LA FASE 2 A SCUOLA: magheggio o logica?

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LA FASE 2 A SCUOLA: magheggio o logica?
LA FASE 2 A SCUOLA: magheggio
o logica?

ANCODIS: la ripartenza della scuola
nell’A.S. 2020/2021.
Tornare a scuola in presenza ed in piena
sicurezza: sincero auspicio o azzardata
ipotesi?

Riprendiamo il nostro viaggio nella scuola
vera, quella degli addetti ai lavori, per parlare
senza ipocrisie, né reticenze di cosa sta
succedendo.
Se guardiamo alla scuola del mese di
settembre è chiara una cosa: sarà un grande
punto interrogativo per quanto riguarda
l’organizzazione, il funzionamento, la
didattica.
Sono state pubblicate, sul sito del Ministero,
le attese indicazioni del Comitato tecnico-
scientifico che sembrano dare spazio
all’autonomia scolastica (prevista dal DPR
275/1999), considerandola però solo come
autonomia didattica ed organizzativa, senza
alcun riferimento a quella finanziaria.
Chi conosce la realtà scolastica, sa bene che,
la gestione e l’organizzazione di un sistema
complesso quale è la scuola di oggi, saranno
messe a dura prova, se non si metteranno in
campo dei protocolli organizzativi e didattici
(spazi e numero di allievi, attività didattica in
presenza integrata a quella a distanza, orari
flessibili).
E’ necessario un CCNL, innovato e
coerente ai nuovi bisogni organizzativi,
sulle adeguate e necessarie risorse
finanziarie, sulla conoscenza degli
elementi di criticità e dei punti di forza
che connotano ogni IS.
Chiunque ha la minima percezione della
complessità di una scuola, non può non
riconoscere che sarà un’ardua impresa
coniugare aspetti organizzativi, gestionali,
didattici con quelli derivanti dalla sicurezza
anche sanitaria (protocollo antisismico,
antincendio, antinfortunistico, antistress ed
oggi anti contagio).
Ecco perché, come redazione di betapress,
abbiamo incontrato ROSOLINO CICERO
Presidente dell’ANCODIS (ASS. NAZ. COLL.
DIR. SCOL.)
Betapress– Prof. Cicero, buongiorno,
iniziamo dalle indicazioni formulate dal
C.T.S. per il rientro a scuola in
sicurezza…
Cicero– Il C.T.S. segnala, con apparente
semplicità, che le misure organizzative in
tutte le scuole si dovranno fondare sul
distanziamento fisico.
Ma è evidente che il distanziamento fisico
presenta i caratteri di una enorme
complessità che dovrà tradursi in scelte
organizzative delle quali occorrerà valutare
l’impatto nei confronti del personale,
degli alunni (sulla base dell’età e
dell’autonomia)       e    dei    genitori
(conciliazione tempo scuola con il
lavoro), prevedere e progettare adeguate
misure di igiene e di prevenzione.
Betapress– Ma nelle scuole, ci sono gli
spazi per garantire il distanziamento
sociale?
Cicero– Attualmente no! Di sicuro,
bisognerà valutare gli ambienti di
apprendimento, gli spazi interni ed
esterni che dovranno essere rimodulati.
Ci saranno nuove necessità organizzative e
didattiche, con dotazione di arredi e di
postazioni degli alunni e del personale
rispettose del prescritto distanziamento e
della previsione di una superficie di
almeno 3.14 mq per alunno.
Betapress– E chi penserà a tutto questo?
Cicero– Tutto questo sarà in capo alle
autonome IS che dovranno farsi carico di
ideare     e     progettare      soluzioni
organizzative per la gestione degli spazi
(aule, laboratori, palestre, mense, teatri),
per la fruizione degli stessi secondo
tempi e possibili turnazioni, per l’attività
didattica in presenza e non, per la
prevenzione di assembramenti di persone
negli spazi scolastici esterni ed interni,
per la predisposizione di percorsi idonei a
garantire la necessaria sicurezza anche
attraverso adeguata segnaletica, per la
differenziazione delle fasi di ingresso e di
uscita degli alunni sulla base dell’età e
delle aree di accesso disponibili nei plessi
e compatibilmente con le caratteristiche
strutturali e di sicurezza dell’edificio
scolastico, per l’individuazione di uno
spazio      idoneo      ad      accogliere
tempestivamente eventuali casi di
personale o alunni con temperatura
superiore ai 37.5°.
Betapress– Ma è un lavoro immane!
Cicero- Appunto! Nessuno, al MIUR, si
pone il tema di chi si dovrà fare carico di
tutto questo: ci permettiamo di dire che
disconoscere questo significa non conoscere
come funziona oggi una scuola oppure fare
finta di non conoscerla (ed è questo secondo
caso ciò che più ci preoccupa).
Betapress– Prof. Cicero, cosa si sente di
dire alla ministra Azzolina?
Cicero– I Collaboratori di Ancodis che
vivono la scuola anche nelle sue emergenze e
criticità chiedono alla Ministra, alle forze
politiche, alle OO.SS., a chi si occupa di
informazione scolastica di porre attenzione
a quanti saranno impegnati nei mesi
estivi ad organizzare la ripartenza di
settembre insieme ai DS, ai DSGA, agli
RSPP ed avranno poi l’incarico di
coordinare, vigilare e monitorare per un
intero anno scolastico l’organizzazione, i
comportamenti di alunni, del personale e
dei genitori, il rispetto dei protocolli di
sicurezza, il corretto sviluppo delle
attività didattiche in tutti i plessi.
Betapress- Sembra proprio che la scuola
vera sia lontana anni luce da quella della
propaganda istituzionale…
Cicero- Nella scuola della ripartenza non si
possono ignorare le decine di migliaia di
docenti che si spendono per le loro IS ed
assumono oneri e responsabilità restando – a
causa di una insopportabile indifferenza –
fuori da ogni attenzione da parte delle
Istituzioni e delle OO.SS..
Betapress– Qual’ è il rischio maggiore?
Cicero– Alle condizioni odierne, senza alcun
riconoscimento professionale e nessuna tutela
legale, molti potrebbero – già al termine di
questo anno scolastico – rinunciare
all’incarico di collaborazione mettendo in crisi
l’organizzazione ed il funzionamento delle
loro scuole.
Chi conosce davvero la scuola del giorno
dopo giorno, la scuola dell’emergenza, la
scuola dei conflitti, la scuola dei servizi
generali ed amministrativi, la scuola
delle reggenze, la SCUOLA reale
insomma, è ben consapevole che i
Collaboratori del DS e le figure di sistema
con grande spirito di servizio e
professionalità assumono ruoli onerosi di
tempo e di responsabilità senza alcuna
attenzione né giuridica né contrattuale.
Dunque, come redazione di betapress non
possiamo che sottoscrivere e divulgare il
comunicato stampa di Ancodis, con delle
specifiche e puntuali richieste al C.T.S. per il
rientro a scuola in sicurezza.
Per Ancodis, alle azioni previste nelle
indicazioni del Comitato tecnico
scientifico, occorre aggiungere le
seguenti proposte:
    abrogazione dell’articolo 1, commi 332 e
    333, della Legge 23 dicembre 2014, n.
    190 (divieto supplenza per il primo
    giorno di assenza e nei primi sette giorni
    di assenza per la sostituzione dei
    collaboratori scolastici per poter
    garantire il controllo e la sicurezza degli
alunni in tutti gli spazi scolastici);
    rendere fruibili e sicuri TUTTI gli spazi
    presenti in un plesso scolastico poiché
    risultano edifici utilizzati in misura
    ridotta per inadeguatezza dei locali o per
    abbandono manutentivo ordinario;
    prevedere – in caso di assenza dei
    necessari spazi ed ove possibile –
    strutture prefabbricate adatte allo
    svolgimento in sicurezza delle attività
    didattiche;
    esonero del Collaboratore principale con
    unità di potenziamento in tutte le IS per
    monitorare l’applicazione delle misure di
    sicurezza e di prevenzione sanitaria e
    collaborare a tempo pieno con il DS ed il
    DSGA          nella         gestione      e
    nell’organizzazione;
    tutela legale a carico della scuola di tutti
    i Collaboratori che assumono incarichi di
    preposti ai sensi del D. Lgs 81/08
    (Fiduciari/Responsabili di plesso
    distaccato);
    ed, infine, istituire l’area del middle
    management nel sistema scolastico
    italiano del quale tanti parlano ma
    nessuno prova davvero a mettere la
    prima pietra.
Ancodis ritiene queste proposte URGENTI,
NECESSARIE,               COERENTI           ed
economicamente SOSTENIBILI per poter
finalmente dire che nella scuola della
convivenza con Covid 19 chi si occupa di
organizzazione, funzionamento e didattica
merita rispetto ed attenzione.
Maestra mi manchi…..
La scuola ai tempi del coronavirus

Il Digital Divide

Scuola ai tempi del Covid 19. Palermo.
Tutor per alunni disagiati.
Sta per concludersi un anno scolastico a dir
poco rocambolesco, in cui gli addetti ai lavori,
strenuamente, hanno cercato di agire e di
reagire di fronte ad un’emergenza sanitaria
che, nella scuola, è diventata emergenza
sociale ed educativa.
Oggi, incuriositi dalla testimonianza di
Carmen Buglisi, a proposito del Progetto
Consulta     Studentesca       di   Palermo,
un’iniziativa di tutoraggio di alunni in
difficoltà, abbiamo voluto capire come e
perché, nelle realtà più disagiate, si
partoriscano le risposte più adeguate.
Ma soprattutto dare, nei fatti, una prova
al Miur, di come la realtà della scuola sia
un’altra rispetto alla propaganda politica
e alla spendibilità mediatica di certe
boutade ministeriali.
                 Siamo tornati a Palermo per
                 intervistare la Prof. Giusy
                 Lubrano,         referente
                 provinciale della CPS di
                 Palermo per l’USR Sicilia
                 Ufficio       I    Ambito
                 Territoriale di Palermo.

Betapress– Buongiorno, Prof.ssa Lubrano, ci
dica subito cosa sta succedendo nella realtà
scolastica palermitana in questo periodo?
Lubrano– I rappresentanti della Consulta
provinciale degli studenti di Palermo, in
questo particolare momento di pandemia che
ha stravolto le nostre vite, stanno portando
avanti un’attività di accompagnamento
didattico, ma anche di ascolto.
Una forma di “tutoraggio” a distanza a
favore dei compagni più piccoli e
precisamente delle alunne e degli alunni delle
tre scuole palermitane inserite nel progetto
Emergenza Educativa del MIUR promosso
in accordo con l’Assessorato Regionale di
Istruzione e Formazione della Sicilia.
Betapress– Quando è nata questa
iniziativa?
Lubrano– Lo scorso anno scolastico, alla
presenza di rappresentanti del MIUR, nel
mese di marzo 2019 l’ex presidente della CPS
ha firmato un protocollo d’intesa insieme
all’Assessore Regionale all’Istruzione
Lagalla con i Dirigenti Scolastici delle scuole
Falcone dello Zen, Giuliana Saladino del
Cep e Rita Atria del centro storico di
Palermo, inserite in contesti sociali
particolarmente disagiati della nostra
città.
Betapress– Come avete trovato gli studenti
disponibili a fare da tutor?
Lubrano– Sono stati gli studenti stessi delle
scuole superiori che hanno deciso di offrirsi
come tutor.
In sede di assemblea plenaria, infatti, gli
studenti avevano deliberato di mettersi a
disposizione dei ragazzi di quelle scuole per
iniziative extracurricolari di doposcuola,
ascolto, attività ludiche sportive e
musicali e quant’altro fosse opportuno
realizzare per fare stare meglio i loro
piccoli amici.
Betapress–       Iniziativa     veramente
significativa, questa sì che è una risposta
alla dispersione scolastica!
Quest’ anno com’è andata?
Lubrano– Quest’anno, dopo il comprensibile
smarrimento iniziale e il tumultuoso avvio
della didattica a distanza, dietro mio
suggerimento in qualità di Referente
provinciale della Consulta degli studenti
presso l’Ambito Territoriale di Palermo, si è
deciso di mettere in pratica, se non in
presenza a distanza, quanto concordato in
quel protocollo.
Betapress– Praticamente avete convertito il
progetto adattandolo alla DAD?
Lubrano– Esattamente così.
Sono orgogliosa di poterle dire che da circa
due mesi abbiamo avviato le attività di
tutoraggio, dopo aver ricevuto le
candidature da parte degli studenti delle
scuole superiori di Palermo e provincia
(quasi trecento). Ho contattato i tre
Dirigenti scolastici e ho presentato loro
la nostra proposta di “tutoraggio” a
distanza.
Betapress– Qual’ è stato il ruolo dei
Dirigenti?
Lubrano– I Dirigenti hanno compilato un
modulo appositamente predisposto in
collaborazione con il Prof Rosolino Cicero
dell’IC Giuliana Saladino per un’analisi
dei bisogni e delle necessità delle loro
comunità scolastiche.
Betapress– Nel frattempo avete raccolto
le adesioni dei futuri tutor?
Lubrano– Precisamente. È stato preparato un
modulo di candidatura per gli studenti
interessati che ho inviato a tutte le scuole
superiori di Palermo e provincia.
Betapress– E poi avete messo in contatto
l’offerta dei tutor con la domanda degli
studenti in difficoltà?
Lubrano– Proprio così!
Dopo videoconferenze con i Dirigenti e i
docenti delle tre scuole che hanno messo in
situazioni i candidati tutor, ogni studente è
stato affiancato ad un bambino bisognoso
di aiuto.
Betapress– Che mezzi vengono utilizzati per
quest’azione di tutoraggio?
Lubrano– Dipende, smartphone, p.c., tablet…
I mezzi informatici a loro disposizione, noi
abbiamo stabilito il contatto tra di loro, poi
ogni singolo caso è stato gestito dal tutor
ottimizzando i risultati.
Betapress– Che valutazione si sente di
esprimere?
Lubrano– È davvero un’esperienza
emozionante e coinvolgente.
Un’esperienza che ci fa sentire utili e vicini,
sebbene lontani, con grande soddisfazione dei
ragazzi e dei docenti e Dirigenti delle scuole
coinvolte.
Betapress– Prof.ssa Lubrano, chi ha creduto
in quest’idea e vi ha aiutato a realizzarla?
Lubrano– Desidero anche ringraziare per il
supporto nella realizzazione del progetto il
referente Regionale per l’USR Sicilia
Prof. Giovanni Caramazza e il referente
nazionale del Ministero dell’Istruzione
Prof. Antonio Dinallo.
Betapress– Esistono altre iniziative simili
alla vostra in altre regioni o province
italiane?
Lubrano– L’esperienza di questo modello
di Peer Education della CPS di Palermo è
unica in Italia e siamo davvero felici di
mettere a disposizione delle altre
Consulte questa buona pratica che sta
riempendo i nostri cuori di gioia e che
speriamo stia colmando oltre che il
“digital divide” anche in parte il vuoto
nei cuori e nelle anime dei nostri piccoli
‘amici’.
I loro progressi nello studio sono la misura
del nostro impegno e un loro sorriso è per noi
la più grande ricompensa.

Come redazione di betapress abbiamo solo
l’orgoglio e la soddisfazione di condividere,
con i nostri lettori, questa stupenda e
significativa esperienza.
Un progetto-sfida per contrastare la povertà
educativa e la dispersione scolastica nei
quartieri più difficili di Palermo.
 L’altra faccia della medaglia, la scuola
vera ai tempi del covid 19, non la scuola
di facciata, quella delle “sparate” del
Miur.
Una SCUOLA d’eccellenza, dove l’impegno
sociale ed il valore etico delle persone
coinvolte vive e realizza, nei fatti, il diritto
all’istruzione di TUTTI, nessuno escluso, oggi
più che mai.
Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema…

La DAD non è sistema?

Come redazione di betapress, continuiamo il
nostro viaggio alla scoperta della scuola vera,
con le potenzialità emerse e le criticità
esplose in questi ultimi mesi di DAD.
L’intento è dimostrarvi che, nella scuola,
come nella vita, non è come sembra, sia
nel bene che nel male…
Dunque, lungi da tutti gli stereotipi culturali,
Nord/Sud, scuole d’élite/di massa,
d’eccellenza/di disagio, vi daremo la prova
dell’eccellenza al SUD, in una SCUOLA “di
frontiera”, in mezzo al vero disagio sociale,
cioè in Istituti Comprensivi che lottano
quotidianamente contro la dispersione
scolastica in un contesto di forte povertà
educativa.
Una sfida vinta a pieno titolo dalla
collaborazione strategica tra Ufficio
Scolastico di Palermo, Assessorato Regionale
all’Istruzione, Consulta provinciale Studenti
di Palermo.
Si tratta di un Progetto che vede
coinvolti, da più di due mesi, due
centinaia di studenti liceali di Palermo e
provincia.
Sono 200 alunni del triennio delle superiori
motivati e responsabili che, su base
VOLONTARIA E GRATUITA, offrono supporto
alla didattica di altrettanti alunni delle
elementari e delle medie, alunni spesso in
condizioni di difficoltà, situazione aggravata
ancor più per l’emergenza educativa della
Dad.
Una sorta di tutoraggio che si rivela sempre
più una strategia vincente per aiutare “gli
ultimi”, restati indietro non per scelta, ma per
necessità.

               Abbiamo avuto il piacere di
               intervistare       Carmen
               Buglisi, il Presidente della
               Consulta Provinciale degli
               Studenti di Palermo

Betapress– Signorina Buglisi, quanti anni
ha e che scuola frequenta?
Buglisi– Ho 18 anni e frequento il quarto
anno del Liceo Classico Umberto 1° a
Palermo.
Betapress– Ci parli del progetto che la vede
coinvolta in prima persona
Buglisi– Il progetto, regolato da un
protocollo di intesa siglato il 15 marzo 2019
dalla Consulta Provinciale degli Studenti
(CPS) di Palermo, l’Assessorato regionale
all’Istruzione e alla Formazione Professionale
della Regione Siciliana e gli Istituti
Comprensivi Giovanni Falcone, Giuliana
Saladino e Rita Atria di Palermo, nasce su
iniziativa del prof. Antonio Salvatore
Dinallo, docente coordinatore nazionale delle
Consulte Provinciali degli Studenti.
Betapress– Per i nostri lettori, cos’ è una
Consulta Provinciale Studentesca?
Buglisi– La C.P.S. è un organismo che
rappresenta gli studenti delle scuole superiori
italiane. E’ presente in ciascuna delle 110
province italiane e ne fanno parte 2 studenti,
eletti dai loro compagni di scuola.
Betapress– Dicevamo del progetto di
tutoraggio destinato agli alunni più
deboli…Quanto dura il progetto?
Buglisi-Il progetto ha una durata illimitata.
Betapress– Chi sono i Tutor?
Buglisi– I tutor sono studenti che, come nel
mio caso, frequentano scuole superiori di
Palermo.
Lavoriamo in sinergia con l’USR Sicilia e
l’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo.
Betapress– A chi è destinato il progetto?
Buglisi– I destinatari sono tutti gli allievi dei
tre Istituti Comprensivi Giovanni Falcone,
Giuliana Saladino, Rita Atria,
Betapress– Se non mi sbaglio, sono Istituti
Comprensivi “di frontiera”…
Buglisi- Infatti. Sono scuole che hanno
bisogno di un supporto aggiuntivo alla
didattica tradizionale, in modo da ridurre il
tasso di dispersione scolastica annuo, e mira a
coinvolgere gli studenti delle scuole superiori
in qualità di “tutor”.
Betapress– Come sta andando la vostra
attività in questo periodo?
Buglisi– Lo scoppio della pandemia ha
rallentato di molto la nostra burocrazia, ma
d’altro canto ci ha incoraggiati a ideare un
modo alternativo per lanciare il progetto.
Betapress– Cioè?
Buglisi– I rappresentanti degli studenti eletti
nella Consulta studentesca hanno inviato agli
allievi dei loro Istituti di provenienza un
modulo Google, attraverso il quale chi era
interessato a svolgere l’attività di tutoraggio
ha potuto iscriversi al progetto.
Betapress-Cioè avete monitorato il
territorio, chi voleva fare da tutor e chi
aveva bisogno di aiuto?
Buglisi– Sì, prima abbiamo proposto un
questionario per individuare chi era
interessato ad essere seguito da un tutor. In
seguito, coloro che hanno aderito sono stati
contattati dalla Commissione Politiche Sociali
della Consulta, che ha elaborato un foglio
Excel con le credenziali dei partecipanti,
inserendo anche le loro inclinazioni e
preferenze (materie scolastiche per le quali
erano disponibili ad aiutare, richieste di
assegnazione a un Istituto specifico).
Betapress– Cioè avete cercato di
ottimizzare le competenze dei tutor con i
bisogni degli alunni in difficoltà?
Buglisi– Esattamente!
Per mezzo della referente della CPS
Palermo, la prof.ssa Giusy Lubrano, i
volontari sono stati suddivisi in tre gruppi e le
tre scuole firmatarie del protocollo di intesa
hanno ricevuto i dati dei partecipanti,
ciascuno dei quali è stato assegnato a un
allievo di quinta elementare o terza media in
difficoltà.
Betapress– Ma siete pagati per il vostro
servizio?
Buglisi– Assolutamente no! E tutto su base
volontaria e gratuita.
Quando la curva epidemiologica lo consentirà,
partirà ufficialmente il progetto di pcto (ex
alternanza) e le ore spese nelle attività di
tutorato verranno riconosciute.
Betapress– Incredibile! Come sta andando il
progetto?
Buglisi– Finora siamo stati testimoni di
un’accoglienza positiva dell’iniziativa, di cui
andiamo fieri: le iscrizioni sin da subito sono
state numerose e stiamo raggiungendo tante
famiglie, aiutando i loro figli a superare
questo momento difficile.
Betapress– Ma è vero che la DAD è per tutti,
come dice il Ministro?
Buglisi– Non è così! Siamo testimoni in
prima persona delle difficoltà che migliaia di
studenti stanno vivendo, legati a problemi di
accesso alla didattica a distanza e a gravi
difficoltà economiche, che spesso si declinano
nell’assenza di una connessione internet
stabile e delle attrezzature informatiche
necessarie per la frequenza delle lezioni.
Betapress– Come vi state organizzando?
Buglisi– Ciascun volontario programma e
modella le attività sulla base delle necessità
dello studente di quinta elementare o terza
media che segue e da queste dipendono
anche le ore giornaliere che coinvolgono
entrambi nelle attività di recupero e
approfondimento, oltre che di ascolto.
Betapress– Insomma, diventate come dei
fratelli maggiori che seguono, giorno dopo
giorno, compito dopo compito, gli studenti più
piccoli e più fragili…
Buglisi– Proprio così! Ma ne usciamo
arricchiti. Perché, fondamentale nel progetto
è il profilo umano e la possibilità di instaurare
rapporti solidi e garantire a tutti il diritto allo
studio.
Come redazione di betapress, non possiamo
che complimentarci con i responsabili di
questa iniziativa. Ed essere fieri di questa
SCUOLA e di questa ITALIA che funzionano,
nonostante tutte le sparate ministeriali della
nostra cara Ministra Azzolina, alla faccia di
tutti i cervelloni del MIUR, ed in barba a tutta
la lenta e complicata burocrazia del Sistema
Scuola!
E vi assicuriamo che la nostra indagine non
finisce qui, alla prossima…
Rosolino Cicero: la DAD non è di
sistema…
Come redazione di beta press vogliamo
portarvi a fare un viaggio nella scuola vera di
questo periodo, al di là di ogni propaganda
politica ed oltre ogni mistificazione mediatica.
E lo faremo parlando con gli addetti ai lavori,
intervistando professionisti del mondo della
scuola alle prese con i veri problemi di
quest’importantissima agenzia formativa e
strategica realtà sociale.
Partiamo con un’intervista a Rosolino
Cicero, Presidente Ancodis Palermo (
Associazione Nazionale Collaboratori
Dirigenti Scolastici) per scoprire insieme
quale tsunami abbia investito le scuole in
epoca Covid19.
Betapress- Prof. Cicero come si sta
trasformando la scuola in questi ultimi mesi?
Cicero-In questa tragica esperienza del
contagio da coronavirus Covid 19, la scuola si
è trovata improvvisamente a trasformarsi da
reale e concreta a “virtuale e digitale” ed ha
dovuto rimettere in discussione regole,
modelli, programmazioni, relazioni ponendosi
la domanda di come continuare ad essere la
principale agenzia educativa dello Stato.
Betapress- Secondo lei con la DaD è
garantito il diritto allo studio per tutti?
Cicero-Il diritto alla scuola è di tutti e per
tutti: oggi, però, ci poniamo la domanda se il
fare scuola attraverso la didattica a distanza è
di tutti e per tutti oppure – come possono
dimostrare le tante realtà scolastiche che
operano nelle grandi e complicate periferie
delle città – per tanti!
Betapress– Eppure il Ministro parla della
Dad come di un successo…
Cicero-In queste settimane sentiamo parlare
e vediamo raccontare sui media esperienze di
scuola virtuale che fanno onore a chi le ha
progettate, organizzate ed applicate in favore
delle loro comunità scolastiche.
Sembra però che non ci sia la consapevolezza
che una percentuale non indifferente degli
alunni – OGGI – sia rimasta “fuori” dalla
scuola!
Betapress- Quali sono i problemi verificati in
questi alunni rimasti fuori dalla Dad?
Cicero– C’è una parte di alunni che oggi non
possono fare didattica a distanza secondo i
canoni previsti dalle piattaforme digitali per
assenza di adeguati dispositivi che possano
consentire loro di sentirsi protagonisti attivi
nel loro percorso di formazione.
Dobbiamo dirlo senza reticenza alcuna:
rischiano di essere gli “ultimi” non per
scelta ma per necessità!
Betapress- Il Miur ha condotto sondaggi per
monitorare il territorio…
Cicero-Siamo curiosi di sapere quanti
dispositivi idonei alla DaD hanno chiesto le
scuole nell’ultimo questionario che è stato
proposto ai Dirigenti scolastici! Sarà la
dimostrazione del deficit di dispositivi digitali
che si registra nelle famiglie dei nostri alunni!
Betapress– Come Presidente dell’Ancodis,
cosa vuole segnalare?
Cicero-Ancodis vuole porre all’attenzione
della comunità scolastica e delle sue
Istituzioni la preoccupazione di tanti uomini e
donne che vivono queste dolorose realtà
sociali e che nonostante tutto con onore e
forte etica professionale – non guardando a
codici e codicilli normativi né agli obblighi
contrattuali – si adoperano per non lasciare
fuori nessuno.
Betapress– Lei vive e lavora a Palermo, è
vicepreside dell’I.C. Giuliana Saladino, com’è
la realtà scolastica locale?
Cicero-In tante realtà scolastiche che
operano nelle cosiddette “aree a rischio”,
istruire in modo non virtuale in stretta
relazione fisica dei docenti con i loro alunni e
con tutte le ben note criticità è una
quotidiana conquista sul campo.
Oggi dopo aver sconfitto o quasi la
dispersione scolastica saremo costretti
forse ad iniziare una nuova battaglia ben
più difficile da contrastare: la
“dispersione digitale”.
Betapress– In questa battaglia, basta
l’impegno, direi quasi la missione dei docenti
sul campo?
Cicero– No, purtroppo no, in questa battaglia
noi docenti possiamo fare ben poco.
Qui deve entrare in campo, con
determinazione e con tutte le forme possibili,
lo STATO per mettere in condizioni e
consentire, nel più breve tempo possibile,
a TUTTI gli alunni di poter rispondere
PRESENTE all’appello che ogni docente
sarà chiamato a fare prima dell’inizio
della sua attività didattica.
In questo modo avremo reso onore all’art. 34
della Costituzione anche in tempo di didattica
digitale!
Betapress– Gli esami di terza media sono
imminenti, in modalità telematica e sincrona,
cosa ne pensa?
Cicero- A tal proposito, al fine di assicurarne
la regolarità e la trasparenza evitando
probabili ricorsi, penso sia necessario che
ciascuna scuola abbia un Regolamento
SVOLGIMENTO ESAMI CONCLUSIVI
PRIMO         CICLO      IN      MODALITÀ;
TELEMATICA SINCRONA a tutela del
Consiglio di classe e dell’alunno/candidato
privatista (per quest’ultimo non sono previsti
altri elementi di valutazione!)?
Da        non        dimenticare,       infine,
nell’organizzazione e nella conduzione
dell’esame conclusivo, l’obbligo della
presenza di tutti i docenti del Consiglio di
Classe (alias Commissione di esame) che
certamente         –    in    considerazione
dell’esperienza degli anni precedenti – sarà
elemento di grave criticità.
Betapress– E per la valutazione?
Cicero-Valutazione! Qui viene il bello! Poiché
ai sensi dell’art. 4 comma 5 è possibile la non
presentazione in modalità sincrona
dell’elaborato, come si fa a valutare ai sensi
del successivo art. 6?
Si creerebbe una evidente condizione di
disparità nella valutazione finale tra gli
alunni/candidati!
E come non possiamo non tenere conto
del tema del contesto socio familiare
dell’alunno/candidato che certamente
condizionerà           favorevolmente         o
negativamente la qualità dell’elaborato?

Betapress- Insomma, sembra proprio che al
Miur non sappiano neanche di cosa stanno
parlando…
Cicero-Come Ancodis continuiamo a scrivere
all’Azzolina!
Speriamo di aver posto all’attenzione della
Ministra, dei suoi tecnici e di tutti i
protagonisti a diverso titolo interessati
osservazioni che siano motivo di riflessione e
di positività.
Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 sdidatticamente parlando e non solo

Il mondo della musica, e non solo,
piange Ezio Bosso
«La musica è per tutti perché annulla la
grammatica delle lingue e ne forma una
valida per ognuno di noi».
Parola di Ezio Bosso
Ezio Bosso è morto a 48 anni.
Il direttore d’orchestra, compositore e
pianista torinese aveva una malattia
neurodegenerativa da anni, ma, nonostante
ciò, era riuscito a diventare uno dei nomi più
noti del panorama musicale italiano.
Pianista per caso, come amava dire lui
stesso durante le interviste, il
compositore aveva trovato la popolarità
quando, nel 2016, fu invitato da Carlo
Conti come ospite d’onore al Festival di
Sanremo.
Sul palco dell’Ariston Bosso aveva
eseguito “Following a Bird”, composizione
contenuta nell’album “The 12th Room”, che
era uscito qualche mese prima, senza enormi
clamori, ma che era finito in classifica, subito
dopo l’esibizione, e da quel momento, il suo
nome e la sua arte sono diventate note al
grande pubblico che ha continuato a seguirlo
negli anni a venire.
La famiglia del musicista ha rilasciato una
nota ufficiale che spiega che la morte è
avvenuta “a causa del degenerare delle
patologie che lo affliggevano da anni.
Sia i familiari che la sua famiglia
professionale chiedono a tutti il massimo
rispetto per la sua privacy in questo momento
sommamente personale e intimo:
l’unico modo per ricordarlo è, come sempre è
stato e come sempre ha ribadito il Maestro,
amare e proteggere il grande repertorio
classico a cui ha dedicato tutta la sua
esistenza e le cui sorti in questo momento
così difficile sono state in cima ai suoi
pensieri fino all’ultimo.
In un’intervista a Fanpage.it il musicista
aveva dichiarato come sul palco andasse
senza spartiti: “Sul palco sono senza
spartito, faccio tutto a memoria.
Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni
scritto, primi e secondi violini, violoncelli,
bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni,
trombe, tromboni, percussioni, io li ho
davanti, per me è un contatto visivo, dirigere
con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci
quando qualcuno ha fatto bene”
ha raccontato a Saverio Tommasi che lo ha
incontrato subito dopo un concerto in
memoria di Claudio Abbado.
In quella stessa intervista Bosso ha parlato
anche delle difficoltà di essere accettato nel
mondo della Classica e dei pregiudizi che lo
hanno seguito:
“Dal mondo della musica classica ho subito
tanti schiaffoni, ingiustizie, insulti, come
quello che esistevo solo perché avevo una
malattia:
è evidente, non è che posso negarlo, quindi è
ovvio che la prima reazione porta alla rabbia,
l’altra è quella di guardarmi le ruote… infatti
ho messo delle ruote bellissime.
È stata una vita basata sul lottare, sul
pregiudizio. Fin da bambino ho lottato col
fatto che un povero non può fare il direttore
d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve
fare l’operaio, così è stato detto a mio padre”.
Enzo Bosso conviveva dal 2011 con una
malattia neurodegenerativa che gli è
diagnosticata dopo l’intervento per un cancro
al cervello, sempre nello stesso anno.
Da principio la patologia è stata identificata
come la SLA, sclerosi laterale amiotrofica,
malattia in cui i sintomi, episodi di atrofia
muscolare, si trasformano in pochi anni nella
compromissione totale delle funzioni vitali,
ma poco importa sapere il nome della sua
patologia che l’ha portato alla morte.
“L’essenziale è invisibile agli occhi”, ed il
GRANDE MAESTRO ce l’ha dimostrato,
regalandoci, con la sua esistenza a 360°,
un esempio immane di coraggio e di
dignità nell’affrontare le avversità della
vita.
“Non so se sono felice ma tengo stretti i
momenti di felicità, li vivo fino in fondo, fino
alle lacrime, così come accettare i momenti di
buio, sono una persona normale.
La mia filosofia è legarmi di più ai momenti
felici perché quelli, poi, ti serviranno da
maniglia per tirarti su, quando sei nel letto e
non riesci ad alzarti”.
Nel settembre del 2019, in occasione
della 83esima Fiera del Levante di
Bari, Bosso ammise di non poter più
suonare esortando tutti a non chiedergli
più di farlo.
“Se mi volete bene, smettete di chiedermi di
mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete
la sofferenza che mi provoca questo, perché
non posso, ho due dita che non rispondono
più bene e non posso dare alla musica
abbastanza.
E quando saprò di non riuscire più a gestire
un’orchestra, smetterò anche di dirigere”.
L’ultimo lavoro di Ezio Bosso è stato “Grazie
Claudio”, un omaggio a Claudio Abbado.
E’ stato proprio Bosso, infatti, a dirigere
il concerto evento di Mozart14 per i
cinque anni dalla scomparsa di Claudio
Abbado.
Il direttore d’orchestra infatti ha chiamato a
raccolta cinquanta musicisti delle migliori
orchestre di tutto il mondo per unirsi
all’European Union Youth Orchestra e agli
amici della Europa Philharmonic Orchestra
fondata da lui stesso, per ricordare uno degli
artisti italiani più prestigiosi al mondo.
Noi di betapress vogliamo ricordare Ezio
Bosso con le parole di cordoglio del
Presidente della Regione Puglia Michele
Emiliano.
Il maestro Bosso era stato infatti ospite, lo
scorso 15 settembre, di un grande
appuntamento con il pubblico pugliese
organizzato dalla Regione Puglia in Fiera del
Levante.
“Ciao Ezio, uomo speciale, artista
straordinario, amante della vita, dell’arte e
della musica. Ho avuto la fortuna di
conoscerti e di condividere con te momenti
straordinari di empatia, di bellezza e di
amicizia.
In queste ore ricordo con emozione la
sala gremita di gente alla Fiera del
Levante dove tu parlasti di musica, arte e
talento.
Con la tua bacchetta hai saputo superare tutti
i confini e gli steccati materiali e immateriali.
Amavi ripetere che la magia che avete voi
musicisti è quella ‘di stare nel tempo, di
dilatare il tempo.
Per questo avevi scelto la musica, che
consideravi una sorta di carezza inaspettata
capace di cambiare in meglio il corso delle
cose.
Perché è questo quello che fa la musica:
dilata il tempo della felicità. La bellezza ci
rende felici e il miracolo della musica è il
miracolo della bellezza.
E’ questo l’insegnamento più importante che
ci lasci in dono: la bellezza ha a che fare con
la singolarità straordinaria e irripetibile di
ciascun essere umano”.
Ci permettiamo di aggiungere che
con Ezio Bosso il mondo della cultura
perde una figura straordinaria.
Non solo un artista di rara sensibilità, ma un
uomo che, durante la sua purtroppo breve
vita, ha trasmesso i valori universali del
dialogo e dell’incontro fra persone e culture.
Un uomo che non soltanto con la musica ha
comunicato un grande impegno umano e
sociale, il valore educativo delle arti.
Del suo sorriso sentiremo tutti la mancanza.
Lo vogliamo ricordare con due sue frasi:
“La disabilità è negli occhi di chi guarda,
perché il talento è talento e le persone sono
persone, con le ruote o senza” e
“La musica ci ricorda anche questo, prendersi
cura, avere rispetto, far star bene, non
confondere la quotidianità con l’eternità, i
nostri piccoli poteri con l’assoluto”
Ciao, Ezio, ora voli per sempre, proprio Tu
che ci hai insegnato a volare…
ALEX DE ROSSO: ROCK IS NOT DEAD!

UN THE CON SKARDY: la musica del cuore.
Bentornata a casa??
Silvia Romano è viva ed è stata liberata.
 E gli italiani come reagiscono?
Sollevo, gioia, stupore la reazione di
alcuni.
Perplessità, smarrimento, incredulità
quella di altri.
Rabbia, odio, xenofobia, sessismo quella
di altri ancora.
E la reazione suscitata non c’entra con il
credo politico, l’identità sessuale o il
potere economico di chi la prova.
E’ un brivido che ci scorre lungo la
schiena quando la vediamo.
“E’ lei, è viva, ce l’ha fatta!”
“Ma com’è vestita? Ma cosa dice? Ma
cosa le hanno fatto?”
Fino a ”Non è possibile! Ma chi abbiamo
liberato e perché?”
E così succede che Silvia non abbia
nemmeno finito di scendere la scaletta
dell’aereo che da Mogadiscio l’ha
riportata in Italia, che centinaia di
benpensanti (ma altrettanto mal
scriventi) si scatenino già sui social con
illazioni e offese di ogni tipo.
Perché? Per la sua immagine killer, così
stridente da quella a cui eravamo
abituati.
Avevamo in mente una ragazza in canottiera,
abbronzata e sorridente, con in braccio un
bimbo africano, ed invece, ci siamo trovati di
fronte una donna coperta, quasi
irriconoscibile, se non fosse stato per il
sorriso, e, per alcuni, persino il sorriso è
sembrato provocatorio.
Certo, per molti, è bastato vedere lo
jilbab, quel lungo velo, verde come il
colore dell’Islam, a incorniciarle il viso e
a coprirle il corpo, perché Silvia Romano,
da eroina si trasformasse in traditrice.
O quantomeno “ingrata”, proprio come oggi
l’ha bollata la prima pagina del Giornale:
“Islamica e felice, Silvia l’ingrata” ha
titolato il quotidiano diretto da Alessandro
Sallusti, mentre Libero non è stato da meno
gridando: “Abbiamo liberato un’islamica”.
Già perché in queste ore, in cui l’hashtag
Silvia Romano continua a imperversare, c’è
un fatto che è chiaro ed evidente e cioè che
Silvia Romano ha smesso di essere una
persona, una cittadina italiana con tutti i suoi
sacrosanti diritti, per diventare un simbolo da
agitare nell’incessante guerra razzista e
sessista che purtroppo non conosce tregua.
Neanche il tempo di festeggiarla, di
accoglierla nella sua città che altri due
hashtag, quello di Aisha, il suo nome islamico,
e quello di Silvia Romano incinta, sono entrati
in circolo, nel catalogo infinito dell’odio da
tastiera.
Che cosa si rimprovera alla giovane
cooperante milanese che era in Kenya, lei
specializzata in psicologia infantile, per
aiutare i bambini orfani e che è stata
rapita e tenuta prigioniera per oltre 18
mesi?

Di sicuro il sorriso: nel conformismo ipocrita
imperante, un ostaggio deve essere a pezzi,
deve farsi vedere distrutto, possibilmente in
lacrime.
E poi la conversione all’Islam, la religione
più odiata, oltre che la seconda più
praticata nel mondo.
Un affronto per molti italiani che confondono
le frange dell’estremismo islamico con la
stragrande maggioranza dei musulmani e che,
evidentemente, non ricordano che la nostra
Costituzione, quella di un Paese laico,
prescrive la libertà di culto.
Per cui ognuno di noi è libero di professarsi
cattolico, buddista, ateo o musulmano senza
che questo debba diventare materia di
dibattito o, ancor peggio, di scandalo per
chiunque altro.

Inoltre, dulcis in fundo, Silvia è una
donna.
Una donna forte, come lei stessa ha ricordato
nelle prime parole che ha pronunciato dopo la
liberazione.
E, si sa, niente è più insopportabile per molti
sessisti che da giorni si sbizzarriscono in truci
doppi sensi ed illazioni offensive, da quella
secondo la quale Silvia sia incinta a quella che
la vuole vittima della sindrome di Stoccolma.
Ma, credetemi, il linguaggio utilizzato è ben
altro.
Perché, si sa, il salto da esperto in virologia a
quello in psicologia, nel magico mondo dei
social, lo si può fare in un attimo, a stretto
giro di tweet.
Va detto però che sono tanti, tantissimi i
giornalisti ed i commentatori che in queste
ore stanno cercando di spegnere questa
ignobile polemica.
Andrea Purgatori, ad esempio, scrive: “Se il
problema è il vestito, occupatevi di quelli in
nero col braccio alzato. Se il problema è il
riscatto, la prossima volta vi scambiamo
volentieri. Se il problema c’è l’avete nella
testa, andate da uno bravo. E fate presto”.
Myrta Merlino interviene così: “Mi sfugge
il senso del dibattito su #SilviaRomano,
diventata Aisha. Se avessimo saputo
prima della sua conversione all’#Islam,
non avremmo dovuto salvarla?!?”.
Tranchant come sempre Selvaggia Lucarelli:
“Si è convertita all’Islam, non dice mezza
parola d’odio, sorride anziché piangere. È una
donna. Non glielo perdoneranno mai”.
Nell’attesa che gli odiatori trovino un altro
osso da spolpare, ci sentiamo di dare un
consiglio a Silvia Romano, quello cioè di stare
alla larga dalla Rete.
I traumi di un sequestro sono lunghi e difficili
da superare.
Ma quelli del cyber-bullismo non sono da
meno.
In quanto alla conversione, resta un fatto
intimo, di estrema importanza, per ogni
persona.
Un percorso che doloroso o liberatorio che
sia, va rispettato, comunque. Sempre.
Tipi da social
Complottismo,                   o           mio
complottismo…

Complotto sì o complotto no?
Benché ci muoviamo ancora nel campo delle
ipotesi, più o meno comprovate a seconda
dell’autorevolezza degli analisti, credo sia
opportuno porsi questa domanda, perché è
strettamente legata a quello che ci accadrà
dopo, ossia dopo la fine dell’emergenza, sia
sul piano economico che politico.
Infatti, sulla base dei dati e dell’analisi di cui
siamo conoscenza, a mio parere, è urgente
comprendere se, dietro tutto questo, c’è un
disegno, e di quale disegno si tratta, oppure,
se gli sviluppi del capitalismo degli ultimi
decenni, lasciati per così dire a briglia sciolta,
siano responsabili di quanto sta accadendo.
In entrambi i casi, ci viene data
l’opportunità di mostrare, anche dinanzi
a chi è più chiuso nel suo piccolo mondo
antico, sperando illusoriamente di
salvarsi, che questo sistema non regge, è
foriero di morte e di distruzione per
l’umanità tutta intera e per la natura
stessa, dal cui grembo siamo stati
partoriti.
Prima di andare avanti nella direzione
tracciata, vorrei soffermarmi brevemente
sulla cosiddetta teoria del complotto.
Come è noto, di complotti, è seminata la
storia, basta pensare alle attività di Catilina
contro il Senato romano, o all’assassinio di
Giulio Cesare da parte di un gruppo di
congiurati, tra cui il figlio adottivo Bruto.
Chi ha un po’ di sensibilità storica, sa
benissimo che le grandi trasformazioni
storiche non si realizzano per le scelte
politiche episodiche di gruppi più o meno
agguerriti; il complotto, se effettivamente
viene orchestrato nel segreto, non è che
l’ultimo atto di una strategia politica
elaborata da una certa forza sociale, forza
sociale a cui corrispondono, in termini
marxisti, ben precise classi o alleanze tra
classi.
Per esempio, il colpo di Stato del Termidoro,
termine poi divenuto paradigmatico, con cui
furono               arrestati                e
giustiziati      Robespierre,           Saint
Just, Couthon, rappresentanti della sinistra
giacobina, fu attuato da un’altra fazione del
Comitato di Salute pubblica che, benché
avesse partecipato al Terrore, si opponeva
all’estremismo dei sanculotti e faceva gli
interessi della nuova borghesia.
Ma torniamo al caso nostro, ossia all’ormai
tanto famoso coronavirus, il cui tasso di
letalità secondo calcoli sbagliati, forniti
dall’Istituto superiore di sanità, è stato
individuato nel 5,8% dei contagiati.
Notizia   che        inevitabilmente          (e
volutamente?)        ha terrorizzato          la
popolazione.
In questi giorni, siamo stati inondati dai
pareri più disparati, di esperti veri e falsi, di
personaggi noti al grande pubblico, di analisti
politici, di propagandisti, che ci elargiscono
tesi, ci dispensano consigli (vorrei sapere
quanto paghiamo gli spot televisivi), e ci
invitano ad essere un tutt’uno contro la
pandemia, come se fossimo in guerra, contro
un nemico comune.
Ma non è così!
Altro che bandiere italiane ed inno di Mameli,
il vero nemico è interno all’Italia ed è
rappresentato da individui ben precisi e dagli
interessi che essi rappresentano.
Come, per esempio, chi ha emanato lo stato di
emergenza nella Gazzetta ufficiale, il primo
febbraio per 6 mesi, in seguito alla presa di
posizione dell’Organizzazione mondiale della
sanità, senza mettere in risalto questa notizia
e facendola seguire da misure a singhiozzo e
spesso contraddittorie, come ha dimostrato il
persistere di attività lavorative in settori non
essenziali (armi), la mancata disponibilità di
strumenti protettivi che lo Stato stesso
avrebbe dovuto distribuire alla popolazione.
Oppure, chi in nome del privato che è più
efficiente (in realtà più redditizio), ha chiuso
ospedali, strutture sanitarie e dato
agevolazioni fiscali a privati.
O ancora, chi ha tagliato i fondi alla ricerca e
all’università, facendo sì che – secondo la
stessa OMS – oggi ci manchino 50.000
infermieri e probabilmente 45.000 medici,
creando così un buco stratosferico che
cerchiamo di riempire con aiuti provenienti
da “odiati” paesi (Cuba, Cina, Venezuela),
che, evidentemente, di fronte alle emergenze,
funzionano meglio della “democratica” Italia.
Ma torniamo al nocciolo della questione,
cioè al tema principale dell’articolo.
Esistono due tesi fondamentali:
1) “la distruzione sempre più veloce degli
habitat”;
2) la costruzione in laboratorio del
coronavirus che ha generato l’attuale
pandemia, o la sua diffusione voluta o
casuale, indipendentemente dalla sua origine.
Questi due tesi, che non credo si escludano
reciprocamente, sono sostenute da vari
studiosi, esperti, analisti internazionali.
In un articolo uscito su Le Monde
diplomatique (Contro le pandemie, l’ecologia,
marzo 2020) la giornalista statunitense, di
origini indiane, Sonia Shah, scrive: “Dal 1940,
centinaia di microbi patogeni sono comparsi o
riapparsi in aree in cui in alcuni casi non si
erano mai visti prima.
È il caso dell’immunodeficienza umana (Hiv),
dell’Ebola nell’Africa occidentale e della Zika
nel continente americano.
La maggior parte di essi (60%) è di
origine animale.
Alcuni provengono da animali domestici o da
allevamento; più di due terzi da animali
selvatici”.
Come altri studiosi, la giornalista statunitense
ritiene che: “la maggior parte di questi
microbi vive al loro interno [degli animali]
senza far loro alcun male.
Il problema è un altro: con il dilagare della
deforestazione, dell’urbanizzazione e
dell’industrializzazione, abbiamo dato a
questi microbi i mezzi per arrivare fino al
corpo umano e adattarsi”.
Altri studiosi convergono su questo tipo di
riflessione, sottolineando che alcune zone
della Cina sono state caratterizzate da questi
processi come rapida urbanizzazione,
industrializzazione dell’attività agropecuaria,
integrazione alle nuove catene del valore
sviluppati in maniera accelerata, dai quali
sono scaturite le condizioni per la rapida
mutazione del virus e per il cosiddetto
“passaggio di specie”.
Come scrive il periodico on line Scienzainrete,
questo fenomeno “sempre avvenuto, da
quando esiste la vita, è favorito
principalmente da due fattori”: i ricettori
cellulari sono simili in specie diverse e la
prolungata vicinanza fra uomini e animali.
Da queste considerazioni, si evince la ragione
per la quale la Lombardia costituisce il centro
dell’infezione, proprio per il semplice fatto
che probabilmente, per la sua intensità
industriale, costituisce la regione più
inquinata d’Europa.
Si tenga inoltre presente che il contesto
descritto negli ultimi decenni ha dato vita ad
epidemie che si sono susseguite con maggiore
frequenza, come la SARS (2002-03), influenza
suina H1N1 (2009), il MERS Covid (2012),
l’Ebola (2014-16), lo zika (2015) e il dengue
(2016).
Epidemie di cui dobbiamo attribuire tutta
responsabilità al capitalismo e alle sue
dinamiche distruttive e perverse.
A questo punto, vorrei rispondere alla
seconda domanda: il SARS-COVID-2
(Sindrome respiratoria acuta grave
coronavirus 2), noto più semplicemente come
COVID-19, è stato prodotto in un laboratorio,
innescandone la mutazione, e poi
involontariamente o volontariamente diffuso o
disperso, anche nel caso in cui costituisca un
organismo non manipolato?
L’ipotesi della diffusione involontaria dei virus
non è del tutto scartata dal Bulletin of Atomic
Scientists, nel quale si può leggere la
descrizione del laboratorio di Plum Island,
situato alla foce del Long Island Sound vicino
a New York, il cui obiettivo è quello di
operare nel campo della bio-sicurezza,
altamente sviluppatasi dopo l’11 settembre.
Secondo questo studio, è affare dato che
“nessun laboratorio è perfetto”, e dunque che
è possibile che gli agenti patogeni delle
malattie lì studiate possano in qualche modo
sfuggire e colpire gli abitanti circostanti per
poi espandersi ulteriormente.
Passiamo invece alla tesi assai discussa
della diffusione volontaria del virus.
Come è noto, il presidente Trump insiste nel
chiamare il Covid-19 il “virus cinese”, in
questo seguito da settori filoamericani, che
intendono cogliere ancora una volta
l’occasione di demonizzare la Cina,
considerando addirittura gli aiuti pervenutici
da questo paese una sorta di cavallo di Troia.
Ovviamente tale associazione (Cina/virus) è
fortemente respinta dal governo cinese, che
nella persona del portavoce del Ministero
degli Esteri, Lijan Zhao, in un tweet del 12
marzo, ha accusato gli Stati Uniti di non aver
informato il mondo sulle numerose morti lì
avvenute, sulla data del ritrovamento del
cosiddetto paziente zero, insinuando che sia
stato lo stesso esercito statunitense ad aver
introdotto il virus a Wuhan in occasione dei
giochi sportivi militari tenutosi a in questa
città nell’ottobre del 2019.
L’ipotesi formulata dai cinesi è sposata dal
giornalista brasiliano Pepe Escobar, il quale
scrive che, essendo la Cina oggi il centro
dell’economia mondiale, essendo diventata il
socio commerciale di circa 130 paesi e avendo
firmato solo nel 2019 contratti per la
costruzione di infrastrutture per 128 miliardi
di dollari, costituisce effettivamente – come
ha affermato Trump – la più grande minaccia
economica e militare per gli Stati Uniti.
Come si può ben capire, ci troviamo costretti
a questo punto a parlare di guerra
batteriologica o biologica, ossia di qualcosa di
cui, nei tempi della cosiddetta guerra ibrida,
bene o male tutti noi abbiamo sentito parlare
o visto rappresentare magari in qualche film
commerciale.
Ma che dati abbiamo su questo aspetto
della questione?
Inevitabilmente ne menzionerò solo alcuni
che mi sembrano importanti disposta ad
accettare ulteriori informazioni da chi vorrà
fornirmele.
La storia ci ricorda vari episodi di guerra
batteriologica/biologica, di cui si resero
responsabili gli antichi greci, i cartaginesi, gli
spagnoli e gli inglesi nel Nuovo Mondo;
infatti, sappiamo con certezza che questi due
ultimi gruppi scientemente regalarono ad
esponenti delle nazioni originarie indumenti
appartenuti ad individui infettatati dal vaiolo,
che – come è noto – fu una delle più rilevanti
cause dello sterminio degli indo-americani.
Ernesto Burgio, medico pediatra, esperto di
epigenetico e medicina molecolare,
presidente del Comitato scientifico della
Società italiana di Medicina ambientale
(SIMA), fa notare che vi sono ragioni
economiche (rapporto costi/benefici) che
fanno delle armi biologiche un utile
strumento: “Secondo stime un po’
semplicistiche, ma attendibili, la potenzialità
bio-distruttiva di un grammo di spore di
antrace è pari a quella di 700 grammi di
plutonio da fissione, di 70 chilogrammi di gas
nervino, di tre tonnellate di bombe al cluster”.
Detto in soldoni, ciò significa che con un po’
di spore di antrace si fanno fuori milioni di
esseri umani a bassissimo costo (V. Armi
biologiche e guerra (infinita) al pianeta).
Purtroppo per chi ha intenzione di far uso di
tali strumenti di morte, scrive sempre Burgio,
le armi biologiche “sono praticamente
incontrollabili”, giacché “ogni volta che un
microrganismo patogeno comincia a circolare
all’interno della biosfera, la durata della sua
permanenza in essa e il suo percorso sono
assolutamente imprevedibili” (Ibidem).
E quindi è del tutto possibile che il
diffusore stesso rischi di infettarsi e di
infettare i suoi compatrioti.
Secondo la costituzionalista venezuelana M.
Alejandra Díaz, intervistata da Telesur, vi
sono delle ricerche, per esempio, quella di
uno studioso venezuelano di nanotecnologie
che ha tracciato la mappa genetica del virus,
arrivando alla conclusione che esso sarebbe il
risultato della combinazione di vari virus;
mentre dalla ricerca di uno studioso cinese si
ricaverebbe che il Covid-19 scaturisce
dall’unione di segmenti tratti dall’HIV e dalla
SARS.
La Signora Díaz, membro dell’Assemblea
nazionale costituente del Venezuela, è
convinta – come il già citato giornalista
brasiliano – che il virus responsabile
dell’epidemia in Cina sia uscito dai laboratori
statunitensi, in effetti numerosi a partire dal
secondo dopoguerra e moltiplicatisi dopo l’11
settembre.
La costituzionalista latino-americana sostiene
che gli Stati Uniti stanno distruggendo il
sistema di ordine internazionale da loro stessi
creato dopo la Seconda guerra mondiale, e
che stanno imponendo uno stato di eccezione
mondiale, in cui il diritto viene sospeso e
conta solo la forza.
In particolare, secondo questa ipotesi il
Covid-19 sarebbe stato creato per colpire la
Cina, facendone rallentare l’economia e
danneggiando così anche quei paesi, come la
Russia e l’Iran, che riforniscono l’ex impero
celeste di petrolio e di gas.
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