ESCAPE ROOM: UN'ATTIVITÀ MOTORIA PER SVILUPPARE L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO - MASTER OF ARTS SUPSI IN INSEGNAMENTO PER IL LIVELLO SECONDARIO I
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TESI MASTER DI BRUSCO SARA MASTER OF ARTS SUPSI IN INSEGNAMENTO PER IL LIVELLO SECONDARIO I ANNO ACCADEMICO 2021/2022 ESCAPE ROOM: UN’ATTIVITÀ MOTORIA PER SVILUPPARE L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO RELATORE MASIAR BABAZADEH
I miei ringraziamenti vanno innanzitutto alle due classi che si sono messe in gioco e prestate per il mio lavoro di diploma, al docente responsabile Mosè Canepa per la disponibilità, l’incoraggiamento e il continuo supporto durante tutta la pratica professionale. Inoltre, ringrazio il mio relatore Masiar Babazadeh per avermi proposto questo tipo di attività, per avermi sostenuto nella progettazione, nello svolgimento e nella stesura del mio lavoro, rimanendo affascinato dal campo dell’EF. Infine, tengo a ringraziare il mio compagno e la mia famiglia che mi hanno sempre incoraggiato, supportato e creduto in ciò che facevo durante questi due anni di formazione.
Abstract Sara Brusco Master of Arts in insegnamento per livello secondario I “Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cooperativo”. Relatore: Masiar Babazadeh Questo lavoro di ricerca vuole indagare l’efficacia dell’uso dell’Escape room in una lezione di educazione fisica come attività capace di sensibilizzare il lavoro cooperativo in due classi di seconda media. Per rispondere alla mia domanda di ricerca è stata ideata un’ER in palestra: il lavoro, che è durato circa tre mesi; è stato suddiviso in due fasi: una prima fase dedicata alla progettazione e una seconda fase dedicata allo svolgimento, inoltre, sono stati sottoposti due questionari prima e dopo l’esecuzione dell’ER. Tali questionari avevano lo scopo di raccogliere dati, attraverso un’analisi qualitativa. I risultati emersi dimostrano come la realizzazione di tale attività abbia contribuito a sviluppare il senso di collaborazione e lavoro di squadra, inoltre, ha migliorato il clima classe e la motivazione di alcuni allievi. L’esperienza vissuta ha portato gli studenti ad apprezzare questa nuova modalità di apprendimento, seppure con qualche aggiustamento necessario, a tal punto che erano pronti a giocare un’altra ER. Questi risultati invitano a proporre modalità didattiche di questo genere anche in palestra con altri apprendimenti da sviluppare. Escape room, educazione fisica, apprendimento cooperativo, comunicazione, motivazione, lavoro a postazioni, competenze trasversali, tecnologie e media.
Sommario 1. Introduzione…………………………………………………………………………………1 2. Quadro teorico………………………………………………………………………………3 2.1 Escape room 2.1.1 Contesto generale 2.1.2 Contesto didattico 2.2 Problem Solving 3. Obiettivo dello studio, domanda di ricerca ed ipotesi di ricerca…………………………...8 4. Quadro metodologico………………………………………………………………………9 4.1 La ricerca - azione 4.2 Argomentazione e spiegazione delle scelte metodologiche e didattiche 4.3 Campioni di riferimento 4.4 Tecniche utilizzate per la raccolta dati 5. Sperimentazione ……………………………………………………………………….15 5.1 Lo svolgimento delle ER 6. Analisi dei risultati del test……………………………………………………………..17 7. Risposta alla domanda di ricerca……………………………………………………….21 8. Conclusioni …………………………………………………………………………….23 9. Fonti ……………………………………………………………………………………25 10. Allegati…………………………………………………………………………………27
Sara Brusco 1. Introduzione “Non hai bisogno di vedere l'intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino.” (Martin Luther King) Questa frase mi ha ispirato e accompagnato per tutti e due gli anni al DFA e soprattutto durante tutto l’arco di tempo del lavoro di diploma. Mettersi in gioco, voglia di imparare, determinazione, sperimentazione e sbagliare sono le parole che più rappresentano questo percorso svolto. Proporre attività che stimolino, motivino e formino i ragazzi in questo mondo così fugace e pieno di incertezze non è sempre semplice. La scuola pubblica (Art. 2 Legge della scuola 1990) ha il compito di promuovere lo sviluppo armonico di persone che devono essere in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società. Deve educare gli allievi alla scelta consapevole, allo sviluppo del senso di responsabilità, a favorire l’inserimento dei cittadini nel contesto sociale e infine, a promuovere il principio di parità tra uomo e donna. Pertanto, il ragazzo alla fine della quarta media deve possedere determinate competenze che gli permettono, appunto, di sviluppare i punti sopra elencati. Il Piano di Studio della scuola dell’obbligo ticinese è formato da tre fondamentali componenti: competenze disciplinari, competenze trasversali e contesti di formazione; questi tre punti devono essere sviluppati per formare a 360° il ragazzo e permettere lui di saper affrontare scelte, motivarle e adattarle al contesto. Quando ho sentito per la prima volta parlare di “Escape room” durante le ore di EF sono rimasta subito affascinata e incuriosita: lo sviluppo di compiti motori diversi per poter uscire dalle stanze mi è sembrato qualcosa di innovativo e molto stimolante per i ragazzi. Nella ricerca del mio lavoro di diploma mi sono focalizzata principalmente sulla collaborazione e comunicazione; correlati a queste competenze ho sviluppato anche il pensiero critico e riflessivo e lo sviluppo personale. Il mio desiderio nel proporre quest’attività è di coinvolgere tutti gli alunni, anche quelli meno motivati, a completare dei compiti motori più o meno complessi collaborando e chiedendo aiuto ai compagni. Trovo che possa essere utile e stimolante variare la metodologia didattica e proporre nuovi stimoli per poter sviluppare apprendimenti specifici di disciplina correlati alle competenze trasversali. Il mio intento, durante questo lavoro di ricerca, è quello di indagare riguardo questa nuova metodologia per poter sviluppare e concatenare divertimento, lavoro di squadra, collaborazione, pensiero critico, sviluppo personale - autostima, comunicazione e capacità di mettersi in gioco in attività ignote. Infine, nella vita di tutti i giorni siamo sempre di più travolti e coinvolti dall’uso dei media e dei social, ma molte volte non siamo in grado di utilizzarli in maniera consapevole a scopo didattico e non solo ludico. Così, con questo lavoro di diploma voglio indagare sull’utilizzo consapevole dei 1
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo supporti mediatici e capire se può essere una fonte di motivazione e un importante ausilio per sviluppare e consolidare le competenze disciplinari e trasversali. 2
Sara Brusco 2. Quadro teorico 2.1 Escape room 2.1.1 Contesto generale Un'Escape room, o gioco di fuga dal vivo, è un gioco di logica nel quale i concorrenti, una volta rinchiusi in una stanza allestita a tema, devono cercare una via d'uscita utilizzando ogni elemento della stanza e risolvendo codici ed enigmi. Per poter completare con successo il gioco, i partecipanti devono organizzare la fuga entro un limite di tempo prestabilito, di 60 minuti. L'obiettivo dell'avventura è quello di stimolare la mente, la comunicazione, le abilità motorie e il cooperative learning: la collaborazione tra tutti i partecipanti è un fattore indispensabile per risolvere gli enigmi, ottenere indizi e uscire dalla stanza. L'esperienza dell’Escape room inizia con i giocatori che incontrano il loro “game master”, che li informa su cosa succederà e come faranno ad uscire dalla stanza e dà loro le regole del gioco. I giocatori possono guardare un video o ricevere un passaggio da leggere. La porta viene chiusa e bloccata e inizia il conto alla rovescia per uscire in tempo dalla stanza. Secondo fonti di Wikipedia (Enciclopedia libera – Escape Room 2 febbraio 2022) la prima Escape rooms riconosciuta risale al 2008 inventata da Takao Katoe, queste vennero create in bar e altri locali, riempiti di oggetti e indizi. I partecipanti al gioco dovevano capire quali erano gli enigmi e risolverli, ricevendo ulteriori indizi per ottenere un gettone che introducevano in macchinette che rilasciavano altri indizi. Takao ha attribuito l'idea del gioco al desiderio che aveva provato da ragazzino di poter vivere in prima persona le avventure strane e meravigliose dei romanzi. La prima attività ben documentata che si definisce un "gioco di fuga" proveniva dalla società editrice SCRAP, Real Escape Game. Si è svolto in Giappone nel 2007 come gioco in stanza singola per squadre di 5-6 giocatori (SCRAP, 2007). Le stanze di fuga sono cresciute rapidamente nel 2012-2013 prima in Asia, poi in tutta Europa e poi in Australia, Canada e Stati Uniti. Scott Nicholson nel suo articolo “Peeking behind the locked door” (Nicholson, S. 2015. Peeking behind the locked door) afferma che il metodo principale per contattare le strutture delle Escape room in quegli anni era tramite l'indirizzo e-mail o i moduli di contatto tramite Web. Questa indagine si è svolta in due fasi: la prima fase del sondaggio conteneva domande sulle strutture delle stanze di fuga e 175 strutture hanno partecipato a questo sondaggio; la seconda fase del sondaggio, ripetibile fino a 5 volte, ha 3
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo chiesto agli intervistati di discutere di una specifica Escape room; 124 diverse strutture hanno descritto 224 diverse Escape room. Dopo che il sondaggio principale è stato chiuso, dalle discussioni con i partecipanti sono emerse molte altre domande, quindi un sondaggio di follow-up è stato inviato ai partecipanti al sondaggio; 61 partecipanti hanno partecipato al sondaggio di follow-up. Tabella 2.1 (Nicholson, S. 2015. Peeking behind the locked door: A survey of escape room facilities. P. 6-7) La tabella 2.1 mostra la ripartizione dei partecipanti per continente. Figura 2.2 - Prima classificazione dei gruppi dei giocatori (Nicholson, 2015. Peeking behind the locked door: A survey of escape room facilities) Ai proprietari è stato chiesto quale età avessero i loro gruppi di giocatori. Circa il 37% dei gruppi sono giocatori sopra i 21 anni, circa il 14% dei giocatori sono famiglie con genitori e figli, mentre il 19% sono gruppi di giocatori sotto i 21 anni. I clienti aziendali costituiscono circa il 19% e 11% sono coppie che escono per un appuntamento. Sempre Nicholson nel 2018 ha scritto un altro articolo “Creating Engaging Escape Games for the Classroom” dove ha definito che cosa sono le Escape room e a che cosa servono. Li ha definiti come “giochi di fuga” o giochi cooperativi; quindi, i giocatori lavorano insieme per vincere o perdere come una squadra. Avere un ambiente condiviso in cui i giocatori stanno lavorando insieme su un gioco progettato attorno a risultati di apprendimento specifici pone le basi per l'apprendimento attivo e il costruttivismo sociale. I giocatori si trovano all'interno di una stanza da cui devono riuscire ad uscire risolvendo una serie di enigmi. 4
Sara Brusco La maggior parte delle Escape room hanno una trama e sono precedute da una breve introduzione che illustra la situazione del gioco e come i giocatori vi siano finiti, questo di solito viene spiegato dal game master. Talvolta hanno anche una scena di chiusura che chiude le fila della trama al termine del gioco. Le stanze sono giocate in piccoli gruppi (due massimo otto componenti), dove i giocatori devono trovare indizi ed oggetti e interagire con essi per aprire la porta alla stanza successiva. 2.1.2. Contesto didattico Il ruolo del gioco nella crescita del bambino è fondamentale per lo sviluppo emotivo, cognitivo, motorio e permette di creare relazioni con gli altri. Attraverso il gioco i ragazzi comunicano, prendono coscienza dell’esistenza di regole, sviluppano la capacità di gestire le proprie emozioni, soprattutto se il gioco è competitivo di gestire la vittoria e la sconfitta e sviluppare la fantasia e creatività. Si sono sviluppate diverse teorie sul gioco, ad esempio: Friderich Frobel considerava il gioco come un fattore dominante nello sviluppo del bambino; il bambino attraverso il gioco apprende in maniera spontanea e naturale (L’educazione dell’uomo, 1826). Inoltre, Karl Gross interpreta il come gioco come un “pre-esercizio” alla vita adulta, con il gioco, essendo un bisogno innato, il bambino acquisisce abilità sempre più complessi che saranno poi indispensabili per condurre una vita autonoma, inserito in un contesto sociale (Das Spiel, 1922). Infine, il pedagogista Jean Piaget attribuisce al gioco un ruolo fondamentale per lo sviluppo intellettivo, in quanto stimola la memoria, l’attenzione, la concentrazione e lo sviluppo di schemi percettivi. Piaget mette in correlazione lo sviluppo del gioco con le tappe dello sviluppo dell’intelligenza: l’intelligenza cresce in base all’età. Secondo Piaget esistono diverse tappe del gioco: gioco senso motorio, gioco simbolico e giochi di regole; è importante la gradualità nel rispetto di tali tappe per far progredire al meglio lo sviluppo mentale del bambino (La formazione del simbolo nel bambino, 1945). Si utilizzano sempre di più i giochi per lo sviluppo di competenze: le Escape room richiedono ai giocatori competenze comunicative, di team work, problem-solving e critical thinking, oltre ad un’attenzione ai dettagli e pensiero laterale (Nicholson, 2016). Le medesime competenze elencate da Nicholson le possiamo ritrovare nel Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese (DECS, 2015). In particolare, la comunicazione secondo le indicazioni del Piano di Studio della scuola dell’obbligo ticinese (DECS, 2015) è “saper attivare le informazione e le risorse che permettono di esprimersi utilizzando diversi tipi di linguaggio a seconda del contesto”. La comunicazione ha diverse funzioni. Prima di tutto per trasmettere delle informazioni: trasforma i pensieri in parole e gesti; è utile, anche, per conoscere il mondo esterno e sviluppare nuove 5
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo conoscenze; inoltre, attraverso la comunicazione si esprimere sé stessi, dando l’immagine di noi in termini di valori ed emozioni; infine, è importante perché permette di entrare in contatto con gli altri e stabilire delle relazioni. Infatti, la comunicazione può essere di due tipi: verbale, non verbale. La comunicazione verbale non è altro che il linguaggio che una persona utilizza per spiegare o specificare qualcosa. La comunicazione non verbale, invece, sono tutti questi gesti espressi dal nostro corpo: il tono di voce, il ritmo, le pause, l’insieme dei movimenti del corpo, della mimica facciale, lo sguardo, l’orientamento dello spazio e la distanza tra gli interlocutori. Il team work prevede una collaborazione al fine di raggiungere un obiettivo comune: la natura sociale della conoscenza emerge così in tutta la sua evidenza, in quanto “costruita personalmente da parte di ciascuno attraverso gli altri e per gli altri” (Maccario, 2012). Si può parlare anche di cooperative learning o apprendimento cooperativo: è una metodologia che utilizza piccoli gruppi per attivare sia il processo di apprendimento sia lo sviluppo delle abilità sociale attivando la cooperazione tra i ragazzi. L'apprendimento cooperativo crea un contesto educativo non competitivo, collaborativo che sviluppa la responsabilità dei ragazzi a raggiungere un fine comune. Le finalità dell’apprendimento cooperativo sono proprio: - Sviluppare più motivazione intrinseca all’apprendimento, - Creare un forte e positivo spirito di squadra nella classe, - Avere un clima sereno che porta ad aumentare l’autostima e l’autoefficacia del singolo allievo. 2.2 Problem Solving Nel Piano di Studio della scuola dell’obbligo ticinese, il problem-solving e critical thinking vengono riassunti come pensiero riflessivo e critico, ovvero “sapersi distanziare dai fatti e dalle informazioni, così come dalle proprie emozione” (DECS,2015). Il problem-solving indica l’insieme dei processi atti ad analizzare, affrontare e risolvere positivamente situazioni problematiche: “un problema sorge quando un essere vivente, motivato a raggiungere una meta, non può farlo in forma automatica o meccanica, cioè mediante un’attività istintiva o attraverso un comportamento appreso” (Kanizsa, 1973). Inoltre, può essere definito anche come un processo cognitivo che coinvolge la formazione di una rappresentazione di un problema iniziale, una potenziale soluzione per risolverlo e infine l’esecuzione del piano e la verifica poi dei risultati ottenuti. 6
Sara Brusco Ogni attività orientata verso degli obiettivi (goal – oriented) era considerata problem solving (Burns e Vollmeyer, 2000). Esistono varie definizioni di problem solving che si sono susseguite nel corso degli anni: - Il problem solving è definito come qualsiasi sequenza di operazioni cognitive diretta all’obiettivo (Anderson, 1980, p. 257). - Il problem solving è definito anche come una sequenza finalizzata all’obiettivo di operazioni cognitive e affettive, oltre che comportamentali, messe in atto allo scopo di adattarsi a richieste o sfide interne o esterne (Heppner & Krauskopf, 1987, p. 375). Il metodo più comune e usato prevede quattro fasi: 1. Definizione del problema. In questa fase bisogna analizzare una situazione e capire qual è il vero focus del problema richiesto. 2. Creazione di soluzioni alternative. Cercare di trovare delle soluzioni per il problema in relazione alle conoscenze e alle abilità che possediamo. 3. Valutazione. Dopo aver redatto diverse soluzioni, provo a selezionare e capire quale potrebbe essere la soluzione più efficace per quel problema. 4. Aggiunta di altre soluzioni. Una volta provate le alternative si valuta se possano esistere altre soluzioni valide. Infine, il critical thinking è un tipo di pensiero che si propone di raggiungere un giudizio attraverso processi mentali di discernimento, analisi, valutazione, inferenza, non disgiunti da spiegazioni delle considerazioni sulle quali si fonda quel giudizio (Abrami, 2015). 7
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo 3. Obiettivo dello studio, domanda di ricerca ed ipotesi di ricerca All’interno degli ambiti di competenza riferiti nell’area motricità sono riportati diversi ambiti di competenza, di cui uno prevede attività sociomotorie con partner. In particolare, sviluppare situazione sociomotorie che favoriscono lo sviluppo della collaborazione tra due o più partner. (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, 2015. P. 254) Inoltre, per cercare di sviluppare la collaborazione si è preso in considerazione la dimensione relazionale mettendo il focus sull’apprendimento specifico: “in situazione motorie con partner stabilire relazioni di accordo e di sostegno reciproco, adattando il proprio comportamento motorio alle esigenze del compagno o del gruppo”. (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, 2015. P.253) In quest’ambito ho deciso di sperimentare l’utilizzo di attività didattiche alternative quali l’Escape room per verificare se l’utilizzo di esse possa essere un’attività valida ed efficace per sviluppare l’apprendimento in EF e in generale le competenze trasversali. In particolare, la mia domanda di ricerca è: “L’utilizzo di un’attività ludica come un’Escape room nell’ambito dell’educazione fisica può essere usata per aumentare il livello di cooperazione tra i ragazzi utilizzando anche dei supporti mediatici?” Le ipotesi sono le seguenti: - L’Escape room potrebbe risultare una valida attività alternativa al lavoro a postazioni proposto nelle lezioni di educazione fisica. - Inoltre, l’Escape room potrebbe risultare uno strumento efficace per sviluppare e consolidare, anche nelle lezioni di educazione fisica, le competenze trasversali in maniera più approfondita. - Infine, l’uso di supporti mediatici potrebbe stimolare di più la motivazione all’apprendimento e anche la conservazione e la ritenzione delle conoscenze e delle abilità motorie in quanto gli alunni si rivedono tramite dei video e arrivano ad avere una maggiore consapevolezza di sé stessi e di come collaborare. 8
Sara Brusco 4. Quadro metodologico 4.1 La ricerca – azione La metodologia usata in questo lavoro di diploma è la ricerca-azione, questo metodo fu introdotto e studiato per la prima volta da Lewin (C.C Coonan, 2000). La sua caratteristica è che la ricerca viene fatta dal docente stesso, che a sua volta ricopre due ruoli: quello di “docente” e di “ricercatore”. I concetti chiavi di questa ricerca sono: l’insegnante è il redattore della ricerca e questo implica una sua crescita professionale, infine, essendo un campo di ricerca scelto direttamente dal docente è stimolante per lui e soprattutto risulta interessante. Un altro aspetto da tenere in considerazione è che il campo di ricerca è situazionale e centrato sulla classe; vale a dire che le soluzioni che verranno proposte andranno a incrementare quello che è il clima di quella classe specifica, sono da considerarsi pertinenti solo per il contesto preciso al quale è legato, anche se i dati raccolti possono dare informazioni in contesti simili; inoltre non è come gli altri tipi di ricerca che trattano soluzioni generalizzate. Secondo Cohen & Manion (1984) si può fare una ricerca – azione per cinque motivi, quando: - Si vuole trovare una soluzione a un problema già identificato; - Si vuole introdurre degli approcci innovativi sia d’insegnamento che di apprendimento; - Si vogliono migliorare i doppi ruoli ricoperti dal docente; - Si vogliono trovare dei metodi alternativi alla solita lezione - Si vogliono fornire agli insegnanti degli strumenti, dei metodi e delle abilità che portano ad una capacità analitica e portano a una maggiore auto-consapevolezza. Questo tipo di ricerca si basa su cinque fasi fondamentali: pianificare, agire, osservare, riflettere e valutare. La prima fase consiste nel decidere il campo d’indagine sul quale si vuole svolgere la ricerca. Si parlerà del proprio campione di riferimento, dei propri studenti e delle loro relazioni e dinamiche interpersonali che ci sono in atto. Sempre all’interno di questa fase bisogna precisare l’obiettivo della ricerca, il quale deve indicare chiaramente la direzione che si vuole prendere, cosa si vuole fare, dimostrare, osservare ed evidenziare con la ricerca. Una volta definito l’obiettivo si passa alla preparazione del piano d’azione ovvero creare una breve presentazione delle motivazioni di base del piano e indicare tutti i passaggi da compiere indicando i tempi, gli strumenti, la metodologia e le tecniche di test da utilizzare. Importante risulta continuamente monitorare e osservare questo piano per poter essere rivisto e rimesso in discussione ogni volta si presenta una situazione diversa da cui si può trarre beneficio. Questo tipo di ricerca si basa su un modo qualitativo di osservazione dei dati, al fine di evitare che l’analisi e la valutazione risulti troppo soggettiva o intuitiva si cerca di osservare 9
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo e annottare degli aspetti ricorrenti nei contenuti raccolti e si osserva la loro frequenza e chi ha esplicitato determinati concetti. Proprio questa quantificazione aiuta a valorizzare e rendere veritieri dei dati che al contrario potrebbero risultare troppo qualitativi e privi di significato. Conclusa la pianificazione si è pronti alla fase dell’agire quindi attuare e introdurre il progetto di ricerca azione. Durante questa fase si applica e si procede con la terza fase quella dell’osservazione attraverso gli strumenti di raccolta dati scelti e in contemporanea si procede con la riflessione del piano e dei possibili accorgimenti e riviste per migliorare e procedere sempre verso l’obiettivo. Infine, si arriva alla valutazione grazie al monitoraggio continuo e agli strumenti di raccolta dati scelti e utilizzati durante tutto l’arco della ricerca azione. Spesso il limite di questo tipo di ricerca è proprio il campo d’azione che è legato strettamente all’ambiente in cui esso avviene. In questo caso va tenuto conto del contesto classe, delle dinamiche relazionali, delle abilità e conoscenze pregresse, delle loro caratteristiche e competenze individuali e sociali. 4.2 Argomentazione e spiegazione delle scelte metodologiche e didattiche La metodologia utilizzata per questo lavoro di diploma è stata scelta in base alle osservazioni fatte fino ad ora sui due gruppi classe di seconda media (2B e 2C). In particolare, entrambe le classi faticano a collaborare con tutti i compagni, a mantenere un certo livello di comunicazione e una classe in particolare è carente nella motivazione intrinseca a completare i compiti motori richiesti dal docente. Le competenze trasversali che si è cercato di sviluppare e quindi quelle osservate sono state: - Collaborazione - Comunicazione In correlazione anche sviluppo personale. Nei contesti di formazione generale si è voluto sviluppare: - Tecnologie e media Le risorse motorie, le conoscenze e le abilità motorie da sviluppare sono: - Mettersi in gioco, - Accettare e svolgere le proposte motorie dei compagni, - Saper lavorar con tutti i compagni, - Vivere un’esperienza diversa dalle solite attività, - Esprimersi attraverso il linguaggio del corpo (postura, mimica e gestualità), - Interpretare i segnali verbali e no, 10
Sara Brusco - Conoscenza e controllo del proprio corpo, - Gestione delle emozioni, - Conoscenza e applicazione delle regole di sicurezza, - Comunicare e saper scegliere in modo rapido, - Aiutarsi e sostenersi. La metodologia utilizzata nelle singole lezioni è stata la seguente: - Lezione 1 e 2: preparazioni delle postazioni e prova delle stanze per capire come potevano fare per risolvere gli enigmi motori e quali aiuti potevano usare per completare le stanze. - Lezione 3 e 4: svolgimento della gara. - Lezione 5: discussione, compilazione questionario finale e visione dei brevi filmati. L1 L2 L3 L4 L5 Presentazione Ripresa degli Ripresa degli Ripresa degli Conclusione del del lavoro di obiettivi obiettivi obiettivi lavoro di diploma. ricerca. dell’itinerario dell’itinerario. dell’itinerario. Introduzione per aumentare in Visione del video. dell’itinerario lorola Posizionamento Posizionamento Contestualizzazione con spiegazione consapevolezza dell’itinerario di tutte e dieci le di tutte e dieci le dell’attività che di cosa devono concluso e degli stanze: queste stanze: stanze andremo a raggiungere. obiettivi portati a sono introdotte introdotte con svolgere: Escape termine (punti forza con foglio foglio illustrativo room. Sperimentazione illustrativo e con e con aiuti che e punti da delle altre cinque aiuti che loro loro hanno migliorare). Sperimentazione stanze con hanno sperimentato e delle prime ricerca di aiuti da sperimentato e trovato durante le Momento finale: cinque stanze poter sfruttare al trovato durante prime due questionario finale e con ricerca di momento della le prime due lezioni. riconsegna dei aiuti da poter gara. questionari lezioni. mettere in atto autovalutativi con Conclusione del nel momento Momento finale: valutazione scritta. Inizio del momento finale della gara. questionario momento finale della gara. autovalutativo. della gara 11
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo Momento finale: Momento finale: Momento finale: consegna dei questionario questionario questionari autovalutativo. autovalutativo. iniziali + questionario autovalutativo. Figura 4.1 – Tabella fasi esecutive della ricerca. Le lezioni 1 e 2 sono servite per valutare l’efficacia di tutte le stanze e osservare se tutte sviluppassero la collaborazione: ovvero senza il compagno i ragazzi non sarebbero dovuti riuscire a portare a termine la prova. Dopo queste lezioni sono state riportate delle modifiche su alcune stanze per evidenziare di più la competenza della cooperazione e su alcune si è fatto in modo che fossero più stimolanti. Durante le lezioni della gara i ragazzi sono stati ripresi da supporti mediatici e sono stati supportati da un timer visivo proiettato sulla parete della palestra e da un sottofondo musicale che li ambientasse in una vera Escape room e li stimolasse di più alla competizione; le stanze erano introdotte con fogli illustrativi dove erano anche riportati gli aiuti trovati e sperimentati nelle due lezioni iniziali. 4.3 Campioni di riferimento Per redigere il mio lavoro e provare questo tipo di approccio didattico e metodologico sono state prese in esame due classi di seconda media di Locarno - Morettina, dove attualmente faccio la pratica professionale. I due gruppi classe sono formati da 18 allievi: 7 ragazze e 11 ragazzi la classe 2B e da 19 allievi: 11 ragazze e 8 ragazzi la classe 2C. Sono due classi completamente diverse con grado di motivazione e collaborazione differente; infatti, si è voluto proporre questo tipo di attività sia per valutare e vedere se la loro competenza di collaborazione incrementasse e diventasse efficace per lo svolgimento di tutte le lezioni sia per aumentare il loro livello di motivazione utilizzando dei supporti mediatici. Partendo dalla 2B si può affermare che nel complesso non ci sono difficoltà durante la gestione e l’organizzazione della lezione. È una classe che ha bisogno di continui stimoli e impulsi postivi per poter portare a termine i compiti richiesti, questo non perché non è in grado ma perché è una classe “spenta” e con poca motivazione. Gli itinerari proposti fino ad ora sono stati conclusi in modo positivo ma con sufficienza senza aver ricercato molto impegno e precisione in ciò che veniva richiesto. Allo stesso tempo è una classe che collabora e accetta il sesso opposto, solo se richiesto, riesce a rispettare le regole e non necessita di molte spiegazioni per l’esecuzione di un compito. Con loro ho variato e 12
Sara Brusco ho scelto ogni volta la suddivisione dei gruppi per far in modo che lavorassero con tutti i compagni, sia dello stesso sesso che opposto. Inoltre, con loro ho voluto proporre questa attività per vedere se si riusciva a stimolare di più la loro motivazione intrinseca. Analizzando, invece, la 2C si può affermare che: tra di loro non ci sono grandi difficoltà di accettazione del sesso opposto durante le attività proposte, ma non sempre riescono a collaborare e cooperare in modo lineare: hanno difficoltà di comunicazione e di ascolto; una volta indirizzati riescono a completare il lavoro in modo molto positivo. Ho voluto proporre proprio a loro questo itinerario vista la loro difficoltà così che potrò notare realmente le conseguenze che ha un’attività di questo tipo su una classe come questa. È un gruppo disponibile ma che fatica ancora ad avere un’autonomia nella gestione dei compiti richiesti anche se, con qualche richiamo, riesce a completare con consapevolezza le attività proposte dal docente. È una classe molto attiva sia dal punto di vista motorio che motivazionale. Fino ad ora ha dimostrato tanta motivazione, voglia di fare e perseveranza nel raggiungere gli obiettivi dettati dal docente. Allo stesso tempo è una classe molto caotica dove fatica a mantenere la concentrazione anche per pochi minuti e ad oggi ha ancora qualche difficoltà nel rispetto delle regole basi. Il progresso e il percorso che ha avuto, fino ad ora, questa classe è stato sempre in crescendo e sono contenta dei risultati fino a qui raggiunti; è un gruppo con il quale si può lavorare molto bene e ottenere ottimi risultati sia individuali che di classe. Spero e sono fortemente convinta che anche in questa attività, innovativa e diversa dalle solite, loro ci metteranno tutto il loro impegno e dedizione per raggiungere l’obiettivo e riuscire ad “uscire dalla stanza tutti insieme”. 4.4 Tecniche utilizzate per la raccolta dati Gli strumenti di raccolta dati maggiormente utilizzati in un ambito di ricerca-azione sono: il diario, le schede o griglie d’osservazione (check list), audio e video registrazioni, il portfolio, i questionari e i test. Per la raccolta dati del mio lavoro di diploma le tecniche che sono state utilizzate sono state quelle sopra citate. Ad ogni lezione il docente ha osservato e si è appuntato su un diario molti spunti interessanti per incrementare le attività; nella prima lezione il docente ha sottoposto ai ragazzi un questionario iniziale per valutare il loro stato di partenza e di conoscenza delle Escape room. Alla fine di ogni attività il docente ha preparato un questionario autovalutativo sia per valutare il progresso dei ragazzi sia per cerare di renderli consapevoli degli obiettivi, aiutandoli con indicatori di osservazione con focus sull’apprendimento da sviluppare. Inoltre, durante le prime due lezioni i ragazzi sono stati accompagnati da un foglio per ogni gruppo dove veniva illustrata l’attività attraverso una foto, una piccola spiegazione e una parte dove potevano scrivere gli aiuti da loro utilizzati per risolvere l’enigma motorio. Durante l’ultima lezione i ragazzi hanno compilato il 13
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo questionario finale e conclusivo per valutare il loro punto di arrivo. Infine, durante la lezione tre e quattro i ragazzi sono stati ripresi dalla GoPro che era fissa su tutte le stanze e dalla ripresa video utilizzando l’ipad solo su una stanza, quella che a mio avviso era la più interessante per far vedere ai ragazzi durante il momento finale nella lezione cinque. 14
Sara Brusco 5. La sperimentazione 5.1 Lo svolgimento delle ER La sperimentazione è avvenuta nel mese di febbraio e marzo. Le prime due lezioni sono state di “prova”: ai ragazzi sono state proposte le varie stanze e di ognuna dovevano trovare tutti gli aiuti possibili per risolvere il compito il più in fretta possibile. In queste lezioni avevano molto tempo a disposizione per sperimentare e provare diverse strategie e poi annotare la migliore. Nella prima lezione sono state proposte cinque stanze e nella seconda lezione le altre cinque stanze per un totale di dieci. I due gruppi hanno affrontato le prove in modo differente; come mi aspettavo, la 2B è stata più carente nella motivazione e hanno fatto fatica a collaborare con i compagni con cui non hanno mai lavorato. Mentre la 2C ha tenuto un livello di motivazione molto alto e anche il grado di collaborazione è stato tale, sono stati in grado di non litigare, di ascoltare il parere di tutti e di trovare diverse soluzioni. Dalle mie osservazioni il secondo gruppo è stato anche migliore per quanto concerne la capacità risolutiva e la fantasia motoria utilizzata sia a livello tempistico che di applicazioni di strategie utilizzate. Per quanto riguarda i miei interventi anche qui i due gruppi hanno avuto bisogni differenti. Nel primo gruppo i miei aiuti sono stati molti e senza di essi non sarebbero riusciti a completare autonomamente i compiti motori richiesti dall’Escape room; mentre nel secondo gruppo i miei aiuti sono stati pochi in quanto è bastato poco per indirizzarli a raggiungere l’obiettivo richiesto. Al termine delle prime due lezioni ho fatto un breve momento meta riflessivo con entrambi i gruppi per vedere quali strategie erano state messe in atto e quali avevano funzionato di più, così da renderli consapevoli in modo da riuscire ad applicarle nelle lezioni successive. Inoltre, qualche alunno si è espresso riguardo alle attività appena svolte e all’obiettivo da raggiungere ed è stato un momento interessante per la consapevolezza dell’obiettivo: la collaborazione. Le successive due lezioni sono state, a mio avviso, le più divertenti e stimolanti. I ragazzi sono stati messi alla prova con la gara finale; durante questa dovevano eseguire tutte e dieci le stanze. La stanza era superata e quindi ricevevano la chiave solo se almeno tre gruppi su quattro passavo la prova; invece, l’Escape room era completata e quindi ricevevano la chiave simbolica della palestra per uscire solo se otto stanze su dieci erano state completate. In caso contrario dovevano superare ulteriori prove ma questa volta come gruppo classe e non più suddivisi in gruppi. In questa ER finale i ragazzi sono stati supportati da una tabella appesa per segnare alla fine della prova se la stanza era stata superata o meno, da tracce musicali con canzoni che ambientavano e sostenevano emotivamente i ragazzi e da un timer proiettato sulla parete che scandiva il tempo di gioco nel quale loro potevano riuscire a completare la singola stanza (5’). Inoltre, i ragazzi sono stati ripresi dalla Go-Pro per tutta la durata dell’Escape room e da un Ipad che utilizzavano solo in alcune 15
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo postazioni per riprendersi e vedere se il prodotto ottenuto corrispondeva alla figura da raggiungere (stanza delle piramidi umane). Durante lo svolgimento di questa ER ho potuto osservare un netto miglioramento dal punto di vista comunicativo e quindi organizzativo tra i ragazzi nei singoli gruppi, riuscivano a mettersi d’accordo e cooperare per raggiungere un risultato finale insieme. Inoltre, ho osservato anche un miglioramento nella qualità di esecuzione dei compiti motori richiesti, cercavano più aiuti dei compagni e tendevano a farlo il più preciso possibile. Infine, la 2B, durante questa ER si è messa più in gioco e ho osservato più motivazione e collaborazione, soprattutto spontanea, tra ragazzi di sesso opposto. Tuttavia, nel complesso, ancora una volta il gruppo della 2C è stato migliore nel terminare più prove e hanno necessitato di un minor numero di consigli rispetto ai compagni della 2B; anzi in una stanza ho modificato il criterio di riuscita per la stanza. Al termine di questa ER ho fatto un momento, breve, di meta riflessione dove ho chiesto oralmente agli allievi di individuare un punto di forza di questa attività; sono uscite per lo più spunti positivi e motivanti da poter sfruttare in futuro per un’altra ER. Infine, abbiamo scoperto insieme se le due classi erano riuscite a uscire dalla palestra o se dovevano compiere un ulteriore compito di “penitenza”. Nella lezione cinque, avvenuta il giorno dopo, abbiamo visto insieme brevi tagli del video. Ho ritagliati i momenti più significativi secondo il mio punto di vista, inoltre, ho chiesto ai ragazzi di compilare un questionario conclusivo e abbiamo discusso sul progresso che hanno avuto sia come classe che come singolo. Inoltre, ho chiesto quali aspetti erano piaciuti, quali non erano piaciuti e cosa l’ER proposta aveva permesso loro di imparare. 16
Sara Brusco 6. Analisi dei risultati del test Considerando le tecniche che sono state utilizzate durante il lavoro di sperimentazione si possono evincere i seguenti risultati. La prima cosa che posso affermare è che questa nuova e diversa modalità di apprendimento e insegnamento ha portato una motivazione maggiore durante la partecipazione alle lezioni di EF. In secondo luogo, dalle osservazioni svolte dal docente la classe ha avuto un progresso notevole: all’inizio entrambi le classi faticavano (una classe con un po’ più di difficoltà) a collaborare con i compagni, anzi lo facevano solo perché imposto dal docente, il quale variava continuamente i gruppi; una classe in particolare (2B) ha avuto difficoltà nell’accettazione della nuova attività proposta, ha faticato a uscire dalla consueta ora di EF in un contesto a loro conosciuto. Nelle prime due lezioni ho osservato anche una scarsa e quasi assente motivazione da parte di quattro allievi della 2B e questo l’ho potuto notare anche dalle loro risposte al questionario iniziale: “Cosa ti aspetti di imparare da questa attività?” “Niente” “Sarà un’attività come le altre” Invece, le risposte degli stessi quattro allievi, alla fine della gara, quindi nell’ultimo questionario, sono state positive e stimolanti per il docente: “L’attività appena conclusa corrisponde con quello che ti aspettavi? Perché?” “No, pensavo fosse più noiosa” “No, ho imparato cosa vuol dire collaborare” “No, ho capito cos’è un’Escape room e vorrei rigiocarla”. Durante le lezioni di gara, invece, i ragazzi hanno reagito molto bene, hanno aumentato il loro interesse e la loro motivazione, sono riusciti ad accettare e farsi proprie le stanze da completare entrando nel vivo della lezione e della competizione contro il tempo. Sempre nelle lezioni tre e quattro ho notato un netto miglioramento nel lavoro di squadra e collaborazione spontanea tra allievi anche di sesso opposto e anche tra allievi che prima non avevano mai collaborato insieme. Questa modalità di lavoro ha portato una maggiore motivazione, soprattutto in una classe, nel contesto delle lezioni di educazione fisica. L’obiettivo di lavoro di squadra li ha portati a una maggiore consapevolezza e responsabilità rendendo il clima classe più sereno e positivo. In particolare, gli allievi, che prima sono risultati meno attivi e motivati si sono trovati a confrontarsi e aprirsi con tutti i compagni facendo aumentare la loro autostima, il loro senso critico e il loro interessamento alle lezioni di EF. Durante la fase della gara la motivazione è aumentata, li ho visti più integrati, attivi e coinvolti rispetto alle prime due lezioni. 17
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo Ritengo che questa modalità di lavoro sia adatta sia per gli allievi o gruppi classe che affrontano con molto entusiasmo e spirito di squadra un’attività, sia per le classi che faticano a rapportarsi e collaborare e che hanno una bassa motivazione alle novità. Le mie osservazioni sono state maggiormente confermate attraverso il video che ha ripreso tutte le stanze durante la prova finale, situazioni che magari al momento non ero riuscita a vedere perché focalizzata su altro. Anche le tabelle che i ragazzi compilavano alla fine di ogni stanza sono servite per osservare che: una classe è riuscita a completare tutte le stanze e uscire dalla palestra nei tempi stabiliti; mentre l’altra classe ha necessitato di ulteriore “tempo bonus” per completare tutte le stanze rimaste incomplete. Ho dato la possibilità al gruppo classe insieme, non più divisi in gruppi, di riuscire a risolvere i compiti motori di quattro stanze per poter uscire dalla palestra con un minor tempo a disposizione ma con l’aiuto di tutti. È stato molto interessante vedere come siano riusciti ad organizzarsi anche in situazione come questa a gruppo classe intero e come siano stati efficaci nel comunicare, prendere decisioni, condivise da tutti e fare scelte nel breve tempo possibile. Figura 6.1 Tabella finale con il resoconto di tutte le stanze completate della classe 2C 18
Sara Brusco Figura 6.2 Tabella finale con il resoconto di tutte le stanze completate della classe 2B Ho notato un forte progresso dal punto di vista relazionale: ritrovarsi a collaborare e interagire con tutti i compagni con un obiettivo comune li ha permesso di affinare le loro capacità comunicative e di accettazione delle opinioni altrui. In particolare, mi ha colpito un allievo N. che all’inizio del percorso aveva grosse difficoltà di accettazione di opinioni diverse e discordanti dalle sue, faticava a collaborare con compagni di sesso opposto. Durante le lezioni successive, ha acquisito maggior consapevolezza ed è passato da un atteggiamento di chiusura verso i compagni a uno di apertura, di accettazione e di ascolto di essi, favorendo così la buona riuscita del compito motorio richiesto. Inoltre, ho notato un’evoluzione in alcuni alunni con bassa autostima e consapevolezza di sé e delle proprie capacità. Infatti, nelle lezioni precedenti sono sempre rimasti passivi e in seconda linea perché non si sentivano sicuri e a lor agio; mentre in questo percorso è emerso il loro carattere e hanno avuto uno sviluppo personale molto positivo e significativo. Infine, ho notato una buona e sempre crescente capacità gestionale da parte di tutti gli allievi; in quanto erano confrontati con il tempo per completare le stanze e in più dovevano trovare soluzioni efficaci e utili per poter uscire dalle stanze con i mezzi da loro posseduti. In questa attività il ruolo del docente è stato utile per introdurli al tema (il game master) e a ciò che era l’obiettivo finale del percorso. Per il docente è stato un percorso di continui sviluppi e cambiamenti per rendere l’attività più focalizzata al conseguimento e raggiungimento dell’obiettivo, più stimolante per l’esecuzione di tale attività e più mirata allo sviluppo di tutte le competenze trasversali che sono state messe in atto. Per quanto riguarda la pianificazione, il lavoro è stato maggiore rispetto a un insegnamento “tradizionale” in quanto la preparazione delle stanze, la composizione dei gruppi diversi ogni volta, 19
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo la creazione degli strumenti di raccolta dati e lo studio del video va curata in maniera più dettagliata e fine. Mentre, per quanto riguarda lo svolgimento in esso, durante le prime due lezioni la presenza del docente è stata di notevole importanza per indirizzarli a focalizzarsi su cosa dovevano fare e quale compito motorio era richiesto. In particolare, ho potuto dare dei feedback mirati ai gruppi quando essi si trovavano in una situazione di difficoltà. Mentre nelle altre due lezioni il ruolo del docente è stato di “osservatore” esterno e ho avuto l’occasione di osservare molte dinamiche di gruppo che prima non esistevano e ho potuto osservare il loro progresso sia individuale sia relazionale. L’utilizzo di questa metodologia di apprendimento di lavoro cooperativo nelle ore di EF risulta ancora poco utilizzata e appare ancora come un momento prettamente analitico. L’inserimento della componente del gioco ha fatto in modo che i ragazzi imparassero e cooperassero in maniera più costruttiva e funzionale in quanto maggiormente stimolati dall’ambiente circostante. Tendenzialmente si utilizzano lavori a postazioni senza un’ambientazione a stile ludico e senza un obiettivo comune a tutta la classe. Infine, sarebbe interessante continuare ad osservare i ragazzi anche nei futuri percorsi per valutare se effettivamente il loro lavoro di squadra e la loro motivazione rimane alta. Osservando e confrontando i questionari iniziali con quelli finali si evince che: nei questionari della prima lezione alle domande: “Sei riuscito a collaborare con tutti i tuoi compagni?”, “Le tue idee sono state accettate dal gruppo?” e “Quando la mia risposta non concordava con quella dell’altro cercavo di capire?”; la maggior parte degli alunni ha risposto “NO”. Queste risposte ci fanno capire che il livello di collaborazione, la capacità di ascolto e la comunicazione sono per lo più deboli e sicuramente migliorabili. Al contrario, nel questionario finale alla domanda “L’obiettivo di tutto il capitolo era collaborare, sei riuscito a farlo?” i ragazzi che prima avevano risposto “NO” alla fine hanno risposto “Sempre” scegliendo tra “quasi sempre” e “quasi mai”. Con questi questionari e con le autovalutazioni ho potuto confermare con dati soggettivi dettati direttamente dagli allievi che l’attività proposta ha portato i benefici desiderati e che lo scopo del percorso sull’Escape room è stato sicuramente qualcosa di positivo da cui i ragazzi hanno imparato abilità motorie e relazionali. Ne ho avuto la conferma anche dal questionario autovalutativo, in quanto le stesse domande hanno avuto una progressione in positivo: le prime risposte sono state: “quasi mai”, per poi passare al “quasi sempre” e arrivare alla spunta ovvero “sempre”. 20
Sara Brusco 7. Risposta alla domanda di ricerca La mia domanda di ricerca era la seguente: “L’utilizzo di un’attività ludica come un’Escape room nell’ambito dell’educazione fisica può essere usata per aumentare il livello di cooperazione tra i ragazzi utilizzando anche dei supporti mediatici?” Le ipotesi iniziali erano le seguenti: - L’Escape room potrebbe risultare una valida attività alternativa al lavoro a postazioni proposto nelle lezioni di educazione fisica. - Inoltre, l’Escape room potrebbe risultare uno strumento efficace per sviluppare e consolidare, anche nelle lezioni di educazione fisica, le competenze trasversali in maniera più approfondita. - Infine, l’uso di supporti mediatici potrebbe stimolare di più la motivazione all’apprendimento e anche la conservazione e la ritenzione delle conoscenze e delle abilità motorie in quanto gli alunni si rivedono tramite dei video e arrivano ad avere una maggiore consapevolezza di sé stessi e di come collaborare. A partire dalle osservazioni empiriche durante lo svolgimento delle ER, dai risultati qualitativi e dal sondaggio al termine della sperimentazione mi è stato possibile rispondere alla domanda di ricerca e affermare la correttezza delle mie ipotesi iniziali. Da quanto emerso dal mio studio posso affermare che le ER didattiche sono attività che danno benefici qualitativi, sia sulla motivazione dei ragazzi, in particolare si è visto nella 2B; sia sul coinvolgimento degli allievi nelle attività di EF. Dal punto di vista quantitativo posso affermare che le ER hanno avuto risultati postivi in quanto entrambe le classi, una ha necessitato più tempo, hanno superato tutte le stanze e quindi sono riusciti a risolvere gli enigmi motori richiesti. Inoltre, posso affermare che la prima ipotesi è risultata corretta. L’ER è risultata un’attività alternativa al lavoro a postazioni in quanto i ragazzi sono riusciti a mettere il focus sull’apprendimento da raggiungere e non si sono fatti distrarre dall’attività più ludica che poteva risultare l’ER. Per quanto riguarda la seconda ipotesi si può affermare che può risultare vera in quanto durante queste lezioni i ragazzi hanno potuto mettere in atto diverse competenze per risolvere i vari enigmi motori, per esempio hanno dovuto comunicare molto per cercare di trovare delle soluzioni e mettere in atto degli aiuti tra i vari componenti del gruppo; inoltre hanno dovuto cooperare sempre per portare a termine le stanze in quanto individualmente non avrebbero potuto ottenere la chiave. Inoltre, durante le ER ho potuto osservare che il coinvolgimento degli allievi e l’acquisizione a lavorare in gruppo in maniera sempre più efficace è aumentato e di conseguenza ha aumentato anche la loro autostima ed 21
Escape room: un’attività motoria per sviluppare l’apprendimento cognitivo il loro senso di autoefficacia creando un clima positivo all’interno del gruppo e un maggior coinvolgimento nel mettersi in gioco e quindi allenare il problem solving. Infine, per quanto la terza e ultima ipotesi posso decretare la sua veridicità in quanto nelle prime due lezioni ho osservato un atteggiamento più spento e passivo da parte dei ragazzi, erano meno coinvolti e meno motivati. In un secondo momento, quando abbiamo aggiunto: la ripreda video, il timer proiettato e la musica la loro motivazione e il loro coinvolgimento nel risolvere l’ER è aumentato notevolmente; qui si è visto anche un aumento del lavoro di gruppo e una maggiore ed più efficace cooperazione tra i ragazzi. 22
Sara Brusco 8. Conclusioni Lo svolgimento di questo lavoro di diploma mi ha permesso di crescere sia dal punto di vista personale che professionale. La creazione di questa Escape room non è stata semplice, il lavoro per la progettazione, lo sviluppo delle stanze e la preparazione del materiale è stato davvero meticoloso e dispendioso in quanto nulla può essere fatto con semplicità e superficialità visto che un’attività è collegata all’altra e la riuscita delle prove si concatena alle varie stanze. Ma tutto questo lavoro ne è valso la pena perché non c’è stato nulla di più appagante per me vedere il sorriso di tutti gli alunni, la motivazione, la dedizione che ci hanno messo per collaborare, il risultato ottenuto ma soprattutto il progresso che hanno avuto entrambe le classi. Ho potuto provare e scoprire una nuova modalità di insegnamento innovativa che mi ha permesso di migliorare le mie competenze professionali, in particolare nella fase di progettazione, di realizzazione e di favorire lo sviluppo e l’acquisizione negli allievi di competenze disciplinari e trasversali. Questo lavoro mi ha fatto anche crescere personalmente in quanto mi sono messa in gioco in un’attività a me sconosciuta aumentando il mio senso di autostima e autoefficacia in particolare nel gestire e programmare attività non usuali. L’utilizzo di questa metodologia si è rivelata uno strumento vincente da diversi punti di vista: utile per la scoperta di attività nuove, per l’apprendimento e per il consolidamento di esperienze e competenze già sviluppate ma non consolidate e automatizzate. Inoltre, mi ha permesso di osservare e valutare i ragazzi in lezioni nuove e in un contesto diverso dal solito. Dalle mie osservazioni prima di svolgere l’ER i ragazzi avevano alcune lacune nella comunicazione e nella collaborazione tra compagni di sesso opposto, in seguito ho notato un netto miglioramento, già dalla terza lezione. Questo aspetto ha permesso di cerare un clima ancora più positivo e instaurare una migliore relazione con il gruppo classe facendo incrementare una fiducia reciproca. Sarebbe utile ed efficace osservare i ragazzi anche in altri contesti, sia nelle lezioni di EF sia nelle altre discipline, per evidenziare se questo “effetto positivo” osservato ha significatività più duratura nel tempo. I ragazzi si sono trovati a dover collaborare, comunicare con i compagni rispettando le opinioni ma soprattutto le capacità e abilità motorie altrui; questo è fondamentale anche per il loro futuro lavorativo all’interno di un team working. Nel momento della gara, specialmente, si sono resi conto quanto lavorare insieme sia importante e non sempre il lavoro individuale porta a soluzioni più vincenti: l’unione fa la forza del gruppo. 23
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