I MISTERI DI HARRY BURDICK - SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C

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I MISTERI DI HARRY BURDICK - SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO
        AUGUSTO CAPERLE
            CLASSE II C

I MISTERI DI HARRY BURDICK

     ANNO SCOLASTICO 2014-2015

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I MISTERI DI HARRY BURDICK - SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C
INTRODUZIONE
Nel 1953 Peter Wenders lavorava in una casa editrice per bambini a Chicago, quando una sera bussò alla sua
porta un uomo: si presentò come Harris Burdick e gli consegnò 14 disegni. Ognuno era stato realizzato,
spiegò Burdick, per uno dei 14 racconti che aveva scritto e che erano a loro volta accompagnati da numerose
illustrazioni.
Peter Wenders rimase affascinato da quei disegni e disse a Burdick che gli sarebbe piaciuto leggere i racconti
il mattino dopo. Così Burdick lasciò a Wenders i quattordici disegni. Ma non tornò l’indomani. Né il giorno
dopo. Di Harris Burdick non si seppe più nulla. Negli anni a venire Wenders provò a scoprire chi fosse
quell’uomo e che cosa gli fosse accaduto, ma a nulla valsero i suoi sforzi. A tutt’oggi Burdick è una figura
avvolta nel mistero.
Wenders si trovò quindi con 14 disegni senza storia e senza un modo per rintracciare quelle storie. Tutto ciò
che restava ad accompagnare le illustrazioni erano delle didascalie di poche parole. Wenders conservò
comunque le illustrazioni e le loro didascalie e dopo un po’ di anni le mostrò a Chris Van Allsburg,
l’illustratore di Jumanji e The Polar Express, due libri da cui poi sono stati tratti i film omonimi.
Van Allsburg racconta che quando Wenders gli mostrò i libri, gli rispose che «era molto difficile guardare i
disegni e le didascalie senza immaginare una storia». Wenders sorrise e si ripresentò dopo pochi secondi con
una scatola impolverata: dentro c’erano decine di racconti, tutti ispirati ai disegni di Burdick. Li avevano
scritti, nel corso degli anni, i figli di Wenders e i loro amici.
Le illustrazioni ne I misteri di Harry Burdick e le didascalie stringate e misteriose sono ora a disposizioni della
fantasia dei bambini.
In passato anche scrittori famosi sono partiti dai disegni di Burdick per inventare le loro storie. Nel 2011 è
stato anche pubblicato un libro, The Chronicles of Harry Burdick con le storie di 14 scrittori ispirate al lavoro
di Burdick: tra loro ci sono Stephen King, Tabitha, Linda Sue Park, Kate DiCamillo, Jules Feiffer, Luis Sachar e
lo stesso Chris Van Allsburg.
Chissà, magari le intenzioni di Harry erano proprio queste? Far scrivere generazioni sui propri disegni. Fatto
sta che hanno molto ancora da raccontare. Anche i ragazzi della 2C si sono cimentati in questa impresa: dare
una storia a questi disegni avvolti nel mistero. Ci è sembrato che si ispirassero al genere fantasy e quindi
abbiamo deciso di scegliere questa tipologia. Ognuno ha adottato quello che ispirava maggiormente e ci
siamo lasciati trascinare dalla fantasia.
Buona lettura,
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I MISTERI DI HARRY BURDICK - SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C
MATTEO BALLINI – LUDOVICO BRESCIANI

                                               COLOMBE OSCURE

Correva un anno freddo, cupo, e il sole sembrava essere rimasto imprigionato dentro una nuvola. Adam
Johns abitava in una piccola casa, a Liverpool. Poco prima sua moglie Johanna lo aveva lasciato e si era presa
metà di tutti i suoi soldi.
Erano così innamorati all'inizio, ma ciononostante Adam aveva avuto come un presentimento: sapeva che
non sarebbe durato.
Nella sua dimora il signor Johns teneva soltanto brutti ricordi, non ci voleva più vivere. Il caso volle che la sua
ricca zia morì e, non avendo figli, l'eredità andò a finire nelle sue mani. Quella graziosa signora possedeva
una casa molto grande, nella periferia di Londra … era l'occasione giusta per trasferircisi. Non ci pensò due
volte prima di fare i bagagli e prendere la prima carrozza per Londra.
Da piccolo andava molto spesso da sua zia, ma non si ricordava la casa così diroccata. L'erba non era stata
tagliata da anni, forse un secolo. Il sole stava per tramontare, “Meglio entrare” Disse fra sé e sé. C'era un
insopportabile odore di muffa e la polvere gli infastidiva il naso. Salì nella prima camera che trovò, doveva
essere quella di sua zia a giudicare dall'eleganza dell'arredamento. La prima cosa che vide fu un grosso
specchio rotto. Si guardò nel proprio riflesso. Adam aveva dei bei occhi, azzurri e grigi, parevano di ghiaccio,
aveva i capelli color cenere, che gli scendevano fino a metà del collo. Spostò lo specchio e si trovò davanti un
muro bianco, bianco e vecchio. Decise che quella sarebbe stata la sua camera. Quella parete era troppo
vuota, la voleva decorare. Cercò una tappezzeria, la prima che trovò si trovava in un vicolo della città. Non
era il massimo del pregio quel negozio, ma non conosceva bene la città, quindi dovette per forza entrare. Era
tutto molto vecchio, come se nessuno avesse mai toccato quegli oggetti da un'infinità di tempo. L'articolo
che lo attrasse di più fu un arazzo raffigurante delle colombe e non poté che comprarlo.
Una volta ritornato a casa, lo attaccò al muro. Era molto suggestivo. Non sapeva perché, ma quell'opera gli
dava un non so che di tranquillità. Si era fatto tardi perciò andò a dormire. Erano passate solo poche ore,
quando Adam fu svegliato da uno strano rumore, sembravano cinguettii di uccelli. Si alzò dal letto e vide un
miracolo: le colombe si stavano staccando dall'arazzo. Le Colombe stavano diventando di un colore cupo con
occhi fiammanti e becchi malefici e stavano trasportando dalla finestra tutti gli oggetti che aveva in casa. Il
povero signor Jones era disperato perché stava perdendo tutto in pochissimo tempo come quando giochi a
Las Vegas. Provò a fermare le colombe, ma quando toccò appena il letto una colomba sputò lingue di fuoco
dagli occhi, gli ferì la mano e perse i sensi. Al suo risveglio la casa era stata svuotata e al suo interno si
trovavano solo un muro vuoto, lui stesso e il vecchio scatolone in cui si trovava la tappezzeria con le
colombe. Si alzò, aggiustò un po’ la vista e dopo qualche istante vide dentro lo scatolone un libro che spariva
e riappariva. Lo acchiappò al momento giusto e sopra si leggeva:” Incantesimo per ladri esperti, capitolo 2,
COLOMBE MALEFICHE”. Adam lo aprì alla prima pagina e lesse per un po’. ”Per prima cosa mettere
tappezzeria ammuffita con ricamo di colombe all’interno di un pentolone e versare filtro oscuro. Poi
aggiungere acqua, mescolare e cuocere per due giorni. A questo punto il gioco è fatto. NOTA BENE: SE IL
PENTOLONE VERRA’ ROVESCIATO ENTRO 48 ORE, MORIRANNO L’EVOCATORE E ANCHE LE COLOMBE.
LEGGERE ATTENTAMENTE IL LIBRO ILLUSTRATIVO VOLUME 2 PLUS E L’ATTIVAZIONE DELLE COLOMBE
VERRA’ ESEGUITA IN 16 ORE.
Adam non perse tempo: si diresse immediatamente verso quel negozio di stoffe dove lo aspettava il suo
peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto dalla voce”
Adam si avvicinò velocemente al pentolone “Ti prego non ribaltarlo, per favore!” “Perché non dovrei farlo tu
mi hai distrutto la casa e hai profanato i tesori di famiglia. Ma prima di mettere fine alla tua vita dimmi
perché hai fatto questo.” Il signor Jones era sfinito e in quel momento arrivò la risposta di Jefferson: ”Il
potere è una buona ragione e in questo mondo il potere domina e significa tutto.”
In quel momento Adam lanciò la pentola e Jefferson e le sue colombe sparirono per sempre. Il signor Jones si
sedette in un angolo, ripensò alla sua vita a ciò che gli era successo finora e finalmente fu felice.

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CATERINA MENEGATTI

                                          NEVILLE E IL REGNO SEGRETO

Era una notte come le altre. Neville era andato a letto presto, poiché l’indomani sarebbe dovuto andare a
scuola. Dormiva beatamente e sognava di giocare nello stadio più importante della città e di essere il miglior
giocatore di baseball dell’intero mondo.
Un colpo di vento gli scompigliò i capelli e un brivido gli percorse la schiena. Si sedette infastidito sul
materasso e notò che la finestra era aperta. Si alzò per chiuderla, ma lucciole piuttosto grandi stavano
cercando di entrare. Cercò di scacciarle, arrivavano sempre più numerose e dopo poco si unirono formando
la parola SEGUICI, poi volarono fuori dalla finestra, fermandosi ad aspettare.
 “Ma come faccio a seguirvi fuori dalla finestra!?” Chiese sbigottito Neville e in quel preciso istante dei
minuscoli pallini dorati lo fecero librare in aria e lui iniziò a fluttuare per la stanza. Provò ad attaccarsi alla
barchetta di legno sulla mensola, ma la sua mano scivolava e lui volava sempre più in alto, fino ad attaccarsi
sulla lampada, dove rimase aggrappato giusto il tempo per darsi una spinta per afferrare i bordi della
finestra. Si spinse fuori e seguì le strane creature che volavano sopra al tetto e si posavano vicino al
comignolo.
Neville si sedette sul bordo del tetto e le lucciole iniziarono a spegnersi, ad allungarsi, a stringersi, a colorarsi
e infine diventarono persone minuscole con le orecchie a punta e i capelli di sfumature diverse e la pelle di
un azzurro invisibile.
“Piacere di conoscerti, io sono Angie, Regina di Trasformandia, e dobbiamo potarti con noi.” A parlare era
stato un folletto femmina con i capelli violetti e gli occhi gialli che portava una collana con un borsellino e un
diamante attaccato sopra.
Angie continuò “Siamo il popolo dei folletti amici, ci trasformiamo ognuno in un animale o in un oggetto
diverso e siamo noi che facciamo nascere i bambini, li aiutiamo a crescere, li proteggiamo e gli doniamo
pace, amore per il prossimo e generosità, caratteristiche che non tutti apprendono. Siamo piccole creature
che di notte andiamo nelle stanze dei bimbi e distribuiamo una piccola quantità di polvere magica con un
ingrediente sempre diverso per ogni notte, la mettiamo sotto il cuscino. In questo ultimo periodo è sorto un
grande problema: il mago Evil ha formato un regno dell’orrore, vuole schiavizzare tutto il mondo e
ovviamente lui desidera esserne a capo così il mondo sarà pieno di odio e disprezzo, avarizia e tutti i difetti.
L’ingrediente essenziale che tiene attaccato il mondo e porta la pace sono i bambini che permettono agli
adulti di vivere serenamente, e quindi vuole distribuire a tutti i bambini del mondo una porzione di odio e di
disprezzo che permetta di rimanere cattivi per l’eternità … Portando così a un mondo dove il buio domina su
tutto e tutti. Evil per riuscire a dare ai bambini la polvere magica stregata non solo può trasformarsi in tutto
ciò che vuole (caratteristica che in pochi hanno) ma ha creato dei sieri, delle pozioni che immette nell’aria
delle stanze del nostro regno e dei miei folletti, questo gas le paralizza il cervello e loro sono imprigionati nel
loro stesso corpo, vedono e sentono ma non possono reagire, sono comandate da lui e devono distribuire
cattiveria al mondo.”
Neville era affascinato dalla storia ma ancora non capiva cosa centrasse lui… ”Noi non ci facciamo vedere né
da adulti e né da bambini, perciò ti chiediamo di mantenere questo segreto … ebbene ti abbiamo chiamato
perché sei l‘unico bambino al mondo che ha appreso il massimo numero di bontà, di amore, di pace e di
generosità (sono molto affascinata da questo e ti faccio i miei complimenti) e sei l’unico che potrebbe
resistere al potere negativo della polvere magica cattiva e che potrebbe sconfiggere Evil, perciò ti chiediamo
di venire con noi nel nostro mondo e di aiutarci”
Neville non sapeva cosa rispondere, ma alla fine accettò perché non voleva che il mondo diventasse un luogo
di persone crudeli e disse: “Vi aiuto con piacere, contate pure su di me.”
Quando accettò, tutte le persone dalle orecchie a punta si buttarono giù dal camino, eccetto Angie che gli
lanciò una manciata di polvere magica e Neville divenne piccolissimo e, senza indugiare, si buttò e arrivò in
un regno, nel centro di una città che sembrava uguale a uno qualsiasi che Neville avesse visto, solo che al
posto dei soliti negozi di abiti o alimenti c’erano altri posti magici dove vendevano oggetti insoliti.
Per un po’ di tempo Angie portò Neville a fare un giro nella città e nel frattempo gli spiegò altre curiosità su
Trasformandia, come ad esempio che quel sacchettino che ogni folletto amico aveva al collo conteneva la

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polvere magica e in un altro sacchettino, utilizzato come braccialetto di identificazione, c’era il potere più
forte del folletto.
Improvvisamente arrivò un omino dalle orecchie a punta più piccolo degli altri e corse agitatissimo, strillando
e dicendo “Regina Angie… Evil ha colpito ancora e siamo rimasti in pochissimi ha portato via moltissimi
folletti e li ha straformati in piccoli insetti crudeli, inoltre le scorte di polvere magica sono esaurite. Evil le ha
rubate tutte e questa stessa notte colpirà.” Scoppiò in lacrime e tornò nell’edificio da cui era uscito; Angie
rimase immobile e seria. “Bene, Neville abbiamo bisogno di te, non possiamo aspettare, ti diamo questo
borsellino pieno di polvere magica che ti servirà per volare … tutto il resto lo capirai da solo.” Prese la mano
di Neville e si rilanciò su per il camino per tornare nel mondo reale, pronti per combattere.
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Le strade erano deserte, non si sentiva alcun rumore a parte il fruscio del vento e Neville sussultò vedendo
un ombra piuttosto grande che volava furtiva da una finestra ad altra, circondata da minuscole bestioline
blu.
 Angie senza aspettare si fece avanti, iniziò a saltare da un tetto all’altro. Neville la seguì a fatica. Lei colpì Evil
alla spalla, ma essendo molto minuta, lui si girò, le tirò un pugno nello stomaco e lei cadde a terra.
Neville scattò, chiuse la mano in un pugno, poi la riaprì di getto e ne uscirono scintille rosse che andavano
dritte verso la faccia di Evil, bloccato da una ventata di polvere grigia.
Neville ribatté e mandò una striscia verde luccicante, questa volta fermata subito e riuscendo a schivare
appena in tempo un lampo bianco, sgusciò via e fortunatamente trova la finestra della sua camera dove
pochi istanti prima si trovava a dormire, era ancora aperta così prese la mazza da baseball, che teneva
sempre a portata di mano, ritornò verso Evil che con un gesto chiamò tutte le bestiole blu e nere verso di
lui, e d’istinto le colpì con la mazza da baseball, ma erano troppe e molte riuscirono ad attaccarsi sulla sua
faccia e iniziarono a morderlo e a graffiarlo. Delle scintille viola lo colpirono ai piedi e lui rimase sospeso in
aria, svenuto. Una bolla trasparente si richiuse lui, un’altra su Angie e un’altra ancora su tutto l’esercito di
lucciole buone rimasto intatto. Evil disse “Ahahaah pensavate davvero di potermi sconfiggere?! In pochissimi
istanti il mondo diventerà un mio possesso e voi, appena le mie bestiole compiranno il loro dovere e
distribuito a tutti i bambini una porzione di polvere cattiva, verrete con me ad ammirare il capolavoro che ho
compiuto e poi … vi farò a pezzetti”.
Nel cielo compare la percentuale di bambini colpiti dalla polvere letale e le lucciole cattive procedevano ad
una velocità impressionante.
Neville, dopo qualche decina di minuti, guardò il cielo e vide che indicava 85% … ripensava a tutti i suoi amici,
alla sua famiglia, alle feste, ai giochi, alle risate e anche alle cattiverie commesse. 90% … non poteva
permettere che il mondo cadesse nelle mani di Evil! 95% … doveva fermarlo non poteva lasciare che Evil
uccidesse lui e tutti i folletti! 99,9%, con la forza del pensiero provava a far esplodere la bolla e ammazzare
Evil … 100%, non aveva più alcuna speranza e chiuse gli occhi, quando un onda dorata uscì dalle sue mani,
dalle sue gambe, dalla sua pancia. Le bolle iniziarono a scoppiare e le lucciole cattive tornarono buone, la
polvere magica resa nera ritornò del colore naturale ed Evil diventò un piccolissimo puntino bianco che
urlava e si dimenava. Angie lo rinchiuse in una gabbietta e con un tocco di dita lo fece sparire
completamente.
Tutti si abbracciano e Neville, incredulo per quello che aveva fatto, venne avvolto in un cerchio di abbracci,
pianti di gioia e grida.
°°°°°°°°°°
Neville si trovava accanto alla regina nel centro della città, dove era stato poco prima, era seduto con dei
cerotti sparsi sulla faccia e le mani ricoperte di una crema profumata blu.
Angie diceva: “Dobbiamo tutti rendere infinite grazie al nostro Neville per aver salvato tutti noi. Con la sua
bontà immensa e la sua voglia di far tornare la pace nel mondo è riuscito solo con il pensiero a scoppiare
tutte le “bolle prigioni” E tutta la polvere magica cattiva distribuita si è trasformata in polvere assolutamente
perfetta. Ti ringraziamo di cuore per aver definitivamente eliminato il male dal mondo (impresa che
proviamo a compiere da anni) e per averci permesso di continuare il nostro lavoro. Se hai bisogno, ti basta
chiamarci e, quando vuoi, noi saremo qui pronti ad aspettarti a braccia aperte. Ormai è giunta l’alba ed è
arrivato il momento di tornare a casa. Ti auguriamo una vita piena di amore e felicità“.

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Neville “Grazie a voi che da tempo donate la pace al mondo vi siamo tutti immensamente grati, vi prometto
che non dirò a nessuno della vostra esistenza e, se avete ancora bisogno di me, sapete dove trovarmi”
Neville ringraziò ancora, fece un cenno con la testa e una corrente di aria fredda lo avvertì che sarebbe
dovuto tornare a casa. Pochi istanti dopo venne aspirato da un laser, l’ultimo sguardo a Angie che gli fece
l’occhiolino prima di ritrovarsi sul tetto di casa sua.
Tornato nelle sue dimensioni normali, appoggiò il piede sul cornicione della finestra, si aiutò con le mani, si
mise a letto e si riaddormentò, sognando per l’intera notte Trasformandia, contento di aver trovato nuovi
amici e soprattutto di aver salvato entrambi i mondi.

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FRANCESCA D’ANGELO

                                             LA ZUCCA STREGATA

Come ogni Halloween, mia madre prende una zucca per intagliarla, ma quest'Halloween è stato molto
movimentato. Entro in cucina e vedo mia madre e mia sorella Brook che sta mangiando. Oh, dimenticavo, c'è
anche la zucca sul tavolo. Tanto per la cronaca io odio Halloween e le zucche visto che mio padre è morto il
giorno di Halloween. Stava andando con la macchina a prendere una zucca e ha fatto un incidente, mentre
penso a quel giorno, sento mia madre dirmi:  La
ringrazio e le dico di sì, poi chiedo a mia sorella:  So che anche le odia questo giorno, ma lei e
più piccola e forse soffre ancora di più, nonostante siano passati cinque anni.
Lei mi risponde:  Rispondo sì, poi mia sorella chiede a mia madre se può intagliare la zucca in
camera nostra e mia mamma risponde di sì. Prima che mia sorella arrivi in stanza, mi metto a cercare un
orecchino che ieri mi era cascato sotto il letto "Eccolo" Sto per uscire, quando sento parlare mia sorella:
 Non fa in tempo a finire che la zucca dice:  Mia sorella ribatte:  "Come?" Mi
chiedo da quando in qua le zucche esprimano desideri e parlino. Ok ci troviamo a Canberra (Australia) e qui
spesso succedono cose strane, ma non così strane. Mia sorella prende un coltello e taglia una fetta e dice:
. Non faccio in tempo a pensare che sento suonare il campanello. Mia sorella
corre via ad aprire la porta ed io esco dalla stanza. Papà! È lui, non ci credo! Corro ad abbracciarlo e urlo:
 Che giunge subito da me e quando vede papà urla, poi dico a mio padre: 
Mia sorella lo abbraccia e corre in camera. Vado più tardi ad origliare, sta dicendo  E
"pum" mi trovo in una villa poi sento:  e conclude con
. Entro in camera, ma "pum" mi trovo in strada con degli abiti sporchi e seduta a terra con
mia sorella. Le urlo:  Lei dice:
FILIPPO FERRANTE – NICOLA GIAROLA

                                                L’ARPA MAGICA

Stavo passeggiando assieme al mio cane nel bosco vicino a casa mia, quando tutt’ad un tratto, sentii delle
strane voci che provenivano dalla cascata del bosco.
Mi avvicinai per dare un’occhiata e vidi una strana persona barbuta con capelli lunghi brizzolati, vestito con
dei pantaloni marroni e con un telo che gli copriva il busto della stessa tinta dei pantaloni. La cosa che mi
colpì di più dell’uomo erano i suoi strani occhi che brillavano di un blu intenso. Scorsi anche uscire dalla
cascata una ragazza con capelli lunghi rossi come il vestito. Lei estrasse dalla tasca uno strano scrigno di
piccole dimensioni. Lo aprì e ne estrasse una bacchetta che diede al signore. Lui a sua volta, pronunciando
delle strane parole, fece apparire una arpa.
Il mio cane però in quel momento cominciò ad abbaiare e i due maghi mi notarono.
Corsi più velocemente che potevo e andai a nascondermi sopra a una quercia. I maghi proseguirono,
pensando che io fossi andato più avanti. Allora incuriosito ritornai alla cascata: là giaceva l’arpa magica. Da
dietro la cascata uscii un essere di piccole dimensioni con delle ferite sul volto. Io lo soccorsi. Lui allora per
ricambiarmi mi invitò nel suo regno che si trovava aldilà della cascata, in una grotta.
Ci spiegò che il regno si chiamava Ofle e che era appena stato devastato da quei due strani maghi. Ci
raccontò anche che lui era il sovrano e che quegli stregoni avevano appena rubato un’arpa magica che ora
però erano riusciti a riprendersi.

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DANIEL KAEMPFER

                                              LA CASA SHUTTLE

Se l’aspettava, la gente, che prima o poi sarebbe partita. Forse non in quel modo, ma comunque…
C’erano sempre urla e lamenti. C’era stata una ragazza che voleva vedere se effettivamente la casa aveva
qualcosa di strano. Decise che da sola avrebbe avuto troppa paura, quindi porto con sé il suo cane. Il
pomeriggio successivo prese il necessario e andò nella casa.
La controllò per bene la casa e non contena decise di passare la notte lì. Andò nella camera da letto e
cominciò a dormire con il suo cane sotto le coperte. Dopo un po’ sentì dei guaiti. Si svegliò e chiamò il cane,
che le leccò la mano, in segno di presenza.
Si rimise a letto, e di nuovo senti dei rumori. Il cane la rassicurò ancora leccandole la mano. Si svegliò il
mattino successivo, chiamò il suo fedele amico, per ritornare a casa. Non lo trovò, finchè non andò in bagno.
Il suo cane era morto impiccato e una scritta sul muro, scritto col sangue, recitava: NON SOLO I CANI SANNO
LECCARE.
Da allora la luce del bagno, al piano di sopra rimase sempre accesa, con una sagoma di un cane dentro,
finchè non decise di volatilizzarsi… un giorno la casa salì in alto nel cielo e di essa non si seppe più nulla.

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ANNA MORANDO

                                ROXY E LE PIETRE MAGICHE DEL TRONO DI BHOH

Roxy era una bellissima ragazza alta, con i capelli biondi mossi e gli occhi color nocciola. Era scappata dalla
sua città nativa, Novosibirsk, con sua madre e suo fratello Ambon perchè nella sua patria era arrivata
un'ondata di peste dalla Mongolia e dal Kazakistan.
Suo padre era morto pochi mesi prima a Novosibirsk per colpa di quella malattia infettiva che ormai aveva
contagiato quasi l'intera Russia. Però, prima di morire, aveva lasciato a Roxy due piccole pietre bianche sulle
quali c'era scritto “HAPPY END” e aveva detto a lei di tenerle sempre con sé, che le avrebbero portato
fortuna.
La famiglia di Roxy decise di emigrare negli Stati Uniti; avevano quindi stabilito di prendere un aereo in
direzione Los Angeles.
Mindoro, un amico di famiglia, aiutò la madre della ragazza a comperare dei biglietti aerei a basso costo con
la compagnia Russian Air Lines.
Il giorno della partenza era vicino e Roxy e sua madre incominciarono a preparare i bagagli. Alle tre del
pomeriggio del 6 maggio Roxy con il resto della sua famiglia salì sull'aereo che dopo venti minuti partì.
Passate nove ore di volo l'aereo fece sosta a Parigi, dove i passeggeri passarono la notte. Roxy e la sua
famiglia furono ospitati in uno ostello a cinque chilometri dall'aeroporto.
La mattina seguente vennero svegliati da una gentile cameriera che disse loro che una hostess era venuta a
prenderli per riportarli in aeroporto dovo sarebbe ripartito il volo.
La madre e i due figli, arrivati all'aeroporto, salirono sull'aereo.
Roxy si sentì molto sicura su quell'aereo e fece un pisolino.
Quando si svegliò la bellissima ragazza russa si ritrovò sulla sabbia dorata in una piccola isola. Si alzò da terra
e notò molte ferite sul suo braccio destro e sulle gambe. Roxy gridò a squarciagola il nome di sua madre e di
suo fratello, ma non ricevette alcuna risposta. Vide che l'aereo era squarciato a metà e che il pilota era
morto dissanguato come tutti i passeggeri. Gridò di nuovo il nome di Ambon e lo vide sdraiato sulla sabbia
con accanto sua madre, la quale aveva una grande ferita sulla testa.
La ragazza aiutò sua madre ad alzarsi e la fece sedere su un sedile dell'aereo. Estrasse un fazzoletto di carta
dalla tasca della felpa, lo bagnò con dell'acqua salata di mare e lo mise sulla sua ferita.
Contemporaneamente Ambon costruì una piccola barella con dei tronchi di palma e con dei teli abbandonati
in riva al mare, per far sdraiare la madre addolorante.
Roxy staccò delle noci di cocco da un albero e, dopo averle tagliate con un coltellino multiuso di Ambon,
diede da bere il succo alla madre e al fratello.
Si fece sera e Roxy accese un grande falò per scaldarsi e per cuocere dei pesci pescati dal fratello.
Lei si allontanò dal luogo dove l'aereo era caduto per cercare del cibo da mangiare l'indomani.
Si inoltrò nel cuore dell'isola seguendo un piccolo sentiero attorniato da felci e palme. Ad un certo punto
sulla sua destra, notò un grande trono di pietra dedicato alla regina Caroline XX del Kenya. Roxy era molto
stanca e si sedette sul trono di pietra e dopo alcuni secondi si trovò in uno sterminato campo di granoturco.
Si avvicinò un grande troll che si presentò: “Io sono Dalney un troll. E tu invece chi sei?”
“Caro Dal... Dal... Dalney” disse la ragazza “Io sono Roxy, una ragazza ragazza russa che con mio fratello e mia
madre, ci stavamo trasferendo in America, ma purtroppo il nostro aereo è caduto su una piccola isola. Alcuni
minuti fa stavo camminando in un sentiero quando ho notato un tronco e per la stanchezza mi ci sono
seduta sopra e sono finita qui. Dove mi trovo?” gli chiese Roxy.
“Benvenuta nel regno di Bhoh” le rispose Dalney “Il regno è sempre stato un luogo dove troll e umani
convivevano in pace; ma cento anni fa una strega cattiva di nome Celery raccontò bugie sui troll e fece
prendere paura agli umani, che scapparono dal regno di Bhoh a gambe levate e non tornarono mai più.
Inoltre la cattivissima Celery ci tolse tutta la nostra magia positiva e rese il piccolo regno un luogo non
visitabile, chiudendolo con il portale del trono di Caroline XX. L'unica speranza per il nostro regno sono due
pietre bianche con sopra incisa la scritta HAPPY END”.
A Roxy vennero subito in mente le due pietre bianche che il padre le aveva donato due mesi prima.

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Le estrasse dalla tasca dei jeans e le consegnò a Dalney. Il troll andò a chiamare il re del piccolo regno che
consegnò a Dalney uno scettro. Dalney inserì le due pietre nello scettro reale con alcune parole magiche aprì
il portale che dall'isola del trono dedicato a Caroline XX portava al regno di Bhoh.
Tutti i troll recuperarono la loro magia e fecero un grande banchetto in onore della loro salvatrice: Roxy.
Inoltre il re, felice del gesto che aveva compiuto Roxy per il piccolo regno, le disse che avrebbe esaudito
qualsiasi suo desiderio. La ragazza accettò e chiese che la sua famiglia vivesse felice a Los Angeles. Il
desiderio si avverò e Roxy, Ambon e la loro madre andarono ad abitare in una grande villa nella periferia di
Los Angeles. Fortunatamente la madre venne operata in testa per la grande ferita che aveva e guarì presto e
vissero felici e contenti.

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LORENZO OTTAVIANI

                                               IL FINALE DEL LIBRO

Era una serata d'inverno come tutte.
Ogni volta dopo cena leggevo il mio racconto, mi sdraiavo sul letto, accendevo la mia lampada e cominciavo
a leggere.
Ma quel capitolo era talmente monotono e un po' inquietante che mi addormentai.
Sognavo uccelli, rose e tulipani. Fino a quando il cielo diventò scuro e spaventoso, morivano uccelli e fiori,
era diventato un incubo.
Mi svegliai con il fiatone, il cuore che batteva all'impazzata e accorgendomi di essere intrappolata in dei rovi
che sbucavano dal mio libro, urlai ed essi mi mollarono.
Spaventata corsi in un'altra camera e passai la notte in bianco.
Alla mattina ritornai e guardai il libro, sembrava tutto in ordine, presi la scopa e mi avvicinai; spaventata tirai
una bastonata sopra di esso e lui non si mosse.
Arrivo la sera e volevo affrontare la paura, andai in camera e mi misi a leggere il libro, ma c'era qualcosa che
non quadrava perché la storia era un giallo e ora era un fantasy che narrava di un libro incantato che
perseguitava nei sogni chi lo leggeva.
Spaventata presi il libro e lo bruciai, ma mentre bruciava vidi le piante uscire e aprire le porte per un mondo
magico, inciampai e ci caddi dentro, entrai nella storia.
Non potevo uscire da quel meraviglioso mondo incantato, ma sapevo una cosa: il finale del libro lo potevo
modificare a mio piacimento visto che ero la protagonista.

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CATERINA de’MANZONI

                                               PATRIAM LANTERNIS

Ricky! Che fai! Aspettami! - Il ragazzo sbuffò: -Ma perché sei sempre così lenta?!-
Valentina e Riccardo erano usciti per lasciar “discutere” (come avevano detto loro) i genitori. Trovandosi in
piena estate, non sapendo che cosa fare e, avendo vicino alla casa presa in affitto un lago...la risposta era
ovvia. Vale aveva due anni in meno di Riccardo, che ne aveva undici. In compenso però la ragazzina era
sveglia, forte e intelligente. A differenza di Ricky che agiva sempre d’impulso: spesso si ritrovava a compiere
azioni prima di avere bene in mente cosa mettere in atto. I ragazzi erano fratelli. Lei con occhi verdi, come
fanali, che ispiravano una grandissima fiducia. Capelli castano-chiaro e una spruzzata di lentiggini sul naso.
Lui, invece, aveva occhi azzurro chiarissimo, a volte si scambiava per grigio e capelli biondi, sembravano
d’oro.
–Giochiamo a un gioco? - Chiese Ricky non appena entrambi ebbero attraversato delle pietre ed erano
arrivati a riva. –No! Tanto vinci sempre tu! - -Allora migliora! - Rispose Ricky con un sorriso beffardo.
Dopodiché raccolse sei sassolini, tre per ciascuno e li distribuì. Il primo a lanciare fu lui, dicendo: -Chi riesce a
fare più rimbalzi vince, okay? - Vale sembrò pensarci su, dopotutto papà le aveva insegnato come si fa e lei
aveva appreso anche qualche trucchetto: -Ci sto! - Decise nello stesso momento in cui il sassolino compieva
il suo terzo e ultimo rimbalzo. Riccardo gonfiò il petto: -Prova a battermi, bambinetta! - Valentina prese un
suo sasso della tasca, si concentrò, provò il movimento...e il sasso lasciò la sua mano. Fece ben quattro
rimbalzi prima di affondare nell’ignoto mondo sottomarino del lago. Ricky stava fissando Valentina a bocca
aperta. Lei si girò lo guardò in faccia e disse: -Vediamo se riesci a fare di meglio, bambinetto! - E rise.
Riccardo allora prese un altro sasso. Si concentrò, pregò la pietra in silenzio, e tirò. Il sassolino fece
solamente due rimbalzi. –Bè, se adesso tu fai più di me hai diritto ad avere un centesimo dai miei risparmi. - -
Sì, certo, cosa ci faccio con un centesimo io, Irene mi darà solo un quinto della caramella! Voglio almeno
cinque centesimi. - -Okay, affare fatto. - Si strinsero la mano e Vale si preparò a tirare. Purtroppo, però, ci
mise troppa forza nel tirare e il sasso andò a fondo subito dopo un minuscolo rimbalzo. Ricky scoppiò a
ridere e Vale disse: -Ecco, adesso Irene non mi darà più la caramella! - E si mise a ridere insieme al fratello.
I due non si accorsero però che avevano aperto un vortice il quale, dal centro del lago, andava a ingrandirsi
fino a diventare grande come il lago stesso. A quel punto i ragazzi si erano fermati, a bocca aperta a vedere
quel terrore della natura. –Guarda Vale: dentro al vortice c’è una luce strana...- Ma non andò avanti, perché
Valentina era stata portata via dalla voragine. Preso dal panico Riccardo si buttò. Fu una brutta idea, davvero
una brutta idea.
Si svegliò prima Valentina. Si trovava in una foresta con alberi alti alti e verde scuro. Era notte, ma non
sembrava. Infatti, tutte sparpagliate per terra, in cielo, incastrate fra gli alberi, c’erano lanterne cinesi che
emanavano una luce azzurrina. Le fiamme al loro interno sembravano parlare.
Vale chiamò Riccardo che si svegliò di soprassalto: -Cosa c’è?! Dove siamo?!- -Sta calmo! Non ne ho la più
pallida idea. - Aggiunse poi sconfortata. –Bè, è venuto il momento di scoprirlo, no? - Ricky sorrise a Vale, che
non ricambiò. Insieme si avviarono per un sentiero lungo il bosco. Camminando i fratelli scoprirono che,
ascoltando attentamente, sentivano le voci delle lanterne che si lamentavano: ”Non ne posso più di Lucia!”
“Dovevano eleggere qualcun altro come regina.” “Per me hanno fatto bene, invece.” Curioso, Ricky, si
avvicinò ad una di esse e le chiese: -Scusa, dico a te, posso chiederti una cosa? - La lanterna sembrò girarsi
spaventata: -Ehi, mamma mia, che modi bruschi questi umanoidi! - Riccardo sbuffò: -Sì, okay, vabbè, sono
maleducato, prepotente eccetera eccetera. Ora, potresti, gentilmente, dirci che cosa è questa foresta? - La
lanterna sembrò scioccata. –Possibile che tu non lo sappia?! Siamo a Patriam Lanternis, il paese delle
lanterne. Qui, tutte le lanterne lanciate in aria dagli umani, si ritrovano. L’unico inconveniente che ti rovina la
luce, è che non puoi spostarti. Rimani bloccato per colpa di questi rami. - Vale intanto si era avvicinata e
aveva ascoltato: -Se noi ti liberassimo e ti portassimo con noi a casa dove potresti stare libera...verresti e ci
spiegheresti come uscire? –
La lanterna sembrò pensarci su:-Okay, accetto, ma ad una condizione. - -Dimmi tutto- disse affannato
Riccardo. –Mi comprerete quella buona fragranza alla lavanda che mi piacerebbe avere! - Riccardo, sorpreso,
rispose: -Tutto qui? Bene allora. Mettiamoci in marcia. –
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Camminando la lanterna, che poi scoprirono chiamarsi Lara, raccontò loro della regina crudele che regnava a
Patriam Lanternis. In teoria, la regina dovrebbe essere quella con più esperienza, ma Lucia, l’attuale regina,
aveva ucciso l’ex-regina, prendendole il posto. Lara spiegò anche che la loro luce, era la loro vita. Se si
spegneva, loro morivano. –Per uscire però dovete per forza passare per il palazzo della Regina: solo lì si trova
il modo per andar fuori. Molte di noi ci hanno già provato, ma serve una combinazione speciale che nessuno
ha mai indovinato, neanche Lucia. - Valentina ci pensò su: “Potrebbe essere una combinazione a seconda di
quante lanterne c’erano per albero.” Così prese a osservare meglio gli alberi: le lanterne in essi erano
sempre dello stesso numero: dieci. Distribuite a caso, ma sempre dieci. Intanto, anche Ricky pensava ad un
modo per indovinare la combinazione: “Potrebbero essere il numero di volte che la fiammella di Lara
guizza”. Così, alla fine del giorno, contò dieci volte.
Subito dopo essersi accampati per la notte, i due fratelli attesero che Lara si addormentasse (cioè che si
affievolisse leggermente la fiamma), per consultarsi. Si scambiarono le ricerche e, dopo un lungo momento
di silenzio, Vale disse: -Secondo me il numero dieci c’entra eccome in questa situazione. Potrebbe essere la
combinazione per uscire di qui: uno e zero. - -Probabile- disse Ricky. – Ma non penso. Di sicuro ci sarebbero
arrivate prima di noi queste lanterne, non trovi? - Dopo un altro breve minuto di silenzio Valentina rispose: -
Sì, hai ragione. - Rassegnati, si costrinsero a dormire.
Il giorno dopo Lara li svegliò elettrizzata dandogli una buona notizia: -Sveglia sveglia dormiglioni! Ora che è
giorno ho scoperto che ci manca meno di un’ora al palazzo reale! - Ancora intorpiditi dal sonno si alzarono e
si avviarono verso la meta. Quando Lara li avvisò di alzare gli occhi lo spettacolo che si parò davanti ai loro
occhi era magnifico: un castello con alte torri a punta si stagliava contro l’alba mattutina, rendendo ancora
più chiaro l’azzurrino che lo ricopriva. Su ogni punta si trovavano delle lanterne...speciali. Invece che la solita
luce gialla, loro avevano una luce azzurra. Ricky e Vale, ammutoliti, avanzarono dietro a Lara che procedeva
con passo sicuro verso il portone principale.
L’interno era semplicemente splendido. Ancorate a terra con fili, lanterne fluttuanti di vari colori, davano al
castello un tocco vintage. Nell’enorme salone c’erano due vetrate in stile gotico, raffiguranti una lanterna
grande, con la corona in testa, seduta su un trono, e sotto di essa, piccole lanternine. Davanti ai tre si
aprivano due rampe di scale che, incrociandosi, portavano a due corridoi diversi. Davanti alle scale, su un
trono fatto d’ambra, sedeva altezzosa, Lucia, la Regina di Patriam Lanternis.
Incapaci d’aprir bocca, Vale e Ricky aspettarono che fosse Lara a parlare per prima: -B-buongiorno, mia
Somma, Leggendaria, Magnifica Regina. - Un sorriso compiaciuto trovò casa sulle labbra di Lucia: -Qual buon
lume vi porta in mia presenza? - Vale si schiarì la voce e disse: -Mi scusi, credo di aver trovato la
combinazione per uscire dal paese delle Lanterne. - Una risata agghiacciante uscì dalla bocca della Regina. –
Davvero pensi che io creda a queste maldicenze?! Poveri sciocchi! Siete solo dei ladri venuti a rubare il mio
tesoro! - Detto questo schiocco due volte le dita ingioiellate. –Guardie: sbatteteli nelle prigioni! - Ma a quel
punto Riccardo era già scattato. Aveva preso la scala di destra e ora correva tre scalini alla volta. Su, su, su.
Arrivato in cima un lungo corridoio gli si apriva davanti. In fondo vedeva una porta: “È lì che devo andare”
Decise il suo istinto. Così prese a correre. Arrivato in fondo, prendendo più velocità possibile, si schiantò con
la spalla contro la porta che, essendo vecchia, si spezzò sotto il suo peso. Intanto Valentina lo aveva
raggiunto e Lara teneva occupate le guardie. Arrivati dentro la stanza, i due la scoprirono vuota, e eccezione
di uno specchio che dava sul lago da cui tutto era cominciato. Ma, all’improvviso, apparve sulla sua superficie
una schermata verde che diceva:
 -Digitare il codice prego- E sotto di essa una tabella di numeri. –Vale! che combinazione è?!- Chiese Riccardo
con la voce colma di panico. –Non lo so! Prova “1,0”. - Rispose altrettanto terrore. Riccardo provò, ma il
computer rispose: -Mi dispiace, codice errato. Rimangono solo due tentativi. - Presi dall’angoscia i fratelli
cominciarono a pensare a qualche altro modo per sbloccare l’uscita. –Prova il numero di vetrate che c’erano
al piano di sotto, anche perché ci sono pure due scale! - Rispose Valentina. Riccardo permette il tasto
velocemente, ma lo schermo proiettò la stessa risposta di prima. –Okay, ragioniamo. Come abbiamo fatto ad
arrivare qui? - Pensò Vale ad alta voce. –Emm...Con i sassi...- -Sì! Certo! Ti ricordi, per caso quanti rimbalzi
hanno fatto? - -Sicuro! Prima tre poi quattro, poi due e infine uno. - -Quindi “3,4,2,1”. Ma certo! Che scema!
Tre più quattro più due più uno fa dieci! Dieci lanterne, dieci guizzi! Sbrigati: scrivi “3,4,2,1” - Così fece
Riccardo. Il computer scrisse: -Complimenti siete liberi da Patriam Lanternis. Buon viaggio e grazie per averci
fatto visita! –

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Proprio in quel momento comparve Lara sulla soglia: -Portatemi con voi, vi prego! - Lo specchio, intanto,
cominciava a curvarsi, formando una spirale. –Su Lara! Seguici presto! - Rispose Ricky. I tre saltarono
simultaneamente e altrettanto simultaneamente caddero nell’acqua gelata del lago.
Sentendo il tonfo i genitori si precipitarono a vedere, preoccupati che non fossero i loro figli. Li tirarono fuori,
compresa la lanterna e porsero loro delle coperte. Li portarono in casa e si fecero raccontare ciò che era
accaduto. Lara visse con i fratelli, continuando a splendere, ricordando loro della bella esperienza che li
aveva uniti.

-Che bella storia nonno Harris! Raccontacene un’altra! Ti prego, ti prego, ti prego!!!- Scoppio in una risata
piena d’affetto e gioia. –Magari domani. Ora andate a letto bambini. - Con il loro solito scalpiccio si avviano
verso le camere da letto. Mi volto, e dietro di me la lanterna che funge da lampada in salotto mi fa
l’occhiolino.

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VIOLA BENATTI

                                               LE PIETRE MAGICHE

“Guarda! Ha fatto quattro rimbalzi, ho vinto ancora io.” Disse Tom.
Matilde era stata sconfitta un’altra volta, non era molto abile nel far rimbalzare i sassi sull’acqua. Si sedette
sotto un pino appoggiando la testa alla corteccia umida dell’albero.
L’aria fresca le attraversava i capelli raccolti in una mezza coda.
“Ora devo andare, ci vediamo ancora domani, qui alla stessa ora, intanto tu allenati!” ribadì Tom sparendo
nel bosco. Matilde era lì, immobile, seduta, con gli occhi chiusi, ad ascoltare i rumori della natura. Il fruscio
delle foglie e il ronzare degli insetti era rilassante. Si toccò la camicetta bianca con un dito, per abbottonarla.
Visto che era all’ombra, cominciava ad avere un po’ freddo, ma questa aria fantastica le impediva di alzarsi.
Poi però si ricordò della promessa fatta a Tom, si sarebbe dovuta allenare con il rimbalzo dei sassi sull’acqua.
A malincuore Matilde si alzò e, chinandosi sul bordo dell’acqua per prendere un ciottolo, sotto l’acqua poco
lontano da lei, vide due pietre che luccicavano. Le afferrò, bagnandosi le mani, e provò a lanciarle una dopo
l’altra.
Con grande stupore vide che le pietre rimanevano sull’acqua e non affondavano come tutti gli altri sassi. Le
due pietre era arrivate ormai all’altra sponda del lago, così Matilde andò da quella parte e le prese in mano.
Era una ragazza intelligente e molto curiosa. Guardava le due pietre molto attentamente, con le sopracciglia
aggrottate e un’espressione seria. “Se stanno a galla, allora, se le predo in mano e cammino sull’acqua in
teoria rimango a galla anche io...” pensò Matilde.
Così strinse in ogni mano una pietra e, dopo essersi fatta coraggio, mise il primo piede sull’acqua e dopo
l’altro e così via... Cominciò a correre velocissima sul laghetto e vide che rimaneva galla! Tutto ad un tratto,
senza pensarci, lasciò andare una delle pietre e perciò, cadde nel lago. La pietra stava precipitando sul fondo,
quindi Matilde si immerse in acqua, ma dopo vari e inutili tentativi, essendo ormai i suoi polmoni privi d’aria,
dovette risalire in superficie. I suoi vestiti erano fradici, le sue orecchie ronzavano per il grande sforzo, così si
distese sull’erba alta e chiuse gli occhi.
Ad un tratto sentì una mano posarsi sul suo viso, aprì gli occhi intimorita e vide accanto a se una figura
sconosciuta. Una ragazza dai lunghi capelli neri, occhi blu e orecchie a punta. Aveva uno strano sorriso sulle
labbra, improvvisamente allungò una mano verso Matilde e le appoggiò sul petto la pietra mancante
sussurrandole: “Tieni queste pietre sempre con te, non darle mai a nessuno, esse ti proteggeranno e ti
aiuteranno nei momenti di difficoltà”. Così come la ragazza era apparsa, a piccoli balzi raggiunse la riva del
lago e con un tuffo si immerse.
Matilde, ancora incredula da questa apparizione, si alzò in piedi, mise le due pietre in una mano e
osservandole pensò a tutto ciò che la ragazza le aveva detto e al modo in cui avrebbe potuto raccontarlo al
suo amico Tom.
Matilde corse a casa, prese dello spago da cucina e si chiuse in camera.
Il giorno dopo, come sempre, partì di buon’ora per andare da Tom nel bosco, con la sua borsa di cuoio sulla
spalla destra. Lui era già arrivato, lei lo vide da lontano, era seduto sulla sponda del laghetto a tirare sassi
sull’acqua. Lei gli arrivò alle spalle e gli mise al collo, molto delicatamente, la collane che aveva costruito con
una delle pietre magiche, l’altra collana gemella era appesa al suo esile collo. Tom la guardò con occhi
interrogativi e Matilde disse: “Voglio condividere la mia fortuna con te”, e poi cominciò a raccontare tutto a
Tom.
Chissà perché proprio a lei era capitata una cosa simile, non si saprà mai.

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ARCOSTI ELISA ROSE – ELISA RIGHETTI

                                               LA MALEDIZIONE

C’era una volta un piccolo bambino di nome Sharnek, che aveva una sorella, Shelia.
Erano gemelli, nati lo stesso giorno, stessa ora, stessi instanti, stessa madre.
Avevano però qualcosa di diverso dalla madre e dal padre. Loro erano bassi e goffi e verdi, mentre i genitori
erano normali. Non ci fecero caso, erano piccoli e tutto ciò che importava loro era esser felici, strani ma
felici. Erano diversi dagli altri. Ma a loro non importava, i loro genitori li amavano lo stesso, così com’erano.
Arrivò il giorno in cui dovettero andare a scuola. Si prepararono le camicie bianche, Shelia prese la gonna
nera e Sharnek pantaloni neri, entrambi scarpe nere e una cravatta a strisce gialle e rosse. Partirono per
‘l’avventura’.
Non l’avessero mai fatto! Furono presi in giro da ragazzini che li inseguivano ridendo del loro aspetto e
corsero a casa tra le lacrime. I genitori li obbligarono giorno dopo giorno ad andare a scuola, sebbene loro
non volessero. Venivano derisi e guardati male dalle maestre. Nessuno li voleva.
Scapparono così su una collina, in una piccola grotta. Lì nessuno li avrebbe derisi o costretti a far cose che
non volessero fare. Come passatempo iniziarono a leggere dei libri di magia e diventarono bravi maghi. Era il
loro gioco preferito far incantesimi.
Dopo un paio di anni decisero di farsi coraggio e tornare a casa. In fondo, sentivano la mancanza dei genitori.
Li amavano con tutto il cuore e avevano passato quei due anni con l’ansia per la loro assenza.
Ebbero però una sgradevole accoglienza. Trovarono la loro dolce casa in fiamme e i loro genitori erano
morti, sotto le macerie.
Shelia, la sorella di Sharnek, non sopportò il dolore e dopo pochi giorni si lasciò cadere in un lago e morì
annegata: non sapeva nuotare.
Sharnek era distrutto, aveva perso tutto. Si rifugiò nella grotta. Provò, dopo molto tempo, a uscire e a farsi
vivo in paese, ma fu deriso nuovamente. Si sentiva morire dentro. Voleva porre fine a tutto quel dolore,
lasciandosi morire, ma nel più profondo era assetato di vendetta.
Diventò un eccellente mago. Passò anni a studiare pozioni e nuove formule.
Un giorno andò vicino al lago dove la sorella era morta e vide qualcosa in mezzo all’acqua: sirene. Erano
meravigliose, avevano pinne color porpora e capelli che svolazzavano intorno al loro viso.
Si fermò a guardarle, ma loro iniziarono a scappar via, impaurite. Era arrabbiato, molto. Nessuno lo voleva
neppure loro.
Scagliò un incantesimo e rinchiuse le fanciulle nei ciottoli del sentiero e disse: “Le vostre preghiere verranno
udite solo da coloro che verseranno su di voi lacrime di vero dolore!”.
Lasciò così quel luogo, ma non prima di aver finito di scagliare la sua ira. Impose un altro maleficio: “Tutti i
gemelli di questo paese maschio e femmina, un giorno mentre saranno assenti, la loro casa andrà in fiamme.
Al loro ritorno i genitori saranno morti. Verranno poi perseguitati da disgrazie per tutta la vita, come è
successo a me!” Aggiunse con la voce rotta. In fondo anche lui era buono, ma la sua ira era tale da averlo
portato ad esser cattivo.
Si nascose nella grotta e giorno dopo giorno si accorse della gravità di ciò che aveva fatto. Aveva distrutto le
vite di molte coppie e le vite delle sirene.
Provò a evocare una magia per togliere quei malefici, coperto dai sensi di colpa com’era, ma li aveva coperti
con un sigillo.
Solo altrettanta energia poteva togliere i sigilli. Ma era debole, soprattutto dopo quelle magie proibite.

Era un caldo pomeriggio, il sole era alto nel cielo e scaldava tutta la valle.
”Oggi è una bellissima giornata. Perché non andate un po’ al lago a giocare?” disse loro la madre.
I ragazzi si guardarono sbuffando. Perché uscire di casa quando la mamma stava facendo i biscotti?
Ma alla fine cedettero e, appena furono fuori, si accorsero che quel calore li rendeva felici e si ritrovarono a
saltellare lungo il sentiero.
Sorridevano e galoppavano per la stretta stradina ricoperta di rosei ciottoli che luccicavano sotto i raggi del
sole: avevano in sé qualcosa di magico.

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Non ci fecero caso, spensierati com’erano.
Arrivarono al bordo del lago e iniziarono a raccontare. Erano dei gemelli strani, almeno ritenuti così da
almeno mezzo paese. Non erano ragazzi di compagnia, al centro dell’attenzione o sempre alle feste. Se
possibile, preferivano starsene in camera loro a raccontarsi a vicenda storie. Storie non qualsiasi, ma in tema
alla giornata. Ad esempio se era nuvoloso, decidevano di raccontare storie tristi, se era serena storie felici.
Ma in quel luogo, in quel boschetto, vicino al lago, si sentivano circondare da un alone di mistero e di paura.
Il tema di quel giorno erano le storie paurose.
“Sasha, inizio io a raccontare oggi.” disse Federico.
“Allora, c’era una volta un enorme troll che viveva tutto solo su una collina. Non aveva amici e quella
solitudine lo tormentava parecchio. Così, un giorno, si fece forza e decise di andare giù nella valle per cercare
degli amici. Aveva un concetto molto astratto della parola ‘amici’. Per lui, un amico era colui che gioca con te
e che divideva con te i suoi averi. Si incamminò così giù dalla collina. Arrivato in paese molti abitanti
iniziarono a scappare. Un troll verde e peloso che si aggirava nelle strade? Era un evento nuovo e pauroso.
Un bambino, però, si fermò davanti a quel ‘mostro’ e iniziò a sorridere: “Ma guardatelo. Avete paura di un
nano verde vestito di stracci?” disse e iniziò a ridere. Tutta la folla lo seguì nella sua risata che rimbombavano
come pietre alle orecchie del povero troll. Si giurò vendetta. Corse sulla sua collinetta dentro la sua grotta e
nessuno seppe mai più niente di lui. Si dice però che nel lago, questo lago, vi fossero delle meravigliose
sirene e, un giorno, mentre stava passeggiando sulla riva alcune scapparono via impaurite e lui scagliò un
maleficio per incastrare la loro anima in dei sassi, così da non potersi più vantare del proprio aspetto fisico. E
non basta: solo delle lacrime di dolore cadute sulle pietre possono sprigionare le loro voci. Nella grotta
nessuno osa entrare: dicono che l’anima del troll vagherà per sempre e che chiunque si avvicini alla sua
dimora verrà ucciso senza pietà.”.
La storia era davvero paurosa e Sasha era rimasta davvero pietrificata.
“Wow Fede, sei davvero bravo nelle storie paurose!” Ammise lei.
Un leggero venticello si sollevò nell’aria e iniziò a farsi sempre più freddo e il cielo si scuriva. Si fissarono per
un momento. Sentivano che qualcosa non andava, ma non ci fecero caso. Pensavano fosse solo la storia di
Federico che aveva inquietato entrambi.
“Fede, vorrei raccontare la mia storia, ma ora si sta facendo freddo e voglio tornare a casa.” Disse Sasha,
mentre si guardava intorno con i capelli che le svolazzavano sul volto.
Andarono lentamente verso casa, ripercorrendo a ritroso il sentiero. Si tenevano stretti nelle proprie spalle;
avevano molto freddo.
Mancavano solo una decina di braccia per arrivare e sentirono un forte odore di bruciato. Era impresso
nell’aria in una densa nuvola nera.
Iniziarono a correre, pensando al peggio. Speravano che in realtà si stessero sbagliando, che qualsiasi cosa
stesse succedendo non fosse nulla di grave. Ma lo spettacolo che si presentò davanti a loro era peggio del
peggio dei loro pensieri.
La casa era rasa al suolo in un cumolo di macerie. Solo pochi muri portanti neri erano rimasti in piedi. Era
tutto distrutto.
I pompieri stavano spegnendo l’incendio, ma la scura nuvola di fumo volteggiava ancora nell’aria.
“Mamma! Papà!” gridò allarmata Sasha.
Un pompiere l’aveva sentita e si diresse spedito verso di loro.
“Volevamo salvarli, ma sono rimasti seppelliti sotto le macerie. Mi dispiace ragazzi.” disse lui con un filo di
voce.
Aveva il volto nero, sporco, respirava a fatica e i suoi abiti puzzavano di bruciato.
I ragazzi non riuscivano a capacitarsi di quel che fosse successo, rimasero impalati al loro posto a fissare il
fuoco che aveva divorato una casa, due persone e due vite ormai lontani ricordi.
Dopo alcuni istanti l’uomo chiamò dei medici per visitare i bambini, ma Sasha, in preda alle lacrime, iniziò a
correre per il sentiero senza una meta ben precisa. Federico, allarmato, la inseguì cercando di non pensare a
nulla, voleva cancellare il dolore e le immagini della loro vecchia casa.
Giunta al lago, Sasha si lasciò cadere, il vestito le svolazzava attorno e sulle ginocchia mise i gomiti che
sostenevano le mani che coprivano un volto sfinito e corroso dal dolore.
Le guance erano striate da grosse lacrime, gli occhi rossi e gonfi dal pianto, le labbra tremanti.

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Federico si sedette accanto a lei e si lasciò andare in un lungo e doloroso pianto.

Passò tanto tempo, tanto da non poter esser contato. Era sera, o forse notte, o forse l’alba era vicina. I due
gemelli si alzarono in piedi anche se con grande fatica. La testa era pesante e pendeva da tutte le parti.
Sasha si sentì strana e si guardò dietro. Vide tutte le sue lacrime che risplendevano del sentiero. Anche
Federico si girò ed assistettero ad un spettacolo davvero particolare.
Le gocce iniziarono ad esser assorbite dalle pietre su cui giacevano e diventarono di un rosa pallido, poi
sempre più vivo. La luna dava loro quel chiarore bianco e un aspetto sinistro.
Federico si avvicinò ad una di quelle pietre e sentì delle voci che vi provenivano. La prese in mano e le voci si
fecero più forti e diventarono quasi un grido.
“Gettala Fede!” Urlò con le mani sulle orecchie Sasha.
Non se lo fece ripetere e la gettò nel lago, il più lontano possibile. Ma la pietra non andò lontano, bensì
cadde a pochi passi da loro e lo voci si affievolirono sempre di più.
Quelle pietre avevano qualcosa di magico, di strano.
Poi Sasha raddrizzò le orecchie e sentì delle altre voci arrivare dal lago.
Delle bolle iniziarono a salire a galla e con esse delle parole: “Noi siamo sirene rinchiuse in ciottoli rosa. Il
troll ci aveva fatto questa maledizione. Non fateci del male, vi possiamo aiutare se volete.”
I due fratelli si guardarono scioccati: la storia di Federico era vera. Ma fino a che punto era vera e fino a che
punto era solo una leggenda?
La ragazza scosse la testa come se si volesse svegliare da un brutto sogno, un incubo. Ma era tutta realtà.
“I nostri genitori sono morti in un incendio, per questo siamo venuti qua. Un posto solo e che pochi
conoscono come questo è stato il nostro rifugio per piangere. Siamo stanchi e confusi. Ci sembra tutto così
surreale. Almeno io credo di esser pazzo. Ma se tutto questo fosse vero e voi foste sirene pronte ad
accogliere il nostro desiderio, io e Sasha faremmo qualsiasi cosa purché accettaste.” Disse tra le lacrime
Federico.
Sasha non lo aveva mai visto così stravolto e in preda alle emozioni. Di solito non faceva molto notare i suoi
sentimenti. Solo con lei si sfogava, solo loro due si capivano a vicenda.
Le altre pietre sul sentiero iniziarono a sussultare.
La ragazzina si sollevò l’abito e si immerse nell’acqua recuperando il ciottolo rosa che prima il fratello aveva
lanciato.
“Grazie, si vede che avete un buon cuore. Vi abbiamo sentito per anni raccontare tra di voi le vostre storie e
abbiamo sempre ascoltato entusiaste. Avete così tante emozioni dentro di voi che sprigionate nel racconto.”
disse la voce.
“Ma, la storia del troll, quella che Federico mi ha raccontato oggi, è vera?” Chiese titubante Sasha.
Federico le lanciò un occhiata. Era un momento cruciale: la risposta era tutto.
“Sfortunatamente sì, ma voi umani preferite tenerla come una leggenda. Il troll però ha lanciato le sue
maledizioni, mentre era nella grotta: ogni coppia in questo paese o che comunque vi apparteneva e se ne è
andato, che ha due figli gemelli un maschio e una femmina, moriranno a causa di un incendio. La
maledizione però non finisce qui. Gli orfani saranno perseguitati a vita da una serie di disgrazie alla quale non
può esser posta fine.”.
Sasha iniziò a tremare. Le mani le diventarono fredde come il ghiaccio. Sul sentiero tutte le voci si erano
smorzate. Loro sapevano tutto, conoscevano la maledizione e tutto sul troll, ma avendo davanti un esempio
di due gemelli che avevano questa maledizione era davvero straziante, un colpo al centro del petto.
Conoscevano quei ragazzini, li avevano visti giorno dopo giorno crescere sempre di più e avevano sentito le
loro storie, le loro confidenze, segreti, sui loro problemi a scuola con gli amici o anche delle cotte che si
erano presi.
Si erano uniti alle loro risate in silenzio e avevano capito i loro stati d’animo. Ma nessuna delle sirene aveva
avuto il coraggio di ammettere che la maledizione li avrebbe colpiti: erano così affezionati a loro che sarebbe
stato un dolore lancinante solo pensarci.
I due fratelli non si mossero neanche di un pollice. Rimasero ghiacciati, ai loro posti, fantasticando sulla serie
di disgrazie che li avrebbe presi.
No, non volevano capacitarsi del fatto che quella storia fosse vera. Era surreale, irreale, fantastica.

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