COME AFFRONTARE LA CLASSE AD ABILITÀ DIFFERENZIATE (CAD)? - Alcune indicazioni teoriche, metodologiche e pratiche
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COME AFFRONTARE LA CLASSE AD ABILITÀ DIFFERENZIATE (CAD)? Alcune indicazioni teoriche, metodologiche e pratiche
LA CAD: FONDAMENTI TEORICI E DIMENSIONE OPERATIVA Classe ad Abilità Differenziate (CAD) (Caon, 2006, 2008, 2017): un modo di osservare la realtà delle classi. CAD: non una somma di persone differenti, ma un sistema dinamico caratterizzato dall’apporto di ogni persona che lo compone e che agisce in esso; un sistema aperto nel quale il parametro della “differenza”, su più aspetti e livelli, è la chiave per la gestione efficace dell’apprendimento linguistico di tutti gli studenti.
LA ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE (ZSP) - 1 Il concetto fondamentale per la gestione delle differenze in classe è quello di Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP), introdotto da Vygostskij nel 1934: la distanza fra il livello di sviluppo attuale del bambino, determinato dal modo in cui affronta da solo un problem solving, e il suo livello di sviluppo potenziale, determinato da come il problem solving viene affrontato sotto la guida di un adulto o in collaborazione con compagni più capaci. La ZSP è un concetto dinamico che si fonda sull’importanza della mediazione sociale nel processo educativo; non può esservi apprendimento senza la mediazione di una persona (studente o docente) “più competente che pianifichi e guidi l’apprendimento” (Dixon-Krauss, 2000) all’interno della ZSP.
LA ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE (ZSP) - 2 Aspetto di intersoggettività (scaffolding o sostegno cognitivo, metacognitivo e affettivo, tutoring o tutorato): aiuto da parte del docente, ma anche degli stessi compagni in attività didattiche collaborative organizzate per coppie o piccoli gruppi. La classe è un contesto d'apprendimento a ZSP multiple. Quello che può variare è il grado di differenziazione della classe. Tale nozione di supporto mediazionale permette al docente di pianificare progetti di apprendimento per abilità e compiti differenziati in relazione alle diverse ZSP degli studenti; enfasi sull’aspetto collaborativo “come strumento di facilitazione e di mediazione sociale e individuale” (Carletti, Varani, 2005)
RAGIONEVOLE SOSTENIBILITÀ DELL’INCLUSIONE - 1 Come scrive Calvani (2018): «l’inclusione scuola diverrà un obiettivo davvero condiviso quando la ricerca e le applicazioni saranno in grado di mostrare in modo convincente che è realmente possibile gestire ambienti educativi ad alto livello di eterogeneità senza che ciò comporti un livellamento al basso degli apprendimenti, consentendo cioè a tutti gli allievi, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza, di procedere al massimo delle loro potenzialità».
RAGIONEVOLE SOSTENIBILITÀ DELL’INCLUSIONE - 2 E ancora Calvani (2018): «Secondo quanto afferma la ormai folta letteratura esistente, una scuola inclusiva può essere teoricamente considerata un ambiente educativo all’interno del quale ogni soggetto, indipendentemente dalle sue specificità fisiche, psichiche, etniche o socioculturali, può trovare le opportunità ottimali per sviluppare le proprie potenzialità, sperimentare l’autoefficacia e arricchire l’autostima. Per consentire ciò il contesto deve essere tale da supportare il continuo miglioramento personale valorizzando le caratteristiche individuali dei soggetti ma evitando allo stesso tempo competitività interpersonale e stigmatizzazione delle differenze di prestazione». Si tratta di tentare la quadratura del cerchio? Ovvero come conciliare «la tensione verso il miglioramento individuale e l’accettazione delle differenze interpersonali sui rendimenti conseguiti»? (ibidem)
RAGIONEVOLE SOSTENIBILITÀ DELL’INCLUSIONE - 3 Sempre Calvani (2018), sottolinea che: «l’inclusione rimane un’astrazione, un limite a cui occorre tendere ma che non è realisticamente conseguibile nella sua interezza; essa deve agire come un fattore trainante nella consapevolezza però che la partita si gioca in termini di livelli accettabili di conseguimento e che sarebbe più appropriato parlare di “ragionevole sostenibilità dell’inclusione”»
L’APPRENDIMENTO LINGUISTICO IN UN CONTESTO ETEROGENEO - 1 Come favorire l’apprendimento linguistico in un contesto eterogeneo? Osserviamo la lezione tradizionale: risponde a una concezione trasmissiva del sapere e si modella sull’esposizione da parte del docente in modalità prevalentemente verbale e monodirezionale (spiegazione dei contenuti)
L’APPRENDIMENTO LINGUISTICO IN UN CONTESTO ETEROGENEO - 2 Secondo Minello (2006), la concezione trasmissiva del sapere si fonda su tre ipotesi: 1. concezione dell’allievo come neutro dal punto di vista concettuale (metafora del contenitore vuoto); 2.idea di una comunicazione ottimale o ideale tra chi detiene il sapere e chi lo deve acquisire; 3.capacità autonoma da parte di ogni soggetto di strutturare un sapere complesso, sommando saperi parcellizzati, acquisiti indipendentemente l’uno dall’altro.
L’APPRENDIMENTO LINGUISTICO IN UN CONTESTO ETEROGENEO - 3 La concezione trasmissiva del sapere fornisce numerose informazioni ad un numero elevato di persone in tempi limitati, ma prevede alcune condizioni: l’allievo deve possedere già informazioni riguardo a ciò che viene insegnato; l’allievo è in grado autonomamente di ristrutturare e organizzare un nuovo sapere; si presuppone che insegnante e allievo abbiano strutture mentali analoghe. Secondo la metafora dell’iceberg (Cummins, 1989), ogni studente ha un patrimonio di competenze linguistico-comunicative uniche, perché derivanti dalla sua personale esperienza di vita. Ogni studente trasforma dentro di sé l’input in modo personale, processandolo in una struttura cognitiva - la parte sommersa dell’iceberg - non analoga a quella del docente.
L’APPRENDIMENTO LINGUISTICO IN UN CONTESTO ETEROGENEO - 4 Nella realtà della classe di lingua tali condizioni non si presentano e le differenze degli studenti non possono consentire di fornire un “input comprensibile” contemporaneo per tutti e di collocarsi contemporaneamente nella ZSP di ciascuno (Krashen, 1983). Per rendersi comprensibili a tutti gli studenti in una modalità trasmissiva, i rischi che il docente corre sono i seguenti: 1. banalizzazione dei contenuti; 2. abbassare il livello del sapere; 3. innalzare i livelli minimi di accettabilità.
LE METODOLOGIE A MEDIAZIONE SOCIALE - 1 L’idea della CAD è quella di cercare una strada alternativa, che non escluda momenti trasmissivi, ma che non sia centrata esclusivamente, o quasi, su tale modalità, attraverso: metodologie a ‘mediazione sociale’ che: procedano per costruzione di conoscenze e non per ricezione passiva di informazioni; abbiano come focus il gruppo di studenti, considerati risorse e origine dell’apprendimento e che quindi vanno stimolati attraverso forme anche dialogiche di lezione, attività di problem solving, schede di lavoro differenti, proposte di attività cooperative o di tutoraggio tra pari per favorire la loro partecipazione attiva.
LE METODOLOGIE A MEDIAZIONE SOCIALE - 2 Le metodologie a ‘mediazione sociale’ si basano tutte sulla possibilità di sviluppare contemporaneamente: competenze linguistico-comunicative, sociali, metacognitive e metaemotive, culturali e interculturali in una logica umanistica della persona considerata nella sua totalità (cognitiva, emotiva, relazionale) e nell’interdipendenza tra queste dimensioni.
UNO SGUARDO ALLE NEUROSCIENZE… - 1 Le neuroscienze (Mezzadri, 2015) ci mostrano il fondamentale ruolo degli aspetti emotivi nella fissazione dei ricordi e nella qualità dell’apprendimento in termini di imprinting e di persistenza in memoria; la dimensione emotiva incide sulla stabilità e la persistenza in memoria degli apprendimenti e può facilitare o bloccare il processo d’acquisizione: in situazioni emotive negative (paura, ansia, stress) si instaura un meccanismo chimico che blocca la noradrenalina (neurotrasmettitore che favorisce la memorizzazione) e l’attivazione dei lobi frontali per l’avvio della memorizzazione/apprendimento.
UNO SGUARDO ALLE NEUROSCIENZE… - 2 Importante presentare allo studente una sfida cognitiva ‘sostenibile’, ovvero compiti di complessità leggermente superiore al suo livello di competenza e beneficiare di un ambiente sereno e connotato da fiducia, incoraggiamento e disponibilità all’aiuto (dai compagni e/o dal docente) (emissione di serotonina immediato dopo un rinforzo positivo: fondamentali per l’autostima e per il rinforzo dei processi di apprendimento e memorizzazione).
GLI ASPETTI COGNITIVI E RELAZIONALI NELL’APPRENDIMENTO - 1 Alla dimensione emotiva si intreccia quella cognitiva e relazionale che trova fondamento nel costruttivismo e nel socio-costruttivismo: dimensione intrapersonale: ruolo attivo del soggetto nella costruzione del proprio sapere, attraverso la ristrutturazione dei nuovi input che riceve alla luce delle nuove informazioni; dimensione interpersonale: il dialogo e la condivisione sono fondamentali per l’apprendimento (= negoziazione di significati, loro ristrutturazione attiva; le relazioni, se positive, aumentano la partecipazione cognitiva e affettiva); apprendimento come pratica sociale, attraverso il dialogo e la comunicazione e dipende dalla qualità delle relazioni con gli altri (cooperazione, collaborazione nell’esecuzione di compiti autentici, situati e motivanti).
GLI ASPETTI COGNITIVI E RELAZIONALI NELL’APPRENDIMENTO - 2 Il costruttivismo e il socio-costruttivismo valorizzano, allo stesso tempo: 1.l’aspetto sociale (apprendimento come pratica sociale); 2.l’aspetto individuale: valore fondamentale attribuito all’individuo, alle sue esigenze, stili, strategie, intelligenze e molteplici identità anche culturali.
GLI ASPETTI COGNITIVI E RELAZIONALI NELL’APPRENDIMENTO - 3 Per favorire la memorizzazione e l’apprendimento, è fondamentale far ritornare gli studenti sui medesimi contenuti più volte modificando il tipo di compito e quindi le operazioni cognitive da utilizzare (analizzare e riassumere l’input; trasformarlo in attività di rielaborazione, drammatizzarlo, transcodificarlo, riprocessarlo nella spiegazione ad un compagno). Questo favorisce la stimolazione di più ampie parti del cervello, anche grazie alla novità e alla diversità dei compiti, favorendo la permanenza delle informazioni nella MLT (memoria a lungo termine). Per la memorizzazione più efficace, sono fondamentali il ruolo attivo dello studente e la rilevanza del coinvolgimento multisensoriale (Ekwall e Shaker, in Ginnis, 2002).
NELLA PRATICA… - 1 Il docente dovrà rifarsi a questa dimensione intra- e inter- personale, cercando di fare questo: recuperare e far esplicitare ai propri studenti le conoscenze sull’argomento, stimolandoli con domande e con attività di elicitazione e di problem solving sull’argomento da affrontare per sfruttare la natura associativa dell’apprendimento; creare ambienti ricchi e variati dal punto di vista relazionale (attività in coppia, gruppo, momenti di discussione collettiva, in alternanza con attività individuali).
NELLA PRATICA… - 2 L’apprendimento della lingua si inserisce in un quadro generale di sviluppo e crescita personale differenziato, per cui assumono grande rilevanza gli aspetti psicologici, psicomotori e neurolinguistici dell’apprendente e questi aspetti interagiscono tra loro in un processo olistico (= apprendimento linguistico). Come scrive Vettorel (2006): “[…] Tutti gli apprendenti sono individui che portano in classe conoscenze ed esperienze diverse, che imparano in modo differenziato, unico e soggettivo. L’apprendimento […] non ha tanto a che fare con la trasmissione e la ricezione del sapere, ma con il trovare un senso e un significato personale e significativo. Ogni studente è una persona unica e diversa, che da uno stesso stimolo impara cose personali e non uniformi.”
NELLA PRATICA… - 3 Il docente dovrà tenere in considerazione i seguenti aspetti: il ruolo centrale della motivazione e dei bisogni comunicativi e affettivi dell’allievo; i modi in cui il cervello acquisisce la lingua; le esperienze personali di vita dell’allievo che influenzano l’apprendimento; la ricaduta che lo stress negativo (paura, immagine da salvaguardare, previsione di insuccesso) può avere sul processo d’apprendimento linguistico dello studente; gli aspetti personali degli studenti che generano differenze in classe (diversi stili, modalità e ritmi di apprendimento).
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 1 Nell’ottica della CAD (focus sul riconoscimento delle differenze e valorizzazione delle peculiarità di ogni studente, anche in termini di intelligenze multiple), l’obiettivo è quello di rielaborare: modelli operativi specifici per l’insegnamento delle lingue in cui vi sia attenzione per tutte le formae mentis degli studenti; una gamma ampia e integrata di attività che permettano non solo di valorizzare tutti gli studenti per i loro “punti di forza”, ma di potenziare le intelligenze di ognuno affinché si riducano i relativi “punti di debolezza”.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 2 Fattori/aspetti personali che generano differenze in classe: 1.personalità; 2.diversi tipi di intelligenza; 3.motivazione allo studio; 4.stili cognitivi; 5.attitudine.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 3 Riguardo alla personalità (1) (introversi/estroversi; grado di autonomia; individualisti/socievoli; riflessivi/ impulsivi) la ricerca ipotizza (Balboni, 2006), ma non è ancora del tutto certo, che gli estroversi siano favoriti nelle forme di apprendimento della lingua di tipo comunicativo (drammatizzazioni, lavori di gruppo, attività con uso delle abilità linguistiche, ecc.), mentre gli introversi riescano meglio nelle attività di riflessione individuale (es.: esercizi grammaticali individuali) e peggio nelle attività fondate sulla relazione interpersonale.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 4 Riguardo alla intelligenze multiple (2) (Gardner, 1983, 1993; Sternberg, 1985; Sternberg, Spear-Swerling, 1996), ci si riferisce soprattutto alla teoria di Gardner, perché di molto successo in ambito glottodidattico (anche declinazione operativa; cfr. Armstrong, 2000, 2003; Kornhaber, Fierros, Veenema, 2004; Torresan, 2006, 2008). Nove intelligenze, secondo Gardner: linguistica, logico-matematica, musicale, spaziale, corporea o cinestesica, intrapersonale, interpersonale, naturalistica, esistenziale. Secondo Torresan (2006), il sistema educativo occidentale favorisce il linguaggio e la logica, anche nell’insegnamento di discipline non di area linguistica o logico-matematica.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 5 Intelligenza cinestesica: Role play, danze, Total Physical Response, Total Physical Response Storytelling, compiti autentici con coinvolgimento fisico, tecniche di manipolazione, giochi multimediali, alfabeto espresso con azioni, elaborazione di modelli tridimensionali; Intelligenza interpersonale: gruppi cooperativi, lavori di coppia, insegnamento tra pari, giochi da tavolo, simulazioni, inchieste e interviste, brainstorming di gruppo, dialoghi e situazioni comunicative; Intelligenza intrapersonale: descrivere il modo preferito di passare il tempo, tenere un diario su un tema particolare, studio autonomo; Intelligenza logico-matematica: riordino di parole o informazioni; analisi di regolarità morfologiche e giochi grammaticali; attività sui numeri, di classificazione, esercizi multimediali, riflessioni sui nessi logici;
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 6 Intelligenza musicale: scrivere la sigla di una pubblicità, realizzare canzoni per memorizzare lessico/regole grammaticali/verbi; cloze di canzoni; composizione o scelta delle musiche per una recita, uso della musica come stimolo, attenzione alle peculiarità fonetiche; Intelligenza naturalistica: descrivere cambiamenti che riguardano l’ambiente in cui si vive, argomentare pro o contro la medicina omeopatica, organizzare un’iniziativa a favore della salvaguardia delle specie in via di estinzione; Intelligenza linguistica: dibattiti e discussioni, storytelling, comunicazioni online, attività di videoscrittura, giochi di parola; Intelligenza spaziale: uso di grafici, diagrammi, mappe mentali, applicazioni grafiche, esprimere una risposta attraverso un disegno, attività sul video, presentazioni e progetti multimediali.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 7 La motivazione allo studio (3): elemento “dinamogenetico” dell’apprendimento (Titone, 1976); “categoria collettiva entro la quale sono riassunti molti processi parziali e fenomeni diversi tra loro” (Rheinberg, 1997); presentata generalmente per coppie antinomiche: intrinseca/automotivata vs estrinseca/ eterodiretta, strumentale vs integrativa (cfr. De Beni, Moè, 2000); per l’apprendimento della lingua, molto importante è la coppia intrinseca/estrinseca: enfasi su protagonismo dello studente e sul ruolo del docente (insegnante vs facilitatore dell’apprendimento); fondamentale la motivazione intrinseca (interesse autonomo, bisogno, desiderio, curiosità, piacere per e nell’imparare) e la valorizzazione del piacere (non solo sensazione piacevole, ma anche appagamento di un’esigenza conoscitiva e di un desiderio di partecipazione, di fare nuove esperienze, di sfidare se stessi, di sistematizzare le proprie conoscenze trasformandole in competenze personali, di stabilire connessioni tra i nuovi concetti appresi e quelli già in possesso) (cfr. Schumann, 1997, modello dello stimulus appraisal).
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 8 In base al modello dello stimulus appraisal (Schumann, 1997), i fattori determinanti che incidono sui processi emotivi sono i seguenti: novità (Balboni, 2006) (variare il corso, i materiali, le modalità di spiegazione o di guida della comprensione, di affrontare l’analisi grammaticale, le attività, gli esercizi, ecc.); attrattiva o piacevolezza dello stimolo (cura grafica dei materiali, ricchezza di immagini, testi diversificati, ecc.: non solo “abbellimenti accessori”); need significance o funzionalità (importante che il bisogno sia percepito dallo studente; gli studi dimostrano un calo motivazionale quando si passa dall’acquisizione della lingua per la comunicazione - molto motivata - allo sviluppo necessario della lingua dello studio); realizzabilità del compito (vd. ZSP); sicurezza psicologica e sociale (concetto di autoefficacia, cioè la convinzione di possedere le capacità per progettare e realizzare l’azione necessaria per raggiungere determinati obiettivi).
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 9 Gli stili cognitivi (4): le teorie si sviluppano dagli anni Quaranta (riflessioni sulla natura dell’intelligenza e sulle modalità di costruzione del pensiero in psicologia) e poi, soprattutto, in ambito cognitivista (come gli individui processano le informazioni; influenze delle differenze individuali sul funzionamento cognitivo) (cfr. Kogan, 1971; Ausburn & Ausburn, 1978; Messick, 1976; Boscolo, 1981; Sternberg, Spear-Swerling, 1997); in Italia se ne è occupato, in particolare, il Gruppo MT (Imparare a studiare, 1993, Cornoldi, De Beni: libro con test da usare in classe per identificare i diversi stili cognitivi degli studenti; cfr. anche Caldamuro, 2014 e il sito online curato da Mariani, www.learningpath.org)
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 10 Definizione di stile cognitivo: un insieme “di attitudini stabili, preferenze o strategie abituali che determinano le modalità tipiche di una persona di percepire, ricordare, pensare e risolvere problemi” (Messick, 1976); si tratta di un tipo di strategia a cui si ricorre non solo per compiti scolastici, ma che è applicabile all’intera struttura delle personalità e che si dimostra stabile nel tempo.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 11 In ottica CAD di classe multietnica e plurilingue sono rilevanti gli studi di Sternberg, che mostrano come gli s.c. si basino su predisposizioni di base, ma possano essere modificati dall’ambiente e dall’educazione: importanza delle caratteristiche individuali e del contesto in cui lo studente è cresciuto e ha avviato il suo percorso di formazione; modalità per adattare il modo di presentare gli argomenti e di strutturare le attività; il processo di apprendimento inteso non solo per le conoscenze, ma anche per il modo in cui gli studenti pensano; migliorare la performance dei docenti, attraverso la consapevolezza dei propri stili e di quelli dei propri studenti; possibilità di modificare l’ambiente di apprendimento in base agli s.c. degli studenti.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 12 Alcune tecniche didattiche specifiche in base ai differenti s.c. globale vs analitico (globale: favorito in fase di motivazione; analitico; esiti migliori in attività di analisi); dipendente vs indipendente dal campo (il più studiato in didattica; capacità di astrarre un’informazione e riorganizzarla per poi usarla in contesti differenti; il dipendente: più abile nelle strategie di rielaborazione; il dipendente individua le relazioni tra contesto e argomento, ma fatica a isolare); verbale vs visivo (in riferim. a diversi compiti cognitivi e in base al modo di percepire e memorizzare; teoria del Dual Coding di Paivio, 1971, due sistemi di codificazione dell’informazione: uno legato ai logogeni e l’altro agli immageni);
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 13 convergente vs divergente (il c. è più logico, il divergente più creativo e ricerca più risposte); impulsivo vs riflessivo (si riferisce al modo in cui le persone prendono decisioni; il primo commette più errori del secondo); sistematico vs intuitivo (riguarda il modo in cui si formulano le ipotesi e si individuano le variabili di un problema; il sistematico procede lentamente e considera tutti gli elementi del compito, cercando di collegare le variabili analizzate al suo sistema di conoscenze; riesce meglio con attività programmate; il contrario per l’intuitivo, che parte da ipotesi personali; preferisce situazioni nuove e pericolose, fatica coi ragionamenti logici sequenziali).
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 14 Tabella con tecniche adeguate ai diversi stili cognitivi (Meneghetti, 2017) globale; tecniche: brainstorming, attività di sintesi, di eliminazione, scelta multipla o griglia sulla comprensione globale del testo, ranking; analitico; tecniche: esercizi per individuare elementi specifici o per definire singoli elementi emersi durante la lezione (es.: esercizi strutturali, ovvero pattern drills, riempimento di spazi, puzzle linguistico, manipolazione, ascolto selettivo); campo dipendente; tecniche: Role-play, esercizi di incastro tra battute di un dialogo, tra fumetti, tra paragrafi, tra testi, cloze, uso di scalette o domande imbeccate per attività di produzione orale; campo indipendente; tecniche: inclusione (gioco degli insiemi) ed esclusione, seriazione, manipolazione, attività di produzione libera scritta e orale;
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 15 verbale; tecniche: riassumere, parafrasare, tradurre, prendere appunti, storytelling, tecniche per l’uso delle canzoni, contrazione di un testo; visivo; tecniche: riorganizzazione delle informazioni di un testo orale o scritto attraverso l’uso di mappe concettuali o grafici, creazione di uno storyboard, attività di transcodificazione, accoppiamento lingua e immagine (statica o in movimento) convergente; tecniche: scelta multipla, vero/falso, problem solving, inserire informazione in una linea temporale; divergente; tecniche: scrittura del finale alternativo, inventare nuove storie o soluzioni, brainstorming per generare idee alternative;
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 16 impulsivo; tecniche: brainstoring, spidergram, mimo, giochi a tempo, lettura rapida, attività di simulazione, role-playing; riflessivo; tecniche: attività di classificazione, lettura analitica, attività di memorizzazione; sistematico; tecniche: attività logiche, attività di esplicitazione di elementi testuali, attività deduttive; intuitivo; brainstorming per generare idee alternative, attività di elicitazione da immagini statiche o in movimento, attività induttive.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 17 Attitudine (5): “talento specifico per l’apprendimento delle lingue, indipendente dalle capacità in altri campi e piuttosto stabile nel suo operare, cioè relativamente non insanabile” (Skehan, 1994) o “orientamento verso la lingua”; legata a fattori innati e educativi (abitudine in famiglia a pratiche comunicative e al ragionamento astratto e decontestualizzato); composta da abilità di codificazione fonetica (abilità nell’analizzare gli input linguistici); abilità di analisi linguistica (elaborazione); memoria (capacità di richiamo di tale materiale). Tre tipologie di apprendenti: 1. orientati agli aspetti formali della lingua, più accurato nell’esecuzione; 2. orientati verso il lessico (più importanza alla scioltezza d’espressione che non all’accuratezza); 3. orientati alla memoria, favoriti da metodi finalizzati non alla forma ma alla comunicazione. Altri studiosi (Mariani e Pozzo, 2002): componenti non presenti in modo omogeneo e “attitudini individuali a livelli differenti”, con punti di forza o debolezza che cambiano nell’individuo.
I FATTORI PERSONALI CHE DETERMINANO DIFFERENZE IN CLASSE - 18 Attitudine (5): dal punto di vista operativo, il docente, per migliorare tutte le tre aree, dovrebbe creare attività di skimming (orientate alla fluenza, accuratezza ed esplorazione globale del testo), di scanning (ricerca analitica di informazioni) e di ricostruzione mnemonica. Balboni (2007): attitudine come esito dell’interazione di fattori neuro- (dominanza emisferica), psico- (intelligenze multiple, stili d’apprendimento, tratti della personalità) e socio-culturali (modelli educativi e relazionali) che favoriscono l’acquisizione (in termini neurobiologici, creazione di nuove sinapsi dedicate all’apprendimento di una lingua diversa da quella materna). “Scheda di autovalutazione” con funzione metacognitiva.
RICAPITOLANDO… Le differenziazioni sono determinate da tali aspetti e da quelli culturali (ambiente familiare e sociale) e fattori relazionali ——- molto legati all’ambiente scolastico e quindi agli aspetti metodologici; le caratteristiche personali e gli aspetti culturali incidono nel processo d’apprendimento, ma anche nelle relazioni tra i soggetti che interagiscono e, viceversa, le relazioni incidono sul profitto. “Dunque quando si parla di differenze individuali ci si deve riferire a individui che, dovendo necessariamente interagire tra loro, sviluppano dinamiche di confronto, di contrapposizione o, in una prospettiva più positiva, di mediazione e negoziazione.” (Caon, 2008)
CONDIVISIONE DEGLI OBIETTIVI - 1 Secondo Rocchietta Tofani (1990): “il gruppo scolastico, quale luogo di ‘appartenenza' e ‘di rapporto con i pari', parrebbe quasi costituirsi come un ostacolo alla realizzazione degli obiettivi didattici, in quanto le dinamiche interattive, spesso ampiamente imprevedibili e molto vivaci, non risultano del tutto orientate alla soluzione dei compiti su cui si fonda la scuola”. Compito del docente: raccordare le necessità della scuola con le capacità, i ritmi, i bisogni e gli interessi degli studenti, non trascurando le modalità relazionali tra i pari e con gli adulti; instaurare relazioni significative con gli studenti; far evolvere il gruppo verso un ‘gruppo di lavoro’ in senso socio-psicologico (“pluralità di persone aventi scopi e funzioni comuni e che vivono se stessi come gruppo, avendo sviluppato un senso di appartenenza affettiva e di apprezzamento rispetto agli altri componenti”, Togliatti, Rocchietta Tofani, 1990), rendendo chiari gli obiettivi, sia linguistici o disciplinari, sia relazionali e corresponsabilizzare gli studenti rispetto ad essi (patto formativo); importanza della condivisione delle modalità di lavoro; interdipendenza tra gli atteggiamenti del docente e del gruppo di studenti.
CONDIVISIONE DEGLI OBIETTIVI - 2 Alcuni aspetti rilevanti dal punto di vista della gestione didattica in una prospettiva CAD: comportamento di leadership democratica (“senso del noi”, rendere trasparente la propria azione didattica con negoziazione e corresponsabilizzazione di tutti i soggetti); comportamento verbale dell’insegnante rispetto per gli studenti; discussione aperta; cooperazione (abbinamento tra responsabilità individuale e riconoscimento del gruppo; agisce sul piano affettivo, cognitivo e relazionale; attenzione all’altro e prosocialità)
LE STRATEGIE DI GESTIONE DELLA CLASSE - 1 Riconoscere le differenze per valorizzarle —— ricorrere ad una vasta gamma di attività glottodidattiche differenti, tenendo conto che nell’educazione linguistica vi sono: altissima complessità delle competenze; varietà delle abilità linguistiche (intrapersonali: leggere e scrivere; interpersonali: agire in un dialogo; cognitive: scrivere un testo argomentativo, riassumere, prendere appunti; linguistiche: tradurre un testo letterario; più meccaniche: parafrasare, scrivere sotto dettatura).
LE STRATEGIE DI GESTIONE DELLA CLASSE - 2 Per gestire l’eterogeneità e finalizzarla alla valorizzazione di tutti vi sono due modalità + 1: differenziazione dei compiti (tutti possano misurarsi in diverse abilità e studiare sia in condizione di “vantaggio” che di “svantaggio”); stratificazione dei compiti (ognuno o ogni gruppo di studenti possa lavorare nella propria ZSP); + 1, compiti aperti o eligibili (non una sola soluzione o risposta corretta possibile; es.: problem solving o giochi di insiemistica, come raggruppare parole in base a una caratteristica, semantica, grammaticale, fonica, lunghezza dei caratteri, ecc., cfr. “gioco degli insiemi” e “caccia all’intruso ad oltranza” in Caon, Rutka, 2004).
LA DIFFERENZIAZIONE DEL COMPITO con la creazione di input diversificati linguisticamente e nella modalità di rappresentazione (ogni studente può interiorizzare lessico, strutture, concetti e procedure diverse partendo dalla propria reale competenza comunicativa e con la strategia più adeguata al proprio stile); differenziare il compito sulla base del principio gardneriano di intelligenze multiple o con differenti attività per tipologia di compito; differenziare il focus, per cui, pur mantenendo un input comune, si può agire comunque sull’individualizzazione. Si possono differenziare le metodologie e le tecniche glottodidattiche (non forzare modalità che non piacciono, anche se la ricerca che le considera valide) a seconda del gradimento degli studenti (abituare gradualmente al lavoro cooperativo, se vi sono resistenze, partendo da attività semplici da svolgere in coppia o in piccoli gruppi); i ritmi di gestione della lezione (gruppi di lavoro e percorso diversificato con schede di lavoro personalizzate rispetto ad un task comune); l’input fornito dal docente (con studenti migranti, distinguere tra “input per la comprensione” e “input per la produzione”, Pienemann, 1998)
LA STRATIFICAZIONE DEL COMPITO - 1 La stratificazione del compito: proporre tecniche e schede di valutazione formativa organizzate a ‘strati' secondo un ordine dal più semplice al più complesso (anche contemporaneamente in classe, per creare un compito con diversi gradi di accessibilità a un testo, un significato, un compito, anche nell’ottica della personalizzazione). Come definire la complessità di un compito? In base all’input, all’output e alle competenze dello studente, alla sua preparazione e alle sue abilità (Coonan, 2002).
LA STRATIFICAZIONE DEL COMPITO - 2 Griglia di analisi per valutare la complessità di un compito (Coonan, 2002). Meno complesso: contesto presente; testo breve; argomento familiare; argomento poco complesso; sintassi facile; ampia ridondanza; struttura del testo chiaramente segnalata; lessico di alta frequenza; specifico; sufficiente tempo a disposizione per l’attività; sequenza temporale; testo descrittivo, regolato e narrativo; un solo parlante; attività composta da una sola parte; orientato sulla fluency; densità: pochi fatti, eventi, personaggi; informazione esplicita; Più complesso: contesto ridotto/assente; testo lungo; argomento poco/non familiare; argomento molto complesso; sintassi complessa; poca ridondanza; struttura del testo poco segnalata; lessico di bassa frequenza, generale; tempo insufficiente per svolgere l’attività; sequenza non-temporale; testo argomentativo, d’opinione, di spiegazione; più parlanti; attività di più parti; orientato sull’accuratezza; densità: molti fatti, eventi, personaggi; informazione implicita.
LA STRATIFICAZIONE DEL COMPITO - 3 Stratificare rispetto ai compiti corrisponde a selezionare attività e tecniche a richieste cognitivamente e/o linguisticamente più o meno complesse. Ad es. (D’Annunzio, 2017): compiti, attività, tecniche a minore complessità: individuare/ricordare una sola o poche informazioni; individuare l’argomento principale o informazioni puntuali (nomi, luoghi, date); individuare informazioni concrete ed esplicite; manipolare strutture, enunciati, parole; saper tracciare collegamenti o completare mappe o sintesi; completare un cloze inserendo parole o strutture date in calce; compiti, attività, tecniche a maggiore complessità: individuare/ricordare molte e diverse informazioni, individuare l’argomento principale o informazioni puntuali (nomi, luoghi, date); individuare relazioni tra informazioni generali; individuare concetti astratti e/o impliciti; produrre strutture, enunciati, parole rispetto a un preciso scopo, produrre testi o discorsi autonomamente; completare un cloze inserendo parole o strutture autonomamente.
IL COMPITO APERTO O ELIGIBILE - 1 attività di problem solving o attività che sviluppino il pensiero ‘divergente’, cioè che non prevedano una sola risposta corretta e che permettano a studenti con livelli differenti di competenze di svolgere il compito (crf. “caccia all’intruso ad oltranza”, Caon, Rutka, 2004, eliminazione di una parola da un insieme, a causa di una caratteristica che non condivide con tutte le altre).
IL COMPITO APERTO O ELIGIBILE - 2 strategia del Task Based Approach o Task Based Language Teaching (favorisce la motivazione e il recupero di conoscenze pregresse, oltre ad una più facile fissazione in memoria delle informazioni); compiti eleggibili che coincidono, in alcuni casi, con i task (= attività che richiedono di usare la lingua target per raggiungere scopi non linguistici, molto semplici, come raccontare una storia per immagine, o molto complessi, come ricostruire le regole di uno sport a partire dai racconti di altri), molto utili per favorire la partecipazione di studenti con livelli diversi alla stessa attività.
IL COMPITO APERTO O ELIGIBILE -3 Importanza anche dell’integrazione di diversi metodi affinché l’allievo tendente all’individualismo (come spesso lo è lo studente eccellente) o che per stile di apprendimento ha bisogno di maggiore dialogo/riflessione intrapersonale, trovi modo di confrontarsi con proposte consone al suo personale modo di apprendere; la varietà delle proposte e l’integrazione dei metodi sono fondamentali a livello didattico-organizzativo, poiché non è possibile gestire tutto l’insegnamento-apprendimento solo con il Cooperative learning o con il peer-tutoring (il lavoro personale e autonomo è imprescindibile).
UNITÀ DI LAVORO CENTRATA SUL TESTO Unità di lavoro centrata sul testo (Vedovelli, 2002): lettura e comprensione di un testo (da proporre nella versione originale o, in alternativa, semplificata) preceduta da attività di pre- lettura, proposte contestualmente ad attività di analisi e seguite da attività di post-lettura. Tale unità, molto efficace in classi omogenee dal punto di vista linguistico, è meno adatta alla CAD. Tale Unità di lavoro può essere declinata per la CAD: agendo sul testo e/o agendo sul compito (e sulle risorse del lettore), attraverso due tipologie di intervento, ovvero semplificare e/o facilitare; semplificare: ridurre/eliminare/sostituire elementi di complessità linguistica/contenutistica (anche semplificazione culturale); facilitare: graduare, declinare, distillare, scomporre gli elementi di complessità linguistica e contenutistica e agire sulla natura e la complessità dei compiti; un input accessibile a più livelli nella fase di pre-lettura, compiti e attività stratificate nella fase di lettura del testo, una o più attività stratificate di post-lettura.
IN SINTESI… - In prospettiva CAD, occorre: usare prevalentemente metodologie a mediazione sociale, senza rinunciare a momenti di spiegazione frontale (nei quali accertarsi che tutti gli studenti possano cogliere gli input e gli aspetti essenziali dei contenuti disciplinari); organizzare gruppi cooperativi su criteri di eterogeneità; costruire schede di lavoro stratificate e differenziate (in base a livelli e stili); valutare rispetto a obiettivi differenti e differenziati;
monitorare lo sviluppo linguistico (e interlinguistico degli studenti migranti); costruire prove di recupero mirate; dotarsi nel tempo di un bagaglio di tecniche didattiche e di schede di lavoro utili a gestire la didattica quotidiana e imprevisti (es.: nei contesti multiculturali, arrivo di studenti migranti durante l’a.s.); organizzare una didattica varia e integrata in cui vi siano attività individuali stratificate e differenziate, attività a compito eligibile, in coppia o in gruppi cooperativi, discussioni in plenaria a carattere metacognitivo, momenti di socializzazione e condivisione delle conoscenze, tutoraggio tra pari (per scelta del docente o, ad es., per lingua d’origine).
IL COOPERATIVE LEARNING IN CHIAVE GLOTTODIDATTICA - 1 Come declinare tale articolato modello (CL; Johnson, Kagan, Comoglio) nella CAD? Il CL è un metodo a mediazione sociale, incentrato sulla cooperazione tra gli studenti, pur prevedendo momenti di lezione frontale e di lavoro individuale (questo vale per tutti i metodi a mediazione sociale), anche con possibili forme di competizione controllata in funzione di una riflessione educativa; Kagan (1994): fornire agli studenti una gamma di esperienze di apprendimento il più ampia possibile affinché siano abituati ad adattarsi al loro ambiente e a modificarlo. Il CL è funzionale a molti risultati positivi.
IL COOPERATIVE LEARNING IN CHIAVE GLOTTODIDATTICA - 2 Evitare i “difetti” del modello collaborativo: rischi di demotivazione (relativi a suddivisione dei ruoli, pianificazione del lavoro, responsabilità individuale); motivare la cooperazione facendo condividere responsabilità e impegno (= miglioramento delle relazioni sociali anche in funzione di un miglior livello di apprendimento); strutturare i compiti che richiedono interazione e interdipendenza positive (il successo del singolo interconnesso a quello del gruppo); proporre attività motivanti e sfidanti che coinvolgano intelligenze diverse, con materiali tradizionali e nuovi, educando a comportamenti sociali mirati alla cooperazione efficace, alla conoscenza e all’apprezzamento reciproci; gruppo come mezzo per raggiungere obiettivi sociali, cognitivi e disciplinari superiori a quelli raggiungibili in un contesto individualistico o competitivo (Rutka, 2006; “teste numerate insieme” e jigsaw, Kagan, 2000, Rutka, 2006)
IL COOPERATIVE LEARNING IN CHIAVE GLOTTODIDATTICA - 3 Consiglio: evitare gruppi troppo eterogenei, con il rischio di non stimolare le ZSP o di creare gerarchie di status. In generale, tuttavia, il gruppo (struttura di relazione interdipendente) ha un’importanza strategica per: favorire il potenziamento cognitivo, metacognitivo, emotivo e l’assunzione di responsabilità da parte dei singoli (molto importante in ottica CDA); la dimensione emotivo, socio-relazionale, strategico-cognitiva e metacognitiva sono rilevanti nei gruppi di lavoro complessi per l’obsolescenza rapida della conoscenza e la necessità di menti flessibili, che sappiano: gestire efficacemente imprevisti e stress; imparare in tempi rapidi nuove lingue; “imparare ad imparare”, maturare abilità relazionali, interculturali, come saper osservare= decentrarsi e straniarsi, saper relativizzare, sospendere il giudizio, saper ascoltare attivamente e comprendere emotivamente (empatizzare ed exotopizzare), saper negoziare i significati (Balboni, Caon, 2015); sapersi relazionare positivamente, gestendo anche diversi modelli culturali; saper cooperare efficacemente in ambienti multiculturali.
IL PEER TUTORING IN CHIAVE GLOTTODIDATTICA - 1 I pari educano i pari, migliorando l’efficacia del processo e degli esiti educativi perché in possesso dello stesso patrimonio linguistico, valoriale, rituale a livello microculturale e microsociale (Pellai, Rinaldin, Tamborini, 2002); centralità dello studente nelle sue dimensioni linguistico-cognitiva, emotivo- intrapersonale e motivazionale e degli studenti tra loro nella dimensione emotivo- interpersonale e relazionale; l’educazione fra pari richiama una delle idee centrali della CAD, ovvero la leadership distribuita: il docente non come unica fonte del sapere e sapere collettivo interno al gruppo di cui fa parte anche il docente; ogni studente è portatore di risorse (conoscenze e competenze), che il docente cerca di attivare per un apprendimento significativo che coinvolga le dimensioni cognitiva, relazionale, affettiva ed emotiva;
elemento di reciprocità: ognuno, poiché si crede che tutti i talenti e le intelligenze sono da valorizzare e potenziare, può insegnare qualcosa ad un altro (moltissime possibilità di incontro e confronto). I punti di forza del peer tutoring sono i seguenti: sviluppa strategie cognitive e metacognitive (negoziazione di significati e sviluppo di strategie comunicative per facilitare la comprensione); promuove il senso di competenza di ciascuno (aumenta la fiducia personale e l’autostima; senso di orgoglio e di autorealizzazione da parte dei tutor); agisce su più intelligenze (cfr. Gardner; per essere un buon tutor è necessario sviluppare altre abilità, oltre a quelle logiche e linguistiche, nell’ottica delle intelligenze multiple; vengono valorizzate più intelligenze ed è favorito lo sviluppo della personalità degli allievi; permette a tutti di maturare conoscenze e competenze di vario tipo (percezione empatica della comprensione, attuazione di strategie di controllo della comprensione, strategie comunicative per favorire la facilitazione linguistica, la rinegoziazione dei significati attraverso la riformulazione del discorso)
Importante istruire e gratificare i tutor per il ruolo che svolgono (Topping, 1997; Pellai, Rinaldin, Tamborini, 2002); è importante preparare i tutor su aspetti glottodidattici dell’apprendimento (es.: come correggere gli errori, come favorire la memoria attraverso campi semantici, strategie conversazionali (ascolto senza interruzione, riformulazione corretta, ecc.) adatte alla competenza comunicativa (benefici metacognitivi anche per i tutor) è importante informare il tutee del tipo di attività che verrà svolta, affinché capisca la vera natura ed essenza del tutoraggio e non si creino idee erronee sulle sue capacità e potenzialità di apprendimento;
COME FAVORIRE L’INCLUSIONE? - 1 Negli ultimi anni diverse ricerche sui meccanismi che potrebbero ostacolare o favorire l'inclusione degli alunni immigrati. Dalla ricerca di H. Fend (1998) emerge che le scuole dovrebbero possedere soprattutto le seguenti caratteristiche: un concetto pedagogico condiviso; un management e una leadership scolastica di elevata qualità; consenso e cooperazione fra insegnanti; aspettative elevate e positive rispetto agli studenti; considerazione della realtà di vita degli alunni (specie se immigrati); coinvolgimento dei genitori.
l’insieme di queste scelte organizzative hanno obiettivi bidirezionali: (1) mirano a un adattamento della didattica agli stili degli studenti; (2) puntano a un adattamento degli stili degli allievi alle metodologie usate; tale bidirezionalità agisce sul rispetto e la valorizzazione delle persone e sulla promozione di nuove abilità linguistiche e competenze comunicative, disciplinari e strategiche negli allievi.
COME FAVORIRE L’INCLUSIONE? - 2 Esiti simili sono emersi in una ricerca realizzata nel 2002 dal British Department of Education, in cui si è cercato di individuare i criteri principali che rendono le scuole più inclusive. Tra tutte le scuole primarie analizzate, i tratti distintivi dell'inclusione risultano essere i seguenti: buona gestione della scuola; buona collaborazione tra il personale; alte aspettative degli insegnanti nei confronti degli alunni; disponibilità ad offrire sostegno; buona qualità dell'insegnamento; adeguata attrezzatura scolastica; forte coinvolgimento dei genitori (è emerso anche che le scuole che offrono le migliori politiche di inclusione dei bambini stranieri sono quelle di maggiore qualità complessiva).
COME FAVORIRE L’INCLUSIONE? - 4 Stereotipi e pregiudizi possono ostacolare fortemente il rendimento scolastico e causare disimpegno o ostacoli nel profitto ("avoidance of challenge, self handicapping, rejection of feedback regarding one's performance and academic disengagement") Le classi ad abilità differenziate si caratterizzano per la differenza, su più aspetti e livelli, e che è la chiave di lettura per la gestione efficace dell'apprendimento linguistico di tutti gli studenti. Le differenze vanno valorizzate in modo da trasformare l'eterogeneità della classe da problema percepito a risorsa.
COME FAVORIRE L’INCLUSIONE? - 3 Più in generale, la ricerca mostra il ruolo delicato e fondamentale, al tempo stesso, degli insegnanti, soprattutto nel: - riuscire ad assumere atteggiamenti di comprensione, accettazione, sostegno, stima e fiducia; - non trasmettere stereotipi e pregiudizi; - saper gestire bene (senza rischi di xenofobia o di xenofilia) le differenze culturali degli alunni stranieri. Interessanti, a livello micro, la ricerca di P. Leseman (2002, p. 18) sulle conseguenze per la scolarizzazione della socializzazione precoce in famiglia e quelle di J.W. Schofield (2006) sugli effetti negativi di stereotipi e pregiudizi a scuola. Da quest'ultima è emerso che: «[…] le convinzioni degli studenti in merito all'esistenza di stereotipi negativi sulla performance accademica dei membri della categoria sociale a cui essi appartengono possono avere un impatto negativio sui risultati degli stessi».
CAD E MIXED ABILITIES CLASSES: UNA RASSEGNA INTERNAZIONALE - 1 Principali contributi in ambito internazionale sul concetto di Classe ad Abilità Differenziate emerge un tratto comune: focus sul concetto di differenza («[...] attenzione sulle caratteristiche personali di cui ogni studente è portatore e che, in quanto soggetto unico ed irripetibile, lo differenziano da ogni altra persona», Caon, 2006)
CAD E MIXED ABILITIES CLASSES: UNA RASSEGNA INTERNAZIONALE - 2 Definizione delle Mixed Abilities Classes come classi con studenti differenti tra loro per “livello linguistico, background culturale, stili di apprendimento, attitudine verso la lingua, madrelingua, intelligenza, conoscenza del mondo, esperienza di apprendimento, conoscenza di altre lingue, età o maturità, genere, personalità, fiducia in se stessi, motivazione, interesse, indipendenza, autodisciplina a livello di educazione” (Ur, 1996)
CAD E MIXED ABILITIES CLASSES: UNA RASSEGNA INTERNAZIONALE - 3 Altri studiosi (Tice, 1997; Ireson e Hallam, 2001) sottolineano l’importanza di tenere in considerazione le diversità di ogni alunno tra cui interessi, preferenze e ritmi di esecuzione degli esercizi delle attività; livelli di conoscenza della lingua, capacità e competenze, velocità di apprendimento e diversi livelli di motivazione
CAD E MIXED ABILITIES CLASSES: UNA RASSEGNA INTERNAZIONALE - 4 Possibili problematiche in una CAD (Şalli-Çopur, 2005, http://iteslj.org/Techniques/Salli- Copur-MixedAbility.html): 1.apprendimento effettivo degli studenti (es.: ritmi di apprendimento differenti e influenze legate a background linguistico e culturale, ecc.); 2.materiali (es.: libri di testo e manuali di lingua, pensati per classi omogenee senza proposta di differenziazione del compito o degli argomenti in base agli interessi degli studenti); 3.partecipazione (produzione orale che varia in base a fattori come la personalità, l’età, gli interessi e la conoscenza della lingua); 4.interessi (variano a seconda dell’età e da considerare in sede di programmazione di attività differenziate in classe); 5.comportamento in classe degli studenti (compiti ed esercizi che tengano conto della velocità di esecuzione).
CAD E MIXED ABILITIES CLASSES: UNA RASSEGNA INTERNAZIONALE - 5 Altri aspetti rilevati (Leroy-Audouin, Suchaut, 2006): 1. materiali utilizzati; 2. obiettivi di apprendimento di ogni studente; 3. contesto di insegnamento. Altri ancora (Lesáková, 2008): 1. attitudine degli studenti a lavorare in coppie, in gruppi o individualmente; 2. interessi, personalità di ogni studente (aspetti molto considerati).
CAD E MIXED ABILITIES CLASSES: UNA RASSEGNA INTERNAZIONALE - 6 Caon passa da un livello di riflessione teorica, basata sulla rassegna degli studi internazionali, ad uno di carattere pratico: le differenze in classe come punto di partenza per elaborare una metodologia di lavoro che possa valorizzare le differenze o, addirittura, farne una risorsa per migliorare la qualità glottodidattica che abbia negli studenti i principali protagonisti (Caon, 2016).
ATTIVITÀ DA SVOLGERE NELLE MIXED ABILITIES CLASSES - 1 Şalli-Çopur (2005) elabora un elenco di attività utili a migliorare l’organizzazione degli studenti nelle CAD e ad aiutare i docenti a gestire gli interessi degli studenti, la differenziazione dei compiti e dei materiali, le tempistiche di realizzazione delle attività in aula, il diverso apprendimento degli alunni e la loro partecipazione in classe: 1. attività che coinvolgano tutti i sensi, gli stili cognitivi e i tipi di intelligenza e che favoriscano la motivazione variando il materiale proposto (es.: uso di immagini, gessi colorati o colori sulla LIM, materiali autentici, ecc.); 2. attività extra da consegnare agli allievi che terminino prima degli altri compagni; 3. attività cooperative e di gruppo che coinvolgano l’intera classe somministrando agli studenti compiti differenziati in base agli interessi e al livello di conoscenza della lingua; 4. attività con soluzioni aperte (es.: scrittura di una lettera, della fine di un libro o di un racconto) che consentano di esprimere la creatività; 5. compiti personalizzati e materiali riadattati in base agli interessi degli studenti;
ATTIVITÀ DA SVOLGERE NELLE MIXED ABILITIES CLASSES - 2 1. giochi e drammatizzazioni; 2. materiale extra su cui lavorare singolarmente o in gruppo a seconda delle diverse tempistiche di realizzazione delle attività in classe; 3. portfolio individuale in cui ogni studente deve indicare le attività svolte (materiale extra, quanto appreso fino a quel momento e obiettivi per il futuro); 4. accesso al centro multimediale in cui gli studenti, sotto la guida di un tutor, possano approfondire gli argomenti di loro interesse con video, libri, articoli, ecc.
ATTIVITÀ DA SVOLGERE NELLE MIXED ABILITIES CLASSES - 2 Lesáková (2008) rielabora le proposte di Şalli-Çopur (2005) e di Budden (2007): 1. attività che coinvolgano tutti i sensi degli studenti, tutti gli stili cognitivi e tutti i tipi di intelligenza; 2. attività extra da consegnare agli alunni che terminino prima degli altri compagni e compiti differenziati per studenti deboli o eccellenti; 3. compiti personalizzati, tra cui attività individuali, a coppie, di gruppo o che coinvolgano l’intera classe; 4. giochi e drammatizzazione. Gli studi di Şalli-Çopur sono ripresi anche da Lorenzo Sesma (2002): personalizzazione delle attività; varietà del materiale utilizzato e degli esercizi proposti (giochi, risposte aperte, ecc.), attività che sviluppino tutte le abilità.
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