La rivoluzione del digitale terrestre. Considerazioni critiche sulla ingannevolezza dei messaggi promozionali e sugli switching costs di ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
TELEVISIONE DIGITALE TERRESTRE, DOSSIER SUGLI SWITCHING COSTS A CARICO DELLA COLLETTIVITÀ "Digitale Radiotelevisivo Terrestre Capire per Crescere" (stato dell'arte sviluppo e opportunità per l'emittenza locale) Sala Conferenze Piazza Monte Citorio 123/a Roma 24 Novembre 2004 Contributo ai lavori del Movimento Difesa del Cittadino Onlus Associazione Nazionale di Consumatori di Utenti La rivoluzione del digitale terrestre. Considerazioni critiche sulla ingannevolezza dei messaggi promozionali e sugli switching costs di aggiornamento tecnologico a carico della collettività. a cura dell'Avv. Francesco Luongo componente della Segreteria Nazionale Responsabile Nazionale Dipartimento TLC PREMESSA Il Movimento Difesa del Cittadino Onlus, è una Associazione Nazionale di Consumatori ed Utenti, con sede in Roma, alla Via Piemonte 39/A, iscritta nell'elenco nazionale di cui all'art. 5 della L. 281/98, giusta Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 06.11.03 (G.U. N. 266 del 15/11/2003) ed è guidata dal Presidente Nazionale Antonio Longo. Dal Gennaio del 2004 il Dipartimento Telecomunicazioni dell'associazione, diretto dall'Avv. Francesco Luongo, sta approfondendo le problematiche inerenti i provvedimenti legislativi sul digitale terrestre. In particolare stà esaminando i primi effetti sui consumatori delle azioni di mercato poste in essere da operatori televisivi e produttori di apparati di ricezione, cosiddetti decoder. I) Profili di ingannevolezza riscontrati in alcuni dei messaggi pubblicitari inerenti il Digitale terrestre e gli apparati di ricezione. E' un dato di fatto che la diffusione della tecnologia digitale terrestre sia stata caratterizzata, sin dall'inizio, da gravi carenze informative ai danni dei consumatori. Il 31 Marzo 2004 il Movimento ha inoltrato un formale ricorso alla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nonché alla Autorità per Garanzie nelle Comunicazioni, per verificare la sussistenza di profili di ingannevolezza nei tanti messaggi pubblicitari inneggianti alla nuova tecnologia DTT. Dal Novembre 2003 al Febbraio 2004, solo sulle tre reti del gruppo Mediaset spa è andata in onda una campagna da 12,3 milioni di euro (stime Nielsen) con 1.220 spot, proseguita nei mesi successivi. Gli spot sono stati autoprodotti da Mediaset, anche se l'oggetto della promozione, vale a dire il decoder, è prodotto e distribuito da altre imprese. Milioni di spettatori sono stati oggetto di una campagna pubblicitaria finalizzata, non solo ad una generica promozione della tecnologia digitale terrestre, bensì alla vendita di un bene quale è il decoder. Oggetto della segnalazione gli spot televisivi promozionali della televisione digitale terrestre diffusi dalle emittenti del gruppo Mediaset spa sulle proprie reti: Canale 5; Italia 1 e Rete 4. In proposito è opportuno premettere che la Legge n. 281/98 riconosce a tutti i consumatori, all'art. 1 punto 2, i fondamentali diritti ad una adeguata informazione ed a una corretta pubblicità. Il D.lgs 74/92 ha definito «ingannevole», qualsiasi pubblicità che, in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta, pregiudicandone il loro comportamento economico. L'MDC ha ritenuto di dover sottolineare l'ingannevolezza degli spot televisivi sul digitale terrestre per una serie precisa di motivi: Il servizio veniva definito come una realtà, mettendosene in evidenza 3 qualità fondamentali: maggior numero di canali, "multicanale"; "interattività con i suoi tanti e utili servizi" e "gratuità". In proposito si è ritenuto sussistere le seguenti carenze informative: 1) mancata precisazione ai telespettatori che è necessario l'acquisto di un decoder e che la spesa non comporta l'acquisizione certa di un servizio televisivo fruibile ed effettivo su tutto il territorio nazionale, ma solo l'adesione alla sperimentazione della televisione in tecnica digitale terrestre e della conseguente interattività, come espressamente specificato dall'art. 3 del Decreto Interministeriale Comunicazioni e Finanze del 23.12.03 e dalla L. 66/01. Oltre alla mancata indicazione di tale elemento, che l'MDC ha sempre ritenuto necessaria ed essenziale per una scelta consapevole del consumatore, altra grave mancanza dei messaggi pubblicitari diffusi è: 2) l'omessa indicazione della onerosità dei cosiddetti "servizi interattivi" offerti che, infatti, dipende dalla
utilizzazione della linea telefonica con modem avanzati V.90 o ISDN, tariffata a tempo come una normale conversazione telefonica, mentre per le linee telefoniche ADSL o GSM/GPRS i costi saranno quelli dei collegamenti a numerazione unica nazionale di tipo "internet". 3) omessa informazione agli utenti circa la presenza di un contributo statale e delle limitazioni alla richiesta, visto che i consumatori che potranno usufruirne è di circa 700.000, come esplicitato nella norma e nel sito web del Ministero della Comunicazioni. 4) omessa specificazione che il contributo economico per l'acquisto del decoder non è riconosciuto al consumatore in tutti i casi, bensì solo per i seguenti apparati indicati nel predetto decreto: a) apparati idonei a consentire la ricezione dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (DVB-T) e la conseguente interattività; b) apparati di utente per la trasmissione e la ricezione a larga banda dei dati via internet, utilizzati per la predetta interattività . Dal contributo restano, infatti, esclusi i decoder più economici non interattivi, detti "zapper", in grado di ricevere solo i programmi televisivi che, pertanto, potrebbero essere prescelti dai telespettatori economicamente più disagiati. II) La relazione di accertamento sullo stato della diffusione del digitale terrestre del 27.05.04 dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni . Tra non poche polemiche ed accuse di voler minare lo sviluppo di questa nuova tecnologia televisiva, la cui rapida realizzazione sembra di vitale importanza per i destini della nazione, il Movimento Difesa del Cittadino e l'Adiconsum denunciavano ulteriori gravi profili di ingannevolezza di altre campagne pubblicitarie sul DTT avviate da aziende produttrici e dai maggiori gruppi italiani di telecomunicazioni consorziati nel DGTVi. Certe che l'avvento della nuova tecnologia televisiva digitale avrebbe dovuto essere caratterizzato dal rispetto dei fondamentali principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con i consumatori, le suddette associazioni sostenevano la propria denuncia all'Autorità con una serie di memorie, in cui si sottolineava la stranezza dei massicci investimenti pubblicitari per la diffusione della tecnologia televisiva in digitale terrestre da parte di società private ed associazioni di imprese. La prima conferma delle perplessità del mondo consumeristico era che le trasmissioni televisive in tecnica digitale terrestre rappresentano un servizio in fase di sperimentazione e non fruibile sull'intero territorio nazionale. Tale rilevante omissione veniva stata confermata dalla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nella propria relazione di accertamento sullo stato della diffusione del digitale terrestre del 27.05.04. Percentuale di popolazione servita da almeno N multiplex al 30.04.2004 con qualità "accettabile" Numero MUX Numero totale impianti Copertura potenziale Copertura effettiva almeno 1 392 87,6 78,0 almeno 2 77,4 56,5 almeno 3 66,3 36,0 almeno 4 53,7 18,7 più di 4 37,2 7,0 Tab. 1(La tabella riporta i risultati di copertura cumulativa rilevata al 30 aprile 2004, relativa ad un numero di impianti di diffusione pari a 392, escludendo quei multiplex che trasmettono solo un programma analogico digitalizzato). L' Autorità delle TLC ha ulteriormente chiarito che, alla data del 30.04.04, la copertura potenziale del territorio e da parte del segnale e non l'effettiva ricezione da parte degli impianti è pari all'87,6 %. Negli spot si è sempre taciuta la non secondaria circostanza che per usufruire delle trasmissioni in tecnica televisiva digitale, ciascun televisore abbisogna di un decoder, dunque se il consumatore possiede più televisori, sarà necessario l'acquisto di un apparato ricevente per ognuno. Come emerge dal dato diffuso dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che l'80% circa della popolazione nazionale può essere raggiunta da trasmissioni televisive digitali di un unico multiplex ed il 30 % circa da 3 ultiplex. L'incontestabile dato dell'Authority per le comunicazioni, dimostra l'ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi, nella parte in cui affermano che sulla televisione digitale vi sono "tanti nuovi canali" fruibili dagli utenti. Ai cittadini è stato fatto credere di trovarsi di fronte ad una offerta di programmi pari o superiore alla TV analogica e/o satellitare quando ciò non è. La carente copertura del segnale comporta che gran parte della popolazione possa al più vedere tramite il decoder, all'uopo acquistato, le trasmissioni di un unico multiplex come schematizzate nella tabella sottostante Percentuale di popolazione servita da almeno N multiplex al 30.04.2004 con qualità "accettabile" Numero MUX Copertura con interferenze digitali e analogiche solo nazionali Copertura effettiva "corretta" (*) almeno 1 85,9 82,8 almeno 2 71,2 64,6 almeno 3 56,5 43,7 almeno 4 37,0 27,8 più di 4 16,3 10,9
Tab.n 2 (*) Interferenze al 10% del tempo e antenna ricevente di tipo commerciale. In totale, alla data del 30.04.04, la verifica svolta dall' Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, i canali visibili in tecnica digitale terrestre risultano essere solo 21, di cui 9 ripetizioni di trasmissioni diffuse su frequenze analogiche (RAI 1, RAI 2, RAI 3, Rete 4, Canale 5, Italia 1, La 7, MTV Italia, Sport Italia), 2 palinsesti trasmessi per una frazione di tempo sulle reti analogiche nazionali (RAI Notizie 24, RAI Edu 1), 2 palinsesti ripetuti per una frazione di tempo e localmente sulle reti analogiche (24 Ore TV, Coming Soon), 8 palinsesti ripetizione di programmi diffusi via satellite (RAI Notizie 24, RAI Sport Sat, RAI Edu 1, BBC World, 24 Ore TV, Coming Soon, Class News, La Chaine Info), 2 palinsesti tematici di nuova creazione, "RAI Doc", "RAI Utile" (ancora in fase di predisposizione), ed i nuovi palinsesti musicali RadioItalia TV e Veejay TV, trasmessi rispettivamente sul multiplex denominato D-FREE e sul multiplex di RTI. III) La declaratoria di ingannevolezza della campagna pubblicitaria sulla Televisione digitale terrestre attuata nel 2004 da Nokia spa, Mediasat srl, Gruppo televisivo Mediaset (RTI S.p.A.), Associazione italiana per lo sviluppo del Digitale Televisivo Terrestre (DGTVi). A seguito della richiesta di intervento del Movimento, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avviava apposito procedimento istruttorio (P.I. 4560). L'organismo di tutela in materia di pubblicità ingannevole richiedeva agli operatori pubblicitari, ai sensi articolo 5, comma 2, lettera a), D.P.R. n. 284/03, di fornire informazioni e relativa documentazione (anche a diffusione interna) riguardanti la effettiva fruibilità delle trasmissioni televisive in tecnica digitale terrestre con particolare riferimento alla copertura del servizio attualmente assicurata e alle condizioni tecniche ed economiche di fruibilità del servizio stesso anche in termini di eventuale ri-orientamento delle antenne. Il Movimento Difesa del Cittadino e l'Adiconsum, in data 17 giugno 2004, facevano pervenire ulteriori memorie in cui precisavano ulteriormente le ragioni a sostegno dell'ingannevolezza dei messaggi oggetto delle rispettive richieste di intervento. In particolare, si sottolineava come anche l'esame condotto dall'AGCom sulla complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri dimostri la non attualità di questa nuova tecnica trasmissiva, considerata la scarsa percentuale di popolazione (30% circa ) servita da almeno tre multiplex, ossia dal numero minimo di reti digitali necessario per vedere almeno le attuali reti nazionali. Lo stesso documento, inoltre, confermava la scorrettezza dei messaggi pubblicitari che lasciano intendere la generalizzata fruibilità di applicazioni multimediali che, invece, solo pochi utenti possono utilizzare e che, in ogni caso, si trovano in una fase di mera sperimentazione ("i vantaggi della trasmissione interattiva sono ancora largamente inespressi, come d'altra parte l'auspicata associazione fra programmi televisivi e contenuti interattivi appare poco più che sperimentale"; cfr. paragrafo 88 della Relazione). L'associazione, infine, precisava i costi per l'utilizzo della nuova tecnica di trasmissione televisiva, ossia: (i) i costi connessi all'interattività e conseguenti alla necessità di collegare il decoder con la linea telefonica per poter fruire della maggior parte di essi; (ii) i costi dovuti alla necessità di adeguare il proprio impianto ricevente: in proposito, da documenti pubblicati dall'associazione DGTVì risulterebbe che il 30% degli apparecchi singoli e il 78% di quelli centralizzati dovranno sostenere un intervento tecnico. Chiusa l'istruttoria, con provvedimento n. 13678 assunto nell'adunanza del 14.10.04 l'Autorità, in accoglimento delle tesi formulate dalle associazioni di consumatori, deliberava l'ingannevolezza dei messaggi pubblicitari sulla televisione digitale terrestre. Particolarmente interessante risulta il duplice ordine di motivazioni che hanno indotto il Garante a disporre la sospensione degli spot sui decoder e sulla promozione della tecnologia televisiva digitale terrestre di seguito riportati in stralcio: a) Messaggi pubblicitari diretti alla promozione dei decoder per la ricezione del segnale televisivo terrestre: Con riferimento a questa categoria relativa di messaggi, diffusi rispettivamente dalla società Nokia e Mediasat, si rileva, in conformità con il parere reso dall'AGCom, come essi non presentino un contenuto informativo completo in ordine alle attuali reali potenzialità della televisione digitale terrestre, in quanto omettono completamente di precisare che si tratta, allo stato, di un servizio solo sperimentale i cui contenuti televisivi e interattivi non sono, di conseguenza, ancora tutti concretamente fruibili e di cui, soprattutto, non è garantita l'integrale copertura territoriale. La televisione digitale terrestre, infatti, non è ancora una realtà completamente operativa, considerato, in particolare, che la copertura effettiva del territorio da parte dei multiplex attualmente attivi è ancora limitata [Si trascende dalle questioni ermeneutiche circa la portata del termine "copertura" e se essa vada calcolata su indici di valutazione effettivi o potenziali …Pertanto, una larga parte della popolazione e, quindi, dei destinatari dei messaggi risulta del tutto non servita o servita con qualità non adeguata rispetto alla prospettata generale e costante fruibilità e ricevibilità del segnale. Presentare, pertanto, la televisione digitale terrestre in termini di attuale completa fruibilità, come prospettato nei messaggi segnalati, è idoneo a indurre in errore i consumatori circa le reali caratteristiche del servizio e, quindi, delle potenzialità di utilizzo del decoder necessario per la sua visione, orientandone indebitamente il comportamento economico. b) Messaggi pubblicitari diretti a promuovere il segnale digitale terrestre: Con riferimento a questa seconda categoria di messaggi si ritiene, in difformità con il parere reso dall'AGCom, che essi presentino i contestati profili di decettività…. Passando al merito della valutazione della contestata ingannevolezza i messaggi diffusi da DGTVì sul proprio sito Internet e da RTI sulla rivista Eurosat n. 134 del marzo 2004 , nonché attraverso le proprie reti televisive in data 30 marzo 2004, essi presentano un contenuto informativo gravemente carente per chiarezza e completezza; ciò in considerazione soprattutto dell'omessa indicazione della natura, al momento solo sperimentale, del servizio televisivo offerto e della consequenziale
carente copertura territoriale del segnale, a fronte della grande enfasi conferita alle pretese caratteristiche di attualità, generale fruibilità e gratuità della televisione digitale terrestre ("oggi c'è una TV più bella, più ricca, più coinvolgente […] e tutto grazie al nuovo segnale digitale terrestre che già oggi puoi ricevere a casa tua. SENZA CAMBIARE TELEVISORE, SENZA CAMBIARE ANTENNA SENZA PARABOLA, SENZA ABBONAMENTO. Tutto ciò che ti serve è un box interattivo: lo colleghi alla tv ed entri in sintonia con il futuro"; "TV digitale terrestre multicanale. Interattiva. Gratuita"; "la televisione digitale terrestre ti aspetta: con il box digitale interattivo puoi rendere la tua televisione ancora più ricca e coinvolgente[…]"; "Si può accedere tramite il normale televisore e un adattatore digitale o box interattivo che basta collegare alla normale antenna televisiva e alla linea telefonica fissa o mobile per avere i servizi interattivi […])". Richiamando quanto già osservato al precedente punto a) circa la non attualità di un servizio che, anche utilizzando i dati di copertura più favorevoli alle parti, risulta in ogni caso fruibile solo parzialmente e spesso con qualità soltanto accettabile, tali valutazioni risultano a maggior ragione valide se riferite, non già all'insieme dei multiplex attivi, ma a quelli di un solo operatore, ossia nel caso di specie di Mediaset. Le sue reti digitali hanno, infatti, una copertura necessariamente inferiore a quelle indicate nel punto a) che, come detto, riguardano "i risultati relativi alla copertura cumulativa" [Cfr. Relazione AGCom, cit. In particolare, al punto 12 della Relazione si legge che: "[…] … Per escludere il profilo di ingannevolezza prospettato dalle associazioni segnalanti, il messaggio pubblicitario deve essere idoneo a rendere edotto il consumatore dei termini, modi e condizioni indispensabili alla fruibilità di un bene o servizio…I messaggi promozionali in esame sono, infatti, congegnati in modo tale da indurre il consumatore a confidare nella generalizzata fruibilità della tecnologia digitale e dei connessi servizi interattivi, con un'offerta di programmi pari o superiore a quella della tv analogica. Il consumatore è, pertanto, portato a considerare la televisione digitale terrestre come fungibile sia sotto il profilo quantitativo, che qualitativo rispetto a quella analogica, che utilizza da sempre, ingenerando di conseguenza aspettative non rispondenti al reale stato dei fatti. In merito si richiama quanto già affermato circa il fatto che la televisione digitale terrestre, allo stato, non è ancora una realtà completamente operativa; trattasi infatti di una tecnologia emergente, in fase sperimentale e, pertanto, non ancora affermatasi compiutamente presso gli utenti finali, come conferma la richiamata normativa di settore e la relazione dell'AGCom che, con particolare riferimento all'offerta di contenuti afferma che "la programmazione rimane ancora largamente al di sotto delle potenzialità del mezzo digitale […]. I vantaggi della trasmissione interattiva sono ancora largamente inespressi, come d'altra parte l'auspicata associazione fra programmi televisivi e contenuti interattivi appare poco più che sperimentale". La perentorietà delle affermazioni contenute nei messaggi in esame circa la completa attualità del servizio e dei suoi contenuti crea, pertanto, un contesto informativo incompleto ed equivoco che non può superarsi neppure in considerazione dei rinvii ad altre fonti informative... La decettività dei messaggi si riscontra altresì nella prospettazione della completa gratuità della televisione digitale terrestre. La summenzionata relazione dell'AGCom evidenzia la sussistenza di possibili switching costs, "dovuti all'aggiornamento tecnologico (ad esempio i costi connessi ad adattamenti degli impianti di ricezione), o spese legate all'uso dei servizi interattivi (costi di connessione alle reti telefoniche, innanzitutto)". Costi che, peraltro, vengono ammessi anche da RTI nei propri scritti difensivi. III) La svendita dei decoder per la ricezione del segnale televisivo digitale terrestre e l'ingannevolezza delle promozioni sul contributo statale di alcuni gruppi della grande distribuzione. La citata decisione dell'Autorità ha confermato le tante perplessità manifestate al Movimento circa la grave ingannevolezza che ha caratterizzato sin dall'inizio la promozione ai consumatori di questa nuova tecnologia. Tuttavia, nonostante tale autorevole pronuncia, le vere e proprie falsità in materia di promozioni sui decoder sono proseguite ancora per tutto il 2004. Il Movimento ha cercato di fare buona guardia e con ricorso del 18 ottobre 2004 denunciava all'Antitrust la campagna pubblicitaria sul decoder posta in essere da Mediaword, la più grande catena di vendita di elettronica in Italia, di cui è titolare la Mediamarket spa. A patire dal 3 ottobre nei magazzini della società è stata avviata una vera e propria distribuzione gratuita di decoder, ovviamente al netto dei 150 euro pagati dallo Stato per ogni apparecchio piazzato. Il tutto contornato da manifesti ed inserzioni pubblicitarie che non menzionavano affatto i precisi limiti per la concessione del contributo (come l'essere in regola con il pagamento del canone di abbonamento Rai) ed, anche in questo caso, senza fare alcuna menzione della necessità, prima dell'acquisto, di verificare l'effettiva copertura da parte del segnale digitale. Addirittura la campagna è di fatto proseguita anche dopo l'esaurimento dello stanziamento pubblico. A ben 11 giorni dal termine dei contributi, ancora persistevano in luoghi aperti al transito di milioni di consumatori cartelloni pubblicitari che invitavano a recarsi nei magazzini Mediaword "La Romanina", "Primavera" ed a "Tor Vergata Viale Schiavonetti" per usufruire del contributo statale ormai terminato da giorni. Attualmente l'Antitrust sta indagando sull'episodio nell'ambito del procedimento istruttorio n. 4693/04 e con provvedimento del 25.11.04 ha deliberato la sospensione cautelare provvisoria della suddetta pubblicità. Stessa tecnica della distribuzione di decoder gratis, a spese dello stato, è stata attuata dalla catena Unieuro che si è attivata quando gli incentivi erano ormai finiti. IV) Il contributo statale per l'acquisto del decoder ed il rischio di speculazioni sul costo effettivo di produzione e vendita. Alle centinaia di migliaia di decoder regalati fanno da sfondo i 105 milioni di euro stanziati dal Governo in carica per complessivi 700 mila contributi e finiti nelle tasche di produttori, distributori e venditori nel solo 2004. La promozione del costo zero non è stata certo una operazione sottocosto, infatti, si ritiene che il margine di guadagno
dei vari componenti della filiera non sia stato inferiore al 10-15% del contributo statale. I produttori hanno lanciato sul mercato in un primo momento apparati per la ricezione del DVB-T al costo di 400 euro, inducendo il Ministero delle Comunicazioni a fissare l'ammontare del contributo a ben 150 euro. Sorprendentemente, nella seconda metà del 2004 è risultato che il solo contributo era tale da soddisfare produttori, distributori e venditori, assicurando ad essi un congruo guadagno. Per la cronaca, è opportuno segnalare che in Gran Bretagna il decoder per il digitale terrestre è venduto a 39 sterline, non più di 60 euro, mentre una stima effettuata dalla REA calcola che al fabbricante l'apparato costa non più di 30 euro. Ma non basta l'Esecutivo vorrebbe stanziare altri 110 milioni di euro, portando il contributo per ogni impianto a 70 euro , oltre ai 5 milioni di euro all'anno per il triennio 2005-2007 in favore della Fondazione di ricerca Ugo Bordoni. In meno di un anno da 400 euro, il costo medio di un decoder interattivo è passato a 150 euro, poi a 120 euro ed, infine, in ottobre a 70 euro. Nulla si conosce in merito ai parametri o agli studi che hanno portato il Ministero delle Comunicazioni a fissare l'ammontare del contributo. Il Movimento Difesa del Cittadino reputa opportuno che, prima di essere definitivamente approvato, il Parlamento e le competenti commissioni facciano piena luce sui meccanismi di quantificazione ed erogazione del contributo statale per l'acquisto del decoder per il digitale terrestre, onde evitare gravi speculazioni a vantaggio di alcune imprese ed ai danni delle casse dello Stato e delle tasche dei cittadini, chiamati anche quest'anno ad ulteriori sacrifici. Sarebbe opportuno che chi di dovere verificasse anche le partecipazioni nelle società di produzione dei decoder, onde garantire che non sussistano conflitti di interesse cui, purtroppo, siamo da tempo abituati. V) Lo spegnimento della televisione analogica del 31.12.2006 e le conseguenze della imposizione della tecnologia DTT sulla generalità delle famiglie Italiane. La strana fretta del legislatore nel concretizzare la rivoluzione televisiva digitale terrestre ha posto il 31 dicembre 2006 come data di spegnimento della televisione analogica. In un anno e solo grazie al più che generoso contributo statale sono stati venduti o per meglio dire regalati circa 800.000 decoder. Le famiglie italiane sono 21.503.088, ciascuna delle quali possiede in media almeno 2 televisori. Oltre ad essere ben lontani dalla diffusione capillare del DTT, si sottolinea che le predette famiglie dovrebbero spendere circa tre miliardi di euro per applicare il decoder ad una sola tv, mentre se volessero utilizzare entrambi gli apparecchi dovrebbero spendete altri tre miliardi di euro per acquistare il secondo decoder, secondo la regola tecnica sempre taciuta per cui ciascun televisore necessita del proprio decoder. Ai detti costi si aggiungono i gravi problemi derivanti dalla inutilizzabilità da un giorno all'altro di milioni di apparecchi televisivi non dotati di decoder che, pertanto, saranno letteralmente buttati nella spazzatura. VI) Disamina delle principali problematiche e dei switching costs a carico dei consumatori per l' installazione e la fruizione di impianti per la Televisione Digitale terrestre. Oltre alla confusione ingeneratasi tra i consumatori a causa di una campagna pubblicitaria forse troppo semplicistica ed affrettata, il vero problema per la diffusione effettiva della tecnologia digitale terrestre resta la necessità per molti utenti di sobbarcarsi modifiche dell'antenna a proprie spese. Come sottolineato dal settimanale Focus del Febbraio 2004 "non più del 10% di tutte le antenne d'Italia" sarebbe adatto al digitale senza modifiche. La caratteristica delle trasmissioni in digitale è che o il segnale è sufficiente e dunque la trasmissione si vede, oppure, se carente, il neo - telespettatore digitale non vedrà nulla. Ma cosa sta accadendo nel frattempo alle circa 800 mila famiglie che hanno in casa un decoder per la ricezione del segnale televisivo digitale terrestre? Una prima risposta a questa domanda l'hanno data le centinaia di segnalazioni pervenute al numero verde predisposto dal Movimento Difesa del Cittadino nell'ambito della campagna Sos Decoder. Dalla disamina dei reclami si è potuto riscontrare che problematiche derivanti dalla conversione dell'analogico al digitale si possono suddividere in 2 casistiche fondamentali: impianti singoli monofamiliari; impianti condominiali centralizzati. VII.I ) Impianti TV singoli monofamiliari. Il primo e più grave problema riscontrato nella generalità dei consumatori è stata la difficoltà di installazione del decoder con gli altri apparati a causa della complicata manovra di collegamento con vari apparecchi già connessi alla TV (DVD, decoder satellitare, videoregistratore, consolle per videogames ecc.). Dopo essere riusciti nel collegamento, molti cittadini hanno segnalato difficoltà nella sintonizzazione anche automatica. Accade poi che, pur installando correttamente il ricevitore, le immagini non si vedano bene (a quadratoni) o che al posto dell'audio si sentano sibili. In tutti questi casi il consumatore è costretto a chiamare un tecnico antennista che pone in essere una serie di interventi tipici quali: 1. orientazione o sostituzione dell'antenna; 2. aggiunta e accoppiamento di antenne in parallelo; 3. spostamento dell'antenna di qualche metro; 4. aggiunta del modulo amplificatore; 5. ritaratura del modulo da 5,5 MHZ a 8 MHZ; 6. aggiunta di trappole e filtri sulle testate per permettere la contemporanea ricezione dei canali analogici e digitali; 7. aggiunta di preamplificatori di testata o di amplificatori con controllo automatico di guadagno per le zone in
cui il segnale è fluttuante. Il costo dei suddetti interventi varia a seconda delle necessità a partire dalla sola manodopera per la installazione del decoder che si aggira intorno ai 70-100 euro comprensivi di diritto di chiamata sino ai 500 euro ed oltre per le ulteriori operazioni. VII.II) Impianti TV centralizzati plurifamiliari In molti edifici, soprattutto nei centri urbani, l'impianto di ricezione del segnale televisivo è centralizzato e condominiale, cioè pro quota appartenente a tutti i membri del condominio. E' ormai acclarato che la stragrande maggioranza degli impianti centralizzati necessiterà di interventi vista la diversa direzione dei segnali digitali rispetto ai canali analogici esistenti. Oltre alla necessità di autorizzare la detta innovazione sul bene comune da parte di non sempre disponibili assemblee, i problemi che si sono riscontrati sono simili a quelli per gli impianti singoli. La principale causa della mancata visione delle trasmissioni televisive digitali è la carente schermatura dei cavi che portano il segnale dall'antenna ai singoli appartamenti; la conformazione della rete distributiva lineare e non stellare; la mancata schermatura dei partitori che distribuiscono il segnale nelle diverse unità immobiliari. Anche in questi casi il costo dell'intervento può essere minimo, cioè solo della manodopera per la ritaratura dell'antenna, ma può essere anche considerevole laddove si renda necessario il rifacimento totale dell'impianto. VII.III) I costi telefonici della " piena interattività" e gli interrogativi sulle modalità di fatturazione. Tra gli switching costs che gli utenti dovranno sopportare per la fruizione del DTT vi saranno naturalmente anche quelli legati alla cosiddetta interattività, intesa quale possibilità di interagire con i programmi attraverso il cosiddetto canale di ritorno. Come più volte denunciato dal Movimento l'ingannevolezza dei messaggi pubblicitari sul DTT si rinviene soprattutto laddove al fine di non intimorire le famiglie si omette di chiarire che il decoder per essere pienamente interattivo deve collegarsi alla rete telefonica come qualsiasi computer dotato di modem. L'Antitrust ha confermato tale profilo di ingannevolezza nel citato provvedimento n. 13678 del 14.10.04. L'interattività attuata attraverso il cosiddetto "canale di ritorno" del decoder non sarà gratuita, bensì soggetta alle ordinarie tariffazioni di chiamata telefonica esistenti sul mercato, ed il consumatore dovrà necessariamente attivarlo allorquando il telespettatore debba esprimere un voto o effettuare una transazione. Si ignora ancor oggi in che modo tali costi saranno fatturati in bolletta, visto il preciso divieto fissato dalla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di fornire prodotti e servizi per il tramite dell'addebito all'utente del traffico indirizzato a numerazioni internet. . VIII CONCLUSIONI In mancanza di approfondimenti e modifiche in sede politica e legislativa, la vicenda del digitale terrestre rischia di diventare uno dei più clamorosi casi di asservimento dell'interesse pubblico all'evoluzione tecnologica a ben più discutibili interessi privati di poche società operanti nel settore delle comunicazioni televisive. Gli errori sono iniziati già sotto il Governo Amato, che aveva stabilito il 2006 come data di passaggio definitivo dalla TV analogica a quella digitale terrestre. Questa improvvida determinazione è stata utilmente assecondata dall'attuale Esecutivo per salvaguardare di fatto il futuro core businnes della sola Mediaset, impegnata da tempo in massicci investimenti sugli sviluppi commerciali del digitale, a differenza della RAI. Si propone in proposito un rinvio al 2010 per l'effettivo spegnimento della TV analogica. Gli utenti sono stati e vengono fortemente penalizzati dalle politiche commerciali riguardanti i decoder per il DTT, sia attraverso messaggi dichiarati ingannevoli dall'Autorità Antitrust, sia dall'effettivo esborso che devono affrontare laddove decidano di passare alla nuova tecnologia, sia infine, dall'offerta di programmi sostanzialmente ripetitiva e per nulla innovativa rispetto alla attuale TV analogica ed ancora enormemente inferiore alla varietà di quella satellitare. Molte comunità ed intere province restano scoperte dal segnale televisivo digitale terrestre e rischiano di essere completamente oscurate dalle trasmissioni televisive in DTT. C'è uno sperpero di denaro pubblico anche nel finanziamento dell'acquisto dei decoder; queste risorse potrebbero più utilmente essere indirizzate verso tecnologie più mature e più necessarie all'avanzamento economico e socioculturale del nostro Paese: anzitutto la banda larga, ancora assente in molta parte del territorio. Altrettanto inaccettabile è la penalizzazione della radio digitale, che invece potrebbe essere molto più utilmente sostenuta a vantaggio di tutta la collettività . Ben poco credibili risultano le affermazioni circa paventati servizi interattivi di T-Governement al servizio dei telespettatori visto che si concretizzerebbero in un qualcosa molto simile all'attuale televideo. Tutto ciò che si pensa di fare dal 2006 in poi in tema di servizi di informazione attraverso il segnale digitale terrestre lo si fa oggi meglio, più rapidamente, con maggiore scelta e minor spesa tramite internet. Il vero obiettivo delle società private che stanno sostenendo la diffusione del DTT con milioni di euro di spot ed
inserzioni pubblicitarie, ben lungi dall'essere quello di migliorare le condizioni di vita dei cittadini, è quello di fare del set top box digitale la vera e propria cassa attraverso la quale le famiglie, inserendo smart card prepagate acquistino non solo programmi tramite il cosiddetto pay per view (vedasi le paventate partite di calcio a 4 euro che sta studiando il gruppo Mediaset), ma anche beni e servizi come quelli pubblicizzati nelle telepromozioni (vedasi ad esempio le televendite di Mediashopping in onda sempre più spesso sulle reti Mediaset). In ultimo la circostanza che dal 1° gennaio 2001 ben più di 21.503.088 televisioni, se privi di decoder per la ricezione del DTT, dovranno essere buttati ingenera il rischio di una problematica ambientale relativa allo smaltimento senza procedenti nella storia italiana. Per questi motivi il Movimento, conferma di non essere contrario alla diffusione della tecnologia radiotelevisiva digitale terrestre in Italia, ma ha deciso di avviare una forte campagna di dissenso contro l'attuale gestione del passaggio e avverso lo stanziamento degli annunciati 110 milioni di euro per il 2005: è davvero grottesco che in una Finanziaria che non trova i soldi per nulla, si mettano a disposizione del digitale terrestre (o per meglio dire dei produttori, distributori e venditori di decoder, nonché dei gruppi televisivi interessati al pay per view) queste somme ingenti e di fatto a fondo perduto. APPENDICE NORMATIVA 1) Cenni sulle principali norme in materia di Digitale Terrestre. Le prime norme in materia di digitale terrestre risalgono al 2001 con il Decreto Legge 23 gennaio 2001, n. 5, recante "Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi" convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66. Il Decreto del Ministero delle comunicazioni del 24 luglio 2001, ha definito per la prima volta il "Programma per lo sviluppo e la diffusione in Italia delle nuove tecnologie di trasmissione radiotelevisiva digitale su frequenze terrestri e da satellite e per l'introduzione dei sistemi audiovisivi terrestri a larga banda", ed è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 182 del 7 agosto 2001. Successivamente, la Deliberazione dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 435/01/CONS del 15 novembre 2001, ha statuito il regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale. Con l'art. 41, comma 7, della Legge 16 gennaio 2003, n. 3, si è disciplinata la sperimentazione di trasmissioni televisive digitali terrestri e di servizi interattivi, con particolare riguardo alle applicazioni di carattere innovativo nell'area dei servizi pubblici e dell'interazione tra i cittadini e le amministrazioni dello Stato. Due Decreti del Ministero della Comunicazioni e dell'Economia, datati 24.12.03 e 30.12.03, hanno definito le procedure per l'attribuzione del Contributo per la televisione digitale terrestre, ai sensi dell'art. 89, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 il ed Contributo per la televisione digitale terrestre e per l'accesso a larga banda ad internet ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350. 2) Il rinvio alle Camere del Disegno di Legge Gasparri del 02.12.03 da parte del Presidente della Repubblica. Principali dubbi di incostituzionalità. Il 15 Dicembre del 2003 il Presidente della Repubblica rifiutava di promulgare in legge il D.dl Gasparri, definitivamente approvato dal senato il 2 Dicembre 2003, rinviandolo alle Camere. L'art. 25 della norma disciplinava l'attuazione del Digitale terrestre. In proposito il Presidente Ciampi sottolineava che "dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 466/2002 - i cui contenuti essenziali sono stati richiamati dai Presidenti della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nelle audizioni rese alle Commissioni riunite VII e IX della Camera dei Deputati il 10 settembre 2003 - discende, pertanto, che, per poter considerare maturate le condizioni del diverso futuro assetto derivante dall'espansione della tecnica di trasmissione digitale terrestre e, quindi, per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante da tale espansione. Sul punto ritengo di dover formulare alcune osservazioni in merito alla compatibilità di talune disposizioni della legge in esame con la sentenza n. 466/2002 della Corte Costituzionale. Una prima osservazione riguarda il termine massimo assegnato all'Autorità per effettuare detto esame: "entro i dodici mesi successivi al 31 dicembre 2003" (articolo 25, terzo comma). Questo lasso di tempo - molto ampio rispetto alle presumibili occorrenze della verifica - si traduce, di fatto, in una proroga del termine finale indicato dalla Corte Costituzionale. Una seconda osservazione concerne i poteri riconosciuti alla Autorità: questa, entro i trenta giorni successivi al completamento dell'accertamento, invia una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari, "nella quale verifica se sia intervenuto un effettivo ampliamento delle offerte disponibili e del pluralismo nel settore televisivo ed eventualmente formula proposte di interventi diretti a favorire l'ulteriore incremento dell'offerta di programmi televisivi digitali terrestri e dell'accesso ai medesimi" (articolo 25, terzo comma). Ne deriva che, se l'Autorità dovesse accertare, entro il termine assegnatole, che le suesposte condizioni (raggiungimento della prestabilita quota di popolazione da parte delle nuove reti digitali terrestri; presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili; effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche) non si sono verificate, non si avrebbe alcuna conseguenza certa.. La legge, infatti, non fornisce indicazioni in ordine al tipo e agli effetti dei provvedimenti che dovrebbero seguire all'eventuale esito negativo dell'accertamento. Si consideri, inoltre, che il paragrafo 11, penultimo capoverso, delle considerazioni in diritto della sentenza n. 466, recita: "D'altro canto, la data del 31 dicembre 2003 offre margini temporali all'intervento del legislatore per
determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui al comma 7 dell'articolo 3 della legge n. 249 del 1997". Ne consegue che il 1° gennaio 2004 può essere considerato come il dies a quo non di un nuovo regime transitorio, ma dell'attuazione delle predette modalità di cessazione del regime medesimo, che devono essere determinate dal Parlamento entro il 31 dicembre 2003. Si rende, inoltre, necessario indicare il dies ad quem e, cioè, il termine di tale fase di attuazione. Tutto ciò detto in relazione alla compatibilità delle succitate disposizioni della legge in esame con la sentenza n. 466 del 20 novembre 2002, non posso esimermi dal richiamare l'attenzione del Parlamento su altre parti della legge che - per quanto attiene al rispetto del pluralismo dell'informazione - appaiono non in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale 3) Il "nuovo" Disegno di Legge Gasparri, approvato definitivamente dal Senato il 30.04.04. Il D.dl Senato 2175-B/bis rubricato: "Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonchè delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione" ha cercato in qualche modo di colmare le lacune di costituzionalità del provvedimento. In particolare il rinnovato Art. 25 (Accelerazione e agevolazione della conversione alla trasmissione in tecnica digitale) così recita: 1. Ai fini dello sviluppo del pluralismo sono rese attive, dal 31 dicembre 2003, reti televisive digitali terrestri, con un'offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali. 2. La società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, avvalendosi anche della riserva di blocchi di diffusione prevista dal decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, è tenuta a realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga: a) dal 1° gennaio 2004, il 50 per cento della popolazione; b) entro il 1° gennaio 2005, il 70 per cento della popolazione. 3. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro il 30 aprile 2004, svolge un esame della complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri allo scopo di accertare contestualmente, anche tenendo conto delle tendenze in atto nel mercato: a) la quota di popolazione coperta dalle nuove reti digitali terrestri che non deve comunque essere inferiore al 50 per cento; b) la presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi accessibili; c) l'effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche. 4. Entro trenta giorni dal completamento dell'accertamento di cui al comma 3, l'Autorità invia una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nella quale dà conto dell'accertamento effettuato. Ove l'Autorità accerti che non si siano verificate le predette condizioni, adotta i provvedimenti indicati dal comma 7 dell'articolo 2 della legge 31 luglio 1997, n. 249. La norma ha già suscitato non poche polemiche tra le varie forze politiche e, ad avviso della scrivente Associazione, i rilievi di incostituzionalità sollevati dal Capo dello Stato non sono stati superati dalle modifiche apportate. In ogni caso, si è rilevato che le azioni di mercato seguite alla attuazione della legge sul digitale terrestre stanno facendo emergere alcune gravi carenze nei confronti degli utenti.
Puoi anche leggere