Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna

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Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
Filarmonica
 del Teatro Comunale
 di Bologna
 Orchestra europea

magazine
                       n.05 febbraio 2013
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
Antica Profumeria                      Off. Profumo S. Maria Novella   Czech & Speake           Amouage               The Knize
Al SACRO CUORE                         Frederic Malle                  Bruno Acampora           Andy Tauer            Claudie Pierlot
                                       Bond n°9                        Lorenzo Villoresi        Clive Christian       Gardenia Isabey
Galleria “Falcone – Borsellino”, 2/E   Creed                           Royall Bermuda Limited   Puredistance I        Washington Tremlett
                                       Floris                          Diptyque                 Parfumerie Generale   Menard Parfum
(entrata di via de’ Fusari)            Maìtre Parfumeur et Gantier
40123 Bologna                          Keiko Mecheri                   Comptoir Sud Pacifique   Etat Libre D'orange   Les Néreidés
Tel. 051.23 52 11 – fax 051.35 27 80   Montale                         L’Artisan Parfumeur      Mona Di Orio          Mark Birley
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www.sacrocuoreprofumi.it
                                       Pro Fumum Roma                  Art of Shaving           Robert Piguet
info@sacrocuoreprofumi.it              “The Party”                     Mathias                  Parfum D'empire
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
EDITORIALE
Il teatro non è indispensabile.                           Creando rapporti fra musicisti e gli abitanti di      per una vita di qualità, migliore, più piena e
Serve ad attraversare le frontiere tra me e te.           Bologna, le forze produttive della città, gli stu-    ricca. Dove sta scritto che non si possa fare
                                                          denti. Perché la musica sia nell’orizzonte quo-       buona televisione, buona musica, buona lette-
Così, Jerzy Grotowski, celebre regista polacco,           tidiano di chiunque.                                  ratura per tutti?
teorico e innovatore del teatro contemporaneo.
Quando ho chiesto a Paolo Billi - animatore della         Da anni si dibatte del fallimento della cultura       Qualcosa, però, si sta forse risvegliando, dopo
Compagnia teatrale del Pratello, a cui è dedicata         di massa. Il problema è reale, ma non le sue de-      anni di astenia culturale italiana - dai teatri oc-
la copertina di questo numero, visto che si tratta        clinazioni retoriche. Una fra tutte l’idea che ciò    cupati alle iniziative come quella delle “prima-
di una foto di scena di un loro spettacolo - di par-      che è impegnativo debba essere per forza pe-          rie della cultura” del Fai, fino agli appelli di
lare dell’attività della sua compagnia, ho pensato        sante, per cui alla gente comune, andrebbe pro-       intellettuali come Carlo Ginzburg, Salvatore
proprio a questa frase.                                   pinata solo “roba facile”. Si dimentica così          Settis, Tomaso Montanari per salvare bibliote-
Il merito di questa singolare compagnia teatrale,         l'ammonimento dello scrittore argentino Julio         che, luoghi d’arte, musei dal rischio di chiusure
e di chi la anima, consiste nel permettere a cen-         Cortázar: “il contrario di divertente non è serio,    o di più subdole privatizzazioni - la varietà di
tinaia di giovani di avvicinarsi alla cultura, all’arte   è noioso”-.                                           posizioni che si esprimono e a cui si ispirano,
e alle sue pratiche; molto probabilmente, prima                                                                 fanno ben sperare che la centralità della cultura
di questo incontro, le loro esistenze non avevano         Si è andato creando così un discrimine fra cul-       stia diventando questione fondamentale nel di-
avuto modo neanche di incrociarle. Dopo l’incon-          tura di élite e sottoculture varie: da una parte,     battito politico e intellettuale italiano.
tro, invece, sono diventati i soggetti di un cam-         la buona letteratura, la musica cosiddetta colta,
biamento profondo nella vita, proprio attraverso
la cultura e l’arte.
Penso che sia giusto rendere omaggio a questo
lavoro e dichiarare la nostra vicinanza, anche la
nostra comunanza quanto a interessi e obiettivi.

Mi chiedo, infatti: se questo cambiamento ha
avuto luogo in soggetti con vite tanto proble-
matiche, perché un tale risultato non può essere
alla portata di tutti? Tornando alla frase iniziale
ed estendendola dal teatro a tutte le attività
culturali e artistiche, assume un valore univer-
sale. Vale infatti anche per noi, che facciamo
musica classica - sinfonica o lirica che sia - e
che in genere veniamo relegati in una dimen-              a disposizione di pochi; dall’altra, brutti pro-
sione colta, elitaria, marginale nella società,           grammi televisivi, brutta musica, brutto cinema,
cosa che equivale a rimetterci nel ruolo subal-           brutta letteratura, in più invasivi e onnipresenti.
terno dei musicisti di corte settecenteschi.                                                                                                   Guido Giannuzzi
                                                          La questione è mal posta, perché tutti gli abi-                                Direttore Responsabile
Non siamo, non vogliamo essere questo: ci bat-            tanti - di un Paese come il nostro, poi! - devono                            “Filarmonica Magazine”
tiamo perché la cultura sia popolare e di massa.          poter accedere al bello, in tutti i suoi aspetti,               guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it

                                                                                                                                                                  3
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
IL TEATRO DEL                                                                                                           SOMMARIO

PRATELLO                                                                                                                Editoriale | 03
di Paolo Billi                                                     Filarmonica
                                                                   del Teatro Comunale
Il Teatro del Pratello è una cooperativa che
                                                                   di Bologna
                                                                                                                        Rubrica | 05
                                                                   Orchestra europea
realizza progetti di teatro soprattutto con
adolescenti e giovani adulti in contesti di di-
sagio sociale e in particolare nell’ambito della     Sede legale: Via A.Bertoloni, 11                                   Intervista a Michail Pletnev | 06
                                                     40126 Bologna
giustizia minorile. Da quattordici anni cura il
                                                     Sede operativa c/o
progetto di Teatro all’interno dell’IPM di Bo-       Teatro Auditorium Manzoni via De' Monari                           Wagner e L’italia
logna, articolato in laboratori manuali e            1/2, 40121 Bologna
espressivi, producendo uno spettacolo, per il        e-mail: segreteria@filarmonicabologna.it                           o l’italia e Wagner? | 10
quale, ogni anno, si aprono le porte del car-
cere a 1500 spettatori. In estate, “Pratello.        www.filarmonicabologna.it
Rassegna Teatro Musica”, inoltre, coinvolge i                                                                           Le vie dei canti | 12
ragazzi, in misure alternative al carcere, come
aiuti tecnici, personale di sala e attori. La coo-
                                                                                                                        Intervista a Franco Battiato | 13
perativa opera, inoltre, con progetti “ponte”
tra il mondo della scuola (Istituti Superiori
della regione) e il mondo delle comunità edu-                                                                           Un bicentenario verdiano | 16
cative, con attività di scrittura e teatro che
coinvolgono gruppi misti di adolescenti. Il
Teatro del Pratello, dal 2008, lavora con i de-                                                                         Roversi in breve | 18
tenuti adulti della Casa Circondariale di Bo-
logna, producendo spettacoli, che hanno
debuttato nel passato all’Arena del Sole di                                                                             Intervista ad Augusto Illuminati | 20
Bologna. Questa esperienza, una delle più im-
portanti in Italia per continuità e per qualità
dei prodotti artistici, è resa possibile grazie                                                                         Musica popolare,
alla convenzione tra Comune di Bologna, Pro-                                                                            musica colta: un dialogo aperto | 23
vincia di Bologna, Centro Giustizia Minorile
per l’Emilia-Romagna e al sostegno della Re-
gione Emilia-Romagna.                                                                                                   Recensioni | 26

Filarmonica Magazine                                 Direttore responsabile                                             Foto di copertina
n. 5 mese febbraio anno 2013                         Guido Giannuzzi                                                    © Marco Caselli Nirmal
Aut. Tribunale di Bologna N. 7937 del 5 marzo 2009   guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it
                                                                                                                        Foto
Editore                                              Redazione                                                          © Marco Caselli Nirmal (pagg.: 3, 7, 8, 11, 17 e 21)
Associazione Filarmonica                             Michele Sciolla
del Teatro Comunale di Bologna                       michele.sciolla@filarmonicabologna.it                              Progetto grafico
Via Bertoloni, 11 – Bologna                                                                                             Punto e Virgola, Bologna
Redazione                                            Hanno collaborato
Sede operativa c/o Teatro Auditorium Manzoni         Vincenzo Bagnoli, Stefano Biguzzi, Paolo Billi, Piero Buscaroli,   Pubblicità
via De'Monari 1/2, 40121 Bologna                     Marco Caselli Nirmal, Mattia Cipolli, Valentino Corvino,           segreteria@filarmonicabologna.it
                                                     Tommaso Luison, Cecilia Matteucci, Alberto Spano.
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Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
LE MIE DOMANDE                                     Il mio primo incontro con te è stato nel
                                                   2005 al Teatro Comunale di Bologna in un
                                                                                                          mento non indifferente al mio bagaglio musi-
                                                                                                          cale grazie al Maestro Muti.
di Cecilia Matteucci                               rarissimo Ascanio in Alba. Che ricordo hai
                                                   di quella produzione?                                  In giro per il mondo, Italia esclusa, quale
Palermitana verace, il soprano Désirée Ran-        Una produzione veramente bella! Che ebbe un            teatro ti affascina di più?
catore debutta appena diciannovenne a Sa-          grande successo nonostante la rarità del-              Il Palais Garnier a Parigi e la Salle Garnier a
lisburgo come Barbarina ne Le nozze di             l'opera. Il mio ruolo era una delle cose più dif-      Montecarlo mi hanno molto colpita: è il trionfo
Figaro di Mozart e da allora è stata ospite
                                                   ficili da cantare che esistano: la seconda aria,       dell' oro! Ma anche i grandi teatri moderni del
regolare del celebre festival fondato da Her-                                                             Giappone mi hanno lasciata a bocca aperta per
bert von Karajan.
                                                   la più conosciuta, durava nove minuti e mezzo,
                                                   piena di agilità e sovracuti! Una bella prova per      la perfezione della loro costruzione unita a un
É però il ruolo di Olympia ne Les Contes                                                                  acustica eccezionale.
d’Hoffmann di Offenbach, in scena al Tea-          me, ma alla fine grandi soddisfazioni grazie agli
tro Massimo Bellini di Catania a condurla          applausi del pubblico.
                                                                                                          Il tuo compagno il regista Alfonso Romero
sui palcoscenici internazionali (Opéra di                                                                 in che ruolo ti preferisce?
Parigi, Royal Opera House Covent Garden            L'incontro più recente invece è stato in-
                                                   vece al concerto in eurovisione del Primo              Alfonso mi ha appena diretta in Lucia di
di Londra, Wiener Staatsoper, Opernhaus di
Zurigo). Si è esibita con le più prestigiose or-   dell'anno alla Fenice, teatro che ti ama               Lammermoor in Spagna: e' il ruolo che pre-
chestre italiane ed europee e nel 2004, di-        moltissimo! Ti aspettavi un successo così              ferisco ed è' stato moto interessante e affasci-
retta da Riccardo Muti, ha cantato alla            strepitoso?                                            nante collaborare alla realizzazione di questa
Scala di Milano. Nel 2010 – dopo una serie         La Fenice adesso è un po' come casa mia, ho            produzione. Ma credo che il ruolo che lui pre-
di recite a Tokyo con Muti, al Mozarteum di        cantato tanto in quel teatro, e sempre in pro-         ferisce debba ancora arrivare: sarà Violetta ne
Salisburgo, a Pechino con il Rigoletto pro-        duzioni di successo che mi hanno dato davvero          La Traviata.
dotto dal Teatro di Parma e al Rossini Opera       molto. Il concerto di Capodanno era il secondo
Festival di Pesaro – la Rancatore riceve al-                                                              La canzone della tua adolescenza?
                                                   per me e questo è motivo di particolare orgo-
l’Arena di Verona l’Oscar della Lirica.                                                                   Ne ho ascoltate tante, ma ho amato moltissimo
                                                   glio visto che sono la prima cantante donna a
                                                                                                          Musica è di Eros Ramazzotti.
                                                   essere invitata per la seconda volta a questo
                                                   prestigioso avvenimento. Onestamente non mi            Dove compri i bellissimi abiti da sera che
                                                   aspettavo un tale trionfo! Persino la standing         indossi nei concerti?
                                                   ovation! Mi ha molto commossa come mi                  Ah, sono una patita dei vestiti da concerto, ne
                                                   hanno molto commossa tutti i messaggi rice-            comprerei uno al mese! Li compro un po’ in
                                                   vuti nei due giorni successivi alla diretta TV.        giro per il mondo; quello con le piume di Capo-
                                                                                                          danno, per esempio, era di Parigi.
                                                   Nel 2004 il ruolo di Semele nell'Europa Ri-
                                                   conusciuta di Salieri diretta da Muti alla             Nella moda italiana, c’è uno stilista che
                                                   Scala. Così giovane in un teatro                       prediligi?
                                                   straordinario e un direttore di così grande            Adoro Valentino e amavo tantissimo il com-
                                                   fama: eri intimidita?                                  pianto Gianni Versace. Forse non sai che, in-
                                                   Devo dire che ero molto emozionata, l’occa-            sieme al canto, ho studiato alla Scuola di
                                                   sione era veramente immensa! La riapertura             figurinismo a Palermo, quindi la moda era il
                                                   della Scala dopo i lavori con un’opera scono-          mio sogno e gli stilisti per me erano veri e
                                                   sciuta e difficilissima (forse l'opera più difficile   propri idoli!
                                                   che io abbia mai cantato), con il direttore più
                                                   importante del mondo. Bè, direi che era nor-           Cos'è per te la Vanità?
                                                   male emozionarsi! Ma anche quella è stata              La vanità è la Donna stessa! La vanità fa parte
                                                   un’esperienza grandiosa che mi ha portato              di me e nel mondo in cui lavoro penso sia una
    Desirée Rancatore      Cecilia Matteucci
                                                   molta fortuna e notorietà, oltre che un arricchi-      delle componenti fondamentali.
                                                                                                                                                         5
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MICHAIL PLETNEV: LA MUSICA È VOLONTÀ
di Alberto Spano

BOLOGNA – Intervistare Mikhail Pletnev al          degli Studi di Chopin alle prove del concorso      ogni segreto della tastiera. Era allievo di
termine di una prova della Settima Sinfonia        come fra le più incredibili esperienze musicali    Igumnov, il quale era allievo di Siloti, che era
di Beethoven con la Filarmonica del Teatro         mai udite in vita mia, con un possesso dello       allievo di Liszt. Liszt era allievo di Czerny e
Comunale di Bologna è un esercizio giornali-       strumento e dell’oggetto sonoro che aveva          Czerny era allievo di Beethoven. La linea è un
stico singolare, di pazienza e di virtù: il mae-   del sovrumano».                                    po’ questa».
stro russo è timido, introverso, parla poco,       In effetti qualcosa di sovrumano Pletnev lo        Quando ha deciso di prendere in mano
sebbene domini un italiano perfetto e forbito.     possiede, anche quando risponde alle do-           la bacchetta? «C’è una fotografia di me con
«È un genio» avevano detto molti professori        mande. Timidamente, si diceva, ma di una ti-       la bacchetta in mano, avrò avuto forse tre
dell’orchestra bolognese, come ipnotizzati du-     midezza che è sintomo di ricchezza interiore.      anni. Ma questo non importa».
rante le prove al Teatro Manzoni. «Un silenzio     «Non amo parlare di me e del mio passato –         E come ha cominciato fisicamente a diri-
in prova così profondo non lo si sentiva da        esordisce quando gli si chiede delle sue ori-      gere: mise assieme lei un piccolo
anni» dice qualcuno, un silenzio ottenuto non      gini e della città natale, Arcangelo, al-          gruppo? «Alla scuola di musica c’erano già
con l’imperio, ma con la forza delle proprie       l’estremo Nord della Russia, sul Mar Baltico.      piccole formazioni orchestrali e io le dirigevo,
idee musicali, sviluppate gradualmente fin         Poco a poco si scopre che è figlio d’arte, la      mio padre mi dava una mano».
dalla prima battuta con semplicità e rigore.       madre pianista, il padre suonatore provetto        Studi specifici di direzione? «No, sempli-
«È la semplicità e il candore dei grandi» ac-      di bayan, la fisarmonica russa con cui suo-        cemente voglia di dirigere. Si impara col
cenna un altro professore, «poche parole,          nava il repertorio classico e popolare. Da Ar-     tempo. Ci sono tante scuole di direzione, uno
pochi concetti, ma di una chiarezza e di una       cangelo il trasferimento a due anni a Kazan,       ti insegna a far così, un altro al contrario.
convinzione che avvince». «Non mi sembra           capitale del Tartarstan, quindi il trasferimento   Quando qualcuno vuole imparare, impara.
neppure di lavorare», accenna un violinista        a Mosca a 13 anni alla grande scuola piani-        Impara dappertutto. Per me il professore non
della fila dei secondi, «è un piacere suonare      stica di Eugene Timakov, poi di Jakob Flier e      è chi insegna. Ma è da chi si impara: si impara
con lui, e non ci si accorge della fatica e del-   Lev Vlasenko. La vittoria a un Concorso a Pa-      da Horowitz, da Rachmaninov, da Richter. Po-
l’attenzione che richiede. Così suoniamo me-       rigi, poi quella al Concorso Nazionale Russo       trei dire di aver avuto loro come professori.
glio, più concentrati, e ci sembra di far parte    nel dicembre 1977, poi la clamorosa afferma-       Rachmaninov in prima fila».
di un mondo ideale e perfetto». In effetti Mi-     zione al Tchaikovsky nel giugno 1978. Poi la       Quando è diventata una professione la
khail Pletnev è un direttore che con una sola      guerra in Afghanistan e il blocco dei concerti     direzione d’orchestra? «Alla fine degli anni
prova di due ore è in grado di ribaltare suono     in occidente, quindi le tournée internazionali,    ‘80 ad alcuni amici venne l’idea di creare
ed efficienza di un’orchestra che incontra per     i dischi per l’etichetta di Stato Melodiya, poi    un’orchestra privata, la prima in assoluto in
la prima volta. Il suo gesto è di una chiarezza    per l’inglese Virgin, quindi la tedesca Deut-      Russia: l’idea fu accolta con enorme entusia-
esemplare: «Non spreca un movimento, un            sche Grammophon (dal 1993). Pletnev non            smo da tutti i migliori professori delle migliori
dettaglio, tutto è logico e coerente. Al gesto     ama parlare di quegli anni, di quelle tournée,     orchestre russe. L’orchestra si formò quasi
corrisponde esattamente il fatto sonoro» ag-       di quei trionfi. Pare non esserne particolar-      spontaneamente e mi proposero di dirigerla.
giunge un oboista. «È il direttore ideale», dice   mente orgoglioso, sembra sminuirne i meriti.       Andò subito bene: nacque la Russian National
qualcun altro. E la cosa suona ancor più sin-      «Ho imparato quasi tutto da Eugene Timakin,        Orchestra, che nel giro di due o tre anni si
golare, se si pensa che Pletnev nasce pianista,    un grandissimo musicista che fu allievo del        fece conoscere internazionalmente. All’inizio
uno dei massimi del nostro tempo, trionfatore      grande Igumnov. Con lui ho imparato la mu-         fu molto osteggiata, soprattutto dai direttori
nel 1978 al Concorso Tchaikovsky di Mosca,         sica, la tecnica, la forza e l’abnegazione. Ti-    delle orchestre statali da cui i professori vo-
a proposito del quale il giurato italiano, Ro-     makin era un grande didatta, un saggio della       levano staccarsi per entrare nella Russian Na-
dolfo Caporali, ebbe a dire in un’intervista ra-   musica, con lui hanno studiato Vladimir Fel-       tional Orchestra. Il primo concerto si tenne
diofonica: «Ricordo le esecuzioni di Pletnev       tsman e Ivo Pogorelich. Timakin conosceva          nel novembre del 1990 al Conservatorio di
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Mosca. Poi vennero i primi concerti all’estero,     qualche anno però la situazione è molto cam-        Bach, Haydn e Mozart con la Kremerata Bal-
in Israele, Spagna, Germania. Fummo aiutati         biata, siamo stati costretti ad accettare l’aiuto   tica, senza direttore».
da molti, e fra i tanti ricordo con piacere il      dello Stato per sopravvivere. L’orchestra non       Come si trova con la Filarmonica del Tea-
pianista Ivo Pogorelich, il quale fu molto vi-      è più indipendente come prima, ma è diven-          tro Comunale? «Mi piace moltissimo. Sono
cino soprattutto in occasione della prima           tata un’emanazione del Ministero della Cul-         ottimi musicisti, preparati, c’è la voglia, c’è la
tournée in Israele, durante la quale avevamo        tura. Sicuramente ora è meno a rischio, ma          disciplina. È una cosa rara. C’è la volontà di
avuto un problema di visti. Quando lo venne         sono cambiate tante cose».                          raggiungere un livello di perfezione. Questo
a sapere, siccome aveva un concerto da soli-        Lei però in tutti questi anni, non ha mai           mi piace. Sono motivati».
sta nel più grande teatro di Tel Aviv, fece te-     smesso di suonare il pianoforte, con con-           Le è capitato il contrario? «Certo, capita
lefonare al teatro per dire che il suo recital si   certi solistici nelle più grandi stagioni. E        spesso anche con orchestre molto blaso-
sarebbe trasformato in un concerto per pia-         adesso? «Quel periodo è ormai passato: ho           nate».
noforte e orchestra, e impose noi con lui nel       conosciuto il duro lavoro del pianista, lo stu-     Che orchestre ha diretto? «In Italia la Rai
Concerto di Tchaikovsky. Il concerto fu un          dio solitario, le tournée, i viaggi massacranti,    di Torino e Santa Cecilia. Ultimamente ho di-
trionfo e seguirono tournée e registrazioni di-     i programmi, gli alberghi, gli orari, l’applauso,   retto l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Or-
scografiche: per la prima volta nella storia la     i fiori, gli autografi, le cene… Io ho dato. Ora    chestra di Bamberga. Presto dirigerò
Deutsche Grammophon stipulò un contratto            quella vita non mi interessa più. Dirigo            l’Orchestra Radiofonica della Corea e la Filar-
di esclusiva con un’orchestra russa. Il primo       quando mi piace l’idea, quando mi trovo bene        monica di Tokyo».
disco con DGG fu una scelta di Ouverture di         con le orchestre, quando si può fare buona          Uno dei suoi dischi più belli è quello in-
Tchaikovsky. Seguirono molte incisioni, il re-      musica con musicisti che ne abbiano la vo-          ciso nel 1998 per la Deutsche Grammo-
pertorio russo in particolare: Prokof’ev, Sho-      lontà, come con gli splendidi professori della      phon con le musiche di Carl Philpp
stakovich, Tchaikowsky, ma anche i classici.        Filarmonica del Teatro Comunale. Il pianoforte      Emanuel Bach. Come è nato? «Un diri-
Beethoven. Nel 2006 ho inciso l’integrale           lo suono ancora, tornerò a suonarlo, ma in oc-      gente della Deutsche Grammophon cono-
delle 9 Sinfonie di Beethoven e l’anno dopo         casioni speciali, con tranquillità. Per esempio     sceva le mie incisioni scarlattiane per la
i 5 Concerti per pianoforte e orchestra. Da         in primavera farò una tournée con concerti di       Virgin, e voleva che facessi qualcosa di simile
                                                                                                                                                         7
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per la Deutsche Grammophon. Acquistò tutti          aiuta a vivere. Non è “un pianista”. È uno          aperto qualche sonorità del pianoforte a me
gli spartiti di Carl Philipp Emanuel Bach, il fi-   “spirito”. Mi piace tutto di lui, anche le pic-     sconosciuta».
glio di Johann Sebastian, e me li portò, anche      cole cose che ha inciso. In tutto quello che fa     Fra i giovani delle nuove generazioni?
se in realtà Carl Philipp Emanuel è di un’altra     c’è qualcosa di interessante. Nei pezzi brevi,      «Sono tutti simpatici e bravi. Ma nessuno mi
generazione rispetto a Scarlatti: poteva es-        nei fogli d’album, è insuperabile. Anche nel        ha colpito particolarmente».
serne il figlio. Io non ne avevo mai suonato        repertorio apparentemente non suo. Prenda           Di Daniil Trifonov che dirige nel Concerto
una nota. Cominciai a leggere tutto e a fare        il suo Beethoven: ci sono le 32 Variazioni          di Tchaikovsky cosa pensa? «È bravissimo.
una scelta di quasi 80 minuti di musica. E così     in do minore, che forse con lui diventano 29        Lo conoscevo già, l’avevo diretto a Varsavia
è nato il disco».                                   o 30 perché non le fa tutte. Ebbene, in ogni        nell’agosto del 2010. Mi piace perché oltre
Lei sa che è considerato un capolavoro              nota, in ogni frase c’è qualcosa di interes-        che essere simpatico, cerca qualcosa. Non è
                                                                                                        una macchina, mentre suona cerca la sua at-
                                                                                                        titudine, cerca il suo suono, e mentre suona
                                                                                                        c’è sentimento, c’è sincerità. Non mi sor-
                                                                                                        prende che suoni così bene Chopin. Per suo-
                                                                                                        nare la musica di Chopin ci vuole sentimento
                                                                                                        e sincerità».
                                                                                                        E degli italiani? «Arturo Benedetti
                                                                                                        Michelangeli!».
                                                                                                        Qui il maestro Pletnev si mette quasi sull’at-
                                                                                                        tenti e cambia espressione. Una lunga pausa,
                                                                                                        e poi quasi detta le parole:
                                                                                                        «Vede, con Michelangeli entriamo in un’altra
                                                                                                        dimensione: Michelangeli non è un pianista.
                                                                                                        Michelangeli è un genio».
                                                                                                        Perché è un genio? «Perché con lui si è
                                                                                                        aperta una fase nuova del suonare il piano-
                                                                                                        forte, di come trattare lo strumento. Genio è
                                                                                                        colui che apre un mondo nuovo, che crea
                                                                                                        nuovi orizzonti. Per esempio: Tchaikosvky è
                                                                                                        un genio. Nikolai Golovanov, un grande diret-
                                                                                                        tore russo degli anni 30 e 40 è un genio. Con
                                                                                                        lui è cambiato il modo di dirigere la musica,
nella sua discografia? «No. Dei miei dischi         sante e di assoluto. Rachmaninov è unico».          di fare musica. Le sue interpretazioni di Liszt,
mi piace abbastanza un recital chopiniano           Di che altri interpreti vuole parlare? «Di          Grieg e Glazunov sono sconvolgenti, fin dalla
della Virgin comprendente la Barcarolle, e          Horowitz: nel suo concerto di ritorno alla Car-     prima battuta. E così è per Michelangeli: con
forse un disco Deutsche Grammophon con              negie Hall c’è un brano in particolare che tut-     lui il concetto stesso di suonare il pianoforte
pezzi brevi di Beethoven. Questi due dischi mi      tora mi sconvolge: la Toccata, Adagio e             è cambiato rispetto al passato e ha influen-
piacciono abbastanza. Gli altri mi lasciano in-     Fuga di Bach-Busoni. Horowitz sbaglia cla-          zato e influenzerà quelli che suonano e quelli
differente».                                        morosamente l’inizio, così si sente un po’ di       che ascoltano. Qui sta la sua grandezza.
Che pianisti ascolta? «Rachmaninov.                 nervosismo, ma poi il resto è semplicemente         Anche i pianoforti sono cambiati con Bene-
Ascolto ormai solo Rachmaninov, che è stato         fantastico. Non ho mai sentito dei colori così      detti Michelangeli».
il più grande pianista e musicista del secolo       vari, della fantasia così sfrenata, dei piani so-
scorso. Lo ascolto continuamente. È un con-         nori così sfaccettati. Lì si capisce ciò che una
forto per la vita. L’ascolto di Rachmaninov mi      volta Rachmaninov disse: «Horowitz ha
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Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
WAGNER E L’ITALIA O L’ITALIA E WAGNER?
     di Piero Buscaroli
 Al tema “Wagner e l’Italia” il biografo orto-      tutto quel che gli riuscì trovare di un vene-      età di Wagner, semmai, si era prodotto un ri-
 dosso risponde col paragone con Goethe, che        ziano quasi coetaneo che si chiamava Vivaldi,      sveglio. Tra i direttori d’orchestra, la musica
 nell’erudito tedesco di formazione accade-         sono rarissime eccezioni, non regola.              di Wagner cagionava mutamenti di campo,
 mica funziona come un riflesso condizionato:                                                          folgorazioni. Non poté esser solo la sconfitta
 «Nella vita di Wagner l’Italia non ha fatto        Che l’arte italiana dei suoni fosse, all’epoca     del direttore che aveva perduto la Teresa Stolz
 epoca. Gli stimoli a creare, che egli deve a       di Wagner, lettera morta per una cultura mu-       rapitagli dal compositore amico, così come in
 questo paese, non sono meno significativi di       sicale ormai irrimediabilmente superiore           Germania proprio Wagner aveva rubato Co-
 quelli di Goethe, ma sono di altra natura. In      come quella tedesca, è dato di fatto cono-         sima a Bülow, la forza che indusse un “Na-
 una lettera a Mathilde Wesendonck entra egli       sciuto almeno dai tempi di Mendelssohn, che        poleone dei direttori” quale Angelo Mariani,
 stesso nell’argomento. Goethe a Roma è un          scende in Italia, nel 1830, dopo la sosta a        a cambiare campo. Era pur stato a Monaco,
 fenomeno molto piacevole: “Era un uomo to-         Weimar, con le raccomandazioni e istruzioni        aveva sentito quelle opere, e da musicista non
 talmente, assolutamente visivo nel suo tem-        del vecchio Goethe. Beethoven era morto da         aveva potuto non trarre conclusioni evidenti.
 peramento d’artista! Lasciamoci guidare da         tre anni, Schubert da due, Schumann ven-           Come le aveva tratte il Mancinelli, che tutta-
 lui dove c’è qualcosa da vedere e saremo per-      tenne e il diciassettenne Wagner facevano          via preferì coltivare tutti e due i campi, come
 fettamente informati! Lui, invece, [Wagner] si     l’Università a Lipsia, Bruckner aveva sei anni     fanno ancor oggi accreditate bacchette. Come
 è fatto dell’Italia un’altra esperienza, le sue    e Brahms doveva ancora nascere. A Venezia,         non fece, però, colui che sarebbe divenuto
 impressioni visive più importanti lo hanno at-     mentre se ne sta rapito nella fresca ombra dei     l’apostolo della grande musica tra noi, Giu-
 tratto con un calore fuori del comune, che         Frari a contemplare L’Assunta, “la cosa più        seppe Martucci; che se era nato troppo tardi
 pero non è mai durato a lungo! Per questo          divina che gli uomini abbiano mai saputo di-       (1856) per lavorare accanto a Wagner, fece a
 egli crede di dover dire che l’occhio non gli      pingere, qualcuno si mise a strimpellare l’or-     tempo tuttavia a ingrandirne la fama, e ingi-
 basta come senso per la percezione del             gano, e le sante figure di Tiziano dovettero       nocchiarsi, e non per modo di dire, davanti a
 mondo...”.                                         sopportare un miserabile finale d’opera”. I        Johannes Brahms, quando lo conobbe a Bo-
                                                    pianisti che incontra a Venezia “non hanno         logna, nel 1888, all’Albergo dei Quattro Pel-
 Non c’è dubbio che il signor Curt von Wester-      mai suonato una nota di Beethoven, e               legrini; al secondo dei numi che per lui,
 nhagen, autore della migliore biografia di Wa-     quando soggiunsi che sia in lui che in Mozart      missionario “in partibus infidelium”, costitui-
 gner reperibile da noi, abbia combinato una        c’è del buono, mi dissero: “Siete dunque un        vano gli oggetti inseparabili del solo culto le-
 bella confusione. Ma è una confusione, a suo       amatore della musica classica?”.                   gittimo.
 modo, creativa, perché mescola e confonde
 tutte insieme le ragioni per cui un’attrazione     All’esaltante quadro dell’Italia storica già si                         ***
 fervida e sincera, accompagnata da esplo-          opponeva la deprimente realtà di un paese
 sioni d’interesse e di affetto, testimoniata da    che gli dèi della musica avevano abbando-          A questo punto il tema, “Wagner e l’Italia”,
 sette viaggi con lunghi soggiorni, fino all’ul-    nato da almeno mezzo secolo. E, tra i misteri      si specchia e si prolunga in un altro, “l’Italia
 timo chiuso dalla morte sul Canal Grande,          della nostra storia delle arti, il peggio inda-    e Wagner”. Non c’è dubbio che la musica di
 non produsse quegl’influssi decisivi sull’arte     gato. L’anno dopo, l’Italia musicale apparirà      Wagner potesse ancora apparire, nei primi
 che piacciono tanto a esteti e biografi; e sono,   a Berlioz un sordido deserto. Cherubini, Spon-     decenni dopo la sua morte, non ingannevole
 invece, assai rari nella realtà. Rapporti come     tini, Rossini fuggiti, Boccherini, Clementi, Pa-   Speranza, e, creduta “arte dell’avvenire”,
 quelli che speciali momenti di maturazione         ganini ormai lontani, resta una barbarie           plausibile incitamento per quanti, esperti
 han fatto sorgere tra un Dürer e un Raffaello      vernacola totalmente dimentica della civiltà       delle sue leggi, o soltanto appassionati, ten-
 o un Bellini; circostanze come quelle che con-     che ancora un secolo avanti era viva. I nomi       tassero di uscire dall’abiezione soffocante in
 ducono un Sebastian Bach ad appropriarsi           degli antichi maestri, cancellati. Nella tarda     cui la monomania del melodramma verdiano
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aveva piombato l’arte italiana, devastando e        germanico, è d’essenza puramente settentrio-         wagneriani e i forsennati italianissimi emuli
seccando, fino alle ultime radici, quella ch’era    nale [...] Il suo dramma non è se non il fine        di Stelio, che volevano proibire la Marcia fu-
stata per secoli la sua tradizione vocale aulica    supremo del genio d’una stirpe [... ] Se voi         nebre di Sigfrido, musica che, difatti, di-
e la sua ricchezza polifonica e strumentale.        imaginaste la sua opera su le rive del Medi-         venne pericoloso suonare quando i fati, così
Intorno a Wagner si strinsero falangi appas-        terraneo, tra i nostri chiari olivi, tra i nostri    ben preparati, si compirono: come testimonia,
sionate, nel suo nome s’immaginarono pro-           lauri svelti, sotto la gloria del cielo latino, la   con nostro odierno stupore, l’Avvertenza
grammi di rinnovamento, si profferirono             vedreste impallidire e dissolversi... “. Davvero     premessa dal Panizzardi (1924) al suo se-
promesse e speranze.                                poche volte D’Annunzio scrisse cose altret-          condo volume.

Erano illusioni: sia perché il linguaggio di Wa-
gner fu, sì, una rivoluzione, ma valeva e fun-
zionava per lui solo, non era comunicabile; sia
perché i trapianti idiomatici da una nazione
all’altra, di cui s’era accresciuta, per cinque o
sei secoli, la musica europea, erano ormai im-
praticabili, come aveva dovuto constatare a
sue spese Gioachino Rossini; sia perché sopra
aneliti, tentativi e speranze, stava per abbat-
tersi la dissoluzione dell’ordine tonale, che al-
cuni intuivano come una oscura minaccia, ma
non era ancora visibile a nessuno.

Erano illusioni. Ma tanto ci è chiaro oggi,
nella nostra ottica di posteri ed anzi di po-
stumi di una civiltà estinta. Per quanto si po-
teva capire allora, il wagnerismo italiano fu
soffocato, e più ancora, strangolato, da quella
che si chiamò la Guerra mondiale, e per noi è
diventata la prima delle due.

Chi voglia cercare il preludio della fine, non      tanto rettoriche e false. E magra consolazione       Quella pagina di Thomas Mann pareggia, per
ha che aprire le pagine del Fuoco di D’An-          offre, all’avvilimento di questo perverso            furore e disprezzo, l’invettiva dannunziana, ci-
nunzio, erroneamente considerato libro wa-          sfogo, il ricambio di cortesie che Thomas            viltà contro civiltà, in un sol mazzo affastel-
gneriano; dove, invece, Wagner, morto, è            Mann restituì nelle Betrachtungen eines              lando e il Pincio e le palme, e la Carmen e il
allontanato ed espulso dalla sfera nazionale,       Unpolitischen, scritte in piena guerra, rievo-       suo autore, e il D’Annunzio, infine, che la
e si scaldano con bell’anticipo quei motivi,        cando un giovanile pomeriggio romano, su             guerra avea voluto “per sodisfare il suo este-
desunti dall’intolleranza razziale e cattolica      per giù dei tempi che D’Annunzio scriveva Il         tismo libidinoso”.
di Maurice Barrés che, con paziente accumulo        Fuoco, “il cielo di massiccio turchino” che
di odio, andranno a ingrossare le fascine, gia      pesava sui suoi nordici e sensibili nervi, cui       Il wagnerismo italiano attivo, programmatico,
pronte a crepitare, della “guerra latina”.          aggiungevano irritazione le innocenti palme          fidente, non si riprese mai più, si ritrasse tra i
                                                    del Pincio, disprezzate in quanto alberi pigra-      melomani, avvizzì a “fatto di cultura”.
“L’opera di Riccardo Wagner”, spiega ai suoi        mente meridionali, col ricordo finale delle
discepoli il loquace Effrena, che nel romanzo       zuffe che si accendevano, attorno al palco
è l’ego dell’autore, “è fondata su lo spirito       della banda del maestro Vessella, tra i devoti                             ***
                                                                                                                                                          11
Nessuno dubita più che l’Italia fosse per Wa-          vivere con maggiore speranza, con più gusto,            “Wagner e l’Italia, l’Italia e Wagner” si ag-
     gner principalmente, se non esclusivamente,            conducendo un’esistenza più intensa, più rag-           grovigliano più come spunti di riflessione per
     un fattore di benessere fisico. “Che cosa mi           giante, non solo fisicamente ma anche moral-            spiriti col gusto del vagabondaggio intellet-
     ha preso, quando mi son costruito la casa in           mente e spiritualmente, attingendo il vertice           tuale, che come percorsi pedantemente fis-
     un paese dove sto bene un mese l’anno?”,               supremo delle nostre capacità”, al cospetto             sati. Abbiamo preferito indugiare su zone e
     sbottò a dire una volta, a Napoli, parlando            di “un paesaggio, un ambiente così perfetta-            momenti men conosciuti, la sosta della tribù
     della sua fabbrica di Bayreuth quasi finita.           mente intonato alle più alte aspirazioni                wagneriana a Napoli nel 1880, il soggiorno
                                                            umane, che il suo effetto non è molto diverso           ultimo con al centro il concerto di Natale del
     “Vivere in Germania e morire in Italia”,               da quello di un’opera d’arte”. Se non vi tro-           1882 e la sua storia, qui scritta la prima volta
     scrisse altra volta Cosima, quasi presentisse          vava più nulla della sua arte che valesse la            per intero, a costo di volare sulle situazioni
     che qua era il termine della fatica di Richard.        pena d’esser preso in considerazione, Wagner            più note e perfin gualcite da insistenti e mal-
     Ancora un mezzo anno poté godere “la città             poté godere, come tutti gli altri, di una dispo-        destre riscritture, la Venezia del Tristano, la
     meravigliosa tra l’azzurro del cielo e l’azzurro       sizione complessiva ancor pia generosa ed               storia del Lohengrin bolognese, il soggiorno
     del mare”. “Di nuovo lo avvinse il caratteri-          elevata, e respirò a pieni polmoni l’atmosfera          palermitano.
     stico silenzio vivente, nel quale si udivano           che l’Italia di allora, cosi diversa dalla repel-
     solo gli zoccoli delle donne che andavano su           lente erede che ne tiene il posto, offriva ai           Abbiamo fatto gran posto ai libri, perché lo
     e giù per le scale dei ponti risuonando come           suoi ospiti fedeli. Rispetto ai quali tutti non         meritano; Wagner non è l’operista incolto, ma
     castagnette. Sedeva volentieri davanti al por-         fa eccezione. Le sue riserve, i suoi ribrezzi nei       il creatore di poemi che sono centro di un si-
     tale di San Marco che, con le cattedrali di Pisa       confronti della Roma antica e papale ricor-             stema di pensiero e di riflessione sulla storia.
     e Siena, era una delle ‘sue’ tre chiese; con-          dano, anzi, i pudori, i rossori e le indignazioni       Da essi si dipartono lunghi fili, ad essi ritor-
     templava la serena piazza animata. Salutava            di un altro protestante, bigotto eppure ten-            nano.
     i suoi mistici amori, gli antichi leoni del Pireo      tato, quale Nathaniel Hawthorne. Paragonare
     davanti all’Arsenale, ‘Fasolt e Fafner’, nel cui       se stesso a Goethe, tolta la lusinga che po-
     marmo un tempo i normanni avevano inciso               teva trarne la sua vanita, non aveva, in
     le loro rune. Oppure andava all’Accademia e            quanto ospite d’Italia, alcun senso. Egli non
     si rallegrava alle limpide figure di Carpaccio,        pregiava l’antichità classica e romana, ri-
     all’estatica Assunta di Tiziano... È bello vi-
     vere accanto a cose come queste!”.
                                                            spetto alla quale s’era posto, inconsciamente
                                                            e lucidamente, in situazione concorrenziale.                 LE VIE DEI CANTI
                                                            Non amava, al pari di Hawthorne, le rovine,                  a cura di Guido Giannuzzi
     Il biografo, che compendia tali sentimenti,            che lo inquietavano. A parte L’Assunta di Ti-

                                                                                                                    “
     commenta: “Qui tutto è elementare, naturale,           ziano, che perdutamente gli piacque, non
     sensuale, arte, musica, gente”. Ma Wagner              meno che all’esecrato Mendelssohn, i luoghi                      Non si può giudicare il
     non fa eccezione rispetto alla gran folla di           e monumenti che suscitano i suoi entusiasmi                      Lohengrin di Wagner dopo
     poeti, scrittori, artisti stranieri, se ne potreb-     hanno dell’esotico e dello strano, come il giar-                 un primo ascolto, e io non
     bero numerare decine e decine, il cui debito           dino moresco di Ravello, San Marco, o quel-                      intendo certamente ascoltarlo
     verso l’Italia fu riassunto da Mario Praz pren-        l’interno del Duomo di Siena, che a noi                          una seconda volta.
     dendo in prestito un’espressione che Bernard           procura imbarazzo e fastidio e lui, quasi vo-                             Gioacchino Rossini
     Berenson aveva coniato per spiegare la no-             lesse darci la conferma di un gusto che più
     stra reazione davanti all’opera d’arte: la “in-        unklassisch non potrebbe pensarsi, celebra                       Parsifal è quel tipo d'opera
     tensificazione di vita”, un modo di essere, una        culmine supremo dell’umano architettabile.                       che comincia alle sei e dopo
     condizione dello spirito per cui “uno si sente                                                                          che sono passate tre ore,

                                                                                                                                                           ”
     Tratto da Wagner e l’Italia, memorie, documenti, immagini, Press Club Editore, Bologna, 1992 (catalogo della
                                                                                                                             guardi l'orologio e sono le
     mostra a cura di Piero Buscaroli, Foyers del Teatro Comunale, 28 novembre-31 dicembre 1992)                             sei e venti.
                                                                                                                                          David Randolph
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INTERVISTA A FRANCO BATTIATO
di Valentino Corvino
Con il suo ultimo cd Apriti Sesamo (2012), Franco Battiato ci sorprende ancora una volta con la sua instancabile capacità di rinnovarsi. La sua
composizione e il suo sound sono inconfondibili, il suo linguaggio continua nel tempo a essere nuovo e originale, molto più di quanto abbiano
fatto tanti giovani artisti che man mano si sono affacciati alla scena pop nazionale.
La personalissima estetica della musica di Franco Battiato ha radici lontane. Nella sua arte convivono un forte senso della tradizione, sia popolare
che "colta", e una costante ricerca di nuove strade. Nel 1978, dopo un decennio tutto dedicato a una fertilissima sperimentazione, ha vinto il
Premio “Karlheinz Stockhausen” di musica contemporanea con L’Egitto prima delle sabbie, per piano solo. Dal 1979 (L’era del cinghiale
bianco) a oggi ha inanellato una serie di canzoni di grandissimo successo. Ha creato la casa editrice “L’ottava”, ha scritto opere liriche e ha
avuto un ottimo successo come regista cinematografico. Un percorso artistico desueto per la capacità di esprimersi attraverso mezzi artistici
molto differenti, così come tanti sono i linguaggi musicali che da sempre confluiscono nelle sue produzioni, non ultima la musica classica.

Franco Battiato Luglio 1977 Villa Vallelonga Parco Nazionale degli Abruzzi
                                                                                                                                                   13
Il tuo ultimo cd si apre con un brano in-       dai grandi... si assimila e si trasforma.          Secondo te un artista come te può con-
 titolato Passacaglia, che, come dici sul        Dici, ancora: “Vorrei tornare indietro /           tribuire a pensare e mettere in atto poli-
 tuo sito, è un “libero adattamento della        per rivedere gli errori, / per accelerare /        tiche che aiutino noi italiani a uscire da
 composizione classica Passacaglia della         il mio processo interiore”. La tua ricerca         questa crisi strutturale, possibilmente
 vita del sacerdote e compositore seicen-        di riferimenti nel repertorio e nei modelli        senza disperdere il nostro patrimonio
 tesco Stefano Landi, uno dei progenitori        culturali passati si sposa nel tuo percorso        culturale?
 dell’opera”. In passato hai interpretato        con una costante ricerca di nuovi per-             Certo. Dobbiamo solo sperare che venga
 lieder, coinvolgi abitualmente nei tuoi         corsi creativi. Oserei dire che il lavoro che      spazzata via definitivamente questa razza di
 arrangiamenti strumenti classici, fino          l'artista compie sul linguaggio, sebbene           corrotti e ignoranti che hanno distrutto il no-
 all’orchestra sinfonica; molto spesso hai       per molti non sia ritenuto un vero e pro-          stro Paese.
 dichiarato il tuo amore per il repertorio       prio lavoro, è il miglior contributo che
 classico e ne hai dimostrato anche una          possa dare all’evoluzione della società.           Nella homepage del tuo sito internet
 notevole conoscenza. Che posto occupa           Questo quotidiano manipolare e model-              campeggia una frase di un compositore
 la musica classica nella tua discoteca per-     lare il linguaggio per farlo corrispondere         del Seicento: “Detrattori, alla larga da
 sonale?                                         a ciò che vuoi esprimere ha a che fare più         me”. Immagino che la cosa che possa
 Da tanti anni oramai, ascolto solo musica       con l’arte o con l’artigianato?                    dare più fastidio a un artista così polie-
 classica, che considero (quando raggiunge       L'arte non può fare a meno dell'artigianato,       drico come te, che non ha mai cono-
 alte vette), un "messaggero dello Spirito".     e noi artisti siamo collegati, bene o male, alle   sciuto steccati tra generi e linguaggi
                                                 zone 'soprasensibili'.                             musicali, è l’essere forzatamente imbri-
 Il testo di “Passacaglia” sembra fatto ap-                                                         gliato in una definizione.
 posta per trarne degli spunti per questa        “Viviamo in un mondo orribile / siamo in           La Mente, quando non è dominata, domina.
 nostra conversazione. “Vorrei tornare in-       cerca di un’esistenza”. In Inneres Auge e          Ha paura del non conosciuto e ha bisogno di
 dietro / per rivedere il passato / per com-     in Passacaglia hai sferrato attacchi molto         tranquillizzarsi, etichettando, e riducendo
 prendere meglio / quello che abbiamo            violenti e diretti verso un evidente e im-         tutto alla ragione.
 perduto”. Quanto è importante per te            perante malcostume politico e sociale.
 conservare un legame con la tradizione          Ha fatto molto scalpore il tuo incarico
 o con i grandi autori del passato? C'è un       nella giunta regionale siciliana come as-
 compositore che ami particolarmente o           sessore alla cultura, o come tu stesso hai
 che sia stato per te modello di pensiero        detto, alle “meccaniche celesti”. La no-
 e scrittura musicale?                           stra nazione vive un momento di gravis-
 Tutti i grandi compositori sono per me un ri-   sima perdita di memoria storica con
 ferimento. È inevitabile e piacevole imparare   conseguente crisi d’identità culturale.

                                     Nel 2012 Franco Battiato ha interpretato con Luca Madonia il brano di Valentino Corvino
                                     L'esondazione, contenuto nel CD Anestesia Totale, i cui proventi vanno in beneficenza
                                     alla comunità di Don Andrea Gallo

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UN BICENTENARIO VERDIANO
     di Stefano Biguzzi
 Con ciclica cadenza, il vizio tutto italiano di de-   care le scene dei più importanti teatri dando         l’Italia seppe trovare libertà e indipendenza;
 molirsi e commiserarsi, non tanto per sincero         con i loro melodrammi un contributo alla              una vera e propria identificazione, tanto forte
 spirito autocritico quanto piuttosto per avere        causa nazionale assai maggiore di quello che          da coinvolgere in questo processo e da far pro-
 una scusa buona a giustificare i propri falli-        avrebbero potuto offrire optando per uno sde-         pri riconoscendosi in essi, brani, uno su tutti il
 menti, porta a ridefinire in negativo il giudizio     gnoso esilio, eroico forse, ma del tutto inutile.     Va, pensiero, scritti prima della grande sta-
 su personaggi o eventi che hanno segnato la           Non si capisce del resto per quale motivo que-        gione insurrezionale e inizialmente non conce-
 storia della nostra nazione. Qualche tempo fa,        sta «dissimulazione onesta» non solo si per-          piti in chiave politica.
 nel pieno delle celebrazioni per il centocin-         doni ma costituisca addirittura titolo di merito      Tutto questo farebbe di Verdi la voce della ri-
 quantesimo dell’Unità, nel mirino di questo re-       per i tanti intellettuali antifascisti (Croce, Bob-   scossa nazionale italiana anche se, paradossal-
 visionismo d’accatto, discutibile per forma e         bio, Pavese, solo per citarne alcuni) che conti-      mente, il compositore non si fosse mai
 sostanza oltre che per la sistematica e colpe-        nuarono a vivere e lavorare in Italia sotto la        espresso in quel senso; la realtà invece è ben
 vole distorsione delle prospettive analitiche,        ventennale cappa del regime, mentre nel pe-           diversa. L’incontro con Mazzini a Londra, nel
 era finito niente meno che Giuseppe Verdi, ac-        riodo risorgimentale venga imputata come              1847, e l’invito a musicare su parole di Mameli
 cusato di non esser poi quel gran patriota che        spia di una bassa temperatura patriottica se          una «marsigliese italiana», proposta accettata
 si diceva, di aver simpatizzato col Risorgimento      non, peggio, di una sfuggente doppiezza.              con l’augurio che quell’inno (Suona la
 per puro opportunismo e di aver addirittura de-       Quanto al presunto opportunismo di Verdi nel          tromba) potesse «fra la musica del cannone,
 dicato due opere, Nabucco nel 1842 e I lom-           vestire i panni dell’aedo risorgimentale siamo        essere presto cantato nelle pianure lom-
 bardi alla prima crociata nel 1843, a due             addirittura al grottesco. Se non è certo, ma          barde!», è solo uno dei numerosissimi docu-
 sovrane ancien régime di nascita austriaca,           molto probabile, che il “Cigno di Busseto”            menti ed episodi che fanno emergere la
 Maria Adelaide d’Asburgo Lorena (che peraltro         abbia letto la Filosofia della musica di              potente passione patriottica del compositore.
 proprio in quell’anno sarebbe andata in sposa         Mazzini, è un fatto che nelle sue opere si tro-       Il 21 aprile 1848, da Milano, Verdi scriveva a
 a Vittorio Emanuele II di Savoia) e Maria Luigia      vano realizzate tutte le innovazioni auspicate        Francesco Maria Piave questa memorabile let-
 d’Asburgo duchessa di Parma (in segno di gra-         in quel volume per dare spessore politico e na-       tera: «Figurati s’io voleva restare a Parigi sen-
 titudine per la borsa di studio ricevuta in gio-      zionale al melodramma: scelta di testi tratti         tendo una rivoluzione a Milano. Sono di là
 ventù).                                               dalla letteratura romantica con una particolare       partito immediatamente sentita la notizia, ma
 Venendo subito a questo punto, come per gli           attenzione a Schiller, uso massiccio del coro         io non ho potuto vedere che queste stupende
 incarichi e le onorificenze ricevute alla corte di    (praticato fin dal Nabucco), strumentazione           barricate. Onore a questi prodi! onore a tutta
 Vienna da un Donizetti sincero amico e protet-        più curata e ricercata, marcata caratterizza-         l’Italia che in questo momento è veramente
 tore di patrioti, o per i lavori dedicati a Carlo X   zione dei personaggi, rifiuto di inutili fronzoli     grande! L’ora è suonata, siine pur persuaso,
 e alla Santa Alleanza da un Rossini munifico          belcantistici, aura storica e colore locale (come     della sua liberazione. È il popolo che la vuole:
 sponsor della causa risorgimentale nel 1848,          nei Due Foscari, plasmato sulle atmosfere             e quando il popolo vuole non avvi potere as-
 non si trattava certo di sinceri omaggi ai po-        veneziane ricreate da Byron), abilità nel coin-       soluto che le possa resistere. Potranno fare, po-
 tenti dell’Europa reazionaria, ma molto sem-          volgere lo spettatore in narrazioni dal ritmo         tranno brigare finché vorranno quelli che
 plicemente di prassi antiche quanto                   tragico serrato. Verdi dunque, volente o no-          vogliono essere a viva forza neccesarj ma non
 consolidate alle quali i compositori si adatta-       lente, è la perfetta incarnazione dell’«Ignoto        riusciranno a defraudare i diritti del popolo. Sì,
 vano per quieto vivere e per garantire adeguati       numini», del genio sconosciuto il cui avvento         sì, ancora pochi anni forse pochi mesi e l’Italia
 spazi operativi al loro lavoro: buoni rapporti        Mazzini aveva invocato, e la sua musica è ben         sarà libera, una, repubblicana. Cosa dovrebbe
 con i teatri, censura meno rigida, protezione a       più di una colonna sonora per il Risorgimento,        essere? Tu mi parli di musica!! Cosa ti passa in
 livello istituzionale. Era cioè una sorta di nico-    è il materializzarsi sonoro ed emozionale delle       corpo?... Tu credi che io voglia ora occuparmi
 demismo che consentiva a questi autori di cal-        passioni che animarono l’epica stagione in cui        di note, di suoni?... Non c’è né ci deve essere
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una musica grata alle orecchie degli italiani del     della storia, dieci anni sul volgere dei quali il     gionieri di guerra!».
1848. La musica del cannone!... Io non scrive-        Viva VERDI, scritto a rischio della vita sui muri     Il 2 ottobre 1860, nel giorno della battaglia del
rei una nota per tutto l’oro del mondo: ne avrei      delle città italiane, è ormai assurto a patriottico   Volturno, Verdi esulta invece per le vittorie ita-
un rimorso consumare della carta da musica,           acronimo per inneggiare a Vittorio Emanuele           liane scrivendo ad Angelo Mariani: «Ma dimmi
che è sì buona da far cartuccie».                     Re D’Italia. Nel 1859, allo scoppio della se-         di altra musica, la quale (domando scusa a
Il 27 gennaio 1849 Verdi è a Roma per dirigere        conda guerra d’Indipendenza, Verdi esprime            tutti voi altri figli di Apollo) mi interessa assai
la trionfale prima della Battaglia di Legnano         tutto il suo dispiacere per non essere un uomo        di più. Che scusate, scusate! Come vanno le
e tra il pubblico del teatro Argentina, gremito       d’azione: «Ma che potrei io fare, che non sono        crome e le biscrome di Cialdini, Persano, Gari-
di popolani e di patrioti accorsi da ogni parte       capace di fare una marcia di tre miglia, la testa     baldi, etc? … Quelli sono maestri! e che
d’Italia a difendere la Repubblica, c’è anche         non regge a cinque minuti di sole, e un po’ di        opere! e che Finali! a colpi di cannone!».
Giuseppe Garibaldi. Dopo quel successo folgo-         vento o un po’ d’umidità mi produce dei mali          Di lì a qualche mese nasceva l’Italia unita e nel
rante, commentando la situazione all’alba del         di gola da cacciarmi a letto qualche volta per        percorso che aveva portato a quell’esito vitto-

1849, Verdi scriveva a Piave: «Ho lasciato            settimana? Meschina natura la mia! Buono a            rioso le opere di Verdi, massima espressione
Roma con dolore, ma spero presto di ritornarci        nulla!»                                               del vincolo, per non dire addirittura del rap-
… Sono contento di Roma e delle Romagne,              In realtà, ben più efficace di quello che avrebbe     porto simbiotico, che lega il melodramma al-
la Toscana pure non va del tutto male, abbiamo        potuto fare con indosso un’uniforme era quello        l’Italia e alle vicende del Risorgimento avevano
motivo di avere grandi speranze» e, «come             che sapeva fare con la sua musica ma anche,           avuto il ruolo non di comprimarie ma di pro-
ogni buon italiano», si diceva poi grato ai ve-       talvolta, con le sue sferzanti parole. Come a Ve-     tagoniste a tutti gli effetti. Se dunque per certi
neziani e alla loro coraggiosa difesa della re-       nezia durante il carnevale del 1859, quando al        versi può esser vero che la figura di Verdi come
pubblica assediata; ma il 3 novembre, quando          “Vermouth d’onore” offerto alla Fenice dalla          musico vate della patria si è talora trasfigurata
ormai la reazione aveva soffocato in tutta Eu-        guarnigione austriaca, un ufficiale, fissando         nel mito, è pur vero che quel mito si fonda su
ropa la fiamma di libertà del ’48, non gli re-        con sguardo di sfida il Maestro, levò il bicchiere    solidissime basi storiche; il tentativo di sgreto-
stava che osservare sconsolato come l’Italia          e disse: «È buono questo vermouth, ma ne ber-         larle è penoso quanto vano, e speriamo che si
non fosse «più che una larga e bella pri-             remo di migliore tra poco, appena entrati a To-       abbia il buon gusto di non reiterarlo evitando
gione!».                                              rino»; e Verdi di rimando, con imperturbabile         così di ammorbare con l’ennesimo, ritrito scan-
Passano dieci anni nei quali resistenza clande-       garbo: «Davvero? Non vorrei contraddirvi, ma          daletto revisionista le celebrazioni di questo bi-
stina, eroici sacrifici e lavorio politico-diploma-   sapete come sono economi i piemontesi. Non            centenario.
tico concorrono a rimettere in moto la ruota          credo proprio che daranno del vermouth ai pri-
                                                                                                                                                              17
ROVERSI IN BREVE                                       del neocapitalismo tecnocratico che andava allora
                                                            crescendo e affermandosi, di pari passo al progresso
                                                                                                                       fida dello spettacolo» e sforzarsi di «sedere a un ta-
                                                                                                                       volo» con gli altri linguaggi, per «ascoltare» e «im-
     di Vincenzo Bagnoli                                    economico, del quale vengono denunciati con pre-           parare». La sua proposta insomma non consiste
                                                            cisione i limiti e le contraddizioni destinati a esplo-    nell’invitare la letteratura a disputare nel vivo della
 Vincenzo Bagnoli è redattore della rivista di
                                                            dere nei decenni seguenti.                                 storia, bensì, in quanto comunicazione, a rivolgersi
 letteratura “Versodove”, storica testata bolo-
                                                                                                                       contro le condizioni del suo darsi. Chiamando in
 gnese degli anni ’90-riapparsa nel 2009                    Chiusa nel 1959 questa esperienza, Roversi colla-
 dopo otto anni di silenzio- che contiene poe-                                                                         causa le responsabilità umane, la tensione del lin-
                                                            bora alle più importanti testate nazionali (fra i tanti
 sie, racconti, interessanti pagine dedicate                                                                           guaggio rifiuta la posizione dello spettatore privile-
                                                            «Quaderni piacentini», «Paragone», «Rinascita»,
 alla traduzione. La rivista si può trovare a                                                                          giato per porlo nel cuore della catastrofe, allo scopo
                                                            «l’Unità», «Lotta continua», di cui fu anche direttore,
 Bologna presso le Librerie Coop e la Libreria                                                                         di «contendere alla inesorabile frana della “mistifi-
                                                            e «il Manifesto», del quale fu tra i fondatori), conti-
 delle Moline                                                                                                          cazione” i pochi esigui palmi di terreno morale ne-
                                                            nuando a portare avanti il suo dibattito: laddove Pa-
                                                                                                                       cessari per sopravvivere».
 Difficile condensare in poche righe una vicenda            solini resta attestato sul neorealismo e sulla difesa
 umana e creativa come quella del bolognese Ro-             dei valori di un’Italia rurale e contadina, egli accetta   Parallelamente matura la famosa scelta di abban-
 berto Roversi, forse l’ultimo grande intellettuale del     invece la sfida della modernità, ma invitando sempre       donare l’editoria «di profitto», ritenendone i mecca-
 Novecento, scomparso lo scorso settembre. Era della        a non abbassare la guardia e a non farsi coinvolgere       nismi regolatori radicalmente incompatibili con
 generazione dei Fortini, Calvino e Pasolini, e della       nei nuovi corporativismi che emergono. Già nel             l’esercizio libero della funzione critica e ravvisando
 stessa levatura; con loro aveva condiviso la stagione      1962, nella raccolta Dopo Campoformio (il cui ti-          in essa l’orientamento a formare una casta di tec-
 dell’impegno e delle riviste militanti, arrivando però     tolo stabilisce un dolentissimo paragone politico tra      nocrati dal linguaggio: l’industria culturale, infatti, è
 attorno alla fatidica soglia dei primi anni Sessanta a     la celebre delusione di Foscolo e l’Italia del dopo-       a suo dire inevitabilmente orientata a ridurre il fatto
 compiere una scelta in decisa controtendenza ri-           guerra), Roversi mostrava di essersi lasciato alle         letterario a merce, destinata al mero consumo, e
 spetto agli altri suoi «compagni di strada», scelta        spalle la nostalgia: con essa mostra che i due mondi,      dunque offre allo scrittore un «aumento di potere
 che l’ha reso decisamente atipico rispetto ai «man-        passato e presente, che il neorealismo spesso con-         sul pubblico», ma in cambio chiede e ottiene la «di-
 darini» del sapere che avrebbero monopolizzato la          trapponeva si erano di fatto già compenetrati nelle        struzione della ragione». Anche per questo Roversi,
 scena pubblica negli anni successivi.                      forme ibride di una periferia che va allargandosi e        malgrado la poetica fortemente sperimentale, non
                                                            all’interno della quale la guerra sembra protrarsi,        aderisce mai a nessuno dei movimenti di neoavan-
 Nato nel 1923 e cresciuto a Bologna, dopo aver dato
                                                            nella forma dell’industria, come un conflitto senza        guardia che vanno in quegli anni costituendosi; pre-
 alle stampe alcune prove poetiche giovanili sceglie
                                                            più ideali, come un freddo funzionare.                     ferisce viceversa affidarsi al circuito delle
 nel 1943 di unirsi ai partigiani e combatte in Pie-
                                                                                                                       autoproduzioni, prima in ciclostile (anticipando la
 monte. Dopo la guerra apre nella sua città la libreria     Nel 1961 lancia una nuova rivista, «Rendiconti», che
                                                                                                                       funzione rivoluzionaria che quello strumento avrà
 antiquaria Palmaverde, destinata in breve a diven-         si vuole occupare, come recita il sottotitolo, «di let-
                                                                                                                       nel 1968) poi con tirature limitate presso piccoli edi-
 tare un fondamentale cardine della vita culturale cit-     teratura e scienza» e che durerà fino all’inizio del
                                                                                                                       tori indipendenti, che i lettori possono prenotare di-
 tadina, punto d’incontro e centro di aggregazione          nuovo secolo. Pubblica nel frattempo romanzi (Cac-
                                                                                                                       rettamente presso la sua libreria. È in questa forma
 per gli scrittori bolognesi e non solo: il suo generoso    cia all’uomo. Romanzo, Mondadori 1959; Re-
                                                                                                                       che viene distribuita Le descrizioni in atto.
 interesse nel dialogo e nell’ascolto degli altri la man-   gistrazione di eventi, Rizzoli 1964), che si
 terranno tale per oltre un cinquantennio, fino al          distinguono per uno sperimentalismo mai fine a sé          Al tempo stesso, coerentemente alla scelta di schie-
 2006, l’anno della sua chiusura. Nel 1955, con Pa-         stesso; come chiarisce nel 1965, nel presentare una        rarsi contro la separatezza della letteratura, mentre
 solini e Leonetti, fonda «Officina», una pietra miliare    prima selezione di poemetti della sua nuova rac-           continua a scrivere per il teatro (Untenderlinden,
 nella rinascita della civiltà italiana dopo il ventennio   colta, Le descrizioni in atto, la letteratura deve ri-     Enzo re, La macchina da guerra più formi-
 fascista, nonché uno degli osservatori più acuti sul       nunciare all’idea antica di costituire un territorio       dabile, Il crack), s’impegna in un territorio che an-
 cambiamento in atto, non solo in ambito letterario:        separato e privilegiato, non arroccandosi nella «torre     dava allora formandosi, quello della poesia per
 sulle sue pagine scrivono i più importanti nomi del        d’avorio» della tradizione né chiudendosi nei labo-        musica, collaborando con Lucio Dalla e gli Stadio
 periodo, da Fortini a Gadda, da Caproni a Luzi, da         ratori delle avanguardie. Pur nella consapevolezza         alla realizzazione di diversi album (Anidride
 Ungaretti a Pagliarani, da Volponi a Calvino. La rivista   che essa resta esperienza comunque «altra» rispetto        solforosa, Il giorno aveva sette teste, Chiedi chi
 si segnala per una precoce quanto illuminata critica       al vivo della lotta, deve abbandonare «l’attesa per-       erano i Beatles.) che di fatto diverranno per certi
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