   Ridurre la rabbia                                 9
Come fare?                                           11
   Rispettare la paura                               12
La quarta via: comportarsi in modo assertivo         12
      Passare dalla reazione all'azione              14
Conclusioni                                          16
      I 5 punti da tenere presenti                   16
Riferimenti                                          17
In un gran numero di specie l’aggressione è dissimulata nel rituale della minaccia, del misurare le
forze. Non è la pulsione a uccidere un’altra persona, ma a forzarla alla sottomissione. È connessa
                   allo status e al territorio, non all’uccisione; non c’è in ciò un istinto distruttivo.

                                                                    Konrad Lorenz (1903-1989)

                                                                          L’irato si mitiga per tre cose
                                                                      o dolce rispondendo, o col tacere
                                                                     o col partirsi fin che l’ira si pose.

                                                                     Cecco d’Ascoli (1269-1327)
Comunicare con il cliente aggressivo

Premessa

Presentandomi un partecipante ad un mio corso, il responsabile delle risorse
umane mi dice, fiero: “È capace di non fare una piega davanti alla più violenta
aggressione verbale”. Ho davanti a me un uomo normale, giovane, molto poco
espressivo, che accenna un debolissimo sorriso. È in imbarazzo. Mi complimento e
chiedo: “Interessante, come fa?”. E lui, sempre più in imbarazzo:” Veramente non
lo so, direi che non mi sento veramente minacciato, penso che in fondo la persona
non sappia bene come dire una cosa che potrebbe dire in modo diverso”. Sorride.
La principale risorsa delle persone che, anche se non sono consapevoli di come
fanno, ma sanno come gestire un’aggressione, è che non giocano il “gioco”
dell’aggressione verbale. Non si spaventano quando dovrebbero, non reagiscono
come ci si aspetterebbe, ma semplicemente focalizzano la loro attenzione su altro
da ciò che viene detto o mostrato da parte dell’aggressore. Spesso, in un gruppo di
lavoro, si trova qualcuno così. A volte non viene considerato adeguatamente,
perché si confonde la forza con la tendenza a reagire. In realtà, molte persone,
dotate di un cosiddetto carattere “mite”, hanno una tecnica interessante,
incorporata e inconsapevole. Essa andrebbe compresa e utilizzata, come nel caso
di un’aggressione verbale in un contesto pubblico, perché spesso la mitezza non
solo è utile, ma necessaria.

Essere aggrediti (verbalmente) è un’esperienza traumatica per molti. Nonostante
subire un’aggressione sia, per lo più, un evento raro, è comunque, e forse proprio
per questo, un evento che lascia il segno. In molti mestieri la probabilità di essere
aggrediti verbalmente è più alta che in altri. Cosa fare in questi casi? Oltre a
strumenti organizzativi o di difesa preventiva, può essere utile imparare a
comunicare in modo da ridurre le possibilità che l’aggressione degeneri in altro.
Ad esempio, rimanere calmi è essenziale. Ma come si fa? È possibile? E una volta
calmi, cosa si dovrebbe fare per calmare l’altro che ci sta aggredendo
verbalmente?1
Questo testo è la sintesi di un percorso formativo sul tema dell’aggressività svolto
in diversi contesti: ospedali, sportelli pubblici ed aziende private. È una sintesi di
elementi di base di un argomento molto complesso e vasto. Ogni contesto
andrebbe considerato in modo specifico. Qui, tuttavia, ho voluto raccogliere e
sintetizzare quegli elementi che mi paiono essenziali per gestire in modo più
consapevole la comunicazione con un cliente aggressivo. Il contesto di riferimento,
appunto, è quello del cliente di un’azienda, ma credo che quanto qui scritto possa
essere preso in considerazione anche per altri contesti. Ultima precisazione: per
ragioni di semplicità uso il termine “operatore” per indicare chi ha contatti con il

1 Specifico ora, e poi non lo farò più, che qui tratto solo l’aggressione verbale. Per quella fisica non
ci si deve rivolgere ad un comunicatore, ovviamente, ma alle forze dell’ordine.

                                           Massimo Franceschetti                                              !5
Comunicare con il cliente aggressivo

cliente. Uso la forma al maschile, ma che qui ha un valore neutro e comprende sia
il maschile che il femminile.

Definizione di "aggressività"

Questo non è un trattato sull’aggressività, dunque non approfondirò un tema
molto complesso su cui si dibatte da anni. Qui per “aggressività” intendo un tipo
di comportamento che si esprime attraverso la minaccia di mettere a repentaglio
l'incolumità fisica o la reputazione dell'interlocutore a cui è rivolta. La rabbia è
spesso l'emozione collegata all'aggressività. Si può essere aggressivi anche senza
essere arrabbiati ma, in genere, le persone arrabbiate possono diventare facilmente
aggressive.

L'aggressività è un modo di reagire ad un disagio subito, vero o presunto, che si
esprime attraverso i seguenti comportamenti:
      • Alzare la voce, urlare;
      • Minacciare verbalmente l’operatore (di denunciarlo, o di segnalarlo al
        superiore ecc.);
      • Insultare l’operatore, rimproverarlo o sminuirne il valore;
      • Minacciare fisicamente l’operatore.

A livello non verbale, la persona aggressiva cerca di diventare più “grande”
fisicamente, di avvicinarsi al proprio interlocutore, invadendo il suo spazio; stringe
i pugni e aggrotta le ciglia, guarda fisso e mostra i denti. Il corpo diventa rigido e
la voce si può spezzare ed alzare. Verbalmente, la persona aggressiva minaccia,
esprime il proprio disappunto, giudicando l'altro e cercando di sminuirlo (lui si
ingrandisce e l'altro viene rimpicciolito).

Dal punto di vista della comunicazione, l'aggressività è un tentativo di manipolare
l'altro per ottenere ciò che altrimenti si teme (o si constata) di non poter ottenere.
L'aggressività, infatti, si esprime attraverso una minaccia esplicita o implicita. In
genere, lo scambio aggressivo segue un particolare copione:

La persona A ha un'aspettativa. Questa aspettativa si scontra con B. B può essere una persona,
una regola, un impedimento fisico. Qualsiasi cosa. A resta deluso, può avere paura o entrare in
uno stato d’ansia perché teme che non otterrà ciò che vuole. A proverà rabbia nei confronti di B (se
è una persona) e, ad un certo punto, per cercare di ottenere ciò che vuole ottenere, A minaccerà o
aggredirà verbalmente B. L'aggredito B ha, in genere, tre possibilità: riattaccare a sua volta
(contro-reazione), fuggire (fuga) o sottomettersi alle richieste di A (sottomissione).

                                         Massimo Franceschetti                                            !6
Comunicare con il cliente aggressivo

Pur considerando che queste tre modalità sono diffuse e normali, anche se spesso
controproducenti o inefficaci, occorre imparare a svilupparne una quarta.

La rabbia dietro l’aggressività del cliente

La rabbia è spesso il motore dell’aggressività. Considero “rabbia” un insieme di
sfumature che possono far capo a questa emozione: irritazione, frustrazione,
collera, furia… È oltretutto possibile che la rabbia sia affiancata e “catalizzata”
dalla paura, dall’ansia o dalla preoccupazione.

Nel comprendere come funzionano le emozioni va considerata la differenza tra
cause e stimoli. Siamo soliti pensare che le cause di un’emozione siano gli eventi
esterni che ci accadono, poiché ingenuamente questo vediamo: all’accadere di
certi eventi seguono certe emozioni. Ma in realtà, gli eventi sono da considerarsi
come degli stimoli, senza i quali non c’è vita emozionale. Essi però non
definiscono quale emozione si provi. La qualità dell’emozione, ossia se quell’evento
ci fa arrabbiare, spaventare, annoiare o gioire dipende da ciò che la persona pensa
dell’evento, e non dall’evento stesso. Sono i pensieri della persona, non ciò che
accade, a definire quali emozioni si proveranno. Per "pensieri" intendo l'insieme di
vissuto, esperienze personali, congetture, aspettative, concetti che definiscono il
modo attraverso il quale la persona interpreta quanto accade intorno a sé in modo
rapidissimo ed inconsapevole. Questi pensieri determinano il tipo di emozione che
si proverà. Essi possono essere attivati da stimoli interni, ossia da altri pensieri,
oppure da stimoli esterni, quali fatti o eventi.

Se ci si riflette un attimo si converrà che la cosa è molto evidente: di fronte ad uno
stesso evento le persone reagiscono emotivamente in modo diverso. Di fronte ad
un cliente arrogante, ad esempio, c’è chi si irrita e attacca, c’è chi rimane
indifferente, c’è chi scappa. Da cosa dipende? Il cliente è sempre lo stesso. Ciò che
cambia è il modo in cui gli operatori, in base al loro carattere, alle loro abitudini
ed esperienze, interpretano il comportamento del cliente. Certo, siccome
apparteniamo ad una cultura che detta delle linee guida su come interpretare certi
fatti, può capitare che le persone reagiscano in modo molto simile allo stesso fatto,
ma ciò non toglie che ognuno stia interpretando personalmente quel fatto.

Questo ci permette di porre due condizioni di base.
La prima è che la rabbia, e l’aggressività che ne consegue, a volte, non dipendono
da quello che succede, ma da ciò che si pensa e da come si è abituati a reagire a
certe situazioni.

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Comunicare con il cliente aggressivo

La seconda condizione è che quando siamo aggrediti la nostra reazione, pur
automatica, immediata ed apparentemente “oggettiva”, non è l’unica possibile,
ma può essere diversa da quella che ci è stata insegnata o che ci siamo costruiti
negli anni. Possiamo imparare a interpretare le situazioni in modo diverso e quindi
a reagire in modo differente di fronte, ad esempio, ad una persona aggressiva.
Possiamo farlo, e di fatto, molte persone lo fanno senza rendersene conto.

I pensieri che causano la rabbia nel cliente

I pensieri che scatenano rabbia in un cliente potrebbero essere:
      • L’operatore deve prestarmi attenzione;
      • L’operatore mi deve considerare importante;
      • L’operatore deve agire seguendo le mie esigenze;
      • L’operatore deve coinvolgermi, deve preoccuparsi per me;
      • L’operatore non deve farmi aspettare, non ci devono esseri intoppi;
      • L’operatore deve essere sempre gentile, cortese, aperto, disponibile,
      sorridente;
      • L’operatore non vuole capire ciò di cui ho bisogno.

Come si può notare, la rabbia discende da pensieri molto rigidi e legati a dei dover
essere o fare. I pensieri che scatenano la rabbia sono spesso delle aspettative che
devono per forza realizzarsi. Tali aspettative si formano in vario modo, sono per lo
più inconsapevoli e, nel caso considerato, il cliente le percepisce solo quando
vengono disattese.

Possiamo quindi affermare che la rabbia e il comportamento aggressivo che segue
sono delle abitudini di comunicazione e di gestione dei problemi che le persone
acquisiscono in modo inconsapevole crescendo. Esse sono attivate quando la
persona formula determinati pensieri che, in modo automatico, fanno scattare
un’emozione di rabbia o paura a cui spesso consegue un comportamento
aggressivo.

Gestire le emozioni nell’operatore

Per imparare a gestire l'aggressività altrui è importante imparare a gestire le
proprie reazioni di fronte ad una persona aggressiva. Non ci si dovrebbe
spaventare così come non si dovrebbe scappare o sottomettersi. Né tantomeno ci si
deve arrabbiare e quindi contro-reagire, diventando aggressivi. Ciò significa che
occorre imparare in che modo gestire la propria emotività e reattività. Come si fa?

                                  Massimo Franceschetti                                       !8
Comunicare con il cliente aggressivo

La prima cosa da considerare è che ciò sia possibile. Possibile, tuttavia, non vuol
dire facile o immediato, significa semplicemente che è possibile, così come è
possibile prendere una laurea in ingegneria, il che non è né facile né immediato
ma richiede impegno e costanza. Quindi, con un po’ di attenzione e buona
volontà, è possibile sia prendere una laurea in ingegneria che gestire le proprie
reazioni emotive.

Forse può sembrare strano. Le emozioni compaiono all’improvviso e sembrano
trascinarci con loro. Spesso le persone arrabbiate o aggressive hanno l’impressione
di essere possedute, di non poter far nulla contro questa marea montante che le
condiziona. Eppure, cambiare è possibile. Di fatto accade già senza che noi ce ne
rendiamo conto. Una persona adulta, matura, ha imparato a controllare le proprie
reazioni, si arrabbia o si spaventa di meno, oppure in contesti differenti, è un po’
più spavaldo o coraggioso se prima era timido. Tutti noi, in altre parole, sappiamo
che si può cambiare, e l’abbiamo fatto, anche se non sappiamo come ciò sia
avvenuto.

Quindi è molto importante prendere coscienza del fatto che si possa imparare ad
arrabbiarsi meno frequentemente ed esserlo per meno tempo, così come, ad
esempio, ci si può spaventare meno.
Si può gestire o controllare la propria reazione aggressiva o passiva che sia, cioè, in
altri termini, si può sempre cambiare. 2

Ridurre la rabbia

Per ridurre i momenti di rabbia, o per farli durare meno, occorre intervenire sui
pensieri. I pensieri che noi abbiamo non sono né i soli possibili, né tantomeno i
migliori. Sono pensieri, solo pensieri a cui siamo abituati e che automaticamente
compaiono prima di altri. Questi pensieri possono essere sostituiti da altri. Si può
pensare diversamente.

Prendiamo alcuni pensieri che sorgono nella mente di chi si irrita facilmente:

       •   Il cliente deve rispettare le nostre procedure;
       •   Il cliente non deve insistere, giudicare, protestare;
       •   Il cliente non deve fare richieste strane o inopportune;
       •   Il cliente deve comprendere quando non è il caso di continuare ad insistere
       •   Il cliente deve affidarsi all’operatore;

2Su cambiare idea ed emozioni si veda anche il testo Riflessioni sul Cambiamento, 2018 pubblicato sul
mio sito www.equilibraformedicomunicazione.it.

                                         Massimo Franceschetti                                             !9
Comunicare con il cliente aggressivo

      • Il cliente deve seguire le regole del contesto dato;
      • Il cliente non deve prevaricare me o altri clienti;
      • Il cliente non vuole capire mentre invece deve farlo.

Come si nota hanno una struttura simile: l’altro non deve o deve fare qualcosa. In
genere, abbiamo delle aspettative di come deve comportarsi l’altro (o noi stessi).
Tanto più è forte questa “aspettativa di dovere” tanto più saremo portati ad
arrabbiarci quando questo non accade. Ma ora fermati un attimo e chiediti: da
dove proviene questo pensiero? Ho scelto io di pensarlo? È frutto di una riflessione
e analisi della situazione? O invece è un pensiero cresciuto dentro di me a mia
insaputa, magari per imitazione di qualche mio familiare o collega, senza che io
abbia potuto decidere, scegliere o comprendere se esso sia opportuno o meno?
Sempre come esempio, prendiamo il primo pensiero, uno dei più diffusi e semplici
negli operatori: “Il cliente deve rispettare le nostre procedure”. L’operatore che ha
questa aspettativa presume molte cose: la prima è che le procedure di un ufficio
siano chiare al cliente, presunzione questa spesso non realistica. Le procedure di
un ufficio sono di norma sconosciute al cliente e quando anche egli le conosca, le
conosce in modo parziale o falso.
La seconda è che il cliente possa cedere sui suoi interessi per comprendere gli
interessi dell’operatore. Anche questa cosa è piuttosto bizzarra da credere, perché
il cliente è invece molto attento ai propri interessi, in genere, ed è in quel contesto
per ottenere lui dei risultati, non per adeguarsi lui all’azienda fornitrice o all’operatore.
Dovrebbe essere chiaro che questo pensiero è a dir poco irrealistico e quindi
difficilmente chi lo pensa lo vedrà realizzato. Esistono certo clienti molto passivi,
che si adeguano, che non mettono in crisi la procedura, ma questa tipologia non
rappresenterà mai la totalità dei clienti con cui l’operatore dovrà confrontarsi.
L’operatore deve quindi prevedere che ci sarà anche chi non comprenderà la
procedura, chi cercherà di eluderla o chi la vorrà cambiare. Fa parte della
situazione.
Più l’operatore sarà consapevole dell’irrealisticità della sua aspettativa e
comprenderà anche altre possibilità, rendendo così più flessibile il proprio
pensiero, tanto più sarà difficile che si arrabbi, evitando così tutto quello che ne
consegue.

Il pensiero “Il cliente deve rispettare le nostre procedure” andrebbe sostituito con
un altro pensiero, un po’ più articolato che potremmo sintetizzare così: “È
importante che i clienti si attengano alla nostra procedura per permetterci di
servirli al meglio, tuttavia noi siamo aperti alla discussione qualora la nostra
procedura non sia la migliore possibile, o non si adegui a tutti, se a volte non sia il
caso di modificarla in funzione delle esigenze di un particolare cliente. Le
procedure sono invenzioni che si possono cambiare. La soddisfazione del cliente
viene prima di tutto.”

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Comunicare con il cliente aggressivo

Un operatore che possiede questo pensiero soggiacente, inconsapevole, farà molta
più fatica a perdere le staffe, arrabbiarsi o reagire in malo modo. Questo non
perché abbia chissà quale potere, ma perché “interpreta” la situazione in modo
tale da poter considerare più possibilità e quindi non essere attaccato a nessuna di
esse. Infatti, è l’attaccamento ad un’idea che fa arrabbiare le persone, non l’idea in
sé.

Come fare?

Ecco alcune indicazioni:

1. Mi fermo e mi prendo del tempo per riflettere sulle cause reali del mio stato
d’animo. Penso a quale pensiero sono attaccato.
2. Mi chiedo (mi faccio aiutare) cosa mi aspetto, quale idea ho che viene delusa…
3. Questa idea è applicabile sempre? Ci sono le condizioni? (Applico uno sguardo
critico alla mia idea)
4. Cosa succede se modifico l'idea?
5. Provo a modificarla: cosa succede?

Esempio: un operatore racconta…

“Una cosa che mi fa arrabbiare sono quelli che arrivano e vogliono passare avanti.
Il cliente che arriva, con aria di supponenza ed arroganza, e vuole fare in fretta,
perché deve andar via. Il mio primo impulso è quello di aggredirlo. Il pensiero
infatti è: "Ma come si permette?! Non vede che ci sono altri? Non deve fare così e
deve adeguarsi, deve essere come gli altri e così penso:” Adesso lo aggredisco o lo
tratto male così si calma, cambia atteggiamento”."

L’immaginario operatore, si prende qualche minuto, magari ci riflette a casa, con
più calma e arriva a considerare quanto segue:

“Poi mi rendo conto che così facendo sono io stesso aggressivo ed arrogante.
Allora mi dico (2) Cosa vorrei? Vorrei che si comportasse diversamente. Vorrei che
fosse docile, remissivo o semplicemente normale. Ma questa idea è applicabile
sempre? (3) Ci sono sempre le condizioni? Posso obbligarlo ad essere in qualche
modo o posso solo svolgere il mio lavoro meglio possibile? No, non è possibile.
Posso però gestirlo meglio se modifico la mia idea del cliente, delle sue reali

                                   Massimo Franceschetti                                       !11
Comunicare con il cliente aggressivo

intenzioni, se comprendo che può aver subito un torto o altro (4). Non dipende da
lui, ma da me. Provo a fare diversamente e a vedere come va (5).

Rispettare la paura

La paura di essere aggrediti è un normale corollario di quanto qui stiamo
definendo. Avere paura non è poco professionale o poco serio. La paura di essere
aggrediti è sana e va rispettata. Occorre fare attenzione al fatto che la propria
paura si mantenga entro certi limiti, che non sia esagerata o semplicemente molto
più costruita e proiettata dall’operatore che da una situazione reale.
Non è comunque facile capire quando la paura è fondata e quando non lo è. A
volte, infatti, le persone pericolose sono quelle che non urlano, né manifestano in
modo evidente la propria rabbia o le proprie intenzioni. Occorre fare attenzione
soprattutto a loro. Nel dubbio, è sempre meglio prendere qualche precauzione in
più, al limite andarsene, lasciare il luogo di lavoro, piuttosto che rischiare.
Su quest’ultimo punto è molto importante stabilire una regola con i propri
responsabili. In genere, il consiglio dato è: non rischiare. Se avverti del pericolo,
vieni via. Piuttosto che rischiare, è meglio evitare. Tuttavia, un tale
comportamento va chiarito e concordato con i responsabili, in modo che tutti
abbiano un comportamento coerente all’interno del servizio.

La quarta via: comportarsi in modo assertivo

Come già detto in precedenza, le modalità di gestione dell’aggressività altrui non
sono infinite e non sono soggettive: sono apprese e culturalmente definite. In
genere sono tre: contro-reazione, fuga e sottomissione. La prima reazione è
identica a quell’aggressore: l’aggressore mi aggredisce verbalmente, io lo
aggredisco verbalmente. Si chiama contro-reazione. La seconda e la terza
dovrebbero essere già chiare: nel caso della fuga reagisco andandomene,
abbandonando la relazione, interrompendo lo scambio. Nel caso della
sottomissione, mi adeguo alle richieste dell’aggressore.
La stessa persona può contro-reagire con qualcuno, fuggire davanti a qualcun
altro e sottomettersi di fronte ad un terzo. Ad esempio: contro reagisco con mia
madre, fuggo da mio padre e mi sottometto al mio capo. Ora, queste tre modalità
sono utili in certi contesti e non in altri. In un conteso di rapporto tra operatore e
cliente queste tre modalità non sono appropriate. Non posso contro reagire
aggredendo un cliente che mi aggredisce perché rappresento un’azienda, ho
l’obbligo professionale di fornire un servizio, ho il dovere morale di essere

                                   Massimo Franceschetti                                       !12
Comunicare con il cliente aggressivo

“migliore” del mio cliente. Non posso, inoltre, fuggire davanti ad un cliente né
posso sottomettermi al cliente perché ho dei doveri rispetto all’azienda di cui
faccio parte. Quindi? Ho bisogno di una quarta via. Questa quarta via s’ispira
all’assertività. L’assertività è un modo di comunicare in cui si tiene conto dei
bisogni di tutti gli interlocutori. Attraverso l’ascolto attivo dei bisogni dell’altro e
un’espressione chiara delle proprie necessità, l’assertività è una modalità di
comunicazione più efficace in certe situazioni. Si distingue dall’approccio
aggressivo (la contro-reazione lo è) e da quello passivo (fuga, a volte, sicuramente
la sottomissione). Qui non parlerò di assertività in modo diretto e approfondito,
ma di alcuni aspetti ad essa collegati. 3

La gestione dell'aggressività altrui inizia quando l'operatore si ferma a riflettere sui
propri pensieri. Sono i pensieri, infatti, e le convinzioni, il primo luogo di lavoro
per gestire l’aggressività. Perciò, la preparazione ad un possibile comportamento
aggressivo è estremamente importante, ma va attivata prima e non durante un
dialogo. Per questo è molto importante la preparazione a questi momenti,
confrontarsi e parlarne con colleghi che hanno approcci diversi, con quelli che
non si arrabbiano mai (come fanno?) o che non si spaventano davanti ad una
aggressione

Le persone comunicano sempre. Ogni individuo è paragonabile ad uno schermo
che, a seconda di chi lo guarda, prende forma. L'operatore deve essere
consapevole di questo il più possibile. Nel gestire un aggressivo, deve sapere che
ogni gesto che farà o non farà sarà interpretato e che il corpo dell'operatore stesso
è totalmente esposto. Per questo è importante che egli lavori sui propri pensieri:
essi si riflettono nella comunicazione non verbale, nelle espressioni del viso o nel
corpo.

Può forse aiutare capire quali pensieri è bene NON formulare. Ci sono pensieri
inutili che creano problemi a chi li pensa, senza che questi se ne renda conto. I
pensieri inutili possono essere:
       • Voglio far capire che quello che sta dicendo/facendo è sbagliato;
       • Voglio che capisca, e se non lo fa allora reagisco;
       • Voglio che si comporti come ritengo più opportuno;
       • Il cliente deve avere pazienza, adeguarsi, capirmi, riconoscermi, avere
       fiducia e se non lo fa, non merita la mia stima o la mia attenzione;
       • I clienti vogliono sempre ottenere quello che vogliono, approfittarsi,
       passare avanti;
       • I clienti sono arroganti o permalosi, ingiustamente ansiosi, malfidati;

3   Si veda sull’assertività il testo divulgativo di Domenico di Lauro, L’assertività, Xenia.

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Comunicare con il cliente aggressivo

      • Se spiego loro qualcosa, allora loro capiranno e accetteranno (anche poi se
      non riesco a spiegarmi perché poi ciò non avvenga);
      • Voglio aiutarli, ma non mi capiscono.

Se vi accorgete di aver questi pensieri, trovate il modo di smontarli. Concentratevi
piuttosto sui seguenti pensieri, molto più costruttivi:
      • Cosa voglio ottenere con il mio intervento? Poter svolgere i miei doveri al
      meglio;
      • Non posso obbligare le persone a cambiare i propri pensieri;
      • Ascolto, così capisco e se capisco meglio posso aiutare meglio;
      • Non mi piace quello che dice, ma lo accetto lo stesso, poi deciderò cosa è
      meglio fare;
      • Voglio dare più informazioni possibili;
      • Voglio che senta che per me lui/lei è importante, è un valore;
      • Voglio aiutarlo anche se mi sta chiedendo qualcosa nel modo sbagliato.

Questi pensieri si manifestano nel corpo, nei comportamenti, nelle azioni e, così
facendo, la comunicazione non verbale comunica in modo efficace il pensiero. Se
ciò non accade, significa che i pensieri dominanti sono altri. La comunicazione
non verbale va gestita affrontando i pensieri e non il corpo. Il corpo segue di
conseguenza.

In ogni caso, l’operatore deve tenere presente alcune indicazioni:

• Evitare di toccare la persona quando è al massimo della espressione di rabbia
  (provare a stabilire un contatto fisico più tardi, se si riesce a calmarlo);
• Mantenere una distanza ravvicinata durante lo scambio, andare verso l'altro;
• Esprimere con il corpo accettazione, accoglienza, disponibilità e attenzione:
  guardarlo, rivolgersi a lui, aprirsi con le braccia. Evitare di chiudersi, arretrare,
  allontanarsi o non guardarlo;
• La voce dovrebbe comunicare sempre dispiacere, attenzione, disponibilità. Non
  alzarla se non per esprimersi con fermezza.

Passare dalla reazione all'azione

I comportamenti che qui suggerisco hanno un ordine temporale importante:
occorre prima ascoltare e poi parlare o dare informazioni, non viceversa.

I comportamenti da tenere sono i seguenti:

1. Ascoltare e comprendere le ragioni della rabbia, non giudicarle ma capirle.
   Comprendere esattamente quale attesa delusa ha scatenato la rabbia del

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Comunicare con il cliente aggressivo

    cliente. Spesso gli operatori non accettano le ragioni per cui il cliente
    aggredisce. Ma non sta all’operatore giudicare. All’operatore sta gestire la
    reazione, a prescindere dalla giustificazione che il cliente si dà.

2. Verificare se si può fare qualcosa o meno; se non si può fare nulla:
        2.1. Esprimere il proprio rammarico e chiedere scusa, riparare in
qualsiasi modo non sia controproducente.
        2.2. Trovare soluzioni alternative.
        2.3. Dare qualche indicazione di altro genere.
        2.4. Esprimere la propria disponibilità.

Se la persona insiste, ci sono alcune tecniche da considerare:

• Ripetere quanto detto sopra (tecnica del pappagallo o del disco rotto: ossia
  ripetere la stessa frase aiuta l’altro a comprendere la risolutezza dell’operatore
  nel mantenere la propria linea e favorisce che il cliente rinunci alla propria).
• Passarla ad altri: un collega, meglio se è un superiore.
• Esprimere il proprio dispiacere e invitarla a rivolgersi altrove (senza rabbia, è un
  suo diritto).
• Accettare che lo faccia, scusarsi e continuare il proprio lavoro; è un suo diritto
  restare arrabbiato (non cercare accordo).
• Se la persona insiste in malo modo, ad esempio insultando l’operatore,
  intervenire anche in modo fermo, anche alzando la voce, ma facendo attenzione
  a non insultare o minacciare il cliente.

3. Se si può fare qualcosa che non va contro le regole né contro gli interessi
dell’azienda, farla.
4. Chiedere al cliente se quello che si è fatto vada bene o se sia possibile fare altro.
5. Ringraziare in ogni caso per aver dato modo all'operatore di intervenire e
capire meglio.
6. Parlarne con i colleghi per verificare che il comportamento tenuto sia stato
corretto e smaltire un po' della tensione accumulata.

Così facendo l’operatore, mantenendo con fermezza la sua posizione, non esprime
giudizi né svalorizza il cliente, ma fa capire come sia fermamente intenzionato a
non andare oltre.
Questa modalità aiuta l'operatore a porre un freno all'aggressione senza toccare il
valore della persona, la quale può essere in buona fede e sinceramente spaventata
o preoccupata.
A seguire, sarebbe opportuno che l'operatore parli dell'accaduto con qualcuno per
verificare se avrebbe potuto reagire diversamente, ed allo stesso tempo, sfogare la
sua tensione: in questi casi, parlare può avere effetti positivi.

                                    Massimo Franceschetti                                       !15
Comunicare con il cliente aggressivo

Conclusioni

L'unico modo per imparare ad affrontare la situazione in cui una persona vi
aggredisce è quella di riflettere bene sia prima che dopo, e fare tesoro di quella
esperienza. È vero che “fare esperienza” in questo specifico ambito non dipende
dall’operatore e, anzi, nel caso in cui sia possibile, l’operatore stesso deve cercare di
evitare questo tipo di esperienze spiacevoli. D’altro canto, tuttavia, va sempre
considerato che le occasioni per imparare ad arrabbiarsi meno possono essere
molte e, purtroppo, non è solo il cliente a poter manifestare atteggiamenti
aggressivi.
Quello che qui sto dicendo, infatti, vale in tutti i contesti, non solo in azienda, dove
è possibile scontrarsi in modi rabbiosi gli uni con gli altri. La famiglia, ad esempio,
è un buon luogo dove “allenarsi” a gestire la propria e l’altrui aggressività.
Tenete conto che se venite aggrediti, o se diventate aggressivi, potete imparare
qualcosa di voi e degli altri. Il cliente aggressivo, o chiunque altro, vi dice cosa si
aspetta, fornendovi un’informazione dal grande valore. Questa informazione,
infatti, vi permette di capire meglio il vostro lavoro e, conseguentemente, di
lavorare meglio. Così facendo, potrete ridurre la differenza tra ciò che i clienti si
aspettano e ciò che voi date loro. Oppure vi permette di prevenire richieste che
sapete di non poter soddisfare, evitando così di disattendere eventuali aspettative
da parte dei clienti.
Ad esempio, sapete che alcune persone si aspettano di fare presto ma al tempo
stesso sapete anche che non potete farci nulla. Potete però imparare piano piano a
gestire questa attesa. In questo modo, genererete maggiore soddisfazione e più
fluidità nel lavoro, anche se non sarà sempre piacevole. In fondo, nella gestione
dell'aggressività, il vostro scopo è contenere e far calmare l'arrabbiato, non
renderlo soddisfatto del tutto.

I 5 punti da tenere presenti

1. Fare attenzione ai propri pensieri inutili e coltivare il distacco. Prepararsi.
2. Non reagire: attendere, ascoltare, comprendere, quantomeno restare in silenzio
   all'inizio. Rendersi conto che chi aggredisce da una parte vuole manipolare,
   dall'altra vuole essere ascoltato e ha qualche messaggio utile.
3. Ascoltarsi e osservare. Se si hanno dubbi sulle possibilità di un’aggressione
   abbandonare il luogo. Attenzione a non aggredire a propria volta.
4. Dare più informazioni possibili, dare altre opportunità per risolvere la
   questione, dare risposte pronte e attente alla persona. Mostrare sollecitudine.
5. Accettare che non si può cambiare ciò che le persone pensano e non si può
   sempre accontentare tutti.

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Comunicare con il cliente aggressivo

Riferimenti

Alberto Fedel, Grazie del reclamo, Franco Angeli Editore

Clay Carr, Il servizio al cliente sulla front line, Franco Angeli Editore

Marshall B. Rosenberg, Le sorprendenti funzioni della rabbia, Edizioni Esserci.

Valentina d’Urso, Arrabbiarsi, Il Mulino.

Si veda anche il testo Riflessioni sul Cambiamento, 2018 pubblicato sul sito
www.equilibraformedicomunicazione.it.

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