Effetto serra dati secondo IPCC ( Intergovernmental Panel on Climate Change) dal Protocollo di Kyoto ad oggi
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• Effetto serra dati secondo IPCC ( Intergovernmental Panel on Climate Change) • dal Protocollo di Kyoto ad oggi
Il protocollo di Kyoto E' il primo tentativo globale di coordinamento delle politiche economiche di singoli stati sovrani. Il protocollo di Kyoto è lo storico accordo internazionale per contenere le emissioni globali di gas serra del - 5,2% entro il 2008-2012 (sulla base delle emissioni rilevate nel 1990). Di fatto, per diventare operativo il protocollo richiedeva una copertura di almeno il 55% delle emissioni di gas serra tramite i paesi firmatari. Siglato nel 1998, è entrato in vigore nel 2005
Quote di riduzione: Il Protocollo stesso prevede complessivamente per i paesi industrializzati l ’obiettivo di riduzione del 5,2%, mentre per i paesi dell ’Unione Europea una riduzione complessiva delle emissioni pari all ’8%. l ’Italia ha l ’impegno di ridurre le emissioni nazionali complessive di gas serra nel periodo 2008-2012 del 6,5% rispetto all ’anno base (1990 per anidride carbonica,metano e protossido di azoto,1995 per i gas fluorurati
Al 2013 A pesare, positivamente, sul raggiungimento degli obiettivi è stato • sia il miglioramento delle performance ambientali del nostro sistema economico, • sia la crisi ( con la diminuzione della produzione e quindi diminuzione di inquinanti) • un mix tra sviluppo delle rinnovabili (anche grazie agli incentivi), potenziamento dell'efficienza energetica, e una maggiore sensibilità della popolazione all'ambiente e al risparmio. • Così la media annuale delle emissioni è arrivata per il periodo 2008-2012, a meno il 7% di quella del 1990.
Produrre energia da FER Leggi 9 e 10/91 • Provvedimento CIP 6/92 • Decreto Bersani dlgs 79/99 • Successivamente un secondo decreto Bersani ha corretto (per il futuro) questo errore eliminando le "assimilate" e mantenendo unicamente il termine "rinnovabili".
International Emissions Trading Gli Stati che hanno aderito al protocollo di Kyoto hanno accettato di rispettare obiettivi di limitazione/riduzione delle emissioni di gas serra. Questi obiettivi sono espressi come livelli di emissioni che sono consentite o "quantità assegnate" in un certo periodo temporale. Le emissioni consentite per ciascuno Stato sono suddivise in "unità di quantità assegnate". Lo scambio di emissioni, come stabilito nell'articolo 17 del Protocollo di Kyoto, consente ai paesi che dispongono di unità di emissione assegnate che sono state “risparmiate” (emissioni che sarebbero state consentite ma che non sono state "utilizzate") di vendere queste quantità in eccesso ai paesi che superano i loro limiti. Pertanto, è stata creata una nuova merce sotto forma di riduzioni delle emissioni. Poiché il biossido di carbonio è il principale gas serra, in questo caso si parla semplicemente di “commercio di carbonio”. Le emissioni di carbonio vengono quindi monitorate e scambiate come qualsiasi altro bene; questo meccanismo è noto come "mercato del carbonio" (Carbon market).
EU ETS (European Emissions Trading Scheme) La Comunità Europea ha istituito, a partire dal 1° gennaio 2005, un sistema che regola in modo del tutto simile all'Emissions Trading internazionale lo scambio di quote di emissioni tra le imprese situate nei Paesi membri. Il sistema europeo fissa dei limiti per le emissioni di anidride carbonica a più di 11.000 impianti in tutta Europa, ma permette che i diritti ad emettere anidride carbonica (che sono chiamati quote di emissioni di carbonio europee, EUA) possano essere commercializzati
Perchè Il sistema di scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra – introdotto dall’Unione europea nel 2005 e noto come sistema ETS – è stato concepito con l’obiettivo di indurre le grandi imprese del Vecchio Continente ad inquinare di meno. L’idea era piuttosto semplice: fissare un tetto massimo alle emissioni di alcuni agenti inquinanti. In particolare biossido di carbonio (CO2), ossido di azoto (N2O) e perfluorocarburi (PFC). Le aziende e le industrie che, per le loro attività, emettono tali sostanze, possono ricevere (free allocation) i cosiddetti “carbon credit” (o “quote di emissione”). In sostanza, dei diritti ad inquinare: una quota corrisponde all’autorizzazione ad emettere una tonnellata equivalente di CO2. Inoltre, le aziende possono acquistare le quote sul mercato ETS, come fossero un’azione o un altro qualsiasi asset finanziario. I titoli che troveranno sono quelli posti in vendita da altre imprese, che hanno inquinato di meno e quindi non hanno utilizzato i loro diritti. L’idea era stata introdotta dal protocollo di Kyoto, firmato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005. Nel testo si era infatti immaginato un meccanismo internazionale di scambio di quote tra (o all’interno de) i 38 Paesi più industrializzati del mondo. Quello europeo è attualmente il più grande in termini di valore di mercato e si trova attualmente nella sua “fase III”, che va dal 2013 al 2020.
La ragione per la quale fu introdotto un tetto fu quella di rendere il più possibili “rari” i diritti ad inquinare. Ciò avrebbe dovuto tenerne alti i prezzi (per la legge della domanda e dell’offerta) e fungere da deterrente. Le imprese, in altre parole, pur di non spendere quanto necessario per acquistare i titoli ETS avrebbero dovuto preferire investire per adottare tecnologie in grado di limitare le emissioni. O, ancora, avrebbero dovuto riconvertire le loro produzioni. Le imprese coinvolte ad oggi sono circa 11mila in 31 Paesi d’Europa (il mercato include anche Islanda, Liechtenstein e Norvegia). A loro, è stato concesso di acquisire le quote in tre modi. • Comprandole direttamente da altre imprese che ne hanno in eccedenza, • passando per un intermediario finanziario • o attraverso una Borsa come BlueNext. Ciascuna nazione stabilisce un Piano nazionale di Allocazione delle quote e lo fa approvare dalla Commissione europea. Quest’ultima, vigila dunque affinché il tetto globale non venga sforato.
Il mantenimento a livelli alti dei prezzi dei diritti ad inquinare, però, non si è verificato. Al contrario, i prezzi dei carbon credit sono via via scesi, fino ad arrivare a toccare i 3 euro circa. Il valore è in parte risalito. Ma per comprare il diritto ad emettere una tonnellata di CO2 bastano ancora 15 euro. Mentre – secondo quanto spiegato al quotidiano francese Novethic da Jean-Yves Caneill, della European rountable on climate change and sustainable transition (ERCST) – «se si vorranno centrare gli obiettivi climatici, il prezzo non dovrà essere inferiore a 40 euro».
29 AGOSTO 2018 L’impennata dei prezzi, che hanno superato i 20 euro a tonnellata e sono quasi triplicati quest’anno, è una vittoria per l’Unione europea, che ha lavorato a fondo per riformare il proprio sistema di scambio delle quote di emissione dopo un decennio di crollo dei prezzi a seguito della crisi finanziaria. Fattore che ha, probabilmente, rallentato l’eliminazione graduale del carbone e di altre fonti di combustibile altamente inquinanti. Prevediamo che i prezzi dovranno raggiungere i 25-30 euro a tonnellata per incoraggiare realmente il passaggio a un altro tipo di combustibile”.
Prezzi ton CO2 • 2008 22 € • 2009 13 € • 2012 7€ • 2017 6€ • 2018 14 € agosto 18 € settembre 21 € Con boom prezzo CO2 -400 mln di tonnellate emissioni al 2023 da qui al 2023 il prezzo del carbonio a carico delle imprese che inquinano potrebbe infatti arrivare fino a 40 euro a tonnellata. A questa cifra, calcolano gli esperti, tra il 2019 e il 2023 si potrebbe evitare l'emissione di 400 milioni di tonnellate di CO2.
Il fine è quello di promuovere la riduzione delle emissioni attraverso l’introduzione di meccanismi flessibili, secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica. ESISTONO PERO’ differenze SOSTANZIALI tra il sistema internazionale (IET), definito dal Protocollo di Kyoto, ed il sistema europeo (ETS) in termini di soggetti coinvolti, tempi di attuazione e obbligatorietà. I soggetti abilitati allo scambio di quote nel sistema internazionale (IET) sono gli Stati nazionali. Nel sistema previsto dalla direttiva comunitaria, i soggetti che possono partecipare sono tutte le persone (giuridiche e fisiche) all’interno della Comunità, e le persone dei Paesi Terzi che abbiano sottoscritto un accordo bilaterale (art. 25). Per quanto riguarda i tempi di attuazione, l’International Emission Trading (IET), è entrato in vigore a partire dal 2008, mentre l’Emission Trading Scheme è entrato in vigore il primo gennaio 2005.
Il sistema stabilisce che l’impresa che gestisce l’impianto, una volta in possesso delle quote di emissione assegnate con autorizzazione, stimi le sue emissioni reali per il periodo futuro. Se le previsioni di emissioni superano i quantitativi di quote assegnate e quindi non rientrano nell’autorizzazione ad emettere, l’impresa può intraprendere due strategie a seconda della convenienza economica: - intervenire sui propri impianti, in modo da abbattere le emissioni di CO2 previste e raggiungere il livello emissioni pari alle quote assegnate; - acquisire crediti alle emissioni attraverso i meccanismi flessibili da “sommare” alle quote in possesso e coprire quindi le quantità totali di emissione prodotte.
Strumenti per il raggiungimento del protocollo di Kyoto
Joint Implementation il meccanismo noto come "implementazione congiunta" (Joint Implementation), definito all'articolo 6 del Protocollo di Kyoto, consente a un Paese che ha assunto un impegno di riduzione o limitazione delle emissioni ai sensi del Protocollo di Kyoto di guadagnare unità di riduzione delle emissioni (Emission Reduction Units, “ERU”) da un progetto di riduzione o rimozione delle emissioni attuato presso un altro Paese che ha aderito al Protocollo, ciascuna equivalente a una tonnellata di CO2, che può essere conteggiata per raggiungere gli obiettivi di Kyoto. L'implementazione congiunta offre ai Paesi in causa un mezzo flessibile ed efficiente in termini di costi per adempiere a una parte degli impegni assunti secondo il Protocollo di Kyoto, mentre il Paese nel quale viene sviluppato il progetto beneficia degli investimenti stranieri e del trasferimento di tecnologia.
La Joint Implementation (Implementazione Congiunta) e una misura che prevede la collaborazione tra Paesi industrializzati e che consente a un Paese di ottenere dei crediti di emissione grazie a finanziamenti di progetti per la riduzione delle emissioni oppure di assorbimento delle emissioni di gas a effetto serra sviluppati in un altro Paese. (Articolo 6 del Protocollo) consente ad ognuna delle Parti di trasferire o acquisire da un’altra Parte delle unità di riduzione di emissioni conseguenti all’attuazione di un progetto. Questo meccanismo, previa autorizzazione, può essere esteso alle imprese. Per esempio, un’impresa avrebbe l’alternativa di ridurre le emissioni nelle sue industrie o di acquistare queste riduzioni attraverso il finanziamento di un progetto in un altro Paese ( tra PI)
Clean Development Mechanism (CDM) definito nell’art.12 del Protocollo, consente ad un Paese che si è impegnato a ridurre o limitare le emissioni in accordo a quanto stabilito dal Protocollo di Kyoto, di poter attuare dei progetti di riduzione delle emissioni stesse nei Paesi in via di sviluppo. Tali progetti consentono di aver riconosciuti “crediti di riduzione certificati delle emissioni” (CERS), ciascuno equivalente ad una tonnellata di CO2, che è possibile immettere sul mercato del “Carbon market” al fine del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo stesso. Un’attività del progetto CDM potrebbe essere, ad esempio, un progetto di elettrificazione rurale realizzato tramite l’utilizzo di pannelli solari, l’installazione di caldaie più efficienti o l’utilizzo di trattori elettrici in aeroporto che consentano la riduzione delle emissioni di CO2.
Sono stati concepiti per ridurre i costi che le Parti dovranno sostenere per rispettare il Protocollo e ,nel contempo, promuovere la partecipazione dei Paesi in via di sviluppo. Il meccanismo estende lo strumento dell’attuazione congiunta, permettendo alle Parti firmatarie di guadagnare dei crediti di riduzione attraverso l’accordo con un Paese in via di sviluppo per l’attuazione di un progetto.( tra PI e PVS) Il Clean Development Mechanism (Meccanismo di Sviluppo Pulito) è uno strumento analogo alla Joint Implementation, ma si differenzia da quest’ultima in quanto coinvolge attori diversi ovvero Paesi che godono di speciali tutele (PVS) e Paesi che non ne godono (PI ). Tale meccanismo consente ai PI di impegnarsi in progetti che consentano la riduzione di gas serra, da realizzarsi nei PVS. Una volta realizzati, questi progetti danno diritto ai paesi che li hanno sostenuti economicamente a Certificati di Riduzione delle Emissioni (CERS) che possono essere utilizzati per adempiere all’obbligo di riduzione delle emissioni di gas serra.
I CERS relativi alle riduzioni conseguite a partire dal 2000 potranno essere utilizzati ai fini del conseguimento degli obiettivi del Protocollo con il duplice fine di assistere, da un lato, i PVS nel conseguimento di uno Sviluppo Sostenibile e, dall’altro, di adempiere agli impegni di riduzione delle emissioni dei PI . In questo modo • si incoraggiano gli investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale • e si trasferisce know-how dai PI ai PVS.
Certificati verdi (ex) Un certificato verde è una forma di incentivazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta in pratica di titoli negoziabili, il cui utilizzo è diffuso in molti stati come ad esempio nei Paesi Bassi, Svezia, UK e alcuni stati USA. Che cosa sono: ogni Certificato Verde attesta convenzionalmente la produzione di 1 MWh di energia rinnovabile. I Certificati Verdi hanno validità triennale Perché: Il meccanismo di incentivazione con i Certificati Verdi si basa sull’obbligo, posto dalla normativa a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Si tratta di certificati che corrispondono anche ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone ecc.) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili, ma non lo fanno o non possono farlo autonomamente. I certificati verdi permettono alle imprese che producono energia da fonti convenzionali (petrolio, carbone, metano) di rispettare la legge che obbliga ogni produttore o importatore di energia a usare fonti rinnovabili per il 2%. In Italia i certificati verdi sono emessi dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) su richiesta dei produttori di energia da fonti rinnovabili.
Dal 1 gennaio 2016, come previsto dal Decreto Ministeriale 6 luglio 2012, il meccanismo dei Certificati Verdi è sostituito da una nuova forma di incentivo. I soggetti che hanno già maturato il diritto ai CV conservano il beneficio per il restante periodo agevolato, ma in una forma diversa. Il nuovo incentivo si ottiene accedendo a GRIN (Gestione Riconoscimento Incentivo), il sistema informatico del GSE che gestisce il riconoscimento delle tariffe.
Certificati bianchi I certificati bianchi, o più propriamente Titoli di Efficienza Energetica (TEE), sono titoli che certificano i risparmi energetici conseguiti da vari soggetti realizzando specifici interventi (es. efficientamento energetico). Implicando il riconoscimento di un contributo economico, rappresentano un incentivo a ridurre il consumo energetico in relazione al bene distribuito. Istituiti in Italia con i DD.MM. 20 luglio 2004 elettricità e gas, ed entrati in vigore nel gennaio 2005, Dal 3 Gennaio 2013 il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) è l'ente che autorizza l'emissione dei certificati bianchi, gestisce la valutazione economica dei TEE e si occupa del controllo del risparmio energetico ottenuto.( numero aziende passato da 59 a 200- aziende con energy manager)
I certificati bianchi, o più propriamente Titoli di Efficienza Energetica (TEE), rappresentano un incentivo atto a ridurre il consumo energetico in relazione al bene distribuito. I certificati bianchi riguardano tre tipi di interventi: • – risparmio di energia elettrica; • – risparmio di gas naturale; • – risparmio di altri combustibili
Dopo Kyoto ……. Il protocollo continua con una nuova fase a partire dal 1° gennaio 2013. I governi hanno deciso che la durata del secondo periodo d'impegno sarà di 8 anni (la nuova scadenza, quindi, è il 31 dicembre 2020). I requisiti legali che permetteranno un buon proseguimento del protocollo sono stati concordati. Le norme contabili significative del protocollo sono state conservate . I paesi che stanno assumendo i nuovi impegni nel quadro del Protocollo di Kyoto hanno accettato di rivedere i propri obiettivi di riduzione delle emissioni dal 2014, al fine di aumentare i loro rispettivi livelli di contenimento delle emissioni. I meccanismi di mercato del protocollo di Kyoto (CDM, JI e International Emission Trading) possono continuare
COP 21 Il 13 dicembre 2015 a Parigi la Comunità internazionale ha concluso un accordo universale e legalmente vincolante per la lotta ai cambiamenti climatici che rompe la “tradizionale” distinzione tra paesi di storica industrializzazione e Paesi in via di sviluppo. Esso richiede a tutti i paesi, incluse le economie emergenti, impegni nel quadro di una cornice duratura per il raggiungimento della neutralità carbonica entro il secolo. L’accordo di Parigi mira al contenimento della temperatura entro i 2°C (aspirando però al contenimento entro 1,5°C), al rafforzamento delle capacità di adattamento ed alla conseguente attivazione di coerenti flussi finanziari. Il Consiglio europeo ha approvato i nuovi obiettivi clima energia al 2030: -40% emissioni di gas a effetto serra, con obiettivi vincolanti per gli Stati membri per i settori non-ETS; I settori non-ETS (edifici, trasporti, agricoltura, industria diffusa, … +32% rinnovabili sui consumi finali di energia, vincolante a livello europeo, ma senza target vincolanti a livello di Stati membri; 32% efficienza energetica, non vincolante
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