Le dimensioni dell'apprendimento, la scuola nell'era digitale e le implicazioni sociali

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Le dimensioni dell'apprendimento, la scuola nell'era digitale e le implicazioni sociali
Rev. 4.0 del 12/09/2016

                               Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola
                                    nell’era digitale e le implicazioni sociali

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali   1
Le dimensioni dell'apprendimento, la scuola nell'era digitale e le implicazioni sociali
Premessa
Nella dimensione di interrealtà (intesa come fusione tra reale e virtuale), è necessario concepire l’educazione
permanente come contenitore di tutte le opportunità educative rivolte alla comunità, senza distinzione di
sesso, razza, etnia e religione.
Il focus è sulla qualità di tali occasioni educative, che si rivelano importanti e funzionali per la persona nella
misura in cui si traducono in un’effettiva esperienza di apprendimento: questo perché la persona apprende co-
stantemente in un percorso ricorsivo di auto-costruzione.
Pertanto l’obiettivo dell’educazione moderna è di sviluppare gli apprendimenti, attraverso la possibilità di una
continua integrazione di ciò che è progressivamente acquisito.
Dunque la formazione va oltre a ciò che il sistema scolastico impartisce, in quanto dev’essere finalizzata al
potenziamento delle capacità della persona in relazione al contesto e alle interazioni sociali, strutturandosi
sulla base delle tre dimensioni dell’apprendimento: Lifelong learning, Lifewide learning, Lifedeep learning.
Per realizzare gli obiettivi posti dalle tre dimensioni dell’apprendimento bisogna ristrutturare i contesti edu-
cativi formali, non formali e informali; basandoli sulla dialogicità e reciprocità a livello intergenerazionale
e sociale, nonchè sulla valorizzazione della sfera riflessiva e immaginativa delle persone, utilizzando le reti
sociali come costruttrici della propria biografia.
Il presente modulo 5, oltre a trattare le tre dimensioni dell’apprendimento, approfondisce le possibilità di ap-
prendimento nella scuola digitale: tale processo oggi avviene in un contesto multidimensionale, costruttivo,
reticolare e socialmente condiviso; inoltre ha in sé la dimensione del gioco, dell’espressività emozionale, ed è
la sintesi di numerosi registri comunicativi e linguistici.
La didattica dovrebbe riflettere l’idea di una cultura come sistema dinamico di simboli, aperta alla costruzio-
ne sociale, nella logica dell’universalità; in quanto i ragazzi tendono a mettere in discussione la cultura tradi-
zionale, mentre fanno esperienza dell’intermedialità e utilizzano più media contemporaneamente (modalità
multitasking).
Per questo nel modulo 5 viene affrontata la questione del cyberbullismo e le possibilità della Peer education;
vengono fornite approfondite indicazioni sull’alternanza scuola lavoro nell’impresa digitale, sui vantaggi di
un curriculum digitale, nonché su quelli del Fundraising o Crowdfunding.
Per rispondere alle esigenze della mobile generation, la scuola deve integrare virtuosamente l’esperienza della
tecnologia con la realtà, per aiutare i ragazzi a organizzare le esperienze personali e ad esprimerle con diver-
se modalità linguistiche, guidandoli verso una nuova ecologia dei media.
Affinché gli studenti di oggi siano cittadini digitali è necessario che la scuola permetta loro di divenire per-
sone autonome, che non solo sappiano usare le tecnologie e muoversi nel Web, ma che sappiano risolvere i
problemi, lavorare in team, che abbiano un pensiero globale; sarà poi l’ente per il quale lavoreranno a formar-
li sulle specifiche competenze di cui ha bisogno.
Da qui la necessità per i docenti di una formazione continua non solo per l’acquisizione di competenze tec-
nologiche e digitali in senso stretto, ma anche e soprattutto per le competenze cognitive, creative, emotive,
comunicative, collaborative e maieutiche; indispensabili per far emergere in ogni studente le potenzialità nel
rispetto delle attitudini di ciascuno, e per creare una rete della cultura ancor prima di una cultura della rete.

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Le dimensioni dell'apprendimento, la scuola nell'era digitale e le implicazioni sociali
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Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali                     3
INDICE
1. LIFELONG, LIFEWIDE E LIFEDEEP LEARNING................................................................................. 5
     1.1 Educazione permanente e apprendimento continuo.................................................................................. 5
     1.2 Tre dimensioni dell’apprendimento: lifelong, lifewide e lifedeep............................................................ 8

2. CYBERBULLISMO E PEER EDUCATION............................................................................................... 12
    2.1 Cos’è e come si riconosce il cyberbullismo................................................................................................. 12
    2.2 I possibili pericoli dei media digitali: come prevenirli e proteggersi...................................................... 13
    2.3 Protezione dei dati personali in Rete e nei Social Media.......................................................................... 16
    2.4 Dialogo intergenerazionale sull’uso dei Social Media.............................................................................. 18
    2.5 Peer Education................................................................................................................................................ 19

3. LA SCUOLA NELL’ERA DIGITALE.......................................................................................................... 25
    3.1 Indicazioni sull’Alternanza Scuola Lavoro nell’impresa digitale........................................................... 29
    3.2 Costruire curriculum digitali e tecnologici................................................................................................. 34
    3.3 Il fundraising e il crowdfunding.................................................................................................................. 40

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LE DIMENSIONI DELL’APPRENDIMENTO, LA SCUOLA NELL’ERA DIGITALE E LE
                                                               IMPLICAZIONI SOCIALI

 

1. LIFELONG, LIFEWIDE E LIFEDEEP LEARNING

1.1 EDUCAZIONE PERMANENTE E APPRENDIMENTO CONTINUO

La prospettiva formativa dell’educazione permanente – lifelong education – non è nuova: sin dal 1972 l’U-
NESCO ha promosso tale concetto pubblicando il “Report Learning to Be” a cura di Edgard Faure (Rapporto
Faure), nel quale si legge che l’educazione deve consentire a ogni persona “di risolvere i suoi problemi, di
prendere le sue decisioni e di assumersi le sue responsabilità”.
Il fine dello sviluppo è la completa realizzazione dell’uomo nella ricchezza dei suoi ruoli, ovvero membro di
una famiglia e di una comunità, cittadino e lavoratore, progettatore di tecniche e inventore creativo.
Dopo venticinque anni, nel 1997, il Rapporto Delors ha concepito e organizzato l’educazione su quattro tipi
fondamentali di apprendimento: imparare a conoscere (acquisire gli strumenti della comprensione), impara-
re a fare (essere capaci di agire creativamente nel proprio ambiente), imparare a vivere insieme (partecipare
e collaborare con gli altri in tutte le attività umane), imparare a essere (sviluppare un pensiero autonomo e
critico).
Il Rapporto Delors pensa l’educazione come un tesoro per l’umanità del XXI secolo: essa deve permettere a
ogni individuo di sviluppare spirito e corpo, intelligenza, sensibilità, senso estetico, responsabilità personale
e valori spirituali; ponendo attenzione, attraverso l’insegnamento dell’arte e della poesia, allo sviluppo delle
manifestazioni più chiare della libertà umana, ovvero le doti dell’immaginazione e della creatività.
Questi concetti sono stati concretizzati più o meno efficacemente nel sistema educativo basato sulla lezione
frontale. Vediamo in questo capitolo come, nell’era tecnologica dominata da una dimensione di interrealtà, si
è ribaltata la concezione dell’apprendimento e di conseguenza la prospettiva dell’educazione, che pur resta
fondata sul presupposto del lifelong learning.
Oggi non è più possibile “tenere separati il momento dell’apprendimento e della formazione da quello del lavoro come
momenti distinti della vita dell’individuo”, (dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Ufficio Centrale
O.F.P.L. – 5 novembre 2001), quindi l’educazione permanente si configura come “l’insieme dei processi di apprendi-
mento grazie al quale gli adulti, dopo la conclusione della prima fase di formazione a scuola, all’università o sul lavoro,
sviluppano le attitudini, arricchiscono le competenze, migliorano le qualifiche tecniche e professionali o le riorientano in
funzione dei propri bisogni e di quelli della società” (dalla dichiarazione finale della V Conferenza Internazionale
dell’Unesco sull’educazione degli adulti – Amburgo 14/18 luglio 1997).
Nel 2006 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno istituito il Lifelong Learning Programme (LLP, Pro-
gramma d’azione comunitaria nel campo dell’apprendimento permanente): il Programma sostituisce, uni-
ficandoli in un unico programma, i programmi Socrates, Leonardo da Vinci ed E-learning, attivi dal 1995 al

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2006, accorpando al suo interno tutte le iniziative di cooperazione europea nell’ambito dell’istruzione e della
formazione dal 2007 al 2013; dunque
rappresenta l’insieme delle opportunità educative formali e non formali, rivolte ai cittadini, sia italiani che
stranieri, dall’infanzia all’età adulta.
Il LLP ha la finalità di garantire lo sviluppo di una società avanzata basata sulla conoscenza, dunque fondata
sui princìpi dell’apprendimento permanente; che si traducono in uno sviluppo economico sostenibile, in
rinnovati posti di lavoro e in una maggiore coesione sociale, dunque nel rispetto dell’ambiente per le genera-
zioni future (Strategia di Lisbona).
L’attuale programma di lavoro Istruzione e Formazione 2020, approvato dal Consiglio europeo nel 2009, e
inserito nel contesto della strategia di Lisbona, ha l’obiettivo di incoraggiare il miglioramento dei sistemi
d’istruzione e di formazione nazionali attraverso lo sviluppo di strumenti complementari a livello di Ue,
l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone prassi.
Dunque i quattro obiettivi indicati per il periodo 2010-2020 sono: rendere l’apprendimento permanente e la
mobilità una realtà concretamente fruibile; migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione; promuo-
vere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; incoraggiare la creatività, l’innovazione e l’impren-
ditorialità.
Nella dimensione di interrealtà (intesa come fusione tra reale e virtuale), l’esperienza individuale e l’identità
sociale si costruiscono dinamicamente e contemporaneamente; quindi è necessario concepire l’educazione
permanente come contenitore di tutte le opportunità educative rivolte alla comunità, senza distinzione di
sesso, razza, etnia e religione.
L’insieme delle opportunità educative formali comprende le opportunità educative dispensate nei tradizio-
nali istituti d’istruzione e di formazione (scuole, università, corsi di formazione legalmente riconosciuti), che
rilasciano diplomi e qualifiche.
Le opportunità educative non formali sono quelle erogate al di fuori delle principali strutture d’istruzione e
di formazione (quindi dispensate sul luogo di lavoro o in attività sociali di organizzazioni o gruppi), le quali
non rilasciano certificati ufficiali.
Le occasioni di educazione non formale comprendono inoltre tutte le opportunità educative che si possono
esperire durante le naturali attività della vita quotidiana.
Questo concetto è in linea con le caratteristiche peculiari del contesto digitale, che vede l’apprendimento
inscindibile dal cambiamento; dunque lo inquadra come esperienza sociale, che si riflette prima di tutto sulle
attività quotidiane, oltre che sulle istituzioni e sulle prassi propriamente educative.
Il focus è sulla qualità di tali occasioni educative, che, a prescindere dal contesto in cui vengono erogate, si
rivelano importanti e funzionali per la persona nella misura in cui si traducono in un’effettiva esperienza di
apprendimento: questo perché la persona apprende costantemente, secondo un percorso ricorsivo di auto-co-
struzione.
Pertanto l’obiettivo dell’educazione moderna è di sviluppare gli apprendimenti, attraverso la possibilità di una
continua integrazione di ciò che è acquisito.
Spesso si confonde il concetto di apprendimento con quello di educazione perdendo di vista la complessità
dei processi cognitivi che il vero apprendimento comporta: mentre l’educazione è frutto di un’azione esterna
(da parte della famiglia o della società), l’apprendimento è un processo strettamente individuale, che richiede
motivazione personale in quanto basato sulla responsabilità che l’individuo assume per se stesso.
Un apprendimento efficace è frutto dalla libera volontà dell’individuo di cercare relazioni tra ciò che già
conosce e ciò che l’ambiente gli propone come nuovo, quindi il compito delle comunità educative è favorire

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questa progressiva ricerca personale.
In sintesi: l’apprendimento comprende il vasto insieme di processi di sviluppo cognitivo, che si dispiegano
dall’infanzia alla vecchiaia, e si traducono in educazione nella misura in cui si configurano come adattivi e
funzionali nella società e per la società.
Infatti negli ultimi cinquant’anni la teoria cui l’apprendimento si riferisce è passata dal paradigma psicologi-
co basato sulle teorie comportamentistiche a quello basato sulle teorie cognitiviste e costruttiviste, differen-
ziandosi in apprendimento meccanico e apprendimento significativo.
Il primo si basa sull’istruzione didattica, nella quale si presuppone l’esistenza di una conoscenza oggettiva
trasmessa dal docente al discente attraverso l’insegnamento di contenuti culturali.
Il secondo si basa su una didattica costruttivista, la quale presuppone l’esistenza di una conoscenza sogget-
tiva che il docente ha il compito di “far emergere” naturalmente nel discente attraverso le sue esperienze
pregresse, facendo leva sulla sua motivazione e volontà di apprendere.
Il pedagogo statunitense Joseph D. Novak così spiega la differenza tra le due tipologie di apprendimento nel
testo L’apprendimento significativo – Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza:
L’apprendimento significativo si verifica quando chi apprende decide di mettere in relazione delle nuove informazioni
con le conoscenze che già possiede. [...] L’apprendimento meccanico avviene invece quando chi apprende memorizza le
nuove informazioni senza collegarle alle conoscenze precedenti, o quando il materiale da studiare non ha alcuna relazio-
ne con tali conoscenze.
E ancora, lo psicologo David Jonassen, in occasione dell’incontro per l’introduzione al lavoro tenuta dal Si-
stema Copernicus e Gruppo Pedagogico nel 2005, nella conversazione con Gianni Marconato chiarisce che
“apprendere in modo significativo significa saper risolvere problemi nella realtà quotidiana. La risoluzione di problemi
dà uno scopo all’apprendimento che può diventare significativo per la persona solo se essa ne comprende l’utilità per i
suoi scopi”.
È utile riferirsi a Piaget, psicologo fondatore dell’epistemologia genetica e padre del costruttivismo, secondo
il quale l’apprendimento è il continuo superamento di ciò che è acquisito attraverso il processo ricorsivo di
assimilazione e accomodamento.
In ogni momento dell’esistenza, l’individuo assimila informazioni sull’ambiente circostante attraverso i pro-
pri filtri percettivi; quindi costruisce una rappresentazione del mondo e di sé in relazione al mondo, recupe-
rando queste informazioni al momento opportuno e organizzandole in modo chiaro.
Più che una organizzazione si tratta di una ri-organizzazione, in quanto le informazioni precedentemente
acquisite si devono integrare alle nuove “in entrata”, originando un nuovo apprendimento: questa ri-orga-
nizzazione è detta accomodamento. Si tratta quindi di un processo di continua trasformazione, di modifica
– in certi casi radicale – degli schemi cognitivi utilizzati sino a quel momento, e che alla luce di una situazione
nuova risultano essere disfunzionali.
Ora risulta chiaro come per Piaget l’apprendimento non è la comprensione di assunti oggettivamente strut-
turati ma è l’acquisizione continua di schemi cognitivi che si realizza grazie al dinamico equilibrio del pro-
cesso ricorsivo di assimilazione e accomodamento: nell’essere umano l’ampiezza degli apprendimenti che si
aggiungono alla sua natura è praticamente illimitata.
Il binomio tra l’educazione permanente e l’apprendimento continuo è inscindibile, infatti “tutto ciò che noi vi-
viamo, nelle infinite situazioni della nostra esistenza, è generatore di learning. Soltanto l’abitudine, cioè la ripetizione di
gesti identici in situazioni identiche, limita il ruolo del learning. Man mano che si accentua il dinamismo in cui viviamo,
un atto qualsiasi è sempre in larga misura unico, la risposta a uno squilibrio nuovo e originale realizzato dal gioco degli
elementi del campo culturale”. (Enciclopedia Treccani online)

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Nell’attuale dimensione di interrealtà, l’effetto delle tecnologie dilata ulteriormente le teorie cognitiviste e co-
struttiviste sull’apprendimento: George Siemens (direttore associato del Learning Technologies Centre pres-
so l’Università di Manitoba, nonché fondatore e presidente del learning lab Complexive Systems Inc), affer-
ma che l’apprendimento è un processo che crea delle connessioni e sviluppa una rete; un nodo è qualunque
cosa che possa essere connessa a un altro nodo da informazioni, dati, immagini, sentimenti… Apprendere
significa connettere nodi specializzati o fonti di informazione, nel rispetto della differenza di opinione. Quin-
di per facilitare l’apprendimento permanente bisogna alimentare e mantenere le connessioni.
Siemens, in un’intervista sull’attuale tema del Social Learning, in linea con quanto affermato finora, chiarisce:
“Credo che le persone siano mosse prima di tutto dalle informazioni. Processiamo l’informazione costantemente. Da
quando siamo bambini, cerchiamo di dare un senso al mondo cercando di rifletterci sopra, di valutare, di connettere le
informazioni che incontriamo. È un tratto evoluzionistico: siamo esseri viventi basati sulle informazioni.
Ci sviluppiamo in relazione alle informazioni intorno a noi. (…)
La mia teoria è che il tratto dominante dell’umanità sia l’acquisizione, la processazione e la creazione di informazioni.
Impieghiamo approcci sociali che ci consentono di gestire meglio le informazioni. Troppe persone che parlano di Social
Learning vedono la dimensione sociale come il punto di arrivo. Io vedo nella ricerca di senso e di una via lo scopo pri-
mario che ci fa utilizzare gli approcci sociali per assisterci in un’evoluzione personale e nella sopravvivenza. Questo mi
porta alla mia personale definizione di Social Learning: l’appoggiarsi a reti sociali e interazioni per avere assistenza nella
propria ricerca di attribuzione di un senso alle informazioni presenti nel nostro contesto.”

1.2 TRE DIMENSIONI DELL’APPRENDIMENTO: LIFELONG, LIFEWIDE E LIFEDEEP

Abbiamo visto che l’apprendimento si configura come un progressivo sviluppo di azioni attive e autonome
da parte del soggetto, il quale si muove dinamicamente tra le conoscenze – informazioni – e le organizza
secondo il proprio repertorio di esperienze. Pertanto:

•• È un processo che coinvolge attivamente l’esperienza.
•• La persona apprende quando vuole comprendere il mondo e se stessa in relazione al mondo.
•• Tale processo include lo sviluppo o l’approfondimento di capacità, di conoscenze, di comprensione, di
   valori, di idee o di emozioni.
•• L’apprendimento efficace porta al cambiamento, alla crescita e al desiderio di sapere di più.

Gli esperti riuniti per l’incontro sull’educazione informale organizzato da CAISE, il Centre for the Advance-
ment of Informal Science Education, concordano che l’apprendimento si basa su quattro concetti fondamen-
tali:

••   L’apprendimento è un legame che accomuna tutti.
••   L’apprendimento richiede un approccio ecologico.
••   L’apprendimento deve essere pensato secondo il tempo e il contesto.
••   Siamo tutti dei discenti.

Dunque la formazione va oltre a ciò che il sistema scolastico impartisce, in quanto dev’essere finalizzata al
potenziamento delle capacità della persona in relazione al contesto e alle interazioni sociali, strutturandosi
sulla base delle tre dimensioni dell’apprendimento:

•• Lifelong learning: l’apprendimento avviene lungo tutto l’arco della vita, in quanto non riguarda solo l’ac-
   quisizione di competenze e attitudini fondamentali, ma anche la capacità di utilizzarle concretamente; te-
   nendo presente che ogni stadio di sviluppo della persona è caratterizzato da specifiche necessità e interessi.

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•• Lifewide learning: l’apprendimento accade durante tutte le azioni della vita, cioè mentre la persona fre-
   quenta luoghi sociali o partecipa ad attività; quindi nelle aule o nelle istituzioni informali, in casa, in co-
   munità o negli ambienti on line.
•• Lifedeep learning: l’apprendimento ha una dimensione profonda perché comprende anche credenze, ide-
   ologie e valori culturali propri della comunità e della società di appartenenza; pertanto questa dimensione
   riflette i valori morali, etici, religiosi e sociali che definiscono il modo di agire della persona, nonché il
   modo di percepire se stessa e gli altri.
Inoltre l’apprendimento non occorre – e non può occorrere – fuori dalle interazioni sociali: la cultura è un
processo dinamico e interattivo, in quanto si forma e viene modificato dalle prospettive delle persone e allo
stesso tempo forma e modifica le prospettive, le esperienze e il modo di comprendere delle persone.
Considerare le tre dimensioni dell’apprendimento è fondamentale per far fronte alla realtà contemporanea,
profondamente mutata dal punto di vista lavorativo e sociale.
Il problema delle competenze riguarda tutta la popolazione: secondo il rapporto Piaac (Programme for the
International Assessment of Adult Competencies) sulle competenze degli adulti tra i 16 e i 65 anni, il 70%
della popolazione italiana ha competenze al di sotto del minimo indispensabile per vivere e lavorare nel
ventunesimo secolo, facendo riferimento a quattro categorie particolarmente a rischio nell’acquisizione e nel
mantenimento delle competenze, ovvero:

•• I giovani NEET (acronimo inglese di “Not (engaged) in Education, Employment or Training” che sta a
   indicare persone non impegnate nello studio, né nel lavoro e né nella formazione).
•• Le persone con basso livello di istruzione individuale e familiare.
•• Le donne con bassi livelli di istruzione individuale e familiare.
•• I lavoratori poco qualificati e con bassi livelli di istruzione.

È molto interessante il dato che emerge dalle stime di Cathy Davidson (direttrice della Futures Initiative alla
City University of New York e codirettrice delle MacArthur Foundation Digital Media and Learning Compe-
titions): il 65% dei bambini che entrano ora nella scuola primaria finiranno per fare un lavoro che non è stato
ancora inventato.
Questo scenario è profondamente diverso da quello che ha strutturato la società sino a oggi, basata su una
prospettiva occupazionale predefinita e formalmente inquadrata.
Le nuove generazioni devono quindi mantenersi aggiornate e preparate per affrontare cambiamenti e sfide
sempre più complesse.
La scuola ha un ruolo fondamentale in quanto deve integrare le competenze per la vita (soft skill) fin qui
citate con le conoscenze standardizzate, attrezzandosi con nuovi strumenti e aggiornando le metodologie
didattiche.
Il sistema scolastico è però una struttura complessa che muta lentamente rispetto alla velocità con cui cambia
la socialità, e insieme le interazioni comunicative e i rapporti interpersonali: questo differenziale è una delle
principali cause dello “scollamento educativo” e delle problematiche a esso connesse, primo fra tutti la man-
canza di competenze per la vita nei giovani.
L’attuale paradosso dell’occupabilità vede le imprese lamentare la mancanza di soft skillsnei giovani che
hanno terminato gli studi, i quali a loro volta lamentano la difficoltà di trovare un lavoro. Tuttavia quasi un
milione di posti nel settore ICT rischiano di rimanere vacanti, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile
(15-24 anni) è al 35,3%, il livello più elevato dal 1977. I dati sono altrettanto preoccupanti in tutta Europa, con
un tasso medio del 22,9% (dati Istat 2014).
È necessario allineare istruzioni e formazione alle sfide del XXI secolo; chiaramente è più facile fare innova-
zione fuori dal sistema scolastico, ma la vera sfida è innestarla all’interno del sistema esistente, coinvolgendo

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il personale scolastico e tenendo conto delle difficoltà e potenziando le opportunità esistenti.
A livello metodologico/didattico bisogna partire dalle situazioni, dai bisogni e dagli interessi di chi appren-
de, attraverso il continuo confronto: la prospettiva della didattica aperta prevede la stretta connessione tra i
soggetti interessati all’educazione/apprendimento della persona (famiglie, istituzioni scolastiche, università,
enti locali, associazionismo, mondo produttivo).
Per realizzare gli obiettivi posti dalle tre dimensioni dell’apprendimento bisogna ristrutturare i contesti edu-
cativi formali, non formali e informali; basandoli sul dialogo e sulla reciprocità a livello intergenerazionale
e sociale, nonché sulla valorizzazione della sfera riflessiva e immaginativa delle persone, utilizzando le reti
sociali come costruttrici della propria biografia.
“Scommettere sull’apprendimento permanente non significa fornire risposte pronte, piuttosto serve accompagnare le
persone per quel che sono, senza pretendere di cambiarle, ma offrendo loro opportunità, strumenti, motivazione per
farlo” (Longworth, 2003; Rychen & Salganik, 2007).
Per concludere:
L’uso didattico delle tecnologie è giustificato se dal suo uso si possono ottenere degli apprendimenti altrimenti ed a costi
inferiori non ottenibili. Possiamo, sulla base della letteratura pedagogica contemporanea, definire formazione di qualità
quella che produce apprendimento profondo (conoscenze stabili, applicabili, utilizzabili per realizzare attività e risolvere
problemi), non produce “conoscenza inerte” ma applicabile in situazioni reali, consente di sviluppare una conoscenza
da utilizzare come uno strumento per risolvere problemi, si realizza in una dimensione sociale, è centrata sulla persona
che apprende (e non sui contenuti), richiede al soggetto che apprende di lavorare (costruire) con le informazioni date (e
non una loro mera memorizzazione e ripetizione), attiva uno sforzo cognitivo, viene attivata dalla dissonanza cognitiva,
consente di lavorare in contesti reali e con problemi altrettanto reali, affronta, attiva e sostiene la complessità del processo
cognitivo, consente di costruire un senso personale delle informazioni ricevute1.

  Abstact
  L’educazione permanente si configura come “l’insieme dei processi di apprendimento grazie al quale gli
  adulti, dopo la conclusione della prima fase di formazione a scuola, all’università o sul lavoro, sviluppa-
  no le attitudini, arricchiscono le competenze, migliorano le qualifiche tecniche e professionali o le riorien-
  tano in funzione dei propri bisogni e di quelli della società” (dalla dichiarazione finale della V Conferenza
  Internazionale dell’Unesco sull’educazione degli adulti – Amburgo 14/18 luglio 1997).
  L’attuale programma di lavoro Istruzione e Formazione 2010 ha l’obiettivo di incoraggiare il migliora-
  mento dei sistemi d’istruzione e di formazione nazionali attraverso lo sviluppo di strumenti complemen-
  tari a livello di Ue, l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone prassi.
  Dunque i quattro obiettivi indicati per il periodo 2010-2020 sono: rendere l’apprendimento permanente
  e la mobilità una realtà concretamente fruibile; migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione;
  promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; incoraggiare la creatività, l’innovazione
  e l’imprenditorialità.
  Nella dimensione di interrealtà (intesa come fusione tra reale e virtuale), è necessario concepire l’educa-
  zione permanente come contenitore di tutte le opportunità educative rivolte alla comunità, senza distin-
  zione di sesso, razza, etnia e religione.
  Il focus è sulla qualità di tali occasioni educative, che si rivelano importanti e funzionali per la persona
  nella misura in cui si traducono in un’effettiva esperienza di apprendimento: questo perché la persona
  apprende costantemente in un percorso ricorsivo di auto-costruzione.
  Pertanto l’obiettivo dell’educazione moderna è di sviluppare gli apprendimenti, attraverso la possibilità
  di una continua integrazione (assimilazione, accomodamento) di ciò che è acquisito.

1 G. Marconato e P. Litturi, Apprendimento Significativo con le Tecnologie

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Negli ultimi cinquant’anni la teoria cui l’apprendimento si riferisce è passata dal paradigma psicologico
  basato sulle teorie comportamentistiche a quello basato sulle teorie cognitiviste e costruttiviste.
  Il binomio tra l’educazione permanente e l’apprendimento continuo è inscindibile, infatti “tutto ciò che
  noi viviamo, nelle infinite situazioni della nostra esistenza, è generatore di learning. Soltanto l’abitudine,
  cioè la ripetizione di gesti identici in situazioni identiche, limita il ruolo del learning. Man mano che si
  accentua il dinamismo in cui viviamo, un atto qualsiasi è sempre in larga misura unico, la risposta a uno
  squilibrio nuovo e originale realizzato dal gioco degli elementi del campo culturale”. (Enciclopedia Trec-
  cani online)
  Dunque la formazione va oltre a ciò che il sistema scolastico impartisce, in quanto dev’essere finalizzata
  al potenziamento delle capacità della persona in relazione al contesto e alle interazioni sociali, strutturan-
  dosi sulla base delle tre dimensioni dell’apprendimento:
  •• Lifelong learning: l’apprendimento avviene lungo tutto l’arco della vita, in quanto non riguarda solo l’ac-
     quisizione di competenze e attitudini fondamentali, ma anche la capacità di utilizzarle concretamente;
     tenendo presente che ogni stadio di sviluppo della persona è caratterizzato da specifiche necessità e
     interessi.
  •• Lifewide learning: l’apprendimento accade durante tutte le azioni della vita, cioè mentre la persona fre-
     quentano luoghi sociali o partecipano ad attività; quindi nelle aule o nelle istituzioni informali, in casa,
     in comunità o negli ambienti on line.
  •• Lifedeep learning: l’apprendimento ha una dimensione profonda perchè comprende anche credenze,
     ideologie e valori culturali propri della comunità e della società di appartenenza; pertanto questa di-
     mensione riflette i valori morali, etici, religiosi e sociali che definiscono il modo di agire della persona,
     nonché il modo di percepire se stessa e gli altri.

  Per realizzare gli obiettivi posti dalle tre dimensioni dell’apprendimento bisogna ristrutturare i contesti
  educativi formali, non formali e informali; basandoli sulla dialogicità e reciprocità a livello intergenera-
  zionale e sociale, nonchè sulla valorizzazione della sfera riflessiva e immaginativa delle persone, utiliz-
  zando le reti sociali come costruttrici della propria biografia.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali                        11
2. CYBERBULLISMO E PEER EDUCATION

2.1 COS’È E COME SI RICONOSCE IL CYBERBULLISMO

Il cyberbullismo è una forma di mobbing che avviene in Internet attraverso l’invio di messaggi offensivi per
un lungo periodo, da parte dei cosiddetti cyberbulli, ragazzi che utilizzano la Rete (chat, Social Network,
WhatsApp, blogs ecc…) per molestare psicologicamente altri ragazzi.
Le azioni offensive che i cyberbulli compiono in Rete sono rivolte spesso a coetanei conosciuti a scuola o
durante attività extrascolastiche, considerati “diversi” per qualsivoglia motivo (aspetto estetico, carattere
debole e introverso, orientamento sessuale o politico, modi di vestire non convenzionali, etnia, religione di
appartenenza ecc…).
I cyberbulli, in molti casi spalleggati e protetti dal “branco”, prendono di mira questi ragazzi offendendoli,
facendo pressione psicologica, ricattandoli, diffondendo dicerie sul loro conto.
Il cyberbullismo (o cybermobbing / internet mobbing), rispetto alle forme di bullismo che avvengono nella
vita reale, ha caratteristiche proprie legate al mezzo mediante il quale avviene:
•• Non vi sono limiti spaziotemporali, in quanto in ambienti online la possibilità di connessione è continua,
   quindi il cyberbullo può compiere le sue azioni offensive ogni volta che si collega in Internet; allo stesso
   modo la vittima può subirle nel momento in cui accede ai propri canali di Rete, quindi anche in tempi dif-
   ferenti rispetto a quando le azioni sono state compiute.
•• Il molestatore può essere percepito come “anonimo”, ma si tratta di una percezione apparente, in quanto
   ogni comunicazione elettronica lascia pur sempre delle tracce, individuabili più o meno rapidamente.
   Spesso però la vittima ha difficoltà a risalire da sola al cyberbullo, il quale fa in modo di confondere la
   propria identità virtuale, a volte anche coinvolgendo degli “spettatori” nelle sue azioni offensive, dunque
   confondendosi in un “gruppo” e rendendo più difficile la reperibilità delle tracce. Il cyberbullo può così
   mantenere una certa distanza fisica dalla vittima, dunque può attaccare e ferire senza temere una reazione
   reale e immediata.
•• Le normali inibizioni e remore etiche del molestatore si minimizzano, in quanto la dimensione di virtualità
   propria della Rete dà la possibilità di compiere azioni senza comprenderne le concrete conseguenze, azioni
   senza peso reale che possono avere un peso morale e psicologico forte per chi le subisce.
Attraverso i canali di condivisione le azioni offensive si diffondono con rapidità coinvolgendo un vasto ba-
cino di utenti, per questo motivo le vittime non si sentono più al sicuro persino in casa propria, in quanto
possono essere raggiunte dai messaggi dei cyberbulli ogni volta che accedono ai propri canali in Rete.
Il cyberbullo può diffondere rapidamente e senza difficoltà testi offensivi, voci, immagini o filmati umilianti
in Rete: la vittima non può da sola eliminare questo materiale virtuale che, una volta pubblicato, può essere
più volte letto o riguardato da molte persone.
Non è difficile immaginare quali possono essere le ripercussioni che tali molestie provocano nella vittima, la
quale, proprio a causa della diffusione capillare in Rete, ha molta difficoltà a superare le offese subite.
È chiaro che le ripercussioni di tali offese, oltre a provocare nella vittima stati immediati di sofferenza, iso-
lamento, depressione, ne vanno a minare la sua crescita psicofisica; portando in sé effetti psicologici a lungo
termine, in alcuni casi anche gravi, come la perdita della fiducia in sé e negli altri, stati di ansia e difficoltà
relazionali.
Non è semplice delineare un netto confine tra un comportamento che può essere scherzoso e uno che è per-
cepito come importunante e offensivo, in quanto spesso i cyberbulli prendono di mira qualcuno solo per
scherzo, senza rendersi conto delle conseguenze di queste azioni: in ogni caso è certo che il cyberbullismo
inizia nel momento in cui la persona vessata si sente umiliata e inizia a manifestare segni più o meno evidenti

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali                      12
di disagio.
Dunque la principale difficoltà nel riconoscere un comportamento molesto è nelle remore a parlare da parte
di tutte le persone coinvolte: il cyberbullo e gli spettatori, il “branco”, tendono a confondere e nascondere le
proprie azioni; mentre la vittima si trova in una condizione di debolezza e sofferenza e non riesce a creare
occasione di dialogo con qualcuno che può intervenire, reagendo nella maggior parte dei casi con una chiu-
sura emotiva e relazionale.
Pertanto gli insegnanti e i genitori devono in prima istanza mantenere alta la guardia e avviare apertamente
un dialogo non appena scorgono segnali concreti di molestie, seguendo i suggerimenti utili trattati nei capi-
toli che seguono per la prevenzione e protezione dei ragazzi che utilizzano la Rete.

2.2 I POSSIBILI PERICOLI DEI MEDIA DIGITALI: COME PREVENIRLI E PROTEGGER-

SI

Come ampiamente trattato, per differenti aspetti legati all’uso dei media digitali nella didattica, le possibilità
di apprendimento e sviluppo delle capacità cognitive che questi strumenti possono attivare sono valide e
molteplici.
La prevenzione e la protezione dei ragazzi dai possibili rischi dei media digitali non può concretizzarsi in
una diffusa paura: evitare il contatto dei bambini e dei ragazzi con la Rete è insensato e controproducente,
perché è attraverso l’innovazione consapevole che si costruisce il futuro e si creano opportunità per sé e per
gli altri.
Quindi la prevenzione e la protezione dei ragazzi che navigano in Internet si traduce nella promozione di un
utilizzo consapevole e adeguato all’età, attraverso la corretta informazione e il dialogo tra le parti coinvolte
nei processi educativi: oltre alle famiglie e agli educatori/docenti, sono coinvolti anche gli organi istituzionali
e non, attraverso progetti di sensibilizzazione.
La caratteristica strutturale dei media digitali è l’interoperabilità e la pubblica condivisione di contenuti, in
una Rete amplificata in tutto il mondo, a perdita di confine: laddove ci sono delle opportunità di sviluppo, ci
sono anche dei rischi. Internet è globale e si può disporre dei contenuti senza vincoli di tempo e luogo.
Questi i possibili pericoli nell’utilizzo dei media digitali:
•• Ci si può imbattere in contenuti potenzialmente pericolosi o violenti, che possono turbare o spaventare.
•• Le persone con un carattere debole e introverso possono essere vittime di mobbing (cyberbullismo).
•• I dati personali, se non correttamente pubblicati e protetti, possono essere utilizzati da terze persone per
   scopi illegali.
•• Si può incorrere nel rischio della dipendenza nell’utilizzo di determinati ambienti online, con conseguenti
   ripercussioni problematiche per lo sviluppo della personalità.
La migliore forma di prevenzione per questi possibili pericoli è accrescere le proprie competenze e informa-
zioni per l’utilizzo dei media digitali. In tal senso per competenze non si intende semplicemente la conoscen-
za tecnica dei dispositivi digitali, ma la comprensione delle funzioni e potenzialità, dunque la capacità di
adattarle di volta in volta all’utenza e al contesto: non è necessario conoscere i dettagli tecnici dei software e
dei dispositivi digitali per poter sviluppare le competenze mediali.
Gli adulti coinvolti nei processi educativi dovrebbero imparare per primi a muoversi nell’ambiente digitale,
per poter accompagnare attivamente i ragazzi nell’esplorazione: per assolvere al delicato compito di sostegno
senza risultare “invadenti” o “limitanti”, gli adulti devono essere in grado di sfruttare le opportunità che la
Rete offre, così da comprendere e valutare obiettivamente i contenuti e anticipare i potenziali rischi nei quali
si può incorrere.

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali                       13
In sintesi:
•• Per proteggere i ragazzi e prevenire i possibili rischi dei media digitali, gli adulti dovrebbero rafforzare la
   loro competenza mediale.
•• I ragazzi che si trovano nella difficile fase dello sviluppo (adolescenti e pre adolescenti) hanno bisogno di
   modelli da seguire, quindi gli adulti dovrebbero proporsi come tali.
•• È necessario instaurare un dialogo aperto e non giudicante con i ragazzi, affinché loro possano fidarsi della
   sorveglianza degli adulti e farsi accompagnare in un percorso comune di crescita attraverso l’utilizzo con-
   sapevole degli strumenti digitali.
•• Comportamenti offensivi o molesti sono perseguibili penalmente, quindi gli adulti dovrebbero avere ben
   chiari i servizi istituzionali cui rivolgersi in tal caso.

Stando nella prospettiva della prevenzione, è bene adottare sempre le seguenti misure (indipendentemente
da un fatto di cyberbullismo):

•• Creare un clima di ascolto e comprensione, che trasmetta fiducia e sicurezza al ragazzo e non lo faccia
   sentire giudicato o colpevolizzato.
•• Ritagliare occasioni di condivisione in cui si possono utilizzare insieme i media digitali, conversando sulle
   possibilità, ponendo domande aperte sull’utilizzo che se ne sta facendo.
•• Ottenere una visione d’insieme degli accaduti “ambigui”, cercando di comprendere se negli ambienti re-
   ali e virtuali che il ragazzo frequenta ci sono casi di cyberbullismo, e che posizione il ragazzo assume a
   riguardo.
•• Essere pazienti e disponibili, evitando domande pressanti e inquisitorie: in casi sospetti di cyberbullismo,
   le persone coinvolte hanno difficoltà a parlarne.

Nel caso in cui un adulto si trova di fronte a un caso di cyberbullismo, queste sono le possibili misure im-
mediate da intraprendere, tenendo presente che è consigliabile non rispondere al bullo online, ma chiedere
aiuto ai servizi preposti:

•• Praticare un ascolto attento e mantenere una condizione di calma.
•• Salvare, attraverso screenshot, il materiale che potrebbe fungere da prova (conversazioni, immagini, mes-
   saggi privati ecc.).
•• Eliminare (o far eliminare da chi gestisce la piattaforma) i contenuti compromettenti.
•• Rivolgersi agli enti istituzionali preposti per denunciare l’accaduto.
•• Riferirsi a professionisti esperti nella relazione d’aiuto che possono supportare psicologicamente la perso-
   na vittima delle azioni moleste.

Il ruolo educativo dei genitori e il ruolo educativo dei docenti sono ugualmente importanti per far sì che i
ragazzi possano crescere armonicamente e sviluppare il loro potenziale intellettivo e creativo, dunque è con-
sigliabile che le parti coinvolte siano tra loro in contatto e in accordo, così da trasmettere fiducia e sicurezza
ai discenti.
Come genitori, sarebbe opportuno chiedere ai vostri figli cosa pensano e come utilizzano i media digitali, fa-
cendovi spiegare ciò che loro già sanno e spiegando loro quello che sapete voi, svolgendo insieme una ricerca
sull’uso corretto della Rete, o ancora leggendo insieme le testimonianze di chi è stato vittima di cyberbulli-
smo e ha saputo chiedere aiuto. Di tanto in tanto chiedete loro il permesso di vedere i contenuti che postano
in Rete, cercando di commentare insieme apertamente e sinceramente, facendogli capire che siete sempre
disponibili per un confronto costruttivo e non per un giudizio.

Come docenti è bene assumere un atteggiamento propositivo sull’utilizzo dei media digitali, cercando di
evitare retoriche e direttive severe. Fate in modo di essere un riferimento tanto formativo quanto umano per

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali                     14
gli studenti, in modo che possano tanto rispettarvi quanto fidarsi di voi.
È importante che in caso di cybermobbing i ragazzi sappiano di potersi rivolgere ai docenti: il cybermobbing
è una variante del mobbing, pertanto bisogna integrare e attuare la sua prevenzione in quella del mobbing.
Nelle scuole che hanno adottato una tale strategia d’azione, gli studenti trovano più spesso il coraggio di
segnalare un eventuale problema. È quindi importante che le scuole, oltre a innovare la didattica con i media
digitali, comincino a stilare delle procedure standard per affrontare casi di molestie – nella realtà quanto in
Rete – tra gli studenti.
L’approccio dell’intervento precoce è adottato da Be-Prox, il programma bernese di prevenzione del mob-
bing e della violenza negli asili e nelle scuole, che ha dato buoni esiti. A questo link è possibile scaricare il
programma:
http://www.giovanieviolenza.ch/it/temi/prevenzione-a-scuola/prevenzione-del-mobbing.html
A questo link è possibile scaricare l’ebook contenente gli abstract degli interventi in programma per la gior-
nata formativa su Social media, ragazzi e cyberbullismo:
http://www.wister.it/un-ebook-per-il-learning-meeting-di-todi/
Riferimenti utili:
Il sito del Telefono Azzurro, oltre ad approfondimenti e chiarimenti su questo tema, permette agli utenti di
mettersi in contatto, sia via chat che telefonicamente, con operatori esperti per ricevere ascolto e sostegno in
casi di comportamenti offensivi in Rete.
http://www.azzurro.it/en
Il sito Giovani e Media – Programma Nazionale per la promozione delle competenze mediali offre un’esaustiva visio-
ne d’insieme del cyberbullismo, con suggerimenti per le famiglie e gli insegnanti, oltre che per i ragazzi di-
rettamente interessati. Inoltre c’è una sezione dedicata a film da guardare insieme ai ragazzi, utili per avviare
riflessioni e spunti di discussione, una sezione con domande e risposte e uno spazio in cui sono le interviste
di operatori professionisti che hanno trattato casi di cyberbullismo. http://www.giovaniemedia.ch/it/opportuni-
ta-e-rischi/rischi/cyberbullismo.html
Il sito Cyberbullismo.com, in collaborazione con il dipartimento di giustizia minorile, offre agli utenti guide
specifiche, materiale didattico di riferimento, consulenze per genitori, docenti, operatori socio sanitari e stu-
denti.
http://www.cyberbullismo.com
Il sito del Ministero della Pubblica Istruzione Smonta il bullo si rivolge a studenti, docenti e genitori attraverso
strumenti e informazioni utili a prevenire forme di disagio giovanile che possono determinare comporta-
menti violenti, mettendo a disposizione un numero verde per la “Campagna Nazionale contro il bullismo”:
800 66 96 96
http://www.smontailbullo.it/webi/
Il sito Bullismo.info raccoglie contenuti utili da scaricare per permettere agli operatori di lavorare sulla sensi-
bilizzazione e prevenzione.
http://www.bullismo.info
Il sito del Commissariato di Polizia Postale offre uno sportello per la sicurezza degli utenti nel Web.
https://www.commissariatodips.it/approfondimenti/cyberbullismo.html
A questo link si può visionare un documento informativo sul tema del cybermobbing con il relativo quadro

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giuridico:
http://docplayer.it/86346-Cybermobbing-tutto-cio-prevede-la-legge.html
Il sito Moige.it ha un’area attiva per la tutela dei minori, dove poter segnalare situazioni di pericolo per gli
stessi compilando un form: è importante che le istituzioni e le grandi multinazionali che traggono profitto
dalle piattaforme di social networking facciano la loro parte per tutelare i ragazzi.
http://www.moige.it/sos-minori/bullismo

2.3 PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI IN RETE E NEI SOCIAL MEDIA

La struttura sociale e partecipativa della Rete implica il dover immettere dati e immagini personali per poter
effettuare l’iscrizione e utilizzare social network, forum, chat room, servizi mail ecc..

Molto spesso si compiono automaticamente queste operazioni, senza conoscere come avviene la diffusione
dei dati in Rete e in che modo trattarli, proteggendo quindi la propria identità e di conseguenza la propria
privacy. I gestori dei servizi online (come ad esempio i motori di ricerca o le applicazioni) raccolgono e con-
servano la maggior parte di questi dati: bisogna essere consapevoli che, una volta pubblicate, le informazioni
personali (foto, video, commenti…) possono essere nuovamente diffuse in Rete da terzi; mentre i dati per-
sonali possono essere soggetti a utilizzo, da parte di imprese, per scopi pubblicitari e commerciali, oltre che
statistici.
Oggi si sente parlare dei Big Data, termine del linguaggio mediatico spesso utilizzato senza comprende-
re esattamente cosa identifica: con Big Data si intende l’analisi di enormi quantità di informazioni (siamo

Le dimensioni dell’apprendimento, la scuola nell’era digitale e le implicazioni sociali                   16
nell’ordine degli Zettabyte, ovvero miliardi di Terabyte, con strumenti specifici eseguiti su decine, centinaia
o anche migliaia di server). Queste informazioni sono soprattutto quelle non strutturate (come testi, imma-
gini o conversazioni) con il fine di sondare gli “umori” dei mercati e del commercio, quindi per definire il
trend complessivo della società e comprendere la direzione di tutte le informazioni che viaggiano attraverso
Internet, così da adottare strategie appropriate per migliorare la produttività di un certo sistema complesso.
Cosa c’entra la questione dei Big Data nella nostra vita di tutti i giorni?
Questi sistemi che analizzano grandi quantità di dati portano le aziende a modulare i loro servizi, cercando
di adattarli alle richieste e ai comportamenti degli utenti/consumatori di un determinato prodotto o servizio.
Le aziende hanno questa necessità per avere una “visione d’insieme” delle richieste in relazione al merca-
to(ovvero i bisogni che di volta in volta emergono in relazione all’offerta), quindi è chiaro che le nostre azioni
online sono sempre più oggetto di analisi e studi: queste si traducono in importanti informazioni per le azien-
de, le quali diversamente avrebbero grande difficoltà a comprendere e anticipare le nostre richieste, così da
poterle soddisfare nel migliore dei modi.
Anche in questo caso il messaggio è: utilizzare la Rete con consapevolezza, conoscendo quali sono i processi
che ne sottendono l’esistenza, affinché se ne possa comprendere la valenza innovativa e utilizzarla, miglio-
rando la qualità delle proprie comunicazioni, quindi delle proprie relazioni e della propria vita.
Ritorniamo sul concetto fondamentale di utilizzo consapevole della Rete: significa sapere che nel momento
in cui si compie un’azione online, quell’azione non è più solo propria ma è contemporaneamente anche di
altre persone.
Pertanto anche se si tratta di un’azione online, dunque “virtuale” e “senza peso”, è un’azione vera e propria,
portatrice di un significato – e di conseguenze – per sé e per gli altri.
Questo, in un’accezione positiva, produce sintesi di linguaggio, velocità di comunicazione e condivisione,
sviluppo dinamico della propria identità, possibilità di innovazione.
Purtroppo però un utilizzo inconsapevole può portare a conseguenze spiacevoli e difficilmente superabili: a
causa della capillarità dei canali e della velocità di diffusione, la legislazione ancora non garantisce una solida
tutela contro gli abusi dei dati in Rete.
Ad esempio, foto compromettenti possono essere ampiamente diffuse prima che la giustizia abbia il tempo
d’intervenire, in quanto è impossibile farle ritirare da tutte le piattaforme e assicurarsi che nessuno le abbia
scaricate.
I dati (ovvero le nostre azioni online) vengono sempre più archiviati in «nuvole» (cloud), pertanto i provider
possono aggregarli e allestire profili della personalità o identificare singole persone; inoltre questi dati resta-
no memorizzati per diversi anni e possono essere consultati da motori di ricerca: è concreto il rischio di non
riuscire più a rimuovere dalla Rete dati pubblicati con leggerezza in gioventù.
È bene considerare che la presenza nei Social Network, attraverso la pubblicazione di contenuti, implica
forme di rappresentazione personale che possono rivelarsi particolarmente problematiche soprattutto per i
giovani.
Quindi un giovane che utilizza consapevolmente la Rete evita a priori di commettere queste azioni irrepara-
bili, che poi andranno a compromettere la sua identità e affidabilità di adulto inserito in un contesto lavora-
tivo e sociale.
Alla luce di tutto ciò, il fondamentale principio di prevenzione per adulti e ragazzi dai possibili pericoli
nell’utilizzo dei media digitali consiste nel trattare i dati privati propri e altrui in modo critico e con la mas-
sima sensibilità, ovvero:

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