IL GIOCO D'AZZARDO: UNA SCOMMESSA PER USCIRE DALLA CRISI? - Università degli Studi di Milano-Bicocca Corso di Politica Economica (Macro) Prof ...

Pagina creata da Luigi Nigro
 
CONTINUA A LEGGERE
IL GIOCO D'AZZARDO: UNA SCOMMESSA PER USCIRE DALLA CRISI? - Università degli Studi di Milano-Bicocca Corso di Politica Economica (Macro) Prof ...
Università degli Studi di Milano-Bicocca
    Corso di Politica Economica (Macro)
              Prof. Luca Stanca

IL GIOCO D’AZZARDO: UNA
SCOMMESSA PER USCIRE
        DALLA CRISI?

                  Tesina di:
           Cappelletti Maria Elena
                Cirulli Ilaria
               Luisetto Miriam

        Anno Accademico 2011/2012

                                              1
“The greater part of man have
      an absurd presumption
   in their own good fortune”

                 Adam Smith

                            2
Indice

Introduzione                                                                  4

Parte I – Il mercato del gioco d’azzardo                                      5

     1.1 Un po’ di dati…                                                      5
     1.2 Le caratteristiche del mercato del gioco d’azzardo                   7

Parte II – Analisi microeconomica                                             8

     2.1 Il surplus del consumatore e la tassazione: approccio tradizionale   8
     2.2 Il surplus del consumatore e la tassazione: approccio innovativo     9

Parte III – Analisi macroeconomica                                            11

     3.1 Il gioco d’azzardo e la crescita                                     11
     3.2 Costi sociali                                                        12
     3.3 Conclusioni                                                          13

Bibliografia                                                                  15

                                                                                  3
Introduzione

Il mercato del gioco d’azzardo è in continua espansione: se da un lato si
riscontrano effetti positivi sulla crescita, sull’Erario e sull’occupazione, occorre
valutare anche i costi sociali di un mercato così pericoloso.

È un tema molto attuale, è entrato infatti nel dibattito politico di molti paesi
europei, dove si affronta un trade-off tra costi sociali e possibilità di guadagno
attraverso la tassazione, mentre negli Stati Uniti e in Asia si è verificata una forte
liberalizzazione.

La globalizzazione dei mercati rende sempre più difficile mantenere monopoli di
Stato e la tendenza sembra essere quella di una resa: non potendo più
contrastare l’industria privata del gambling, gli Stati hanno deciso di sfruttarla,
anche a discapito dei consumatori-giocatori.

Dopo aver analizzato i dati e le caratteristiche del mercato, verificheremo
l’efficacia della tassazione dal punto di vista microeconomico, presenteremo un
modello per verificare le relazioni tra gioco d’azzardo e crescita economica e
valuteremo i costi sociali per rispondere alla domanda: il gioco d’azzardo potrà
aiutarci a uscire dalla crisi economica? E, in caso affermativo, è uno strumento
che vale la pena utilizzare?

                                                                                    4
Parte I
                       Il mercato del gioco d’azzardo

 “C’è un prodotto che, nonostante la crisi, si vende benissimo: si chiama «speranza
       di vincere», possibilmente tanto, per risolvere le difficoltà quotidiane”.
                                                                       Giovanna Morelli

1.1 Un po’ di dati…
Il gioco d’azzardo è un mercato di grandi dimensioni e in continua espansione, sia
in Italia che a livello globale. Confrontando i dati relativi alle perdite si osserva
che l’Italia si colloca al sesto posto…

                                  Tratto da “The biggest losers”, The Economist online, May 16th 2011

…ma se si analizza la spesa pro-capite, l’Italia ha il primato mondiale con oltre
900€ annui a persona (neonati compresi) e in Regioni quali Sicilia, Campania,
Sardegna e Abruzzo le famiglie investono in gioco d’azzardo il 6,5% del proprio
reddito, anche se è la Lombardia la regione con i livelli di consumo massimi in
termini assoluti: 10,6 miliardi di euro. A fronte di una contrazione dei consumi
familiari, continua a crescere la voglia di giocare: la spesa in Italia per il gioco
d’azzardo è passata dai 14,3 miliardi di euro incassati nel 2000, ai 18 del 2002, ai
23,1 raccolti nel 2004, ai 28 nel 2005, ai 35,2 miliardi di euro nel 2006, ai 42 nel
2007, ai 47.5 miliardi del 2008 (+332% in 8 anni); oggi è circa il 4% del PIL.

                               Tratto da M. Iori, “Il gioco d’azzardo: fra opportunità economica e rischi sociali”

                                                                                                                5
Inoltre, data la frequenza in questi ultimi anni di montepremi tra i più alti al
mondo, molti stranieri vengono a scommettere in Italia: negli Stati Uniti, patria
delle vincite più clamorose, non si riescono a raggiungere jackpot così importanti,
anche con una popolazione ben sei volte superiore a quella italiana.
L’industria del gioco d’azzardo è la terza in Italia (oltre 65 milioni di fatturato),
dopo Fiat ed Eni e coinvolge soprattutto le fasce più deboli: secondo i dati
Eurispes 2005 giocano il 47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto
medio-basso, il 66% dei disoccupati.
Oltre a essere una grande industria, secondo i dati della Consulta Nazionale
Fondazioni Antiusura, il gioco d’azzardo è anche la maggior causa di ricorso a
debiti e/o usura in Italia.
Può essere infine considerato come una sorta di “tassa occulta” utile per
migliorare le casse dello Stato, tuttavia, come mostra il seguente grafico
l’aumento delle entrate non è proporzionale all’aumento del giocato.

                                Tratto da M. Iori, “Il gioco d’azzardo: fra opportunità economica e rischi sociali”

Nonostante ciò, i Governi hanno deciso di sfruttare il più possibile questa fonte di
entrate, anche perché è una delle poche che i cittadini pagano volontariamente e
volentieri. Molti Governi hanno optato per un’apertura regolata, affidando parte
del mercato a imprese private con apposita autorizzazione, anche con l’obiettivo
di ridurre il gioco clandestino. Nel documento Linee guida 2007-2009 della politica
fiscale l’allora Vice Ministro dell’ Economia Visco parla chiaramente di “sviluppare
e consolidare l’industria del gioco” attraverso alcune modalità fra cui “ampliare le
reti distributive per l’accesso al gioco remoto (gioco on-line, pay tv, digitale terrestre,
SMS, computer, attivazione di call center per il lotto via telefono…)” per poter
raggiungere anche gli utenti che difficilmente potevano recarsi a giocare.
Fortunatamente, questa tendenza sembra essersi invertita, l’attuale Ministro
della Salute Balduzzi ha affermato proprio in questi giorni, che “non vogliamo più
vedere spot che raccontano che vincere può cambiarti la vita” e la volontà di
“arginare il proliferare di sale giochi e slot machine”.

                                                                                                                 6
1.2 Le caratteristiche del mercato dei giochi d’azzardo

Il mercato del gioco d’azzardo è un mercato con le seguenti peculiarità:

      è un mercato molto più antico di quanto si possa credere: il Lotto, proprio
       nelle forme in cui è conosciuto oggi, fiorisce a Genova nel XVI secolo;

      è un settore aciclico (Federazione sistema gioco Italia): è un settore molto
       forte sia in periodi di crescita che in periodi di recessione infatti,
       nonostante la crisi, il principale indice mondiale del comparto, l’ S-Network
       Global Gaming Index, ha guadagnato quasi il 10% nel quarto trimestre del
       2011;

      è un mercato dinamico, che sta vivendo un periodo di liberalizzazioni, con
       domanda in continua crescita, anelastica (risultati eterogenei) e capace di
       generare effetti non trascurabili sugli altri settori economici;

      è caratterizzato da un prodotto altamente differenziato e innovativo: si
       passa dai pacchi televisivi ai premi multimilionari del SuperEnalotto, dai
       distributori automatici di Gratta&Vinci al poker, fino alle scommesse su
       politica, attualità, eventi atmosferici: il gioco è come, quando e dove vuoi;

      può essere considerato sia come un investimento finanziario, assimilabile a
       un titolo che offre un rendimento positivo con un rischio molto elevato,
       oppure un bene di consumo dell’industria del tempo libero. Solitamente è
       considerato come una combinazione delle due;

      le motivazioni che spingono all’acquisto sono le più diverse: sicuramente
       nella maggior parte dei casi si compra un sogno, la speranza di vincere per
       poter far fronte a una quotidianità difficile, altre volte invece si può parlare
       di acquisto d’impulso, come nel caso dei Gratta&Vinci collocati vicino alle
       casse dei bar; molto più grave è invece l’effetto quasi ipnotico delle slot
       machine, la cui distribuzione sta diventando ancora più capillare.

                                                                                     7
Parte II
                           Analisi microeconomica

  “The most obvious objection to high taxes is that they lead to consumers enjoying
less of the products. But, in contrast to most areas of the economy, debate on public
        policy towards gambling almost never focuses on consumer welfare.”

                                                                                   David Forrest

2.1 Surplus dei consumatori e tassazione: approccio tradizionale
La tassazione del mercato dei giochi d’azzardo deve essere trattata
congiuntamente alla regolazione dello stesso. Per esempio, restringere il numero
di “punti vendita” di questo particolare bene, apparentemente giustificata da
preoccupazioni sociali, dal punto di vista pratico crea un profitto di monopolio
che può essere catturato dallo Stato attraverso la proprietà di casinò, concedendo
licenze o attraverso la tassazione.
Nell’analizzare la tassazione molto spesso i consumatori-giocatori sono trattati
come cittadini di seconda classe, infatti non viene mai preso in considerazione il
beneficio che ricevono dal consumo: diversamente da molte aree dell’economia, il
dibattito sulle politiche pubbliche non si concentra sul benessere del
consumatore, e anche i sostenitori della diffusione del gioco d’azzardo enfatizzano
tra gli effetti positivi solo sviluppo economico, creazione di posti di lavoro ed
entrate per lo Stato. Farrel e Walker (1999) sono i primi a proporre un’analisi
convenzionale basata sul surplus del consumatore e a confrontare la perdita di
surplus del consumatore derivante da una tassa con le entrate dello Stato. Farrel
e Walker analizzano la UK National Lottery, derivano la curva di domanda e
analizzano qual è la perdita del consumatore derivante dall’introduzione di una
tassa. Il prezzo di un biglietto della lotteria è di 55 pence, di cui 41 sono tasse.
Pagare il biglietto 41 pence in più genera una perdita totale di 1,93 miliardi di
sterline all’anno, di cui 1,45 entrano nelle casse dello Stato, ma i restanti 0,48
miliardi di sterline sono una perdita secca per la collettività.

                                     Tratto da “Gambling Policy in the European Union: Too many losers”

                                                                                                     8
Un’ analisi focalizzata solo sull’entertainment value mostra quindi una perdita di
benessere. Un approccio di questo tipo non può essere accettato senza critiche:
presume infatti che i consumatori siano completamente consapevoli delle loro
decisioni, ma in realtà queste decisioni sono spesso irrazionali e autolesioniste.

2.2 Il surplus del consumatore e la tassazione: approccio innovativo
Nello stesso anno l’Australian Productivity Commission introduce un nuovo
approccio nel calcolo del surplus del consumatore: la curva di domanda è
scomposta in due settori: i recreational players e i compulsive players.

                                     Tratto da “Gambling Policy in the European Union: Too many losers?”

Nel grafico a sinistra il surplus per i recreational players è l’area a. Nel grafico a
destra DC1 è la curva di domanda dei compulsive players, il loro surplus è c+d,
tuttavia dato che sono consumatori compulsivi sono portati a giocare in maniera
eccessiva. DC2 è la domanda nel caso in cui questo gruppo giocasse nei limiti del
giocatore medio. In questo caso il surplus si riduce a d, ma dato che il loro livello
di gioco è più alto (qc) si genera un surplus negativo (che per i recreational players
non esiste perché si rendono conto che il beneficio derivante dall’eccesso di gioco
è inferiore al costo). Per questo l’APC presenta un surplus del consumatore pari
ad a+d-e. L’introduzione di una tassa, per esempio una tassa pigouviana che
rifletta i costi che non sono presi in considerazione, potrebbe portare i
consumatori compulsivi a consumare una quantità ottimale e ridurre tutto il
surplus negativo:

                                                                                                      9
Lo svantaggio di questo approccio è, oltre alla difficoltà di distinguere tra
Recreational players e Compulsive players, anche quella di individuare la quantità
ottima di gioco e scegliere di quali costi tenere conto: secondo un’analisi
convenzionale dovrebbero essere considerati solo i costi sopportati dalla
collettività (aumento della criminalità, della violenza…) e non i costi che ricadono
sul soggetto, perché si suppone che gli agenti siano razionali e abbiano già tenuto
conto di tutte le conseguenze negative del consumo, anche se buona parte della
letteratura a riguardo dimostra che non sempre i giocatori capiscono i rischi che
stanno affrontando. Secondo altri studiosi, invece, il gioco compulsivo è una
manifestazione di problemi psichici che, anche in assenza del mercato del gioco
d’azzardo, sfocerebbero comunque in un aumento di criminalità o violenza.

                                                                                 10
Parte III
                            Analisi macroeconomica
 “E perché il gioco sarebbe peggiore di un qualsiasi altro mezzo di far denaro, per
                         esempio, magari del commercio?”

                                                  Tratto da Il Giocatore, Dostoevskij
3.1 Il gioco d’azzardo e la crescita
Il gioco d’azzardo è un fattore che influisce sicuramente sull’occupazione, in Italia
per esempio sono occupati in questo settore circa 70-80 mila lavoratori nel
circuito dei pubblici esercizi e delle ricevitorie, ma questo numero aumenta di più
di 10 mila unità se si considerano anche i lavoratori che si occupano di ricerche
di mercato. Alcuni studiosi hanno cercato di elaborare modelli per spiegare la
relazione tra gioco d’azzardo e crescita economica e viceversa. A questo riguardo è
interessante l’analisi empirica proposta nel 1999 da Douglas M. Walker e John
Jackson per verificare la relazione tra Lotterie di Stato e crescita economica negli
Stati Uniti. Il modello di base utilizzato è il seguente (Granger 1969):

Dove:
       ε e ε sono errori stocastici,
         1,t   2,t

       PCI = Increases in per capita income,
       LR = Lottery Revenue.

Nell’equazione 1 se ξl ≠0 per ogni l=1,…,n allora si può affermare che LR Granger
causes PCI, per cui inserendo LR in un modello per prevedere il PCI si migliora
notevolmente la previsione della variabile. L’equazione 2 testa invece la causalità
tra PCI e LR, in particolare esiste un nesso di causalità se θl ≠ 0 per ogni l. Sono
possibili quattro risultati:

   a.   LR causa PCI
   b.   PCI causa LR
   c.   causalità simultanea
   d.   indipendenza delle variabili

I risultati calcolati attraverso un modello simile al precedente, ma più complesso
(al netto dei cross-border purchase):

                                                                                  11
sono i seguenti:

I risultati ottenuti mostrano che, per α=0,1, è possibile affermare che aumenti del
reddito pro-capite possono provocare un aumento nell’acquisto dei biglietti della
lotteria (si tratta quindi di beni normali) e LR provoca PCI, quindi esiste causalità
simultanea.

3.2 I costi sociali
La definizione di costo sociale è dibattuta. La definizione più adatta al contesto
che stiamo analizzando è quella di Walker (2003):

 “It is a decrease in total societal wealth attributable to some action or government
           policy, or in this case, to the existence of pathological gambling”

I principali costi sociali causati dal gioco d’azzardo, particolarmente da quello
patologico, sono:

   -   diminuzione della produttività sul lavoro del giocatore e molto spesso
       perdita del posto di lavoro stesso; dal punto di vista economico il giocatore
       può essere visto come una risorsa non sfruttata;
   -   aumento della criminalità, dei fenomeni di bancarotta e dei costi sanitari:
       ciò impegna risorse del sistema giudiziario e sanitario che potrebbero
       essere utilizzate altrimenti (per esempio per effettuare ricerca);

La seguente tabella è molto eloquente nel dimostrare l’impatto sociale del gioco
d’azzardo: un giocatore compulsivo costa mediamente 9 469 dollari all’anno.

                                                                                   12
Tratto da Walker, Barnett, “The social costs of Gambling: an economic perspective”,

Oltre ai costi sociali occorre ricordare che il gioco d’azzardo ha un forte impatto
anche sul singolo individuo: provoca stress e depressione, è una delle principali
cause di divorzio e conta un elevato numero di suicidi (o tentativi di suicidio)
rispetto ad altri tipi di dipendenze.

3.3 Conclusioni

Alla luce delle analisi proposte finora si può concludere che:

      la tassazione del mercato del gioco d’azzardo consente di raggiungere livelli
       di consumo ottimali e costituisce un’importante fonte di entrata per lo
       Stato: si calcola che il gettito sia di circa 12 miliardi di euro (metà della
       manovra finanziaria varata nel 2011); per questo il policy maker potrebbe
       sfruttare questo settore per far fronte alle esigenze di riordinamento dei
       conti pubblici. Tuttavia un’analisi più approfondita mostra che solo il 16%
       del volume di affari affluisce nelle casse dello Stato e che i soldi spesi nel
       gioco d’azzardo sono sottratti ad altri consumi, sui quali, attraverso oneri
       sociali, imposte dirette e indirette lo Stato potrebbe guadagnare circa il
       30%. Quindi un’attività così fiorente può in realtà determinare un gettito
       meno elevato rispetto alle entrate garantite da altre imposte.
      ha un effetto positivo sull’occupazione, sull’indotto e sulla crescita
       economica;
      comporta ingenti costi sociali.

Quindi, anche se il gioco d’azzardo può portare a benefici (comunque molto
limitati) i costi sociali lo rendono indesiderabile come strumento per uscire dalla
crisi.

                                                                                                   13
La soluzione non è quella della proibizione, poiché il divieto rende ancora più
attraente l’oggetto del divieto stesso. Lo Stato dovrebbe almeno limitarsi a non
essere promotore di un’attività così pericolosa: introdurre una tassa per ottenere
un livello di consumo ottimale, limitare i canali di distribuzione, aumentare i
controlli per limitare il gioco ai maggiorenni, non pubblicizzare le Lotterie
enfatizzando solo il fatto che una vincita possa cambiare la vita in meglio e non
avvertendo che anche il rischio di diventare dipendenti possa cambiare la vita, in
peggio.

                                                                               14
Bibliografia

Forrest, D., “Gambling policy in the European Union: too many losers?”, Public
Finance Analysis, 64 (4), 2008

Morelli, G., “Quando la Dea Bendata non basta. L’industria dei giochi e la fortuna
degli italiani”, Economia dei servizi 2/2010

Walker, D. M., Barnett, A. H., “The social costs of Gambling: an economic
perspective”, Journal of Gambling Studies, 15 (3), 1999

Walker, D.M., Jackson, J.D., “State lotteries, isolation and economic growth in
the U. S.”, Review of Urban and Regional Development Studies, vol.11(3),1999

                                                                               15
Puoi anche leggere