Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea - Orchestra Filarmonica di Bologna
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EDITORIALE Il teatro non è indispensabile. Creando rapporti fra musicisti e gli abitanti di per una vita di qualità, migliore, più piena e Serve ad attraversare le frontiere tra me e te. Bologna, le forze produttive della città, gli stu- ricca. Dove sta scritto che non si possa fare denti. Perché la musica sia nell’orizzonte quo- buona televisione, buona musica, buona lette- Così, Jerzy Grotowski, celebre regista polacco, tidiano di chiunque. ratura per tutti? teorico e innovatore del teatro contemporaneo. Quando ho chiesto a Paolo Billi - animatore della Da anni si dibatte del fallimento della cultura Qualcosa, però, si sta forse risvegliando, dopo Compagnia teatrale del Pratello, a cui è dedicata di massa. Il problema è reale, ma non le sue de- anni di astenia culturale italiana - dai teatri oc- la copertina di questo numero, visto che si tratta clinazioni retoriche. Una fra tutte l’idea che ciò cupati alle iniziative come quella delle “prima- di una foto di scena di un loro spettacolo - di par- che è impegnativo debba essere per forza pe- rie della cultura” del Fai, fino agli appelli di lare dell’attività della sua compagnia, ho pensato sante, per cui alla gente comune, andrebbe pro- intellettuali come Carlo Ginzburg, Salvatore proprio a questa frase. pinata solo “roba facile”. Si dimentica così Settis, Tomaso Montanari per salvare bibliote- Il merito di questa singolare compagnia teatrale, l'ammonimento dello scrittore argentino Julio che, luoghi d’arte, musei dal rischio di chiusure e di chi la anima, consiste nel permettere a cen- Cortázar: “il contrario di divertente non è serio, o di più subdole privatizzazioni - la varietà di tinaia di giovani di avvicinarsi alla cultura, all’arte è noioso”-. posizioni che si esprimono e a cui si ispirano, e alle sue pratiche; molto probabilmente, prima fanno ben sperare che la centralità della cultura di questo incontro, le loro esistenze non avevano Si è andato creando così un discrimine fra cul- stia diventando questione fondamentale nel di- avuto modo neanche di incrociarle. Dopo l’incon- tura di élite e sottoculture varie: da una parte, battito politico e intellettuale italiano. tro, invece, sono diventati i soggetti di un cam- la buona letteratura, la musica cosiddetta colta, biamento profondo nella vita, proprio attraverso la cultura e l’arte. Penso che sia giusto rendere omaggio a questo lavoro e dichiarare la nostra vicinanza, anche la nostra comunanza quanto a interessi e obiettivi. Mi chiedo, infatti: se questo cambiamento ha avuto luogo in soggetti con vite tanto proble- matiche, perché un tale risultato non può essere alla portata di tutti? Tornando alla frase iniziale ed estendendola dal teatro a tutte le attività culturali e artistiche, assume un valore univer- sale. Vale infatti anche per noi, che facciamo musica classica - sinfonica o lirica che sia - e che in genere veniamo relegati in una dimen- a disposizione di pochi; dall’altra, brutti pro- sione colta, elitaria, marginale nella società, grammi televisivi, brutta musica, brutto cinema, cosa che equivale a rimetterci nel ruolo subal- brutta letteratura, in più invasivi e onnipresenti. terno dei musicisti di corte settecenteschi. Guido Giannuzzi La questione è mal posta, perché tutti gli abi- Direttore Responsabile Non siamo, non vogliamo essere questo: ci bat- tanti - di un Paese come il nostro, poi! - devono “Filarmonica Magazine” tiamo perché la cultura sia popolare e di massa. poter accedere al bello, in tutti i suoi aspetti, guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it 3
IL TEATRO DEL SOMMARIO PRATELLO Editoriale | 03 di Paolo Billi Filarmonica del Teatro Comunale Il Teatro del Pratello è una cooperativa che di Bologna Rubrica | 05 Orchestra europea realizza progetti di teatro soprattutto con adolescenti e giovani adulti in contesti di di- sagio sociale e in particolare nell’ambito della Sede legale: Via A.Bertoloni, 11 Intervista a Michail Pletnev | 06 40126 Bologna giustizia minorile. Da quattordici anni cura il Sede operativa c/o progetto di Teatro all’interno dell’IPM di Bo- Teatro Auditorium Manzoni via De' Monari Wagner e L’italia logna, articolato in laboratori manuali e 1/2, 40121 Bologna espressivi, producendo uno spettacolo, per il e-mail: segreteria@filarmonicabologna.it o l’italia e Wagner? | 10 quale, ogni anno, si aprono le porte del car- cere a 1500 spettatori. In estate, “Pratello. www.filarmonicabologna.it Rassegna Teatro Musica”, inoltre, coinvolge i Le vie dei canti | 12 ragazzi, in misure alternative al carcere, come aiuti tecnici, personale di sala e attori. La coo- Intervista a Franco Battiato | 13 perativa opera, inoltre, con progetti “ponte” tra il mondo della scuola (Istituti Superiori della regione) e il mondo delle comunità edu- Un bicentenario verdiano | 16 cative, con attività di scrittura e teatro che coinvolgono gruppi misti di adolescenti. Il Teatro del Pratello, dal 2008, lavora con i de- Roversi in breve | 18 tenuti adulti della Casa Circondariale di Bo- logna, producendo spettacoli, che hanno debuttato nel passato all’Arena del Sole di Intervista ad Augusto Illuminati | 20 Bologna. Questa esperienza, una delle più im- portanti in Italia per continuità e per qualità dei prodotti artistici, è resa possibile grazie Musica popolare, alla convenzione tra Comune di Bologna, Pro- musica colta: un dialogo aperto | 23 vincia di Bologna, Centro Giustizia Minorile per l’Emilia-Romagna e al sostegno della Re- gione Emilia-Romagna. Recensioni | 26 Filarmonica Magazine Direttore responsabile Foto di copertina n. 5 mese febbraio anno 2013 Guido Giannuzzi © Marco Caselli Nirmal Aut. Tribunale di Bologna N. 7937 del 5 marzo 2009 guido.giannuzzi@filarmonicabologna.it Foto Editore Redazione © Marco Caselli Nirmal (pagg.: 3, 7, 8, 11, 17 e 21) Associazione Filarmonica Michele Sciolla del Teatro Comunale di Bologna michele.sciolla@filarmonicabologna.it Progetto grafico Via Bertoloni, 11 – Bologna Punto e Virgola, Bologna Redazione Hanno collaborato Sede operativa c/o Teatro Auditorium Manzoni Vincenzo Bagnoli, Stefano Biguzzi, Paolo Billi, Piero Buscaroli, Pubblicità via De'Monari 1/2, 40121 Bologna Marco Caselli Nirmal, Mattia Cipolli, Valentino Corvino, segreteria@filarmonicabologna.it Tommaso Luison, Cecilia Matteucci, Alberto Spano. 4
LE MIE DOMANDE Il mio primo incontro con te è stato nel 2005 al Teatro Comunale di Bologna in un mento non indifferente al mio bagaglio musi- cale grazie al Maestro Muti. di Cecilia Matteucci rarissimo Ascanio in Alba. Che ricordo hai di quella produzione? In giro per il mondo, Italia esclusa, quale Palermitana verace, il soprano Désirée Ran- Una produzione veramente bella! Che ebbe un teatro ti affascina di più? catore debutta appena diciannovenne a Sa- grande successo nonostante la rarità del- Il Palais Garnier a Parigi e la Salle Garnier a lisburgo come Barbarina ne Le nozze di l'opera. Il mio ruolo era una delle cose più dif- Montecarlo mi hanno molto colpita: è il trionfo Figaro di Mozart e da allora è stata ospite ficili da cantare che esistano: la seconda aria, dell' oro! Ma anche i grandi teatri moderni del regolare del celebre festival fondato da Her- Giappone mi hanno lasciata a bocca aperta per bert von Karajan. la più conosciuta, durava nove minuti e mezzo, piena di agilità e sovracuti! Una bella prova per la perfezione della loro costruzione unita a un É però il ruolo di Olympia ne Les Contes acustica eccezionale. d’Hoffmann di Offenbach, in scena al Tea- me, ma alla fine grandi soddisfazioni grazie agli tro Massimo Bellini di Catania a condurla applausi del pubblico. Il tuo compagno il regista Alfonso Romero sui palcoscenici internazionali (Opéra di in che ruolo ti preferisce? Parigi, Royal Opera House Covent Garden L'incontro più recente invece è stato in- vece al concerto in eurovisione del Primo Alfonso mi ha appena diretta in Lucia di di Londra, Wiener Staatsoper, Opernhaus di Zurigo). Si è esibita con le più prestigiose or- dell'anno alla Fenice, teatro che ti ama Lammermoor in Spagna: e' il ruolo che pre- chestre italiane ed europee e nel 2004, di- moltissimo! Ti aspettavi un successo così ferisco ed è' stato moto interessante e affasci- retta da Riccardo Muti, ha cantato alla strepitoso? nante collaborare alla realizzazione di questa Scala di Milano. Nel 2010 – dopo una serie La Fenice adesso è un po' come casa mia, ho produzione. Ma credo che il ruolo che lui pre- di recite a Tokyo con Muti, al Mozarteum di cantato tanto in quel teatro, e sempre in pro- ferisce debba ancora arrivare: sarà Violetta ne Salisburgo, a Pechino con il Rigoletto pro- duzioni di successo che mi hanno dato davvero La Traviata. dotto dal Teatro di Parma e al Rossini Opera molto. Il concerto di Capodanno era il secondo Festival di Pesaro – la Rancatore riceve al- La canzone della tua adolescenza? per me e questo è motivo di particolare orgo- l’Arena di Verona l’Oscar della Lirica. Ne ho ascoltate tante, ma ho amato moltissimo glio visto che sono la prima cantante donna a Musica è di Eros Ramazzotti. essere invitata per la seconda volta a questo prestigioso avvenimento. Onestamente non mi Dove compri i bellissimi abiti da sera che aspettavo un tale trionfo! Persino la standing indossi nei concerti? ovation! Mi ha molto commossa come mi Ah, sono una patita dei vestiti da concerto, ne hanno molto commossa tutti i messaggi rice- comprerei uno al mese! Li compro un po’ in vuti nei due giorni successivi alla diretta TV. giro per il mondo; quello con le piume di Capo- danno, per esempio, era di Parigi. Nel 2004 il ruolo di Semele nell'Europa Ri- conusciuta di Salieri diretta da Muti alla Nella moda italiana, c’è uno stilista che Scala. Così giovane in un teatro prediligi? straordinario e un direttore di così grande Adoro Valentino e amavo tantissimo il com- fama: eri intimidita? pianto Gianni Versace. Forse non sai che, in- Devo dire che ero molto emozionata, l’occa- sieme al canto, ho studiato alla Scuola di sione era veramente immensa! La riapertura figurinismo a Palermo, quindi la moda era il della Scala dopo i lavori con un’opera scono- mio sogno e gli stilisti per me erano veri e sciuta e difficilissima (forse l'opera più difficile propri idoli! che io abbia mai cantato), con il direttore più importante del mondo. Bè, direi che era nor- Cos'è per te la Vanità? male emozionarsi! Ma anche quella è stata La vanità è la Donna stessa! La vanità fa parte un’esperienza grandiosa che mi ha portato di me e nel mondo in cui lavoro penso sia una Desirée Rancatore Cecilia Matteucci molta fortuna e notorietà, oltre che un arricchi- delle componenti fondamentali. 5
MICHAIL PLETNEV: LA MUSICA È VOLONTÀ di Alberto Spano BOLOGNA – Intervistare Mikhail Pletnev al degli Studi di Chopin alle prove del concorso ogni segreto della tastiera. Era allievo di termine di una prova della Settima Sinfonia come fra le più incredibili esperienze musicali Igumnov, il quale era allievo di Siloti, che era di Beethoven con la Filarmonica del Teatro mai udite in vita mia, con un possesso dello allievo di Liszt. Liszt era allievo di Czerny e Comunale di Bologna è un esercizio giornali- strumento e dell’oggetto sonoro che aveva Czerny era allievo di Beethoven. La linea è un stico singolare, di pazienza e di virtù: il mae- del sovrumano». po’ questa». stro russo è timido, introverso, parla poco, In effetti qualcosa di sovrumano Pletnev lo Quando ha deciso di prendere in mano sebbene domini un italiano perfetto e forbito. possiede, anche quando risponde alle do- la bacchetta? «C’è una fotografia di me con «È un genio» avevano detto molti professori mande. Timidamente, si diceva, ma di una ti- la bacchetta in mano, avrò avuto forse tre dell’orchestra bolognese, come ipnotizzati du- midezza che è sintomo di ricchezza interiore. anni. Ma questo non importa». rante le prove al Teatro Manzoni. «Un silenzio «Non amo parlare di me e del mio passato – E come ha cominciato fisicamente a diri- in prova così profondo non lo si sentiva da esordisce quando gli si chiede delle sue ori- gere: mise assieme lei un piccolo anni» dice qualcuno, un silenzio ottenuto non gini e della città natale, Arcangelo, al- gruppo? «Alla scuola di musica c’erano già con l’imperio, ma con la forza delle proprie l’estremo Nord della Russia, sul Mar Baltico. piccole formazioni orchestrali e io le dirigevo, idee musicali, sviluppate gradualmente fin Poco a poco si scopre che è figlio d’arte, la mio padre mi dava una mano». dalla prima battuta con semplicità e rigore. madre pianista, il padre suonatore provetto Studi specifici di direzione? «No, sempli- «È la semplicità e il candore dei grandi» ac- di bayan, la fisarmonica russa con cui suo- cemente voglia di dirigere. Si impara col cenna un altro professore, «poche parole, nava il repertorio classico e popolare. Da Ar- tempo. Ci sono tante scuole di direzione, uno pochi concetti, ma di una chiarezza e di una cangelo il trasferimento a due anni a Kazan, ti insegna a far così, un altro al contrario. convinzione che avvince». «Non mi sembra capitale del Tartarstan, quindi il trasferimento Quando qualcuno vuole imparare, impara. neppure di lavorare», accenna un violinista a Mosca a 13 anni alla grande scuola piani- Impara dappertutto. Per me il professore non della fila dei secondi, «è un piacere suonare stica di Eugene Timakov, poi di Jakob Flier e è chi insegna. Ma è da chi si impara: si impara con lui, e non ci si accorge della fatica e del- Lev Vlasenko. La vittoria a un Concorso a Pa- da Horowitz, da Rachmaninov, da Richter. Po- l’attenzione che richiede. Così suoniamo me- rigi, poi quella al Concorso Nazionale Russo trei dire di aver avuto loro come professori. glio, più concentrati, e ci sembra di far parte nel dicembre 1977, poi la clamorosa afferma- Rachmaninov in prima fila». di un mondo ideale e perfetto». In effetti Mi- zione al Tchaikovsky nel giugno 1978. Poi la Quando è diventata una professione la khail Pletnev è un direttore che con una sola guerra in Afghanistan e il blocco dei concerti direzione d’orchestra? «Alla fine degli anni prova di due ore è in grado di ribaltare suono in occidente, quindi le tournée internazionali, ‘80 ad alcuni amici venne l’idea di creare ed efficienza di un’orchestra che incontra per i dischi per l’etichetta di Stato Melodiya, poi un’orchestra privata, la prima in assoluto in la prima volta. Il suo gesto è di una chiarezza per l’inglese Virgin, quindi la tedesca Deut- Russia: l’idea fu accolta con enorme entusia- esemplare: «Non spreca un movimento, un sche Grammophon (dal 1993). Pletnev non smo da tutti i migliori professori delle migliori dettaglio, tutto è logico e coerente. Al gesto ama parlare di quegli anni, di quelle tournée, orchestre russe. L’orchestra si formò quasi corrisponde esattamente il fatto sonoro» ag- di quei trionfi. Pare non esserne particolar- spontaneamente e mi proposero di dirigerla. giunge un oboista. «È il direttore ideale», dice mente orgoglioso, sembra sminuirne i meriti. Andò subito bene: nacque la Russian National qualcun altro. E la cosa suona ancor più sin- «Ho imparato quasi tutto da Eugene Timakin, Orchestra, che nel giro di due o tre anni si golare, se si pensa che Pletnev nasce pianista, un grandissimo musicista che fu allievo del fece conoscere internazionalmente. All’inizio uno dei massimi del nostro tempo, trionfatore grande Igumnov. Con lui ho imparato la mu- fu molto osteggiata, soprattutto dai direttori nel 1978 al Concorso Tchaikovsky di Mosca, sica, la tecnica, la forza e l’abnegazione. Ti- delle orchestre statali da cui i professori vo- a proposito del quale il giurato italiano, Ro- makin era un grande didatta, un saggio della levano staccarsi per entrare nella Russian Na- dolfo Caporali, ebbe a dire in un’intervista ra- musica, con lui hanno studiato Vladimir Fel- tional Orchestra. Il primo concerto si tenne diofonica: «Ricordo le esecuzioni di Pletnev tsman e Ivo Pogorelich. Timakin conosceva nel novembre del 1990 al Conservatorio di 6
Mosca. Poi vennero i primi concerti all’estero, qualche anno però la situazione è molto cam- Bach, Haydn e Mozart con la Kremerata Bal- in Israele, Spagna, Germania. Fummo aiutati biata, siamo stati costretti ad accettare l’aiuto tica, senza direttore». da molti, e fra i tanti ricordo con piacere il dello Stato per sopravvivere. L’orchestra non Come si trova con la Filarmonica del Tea- pianista Ivo Pogorelich, il quale fu molto vi- è più indipendente come prima, ma è diven- tro Comunale? «Mi piace moltissimo. Sono cino soprattutto in occasione della prima tata un’emanazione del Ministero della Cul- ottimi musicisti, preparati, c’è la voglia, c’è la tournée in Israele, durante la quale avevamo tura. Sicuramente ora è meno a rischio, ma disciplina. È una cosa rara. C’è la volontà di avuto un problema di visti. Quando lo venne sono cambiate tante cose». raggiungere un livello di perfezione. Questo a sapere, siccome aveva un concerto da soli- Lei però in tutti questi anni, non ha mai mi piace. Sono motivati». sta nel più grande teatro di Tel Aviv, fece te- smesso di suonare il pianoforte, con con- Le è capitato il contrario? «Certo, capita lefonare al teatro per dire che il suo recital si certi solistici nelle più grandi stagioni. E spesso anche con orchestre molto blaso- sarebbe trasformato in un concerto per pia- adesso? «Quel periodo è ormai passato: ho nate». noforte e orchestra, e impose noi con lui nel conosciuto il duro lavoro del pianista, lo stu- Che orchestre ha diretto? «In Italia la Rai Concerto di Tchaikovsky. Il concerto fu un dio solitario, le tournée, i viaggi massacranti, di Torino e Santa Cecilia. Ultimamente ho di- trionfo e seguirono tournée e registrazioni di- i programmi, gli alberghi, gli orari, l’applauso, retto l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Or- scografiche: per la prima volta nella storia la i fiori, gli autografi, le cene… Io ho dato. Ora chestra di Bamberga. Presto dirigerò Deutsche Grammophon stipulò un contratto quella vita non mi interessa più. Dirigo l’Orchestra Radiofonica della Corea e la Filar- di esclusiva con un’orchestra russa. Il primo quando mi piace l’idea, quando mi trovo bene monica di Tokyo». disco con DGG fu una scelta di Ouverture di con le orchestre, quando si può fare buona Uno dei suoi dischi più belli è quello in- Tchaikovsky. Seguirono molte incisioni, il re- musica con musicisti che ne abbiano la vo- ciso nel 1998 per la Deutsche Grammo- pertorio russo in particolare: Prokof’ev, Sho- lontà, come con gli splendidi professori della phon con le musiche di Carl Philpp stakovich, Tchaikowsky, ma anche i classici. Filarmonica del Teatro Comunale. Il pianoforte Emanuel Bach. Come è nato? «Un diri- Beethoven. Nel 2006 ho inciso l’integrale lo suono ancora, tornerò a suonarlo, ma in oc- gente della Deutsche Grammophon cono- delle 9 Sinfonie di Beethoven e l’anno dopo casioni speciali, con tranquillità. Per esempio sceva le mie incisioni scarlattiane per la i 5 Concerti per pianoforte e orchestra. Da in primavera farò una tournée con concerti di Virgin, e voleva che facessi qualcosa di simile 7
per la Deutsche Grammophon. Acquistò tutti aiuta a vivere. Non è “un pianista”. È uno aperto qualche sonorità del pianoforte a me gli spartiti di Carl Philipp Emanuel Bach, il fi- “spirito”. Mi piace tutto di lui, anche le pic- sconosciuta». glio di Johann Sebastian, e me li portò, anche cole cose che ha inciso. In tutto quello che fa Fra i giovani delle nuove generazioni? se in realtà Carl Philipp Emanuel è di un’altra c’è qualcosa di interessante. Nei pezzi brevi, «Sono tutti simpatici e bravi. Ma nessuno mi generazione rispetto a Scarlatti: poteva es- nei fogli d’album, è insuperabile. Anche nel ha colpito particolarmente». serne il figlio. Io non ne avevo mai suonato repertorio apparentemente non suo. Prenda Di Daniil Trifonov che dirige nel Concerto una nota. Cominciai a leggere tutto e a fare il suo Beethoven: ci sono le 32 Variazioni di Tchaikovsky cosa pensa? «È bravissimo. una scelta di quasi 80 minuti di musica. E così in do minore, che forse con lui diventano 29 Lo conoscevo già, l’avevo diretto a Varsavia è nato il disco». o 30 perché non le fa tutte. Ebbene, in ogni nell’agosto del 2010. Mi piace perché oltre Lei sa che è considerato un capolavoro nota, in ogni frase c’è qualcosa di interes- che essere simpatico, cerca qualcosa. Non è una macchina, mentre suona cerca la sua at- titudine, cerca il suo suono, e mentre suona c’è sentimento, c’è sincerità. Non mi sor- prende che suoni così bene Chopin. Per suo- nare la musica di Chopin ci vuole sentimento e sincerità». E degli italiani? «Arturo Benedetti Michelangeli!». Qui il maestro Pletnev si mette quasi sull’at- tenti e cambia espressione. Una lunga pausa, e poi quasi detta le parole: «Vede, con Michelangeli entriamo in un’altra dimensione: Michelangeli non è un pianista. Michelangeli è un genio». Perché è un genio? «Perché con lui si è aperta una fase nuova del suonare il piano- forte, di come trattare lo strumento. Genio è colui che apre un mondo nuovo, che crea nuovi orizzonti. Per esempio: Tchaikosvky è un genio. Nikolai Golovanov, un grande diret- tore russo degli anni 30 e 40 è un genio. Con lui è cambiato il modo di dirigere la musica, nella sua discografia? «No. Dei miei dischi sante e di assoluto. Rachmaninov è unico». di fare musica. Le sue interpretazioni di Liszt, mi piace abbastanza un recital chopiniano Di che altri interpreti vuole parlare? «Di Grieg e Glazunov sono sconvolgenti, fin dalla della Virgin comprendente la Barcarolle, e Horowitz: nel suo concerto di ritorno alla Car- prima battuta. E così è per Michelangeli: con forse un disco Deutsche Grammophon con negie Hall c’è un brano in particolare che tut- lui il concetto stesso di suonare il pianoforte pezzi brevi di Beethoven. Questi due dischi mi tora mi sconvolge: la Toccata, Adagio e è cambiato rispetto al passato e ha influen- piacciono abbastanza. Gli altri mi lasciano in- Fuga di Bach-Busoni. Horowitz sbaglia cla- zato e influenzerà quelli che suonano e quelli differente». morosamente l’inizio, così si sente un po’ di che ascoltano. Qui sta la sua grandezza. Che pianisti ascolta? «Rachmaninov. nervosismo, ma poi il resto è semplicemente Anche i pianoforti sono cambiati con Bene- Ascolto ormai solo Rachmaninov, che è stato fantastico. Non ho mai sentito dei colori così detti Michelangeli». il più grande pianista e musicista del secolo vari, della fantasia così sfrenata, dei piani so- scorso. Lo ascolto continuamente. È un con- nori così sfaccettati. Lì si capisce ciò che una forto per la vita. L’ascolto di Rachmaninov mi volta Rachmaninov disse: «Horowitz ha 8
WAGNER E L’ITALIA O L’ITALIA E WAGNER? di Piero Buscaroli Al tema “Wagner e l’Italia” il biografo orto- tutto quel che gli riuscì trovare di un vene- età di Wagner, semmai, si era prodotto un ri- dosso risponde col paragone con Goethe, che ziano quasi coetaneo che si chiamava Vivaldi, sveglio. Tra i direttori d’orchestra, la musica nell’erudito tedesco di formazione accade- sono rarissime eccezioni, non regola. di Wagner cagionava mutamenti di campo, mica funziona come un riflesso condizionato: folgorazioni. Non poté esser solo la sconfitta «Nella vita di Wagner l’Italia non ha fatto Che l’arte italiana dei suoni fosse, all’epoca del direttore che aveva perduto la Teresa Stolz epoca. Gli stimoli a creare, che egli deve a di Wagner, lettera morta per una cultura mu- rapitagli dal compositore amico, così come in questo paese, non sono meno significativi di sicale ormai irrimediabilmente superiore Germania proprio Wagner aveva rubato Co- quelli di Goethe, ma sono di altra natura. In come quella tedesca, è dato di fatto cono- sima a Bülow, la forza che indusse un “Na- una lettera a Mathilde Wesendonck entra egli sciuto almeno dai tempi di Mendelssohn, che poleone dei direttori” quale Angelo Mariani, stesso nell’argomento. Goethe a Roma è un scende in Italia, nel 1830, dopo la sosta a a cambiare campo. Era pur stato a Monaco, fenomeno molto piacevole: “Era un uomo to- Weimar, con le raccomandazioni e istruzioni aveva sentito quelle opere, e da musicista non talmente, assolutamente visivo nel suo tem- del vecchio Goethe. Beethoven era morto da aveva potuto non trarre conclusioni evidenti. peramento d’artista! Lasciamoci guidare da tre anni, Schubert da due, Schumann ven- Come le aveva tratte il Mancinelli, che tutta- lui dove c’è qualcosa da vedere e saremo per- tenne e il diciassettenne Wagner facevano via preferì coltivare tutti e due i campi, come fettamente informati! Lui, invece, [Wagner] si l’Università a Lipsia, Bruckner aveva sei anni fanno ancor oggi accreditate bacchette. Come è fatto dell’Italia un’altra esperienza, le sue e Brahms doveva ancora nascere. A Venezia, non fece, però, colui che sarebbe divenuto impressioni visive più importanti lo hanno at- mentre se ne sta rapito nella fresca ombra dei l’apostolo della grande musica tra noi, Giu- tratto con un calore fuori del comune, che Frari a contemplare L’Assunta, “la cosa più seppe Martucci; che se era nato troppo tardi pero non è mai durato a lungo! Per questo divina che gli uomini abbiano mai saputo di- (1856) per lavorare accanto a Wagner, fece a egli crede di dover dire che l’occhio non gli pingere, qualcuno si mise a strimpellare l’or- tempo tuttavia a ingrandirne la fama, e ingi- basta come senso per la percezione del gano, e le sante figure di Tiziano dovettero nocchiarsi, e non per modo di dire, davanti a mondo...”. sopportare un miserabile finale d’opera”. I Johannes Brahms, quando lo conobbe a Bo- pianisti che incontra a Venezia “non hanno logna, nel 1888, all’Albergo dei Quattro Pel- Non c’è dubbio che il signor Curt von Wester- mai suonato una nota di Beethoven, e legrini; al secondo dei numi che per lui, nhagen, autore della migliore biografia di Wa- quando soggiunsi che sia in lui che in Mozart missionario “in partibus infidelium”, costitui- gner reperibile da noi, abbia combinato una c’è del buono, mi dissero: “Siete dunque un vano gli oggetti inseparabili del solo culto le- bella confusione. Ma è una confusione, a suo amatore della musica classica?”. gittimo. modo, creativa, perché mescola e confonde tutte insieme le ragioni per cui un’attrazione All’esaltante quadro dell’Italia storica già si *** fervida e sincera, accompagnata da esplo- opponeva la deprimente realtà di un paese sioni d’interesse e di affetto, testimoniata da che gli dèi della musica avevano abbando- A questo punto il tema, “Wagner e l’Italia”, sette viaggi con lunghi soggiorni, fino all’ul- nato da almeno mezzo secolo. E, tra i misteri si specchia e si prolunga in un altro, “l’Italia timo chiuso dalla morte sul Canal Grande, della nostra storia delle arti, il peggio inda- e Wagner”. Non c’è dubbio che la musica di non produsse quegl’influssi decisivi sull’arte gato. L’anno dopo, l’Italia musicale apparirà Wagner potesse ancora apparire, nei primi che piacciono tanto a esteti e biografi; e sono, a Berlioz un sordido deserto. Cherubini, Spon- decenni dopo la sua morte, non ingannevole invece, assai rari nella realtà. Rapporti come tini, Rossini fuggiti, Boccherini, Clementi, Pa- Speranza, e, creduta “arte dell’avvenire”, quelli che speciali momenti di maturazione ganini ormai lontani, resta una barbarie plausibile incitamento per quanti, esperti han fatto sorgere tra un Dürer e un Raffaello vernacola totalmente dimentica della civiltà delle sue leggi, o soltanto appassionati, ten- o un Bellini; circostanze come quelle che con- che ancora un secolo avanti era viva. I nomi tassero di uscire dall’abiezione soffocante in ducono un Sebastian Bach ad appropriarsi degli antichi maestri, cancellati. Nella tarda cui la monomania del melodramma verdiano 10
aveva piombato l’arte italiana, devastando e germanico, è d’essenza puramente settentrio- wagneriani e i forsennati italianissimi emuli seccando, fino alle ultime radici, quella ch’era nale [...] Il suo dramma non è se non il fine di Stelio, che volevano proibire la Marcia fu- stata per secoli la sua tradizione vocale aulica supremo del genio d’una stirpe [... ] Se voi nebre di Sigfrido, musica che, difatti, di- e la sua ricchezza polifonica e strumentale. imaginaste la sua opera su le rive del Medi- venne pericoloso suonare quando i fati, così Intorno a Wagner si strinsero falangi appas- terraneo, tra i nostri chiari olivi, tra i nostri ben preparati, si compirono: come testimonia, sionate, nel suo nome s’immaginarono pro- lauri svelti, sotto la gloria del cielo latino, la con nostro odierno stupore, l’Avvertenza grammi di rinnovamento, si profferirono vedreste impallidire e dissolversi... “. Davvero premessa dal Panizzardi (1924) al suo se- promesse e speranze. poche volte D’Annunzio scrisse cose altret- condo volume. Erano illusioni: sia perché il linguaggio di Wa- gner fu, sì, una rivoluzione, ma valeva e fun- zionava per lui solo, non era comunicabile; sia perché i trapianti idiomatici da una nazione all’altra, di cui s’era accresciuta, per cinque o sei secoli, la musica europea, erano ormai im- praticabili, come aveva dovuto constatare a sue spese Gioachino Rossini; sia perché sopra aneliti, tentativi e speranze, stava per abbat- tersi la dissoluzione dell’ordine tonale, che al- cuni intuivano come una oscura minaccia, ma non era ancora visibile a nessuno. Erano illusioni. Ma tanto ci è chiaro oggi, nella nostra ottica di posteri ed anzi di po- stumi di una civiltà estinta. Per quanto si po- teva capire allora, il wagnerismo italiano fu soffocato, e più ancora, strangolato, da quella che si chiamò la Guerra mondiale, e per noi è diventata la prima delle due. Chi voglia cercare il preludio della fine, non tanto rettoriche e false. E magra consolazione Quella pagina di Thomas Mann pareggia, per ha che aprire le pagine del Fuoco di D’An- offre, all’avvilimento di questo perverso furore e disprezzo, l’invettiva dannunziana, ci- nunzio, erroneamente considerato libro wa- sfogo, il ricambio di cortesie che Thomas viltà contro civiltà, in un sol mazzo affastel- gneriano; dove, invece, Wagner, morto, è Mann restituì nelle Betrachtungen eines lando e il Pincio e le palme, e la Carmen e il allontanato ed espulso dalla sfera nazionale, Unpolitischen, scritte in piena guerra, rievo- suo autore, e il D’Annunzio, infine, che la e si scaldano con bell’anticipo quei motivi, cando un giovanile pomeriggio romano, su guerra avea voluto “per sodisfare il suo este- desunti dall’intolleranza razziale e cattolica per giù dei tempi che D’Annunzio scriveva Il tismo libidinoso”. di Maurice Barrés che, con paziente accumulo Fuoco, “il cielo di massiccio turchino” che di odio, andranno a ingrossare le fascine, gia pesava sui suoi nordici e sensibili nervi, cui Il wagnerismo italiano attivo, programmatico, pronte a crepitare, della “guerra latina”. aggiungevano irritazione le innocenti palme fidente, non si riprese mai più, si ritrasse tra i del Pincio, disprezzate in quanto alberi pigra- melomani, avvizzì a “fatto di cultura”. “L’opera di Riccardo Wagner”, spiega ai suoi mente meridionali, col ricordo finale delle discepoli il loquace Effrena, che nel romanzo zuffe che si accendevano, attorno al palco è l’ego dell’autore, “è fondata su lo spirito della banda del maestro Vessella, tra i devoti *** 11
Nessuno dubita più che l’Italia fosse per Wa- vivere con maggiore speranza, con più gusto, “Wagner e l’Italia, l’Italia e Wagner” si ag- gner principalmente, se non esclusivamente, conducendo un’esistenza più intensa, più rag- grovigliano più come spunti di riflessione per un fattore di benessere fisico. “Che cosa mi giante, non solo fisicamente ma anche moral- spiriti col gusto del vagabondaggio intellet- ha preso, quando mi son costruito la casa in mente e spiritualmente, attingendo il vertice tuale, che come percorsi pedantemente fis- un paese dove sto bene un mese l’anno?”, supremo delle nostre capacità”, al cospetto sati. Abbiamo preferito indugiare su zone e sbottò a dire una volta, a Napoli, parlando di “un paesaggio, un ambiente così perfetta- momenti men conosciuti, la sosta della tribù della sua fabbrica di Bayreuth quasi finita. mente intonato alle più alte aspirazioni wagneriana a Napoli nel 1880, il soggiorno umane, che il suo effetto non è molto diverso ultimo con al centro il concerto di Natale del “Vivere in Germania e morire in Italia”, da quello di un’opera d’arte”. Se non vi tro- 1882 e la sua storia, qui scritta la prima volta scrisse altra volta Cosima, quasi presentisse vava più nulla della sua arte che valesse la per intero, a costo di volare sulle situazioni che qua era il termine della fatica di Richard. pena d’esser preso in considerazione, Wagner più note e perfin gualcite da insistenti e mal- Ancora un mezzo anno poté godere “la città poté godere, come tutti gli altri, di una dispo- destre riscritture, la Venezia del Tristano, la meravigliosa tra l’azzurro del cielo e l’azzurro sizione complessiva ancor pia generosa ed storia del Lohengrin bolognese, il soggiorno del mare”. “Di nuovo lo avvinse il caratteri- elevata, e respirò a pieni polmoni l’atmosfera palermitano. stico silenzio vivente, nel quale si udivano che l’Italia di allora, cosi diversa dalla repel- solo gli zoccoli delle donne che andavano su lente erede che ne tiene il posto, offriva ai Abbiamo fatto gran posto ai libri, perché lo e giù per le scale dei ponti risuonando come suoi ospiti fedeli. Rispetto ai quali tutti non meritano; Wagner non è l’operista incolto, ma castagnette. Sedeva volentieri davanti al por- fa eccezione. Le sue riserve, i suoi ribrezzi nei il creatore di poemi che sono centro di un si- tale di San Marco che, con le cattedrali di Pisa confronti della Roma antica e papale ricor- stema di pensiero e di riflessione sulla storia. e Siena, era una delle ‘sue’ tre chiese; con- dano, anzi, i pudori, i rossori e le indignazioni Da essi si dipartono lunghi fili, ad essi ritor- templava la serena piazza animata. Salutava di un altro protestante, bigotto eppure ten- nano. i suoi mistici amori, gli antichi leoni del Pireo tato, quale Nathaniel Hawthorne. Paragonare davanti all’Arsenale, ‘Fasolt e Fafner’, nel cui se stesso a Goethe, tolta la lusinga che po- marmo un tempo i normanni avevano inciso teva trarne la sua vanita, non aveva, in le loro rune. Oppure andava all’Accademia e quanto ospite d’Italia, alcun senso. Egli non si rallegrava alle limpide figure di Carpaccio, pregiava l’antichità classica e romana, ri- all’estatica Assunta di Tiziano... È bello vi- vere accanto a cose come queste!”. spetto alla quale s’era posto, inconsciamente e lucidamente, in situazione concorrenziale. LE VIE DEI CANTI Non amava, al pari di Hawthorne, le rovine, a cura di Guido Giannuzzi Il biografo, che compendia tali sentimenti, che lo inquietavano. A parte L’Assunta di Ti- “ commenta: “Qui tutto è elementare, naturale, ziano, che perdutamente gli piacque, non sensuale, arte, musica, gente”. Ma Wagner meno che all’esecrato Mendelssohn, i luoghi Non si può giudicare il non fa eccezione rispetto alla gran folla di e monumenti che suscitano i suoi entusiasmi Lohengrin di Wagner dopo poeti, scrittori, artisti stranieri, se ne potreb- hanno dell’esotico e dello strano, come il giar- un primo ascolto, e io non bero numerare decine e decine, il cui debito dino moresco di Ravello, San Marco, o quel- intendo certamente ascoltarlo verso l’Italia fu riassunto da Mario Praz pren- l’interno del Duomo di Siena, che a noi una seconda volta. dendo in prestito un’espressione che Bernard procura imbarazzo e fastidio e lui, quasi vo- Gioacchino Rossini Berenson aveva coniato per spiegare la no- lesse darci la conferma di un gusto che più stra reazione davanti all’opera d’arte: la “in- unklassisch non potrebbe pensarsi, celebra Parsifal è quel tipo d'opera tensificazione di vita”, un modo di essere, una culmine supremo dell’umano architettabile. che comincia alle sei e dopo condizione dello spirito per cui “uno si sente che sono passate tre ore, ” Tratto da Wagner e l’Italia, memorie, documenti, immagini, Press Club Editore, Bologna, 1992 (catalogo della guardi l'orologio e sono le mostra a cura di Piero Buscaroli, Foyers del Teatro Comunale, 28 novembre-31 dicembre 1992) sei e venti. David Randolph 12
INTERVISTA A FRANCO BATTIATO di Valentino Corvino Con il suo ultimo cd Apriti Sesamo (2012), Franco Battiato ci sorprende ancora una volta con la sua instancabile capacità di rinnovarsi. La sua composizione e il suo sound sono inconfondibili, il suo linguaggio continua nel tempo a essere nuovo e originale, molto più di quanto abbiano fatto tanti giovani artisti che man mano si sono affacciati alla scena pop nazionale. La personalissima estetica della musica di Franco Battiato ha radici lontane. Nella sua arte convivono un forte senso della tradizione, sia popolare che "colta", e una costante ricerca di nuove strade. Nel 1978, dopo un decennio tutto dedicato a una fertilissima sperimentazione, ha vinto il Premio “Karlheinz Stockhausen” di musica contemporanea con L’Egitto prima delle sabbie, per piano solo. Dal 1979 (L’era del cinghiale bianco) a oggi ha inanellato una serie di canzoni di grandissimo successo. Ha creato la casa editrice “L’ottava”, ha scritto opere liriche e ha avuto un ottimo successo come regista cinematografico. Un percorso artistico desueto per la capacità di esprimersi attraverso mezzi artistici molto differenti, così come tanti sono i linguaggi musicali che da sempre confluiscono nelle sue produzioni, non ultima la musica classica. Franco Battiato Luglio 1977 Villa Vallelonga Parco Nazionale degli Abruzzi 13
Il tuo ultimo cd si apre con un brano in- dai grandi... si assimila e si trasforma. Secondo te un artista come te può con- titolato Passacaglia, che, come dici sul Dici, ancora: “Vorrei tornare indietro / tribuire a pensare e mettere in atto poli- tuo sito, è un “libero adattamento della per rivedere gli errori, / per accelerare / tiche che aiutino noi italiani a uscire da composizione classica Passacaglia della il mio processo interiore”. La tua ricerca questa crisi strutturale, possibilmente vita del sacerdote e compositore seicen- di riferimenti nel repertorio e nei modelli senza disperdere il nostro patrimonio tesco Stefano Landi, uno dei progenitori culturali passati si sposa nel tuo percorso culturale? dell’opera”. In passato hai interpretato con una costante ricerca di nuovi per- Certo. Dobbiamo solo sperare che venga lieder, coinvolgi abitualmente nei tuoi corsi creativi. Oserei dire che il lavoro che spazzata via definitivamente questa razza di arrangiamenti strumenti classici, fino l'artista compie sul linguaggio, sebbene corrotti e ignoranti che hanno distrutto il no- all’orchestra sinfonica; molto spesso hai per molti non sia ritenuto un vero e pro- stro Paese. dichiarato il tuo amore per il repertorio prio lavoro, è il miglior contributo che classico e ne hai dimostrato anche una possa dare all’evoluzione della società. Nella homepage del tuo sito internet notevole conoscenza. Che posto occupa Questo quotidiano manipolare e model- campeggia una frase di un compositore la musica classica nella tua discoteca per- lare il linguaggio per farlo corrispondere del Seicento: “Detrattori, alla larga da sonale? a ciò che vuoi esprimere ha a che fare più me”. Immagino che la cosa che possa Da tanti anni oramai, ascolto solo musica con l’arte o con l’artigianato? dare più fastidio a un artista così polie- classica, che considero (quando raggiunge L'arte non può fare a meno dell'artigianato, drico come te, che non ha mai cono- alte vette), un "messaggero dello Spirito". e noi artisti siamo collegati, bene o male, alle sciuto steccati tra generi e linguaggi zone 'soprasensibili'. musicali, è l’essere forzatamente imbri- Il testo di “Passacaglia” sembra fatto ap- gliato in una definizione. posta per trarne degli spunti per questa “Viviamo in un mondo orribile / siamo in La Mente, quando non è dominata, domina. nostra conversazione. “Vorrei tornare in- cerca di un’esistenza”. In Inneres Auge e Ha paura del non conosciuto e ha bisogno di dietro / per rivedere il passato / per com- in Passacaglia hai sferrato attacchi molto tranquillizzarsi, etichettando, e riducendo prendere meglio / quello che abbiamo violenti e diretti verso un evidente e im- tutto alla ragione. perduto”. Quanto è importante per te perante malcostume politico e sociale. conservare un legame con la tradizione Ha fatto molto scalpore il tuo incarico o con i grandi autori del passato? C'è un nella giunta regionale siciliana come as- compositore che ami particolarmente o sessore alla cultura, o come tu stesso hai che sia stato per te modello di pensiero detto, alle “meccaniche celesti”. La no- e scrittura musicale? stra nazione vive un momento di gravis- Tutti i grandi compositori sono per me un ri- sima perdita di memoria storica con ferimento. È inevitabile e piacevole imparare conseguente crisi d’identità culturale. Nel 2012 Franco Battiato ha interpretato con Luca Madonia il brano di Valentino Corvino L'esondazione, contenuto nel CD Anestesia Totale, i cui proventi vanno in beneficenza alla comunità di Don Andrea Gallo 14
UN BICENTENARIO VERDIANO di Stefano Biguzzi Con ciclica cadenza, il vizio tutto italiano di de- care le scene dei più importanti teatri dando l’Italia seppe trovare libertà e indipendenza; molirsi e commiserarsi, non tanto per sincero con i loro melodrammi un contributo alla una vera e propria identificazione, tanto forte spirito autocritico quanto piuttosto per avere causa nazionale assai maggiore di quello che da coinvolgere in questo processo e da far pro- una scusa buona a giustificare i propri falli- avrebbero potuto offrire optando per uno sde- pri riconoscendosi in essi, brani, uno su tutti il menti, porta a ridefinire in negativo il giudizio gnoso esilio, eroico forse, ma del tutto inutile. Va, pensiero, scritti prima della grande sta- su personaggi o eventi che hanno segnato la Non si capisce del resto per quale motivo que- gione insurrezionale e inizialmente non conce- storia della nostra nazione. Qualche tempo fa, sta «dissimulazione onesta» non solo si per- piti in chiave politica. nel pieno delle celebrazioni per il centocin- doni ma costituisca addirittura titolo di merito Tutto questo farebbe di Verdi la voce della ri- quantesimo dell’Unità, nel mirino di questo re- per i tanti intellettuali antifascisti (Croce, Bob- scossa nazionale italiana anche se, paradossal- visionismo d’accatto, discutibile per forma e bio, Pavese, solo per citarne alcuni) che conti- mente, il compositore non si fosse mai sostanza oltre che per la sistematica e colpe- nuarono a vivere e lavorare in Italia sotto la espresso in quel senso; la realtà invece è ben vole distorsione delle prospettive analitiche, ventennale cappa del regime, mentre nel pe- diversa. L’incontro con Mazzini a Londra, nel era finito niente meno che Giuseppe Verdi, ac- riodo risorgimentale venga imputata come 1847, e l’invito a musicare su parole di Mameli cusato di non esser poi quel gran patriota che spia di una bassa temperatura patriottica se una «marsigliese italiana», proposta accettata si diceva, di aver simpatizzato col Risorgimento non, peggio, di una sfuggente doppiezza. con l’augurio che quell’inno (Suona la per puro opportunismo e di aver addirittura de- Quanto al presunto opportunismo di Verdi nel tromba) potesse «fra la musica del cannone, dicato due opere, Nabucco nel 1842 e I lom- vestire i panni dell’aedo risorgimentale siamo essere presto cantato nelle pianure lom- bardi alla prima crociata nel 1843, a due addirittura al grottesco. Se non è certo, ma barde!», è solo uno dei numerosissimi docu- sovrane ancien régime di nascita austriaca, molto probabile, che il “Cigno di Busseto” menti ed episodi che fanno emergere la Maria Adelaide d’Asburgo Lorena (che peraltro abbia letto la Filosofia della musica di potente passione patriottica del compositore. proprio in quell’anno sarebbe andata in sposa Mazzini, è un fatto che nelle sue opere si tro- Il 21 aprile 1848, da Milano, Verdi scriveva a a Vittorio Emanuele II di Savoia) e Maria Luigia vano realizzate tutte le innovazioni auspicate Francesco Maria Piave questa memorabile let- d’Asburgo duchessa di Parma (in segno di gra- in quel volume per dare spessore politico e na- tera: «Figurati s’io voleva restare a Parigi sen- titudine per la borsa di studio ricevuta in gio- zionale al melodramma: scelta di testi tratti tendo una rivoluzione a Milano. Sono di là ventù). dalla letteratura romantica con una particolare partito immediatamente sentita la notizia, ma Venendo subito a questo punto, come per gli attenzione a Schiller, uso massiccio del coro io non ho potuto vedere che queste stupende incarichi e le onorificenze ricevute alla corte di (praticato fin dal Nabucco), strumentazione barricate. Onore a questi prodi! onore a tutta Vienna da un Donizetti sincero amico e protet- più curata e ricercata, marcata caratterizza- l’Italia che in questo momento è veramente tore di patrioti, o per i lavori dedicati a Carlo X zione dei personaggi, rifiuto di inutili fronzoli grande! L’ora è suonata, siine pur persuaso, e alla Santa Alleanza da un Rossini munifico belcantistici, aura storica e colore locale (come della sua liberazione. È il popolo che la vuole: sponsor della causa risorgimentale nel 1848, nei Due Foscari, plasmato sulle atmosfere e quando il popolo vuole non avvi potere as- non si trattava certo di sinceri omaggi ai po- veneziane ricreate da Byron), abilità nel coin- soluto che le possa resistere. Potranno fare, po- tenti dell’Europa reazionaria, ma molto sem- volgere lo spettatore in narrazioni dal ritmo tranno brigare finché vorranno quelli che plicemente di prassi antiche quanto tragico serrato. Verdi dunque, volente o no- vogliono essere a viva forza neccesarj ma non consolidate alle quali i compositori si adatta- lente, è la perfetta incarnazione dell’«Ignoto riusciranno a defraudare i diritti del popolo. Sì, vano per quieto vivere e per garantire adeguati numini», del genio sconosciuto il cui avvento sì, ancora pochi anni forse pochi mesi e l’Italia spazi operativi al loro lavoro: buoni rapporti Mazzini aveva invocato, e la sua musica è ben sarà libera, una, repubblicana. Cosa dovrebbe con i teatri, censura meno rigida, protezione a più di una colonna sonora per il Risorgimento, essere? Tu mi parli di musica!! Cosa ti passa in livello istituzionale. Era cioè una sorta di nico- è il materializzarsi sonoro ed emozionale delle corpo?... Tu credi che io voglia ora occuparmi demismo che consentiva a questi autori di cal- passioni che animarono l’epica stagione in cui di note, di suoni?... Non c’è né ci deve essere 16
una musica grata alle orecchie degli italiani del della storia, dieci anni sul volgere dei quali il gionieri di guerra!». 1848. La musica del cannone!... Io non scrive- Viva VERDI, scritto a rischio della vita sui muri Il 2 ottobre 1860, nel giorno della battaglia del rei una nota per tutto l’oro del mondo: ne avrei delle città italiane, è ormai assurto a patriottico Volturno, Verdi esulta invece per le vittorie ita- un rimorso consumare della carta da musica, acronimo per inneggiare a Vittorio Emanuele liane scrivendo ad Angelo Mariani: «Ma dimmi che è sì buona da far cartuccie». Re D’Italia. Nel 1859, allo scoppio della se- di altra musica, la quale (domando scusa a Il 27 gennaio 1849 Verdi è a Roma per dirigere conda guerra d’Indipendenza, Verdi esprime tutti voi altri figli di Apollo) mi interessa assai la trionfale prima della Battaglia di Legnano tutto il suo dispiacere per non essere un uomo di più. Che scusate, scusate! Come vanno le e tra il pubblico del teatro Argentina, gremito d’azione: «Ma che potrei io fare, che non sono crome e le biscrome di Cialdini, Persano, Gari- di popolani e di patrioti accorsi da ogni parte capace di fare una marcia di tre miglia, la testa baldi, etc? … Quelli sono maestri! e che d’Italia a difendere la Repubblica, c’è anche non regge a cinque minuti di sole, e un po’ di opere! e che Finali! a colpi di cannone!». Giuseppe Garibaldi. Dopo quel successo folgo- vento o un po’ d’umidità mi produce dei mali Di lì a qualche mese nasceva l’Italia unita e nel rante, commentando la situazione all’alba del di gola da cacciarmi a letto qualche volta per percorso che aveva portato a quell’esito vitto- 1849, Verdi scriveva a Piave: «Ho lasciato settimana? Meschina natura la mia! Buono a rioso le opere di Verdi, massima espressione Roma con dolore, ma spero presto di ritornarci nulla!» del vincolo, per non dire addirittura del rap- … Sono contento di Roma e delle Romagne, In realtà, ben più efficace di quello che avrebbe porto simbiotico, che lega il melodramma al- la Toscana pure non va del tutto male, abbiamo potuto fare con indosso un’uniforme era quello l’Italia e alle vicende del Risorgimento avevano motivo di avere grandi speranze» e, «come che sapeva fare con la sua musica ma anche, avuto il ruolo non di comprimarie ma di pro- ogni buon italiano», si diceva poi grato ai ve- talvolta, con le sue sferzanti parole. Come a Ve- tagoniste a tutti gli effetti. Se dunque per certi neziani e alla loro coraggiosa difesa della re- nezia durante il carnevale del 1859, quando al versi può esser vero che la figura di Verdi come pubblica assediata; ma il 3 novembre, quando “Vermouth d’onore” offerto alla Fenice dalla musico vate della patria si è talora trasfigurata ormai la reazione aveva soffocato in tutta Eu- guarnigione austriaca, un ufficiale, fissando nel mito, è pur vero che quel mito si fonda su ropa la fiamma di libertà del ’48, non gli re- con sguardo di sfida il Maestro, levò il bicchiere solidissime basi storiche; il tentativo di sgreto- stava che osservare sconsolato come l’Italia e disse: «È buono questo vermouth, ma ne ber- larle è penoso quanto vano, e speriamo che si non fosse «più che una larga e bella pri- remo di migliore tra poco, appena entrati a To- abbia il buon gusto di non reiterarlo evitando gione!». rino»; e Verdi di rimando, con imperturbabile così di ammorbare con l’ennesimo, ritrito scan- Passano dieci anni nei quali resistenza clande- garbo: «Davvero? Non vorrei contraddirvi, ma daletto revisionista le celebrazioni di questo bi- stina, eroici sacrifici e lavorio politico-diploma- sapete come sono economi i piemontesi. Non centenario. tico concorrono a rimettere in moto la ruota credo proprio che daranno del vermouth ai pri- 17
ROVERSI IN BREVE del neocapitalismo tecnocratico che andava allora crescendo e affermandosi, di pari passo al progresso fida dello spettacolo» e sforzarsi di «sedere a un ta- volo» con gli altri linguaggi, per «ascoltare» e «im- di Vincenzo Bagnoli economico, del quale vengono denunciati con pre- parare». La sua proposta insomma non consiste cisione i limiti e le contraddizioni destinati a esplo- nell’invitare la letteratura a disputare nel vivo della Vincenzo Bagnoli è redattore della rivista di dere nei decenni seguenti. storia, bensì, in quanto comunicazione, a rivolgersi letteratura “Versodove”, storica testata bolo- contro le condizioni del suo darsi. Chiamando in gnese degli anni ’90-riapparsa nel 2009 Chiusa nel 1959 questa esperienza, Roversi colla- dopo otto anni di silenzio- che contiene poe- causa le responsabilità umane, la tensione del lin- bora alle più importanti testate nazionali (fra i tanti sie, racconti, interessanti pagine dedicate guaggio rifiuta la posizione dello spettatore privile- «Quaderni piacentini», «Paragone», «Rinascita», alla traduzione. La rivista si può trovare a giato per porlo nel cuore della catastrofe, allo scopo «l’Unità», «Lotta continua», di cui fu anche direttore, Bologna presso le Librerie Coop e la Libreria di «contendere alla inesorabile frana della “mistifi- e «il Manifesto», del quale fu tra i fondatori), conti- delle Moline cazione” i pochi esigui palmi di terreno morale ne- nuando a portare avanti il suo dibattito: laddove Pa- cessari per sopravvivere». Difficile condensare in poche righe una vicenda solini resta attestato sul neorealismo e sulla difesa umana e creativa come quella del bolognese Ro- dei valori di un’Italia rurale e contadina, egli accetta Parallelamente matura la famosa scelta di abban- berto Roversi, forse l’ultimo grande intellettuale del invece la sfida della modernità, ma invitando sempre donare l’editoria «di profitto», ritenendone i mecca- Novecento, scomparso lo scorso settembre. Era della a non abbassare la guardia e a non farsi coinvolgere nismi regolatori radicalmente incompatibili con generazione dei Fortini, Calvino e Pasolini, e della nei nuovi corporativismi che emergono. Già nel l’esercizio libero della funzione critica e ravvisando stessa levatura; con loro aveva condiviso la stagione 1962, nella raccolta Dopo Campoformio (il cui ti- in essa l’orientamento a formare una casta di tec- dell’impegno e delle riviste militanti, arrivando però tolo stabilisce un dolentissimo paragone politico tra nocrati dal linguaggio: l’industria culturale, infatti, è attorno alla fatidica soglia dei primi anni Sessanta a la celebre delusione di Foscolo e l’Italia del dopo- a suo dire inevitabilmente orientata a ridurre il fatto compiere una scelta in decisa controtendenza ri- guerra), Roversi mostrava di essersi lasciato alle letterario a merce, destinata al mero consumo, e spetto agli altri suoi «compagni di strada», scelta spalle la nostalgia: con essa mostra che i due mondi, dunque offre allo scrittore un «aumento di potere che l’ha reso decisamente atipico rispetto ai «man- passato e presente, che il neorealismo spesso con- sul pubblico», ma in cambio chiede e ottiene la «di- darini» del sapere che avrebbero monopolizzato la trapponeva si erano di fatto già compenetrati nelle struzione della ragione». Anche per questo Roversi, scena pubblica negli anni successivi. forme ibride di una periferia che va allargandosi e malgrado la poetica fortemente sperimentale, non all’interno della quale la guerra sembra protrarsi, aderisce mai a nessuno dei movimenti di neoavan- Nato nel 1923 e cresciuto a Bologna, dopo aver dato nella forma dell’industria, come un conflitto senza guardia che vanno in quegli anni costituendosi; pre- alle stampe alcune prove poetiche giovanili sceglie più ideali, come un freddo funzionare. ferisce viceversa affidarsi al circuito delle nel 1943 di unirsi ai partigiani e combatte in Pie- autoproduzioni, prima in ciclostile (anticipando la monte. Dopo la guerra apre nella sua città la libreria Nel 1961 lancia una nuova rivista, «Rendiconti», che funzione rivoluzionaria che quello strumento avrà antiquaria Palmaverde, destinata in breve a diven- si vuole occupare, come recita il sottotitolo, «di let- nel 1968) poi con tirature limitate presso piccoli edi- tare un fondamentale cardine della vita culturale cit- teratura e scienza» e che durerà fino all’inizio del tori indipendenti, che i lettori possono prenotare di- tadina, punto d’incontro e centro di aggregazione nuovo secolo. Pubblica nel frattempo romanzi (Cac- rettamente presso la sua libreria. È in questa forma per gli scrittori bolognesi e non solo: il suo generoso cia all’uomo. Romanzo, Mondadori 1959; Re- che viene distribuita Le descrizioni in atto. interesse nel dialogo e nell’ascolto degli altri la man- gistrazione di eventi, Rizzoli 1964), che si terranno tale per oltre un cinquantennio, fino al distinguono per uno sperimentalismo mai fine a sé Al tempo stesso, coerentemente alla scelta di schie- 2006, l’anno della sua chiusura. Nel 1955, con Pa- stesso; come chiarisce nel 1965, nel presentare una rarsi contro la separatezza della letteratura, mentre solini e Leonetti, fonda «Officina», una pietra miliare prima selezione di poemetti della sua nuova rac- continua a scrivere per il teatro (Untenderlinden, nella rinascita della civiltà italiana dopo il ventennio colta, Le descrizioni in atto, la letteratura deve ri- Enzo re, La macchina da guerra più formi- fascista, nonché uno degli osservatori più acuti sul nunciare all’idea antica di costituire un territorio dabile, Il crack), s’impegna in un territorio che an- cambiamento in atto, non solo in ambito letterario: separato e privilegiato, non arroccandosi nella «torre dava allora formandosi, quello della poesia per sulle sue pagine scrivono i più importanti nomi del d’avorio» della tradizione né chiudendosi nei labo- musica, collaborando con Lucio Dalla e gli Stadio periodo, da Fortini a Gadda, da Caproni a Luzi, da ratori delle avanguardie. Pur nella consapevolezza alla realizzazione di diversi album (Anidride Ungaretti a Pagliarani, da Volponi a Calvino. La rivista che essa resta esperienza comunque «altra» rispetto solforosa, Il giorno aveva sette teste, Chiedi chi si segnala per una precoce quanto illuminata critica al vivo della lotta, deve abbandonare «l’attesa per- erano i Beatles.) che di fatto diverranno per certi 18
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