Entrando in libreria: i best-sellers della spiritualità contemporanea
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Entrando in libreria: i best-sellers della spiritualità contemporanea Entrare in libreria non basta… occorre prendersi il tempo per leggere «Leggere richiede tempo […]. Prendere la decisione di darsi del tempo per leggere è organizzare diversamente il proprio tempo, introdurre il nuovo nella successione delle ore. Attraverso i libri, ciascuno può costruirsi diversamente dagli altri e accedere a una vita interiore autonoma con riferimenti propri, alla propria intima geografia, alla propria identità particolare. Leggere è rompere la monotonia dei giorni, è lottare contro il logorio del tempo. Prendere un libro significa immergersi in un mondo di evasione, regalarsi la gioia di arricchirsi di ciò che si scopre. Leggere è abbeverarsi a una sorgente che non si esaurisce quando le ci s’avvicina. Un libro può prendere colori nuovi secondo i momenti; porta profumi inebrianti che danno alla testa o scendono nel cuore, secondo le stagioni, al ritmo dei desideri. Il libro è un oggetto strano. Si guarda, si valuta, si manipola, si posa, si ritrova. Una frase è riletta, un passaggio familiare o oscuro è nuovamente decifrato. Il libro aspetta se il tempo manca. Ma il libro richiede anche un minimo di silenzio interiore. Un ritiro, un difendersi da ciò che importuna. La lettura attende il momento opportuno, ma impone delle condizioni particolari. Bisogna volerla, come si vuole un bene prezioso, è una scelta ma anche una ricchezza: quella dei tempi riservati. In questi tempi riservati si rivela una parte segreta che non appartiene che a sé ma della quale si può comunicare qualcosa. Il libro è un regalo che si offre a sé stessi prima di essere un regalo che si fa con la semplicità di una gioia sorridente. Offrire a qualcun altro un libro è farlo entrare in complicità con se stesso, è fargli un cenno […]. Messa da parte la questione tempo, le obiezioni alla lettura dei libri sono numerose. Il desiderio di lettura, anche se vivo in molti, si presenta all’apparenza come un desiderio contrastato: “Vorrei leggere ma i libri costano troppo”. “Ho vergogna di prendermi del tempo per leggere pensando a tutti quelli che vivono nella miseria”. “Ho voglia di leggere tutto, m’interessa tutto, ma alla fine non so cosa scegliere”. “Provo a leggere, ma non ricordo nulla, a cosa serve?”» (Conferenza Episcopale Francese. 6 gennaio 2002). I. Agiografie e biografie 1. L’agiografia, un genere letterario sempre valido L’agiografia è un genere storiografico tutt’altro che superato: biografie esaurienti di Hitler e di Stalin sono indispensabili per comprendere la Germania nazista e la Russia sovietica, come biografie di san Francesco d’Assisi o di san Carlo Borromeo possono illuminare in modo insostituibile il panorama spirituale italiano del XIII o del XVI secolo. Se ben fata, la biografia di un autore spirituale o di un santo è la migliore introduzione ai suoi scritti e alla comprensione della sua esperienza spirituale. Infatti, i pensieri e le azioni di un individuo si possono comprendere pienamente solo alla luce della sua disposizione emotiva, del suo temperamento e delle sue libere scelte. 2. Perché leggere le biografie di santi? Conoscere e interpretare la vita e l’esperienza spirituale dei santi consente di individuare le direttrici fondamentali di ogni vita cristiana. Nel confronto con quei vissuti, così qualificati da essere proposti dalla Chiesa come esemplari per tutti, scopriamo sempre di più che cosa significhi essere cristiani, amare il Signore, seguire Gesù, vivere per lui, fare la sua volontà. 1
Sì, perché i santi sono una sorta di «Vangelo vivente» che gli uomini più facilmente sanno «leggere» anche perché continua a «essere scritto» nella storia. Quello dei santi è un vero e proprio «magistero»: con la loro sapienza, essi aiutano a penetrare in profondità i misteri della rivelazione cristiana. Lo ricorda il Concilio Vaticano II, quando afferma che la comprensione della tradizione apostolica, delle parole e delle realtà trasmesse, cresce non solo grazie all’opera dei teologi, ma anche mediante la contemplazione e «l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali» (Dei Verbum 8). Solo chi vive fino in fondo le realtà dello Spirito può dire di conoscerle pienamente. Certo, nelle parole e negli scritti dei santi si sentono talvolta gli echi di mentalità ormai lontane, con accenti e sottolineature che noi facciamo fatica a decifrare e ad apprezzare. Occorre però ricordare, come afferma sant’Agostino, che «architectus aedificat per machinas transituras domum manentem»: l’architetto, con strumenti che passano, costruisce una casa che rimane. Il linguaggio religioso, le categorie teologiche, la sensibilità spirituale, sono fugaci espressioni che in ogni tempo tentano di dire l’eterno Mistero di Dio. Al di là dei termini utilizzati, i santi sono riusciti a cogliere i tratti sostanziali del discorso spirituale e presentano i nodi essenziali della fede cristiana. 3. I caratteri di una seria agiografia Un’agiografia seria non può prescindere da una base storica documentata in modo rigoroso, capace di ricostruire il vissuto biografico di un santo. In un’opera agiografica le vicende politiche, sociali, economiche ed ecclesiali di un’epoca devono essere richiamate e messe in evidenza non solo come semplice «cornice», ma come punto di partenza per comprendere a fondo l’esperienza cristiana della figura che si vuole accostare. Ma questo non basta. Di un santo occorre indagare anche il suo mondo interiore e il suo temperamento spirituale, conoscere i punti di riferimento e le tappe del percorso che l’ha condotto alla santità, comprendere le modalità con le quali ha dato forma e sostanza alla sua sequela del Signore. L’agiografia parte dalla storia e segue una prospettiva teologica; non si preoccupa solo di ricostruire fatti e individuare contenuti, ma anche di scoprire il «filo», le linee di forza, la logica interna di ciò che le fonti storiche presentano. Senza lo sforzo di comprendere e di interpretare, la semplice ricostruzione storica rischia di rimanere opera meritoria, ma destinata agli archivi. I santi, invece, sono parte preziosa di quel patrimonio di fede che la Chiesa è chiamata a custodire gelosamente, non come museo, ma come giardino, secondo la bella immagine utilizzata da papa Giovanni XXIII nella bolla di indizione del Concilio Vaticano II. L’attenta rilettura di un’esperienza spirituale, alla luce delle sfide del nostro tempo, costituisce una grande occasione per il rinnovamento della vita cristiana, che esige sia il continuo ritorno alle fonti, sia il continuo riadattamento alle mutate situazioni dei tempi». 4. I rischi dell’agiografia L’agiografia deve situarsi fra due scogli: se il modello che propone rimane senza presa sulla sensibilità dei suoi contemporanei, non li tocca; questo spiega la necessità di riscrivere in ogni epoca le vite dei santi antichi; ma se è troppo vicino a loro e al loro mondo quotidiano, il santo smette di essere uno a cui si ricorre, diventa inutile. Esiste un’agiografia alienante. In alcuni casi, sia nel Medioevo che in epoche più recenti, gli agiografi hanno posto l’accento sulla eccezionalità dei loro eroi e, più generalmente, sui tratti che li rendevano estranei alla condizione umana. Questa presentazione della santità ha favorito senza dubbio la meraviglia del pubblico di fronte alle mirabili azioni che Dio ha operato nei suoi santi. Ma questa insistenza ha finito per identificare la santità con una 2
perfezione posseduta fin dalla nascita, l’insensibilità di fronte alla sofferenza, performances ascetiche e prodigi taumaturgici: lungi dal mostrare ai suoi uditori o lettori che ogni situazione umana può essere il punto di partenza di un cammino di santità, questa impostazione agiografica delega ai servi di Dio il compito di unire, con le loro preghiere e intercessioni, il mondo con un aldilà inaccessibile ai semplici fedeli. 5. Alcune proposte presenti sul mercato italiano Editrice San Paolo: una collana offre «biografie di personaggi esemplari per la testimonianza della loro vita; noti studiosi presentano personaggi che con il pensiero e l’azione hanno impresso un’accelerazione al corso degli eventi e hanno individuato sentieri per il cammino dell’umanità». La collana è composta da varie sezioni, tra le quali: «le grandi biografie» (per esempio, Ignazio di Loyola, Giovanni XXIII); «tempi e figure» (per esempio, Pio XII, Lutero, De Luca, Gandhi, Buber, De Gasperi, Sturzo, Mazzolari, La Pira, Paolo VI…); «i protagonisti» (Giovanni della Croce, padre Pio, Ozanam, Tonino Bello, Frassati, Filippo Neri, Matteo Ricci, Luigi Monza, Gianna Beretta Molla, Andrea Santoro…). Altra collana interessante è «Attualità e storia», con pregevoli saggi su alcune figure significative del nostro tempo: i teologi protagonisti del Concilio Vaticano II, testimoni contemporanei come mons. Oscar Romero, l’abbé Pierre, René Voillume e i Piccoli Fratelli di Gesù… II. I «classici»: testi e temi significativi della tradizione spirituale 1. Che cos’è un «classico» della spiritualità? Non è facile definire in modo preciso quali sono le caratteristiche che rendono «classica» un’opera spirituale. Possiamo tentare di indicare alcuni criteri generali: a) «classico» è un testo capace di offrire idee, spunti di riflessione, intuizioni che toccano il «centro» della fede cristiana, i «nodi» dell’esperienza spirituale: il Dio di Gesù Cristo, la Parola di Dio e la preghiera, la Chiesa, i sacramenti; b) «classico» è pure un libro passato attraverso il vaglio, la «prova» della storia, che ha contribuito in modo decisivo a orientare cammini spirituali qualificati; c) «classica» è un’opera che, al di là del linguaggio in cui è scritta – necessariamente datato – sa comunicare anche in contesti temporali e geografici diversi senza perdere la sua efficacia e il suo fascino; d) ulteriore elemento per qualificare come «classico» un volume può essere la bellezza della sua forma letteraria. 2. Alcune proposte 1) Qiqaion, collana del Monastero di Bose: gli ambiti presi in considerazioni sono diversi: commenti spirituali a testi biblici; temi di spiritualità ebraica; testi e figure spirituali dell’Oriente cristiano; autori e scritti della tradizione monastica occidentale, specialmente quella medievale; autori e testi dedicati alla preghiera e alla liturgia; questioni legate alla spiritualità nel contesto attuale, postmoderno. Questi volumetti hanno diversi pregi: a) colgono aspetti centrali o comunque interessanti della vita spirituale; b) generalmente sono preceduti da introduzioni ben fatte, curate da esperti ma anche redatte con uno stile, un linguaggio e un orizzonte accessibili anche a un pubblico non specialistico; 3
c) vengono presentati anche testi poco conosciuti e comunque consistenti sotto il profilo spirituale; le tematiche dibattute in genere sanno intercettare questioni rilevanti e che toccano la sensibilità contemporanea; d) la veste grafica è sempre molto curata, anche nei particolari; questo porta inevitabilmente a un prezzo piuttosto alto. La scelta si concentra soprattutto su opere dell’età patristica, medievale e contemporanea, e su autori appartenenti al monachesimo orientale e occidentale. Se è legittima la scelta di ignorare quasi completamente l’età moderna e gli autori delle varie scuole di spiritualità (carmelitana, ignaziana o altre), nasce però il sospetto di una convinzione di fondo da parte della casa editrice e dell’istituzione che la sostiene: che la «vera» spiritualità, l’unica capace di raccoglie l’eredità biblica ed evangelica, sia quella monastica. 2) Glossa: «con la collana Sapientia il Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologia dell’Italia Settentrionale intende mettere a disposizione di tutti qualche strumento per “assaporare il bene” e per cercare, così, la propria maturità. Spesso il “bene” è più facilmente rintracciabile nei testi selezionati e trasmessi dalle generazioni che ci hanno preceduto. Per questo vorremmo offrire qualche aiuto per leggere o rileggere i grandi testi della tradizione cristiana (biblica e post-biblica), insieme a qualche occasione per una riflessione teologica sui grandi temi della spiritualità cristiana». Ecco alcuni dei testi presentati: Agostino, L’umiltà dell’amore. Il commento alla lavanda dei piedi nelle omelie 55-59 sul Vangelo di Giovanni; La Via Crucis di san Leonardo da Porto Maurizio; Anonimo cistercense del XII secolo, Dulcis Iesu memoria; J.-B. Saint-Juste, L’uomo spirituale; Geltrude di Helfta, Esercizi spirituali. Indubbio vantaggio di questi volumi è di mettere a disposizione del pubblico testi difficili se non impossibili da reperire in lingua italiana. Inoltre offrono ampi e approfonditi saggi introduttivi che aiutano a valorizzare i testi. Circa le tematiche trattate, eccone alcune: L’idea di spiritualità; L’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi; I cammini di perfezione cristiana; La qualità della preghiera cristiana; L’umiltà cristiana; Accidia e perseveranza; Beatitudine e benessere; Ascesi e figura cristiana dell’agire; Nostalgia e desiderio di Dio. Il valore non trascurabile di questi volumi sta nel fatto di inserire alcune tematiche classiche della vita spirituale in una prospettiva teologica più complessiva, che tiene presente l’approccio fondamentale, quello morale e, più in generale, l’orizzonte culturale odierno. 3) Paoline: collana Letture Cristiane del II millennio: «La collana raccoglie le opere più significative e attuali dei “pensatori cristiani” che sono stati punti di riferimento per gli uomini del 2° millennio, e continuano a esserlo per chiunque oggi avverta l’esigenza di attingere alla freschezza delle verità più profonde». Tra i volumi più recenti, meritano una particolare considerazione: autori del medioevo latino quali Aelredo di Rielvaulx, L’amicizia spirituale e Guglielmo di Saint-Thierry, Lettera d’oro. Lettera ai fratelli del Monte di Dio; esponenti della spiritualità dell’Oriente cristiano come Gregorio Palamas, L’uomo, mistero di luce increata. Pagine scelte e I. Brjancaninov, Sulle tracce della Filocalia. Pagine sulla preghiera esicasta; autori moderni e contemporanei come John Henry Newman, Gesù. Pagine scelte; Charles de Foucauld, Solo con Dio, in compagnia degli uomini. Questa collana fa seguito a quella avviata già da tempo dalle Edizioni Paoline e intitolata «Maestri». Essa muove dalla consapevolezza che «non è vero che i grandi maestri riflettono soltanto il loro secolo: essi riflettono l’umanità. Coloro che attingono alla medesima loro linfa possono sperare di crescere di portare anch’essi frutti immortali». In questa collana ci sono testi famosi, introdotti da pregevoli saggi. Per esempio: Jean-Josephe Surin, Guida spirituale; Aa.Vv., Un itinerario di contemplazione. Antologia di autori certosini. 4
Anche per queste pubblicazioni si può ripetere quanto già ricordato per le collane precedenti. Sono apprezzabili per la serietà dell’edizione critica utilizzata come base, per l’accuratezza delle traduzioni e per l’apparato di note e indici che accompagna i volumi, soprattutto gli ultimi pubblicati. 4) Testi appartenenti a specifiche tradizioni spirituali * O.C.D. (Edizioni dei Carmelitani Scalzi) ha lanciato una nuova collana chiamata «Ripartire dall’essenziale». Questa denominazione riprende il titolo del Capitolo generale dei Carmelitani Scalzi (2003), dove l’Ordine si è chiesto come poter «rispondere alle esigenze dei segni dei tempi, nella Chiesa e nel mondo, e alle grandi e legittime aspirazioni, umane e religiose, delle nuove generazioni», in modo da «portare a compimento in modo più efficace ed attuale la missione del Carmelo Teresiano nel Terzo Millennio». Tra le pubblicazioni più interessanti segnaliamo quelle di T. Álvarez, Guida all’interno del Castello. Lettura spirituale delle Mansioni di Teresa d’Avila; Introduzione alla lettura di santa Teresa di Gesù. Ambiente storico e letteratura teresiana, a cura di A. Barrientos; Maximiliano Herráiz, Dio solo basta. Chiavi di lettura della spiritualità teresiana; L. Borriello – G. della Croce, Temi maggiori di spiritualità teresiana. * A.D.P. (Edizioni dell’Apostolato della Preghiera) promuove pubblicazioni di testi legati alla tradizione spirituale ignaziana. Tra l’altro ricordiamo: J.I. Tellechea Idígoras, I sogni di Francesco di Javier; B. O’Leary, Pietro Favre e il discernimento spirituale. * Edizioni Francescane ed Edizioni Messaggero di Padova su autori, scritti e tematiche francescane III. Alcune tendenze attuali 1. I risvolti psicologici dell’esperienza spirituale Nell’attuale panorama librario il settore della «spiritualità» vede la fortuna di un genere di testi che si caratterizza per una forte attenzione ai risvolti esistenziali e psicologici dell’esperienza spirituale. Questi libri utilizzano un linguaggio vicino alla sensibilità dell’uomo contemporaneo, abituato a parlare di sé in chiave psicologica. Ci riferiamo, per esempio, al successo editoriale dei libri di Henri Neuwen e di Anselm Grün, pubblicati in Italia soprattutto – ma non solo – dall’editrice Queriniana: attenzione ai risvolti esistenziali della vita spirituale. a) Henri J.M. Nouwen (1932-1996), nato e morto in Olanda, è vissuto soprattutto negli Stati Uniti. Sacerdote, si è dedicato all’insegnamento negli anni ‘60 e ‘70, come docente di teologia pastorale presso le prestigiose Università di Jale e di Harvard. Negli anni ‘80 ha coltivato contatti e vissuto esperienze in America Latina: ciò lo ha spinto a riconsiderare criticamente la propria attività accademica. Nel 1985 incontra una comunità dell’Arca (fondata da J. Vanier), a Daybreak, vicino a Toronto. Abbandonato l’insegnamento universitario, ha lavorato a tempo pieno con alcuni handicappati mentali di quella comunità. La sua attività di scrittore accompagna tutta la sua vita, dal 1969 in poi, con un crescendo di pubblicazioni (più di 30 opere, di diversa mole, tradotte in italiano). Passando in rassegna i titoli di queste pubblicazioni, emerge lo stretto rapporto con le esperienze di vita da cui esse nascono: i soggiorni in America Latina, i periodi trascorsi presso un monastero trappista, la morte della madre, la contemplazione di un’opera pittorica come l’abbraccio del figliol prodigo di Rembrandt. Molti di questi libri potrebbero essere qualificati quasi come «autobiografie spirituali». 5
Un testo riassuntivo, pubblicato dopo la sua morte è Semi di speranza, Gribaudi, Milano 1998, pp. 288, euro 15,00. La parola «cuore» ricorre molte volte nelle riflessioni di Nouwen e vi gioca un posto importante. Lo si vede anche in questa citazione, dove riferisce della lezione appresa dal rapporto con un amico, Adam, portatore di un grave handicap: «Adam continua a dirmi che ciò che ci rende umani non è la mente, ma il cuore, non la nostra capacità di pensare, ma la nostra capacità di amare […]. Stiamo toccando qui l’origine della vita spirituale. Spesso si pensa che la vita spirituale sia l’ultimo stadio e che sopraggiunga dopo lo sviluppo del livello biologico, emotivo e intellettuale della vita. Ma vivendo con Adam e riflettendo sulla mia esperienza con lui, mi sono reso conto che lo spirito amante di Dio ci ha raggiunti molto prima che potessimo camminare, provare emozioni o parlare. La vita spirituale ci viene data fin dal momento del nostro concepimento. È il dono divino dell’amore che rende una persona capace di manifestare una presenza molto più grande di se stesso e di se stessa» (pp. 240-241). Dalla lettura di testi come questo emerge una questione seria: la vita spirituale può essere pensata semplicemente come l’equivalente della vita interiore dell’uomo? Se è così, la dimensione psicologica e quella spirituale sembrano la stessa cosa. b) Anselm Grün, nato nel 1945, è monaco benedettino dell’Abbazia di Munsterschwarzach in Germania, dove svolge sia l’ufficio di economo sia quello di accompagnatore spirituale e consulente per persone con problemi psicologico-affettivi. Nei suoi scritti ha messo a fuoco tematiche «spirituali» legate strettamente a temi psicologici. Basti citare qualche titolo: Come essere in armonia con se stessi; Non farti del male; L’amicizia; Scoprire la ricchezza della vita (con il sottotitolo Immagini bibliche per una cura d’anime che guarisce); La cura dell’anima. Come si può intuire, il suo approccio dedica particolare attenzione ai risvolti psicologici della vita spirituale, con un interesse speciale e dichiarato per una prospettiva di «guarigione» interiore, che egli ricollega al ministero di Gesù descritto nei Vangeli e inteso per lo più secondo un approccio «terapeutico». Ha anche pubblicato sul tema dei sacramenti (in italiano, sette volumetti, dedicati ciascuno a uno dei sacramenti) presentati non sotto il profilo dogmatico, ma con un’attenzione speciale ai risvolti individuali e psicologici. Ecco un’affermazione rappresentativa del suo approccio: «La Bibbia ci mostra gli aspetti risanatori dell’immagine di Dio. Nell’AT sono contenuti per esempio nei Salmi e in quei Profeti che proclamano l’amore materno di Dio che non giudica, bensì incoraggia. Ce lo presenta come un padre misericordioso che abbraccia il figlio perduto… Le immagini risanatrici della Bibbia ci mostrano Dio di volta in volta come un padre che dà ai suoi figli ciò di cui hanno bisogno e come una madre che offre rifugio, sicurezza, quiete e accoglienza». Altro esempio: nel suo volume Non farti del male (Queriniana, Brescia 2002, pp. 152, euro 11,36), Grün parla della «mistica» dando a questo termine un significato piuttosto vago; afferma che «la strada della mistica è sempre anche un percorso di libertà interiore», che «il percorso mistico è sempre anche un percorso terapeutico» e che «meta del cammino mistico è l’unione con Dio e la liberazione, il venire-a-sé dell’essere umano, la sua autorealizzazione». Sembra che ciò che più importa di questa unione mistica con Dio sia il versante soggettivo, che culmina in una prospettiva in cui l’autorealizzazione è considerato il valore massimo. Difficile dire quanto sia rimasto di una prospettiva cristiana della vita spirituale. c) Emerge una certa ambiguità a proposito di termini come vita spirituale e spiritualità: il loro significato talvolta sembra coincidere con la vita psichica, o l’interiorità dell’uomo, mentre il riferimento al Dio cristiano e all’azione del suo Spirito sembra poco presente. Il tema del divino viene spesso genericamente identificato con un generico sentimento religioso che trascura i tratti caratteristici della rivelazione cristiana. L’obiettivo – non sempre dichiarato – è il raggiungimento di un benessere psicologico, quasi che sia questo lo scopo ultimo della vita spirituale. In questa prospettiva diventa difficile una 6
sintonia con tematiche evangeliche come la Croce o il rinnegamento di sé. Anche l’attenzione legittima e positiva alla dimensione esperienziale della vita spirituale, si espone al rischio di enfatizzare il «sentire» interiore identificandolo ipso facto con la vita nello Spirito. È facile cogliere una certa consonanza tra questa letteratura e l’orientamento che genericamente si può definire New Age, dove pure si parla molto di spiritualità, ma in una chiave decisamente diversa da quella cristiana. 2. La dimensione estetica della spiritualità a) Molti sono i segnali che indicano la costante crescita, nell’ambito ecclesiale, dell’interesse pastorale per il mondo dell’arte. Ormai si recensiscono con regolarità documenti, mostre, iniziative varie. Sempre più frequente è domanda di come far parlare oggi l’enorme patrimonio artistico connotato in modo religioso, e sul ruolo da affidare all’attuale produzione artistica. Questa linea, che sottolinea la dimensione estetica dell’esperienza spirituale, riscuote molto consenso nelle pubblicazioni a carattere spirituale. Si vedano, per esempio, i volumi dell’Editrice Áncora con la collana «Tra arte e teologia». Alcune famose opere di arte sacra sono studiate come espressioni della spiritualità degli artisti e come icone viventi che anche a distanza di secoli continuano a suscitare risonanze spirituali in chi le guarda con un atteggiamento di contemplazione. Sono volumi di piccolo formato, realizzati in carta patinata con stampe a colori di buona qualità. La caratteristica comune, cifra della collana, è la lettura dell’opera d’arte con gli occhi del cuore. Tra gli autori che si muovono ai confini tra teologia, arte e spiritualità si segnalano in modo particolare P.A. Sequeri, P.L. Lia, T. Verdon, D. Pezzini. * Nel volume di D. Pezzini, Giacobbe e l’angelo. Il mistero della relazione, Ancora, Milano 2001, pp. 96, € 14,45, l’autore esplora il tema iconografico dell’incontro/scontro di Giacobbe con l’angelo al guado dello Yabbok (Gen 32,23-33), scorgendo al di sotto della nutrita serie delle variazioni proposte da una ventina di opere (capitelli medievali, il Morazzone, Delacroix, Epstein, Chagall, Lioba Munz) il filo rosso di una «teologia della relazione» in cui l’ambivalenza intrinseca dell’episodio (incontro-scontro, lotta-abbraccio, ferita-benedizione) illumina la dinamica delle relazioni umane d’amicizia-amore, e di riflesso anche l’intersezione di queste con l’esperienza di Dio. Dello stesso Pezzini è il volume Il corpo risorto. Tra arte e teologia, Ancora, Milano 22001, pp. 96, € 12,91. L’autore offre una meditazione sulla Pasqua attraverso l’opera di sei pittori (Piero della Francesca, Matthias Grunewald, Il Greco, L’Orbetto, Filippo d’Argenta, Francesco Salviati). * È invece l’opera di un solo artista l’oggetto della ricerca di Curzia Ferrari nel volume Donne e Madonne. Le sacre maternità di Giovanni Bellini, Ancora, Milano 2000, pp. 80, € 12,91. Il volto di Maria, ritratto dal Giambellino in innumerevoli «Madonne col Bambino» nella Venezia del XV secolo (26 le tavole a colori nel libro), rivela un percorso d’approfondimento, da parte del pittore, del mistero divino della maternità della Vergine, attraverso il consolidarsi del legame con la moglie Ginevra, che dà un volto a Maria trasformandola da simbolo astratto a raffigurazione profondamente e serenamente umana. * Un altro volume in questa collana, è quello di P. Lia, La Pietà Rondanini. Una lettura del mistero pasquale, Ancora, Milano 1999, pp. 72, € 10,33. L’autore, discepolo di Sequeri che scrive l’introduzione, parte dalla considerazione che «c’è un aspetto che Michelangelo stesso addita insistentemente come determinante per la comprensione della sua opera e della sua vicenda biografica, la cui attenta considerazione è in genere disattesa: si tratta della sua fede 7
cristiana». Ed è questo aspetto a guidare la lettura della Pietà Rondanini, che rappresenta «il compimento, la parola ultima della vista stessa di Michelangelo», una meditatio mortis concentrata in un gesto sospeso. b) L’idea di fondo che sta alla base di queste opere si potrebbe esprimere così: trascurando l’estetica, la religione (e la spiritualità) oscilla paurosamente tra una resa incondizionata alla ragione moderna, che è poi la ragione logico-matematica, e un abbandono senza riserve a un sentimento che non sprigiona alcuna forza, ma solo parole consumate anche per la consolazione. Questa teoria emerge da vari testi di PierAngelo Sequeri per il quale il vertice dell’esperienza estetica nella sua forma propriamente cristiana è arrivare a «sentire» lo Spirito all’opera mentre «dà vita» Essa percorre quella via mediana che lascia ai lati come sue derive la condizione solamente intellettuale che «sa» dell’esistenza dello Spirito, ma non lo «sente», e la condizione mistica che traduce l’estetica in estatica, e se ne va solitaria per vie indecifrabili e soprattutto incomunicabili. Si tratta quindi di connettere la fede al sentimento, evitando alla fede il volto arcigno dell’intolleranza e al sentimento la sua patetica caduta nella commozione. c) L’arte (architettura, pittura, scultura, ma anche letteratura e musica) aiuta a comprendere meglio il «mistero celebrato», dove per «comprendere» si intende la capacità di penetrare con i sensi e la mente il mistero. L’arte non serve il «mistero» semplicemente servendo la liturgia o la spiritualità, ma servendo la bellezza di Dio in Cristo. Ma deve «dire» quel Cristo, e non un altro. Non si tratta quindi di restituire all’arte un ruolo che essa non accetta più (quello di ancilla liturgiae); si tratta, però, di ricordarle che, se vuole essere «forma della lode», deve riconoscere chi vuole lodare. All’artista che agisce nella Chiesa e con la Chiesa, questo non può sfuggire. L’arte, in questo modo, sarà davvero un servizio e avrà lo statuto di «carisma». d) Da parte della teologia è sempre più avvertita la necessità di «sentire», di collocare i percorsi teologici entro la globalità dell’esperienza della fede, nella quale immagini ed emozioni giocano un ruolo importante. Sia che la teologia (e la spiritualità) consideri la Trinità o lo Spirito Santo, la redenzione di Cristo o il mistero della Chiesa, deve sempre tener che la percezione credente coglie il suo oggetto non solo attraverso la via del concetto ma anche mediante quella della visione, della contemplazione, dell’emozione estetica e dell’imperativo etico. Naturalmente la teologia non può rinunciare alla funzione critica anche nei confronti del magmatico mondo delle immagini e delle sensazioni di cui vive l’esperienza religiosa. La teologia odierna deve, per così dire, combattere su due fronti: da un lato, essa ha bisogno di superare una sua tradizione di stampo razionalista; dall’altro, non può abbandonarsi all’ondata culturale estetizzante che sembra caratterizzare il nostro tempo, nel quale il discernimento del vero e del falso, del bene e del male, va scomparendo nella nebbia delle sensazioni, del «mi piace» o «non mi piace», sì che l’attuale revival religioso si risolve non di rado in una religiosità senza Dio e senza morale. IV. Tematiche particolari 1. Preghiera ed esperienza mistica 2. La Croce e l’esperienza della sofferenza 3. La dimensione corporeo-affettiva della vita spirituale 4. La vita spirituale nel contesto postmoderno 5. La spiritualità della vita consacrata 6. Sensibilità ecumenico-spirituale 8
Conclusione 1. «Ci sono quelli che vogliono leggere tutto; tu non gareggiare con costoro. Ti basti quello che hai. Non ti interessi se non hai letto tutti i libri. Infinito è il numero dei libri. Tu non stare dietro all’infinito, dove non c’è fine e non può esserci requie». «Dove non c’è fine, non può esserci requie, dove non c’è requie non c’è pace e dove non c’è pace non c’è Dio» (Ugo di san Vittore) 2. «La lettura suole recare fastidio all’animo e affliggere lo spirito in due modi, sotto il profilo qualitativo, nel caso essa sia oscura, e sotto il profilo quantitativo nel caso essa sia prolissa; in entrambi i casi bisogna avere una grande cautela, affinché quanto è richiesto per dare sollievo non finisca per soffocare» (Ugo di san Vittore) 3. Ciò che importa è una lettura approfondita, capace di cogliere il succo di quello che si ha davanti. In questo senso, la questione della definizione dei tempi di lettura non è un dato secondario ma una discriminante importante della lettura. Giulio Negroni, un gesuita vissuto tra il XVI e il XVII secolo, consiglia che il tempo giornaliero da dedicare alla lettura «non sia più breve di un quarto d’ora né più lungo di un’ora. Se è più breve di un quarto d’ora, non si ricaverà da essa nessuna utilità…; se è più lungo di un’ora, reca fastidio e affligge lo spirito». 4. «Né stancherà i vostri animi il fatto che non riuscite a fissare nella memoria tutto quello che leggete, dal momento che come un vaso, che venga spesso riempito d’acqua, resta netto, anche se l’acqua versatavi subito ne scorre via, così la dottrina spirituale se attraversa spesso la mente benigna, anche se non vi si sofferma, tuttavia la rende e mantiene lucida e gradita a Dio» (Louis de Blois) 5. «Chi indugia, si sofferma e con calma studia i libri salutari – scrive sempre il Negroni – è simile a un vecchio amico con cui si è contratta una stabile amicizia, che ti ricambia con un amichevole affetto, che sa trarre frutto dal continuo rapporto con l’amico senza mai dimenticarsi di lui». Al contrario, il commensale avido di cibi, il viandante che vaga senza meta, il pellegrino che passa la vita in viaggio, risultano figure dell’inconcludenza, votate tragicamente al fallimento e rimandano l’immagine di un rapporto falsato con i libri, segnato dall’incapacità di soffermarsi, di sostare, di insistere su un testo, di interrogarsi con esso. 6. Leggere è un atto etico, spirituale, non una semplice operazione intellettuale. Infatti non si riesce a leggere se non si sa controllare la propria vanità, la propria curiosità, l’accidia che ci fa andare o troppo piano o troppo veloce. Non si riesce a leggere se non si riesce a trovare il tempo, da intendersi quasi come il ritmo più che come una manciata di minuti, se non si sa ascoltare se stessi. don Ezio Bolis 9
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