LA FASE 2 A SCUOLA: magheggio o logica?
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LA FASE 2 A SCUOLA: magheggio o logica? ANCODIS: la ripartenza della scuola nell’A.S. 2020/2021. Tornare a scuola in presenza ed in piena sicurezza: sincero auspicio o azzardata ipotesi? Riprendiamo il nostro viaggio nella scuola vera, quella degli addetti ai lavori, per parlare senza ipocrisie, né reticenze di cosa sta succedendo. Se guardiamo alla scuola del mese di settembre è chiara una cosa: sarà un grande punto interrogativo per quanto riguarda l’organizzazione, il funzionamento, la didattica. Sono state pubblicate, sul sito del Ministero, le attese indicazioni del Comitato tecnico- scientifico che sembrano dare spazio all’autonomia scolastica (prevista dal DPR 275/1999), considerandola però solo come autonomia didattica ed organizzativa, senza alcun riferimento a quella finanziaria. Chi conosce la realtà scolastica, sa bene che, la gestione e l’organizzazione di un sistema complesso quale è la scuola di oggi, saranno messe a dura prova, se non si metteranno in
campo dei protocolli organizzativi e didattici (spazi e numero di allievi, attività didattica in presenza integrata a quella a distanza, orari flessibili). E’ necessario un CCNL, innovato e coerente ai nuovi bisogni organizzativi, sulle adeguate e necessarie risorse finanziarie, sulla conoscenza degli elementi di criticità e dei punti di forza che connotano ogni IS. Chiunque ha la minima percezione della complessità di una scuola, non può non riconoscere che sarà un’ardua impresa coniugare aspetti organizzativi, gestionali, didattici con quelli derivanti dalla sicurezza anche sanitaria (protocollo antisismico, antincendio, antinfortunistico, antistress ed oggi anti contagio). Ecco perché, come redazione di betapress, abbiamo incontrato ROSOLINO CICERO Presidente dell’ANCODIS (ASS. NAZ. COLL. DIR. SCOL.) Betapress– Prof. Cicero, buongiorno, iniziamo dalle indicazioni formulate dal C.T.S. per il rientro a scuola in
sicurezza… Cicero– Il C.T.S. segnala, con apparente semplicità, che le misure organizzative in tutte le scuole si dovranno fondare sul distanziamento fisico. Ma è evidente che il distanziamento fisico presenta i caratteri di una enorme complessità che dovrà tradursi in scelte organizzative delle quali occorrerà valutare l’impatto nei confronti del personale, degli alunni (sulla base dell’età e dell’autonomia) e dei genitori (conciliazione tempo scuola con il lavoro), prevedere e progettare adeguate misure di igiene e di prevenzione. Betapress– Ma nelle scuole, ci sono gli spazi per garantire il distanziamento sociale? Cicero– Attualmente no! Di sicuro, bisognerà valutare gli ambienti di apprendimento, gli spazi interni ed esterni che dovranno essere rimodulati. Ci saranno nuove necessità organizzative e didattiche, con dotazione di arredi e di postazioni degli alunni e del personale rispettose del prescritto distanziamento e della previsione di una superficie di almeno 3.14 mq per alunno.
Betapress– E chi penserà a tutto questo? Cicero– Tutto questo sarà in capo alle autonome IS che dovranno farsi carico di ideare e progettare soluzioni organizzative per la gestione degli spazi (aule, laboratori, palestre, mense, teatri), per la fruizione degli stessi secondo tempi e possibili turnazioni, per l’attività didattica in presenza e non, per la prevenzione di assembramenti di persone negli spazi scolastici esterni ed interni, per la predisposizione di percorsi idonei a garantire la necessaria sicurezza anche attraverso adeguata segnaletica, per la differenziazione delle fasi di ingresso e di uscita degli alunni sulla base dell’età e delle aree di accesso disponibili nei plessi e compatibilmente con le caratteristiche strutturali e di sicurezza dell’edificio scolastico, per l’individuazione di uno spazio idoneo ad accogliere tempestivamente eventuali casi di personale o alunni con temperatura superiore ai 37.5°. Betapress– Ma è un lavoro immane! Cicero- Appunto! Nessuno, al MIUR, si pone il tema di chi si dovrà fare carico di tutto questo: ci permettiamo di dire che disconoscere questo significa non conoscere come funziona oggi una scuola oppure fare finta di non conoscerla (ed è questo secondo caso ciò che più ci preoccupa).
Betapress– Prof. Cicero, cosa si sente di dire alla ministra Azzolina? Cicero– I Collaboratori di Ancodis che vivono la scuola anche nelle sue emergenze e criticità chiedono alla Ministra, alle forze politiche, alle OO.SS., a chi si occupa di informazione scolastica di porre attenzione a quanti saranno impegnati nei mesi estivi ad organizzare la ripartenza di settembre insieme ai DS, ai DSGA, agli RSPP ed avranno poi l’incarico di coordinare, vigilare e monitorare per un intero anno scolastico l’organizzazione, i comportamenti di alunni, del personale e dei genitori, il rispetto dei protocolli di sicurezza, il corretto sviluppo delle attività didattiche in tutti i plessi. Betapress- Sembra proprio che la scuola vera sia lontana anni luce da quella della propaganda istituzionale… Cicero- Nella scuola della ripartenza non si possono ignorare le decine di migliaia di docenti che si spendono per le loro IS ed assumono oneri e responsabilità restando – a causa di una insopportabile indifferenza – fuori da ogni attenzione da parte delle Istituzioni e delle OO.SS.. Betapress– Qual’ è il rischio maggiore? Cicero– Alle condizioni odierne, senza alcun riconoscimento professionale e nessuna tutela legale, molti potrebbero – già al termine di
questo anno scolastico – rinunciare all’incarico di collaborazione mettendo in crisi l’organizzazione ed il funzionamento delle loro scuole. Chi conosce davvero la scuola del giorno dopo giorno, la scuola dell’emergenza, la scuola dei conflitti, la scuola dei servizi generali ed amministrativi, la scuola delle reggenze, la SCUOLA reale insomma, è ben consapevole che i Collaboratori del DS e le figure di sistema con grande spirito di servizio e professionalità assumono ruoli onerosi di tempo e di responsabilità senza alcuna attenzione né giuridica né contrattuale. Dunque, come redazione di betapress non possiamo che sottoscrivere e divulgare il comunicato stampa di Ancodis, con delle specifiche e puntuali richieste al C.T.S. per il rientro a scuola in sicurezza. Per Ancodis, alle azioni previste nelle indicazioni del Comitato tecnico scientifico, occorre aggiungere le seguenti proposte: abrogazione dell’articolo 1, commi 332 e 333, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (divieto supplenza per il primo giorno di assenza e nei primi sette giorni di assenza per la sostituzione dei collaboratori scolastici per poter garantire il controllo e la sicurezza degli
alunni in tutti gli spazi scolastici); rendere fruibili e sicuri TUTTI gli spazi presenti in un plesso scolastico poiché risultano edifici utilizzati in misura ridotta per inadeguatezza dei locali o per abbandono manutentivo ordinario; prevedere – in caso di assenza dei necessari spazi ed ove possibile – strutture prefabbricate adatte allo svolgimento in sicurezza delle attività didattiche; esonero del Collaboratore principale con unità di potenziamento in tutte le IS per monitorare l’applicazione delle misure di sicurezza e di prevenzione sanitaria e collaborare a tempo pieno con il DS ed il DSGA nella gestione e nell’organizzazione; tutela legale a carico della scuola di tutti i Collaboratori che assumono incarichi di preposti ai sensi del D. Lgs 81/08 (Fiduciari/Responsabili di plesso distaccato); ed, infine, istituire l’area del middle management nel sistema scolastico italiano del quale tanti parlano ma nessuno prova davvero a mettere la prima pietra. Ancodis ritiene queste proposte URGENTI, NECESSARIE, COERENTI ed economicamente SOSTENIBILI per poter finalmente dire che nella scuola della convivenza con Covid 19 chi si occupa di organizzazione, funzionamento e didattica merita rispetto ed attenzione.
Maestra mi manchi…..
La scuola ai tempi del coronavirus Il Digital Divide Scuola ai tempi del Covid 19. Palermo. Tutor per alunni disagiati. Sta per concludersi un anno scolastico a dir poco rocambolesco, in cui gli addetti ai lavori, strenuamente, hanno cercato di agire e di reagire di fronte ad un’emergenza sanitaria che, nella scuola, è diventata emergenza sociale ed educativa. Oggi, incuriositi dalla testimonianza di Carmen Buglisi, a proposito del Progetto Consulta Studentesca di Palermo, un’iniziativa di tutoraggio di alunni in difficoltà, abbiamo voluto capire come e perché, nelle realtà più disagiate, si partoriscano le risposte più adeguate. Ma soprattutto dare, nei fatti, una prova al Miur, di come la realtà della scuola sia
un’altra rispetto alla propaganda politica e alla spendibilità mediatica di certe boutade ministeriali. Siamo tornati a Palermo per intervistare la Prof. Giusy Lubrano, referente provinciale della CPS di Palermo per l’USR Sicilia Ufficio I Ambito Territoriale di Palermo. Betapress– Buongiorno, Prof.ssa Lubrano, ci dica subito cosa sta succedendo nella realtà scolastica palermitana in questo periodo? Lubrano– I rappresentanti della Consulta provinciale degli studenti di Palermo, in questo particolare momento di pandemia che ha stravolto le nostre vite, stanno portando avanti un’attività di accompagnamento didattico, ma anche di ascolto. Una forma di “tutoraggio” a distanza a favore dei compagni più piccoli e precisamente delle alunne e degli alunni delle tre scuole palermitane inserite nel progetto Emergenza Educativa del MIUR promosso in accordo con l’Assessorato Regionale di Istruzione e Formazione della Sicilia.
Betapress– Quando è nata questa iniziativa? Lubrano– Lo scorso anno scolastico, alla presenza di rappresentanti del MIUR, nel mese di marzo 2019 l’ex presidente della CPS ha firmato un protocollo d’intesa insieme all’Assessore Regionale all’Istruzione Lagalla con i Dirigenti Scolastici delle scuole Falcone dello Zen, Giuliana Saladino del Cep e Rita Atria del centro storico di Palermo, inserite in contesti sociali particolarmente disagiati della nostra città. Betapress– Come avete trovato gli studenti disponibili a fare da tutor? Lubrano– Sono stati gli studenti stessi delle scuole superiori che hanno deciso di offrirsi come tutor. In sede di assemblea plenaria, infatti, gli studenti avevano deliberato di mettersi a disposizione dei ragazzi di quelle scuole per iniziative extracurricolari di doposcuola, ascolto, attività ludiche sportive e musicali e quant’altro fosse opportuno realizzare per fare stare meglio i loro piccoli amici. Betapress– Iniziativa veramente significativa, questa sì che è una risposta
alla dispersione scolastica! Quest’ anno com’è andata? Lubrano– Quest’anno, dopo il comprensibile smarrimento iniziale e il tumultuoso avvio della didattica a distanza, dietro mio suggerimento in qualità di Referente provinciale della Consulta degli studenti presso l’Ambito Territoriale di Palermo, si è deciso di mettere in pratica, se non in presenza a distanza, quanto concordato in quel protocollo. Betapress– Praticamente avete convertito il progetto adattandolo alla DAD? Lubrano– Esattamente così. Sono orgogliosa di poterle dire che da circa due mesi abbiamo avviato le attività di tutoraggio, dopo aver ricevuto le candidature da parte degli studenti delle scuole superiori di Palermo e provincia (quasi trecento). Ho contattato i tre Dirigenti scolastici e ho presentato loro la nostra proposta di “tutoraggio” a distanza. Betapress– Qual’ è stato il ruolo dei Dirigenti? Lubrano– I Dirigenti hanno compilato un modulo appositamente predisposto in collaborazione con il Prof Rosolino Cicero dell’IC Giuliana Saladino per un’analisi dei bisogni e delle necessità delle loro comunità scolastiche.
Betapress– Nel frattempo avete raccolto le adesioni dei futuri tutor? Lubrano– Precisamente. È stato preparato un modulo di candidatura per gli studenti interessati che ho inviato a tutte le scuole superiori di Palermo e provincia. Betapress– E poi avete messo in contatto l’offerta dei tutor con la domanda degli studenti in difficoltà? Lubrano– Proprio così! Dopo videoconferenze con i Dirigenti e i docenti delle tre scuole che hanno messo in situazioni i candidati tutor, ogni studente è stato affiancato ad un bambino bisognoso di aiuto. Betapress– Che mezzi vengono utilizzati per quest’azione di tutoraggio? Lubrano– Dipende, smartphone, p.c., tablet… I mezzi informatici a loro disposizione, noi abbiamo stabilito il contatto tra di loro, poi ogni singolo caso è stato gestito dal tutor ottimizzando i risultati. Betapress– Che valutazione si sente di esprimere? Lubrano– È davvero un’esperienza emozionante e coinvolgente. Un’esperienza che ci fa sentire utili e vicini,
sebbene lontani, con grande soddisfazione dei ragazzi e dei docenti e Dirigenti delle scuole coinvolte. Betapress– Prof.ssa Lubrano, chi ha creduto in quest’idea e vi ha aiutato a realizzarla? Lubrano– Desidero anche ringraziare per il supporto nella realizzazione del progetto il referente Regionale per l’USR Sicilia Prof. Giovanni Caramazza e il referente nazionale del Ministero dell’Istruzione Prof. Antonio Dinallo. Betapress– Esistono altre iniziative simili alla vostra in altre regioni o province italiane? Lubrano– L’esperienza di questo modello di Peer Education della CPS di Palermo è unica in Italia e siamo davvero felici di mettere a disposizione delle altre Consulte questa buona pratica che sta riempendo i nostri cuori di gioia e che speriamo stia colmando oltre che il “digital divide” anche in parte il vuoto nei cuori e nelle anime dei nostri piccoli ‘amici’. I loro progressi nello studio sono la misura del nostro impegno e un loro sorriso è per noi la più grande ricompensa. Come redazione di betapress abbiamo solo l’orgoglio e la soddisfazione di condividere,
con i nostri lettori, questa stupenda e significativa esperienza. Un progetto-sfida per contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica nei quartieri più difficili di Palermo. L’altra faccia della medaglia, la scuola vera ai tempi del covid 19, non la scuola di facciata, quella delle “sparate” del Miur. Una SCUOLA d’eccellenza, dove l’impegno sociale ed il valore etico delle persone coinvolte vive e realizza, nei fatti, il diritto all’istruzione di TUTTI, nessuno escluso, oggi più che mai.
Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema… La DAD non è sistema? Come redazione di betapress, continuiamo il nostro viaggio alla scoperta della scuola vera, con le potenzialità emerse e le criticità esplose in questi ultimi mesi di DAD.
L’intento è dimostrarvi che, nella scuola, come nella vita, non è come sembra, sia nel bene che nel male… Dunque, lungi da tutti gli stereotipi culturali, Nord/Sud, scuole d’élite/di massa, d’eccellenza/di disagio, vi daremo la prova dell’eccellenza al SUD, in una SCUOLA “di frontiera”, in mezzo al vero disagio sociale, cioè in Istituti Comprensivi che lottano quotidianamente contro la dispersione scolastica in un contesto di forte povertà educativa. Una sfida vinta a pieno titolo dalla collaborazione strategica tra Ufficio Scolastico di Palermo, Assessorato Regionale all’Istruzione, Consulta provinciale Studenti di Palermo. Si tratta di un Progetto che vede coinvolti, da più di due mesi, due centinaia di studenti liceali di Palermo e provincia. Sono 200 alunni del triennio delle superiori motivati e responsabili che, su base VOLONTARIA E GRATUITA, offrono supporto alla didattica di altrettanti alunni delle elementari e delle medie, alunni spesso in condizioni di difficoltà, situazione aggravata ancor più per l’emergenza educativa della Dad.
Una sorta di tutoraggio che si rivela sempre più una strategia vincente per aiutare “gli ultimi”, restati indietro non per scelta, ma per necessità. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Carmen Buglisi, il Presidente della Consulta Provinciale degli Studenti di Palermo Betapress– Signorina Buglisi, quanti anni ha e che scuola frequenta? Buglisi– Ho 18 anni e frequento il quarto anno del Liceo Classico Umberto 1° a Palermo. Betapress– Ci parli del progetto che la vede coinvolta in prima persona Buglisi– Il progetto, regolato da un protocollo di intesa siglato il 15 marzo 2019 dalla Consulta Provinciale degli Studenti (CPS) di Palermo, l’Assessorato regionale all’Istruzione e alla Formazione Professionale della Regione Siciliana e gli Istituti Comprensivi Giovanni Falcone, Giuliana Saladino e Rita Atria di Palermo, nasce su iniziativa del prof. Antonio Salvatore Dinallo, docente coordinatore nazionale delle Consulte Provinciali degli Studenti.
Betapress– Per i nostri lettori, cos’ è una Consulta Provinciale Studentesca? Buglisi– La C.P.S. è un organismo che rappresenta gli studenti delle scuole superiori italiane. E’ presente in ciascuna delle 110 province italiane e ne fanno parte 2 studenti, eletti dai loro compagni di scuola. Betapress– Dicevamo del progetto di tutoraggio destinato agli alunni più deboli…Quanto dura il progetto? Buglisi-Il progetto ha una durata illimitata. Betapress– Chi sono i Tutor? Buglisi– I tutor sono studenti che, come nel mio caso, frequentano scuole superiori di Palermo. Lavoriamo in sinergia con l’USR Sicilia e l’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo. Betapress– A chi è destinato il progetto? Buglisi– I destinatari sono tutti gli allievi dei tre Istituti Comprensivi Giovanni Falcone, Giuliana Saladino, Rita Atria, Betapress– Se non mi sbaglio, sono Istituti Comprensivi “di frontiera”… Buglisi- Infatti. Sono scuole che hanno bisogno di un supporto aggiuntivo alla didattica tradizionale, in modo da ridurre il tasso di dispersione scolastica annuo, e mira a coinvolgere gli studenti delle scuole superiori
in qualità di “tutor”. Betapress– Come sta andando la vostra attività in questo periodo? Buglisi– Lo scoppio della pandemia ha rallentato di molto la nostra burocrazia, ma d’altro canto ci ha incoraggiati a ideare un modo alternativo per lanciare il progetto. Betapress– Cioè? Buglisi– I rappresentanti degli studenti eletti nella Consulta studentesca hanno inviato agli allievi dei loro Istituti di provenienza un modulo Google, attraverso il quale chi era interessato a svolgere l’attività di tutoraggio ha potuto iscriversi al progetto. Betapress-Cioè avete monitorato il territorio, chi voleva fare da tutor e chi aveva bisogno di aiuto? Buglisi– Sì, prima abbiamo proposto un questionario per individuare chi era interessato ad essere seguito da un tutor. In seguito, coloro che hanno aderito sono stati contattati dalla Commissione Politiche Sociali della Consulta, che ha elaborato un foglio Excel con le credenziali dei partecipanti, inserendo anche le loro inclinazioni e preferenze (materie scolastiche per le quali erano disponibili ad aiutare, richieste di assegnazione a un Istituto specifico).
Betapress– Cioè avete cercato di ottimizzare le competenze dei tutor con i bisogni degli alunni in difficoltà? Buglisi– Esattamente! Per mezzo della referente della CPS Palermo, la prof.ssa Giusy Lubrano, i volontari sono stati suddivisi in tre gruppi e le tre scuole firmatarie del protocollo di intesa hanno ricevuto i dati dei partecipanti, ciascuno dei quali è stato assegnato a un allievo di quinta elementare o terza media in difficoltà. Betapress– Ma siete pagati per il vostro servizio? Buglisi– Assolutamente no! E tutto su base volontaria e gratuita. Quando la curva epidemiologica lo consentirà, partirà ufficialmente il progetto di pcto (ex alternanza) e le ore spese nelle attività di tutorato verranno riconosciute. Betapress– Incredibile! Come sta andando il progetto? Buglisi– Finora siamo stati testimoni di un’accoglienza positiva dell’iniziativa, di cui andiamo fieri: le iscrizioni sin da subito sono state numerose e stiamo raggiungendo tante famiglie, aiutando i loro figli a superare questo momento difficile.
Betapress– Ma è vero che la DAD è per tutti, come dice il Ministro? Buglisi– Non è così! Siamo testimoni in prima persona delle difficoltà che migliaia di studenti stanno vivendo, legati a problemi di accesso alla didattica a distanza e a gravi difficoltà economiche, che spesso si declinano nell’assenza di una connessione internet stabile e delle attrezzature informatiche necessarie per la frequenza delle lezioni. Betapress– Come vi state organizzando? Buglisi– Ciascun volontario programma e modella le attività sulla base delle necessità dello studente di quinta elementare o terza media che segue e da queste dipendono anche le ore giornaliere che coinvolgono entrambi nelle attività di recupero e approfondimento, oltre che di ascolto. Betapress– Insomma, diventate come dei fratelli maggiori che seguono, giorno dopo giorno, compito dopo compito, gli studenti più piccoli e più fragili… Buglisi– Proprio così! Ma ne usciamo arricchiti. Perché, fondamentale nel progetto è il profilo umano e la possibilità di instaurare rapporti solidi e garantire a tutti il diritto allo studio. Come redazione di betapress, non possiamo che complimentarci con i responsabili di questa iniziativa. Ed essere fieri di questa SCUOLA e di questa ITALIA che funzionano, nonostante tutte le sparate ministeriali della
nostra cara Ministra Azzolina, alla faccia di tutti i cervelloni del MIUR, ed in barba a tutta la lenta e complicata burocrazia del Sistema Scuola! E vi assicuriamo che la nostra indagine non finisce qui, alla prossima…
Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema… Come redazione di beta press vogliamo portarvi a fare un viaggio nella scuola vera di questo periodo, al di là di ogni propaganda politica ed oltre ogni mistificazione mediatica. E lo faremo parlando con gli addetti ai lavori, intervistando professionisti del mondo della scuola alle prese con i veri problemi di quest’importantissima agenzia formativa e strategica realtà sociale. Partiamo con un’intervista a Rosolino Cicero, Presidente Ancodis Palermo ( Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici) per scoprire insieme quale tsunami abbia investito le scuole in epoca Covid19. Betapress- Prof. Cicero come si sta trasformando la scuola in questi ultimi mesi?
Cicero-In questa tragica esperienza del contagio da coronavirus Covid 19, la scuola si è trovata improvvisamente a trasformarsi da reale e concreta a “virtuale e digitale” ed ha dovuto rimettere in discussione regole, modelli, programmazioni, relazioni ponendosi la domanda di come continuare ad essere la principale agenzia educativa dello Stato. Betapress- Secondo lei con la DaD è garantito il diritto allo studio per tutti? Cicero-Il diritto alla scuola è di tutti e per tutti: oggi, però, ci poniamo la domanda se il fare scuola attraverso la didattica a distanza è di tutti e per tutti oppure – come possono dimostrare le tante realtà scolastiche che operano nelle grandi e complicate periferie delle città – per tanti! Betapress– Eppure il Ministro parla della Dad come di un successo… Cicero-In queste settimane sentiamo parlare e vediamo raccontare sui media esperienze di scuola virtuale che fanno onore a chi le ha progettate, organizzate ed applicate in favore delle loro comunità scolastiche. Sembra però che non ci sia la consapevolezza che una percentuale non indifferente degli alunni – OGGI – sia rimasta “fuori” dalla scuola! Betapress- Quali sono i problemi verificati in questi alunni rimasti fuori dalla Dad? Cicero– C’è una parte di alunni che oggi non possono fare didattica a distanza secondo i
canoni previsti dalle piattaforme digitali per assenza di adeguati dispositivi che possano consentire loro di sentirsi protagonisti attivi nel loro percorso di formazione. Dobbiamo dirlo senza reticenza alcuna: rischiano di essere gli “ultimi” non per scelta ma per necessità! Betapress- Il Miur ha condotto sondaggi per monitorare il territorio… Cicero-Siamo curiosi di sapere quanti dispositivi idonei alla DaD hanno chiesto le scuole nell’ultimo questionario che è stato proposto ai Dirigenti scolastici! Sarà la dimostrazione del deficit di dispositivi digitali che si registra nelle famiglie dei nostri alunni! Betapress– Come Presidente dell’Ancodis, cosa vuole segnalare? Cicero-Ancodis vuole porre all’attenzione della comunità scolastica e delle sue Istituzioni la preoccupazione di tanti uomini e donne che vivono queste dolorose realtà sociali e che nonostante tutto con onore e forte etica professionale – non guardando a codici e codicilli normativi né agli obblighi contrattuali – si adoperano per non lasciare fuori nessuno. Betapress– Lei vive e lavora a Palermo, è vicepreside dell’I.C. Giuliana Saladino, com’è la realtà scolastica locale? Cicero-In tante realtà scolastiche che operano nelle cosiddette “aree a rischio”, istruire in modo non virtuale in stretta
relazione fisica dei docenti con i loro alunni e con tutte le ben note criticità è una quotidiana conquista sul campo. Oggi dopo aver sconfitto o quasi la dispersione scolastica saremo costretti forse ad iniziare una nuova battaglia ben più difficile da contrastare: la “dispersione digitale”. Betapress– In questa battaglia, basta l’impegno, direi quasi la missione dei docenti sul campo? Cicero– No, purtroppo no, in questa battaglia noi docenti possiamo fare ben poco. Qui deve entrare in campo, con determinazione e con tutte le forme possibili, lo STATO per mettere in condizioni e consentire, nel più breve tempo possibile, a TUTTI gli alunni di poter rispondere PRESENTE all’appello che ogni docente sarà chiamato a fare prima dell’inizio della sua attività didattica. In questo modo avremo reso onore all’art. 34 della Costituzione anche in tempo di didattica digitale! Betapress– Gli esami di terza media sono imminenti, in modalità telematica e sincrona, cosa ne pensa? Cicero- A tal proposito, al fine di assicurarne la regolarità e la trasparenza evitando probabili ricorsi, penso sia necessario che ciascuna scuola abbia un Regolamento SVOLGIMENTO ESAMI CONCLUSIVI PRIMO CICLO IN MODALITÀ;
TELEMATICA SINCRONA a tutela del Consiglio di classe e dell’alunno/candidato privatista (per quest’ultimo non sono previsti altri elementi di valutazione!)? Da non dimenticare, infine, nell’organizzazione e nella conduzione dell’esame conclusivo, l’obbligo della presenza di tutti i docenti del Consiglio di Classe (alias Commissione di esame) che certamente – in considerazione dell’esperienza degli anni precedenti – sarà elemento di grave criticità. Betapress– E per la valutazione? Cicero-Valutazione! Qui viene il bello! Poiché ai sensi dell’art. 4 comma 5 è possibile la non presentazione in modalità sincrona dell’elaborato, come si fa a valutare ai sensi del successivo art. 6? Si creerebbe una evidente condizione di disparità nella valutazione finale tra gli alunni/candidati! E come non possiamo non tenere conto del tema del contesto socio familiare dell’alunno/candidato che certamente condizionerà favorevolmente o negativamente la qualità dell’elaborato? Betapress- Insomma, sembra proprio che al Miur non sappiano neanche di cosa stanno parlando… Cicero-Come Ancodis continuiamo a scrivere all’Azzolina!
Speriamo di aver posto all’attenzione della Ministra, dei suoi tecnici e di tutti i protagonisti a diverso titolo interessati osservazioni che siano motivo di riflessione e di positività.
Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza. sdidatticamente parlando e non solo Il mondo della musica, e non solo, piange Ezio Bosso «La musica è per tutti perché annulla la grammatica delle lingue e ne forma una valida per ognuno di noi». Parola di Ezio Bosso Ezio Bosso è morto a 48 anni. Il direttore d’orchestra, compositore e pianista torinese aveva una malattia neurodegenerativa da anni, ma, nonostante ciò, era riuscito a diventare uno dei nomi più noti del panorama musicale italiano.
Pianista per caso, come amava dire lui stesso durante le interviste, il compositore aveva trovato la popolarità quando, nel 2016, fu invitato da Carlo Conti come ospite d’onore al Festival di Sanremo. Sul palco dell’Ariston Bosso aveva eseguito “Following a Bird”, composizione contenuta nell’album “The 12th Room”, che era uscito qualche mese prima, senza enormi clamori, ma che era finito in classifica, subito dopo l’esibizione, e da quel momento, il suo nome e la sua arte sono diventate note al grande pubblico che ha continuato a seguirlo negli anni a venire. La famiglia del musicista ha rilasciato una nota ufficiale che spiega che la morte è avvenuta “a causa del degenerare delle patologie che lo affliggevano da anni. Sia i familiari che la sua famiglia professionale chiedono a tutti il massimo rispetto per la sua privacy in questo momento sommamente personale e intimo: l’unico modo per ricordarlo è, come sempre è stato e come sempre ha ribadito il Maestro, amare e proteggere il grande repertorio classico a cui ha dedicato tutta la sua esistenza e le cui sorti in questo momento così difficile sono state in cima ai suoi pensieri fino all’ultimo.
In un’intervista a Fanpage.it il musicista aveva dichiarato come sul palco andasse senza spartiti: “Sul palco sono senza spartito, faccio tutto a memoria. Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritto, primi e secondi violini, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussioni, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene” ha raccontato a Saverio Tommasi che lo ha incontrato subito dopo un concerto in memoria di Claudio Abbado. In quella stessa intervista Bosso ha parlato anche delle difficoltà di essere accettato nel mondo della Classica e dei pregiudizi che lo hanno seguito: “Dal mondo della musica classica ho subito tanti schiaffoni, ingiustizie, insulti, come quello che esistevo solo perché avevo una malattia: è evidente, non è che posso negarlo, quindi è ovvio che la prima reazione porta alla rabbia, l’altra è quella di guardarmi le ruote… infatti ho messo delle ruote bellissime. È stata una vita basata sul lottare, sul pregiudizio. Fin da bambino ho lottato col fatto che un povero non può fare il direttore d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve
fare l’operaio, così è stato detto a mio padre”. Enzo Bosso conviveva dal 2011 con una malattia neurodegenerativa che gli è diagnosticata dopo l’intervento per un cancro al cervello, sempre nello stesso anno. Da principio la patologia è stata identificata come la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, malattia in cui i sintomi, episodi di atrofia muscolare, si trasformano in pochi anni nella compromissione totale delle funzioni vitali, ma poco importa sapere il nome della sua patologia che l’ha portato alla morte. “L’essenziale è invisibile agli occhi”, ed il GRANDE MAESTRO ce l’ha dimostrato, regalandoci, con la sua esistenza a 360°, un esempio immane di coraggio e di dignità nell’affrontare le avversità della vita. “Non so se sono felice ma tengo stretti i momenti di felicità, li vivo fino in fondo, fino alle lacrime, così come accettare i momenti di buio, sono una persona normale. La mia filosofia è legarmi di più ai momenti felici perché quelli, poi, ti serviranno da maniglia per tirarti su, quando sei nel letto e non riesci ad alzarti”.
Nel settembre del 2019, in occasione della 83esima Fiera del Levante di Bari, Bosso ammise di non poter più suonare esortando tutti a non chiedergli più di farlo. “Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza. E quando saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra, smetterò anche di dirigere”. L’ultimo lavoro di Ezio Bosso è stato “Grazie Claudio”, un omaggio a Claudio Abbado. E’ stato proprio Bosso, infatti, a dirigere il concerto evento di Mozart14 per i cinque anni dalla scomparsa di Claudio Abbado. Il direttore d’orchestra infatti ha chiamato a raccolta cinquanta musicisti delle migliori orchestre di tutto il mondo per unirsi all’European Union Youth Orchestra e agli amici della Europa Philharmonic Orchestra fondata da lui stesso, per ricordare uno degli artisti italiani più prestigiosi al mondo. Noi di betapress vogliamo ricordare Ezio
Bosso con le parole di cordoglio del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Il maestro Bosso era stato infatti ospite, lo scorso 15 settembre, di un grande appuntamento con il pubblico pugliese organizzato dalla Regione Puglia in Fiera del Levante. “Ciao Ezio, uomo speciale, artista straordinario, amante della vita, dell’arte e della musica. Ho avuto la fortuna di conoscerti e di condividere con te momenti straordinari di empatia, di bellezza e di amicizia. In queste ore ricordo con emozione la sala gremita di gente alla Fiera del Levante dove tu parlasti di musica, arte e talento. Con la tua bacchetta hai saputo superare tutti i confini e gli steccati materiali e immateriali. Amavi ripetere che la magia che avete voi musicisti è quella ‘di stare nel tempo, di dilatare il tempo. Per questo avevi scelto la musica, che consideravi una sorta di carezza inaspettata capace di cambiare in meglio il corso delle cose. Perché è questo quello che fa la musica: dilata il tempo della felicità. La bellezza ci rende felici e il miracolo della musica è il
miracolo della bellezza. E’ questo l’insegnamento più importante che ci lasci in dono: la bellezza ha a che fare con la singolarità straordinaria e irripetibile di ciascun essere umano”. Ci permettiamo di aggiungere che con Ezio Bosso il mondo della cultura perde una figura straordinaria. Non solo un artista di rara sensibilità, ma un uomo che, durante la sua purtroppo breve vita, ha trasmesso i valori universali del dialogo e dell’incontro fra persone e culture. Un uomo che non soltanto con la musica ha comunicato un grande impegno umano e sociale, il valore educativo delle arti. Del suo sorriso sentiremo tutti la mancanza. Lo vogliamo ricordare con due sue frasi: “La disabilità è negli occhi di chi guarda, perché il talento è talento e le persone sono persone, con le ruote o senza” e “La musica ci ricorda anche questo, prendersi cura, avere rispetto, far star bene, non confondere la quotidianità con l’eternità, i nostri piccoli poteri con l’assoluto” Ciao, Ezio, ora voli per sempre, proprio Tu che ci hai insegnato a volare…
ALEX DE ROSSO: ROCK IS NOT DEAD! UN THE CON SKARDY: la musica del cuore.
Bentornata a casa?? Silvia Romano è viva ed è stata liberata. E gli italiani come reagiscono? Sollevo, gioia, stupore la reazione di alcuni. Perplessità, smarrimento, incredulità quella di altri. Rabbia, odio, xenofobia, sessismo quella di altri ancora. E la reazione suscitata non c’entra con il credo politico, l’identità sessuale o il potere economico di chi la prova. E’ un brivido che ci scorre lungo la schiena quando la vediamo. “E’ lei, è viva, ce l’ha fatta!” “Ma com’è vestita? Ma cosa dice? Ma cosa le hanno fatto?” Fino a ”Non è possibile! Ma chi abbiamo liberato e perché?” E così succede che Silvia non abbia
nemmeno finito di scendere la scaletta dell’aereo che da Mogadiscio l’ha riportata in Italia, che centinaia di benpensanti (ma altrettanto mal scriventi) si scatenino già sui social con illazioni e offese di ogni tipo. Perché? Per la sua immagine killer, così stridente da quella a cui eravamo abituati. Avevamo in mente una ragazza in canottiera, abbronzata e sorridente, con in braccio un bimbo africano, ed invece, ci siamo trovati di fronte una donna coperta, quasi irriconoscibile, se non fosse stato per il sorriso, e, per alcuni, persino il sorriso è sembrato provocatorio. Certo, per molti, è bastato vedere lo jilbab, quel lungo velo, verde come il colore dell’Islam, a incorniciarle il viso e a coprirle il corpo, perché Silvia Romano, da eroina si trasformasse in traditrice. O quantomeno “ingrata”, proprio come oggi l’ha bollata la prima pagina del Giornale: “Islamica e felice, Silvia l’ingrata” ha titolato il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, mentre Libero non è stato da meno gridando: “Abbiamo liberato un’islamica”.
Già perché in queste ore, in cui l’hashtag Silvia Romano continua a imperversare, c’è un fatto che è chiaro ed evidente e cioè che Silvia Romano ha smesso di essere una persona, una cittadina italiana con tutti i suoi sacrosanti diritti, per diventare un simbolo da agitare nell’incessante guerra razzista e sessista che purtroppo non conosce tregua. Neanche il tempo di festeggiarla, di accoglierla nella sua città che altri due hashtag, quello di Aisha, il suo nome islamico, e quello di Silvia Romano incinta, sono entrati in circolo, nel catalogo infinito dell’odio da tastiera. Che cosa si rimprovera alla giovane cooperante milanese che era in Kenya, lei specializzata in psicologia infantile, per aiutare i bambini orfani e che è stata rapita e tenuta prigioniera per oltre 18 mesi? Di sicuro il sorriso: nel conformismo ipocrita imperante, un ostaggio deve essere a pezzi, deve farsi vedere distrutto, possibilmente in lacrime. E poi la conversione all’Islam, la religione più odiata, oltre che la seconda più praticata nel mondo. Un affronto per molti italiani che confondono le frange dell’estremismo islamico con la stragrande maggioranza dei musulmani e che,
evidentemente, non ricordano che la nostra Costituzione, quella di un Paese laico, prescrive la libertà di culto. Per cui ognuno di noi è libero di professarsi cattolico, buddista, ateo o musulmano senza che questo debba diventare materia di dibattito o, ancor peggio, di scandalo per chiunque altro. Inoltre, dulcis in fundo, Silvia è una donna. Una donna forte, come lei stessa ha ricordato nelle prime parole che ha pronunciato dopo la liberazione. E, si sa, niente è più insopportabile per molti sessisti che da giorni si sbizzarriscono in truci doppi sensi ed illazioni offensive, da quella secondo la quale Silvia sia incinta a quella che la vuole vittima della sindrome di Stoccolma. Ma, credetemi, il linguaggio utilizzato è ben altro. Perché, si sa, il salto da esperto in virologia a quello in psicologia, nel magico mondo dei social, lo si può fare in un attimo, a stretto giro di tweet. Va detto però che sono tanti, tantissimi i giornalisti ed i commentatori che in queste ore stanno cercando di spegnere questa ignobile polemica. Andrea Purgatori, ad esempio, scrive: “Se il
problema è il vestito, occupatevi di quelli in nero col braccio alzato. Se il problema è il riscatto, la prossima volta vi scambiamo volentieri. Se il problema c’è l’avete nella testa, andate da uno bravo. E fate presto”. Myrta Merlino interviene così: “Mi sfugge il senso del dibattito su #SilviaRomano, diventata Aisha. Se avessimo saputo prima della sua conversione all’#Islam, non avremmo dovuto salvarla?!?”. Tranchant come sempre Selvaggia Lucarelli: “Si è convertita all’Islam, non dice mezza parola d’odio, sorride anziché piangere. È una donna. Non glielo perdoneranno mai”. Nell’attesa che gli odiatori trovino un altro osso da spolpare, ci sentiamo di dare un consiglio a Silvia Romano, quello cioè di stare alla larga dalla Rete. I traumi di un sequestro sono lunghi e difficili da superare. Ma quelli del cyber-bullismo non sono da meno. In quanto alla conversione, resta un fatto intimo, di estrema importanza, per ogni persona. Un percorso che doloroso o liberatorio che sia, va rispettato, comunque. Sempre.
Tipi da social
Complottismo, o mio complottismo… Complotto sì o complotto no? Benché ci muoviamo ancora nel campo delle ipotesi, più o meno comprovate a seconda dell’autorevolezza degli analisti, credo sia opportuno porsi questa domanda, perché è strettamente legata a quello che ci accadrà dopo, ossia dopo la fine dell’emergenza, sia sul piano economico che politico. Infatti, sulla base dei dati e dell’analisi di cui siamo conoscenza, a mio parere, è urgente comprendere se, dietro tutto questo, c’è un disegno, e di quale disegno si tratta, oppure, se gli sviluppi del capitalismo degli ultimi decenni, lasciati per così dire a briglia sciolta, siano responsabili di quanto sta accadendo. In entrambi i casi, ci viene data l’opportunità di mostrare, anche dinanzi a chi è più chiuso nel suo piccolo mondo antico, sperando illusoriamente di salvarsi, che questo sistema non regge, è foriero di morte e di distruzione per l’umanità tutta intera e per la natura stessa, dal cui grembo siamo stati
partoriti. Prima di andare avanti nella direzione tracciata, vorrei soffermarmi brevemente sulla cosiddetta teoria del complotto. Come è noto, di complotti, è seminata la storia, basta pensare alle attività di Catilina contro il Senato romano, o all’assassinio di Giulio Cesare da parte di un gruppo di congiurati, tra cui il figlio adottivo Bruto. Chi ha un po’ di sensibilità storica, sa benissimo che le grandi trasformazioni storiche non si realizzano per le scelte politiche episodiche di gruppi più o meno agguerriti; il complotto, se effettivamente viene orchestrato nel segreto, non è che l’ultimo atto di una strategia politica elaborata da una certa forza sociale, forza sociale a cui corrispondono, in termini marxisti, ben precise classi o alleanze tra classi. Per esempio, il colpo di Stato del Termidoro, termine poi divenuto paradigmatico, con cui furono arrestati e giustiziati Robespierre, Saint Just, Couthon, rappresentanti della sinistra giacobina, fu attuato da un’altra fazione del Comitato di Salute pubblica che, benché avesse partecipato al Terrore, si opponeva all’estremismo dei sanculotti e faceva gli interessi della nuova borghesia. Ma torniamo al caso nostro, ossia all’ormai
tanto famoso coronavirus, il cui tasso di letalità secondo calcoli sbagliati, forniti dall’Istituto superiore di sanità, è stato individuato nel 5,8% dei contagiati. Notizia che inevitabilmente (e volutamente?) ha terrorizzato la popolazione. In questi giorni, siamo stati inondati dai pareri più disparati, di esperti veri e falsi, di personaggi noti al grande pubblico, di analisti politici, di propagandisti, che ci elargiscono tesi, ci dispensano consigli (vorrei sapere quanto paghiamo gli spot televisivi), e ci invitano ad essere un tutt’uno contro la pandemia, come se fossimo in guerra, contro un nemico comune. Ma non è così! Altro che bandiere italiane ed inno di Mameli, il vero nemico è interno all’Italia ed è rappresentato da individui ben precisi e dagli interessi che essi rappresentano. Come, per esempio, chi ha emanato lo stato di emergenza nella Gazzetta ufficiale, il primo febbraio per 6 mesi, in seguito alla presa di posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, senza mettere in risalto questa notizia e facendola seguire da misure a singhiozzo e spesso contraddittorie, come ha dimostrato il persistere di attività lavorative in settori non essenziali (armi), la mancata disponibilità di
strumenti protettivi che lo Stato stesso avrebbe dovuto distribuire alla popolazione. Oppure, chi in nome del privato che è più efficiente (in realtà più redditizio), ha chiuso ospedali, strutture sanitarie e dato agevolazioni fiscali a privati. O ancora, chi ha tagliato i fondi alla ricerca e all’università, facendo sì che – secondo la stessa OMS – oggi ci manchino 50.000 infermieri e probabilmente 45.000 medici, creando così un buco stratosferico che cerchiamo di riempire con aiuti provenienti da “odiati” paesi (Cuba, Cina, Venezuela), che, evidentemente, di fronte alle emergenze, funzionano meglio della “democratica” Italia. Ma torniamo al nocciolo della questione, cioè al tema principale dell’articolo. Esistono due tesi fondamentali: 1) “la distruzione sempre più veloce degli habitat”; 2) la costruzione in laboratorio del coronavirus che ha generato l’attuale pandemia, o la sua diffusione voluta o casuale, indipendentemente dalla sua origine. Questi due tesi, che non credo si escludano reciprocamente, sono sostenute da vari studiosi, esperti, analisti internazionali. In un articolo uscito su Le Monde diplomatique (Contro le pandemie, l’ecologia, marzo 2020) la giornalista statunitense, di
origini indiane, Sonia Shah, scrive: “Dal 1940, centinaia di microbi patogeni sono comparsi o riapparsi in aree in cui in alcuni casi non si erano mai visti prima. È il caso dell’immunodeficienza umana (Hiv), dell’Ebola nell’Africa occidentale e della Zika nel continente americano. La maggior parte di essi (60%) è di origine animale. Alcuni provengono da animali domestici o da allevamento; più di due terzi da animali selvatici”. Come altri studiosi, la giornalista statunitense ritiene che: “la maggior parte di questi microbi vive al loro interno [degli animali] senza far loro alcun male. Il problema è un altro: con il dilagare della deforestazione, dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, abbiamo dato a questi microbi i mezzi per arrivare fino al corpo umano e adattarsi”. Altri studiosi convergono su questo tipo di riflessione, sottolineando che alcune zone della Cina sono state caratterizzate da questi processi come rapida urbanizzazione, industrializzazione dell’attività agropecuaria, integrazione alle nuove catene del valore sviluppati in maniera accelerata, dai quali sono scaturite le condizioni per la rapida mutazione del virus e per il cosiddetto “passaggio di specie”.
Come scrive il periodico on line Scienzainrete, questo fenomeno “sempre avvenuto, da quando esiste la vita, è favorito principalmente da due fattori”: i ricettori cellulari sono simili in specie diverse e la prolungata vicinanza fra uomini e animali. Da queste considerazioni, si evince la ragione per la quale la Lombardia costituisce il centro dell’infezione, proprio per il semplice fatto che probabilmente, per la sua intensità industriale, costituisce la regione più inquinata d’Europa. Si tenga inoltre presente che il contesto descritto negli ultimi decenni ha dato vita ad epidemie che si sono susseguite con maggiore frequenza, come la SARS (2002-03), influenza suina H1N1 (2009), il MERS Covid (2012), l’Ebola (2014-16), lo zika (2015) e il dengue (2016). Epidemie di cui dobbiamo attribuire tutta responsabilità al capitalismo e alle sue dinamiche distruttive e perverse. A questo punto, vorrei rispondere alla seconda domanda: il SARS-COVID-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2), noto più semplicemente come COVID-19, è stato prodotto in un laboratorio, innescandone la mutazione, e poi involontariamente o volontariamente diffuso o disperso, anche nel caso in cui costituisca un organismo non manipolato?
L’ipotesi della diffusione involontaria dei virus non è del tutto scartata dal Bulletin of Atomic Scientists, nel quale si può leggere la descrizione del laboratorio di Plum Island, situato alla foce del Long Island Sound vicino a New York, il cui obiettivo è quello di operare nel campo della bio-sicurezza, altamente sviluppatasi dopo l’11 settembre. Secondo questo studio, è affare dato che “nessun laboratorio è perfetto”, e dunque che è possibile che gli agenti patogeni delle malattie lì studiate possano in qualche modo sfuggire e colpire gli abitanti circostanti per poi espandersi ulteriormente. Passiamo invece alla tesi assai discussa della diffusione volontaria del virus. Come è noto, il presidente Trump insiste nel chiamare il Covid-19 il “virus cinese”, in questo seguito da settori filoamericani, che intendono cogliere ancora una volta l’occasione di demonizzare la Cina, considerando addirittura gli aiuti pervenutici da questo paese una sorta di cavallo di Troia. Ovviamente tale associazione (Cina/virus) è fortemente respinta dal governo cinese, che nella persona del portavoce del Ministero degli Esteri, Lijan Zhao, in un tweet del 12 marzo, ha accusato gli Stati Uniti di non aver informato il mondo sulle numerose morti lì avvenute, sulla data del ritrovamento del cosiddetto paziente zero, insinuando che sia stato lo stesso esercito statunitense ad aver introdotto il virus a Wuhan in occasione dei
giochi sportivi militari tenutosi a in questa città nell’ottobre del 2019. L’ipotesi formulata dai cinesi è sposata dal giornalista brasiliano Pepe Escobar, il quale scrive che, essendo la Cina oggi il centro dell’economia mondiale, essendo diventata il socio commerciale di circa 130 paesi e avendo firmato solo nel 2019 contratti per la costruzione di infrastrutture per 128 miliardi di dollari, costituisce effettivamente – come ha affermato Trump – la più grande minaccia economica e militare per gli Stati Uniti. Come si può ben capire, ci troviamo costretti a questo punto a parlare di guerra batteriologica o biologica, ossia di qualcosa di cui, nei tempi della cosiddetta guerra ibrida, bene o male tutti noi abbiamo sentito parlare o visto rappresentare magari in qualche film commerciale. Ma che dati abbiamo su questo aspetto della questione? Inevitabilmente ne menzionerò solo alcuni che mi sembrano importanti disposta ad accettare ulteriori informazioni da chi vorrà fornirmele. La storia ci ricorda vari episodi di guerra batteriologica/biologica, di cui si resero responsabili gli antichi greci, i cartaginesi, gli spagnoli e gli inglesi nel Nuovo Mondo; infatti, sappiamo con certezza che questi due ultimi gruppi scientemente regalarono ad esponenti delle nazioni originarie indumenti
appartenuti ad individui infettatati dal vaiolo, che – come è noto – fu una delle più rilevanti cause dello sterminio degli indo-americani. Ernesto Burgio, medico pediatra, esperto di epigenetico e medicina molecolare, presidente del Comitato scientifico della Società italiana di Medicina ambientale (SIMA), fa notare che vi sono ragioni economiche (rapporto costi/benefici) che fanno delle armi biologiche un utile strumento: “Secondo stime un po’ semplicistiche, ma attendibili, la potenzialità bio-distruttiva di un grammo di spore di antrace è pari a quella di 700 grammi di plutonio da fissione, di 70 chilogrammi di gas nervino, di tre tonnellate di bombe al cluster”. Detto in soldoni, ciò significa che con un po’ di spore di antrace si fanno fuori milioni di esseri umani a bassissimo costo (V. Armi biologiche e guerra (infinita) al pianeta). Purtroppo per chi ha intenzione di far uso di tali strumenti di morte, scrive sempre Burgio, le armi biologiche “sono praticamente incontrollabili”, giacché “ogni volta che un microrganismo patogeno comincia a circolare all’interno della biosfera, la durata della sua permanenza in essa e il suo percorso sono assolutamente imprevedibili” (Ibidem). E quindi è del tutto possibile che il diffusore stesso rischi di infettarsi e di
infettare i suoi compatrioti. Secondo la costituzionalista venezuelana M. Alejandra Díaz, intervistata da Telesur, vi sono delle ricerche, per esempio, quella di uno studioso venezuelano di nanotecnologie che ha tracciato la mappa genetica del virus, arrivando alla conclusione che esso sarebbe il risultato della combinazione di vari virus; mentre dalla ricerca di uno studioso cinese si ricaverebbe che il Covid-19 scaturisce dall’unione di segmenti tratti dall’HIV e dalla SARS. La Signora Díaz, membro dell’Assemblea nazionale costituente del Venezuela, è convinta – come il già citato giornalista brasiliano – che il virus responsabile dell’epidemia in Cina sia uscito dai laboratori statunitensi, in effetti numerosi a partire dal secondo dopoguerra e moltiplicatisi dopo l’11 settembre. La costituzionalista latino-americana sostiene che gli Stati Uniti stanno distruggendo il sistema di ordine internazionale da loro stessi creato dopo la Seconda guerra mondiale, e che stanno imponendo uno stato di eccezione mondiale, in cui il diritto viene sospeso e conta solo la forza. In particolare, secondo questa ipotesi il Covid-19 sarebbe stato creato per colpire la Cina, facendone rallentare l’economia e danneggiando così anche quei paesi, come la Russia e l’Iran, che riforniscono l’ex impero celeste di petrolio e di gas.
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