MEDIATION IN BANKRUPTCY - in Italia come mediare con le banche nelle situazioni di crisi
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Dr. Giovanni Matteucci contributo al convegno “La gestione della crisi di impresa” Grosseto, 16.12.2010 MEDIATION IN BANKRUPTCY in Italia come mediare con le banche nelle situazioni di crisi Con la Legge Prodi del 1970 fu introdotta nell’ordinamento giuridico italiano la possibilità per un’impresa (di grandi dimensioni) in stato di insolvenza di continuare l’attività per un periodo non breve, realizzando un piano di risanamento dal contenuto molto articolato. La conservazione dell’azienda divenne l’obiettivo primario; la par conditio creditorum, cardine della normativa fallimentare in vigore dal 1942, non prevaleva più su tutto. La Legge Marzano del 2004 introdusse (sempre per le grandi aziende in stato di insolvenza) la possibilità di suddividere i creditori in classi secondo interessi omogenei, con la possibilità di trattamenti differenziati concordati con i creditori stessi. L’ordinamento italiano, quindi, cominciava a recepire principi propri della normativa statunitense. “Chapter 7” e “Chapter 11”, nel Titolo 11 dell’ United States Code, infatti, prevedono che il titolare di un’azienda in crisi possa continuare a gestire quest’ultima, presentando un piano di ristrutturazione dei debiti da concordare con i creditori e da attuare sotto il controllo dei creditori stessi e della corte. Tutto ciò comporta un’attività “negoziale” tra soggetti privati di importanza cruciale, in relazione alla quale, negli Stati Uniti d’ America, è stato sviluppato un protocollo specifico di mediation in bankruptcy. La “mediazione”, secondo la normativa italiana vigente (D.Lgs. 04.03.2010, n.28, in G.U. n.53 del 05.03.2010 e D.M. 18.10.2010, n.180, in G.U. n.258 del 4.11.2010) è “l'attivita', comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una
2 controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”. Più sinteticamente la mediazione può essere definita come negoziazione assistita 1 Se una banca ed un cliente “negoziano”, in genere con qualche elemento di contrasto, la ristrutturazione o il rientro di un debito, è probabile che la soluzione possa essere trovata prima (e forse meglio) se è presente un terzo imparziale, autorevole, che conduca la comunicazione tra le parti e, con tecniche di gestione del conflitto, faciliti 1 La mediazione è un metodo di soluzione delle controversie al di fuori del giudizio, nonché un valido strumento per prevenirle. Due o più persone (o gruppi), in lite tra loro, che però sono disponibili a trovare una soluzione, si affidano ad un terzo perchè individui un percorso. Il terzo, senza alcun rapporto (economico o personale) con le parti, riattiva il colloquio tra costoro, lo gestisce, cerca di superare le pretese (o “posizioni”) portate avanti dai litiganti (a volte con acrimonia), fa in modo che loro stessi individuino i loro veri interessi nella disputa, analizza insieme a loro le migliori o peggiori alternative possibili al raggiungimento di un accordo, cerca di far individuare probabili soluzioni anche diverse dalle posizioni di partenza, fa in modo che le parti stesse realizzino un accordo. Gli elementi che caratterizzano questa procedura, quindi, sono - la presenza di un terzo “neutrale” (nella letteratura anglosassone spesso definito con il sostantivo “neutral”) e, per quanto superfluo, autorevole, che non impone una soluzione, non dà ragione ad uno o torto all’altro, bensì gestisce la comunicazione tre le parti; - un percorso di analisi basato sugli interessi e non sulle posizioni; - il raggiungimento di una soluzione comune, individuata dalle parti stesse, per tale caratteristica –quindi- con una forte probabilità di essere duratura nel tempo; - la possibilità di una soluzione innovativa rispetto alla materia del contendere inziale. Chiave di volta della procedura è il mediatore, il quale non è un giudice che individua una soluzione (la “sua”), bensì - mi ripeto - riattiva la comunicazione tra le parti, la gestisce e fa in modo che siano loro stesse a concordare la soluzione. Egli non deve essere un esperto della materia del contendere; questa caratteristica sarà tanto più utile quanto più tecnico è l’oggetto del contrasto, ma non è strettamente necessaria; il mediatore, infatti, si può far affiancare da un consulente nominato “ad hoc” con l’assenso delle parti. La mediazione è volontaria e le parti mantengono il controllo della controversia. Esse aderiscono alla procedura se lo vogliono e possono recedere da essa in qualunque momento; in tal caso il mediatore redigerà semplicemente un verbale di mancato accordo. La gestione della controversia affidata al giudice, invece, “sfugge di mano” ai contendenti, i quali, una volta instaurata, nella maggior parte dei casi potranno solo aspettare la decisione del terzo. La sentenza è pubblica; la conciliazione è riservata. Tutto quanto detto nella procedura conciliativa non viene verbalizzato. La mediazione può raggiungere un risultato “a somma zero” (ciò che guadagno io è uguale a quello che perdi tu), come con la sentenza, ma può anche “ampliare la torta” grazie alla ricordata possibilità di accordarsi pure su punti diversi
3 il raggiungimento di un accordo. Accordo non imposto dal terzo, bensì realizzato dalle parti stesse, per cui potenzialmente più duraturo nel tempo. Nella realtà italiana la figura del mediatore è poco presente nelle controversie finanziarie, per nulla nelle procedure preconcorsuali o concorsuali. Ma la carenza di liquidità (che durerà ancora a lungo); la normativa che ha imposto la mediazione come condizione obbligatoria di procedibilità dal 20.03.2011 per le controversie –tra le altre- creditizie finanziarie ed assicurative; il progetto di legge all’ esame del Parlamento sulle crisi di aziende con parametri al di sotto delle soglie di fallibilità previste dall’articolo 1 della Legge Fallimentare 2; tutto ciò fa prevedere l’utilizzo anche in Italia, nel prossimo futuro, di tecniche di mediazione nella gestione di crisi finanziarie in fase concorsuale e, soprattutto, da quelli oggetto della diatriba di partenza : la soddisfazione per tutte le parti può essere maggiore del completo conseguimento degli obiettivi iniziali. La mediazione inoltre è rapida (in genere 40-50 giorni) ed economica (molte CCIAA per vari anni hanno prestato il servizio addirittura gratis). La mediazione, tuttavia, non è la panacea di tutti i problemi: eccetto che in pochissimi casi, non è applicabile ai reati penali; nell’ambito delle controversie civili si applica solo ai diritti disponibili,; presuppone disposizione psicologica e buona fede da parte dei soggetti in lite. E, soprattutto, richiede un mediatore preparato. 2 Camera dei Deputati, XVI legislatura, n.2364, “Proposta di legge approvata dal Senato della Repubblica il 1 aprile 2009 d’iniziativa del senatore Centaro – Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”. Quest’ultima è una situazione di perdurante squilibrio economico tra le obbligazioni assunte e il patrimonio disponibile per farvi fronte. I debitori “non assoggettabili alle procedure previste dall’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942 n.267 e successive modificazioni” (quindi imprenditori, con le caratteristiche patrimoniali inferiori alle soglie di fallibilità o agricoli, e privati), non in grado di adempiere regolarmente alle loro obbligazioni, possono proporre un accordo per la ristrutturazione dei debiti depositando il relativo piano presso il tribunale del luogo di residenza. Il giudice può disporre la sospensione per non oltre 120 giorni delle azioni esecutive e dei sequestri conservativi. Perché la proposta sia approvata occorre l’assenso dell’ 80% dei crediti. L’ organismo di composizione della crisi (figura di nuova istituzione) collabora con il debitore e i creditori per il raggiungimento dell’accordo anche attraverso la predisposizione e la modifica del piano, ne attesta la fattibilità, redige una relazione per il magistrato sui consensi espressi dai creditori e la maggioranza raggiunta, risolve le eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo e vigila sull’esatto adempimento dello stesso. Tale organismo può essere costituito presso enti pubblici, CCIAA, segretariato sociale, ordini professionali di avvocati, commercialisti-esperti contabili e notai.
4 preconcorsuale. Ma come si articola la mediation in bankruptcy statunitense? Il mediatore contatta le parti (imprenditore in crisi e creditori) ed i loro consulenti, in genere chiedendo un pre-mediation statement, cioè un documento in cui ognuno indica la propria visione della controversia. A grosse linee in questo documento ci sono - la presentazione della parte e delle persone che parteciperanno alla trattativa, con l’indicazione dei poteri di rappresentanza; - le pretese vantate, i punti di contrasto più significativi e la normativa correlata; - l’indicazione dei tentativi di conciliazione già praticati; - una stima dei tempi e delle eventuali spese (in America molto elevate) delle procedure giudiziali praticabili; - i documenti che si ritiene utile allegare; - le indicazioni su come procedere nella mediazione, soprattutto la formulazione di eventuali soluzioni alternative alla controverisa basate non su aspetti giuridici ma sugli interessi. I pre-mediation statements non vincolano l’esito finale della procedura, in quanto servono solo a fornire al mediatore le informazioni iniziali. Essi vengono scambiati nella pre-mediation conference, alla quale in genere partecipano i consulenti delle parti. Inizia la mediazione. Prima sessione nella quale sono presenti tutte le parti con i rispettivi consulenti. Il mediatore espone i principi fondamentali cui si atterrà la procedura: rispetto reciproco, alternatività degli interventi, esposizione delle proprie posizioni basate il più possibile sui fatti e atteggiamento improntato a comprendere le posizioni degli altri (“explanation” e ”understanding”), sessioni comuni, sessioni private con i singoli, redazione di un’agenda dei lavori. Nelle mediazioni in genere non si esibiscono documenti; in quella concorsuale, invece, poiché l’argomento è particolarmente tecnico, fin dalla prima sessione i consulenti delle parti producono documentazione, di solito in numero di copie tali da essere distribuite a ciascuno dei presenti. La procedura prosegue secondo la prassi generale 3. 3 La procedura base della mediazione si articola in quattro fasi essenziali - fase preparatoria, gestita dalla segreteria dell’ente che fornisce la mediazione; - sessione congiunta iniziale : . discorso introduttivo del mediatore; . la parte A espone la sua versione della controversia; . parafrasi del discorso di A da parte del mediatore; . la parte B espone la sua versione; . parafrasi della parte B da parte del mediatore;
5 Nella sessione congiunta finale viene redatto il final settlement agreement , nel quale è opportuno includere le clausole previste dallo Stato dell’ Unione deve si svolge la mediazione, per conferirgli l’obbligatorietà prevista dalla legge. Ad un post-mediation settlement agreement sono rinviati la specifica dei dettagli tecnici, la produzione della documentazione da allegare, l’indicazione delle procedure stragiudiziali di risoluzione di eventuali controversie relative all’esecuzione dell’accordo raggiunto, l’indicazione di chi depositerà il tutto presso la corte 4. Queste modalità di gestione del conflitto sono applicabili alle controversie concorsuali e preconcorsuali italiane, dopo la profonde innovazioni normative apportate dal 2005 al 2010? Nel concordato preventivo il ruolo dei singoli e l’attività negoziale tra di essi è cresciuta di molto mentre l’attività del magistrato è stata . alcune domande da parte del mediatore; . redazione dell’agenda dei lavori da parte del mediatore; - sessioni individuali (o caucuses); il mediatore incontra separatamente le parti e . cerca di superare le posizioni dichiarate e individuare gli interessi; . analizza le MAAN (migliori) e le PAAN (peggiori alternative possibili ad un accordo negoziato); . identifica opzioni negoziali (“allarga la torta”), prima quelle individuali, poi quelle condivise. - sessione congiunta finale : . riformulazione della controversia basata sugli interessi ; . filtro delle opzioni negoziali attraverso criteri oggettivi (fattibilità concreta, economicità, rispondenza alle leggi –“the solution must be legal”) ; . confronto con le MAAN ; . decisione finale , accordo / rottura Queste fasi sono in genere sufficienti per le controversie più semplici (ad esempio, quelle in ambito di telecomunicazioni), ma diventano più numerose ed articolate per le controversie di argomento complesso o per le dispute multiparti (dove i soggetti in contrasto sono più di due). Se poi gli elementi del contendere sono più di uno, allora la mediazione è definita multilivello e le tecniche da seguire sono ancora più articolate. 4 Le principali differenze tra la mediation in genere e la mediation in bankruptcy, quindi, sono soprattutto nella fase preparatoria, dove il “neutral” si presenta tutt’altro che “vergine” alla procedura, bensì ben informato sulle posizioni dei singoli. Questi, inoltre, fin dalla pre-medition conference formulano delle opzioni su possibili soluzioni della controversia, che, come ben noto, dovrebbero essere formulate a procedura già avviata e soprattutto nell’ambito delle sessioni private. Tali diversità sono giustificate dal profondo tecnicismo della materia e dal fatto che il mediatore è retribuito a tempo e …. “time is money”.
6 confinata principalmente al controllo di legittimità delle decisioni prese da altri. Le tecniche di mediazione potrebbero essere utilizzate dal commissario giudiziale5. Tale indicazione contrasta però con il ruolo di controllo che la migliore dottrina riconosce a questa figura nel diritto italiano vigente. Tuttavia, come sottolineato da un commissario giudiziale: “Ritengo che si imponga una riflessione di carattere scientifico per indagare se, secondo il diritto positivo, il ruolo di mediatore tra l'imprenditore e la platea dei creditori possa effettivamente ed esplicitamente essere assunto dal Commissario giudiziale. 5 In un mio elaborato del 2006 (in www.adrmaremma.it, Articoli, pag.1, “Mediazione e concordato preventivo”) facevo una riflessione ed avanzavo un’ipotesi : “ll commissario giudiziale può esercitare lui attività di mediazione, tuttavia sarà sempre considerato come “longa manus” del giudice delegato e difficilmente debitore e creditori si apriranno del tutto a lui nelle sessioni private. “Molto più opportuno è che il mediatore sia un terzo, del tutto estraneo alla procedura, che intervenga su richiesta del debitore, di uno o più dei creditori o del commissario giudiziale, e sia scelto dal giudice delegato nell’ ambito di un apposito elenco presso il tribunale (o, in attesa che questo venga costituito, presso la Camera di Commercio). Le modalità della procedura di mediazione potrebbero ben essere mutuate da quella statunitense : - il mediatore convoca i creditori (inviando loro il piano di ristrutturazione depositato), sulla base dell’ elenco di questi ultimi già presso la cancelleria del tribunale; - “pre-mediation statement” : comunicazione scritta da parte di ciascun creditore al mediatore con l’ indicazione di .soggetti che rappresentano il creditore e loro poteri di rappresentanza e negoziali; credito vantato, ammontare e diritti di prelazione ; eventuali tentativi di accordo già effettuati con il debitore ; .critiche al piano di ristrutturazione e suggerimenti , contestazione di altri crediti o dei diritti di prelazione vantati ; .elenco dei documenti allegati ; - “pre-mediation conference” : incontro del mediatore con tutti i creditori (non partecipa il commissario giudiziale), durante il quale ognuno consegna a tutti gli altri i “pre-mediation statements” ; - inizio della procedura di mediazione (senza il commissario giudiziale) e suo svolgimento ; - se si raggiunge un accordo, sessione pubblica finale presenti mediatore e tutti i creditori (non il commissario giudiziale), redazione del “final settlement agreement”, accordo sottoscritto da tutti i creditori ( e non dal mediatore) unitamente ad un verbale di chiusura della procedura (quest’ ultimo con la firma anche del mediatore) ; - consegna da parte del mediatore al commissario giudiziale del “final settlement agreement” e deposito di esso presso la cancelleria del tribunale ; - analisi da parte del giudice sul rispetto degli elementi formali (convocazione di tutti i creditori, poteri di rappresentanza, firme) nonché della asenza di clausole “contra legem”; omologa del concordato preventivo. “Con quale tempistica dovrebbe essere realizzato il “final settlement
7 “Laddove l'indagine sia negativa, si potrebbe pensare ad una modifica legislativa che assegni tale funzione al Commissario, essendo ormai maturi i tempi per armonizzare un sistema in cui la mediazione a fini conciliativi rappresenta la regola (anche sotto il profilo del diritto vigente) della stragrande maggioranza dei rapporti, patrimoniali e non, ovvero se introdurre una ulteriore figura cui affidare l'incarico della mediazione, prima dello svolgimento dell'incarico da parte del Commissario” 6. L’esperienza sull’uso della nuova normativa che regola il concordato preventivo è ancora modesta e non si sono per nulla instaurate prassi interpretative od operative. Inoltre l’obbligatorietà del ricorso alla mediazione per molte controversie civili, da qui a qualche mese, imporrà agli operatori del diritto di prendere conoscenza e consapevolezza di uno strumento totalmente negletto in Italia negli ultimi sessant’anni. Quindi, sulle possibilità future dell’uso della mediazione nel concordato preventivo tutte le possibilità sono aperte. Un campo di applicazione ancora più interessante, e da subito, mi pare esserci nelle procedure preconcorsuali, piano attestato (art. 67, c.3, d L.F.) e accordo di ristrutturazione dei debiti (182 bis L.F.); e ciò grazie anche all’entrata in vigore nell’agosto 2010 dell’art. 217 bis L.F., che ha escluso l’applicazione del reato di bancarotta alle iniziative intraprese nell’ambito di tali procedure. Le banche non potranno più trincerarsi dietro al rischio della bancarotta preferenziale per rimanere in una situazione di immobilismo decisionale, nell’attesa di improbabili versamenti da parte di clientela in stato di crisi finanziaria. L’operatore che potrebbe servirsi delle tecniche di cui sopra è “in primis” il professionista cui sia stato affidato l’incarico di redigere il piano attestato o il progetto di ristrutturazione aziendale, in base al quale stipulare l’accordo sui debiti. Il suo “modus operandi”, infatti, non risente di alcun vincolo normativo. agreement” ? Possibilmente entro la data della convocazione dei creditori (massimo 30 giorni dal deposito del ricorso di concordato preventivo). Altrimenti la mediazione continuerebbe anche dopo l’ adunanza dei creditori davanti al giudice (se in questa sede la maggioranza a favore della proposta di concordato non è stata raggiunta). La mediazione deve però terminare prima dell’ emanazione del decreto di ammissione al concordato preventivo o di dichiarazione di fallimento (180 giorni, massimo 240, dal deposito del ricorso). Sarebbe opportuno che, per evitare dispendio inutile di energie (e costi), il tribunale sospendesse la propria attività in attesa della conclusione della mediazione. “Futuro prossimo venturo? E’ auspicabile”. 6 Avv. Paolo Porcari, in una e.mail a me diretta del 24.04.2010.
8 Ancora più vasta poi è la platea delle aziende medio piccole, con i parametri di bilancio al di sotto delle soglie di fallibilità, e di quelle agricole. Le imprese operanti in questi comparti in Italia sono numerosissime e nel 2009 – 2010 hanno risentito in modo acuto di crisi di liquidità. Cosa fare per rinegoziare il debito ed avere il tempo necessario (per lo meno un paio d’anni) per ristrutturare l’attività aziendale e cercare nuovi mercati di sbocco? I principali creditori sono le banche. Il professionista che meglio conosce (o dovrebbe conoscere) la situazione aziendale è il commercialista e quindi è lui che dovrebbe attivarsi. I due prerequisiti da considerare per raggiungere lo scopo sono TEMPESTIVITA’ e COMUNICAZIONE, due aspetti essenziali nelle tecniche di mediazione. Sulla tempestività in linea di principio non ci sono dubbi: per qualunque situazione di crisi prima si interviene maggiori sono le possibilità di soluzione. Inoltre, considerato che i creditori principali sono le banche, bisogna tener conto delle normative imposte da Basilea 2 sul controllo dei rischi problematici e sui metodi di “allerta” sempre più automatici relativi ad irregolarità gestionali, patrimoniali e finanziarie delle aziende clienti. Tutto ciò si traduce in un peggioramento del rating attribuito dalla banca all’impresa, il cui deterioramento nel tempo limita in maniera crescente la flessibilità nelle decisioni. Un motivo in più per affrontare con tempestività la situazione di crisi. Una volta riclassificato il rapporto a sofferenze, anche da una sola banca, l’atteggiamento di tutto il ceto creditizio si irrigidisce; la gestione della pratica passa agli uffici legali, i quali, nella stragrande maggioranza dei casi, adottano criteri avversariali, il cui sbocco è l’aula del tribunale. Solo pochi istituti, in Italia, hanno finora adottato figure operative che prendano in carico la maggior parte delle posizioni problematiche e, tenendo conto di un eventuale recupero coattivo del credito, le gestiscano tuttavia con criteri commerciali. Nella sostanza, per i rapporti problematici, le banche devono scegliere se mantenere l’operatività dei fidi (anche se sotto stretto controllo) o imporre (nella più blanda delle ipotesi) un piano di rientro, che ridurrebbe ancora di più lo scarso “ossigeno” finanziario di cui dispone l’azienda, rischiando di rendere irrecuperabile la situazione. Se quanto detto è in genere condiviso, poco coerenti sono le decisioni che vengono adottate. L’imprenditore, per ovvi motivi psicologici, tende a sottovalutare la gravità della situazione e ritiene di poterla riequilibrare in un prossimo periodo. Il commercialista,
9 professionista che contatta l’azienda al massimo ogni tre mesi, dovrebbe essere il soggetto esterno all’impresa con la miglior conoscenza dei problemi di essa; ma troppo spesso la sua prestazione è confinata agli adempimenti fiscali. La banca, che dovrebbe essere interessata a intervenire il più presto possibile su un rapporto in via di deterioramento, a volte rinvia decisioni che, se prese, certificherebbero un suo passato errore di valutazione o in contrasto con esigenze di “window dressing” del bilancio. Conseguenza, la fiamma modesta che potrebbe essere estinta con un secchio d’acqua, con il tempo diventa un incendio. La comunicazione è un aspetto ancor più difficile da gestire. Il rapporto banca cliente, in Italia, è spesso caratterizzato da asimmetria a favore dell’istituto di credito. La comunicazione da parte di quest’ultimo è burocratica e in genere tiene conto delle esigenze della banca, poco degli interessi del cliente. Non è un caso che da circa 15 anni tutti gli istituti di credito italiani sottolineino in continuo, nella loro pubblicità, l’attenzione che pongono al cliente, che questo è il punto di riferimento dell’attività di tutti i loro dipendenti , che il miglior guadagno per la banca sta nella soddisfazione del cliente, ecc. ecc.. Sembra di leggere le prime pagine dei Promessi Sposi, il romanzo storico di Alessando Manzoni ambientato nella Lombardia del ‘600 sotto il dominio spagnolo: le autorità emanavano delle grida in cui assicuravano le pene peggiori agli autori di determinati crimini ; il fatto che tali grida venissero reiterate in continuazione significava che il problema che volevano estirpare continuava a sussistere ! Ma anche la comunicazione da parte del cliente verso la banca è carente. I bilanci, in genere, non sono da “Oscar” della trasparenza e le spiegazioni alle varie voci sono troppe volte parafrasi del testo normativo che le impone; molte aziende medio piccole, soprattutto in agricoltura, adottano ancora la contabilità semplificata; troppo spesso c’è il ricorso al “credito fai da te”: emissione di assegni post datati, di ricevute bancarie non concordate con i fornitori, di fatture da anticipare … dubbie. I soggetti del problema pare comincino a prenderne consapevolezza. In un convegno tenutosi il 15.10.2010 a San Giovanni Val D’Arno, provincia di Arezzo, “Gli strumenti per negoziare la crisi”, il massimo responsabile di una banca locale riconosceva la necessità di mutare il modo di comunicazione con la clientela 7. In un convegno del 7 “Errori delle banche : - eccessiva facilità nella concessione del credito fino al 2008 ( per esempio, mutui concessi per l’acquisto di immobili fino al 110% del valore di quest’ultimo, durata 40
10 19.11.2010 a Gubbio, provincia di Perugia, tra Abi e Piccola Industria di Confindustria, il presidente di quest’ultima sottolineava che il rapporto banca impresa si rafforza con un progetto di comunicazione finanziaria 8. Quindi nelle situazioni di deterioramento finanziario di un’azienda, per prevenire il precipitare della crisi, una delle prime cose da fare è gestire una corretta comunicazione. Tenere a mente il protocollo della mediazione commerciale, delineato nelle note 1 e 3, può essere utile: - attivare la comunicazione : in genere basta una telefonata e chiedere un appuntamento; - gestire la comunicazione, ben sapendo che questa non è solo verbale, ma soprattutto paraverbale e non verbale - superare le posizioni e valutare gli interessi (“A noi interessa recuperare il denaro che le abbiamo prestato. A lei?” – “Continuare ad avere la disponibilità dei fidi per far fronte ai pagamenti continui ” – “Concordiamo un rientro?” – “Proviamoci, ma evitiamo un piano rigido e analizziamo la situazione ogni tre quattro settimane” ….. ); - creare opzioni negoziali (“Le ricevute bancarie che ci porta per l’anticipazione al salvo buon fine presentano un eccessivo ritorno di insoluti. Perché non anticipiamo il credito che lei vanta nei confronti del Comune di ……., chiedendo a quest’ultimo di accettarne la cessione ?”); - sottoporre le opzioni a filtri oggettivi (“L’accettazione da parte del Comune richiede l’intervento del notaio ed una prassi troppo lunga; entro due settimane ho le scadenze fiscali”); - valutare le migliori e le peggiori alternative possibili ad un accordo 9 ; anni), causa forse un’ubriacatura generale; - impreparazione da parte degli attori: le banche non sono state capaci di instaurare un colloquio con le imprese per spiegare Basilea 2, anche a causa di un’impostazione vecchia nel rapporto con il cliente; le azienda medio piccole non hanno una struttura capace di affrontare le novità; le difficoltà, poi, comportano anche un’ ‘intolleranza’ psicologica … . “Cosa fare : migliorare la comunicazione; tutti dobbiamo conseguire standard valutativi più elevati; la banca non deve più valutare solo le garanzie ma anche la validità del progetto; le aziende si devono capitalizzare….. . “Nel momento della difficoltà si crea quasi un cortocircuito banca, impresa, commercialista: la banca chiede più garanzie, il cliente tende a chiudersi”. 8 "Noi imprese - ha spiegato Boccia - dobbiamo imparare a comunicare bene il progetto aziendale e i ceti dirigenti locali delle banche devono essere messi in condizione di capire le imprese sia con dati quantitativi che qualitativi". Fonte “Il Sole 24 Ore Radiocor” del 19.11.2010. 9 Un’azienda, passibile di fallimento, con debiti finanziari pari all’ammontare delle vendite, registra crediti di dubbio realizzo per importo pari al 25% del fatturato. E’ esposta con oltre dieci banche e si trova in situazione di crisi. Il professionista di fiducia contatta i singoli istituti per ottenere, separatamente con ognuno, il
11 - raggiungere, se possibile, una soluzione condivisa. La gestione della comunicazione si complica, in modo esponenziale, se l’azienda in difficoltà ha rapporti con più banche (come è la norma). La mediazione diviene multiparti. Contattare (attivare la comunicazione con) gli istituti uno per volta o tutti insieme ? Il colloquio individuale è preferibile, perché permette di adattare le informazioni all’ascoltatore (ogni banca vanta crediti, in genere, di entità e modalità diverse, per cui il suo “interesse” può essere differente da quello degli altri istituti) e di valutare meglio le risposte. Dopodichè si deciderà se cercare soluzioni differenziate per ogni creditore ( ad esempio, semplice rinnovo delle scadenze dei fidi da parte di ogni banca, in attesa di tempi migliori) o collettive (accordo di ristrutturazione dei debiti). Essenziale, comunque, avere dei punti di riferimento comuni : fornire ad ogni banca bilanci riclassificati in modo omogeneo per gli ultimi tre esercizi e previsionali massimo a due anni; una descrizione della situazione e delle cause che sia realistica, frutto cioè di una conoscenza adeguata dell’azienda in crisi, specificando cosa si intende fare nel futuro ed entro quali date. Ricevere da ogni banca l’indicazione esatta dei crediti da essa vantati (è assimilabile ad un “pre-mediation statement”). Un elemento su cui spesso c’è disaccordo è il numero delle banche creditrici (e da contattare) : in genere le entità che segnalano alla Centrale Rischi sono superiori a quelle indicate dall’azienda, che non considera istituti di leasing, factoring, ecc. Questa si rivolga alla Banca d’Italia e consolidamento del debito. Una banca si dichiara d’accordo a procrastinare nel tempo i rimborsi, ma ritiene più opportuno ricorrere all’accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis L.F., per evitare che qualche creditore, promuovendo un’azione esecutiva, faccia precipitare la situazione con eventuale rischio di fallimento. Il professionista si mostra meravigliato : “Bisogna vedere se l’azienda è al di sopra dei parametri di fallibilità” . Prima di contattare le banche non aveva valutato le alternative possibili (in questo caso, probabili) a ciò che stava per proporre ! Un’azienda soffre di carenza di liquidità. Ha rapporti con tre banche; due sono disposte ad attendere; una invece desidera rientrare dalla propria esposizione, ma presso di lei la posizione di rischio dell’impresa è regolare : l’utilizzato è nell’ambito dell’accordato, i conti correnti vengono movimentati in modo corretto, le fatture anticipate sono in genere rimborsate entro i termini pattuiti. Nonostante ciò la banca chiede un piano di rientro rigido al cliente, escludendo l’operatività dei fidi, pena la revoca di questi ultimi e la richiesta di azzeramento immediato delle esposizioni. Non considera (o sottovaluta) la peggiore alternativa possibile ad un accordo: la condanna per non aver rispettato il principio di buona fede nell’adempimento contrattuale (vedi Cassazione n.4538/1997 e n.9321/2000), con il rischio ulteriore di richiesta di risarcimento di danno.
12 chieda la segnalazione Centrale Rischi a proprio nome. Chi deve attivare i contatti ? La logica indicherebbe l’ imprenditore (coadiuvato dal professionista), ma per i motivi psicologici di cui sopra spesso ciò non avviene. Sarebbe opportuna, quindi, l’iniziativa da parte della banca più esposta, ma nulla esclude che possa essere un altro creditore. L’importante è essere tempestivi, per avere maggiori possibilità di manovra. Le soluzioni quindi sono molteplici, soprattutto in fase preconcorsuale, grazie alle innovazioni introdotte nell’ordinamento giuridico italiano dal 2005 al 2010 e alla notevole flessibilità delle tecniche di mediazione. Questa infatti, come più volte ricordato, non si basa su procedure formali, ma sull’ individuazione e l’analisi degli interessi. La gestione concreta dei purtroppo numerosi casi di crisi aziendali nel periodo che stiamo vivendo farà maturare una adeguata conoscenza di questi strumenti In un convegno a Roma dell’ottobre 2010 un esperto mediatore americano, dopo aver analizzato quanto accaduto in poco più di dieci anni nel suo paese con l’uso della mediation e sottolineato i risultati positivi ottenuti, ha terminato il suo intervento con un “Welcome to revolution” ! Giovanni Matteucci è funzionario di banca, con specializzazione nella valutazione del rischio, gestione dei rapporti problematici. E’ anche mediatore presso la CCIAA di Grosseto e operatore di protezione civile. Sul sito www.adrmaremma.it , voce Articoli, ha pubblicato “Mediazione e concordato preventivo”, “Conciliazione giudiziale tributaria”, “L’accordo di conciliazione vincola le parti, non il giudice tributario”, “Crisi di liquidità e conciliazione”, “La comunicazione per gli operatori nell’emergenza”. Contatti a giovannimatteucci@alice.it .
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