Nuove atmosfere Stagione sinfonica - Filarmonica Arturo Toscanini Andriy Yurkevych direttore Bruno Canino pianoforte Antonio Ballista pianoforte ...
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nuove Giovedì 8 febbraio 2018 ore 20.30 atmosfere Stagione Filarmonica Arturo Toscanini Andriy Yurkevych direttore sinfonica Bruno Canino pianoforte 2 0 1 7- 2 0 1 8 Dodicesima edizione Antonio Ballista pianoforte
Partner istituzionale della Partner istituzionale della F o n d a z i o n e A r t u r o To s c a n i n i F i l a r m o n i c a A r t u r o To s c a n i n i Sponsor ufficiale della Stagione Amici promotori Sponsor tecnici
Ennio Morricone (Roma, 10 novembre 1928) Varianti per Ballista Antonio Canino Bruno (15’) per due pianoforti e orchestra d’archi Adagio molto Francis Poulenc (Parigi, 7 gennaio 1899 – 30 gennaio 1963) Concerto in re minore per due pianoforti e orchestra FP 61 Allegro ma non troppo Larghetto Finale Antonín Dvořák (Nelahozeves, 8 settembre 1841 – Praga, 1º maggio 1904) Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal Nuovo Mondo” op. 95 (42’) Adagio - Allegro molto Largo Scherzo. Molto vivace Allegro con fuoco Filarmonica Arturo Toscanini Andriy Yurkevych direttore Bruno Canino pianoforte Antonio Ballista pianoforte
Snobbare le avanguardie ha un suo perché, se non altro permette di ritagliar- si libertà di linguaggio, il che non significa per forza indebitarsi col pubblico ma di certo non sentirsi in obbligo verso qualcosa. Non che i compositori di questo programma abbiano snobbato le avanguardie del proprio tempo, anzi ci sono passati attraverso e oltre: solo che hanno saputo non accettarle in blocco, anziché farsi accettare a tutti i costi. Ennio Morricone non è solo l’uomo delle colonne sonore, veri film nei film. È anche e prima di tutto un allievo di Petrassi, che ha sperimentato il seria- lismo, ha frequentato i corsi di Darmstadt tempio della musica nuova, li ha rigettati e ha saputo trovare una propria strada in mezzo a quei tortuosi e autoritarii percorsi. E la strada della sua musica non destinata al cinema è da sessant’anni, cioè dal Concerto per orchestra e Musica per undici violini, una strada cólta ma non pedante, sperimentale ma non utopista. E la sua musica è asciutta, lascia intorno a sé un inquietante senso di sospensione e un inafferrabile sapore primordiale. In questo pezzo, eseguito in prima assoluta da Canino e Ballista un anno fa per il conferimento a Morricone di una laurea ad honorem a Milano, si aggiunge un gusto matematico degno di un Bach. È una pura dissertazione dottorale. I pianoforti si muovono all’inizio nella stessa ottava, poi lo spazio si apre, i suoni si fanno più, distanti, brevi e forti, raggiungono il culmine drammatico, infine gli strumenti si riavvicinano in una geometria di imita- zioni. I quattro suoni in notazione anglotedesca (A = la, B = si bemolle, ecc.) allusi dal titolo nelle iniziali dei dedicatari sottolineano il principio composi- tivo del pezzo, un minimo slittamento per semitoni. Come Morricone, anche Poulenc ha avuto un periodo americano, ma il me- glio lo ha dato prima, fra le due guerre, epoca a cui risale anche il suo Con- certo per due pianoforti. Come Morricone, non disprezzava dialogare col pas- sato. E, come Morricone, non amava gli avanguardisti, e gli avanguardisti non amavano lui: Boulez considerava la sua musica “confetteria”. I confetti del Concerto per due pianoforti mandano a nozze Settecento e contempora- neità in una cerimonia del gusto mai banale o stucchevole, che fa l’occhiolino all’ascoltatore. Composto per la principessa Winnie de Polignac ed eseguito il 5 settembre 1932 a Venezia da Poulenc con Jacques Février e l’Orchestra della Scala diretta da Désiré Defaw, è anche uno dei pochi concerti per due pianoforti del repertorio – l’altro è il K 365 di Mozart, che infatti qui Poulenc cita, così come nel Larghetto cita il concerto K 537. A questi si aggiungano profumi jazz, qualcosa di café chantant, qualche danza popolare, echi di percussioni balinesi e un frammento del Concerto in sol di Ravel, idolo di Poulenc, presentato in quello stesso anno. Si ha l’impressione di ascoltare un concerto classico, ed è invece una pura architettura dei sensi.
Al contrario, la Sinfonia “dal Nuovo Mondo” di Dvořák finge di essere un monumento alla musica indiana d’America e invece è una normalissima sin- fonia tedesca a struttura ciclica con citazione finale del tema iniziale, secondo la moda di fine secolo (fu eseguita alla Carnegie Hall nel 1893, l’anno dopo l’arrivo di Dvořák per dirigere il Conservatorio di New York). Ottoni, corni inglesi, richiami lontani, ritmi cavalcanti – cioè il normale apparato lingui- stico del sinfonismo mitteleuropeo – sono camuffati da melodie popolari così come Verdi aveva rifatto l’Egitto senza una goccia di Nilo, ma qui si ha l’im- pressione che si spalanchi il Canyon o il bacino del Missouri, e ti si appiccichi addosso. Era l’effetto delle larghe vedute americane, fisiche e psicologiche. Per un boemo che si era fatto una reputazione europea di compositore in- dipendente e non radicale parve una stranezza eccessiva, e gli accademici non gliela passarono liscia. Ma aveva dalla sua il pubblico, ce l’ha ancora, e questo basta e avanza. Giuseppe Martini
INTORNO AL CONCERTO Morricone Confidenze e pensieri sulla musica La musica poi è intangibile, non ha sembianze, è come un sogno: esiste solo se viene eseguita, prende corpo nella mente di chi ascolta. Non è come la poesia, che non necessita di interpretazione perché le parole hanno un loro significato. La musica può essere interpretata in vario modo. Dagli anni del mio esordio a oggi si è passati attraverso l’alta fedeltà, la riproduzione sempre più perfetta del suono, l’arricchimento tramite mes- saggi video. Tutto è diventato più accurato. E il mio modo di scrivere testi- monia sempre l’esigenza di andare avanti lungo un percorso creativo. A volte quando sono arrabbiato nasce dentro di me, e diventa sempre più chiara e netta, una musica allegra, un trallalà che non c’entra nulla con il mio stato d’animo e all’inizio mi fa arrabbiare di più. Capisce l’effetto comico? Passioni Scrivere musica è il mio mestiere, quello che mi piace e l’unica cosa che so fare. È un vizio, sì, un’abitudine, ma anche una necessità e un piacere: l’amore per il suono, i timbri, il poter dare forma alle idee, trasformare l’interesse e la curiosità verso l’opera che il compositore ha immaginato in qualche concerto. Un’impressione di Bernardo Bertolucci Mi sembra che in segreto Morricone vada sempre alla ricerca di qualcosa che è nel profondo della sua identità musicale, ma ogni volta in maniera radicalmente differente. Ha la capacità di avvolgere con la sua musica le idee dei registi con cui lavora, ma, malgrado la sua risorsa camaleontica, è difficile immaginare Ennio che impone al cineasta di turno il proprio pezzo, la propria idea. Antonio Ballista e le Varianti Le iniziali del titolo, nascondono un acronimo che è il nome di Bach, se- condo il procedimento tedesco per il quale il nome delle note corrisponde a delle lettere… Bach, che collega il passato con il presente, in uno dei pezzi di musica assoluta per Morricone, non d’uso per il cinema, e non su ordinazione. Molto probabilmente si tratta del più recente, in quanto risale all’anno scorso, in occasione del conferimento della laurea honoris causa
a Milano. Sapeva dei nostri sessant’anni ed è stato contento di scriverci le Varianti un omaggio alla musica novecentesca con il pensiero rivolto al suo maestro Petrassi. Affida ai pianoforti dei contrappunti espressivi su un’ar- monia dissonante; gli archi fungono da orchestra d’amore (similmente alla viola d’amore) in quanto sembrano riflettere i suoni come una cassa di risonanza. A Milano, in un commosso intervento, Morricone ha usato que- ste parole “una definizione chiara del pensiero attraverso i suoni scritti”. Si comincia dall’oscurità, per arrivare all’espressione più intensa con una modalità sperimentale, come piace a lui, che qui si serve di un linguaggio opposto a quello della musica per film. Poulenc Il tentativo fallito di entrare in Conservatorio «Raccomandato da un mio amico, che è anche molto vicino a Paul Vidal, sono andato a chiedere a quest’ultimo se ci fosse una possibilità per entrare al Conservatorio. All’inizio è stato anche cordiale, chiedendomi chi fossero stati i miei insegnanti fino ad oggi e altre cose. Poi mi ha chiesto se gli avessi portato un manoscritto. Allora gli ho dato la parte di Rapsodie Negre. Lui l’ha letta attentamente, ha alzato il sopracciglio e vedendo la dedica a Erik Satie, si è infuriato e ha gridato queste esatte parole: “Il tuo lavoro puzza, non è altro che un mucchio di palle. Stai cercando di farmi passare per uno scemo con queste quinte parallele dappertutto? E che cavolo è questa? Honolulu? Ah! Vedo che ti sei unito al gruppo di Stravinskij, Satie & Co. Bene allora, addio!” » Confessioni, giudizi, preferenze _La mia musica è il mio ritratto… Mi sento più a casa con gli strumenti a fiato che con gli archi. _Sono ben conscio di non essere quel tipo di musicista che porta innovazio- ni armoniche, come Stravinskij o Ravel, o Debussy, ma io penso veramente che ci sia un posto nella musica contemporanea anche per chi si accontenta di usare gli accordi di altri. Non era questo forse il caso di Mozart e di Schu- bert? ... E, in ogni caso, con il tempo, la personalità del mio stile armonico diventerà evidente. Non era forse anche Ravel a lungo reputato niente più che una figura minore e un imitatore di Debussy? _ Non sono né cubista, né tanto meno futurista, e ovviamente non impres- sionista: sono un musicista senza etichetta. _ I miei quattro compositori preferiti, i miei soli maestri, sono Bach, Mozart,
Satie e Stravinskij. Non mi piace per nulla Beethoven, detesto Wagner. In generale sono veramente eclettico, ma, pur riconoscendo che la suggestione è una cosa necessaria, odio quegli artisti che rimangono sulla scia dei grandi. Con affetto Ad un ascolto superficiale, la musica di Francis Poulenc potrebbe apparire come quella del tipico compositore francese: spiritosa, audace, sentimenta- le, maliziosa. In realtà però Francis era molto spesso depresso, impressiona- bile, insicuro e soggetto al panico. Dava un grande significato alla sincerità: era troppo innocente per essere ipocrita… Poulenc era una persona molto sensibile e soffrì tantissimo per la perdita di alcuni cari amici morti troppo giovani. (Benjamin Britten) La musica di Poulenc era e rimane una sorgente. Una sorgente che ha for- mato un fiume e mai la sua freschezza ci ha fatto dimenticare che essa si colloca in un luogo profondo. (Jean Cocteau) Sul Concerto e la sua prima esecuzione a Venezia Se ricordi, mio caro Claudio, verso il 1930, era il momento del ritorno a qualcosa: ritorno a Bach ad Hindemith, Čajkovskij a Stravinskij. Nel Lar- ghetto di questo Concerto, mi sono concesso, per il tema iniziale, un ritorno a Mozart perché ho il culto della linea melodica e preferisco Mozart a tutti gli altri musicisti. Se ho cominciato da Mozart, non ho impiegato molto per passare con la risposta del secondo pianoforte ad uno stile che mi era familiare in quel momento. (Poulenc al critico musicale Claude Rostand) Nel Concerto c’è gioia, buon umore e timidezza. Anche Mozart. Così si ca- pisce chi è Poulenc. La sua musica vivrà sempre. (Jacques Février, secondo pianoforte in occasione della prima esecuzione) Le risorse del pianista Poulenc sono illimitate: la scorsa notte abbiamo avuto la dimostrazione nella nitidezza dei dettagli con cui è stata resa l’im- pareggiabile chiarezza del disegno ritmico, il gioco vario dei timbri, il suono e la morbidezza del tocco e l’estrema fluidità del controllo delle dita. (Gui- do Salvini, sulla Gazzetta di Venezia il 6 settembre 1932) Poulenc secondo Antonio Ballista Amo molto questo autore e penso che sia sottovalutato. Lo definisco un birichino parigino che ha composto alcune tra le musiche più spirituali in assoluto. Poulenc ha inventato un nuovo modo di ascoltare la musica: non con la testa tra le mani e in assoluto rapimento per attingere nel profondo - come ben raffigura il quadro Beethoven di Lionello Balestrieri - ma ci tra- smette la possibilità di godere della musica, magari bevendo un aperitivo
sulla terrazza di Parigi. Questa sorta di Don Giovanni musicale cita Mozart nel secondo tempo del Concerto, ma nel terzo divaga fino ad arrivare a Joplin e con lui altri autori cosiddetti leggeri del ‘900. Potremmo in questo senso pensare che sia un autore senza personalità… Niente affatto! Egli non è mai così tanto Poulenc come quando cita gli altri compositori. La sua personalità è così forte che non riesce ad imitare! Infatti se scrive una melodia mozartiana… è ancora più Poulenc! Per nessuno come per lui vale la convinzione che le etichette, una volta ap- plicate, rimangono ingiustamente per tanti anni. Purtroppo molto dopo si capisce che non è come dice l’etichetta! Ad esempio: il divertente Poulenc, invece trasfigurava e rendeva la polvere paradisiaca! Dvořák Avere un’idea meravigliosa non è niente di speciale. L’idea viene da sé, e se va bene è bene, ma l’uomo non può prendersene il merito. Piuttosto cattu- rare una buona idea per fare qualcosa di grande, è la cosa più difficile da fare; questo è ciò che è la vera arte! Dal loro mondo Dvořák non fu in alcun modo un rinnovatore della forma. Le sue Sinfonie mantengono il consueto schema classico in quattro movimenti, con una alternanza equilibrata di momenti di maggiore tensione nei tempi estremi, di distensione lirica e di movenze di danza in quelli centrali…. Le sue im- magini rappresentano stati d’animo che si rifanno a un mondo originario e spontaneo di suggestioni e di simboli immeritamente traducibili in un na- turale fluire del discorso musicale, a cui la felicità melodica e la cura della strumentazione conferisce un carattere di gradevolezza e di brillantezza non comune. (Sergio Sablich) Quando Dvořák scrisse sulla partitura: Dal Nuovo Mondo In un caffè, un giorno, Anton Seidl, direttore della New York Philarmonic, ha raccontato che Dvořák stava lavorando ad nuova sinfonia. «Così gli ho chiesto di poter presentare il lavoro in un prossimo concerto della New York Philharmonic e il Maestro fu d’accordo. Il giorno dopo lo informai che la sinfonia sarebbe stata eseguita il 15 dicembre, e soltanto quando mi consegnò la partitura aggiunse alla pagina del titolo, le parole Dal Nuovo Mondo! In precedenza aveva scritto unicamente “Sinfonia in mi minore”. »
Nella Sinfonia n.9 il nuovo mondo nelle riflessioni di Dvořák _Credo che la terra americana influenzerà in modo benefico i miei pensieri, e potrei quasi dire che qualcosa del genere si sente già nella nuova Sinfonia. _Nelle melodie dei neri d’America ho potuto trovare tutto ciò che serve a una grande e nobile scuola di musica. Esse sanno essere patetiche, tenere, appassio- nate, malinconiche, solenni, religiose, vigorose, amabili allegre. Non vi è nulla in tutta la varietà del comporre che non possa essere detto con questi temi. _È lo spirito delle melodie negre e degli indiani d’America che mi sono sforzato di ricreare nella mia nuova Sinfonia. Non ho usato neanche una di quelle melodie. Ho semplicemente scritto dei temi caratteristici incor- porando in essi le qualità della musica indiana, e usando questi temi come mio materiale li ho sviluppati servendomi di tutti i moderni mezzi del rit- mo, del contrappunto e del colore orchestrale. _La sinfonia mi piace molto e si distingue in modo sostanziale dalle mie precedenti composizioni. Certamente l’influenza dell’America può esser sentita da chiunque abbia un naso. Largo Il famoso tema era originariamente scritto per il clarinetto, ma il composi- tore, in seguito, alterò la strumentazione, poiché si diceva che il suono del corno inglese avesse ricordato la qualità della voce di Harry Burleigh -com- positore e baritono neroamericano e suo allievo al Conservatorio di New York- le cui esibizioni hanno dato a Dvořák l’opportunità di ascoltare gli spiritual. Il tema principale divenne così popolare da dar vita a tutta una serie di arrangiamenti strumentali e vocali; il più noto è Goin ‘Home, creato nel 1922 da William Arms Fisher (1861-1948), un altro allievo americano di Dvořák. La Sinfonia n.9 sulla luna Il primo volo dell’uomo sulla Luna ebbe luogo il 20 luglio 1969. I due astronauti a bordo della navicella Apollo 11 Buzz Aldrin e Neil Armstrong, vi rimasero per 21 ore e 36 minuti Si racconta che, quando uscirono sulla superficie lunare, abbiano ascoltato una registrazione della Sinfonia Dal Nuovo Mondo di Dvořák.
AVVENIMENTI 1893 Dvořák compone la Sinfonia n.9 “Dal Nuovo Mondo” Musica Muoiono Gounod, Čajkovskij e Catalani. Dvořák compone il Quartetto per archi “Americano”. Čajkovskij compone la Sinfonia n. 6 in si minore Patetica. Verdi compone Falstaff. Gounod compone Faust. Grieg compone i Pezzi lirici per pianoforte (libro VI). Humperdinck compone Hänsel und Gretel. Puccini compone Manon Lescaut. Debussy compone il Quartetto per archi in sol minore. Satie compone Danze gotiche, per pianoforte. Rachmaninov compone l’opera Aleko. Ravel compone Serenata grottesca per pianoforte. Scienza, arte e letteratura Edward D. Libbey inventa la fibra di vetro. Roberto Ardigò pubblica La scienza dell’educazione. Maurice Blondel pubblica L’azione. Henri Rousseau dipinge La guerra. Giovanni Fattori dipinge I butteri. Gabriele D’Annunzio pubblica un volume di versi dal titolo Poema para- disiaco Storia In Sicilia scoppiano dei disordini fomentati dagli aderenti ai fasci del la- voratori che provocano la morte di numerosi manifestanti per mano delle forze di polizia. In Gran Bretagna viene fondato il Partito Laburista ispirato a un sociali- smo democratico. È fondata la prima squadra italiana di calcio: il Genoa Cricket and Athletic Football Club. In Grecia viene inaugurato il Canale di Corinto. 1932 Poulenc compone il Concerto per due pianoforti e orchestra Ravel compone il Concerto in sol per pianoforte e orchestra. Zemlinsky compone l’opera Der Kreidekreis. Rachmaninov compone Variazioni sul tema di Corelli per pianoforte. Schönberg compone l’opera Moses und Aron. Respighi compone le Antiche danze per liuto (Serie I). Stravinsky compone la Suite Italienne, da Pulcinella.
Casella compone l’opera La Favola d’Orfeo. Prokof’ev compone il Concerto per pianoforte n.5. Gershwin compone la Cuban Ouverture per orchestra. Šostakovič compone Da Karl Marx ai nostri giorni, poema sinfonico per soli, coro e orchestra. Britten compone Sinfonietta per orchestra da camera. Scienza, arte e letteratura L’ingegnere elettrotecnico Ernst August Ruska costruisce il primo micro- scopio elettronico, in grado in ingrandire un oggetto fino a 12 volte. Irene e Frédéric Joliot-Curie scoprono, contemporaneamente a James Cha- dwick, il neutrone. Henry Bergson pubblica Le due fonti della morale e della religione. Benedetto Croce pubblica il saggio Storia d’Europa nel XIX secolo. Alberto Savinio dipinge Annunciazione. Otto Dix termina il Trittico sulla guerra. L’architetto Giuseppe Terragni inizia a Como la costruzione della Casa del Fascio, completata nel 1936, capolavoro del Razionalismo italiano. Storia Il 23 gennaio viene pubblicato il primo numero de La Settimana Enig- mistica. In Portogallo António de Oliveira Salazar diventa Presidente del Consiglio: lo resterà fino al 1968. In Germania il Partito nazista ottiene alle elezioni la maggioranza relativa e il 30 settembre viene chiusa la scuola del Bauhaus. A Venezia sulla terrazza dell’Hotel Excelsior si apre la prima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Negli Stati Uniti le elezioni presidenziali vengono vinte da Franklin Roose- velt, candidato del Partito democratico. 2017: il 26 gennaio prima mondiale del pezzo di Ennio Morricone Varianti per Ballista Antonio Canino Bruno Musica Si svolge al Mediolanum Forum di Assago l’ultimo concerto milanese di Elio e le Storie Tese. Con l’opera Ti vedo, ti sento, mi perdo Salvatore Sciarrino debutta al Teatro alla Scala. Viene pubblicata la Josquinology: la monumentale edizione critica di Jo- squin Desprez, un’impresa durata un secolo, Muoiono Georges Prêtre, Luis Bacalov e Allan Holdsworth, uno dei più importanti chitarristi jazz-rock inglesi.
Scienza, arte e letteratura La rivista Nature annuncia che per la prima volta si è modificato il DNA di embrioni umani per prevenire una malattia genetica ereditaria: la cardio- miopatia ipertrofica che provoca la morte improvvisa. La ferrovia sotterranea ha portato Colson Whitehead a vincere sia il Na- tional Book Award sia il Premio Pulitzer. La ferrovia sotterranea è una rete di itinerari segreti e nascondigli, organizzata da americani bianchi e neri liberi, che tra la fine del 700 e la prima metà dell’800 aiutava gli schiavi degli stati del sud a fuggire verso quelli del nord, dove la schiavitù era già stata abolita. Storia Inaugurazione della nuova ferrovia Addis Abeba-Gibuti, che collega più velocemente l’Etiopia al Gibuti. Una valanga generata dalle forti nevicate e dal terremoto, travolge il 18 gennaio l’Hotel Rigopiano a Farindola (Pescara), causando 29 vittime. Il 20 gennaio, Donald Trump presidente eletto degli Stati Uniti d’America, s’insedia alla Casa Bianca. La Regina Elisabetta è stata la prima sovrana a festeggiare il Giubileo di Zaffiro per i 65 anni sul trono. Le elezioni presidenziali francesi hanno visto l’elezione di Emmanuel Macron. Nella Manchester Arena, al termine del concerto della cantante statunitense Ariana Grande, il 22 maggio è avvenuto un attacco suicida che ha provo- cato 23 morti e 250 feriti. Inizia a formarsi l’Uragano Harvey che colpirà diversi Paesi dell’America centrale e gli stati del Texas e della Louisiana. In occasione della 130ª sessione del CIO a Lima è avvenuta l’assegnazione dei Giochi della XXXIII Olimpiade del 2024 a Parigi e dei successivi Giochi della XXXIV Olimpiade del 2028 a Los Angeles. In Arabia Saudita, il re Salman Abdulaziz consente alle donne di guidare automobili. Referendum sull’indipendenza della Catalogna non riconosciuto dal Go- verno spagnolo e bocciato dal Tribunale costituzionale spagnolo.
MARTEDì 13 FEBBRAIO 2018 ORE 18.00 Parma, Viale Barilla 27/A Vi aspettiamo alla Cerimonia di intitolazione a ILDEBRANDO PIZZETTI della Sala Ipogea del Centro di Produzione Musicale “Arturo Toscanini” Introduzione di Gian Paolo Minardi Il Quartetto d’archi della Filarmonica Arturo Toscanini eseguirà l’Adagio e il Tema con variazioni dal Quartetto in La Maggiore di Ildebrando Pizzetti
Andriy Yurkevych Nato in Ucraina, si è diplomato nel 1999 in direzione d’orchestra all’Accademia Statale di Musica Lyssenko di Lviv (Leopoli) sotto la guida di Yuriy Lutsiv. Si è perfezionato con Jacek Kaspszyk al Teatro Lirico Nazionale Wielki di Varsavia e successivamente con Alberto Zedda e Gianluigi Gelmetti all’Accademia Chi- giana di Siena. Vincitore del premio speciale al Concorso Nazionale di Direzione d’Orchestra Turchak di Kiev, nel 1996, ancora studente, inizia a lavorare come direttore d’orchestra stabile presso il Teatro Lirico Statale d’Opera e Balletto di Lviv. Il suo repertorio spazia dall’opera russa a quella italiana, dall’operetta al balletto classico. Dal 2008 al 2010 ricopre l’incarico di Direttore Musicale del Teatro Nazionale di Odessa e dal 2011 è Direttore Musicale del Teatro Nazio- nale di Opera e Ballletto di Maria Biesu a Chinisau in Moldavia. Ha debuttato al Teatro dell’Opera di Roma con Il lago dei cigni nel 2005 e vi è ritornato nel 2006 per dirigere La bella addormentata. È stato impegnato poi all’Opéra di Montecarlo ne Il viaggio a Reims e successivamente invitato al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles per Boris Godunov mentre al Carlo Felice di Genova ha diretto una fortunatissima Maria Stuarda. Dirige nei più importanti teatri tedeschi, francesi, italiani, americani, dell’Europa dell’Est e vanta collaborazio- ni illustri con artisti come Edita Gruberova e Juan Diego Florez. Nei prossimi mesi dirigerà Roberto Devereux a Vienna, Madrid e Zurigo, Anna Bolena a Vienna e Zurigo, L’elisir d’amore a Berlino, Macbeth a Danzica, Madama But- terfly a Varsavia, Turandot a Santiago del Cile, Norma a Vienna, Lucia di Lam- mermoor a Budapest oltre ad una serie di concerti a Praga, Berlino e Madrid.
BRUNO CANINO E ANTONIO BALLISTA da Sessant’anni di amicizia di Piero Rattalino Il duo formato da Bruno Canino e da Antonio Ballista fu tra i primi a pro- porre trascrizioni, sia a quattro mani che per due pianoforti. E io ricordo la sorpresa - con un po’ di scandalo - che ci fu quando i due eseguirono la Sin- fonia n. 9 di Beethoven trascritta per due pianoforti da Liszt e la Sagra della primavera trascritta a quattro mani da Stravinsky. Vero è che Stravinsky si era assunto la responsabilità della trascrizione e che l’aveva addirittura regi- strata su un rullo di pianoforte riproduttore. Registrata tutta da solo, e quindi nominalmente a quattro mani ma realmente a due mani moltiplicate per due. Però Stravinsky, che badava a ricostruirsi un patrimonio dopo averlo perduto con la Rivoluzione d’Ottobre, era sospetto di opportunismo e la sua autorevolezza veniva messa in forse. Quanto a Liszt, le sue fortune critiche avevano raggiunto il punto più basso e solo il suo “tardo stile, avanguardia delle avanguardie, veniva preso sul serio. Erano i tempi in cui la musica era timbro prima che altezza o intensità. E allora, come rinunciare al solo di fagotto con cui si apre la Sagra della pri- mavera? Come rinunciare al coro nella Nona Sinfonia? Vade retro. Se mi è permesso di fare un altro po’ di autobiografia, quando uscì il disco del duo Canino-Ballista con la Sagra a quattro mani mi venne chiesto dall’editore di scrivere le note di presentazione. Pensavo di cavarmela parlando del pezzo e
non della trascrizione, e questo escamotage si rafforzò quando sentii l’assolo di fagotto rivisitato pianisticamente. Ma a mano a mano che andavo avanti nell’ascolto mi accorsi che la trascrizione reggeva bene e che mi offriva molti spunti di conoscenza. Mancava il gioco dei timbri, ovviamente, ma emergeva potentemente il ritmo, il ritmo nudo, non rivestito dal colore. E così andò a finire che venni preso dall’entusiasmo e che tutti i miei dubbi si liquefecero. Curiosamente, ma non troppo, la definitiva assoluzione delle trascrizioni venne dall’avanguardia. Pierre Boulez, organizzando una stagione sinfonica dell’Orchestre de Paris, inserì un sacco di trascrizioni nella programmazione e scrisse un articolo che... cambiava le carte in tavola. Tutto d’un botto il Canino-Ballista che stava più avanti degli altri si trovò sommerso dalla ma- rea montante. E anche la discografia fece la sua parte: quattro mani e due pianoforti erano stati legittimati a riprendere qualsiasi trascrizione, purché - la foglia di fico - fosse d’epoca. Riprendendo le vetuste trascrizioni il duo Canino-Ballista non faceva un’ope- razione intellettualistica - altrimenti non avrebbe avuto successo - né un’ope- razione commerciale - altrimenti non avrebbe ricevuto il placet della critica. Faceva un’operazione di evoluzione della cultura in relazione con una evo- luzione della creatività. Nel momento in cui i compositori sperimentavano le
possibilità di musiche non strettamente legate a un solo mezzo sonoro stru- mentale, la trascrizione ridiventava possibile o, almeno, ridiventava possibile l’esplorazione del repertorio storico della trascrizione. E oggi non c’è duo che non abbia una larga fetta di trascrizioni nel suo repertorio e non c’è pubblico che non si dichiari soddisfatto dopo averle sentite. A questa evoluzione della cultura il duo Canino-Ballista ha dato un notevolissimo, un fondamentale contributo. Con ciò non voglio dire che sia questa la sola ragione per cui, a sessant’anni dalla sua costituzione, possiamo parlare del duo Canino-Ballista come di un complesso di rilevanza storica. Ma una delle ragioni che hanno fatto del Duo un protagonista dell’interpretazione musicale negli anni a cavallo fra Nove- cento e Duemila è questa. La seconda ragione, come si evince del resto da ciò ho testé detto, è la disponibilità verso la musica contemporanea d’avan- guardia. Il numero delle prime esecuzioni assolute e delle prime esecuzioni italiane che ebbero come protagonista il duo Canino-Ballista è molto elevato. Berio, Donatoni, Stockhausen, Boulez, Ligeti, Castaldi, Bussotti... Si può dire che non c’è pagina importante della seconda metà del Novecento che non lo abbia visti all’opera, il duo Canino-Ballista. Superfluo fare degli elenchi. La terza motivazione di eccellenza del duo Canino-Ballista riguarda il loro approccio al repertorio tradizionale. Il Duo ha percorso con rispetto e amore il repertorio a quattro mani e per due pianoforti da Bach a Bartók, riuscendo a non ghettizzare né l’avanguardia né la storia. E questo è un raro merito: non mettere il presente in guerra col passato, o viceversa, significa concepire la musica come un continum storico in cui i valori umanistici prevalgono su tutto. E questo è fare della musica una ragione di vita.
La Filarmonica Arturo Toscanini, che ha la sua sede a Parma, nel Centro di Produzione Musicale “Arturo Toscanini”, a fianco dell’Auditorium Pagani- ni disegnato da Renzo Piano, è il punto d’eccellenza dell’attività produttiva della Fondazione Arturo Toscanini, maturata sul piano artistico nella più che trentennale esperienza dell’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna e nell’antica tradizione musicale che affonda le proprie radici storiche nell’Or- chestra Ducale riordinata a Parma da Niccolò Paganini nel 1835/36 e per i quarant’anni successivi ai vertici delle capacità esecutive nazionali. Oggi è una delle più importanti orchestre sinfoniche italiane. Per saperne di più: www.fondazionetoscanini.it Violini Primi: Mihaela Costea**, Valentina Violante, Gianni Covezzi, Federica Vercalli, Maurizio Daffunchio, Mario Mauro, Julia Geller, Luca Talignani, Camilla Mazzanti, Fang Xia, Elisa Mancini, Chiara Serati. Violini secondi: Laurentiu Vatavu*, Daniele Ruzza, Viktoria Borissova, Jasenka Tomic, Claudia Piccinini, Sabrina Fontana, Cellina Codaglio, Alice Costamagna, Antonio Lubiani, Beatrice Marozza. Viole: Behrang Rassekhi*, Carmen Condur, Sara Screpis, Diego Spagnoli, Daniele Zironi, Ilaria Negrotti, Costanza Pepini, Silvia Vannucci. Violoncelli: Diana Cahanescu*, Vincenzo Fossanova, Pietro Nappi, Filippo Zampa, Fabio Gaddoni, Fabio Lambroni. Contrabbassi: Penelope Mitsikopoulos*, Agide Bandini, Claudio Saguatti, Antonio Bonatti. Flauti: Sandu Nagy*, Andrea Oman. Ottavino: Andrea Oman. Oboi: Gian Piero Fortini*, Klidi Brahimi. Corno Inglese: Massimo Parcianello. Clarinetti: Paolo Fantini*, Miriam Caldarini. Fagotti: Davide Fumagalli*, Fabio Alasia. Corni: Ettore Contavalli*, Davide Bettani, Fabrizio Villa, Giuseppe Affilastro. Trombe: Matteo Beschi*, Marco Catelli. Tromboni: Carlo Gelmini*, Gianmauro Prina, Antonio Martelli. Tuba: Erik Zavaroni. Timpani e percussioni: Francesco Migliarini*, Matteo Flori. ** spalla / *prima parte
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Graphital - Parma Prossimi appuntamenti di nuove atmosfere Giovedì 15 febbraio 2018 Venerdì 16 febbraio 2018 JOHN AXELROD Direttore MAURIZIO BAGLINI Pianoforte DANIELE TITTI Clarinetto Leonard Bernstein West Side Story: Symphonic Dances Prelude, Fugue and Riffs On the Town: Three Dance Episodes George Gershwin Rhapsody in blue Duke Ellington Harlem IMPARIAMO IL CONCERTO Valentina Lo Surdo racconta Bernstein, Gershwin, Ellington Mercoledì 14 febbraio 2018 ore 18.00 Sala Prove, Auditorium Paganini, Parma Concerto in anteprima Mercoledì 14 febbraio 2018 ore 15.00 Auditorium Paganini, Parma Per saperne di più www.fondazionetoscanini.it
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