Consiglio Nazionale dei Geologi - 5 settembre 2018

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Consiglio Nazionale dei Geologi - 5 settembre 2018
Consiglio Nazionale dei Geologi

          5 settembre 2018
Consiglio Nazionale dei Geologi - 5 settembre 2018
Quotidiano   Data     05-09-2018
                                        Pagina   24
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Quotidiano   Data     05-09-2018
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5/9/2018                                            Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena

           05 Set 2018

           Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato,
           pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena
           A.A.

           «Non sarà Autostrade per l'Italia a ricostruire il Ponte Morandi a Genova, il governo è
           compatto. La ricostruzione sarà affidata a un soggetto pubblico, ma a pagare i costi sarà la
           società concessionaria Aspi». Lo ha detto il ministro delle delleInfrastrutture Danilo Toninelli,
           nelle comunicazioni alla Camera sul crollo del Ponte.
           La risoluzione di maggioranza però, approvata dalla Camera, è più prudente: «Si impegna il
           governo ... a valutare, ferma restando la salvaguardia della funzionalità delle infrastrutture nel
           periodo transitorio, ogni implicazione in merito all'opportunità di affidare la ricostruzione del
           ponte Morandi ad un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica, riconoscendo
           comunque prioritariamente un obbligo di partecipazione degli oneri relativi alla medesima
           ricostruzione in capo alla società concessionaria»

           Stessa dinamica sulla revoca della concessione: «Il 16 agosto è stata avviata la procedura di
           revoca - così il Ministro Toninelli - ed è stato così formalmente contestato il gravissimo
           inadempimento della società concessionaria rispetto agli obblighi di manutenzione ordinaria e
           straordinaria e custodia. Le concessioni autostradali garantiscono assurdi guadagni ai privati,
           questo Governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni autostradali
           e degli obblighi convenzionali, per impostare questi rapporti sulla base di nuovi princìpi e di più
           soddisfacenti equilibri giuridico-economici».
           Così invece la risoluzione: «Si impegna il governo ... a verificare se, in relazione al rapporto di
           concessione con Autostrade per l'Italia s.p.a, vi siano gli estremi per la revisione, la revoca o la
           risoluzione della concessione, in relazione sia all'oggettivo difetto di buona custodia,
           testimoniato dal collasso del ponte Morandi, che in relazione alle risultanze della Commissione
           ispettiva istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché degli
           accertamenti medio tempore compiuti dall'autorità giudiziaria»

           POLEMICA SULLE PRESSIONI
           “Nonostante le pressioni, interne ed esterne, che abbiamo subito, abbiamo messo a disposizione
           della collettività atti che tanti cittadini nel corso degli anni hanno richiesto all'Amministrazione,
           vedendosi sempre sbattere portoni in faccia”. Così il Ministro delle Infrastrutture Danilo
           Toninelli alla Camera in relazione alla pubblicazione delle convenzioni autostradali. “Se ha
           subito pressioni - ha attaccato Maurizio Lupi, Noi con l'Italia, ex ministro delle Infrastrutture - il
           Ministro faccia i nomi, perché sarebbe un reato”. “Il Ministro Toninelli dovrebbe, come pubblico
           ufficiale, denunciare il reato alla magistratura” hanno aggiunto Andrea Orlando, Pd, ex ministro
           della Giustizia, e Francesco Paolo Sisto, Forza Italia. “Toninelli faccia i nomi qui in aula!”, ha
           urlato Vittorio Sgarbi, Forza Italia.

           LA RICOSTRUZIONE
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEjntbjF/0                                                                          1/3
5/9/2018                             Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena

           «Il Governo - ha detto Toninelli - è compatto nel ritenere che i lavori di ricostruzione del ponte
           non possano essere affidati ed eseguiti da chi giuridicamente aveva la responsabilità di non
           farlo crollare». «Lasciare ad Autostrade per l'Italia - ha aggiunto il Ministro - la ricostruzione del
           viadotto sarebbe una follia e irrispettoso nei confronti dei familiari delle vittime. La
           ricostruzione va affidata a un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica dotato di
           adeguate capacità tecniche, mantenendo in capo al concessionario l'ovvio onere dei costi.
           L'integrale finanziamento dell'opera da parte della Società concessionaria rappresenta solo una
           minima parte del risarcimento dovuto e non ha nulla a che vedere con la procedura di
           decadenza dalla concessione. Sulla ricostruzione del ponte dovrà esserci il sigillo dello Stato».
           Critiche le opposizioni, che in generale hanno chiesto al Ministro - senza avere risposta - più
           chiarezza sulle procedure (garà, affidamento diretto, norma derogatoria nel decreto legge; e sul
           fatto che sia comunque Aspi a pagare).

           TONINELLI,”PRESTO BANCA DATI SU TUTTE LE INFRASTRUTTURE A RISCHIO”
           Nelle comunicazioni alla Camera sul crollo del Ponte di Genova, il ministro delle Infrastrutture
           Danilo Toninelli ha spiegatio che«Già nelle prossime settimane istituiremo una banca dati, a
           livello centrale, che possa acquisire tutte le informazioni riguardanti lo stato e la manutenzione
           di tutte le nostre infrastrutture. Questo intervento è indispensabile per passare dalla logica
           dell'emergenza alla logica della prevenzione. Questa banca dati ci consentirà di intervenire
           ciascuno per la propria competenza per mettere in sicurezza il patrimonio infrastrutturale
           pubblico.Faremo, inoltre, in modo che vengano attuate ulteriori e più aggiornate verifiche
           tecniche sulle infrastrutture che fanno capo ai concessionari. Oltre a questo, il decreto disporrà
           l'applicazione di tecnologie avanzate di monitoraggio costante delle opere».

           TONINELLI: “IN ARRIVO DECRETO LEGGE PER GENOVA, AIUTI A PERSONE E IMPRESE”
           “Il Governo sta predisponendo un provvedimento d'urgenza, un decreto legge, per Genova e per
           le infrastrutture, in grado di soddisfare al meglio le esigenze di una comunità duramente
           colpita. Si tratta di tutelare in primo luogo le persone e le imprese danneggiate”. Lo ha detto il
           ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli alla Camera, nelle comunicazioni sul crollo del
           Ponte Morandi a Genova. “Il Governo - ha spiegato Toninelli - metterà in campo forme di aiuto
           in ordine alle rate dei mutui che molte famiglie sono costrette a pagare su immobili che non
           possono più abitare. Inoltre, aiuterà le imprese, ricadenti nell'area del crollo del ponte, a
           riprendere i cicli produttivi, prevedendo forme di agevolazione fiscale o incentivi alla
           temporanea delocalizzazione. Attenzione sarà rivolta anche alle imprese dell'indotto, seppur
           ubicate esternamente all'area danneggiata, che stanno subendo danni economici”.

           AUTOSTRADE: TONINELLI, “NELLE CONCESSIONI ASSURDI GUADAGNI AI PRIVATI. ORA
           UTILI DEVONO ESSERE REINVESTITI”
           “La concessione ad Autostrade per l'Italia che non sarebbe mai dovuta esistere in termini tanto
           vantaggiosi per i privati a danno dello Stato e dei cittadini”. Così Danilo Toninelli, ministro delle
           Infrastrutture, alla Camera. “E' giunto il momento di fare i nomi e i cognomi dei responsabili di
           questo gigantesco regalo della cosa pubblica ai privati, degli assurdi guadagni garantiti alle
           concessionarie autostradali: sono i governi Prodi I, D'Alema, Berlusconi I e II, Prodi II, Renzi e
           Gentiloni”.”Questo Governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni
           autostradali - ha aggiunto il Ministro cinquestelle - e degli obblighi convenzionali, per
           impostare questi rapporti sulla base di nuovi princìpi e di più soddisfacenti equilibri giuridico-
           economici. Di certo saranno cancellate le convenzioni nelle quali i costi sono pubblici e i profitti
           privati come quelle stipulate sotto di Governi di Prodi e Berlusconi”.
           “D'ora in avanti - conclude - tutti i concessionari, pubblici o privati che siano, saranno vincolati

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5/9/2018                            Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena

           a reinvestire gran parte degli utili nell'ammodernamento delle infrastrutture che hanno ricevuto
           in concessione e dovranno comprendere che l'infrastruttura non è una rendita finanziaria, ma
           un bene pubblico del Paese”.

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5/9/2018                              Piano periferie, Anci: «Stop è furto con destrezza». Sindaci pronti alle barricate

           05 Set 2018

           Piano periferie, Anci: «Stop è furto con
           destrezza». Sindaci pronti alle barricate
           Alessandro Arona

           L'Associazione nazionale dei Comuni (Anci), torna all'attacco sul tema della sospensione della
           validità di 96 delle 120 convenzioni del Piano periferie, decisa dal Senato (su indicazione del
           Governo) con un emendamento al decreto proroghe, passato al Senato, ora in seconda lettura
           alla Camera. Così il presidente Anci Antonio Decaro, in audizione alla Commissione Bilancio
           insieme a una ventina di sindaci di Comuni capoluogo, di diversa provenienza politica: «È stato
           un furto con destrezza, lo ribadiamo: con un emendamento notturno sono stati tolti
           finanziamenti statali per 1,6 miliardi di euro a 96 progetti da realizzare in 326 Comuni, con 19,8
           milioni di abitanti».

           «Erano 96 convenzioni firmate a dicembre con la presidenza del Consiglio - ha aggiunto Decaro
           - registrate a marzo dalla Corte dei Conti, e sulla base dei quali i Comuni hanno fatte gare di
           progettazione e anche di lavori, firmato contratti con imprese e professionisti. Ora come
           facciamo fronte a questi impegni con soggetti terzi? Sono obbligazioni giuridicamente
           vincolanti».
           «Secondo noi - conclude Decaro - la norma del decreto Proroghe presenta profili di illegittimità
           e viola gli obblighi convenzionali. Se dunque la Camera non la cancellerà, siamo pronti a fare
           ricorso al Tar e alla Corte Costituzionale, e tutti i sindaci capoluogo, ve lo assicuro, sono pronti a
           sfilare davanti a Montecitorio con le fasce tricolore e con rappresentanze dei 20 milioni di
           cittadini che abitano nei Comuni coinvolti».

           Le motivazioni addotte dal Governo per lo stop al Piano periferie erano prive di consistenza, ha
           aggiunto il presidente dell'Anci Decaro. «Il governo - sostiene - ha detto che la motivazione della
           sospensione delle 96 convenzioni era dovuta alla sentenza 74/2018 della Corte Costituzionale,
           che stabiliva la necessità dell'intesa degli enti locali sui decreti attuativi del Fondo investimenti,
           comma 140 legge di Bilancio 2017. Ebbene: 1) non è detto che la riqualificazione delle periferie
           sia materia concorrente; 2) il bando del 2017 è stato approvato previa intesa in Conferenza
           unificata; 3) la sentenza avrebbe comunque effetto solo su 800 milioni su 1.600 di
           finanziamenti; 4) se nonostante tutto il Dpcm 2017 per gli 800 milioni si ritiene non valido,
           basta ritornare in Unificata per l'intesa, come il governo Conte ha fatto per “sanare” la
           procedura di altri decreti attuativi del Fondo investimenti, come quello su Tpl e metropolitane.
           Possiamo fare l'intesa giovedì prossimo, nella seduta già convocata per l'Unificata».

           Nessuna risposta per ora da parte del governo, né dal relatore di maggioranza sul decreto
           Proroghe alla Camera, almeno nel corso dell’audizione di ieri.

           ANCE-ANCI-LEGAMBIENTE: «REVOCARE STOP AL PIANO E METTERE ANZI NUOVI
           FONDI»
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5/9/2018                              Piano periferie, Anci: «Stop è furto con destrezza». Sindaci pronti alle barricate

           Non sospendere i fondi già stanziati per la riqualificazione delle periferie e inoltre prevedere
           nuove risorse per la rigenerazione urbana. È la richiesta fatta alle forze parlamentari nell'appello
           sottoscritto da un ampio raggruppamento di operatori che include i costruttori dell'Ance,
           l'associazione dei sindaci (Anci), Legambiente e le associazioni Audis (Aree urbane dismesse) e
           Fondazione Riuso. «Le nostre organizzazioni - si legge nel comunicato sottoscritto dai
           promotori - chiedono al Parlamento di liberare le risorse già approvate e impegnate e, anzi, di
           destinare nuovi finanziamenti alla vera rigenerazione delle città, con progetti innovativi e
           compatibili con l'ambiente, con selezioni più rapide che premino la qualità, ma soprattutto
           favorendo quei progetti capaci di incidere in modo efficace sul tessuto urbano delle zone
           periferiche, in particolare con interventi di demolizioni e ricostruzione migliorando la qualità
           della vita di chi ci abita.
           L'appello cade nel giorno in cui la Camera ha avviato l'esame (presso le commissioni riunite
           Bilancio e Affari costituzionali) in seconda lettura del decreto cosiddetto Milleproroghe. Nella
           versione licenziata dal Senato, ricordano le associazioni, il decreto «sospende i fondi per la
           riqualificazione delle periferie in cento città italiane, a progetti avviati o approvati, tutti co-
           finanziati da privati». La norma, temono i firmatari dell'appello «la Camera nelle prossime
           settimane potrebbe confermare».

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5/9/2018                                 Edilizia privata, la Scia non implica la richiesta di verifica al Comune

           05 Set 2018

           Edilizia privata, la Scia non implica la
           richiesta di verifica al Comune
           Massimo Frontera

           «Nel caso dell'attivazione del sindacato giurisdizionale sul silenzio serbato dall'amministrazione
           sull'istanza di verifica proposta ai sensi dell'art. 19, co. 6-ter cit. l'obbligo di verifica
           dell'amministrazione concerne i soli aspetti di illegittimità segnalati dall'istante, e nei limiti in
           cui detti aspetti riguardino una violazione di norme che, poste a tutela dell'interesse pubblico in
           materia edilizia e urbanistica, comportino (anche) una lesione di posizioni di interesse
           legittimo». È uno dei passaggi chiave della pronuncia del Consiglio di Stato n. 5115/2018 (VI
           Sezione), pubblicata il 30 agosto.
           In un altro passaggio si leggi inoltre che «così come non sussiste un obbligo di provvedere
           coercibile in capo all'amministrazione riferito alla generica istanza di attivazione dei propri
           discrezionali poteri di autotutela, e dunque non sussiste in questi casi il conseguente silenzio
           inadempimento (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2751), allo stesso modo non può sussistere
           un obbligo di verifica “generale” dell'attività edilizia intrapresa in base a Scia da parte
           dell'amministrazione sulla base dell'istanza ex art. 19, co. 6-ter».

           Nel precisare l’applicazione delle norme di garanzia a favore di terzi previste per gli interventi
           che possono essere eseguiti con Scia, i giudici della IV sezione ribadiscono i confini tra la lesione
           di interessi legittimi e le violazioni del diritto soggettivo, escludendo questi ultimi dall’azione
           amministrativa di verifica sollecitata da terzi e riconducendoli nella giurisdizione del giudice
           ordinario.

           L’occasione per fare ordine sulla questione prende le mosse da un contenzioso sorto nel comune
           di Nocera Superiore promosso da alcuni condomini nei confronti di una azienda che aveva
           installato una canna fumaria lungo la facciata dello stabile a seguito di presentazione di una
           segnalazione certificata di inizio attività. Intervento cui è seguito il rilascio di un attestato da
           parte del responsabile dell’urbanistica del Comune. I ricorrenti lamentavano che l’intervento
           fosse stato eseguito senza il consenso dei condomini e hanno pertanto inviato una diffida al
           Comune per sospendere gli effetti della Scia e revocare l’attestato (rilasciato al ricevimento della
           Scia) in cui si specificava l’assenza di atti inibitori all’intervento. A seguito del silenzio
           dell’amministrazione, i ricorrenti hanno proposto «ricorso giurisdizionale per la declaratoria di
           illegittimità del silenzio».

           Il ricorso è stato respinto dal Tar Campania (sentenza n.2073, Prima Sezione, Salerno). E il
           Consiglio di Stato, con la sentenza n.5115/2018, ha respinto l’appello.
           I ricorrenti (e appellanti) avevano in sostanza chiesto di attivare la procedura prevista dal codice
           del processo amministrativo prevista all’articolo 31, commi 1-2 (azione avverso il silenzio e
           declaratoria di nullità).
           A questo punto il Consiglio di Stato precisa che «il giudizio sul cd. silenzio inadempimento della
                                                                                                                   1/2
5/9/2018                                   Edilizia privata, la Scia non implica la richiesta di verifica al Comune

           pubblica amministrazione presuppone, innanzi tutto, che si verta in tema di tutela di interessi
           legittimi, non potendo il giudizio afferire, sia pure mediatamente, alla tutela di posizioni di
           diritto soggettivo».
           I giudici aggiungono che, «nel caso dell'attivazione del sindacato giurisdizionale sul silenzio
           serbato dall'amministrazione sull'istanza di verifica proposta ai sensi dell'art. 19, co. 6-ter cit.,
           l'obbligo di verifica dell'amministrazione concerne i soli aspetti di illegittimità segnalati
           dall'istante, e nei limiti in cui detti aspetti riguardino una violazione di norme che, poste a tutela
           dell'interesse pubblico in materia edilizia e urbanistica, comportino (anche) una lesione di
           posizioni di interesse legittimo».
           «Inoltre, tale obbligo di verifica - così come generalmente affermato dalla giurisprudenza
           amministrativa in ordine ai presupposti per la sussistenza dell'illegittimità del silenzio serbato
           dall'amministrazione - non può ritenersi violato le volte in cui l'istanza proposta sia
           manifestamente infondata o costituisca defatigatoria riproposizione di precedente istanza già in
           precedenza respinta». «Diversamente opinando (e cioè scollegando la tutela offerta dalla verifica
           dell'interesse dell'istante e, successivamente, delle condizioni dell'azione in capo al medesimo
           nella veste di ricorrente), l'istanza di verifica di cui all'art. 19, co. 6-ter, lungi dall'essere lo
           strumento (unico) di tutela offerto al privato avverso la Scia innanzi al giudice amministrativo
           (Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2017 n. 4659), finirebbe con il risolversi in una “denuncia” non
           meglio qualificata avverso presunti “abusi edilizi” da accertare».
           «D'altra parte, così come non sussiste un obbligo di provvedere coercibile in capo
           all'amministrazione riferito alla generica istanza di attivazione dei propri discrezionali poteri di
           autotutela, e dunque non sussiste in questi casi il conseguente silenzio inadempimento (Cons.
           Stato, sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2751), allo stesso modo non può sussistere un obbligo di verifica
           “generale” dell'attività edilizia intrapresa in base a Scia da parte dell'amministrazione sulla base
           dell'istanza ex art. 19, co. 6-ter. Tale obbligo sussiste solo per quegli aspetti che, collegandosi alla
           tutela procedimentale di posizioni soggettive di interesse legittimo, distinguono l'istante – in tal
           modo “qualificandolo” - dalla posizione di mero denunciante».

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5/9/2018                                  Professionisti, l’equo compenso diventa «prassi» anche in Sicilia

           05 Set 2018

           Professionisti, l’equo compenso diventa
           «prassi» anche in Sicilia
           Federica Micardi

           L’equo compenso per i professionisti diventa “prassi” anche in Sicilia. A sancire la
           determinazione dei compensi professionali nel rispetto della legge 172/2017 è un atto di
           indirizzo del presidente della Regione Sebastiano Musumeci del 28 agosto scorso.
           In particolare i parametri da prendere a riferimento sono quelli previsti nel caso delle procedure
           concorsuali e stabiliti con decreti ministeriali. Viene anche precisato che nei contratti non
           dovranno rientrare “clausole vessatorie” né previsti servizi aggiuntivi a titolo gratuito.
           Nel documento si legge che queste disposizione mirano a superare un fenomeno che ha preso
           piede negli ultimi anni dove amministrazioni hanno applicato compensi non in linea con le
           prestazioni o addirittura compensi simbolici.
           Basta ricordare la sentenza del Consiglio di Stato , la 4614/2017 che dichiarò legittimo un bando
           del Comune di Catanzaro che prevedeva il compenso simbolico di un euro per il professionista.
           Fu proprio questa sentenza a riportare l’attenzione sulla necessità di prevedere per i
           professionisti dei “minimi garantiti” venuti meno con l’eliminazione delle tariffe fatta nel 2006.
           Per monitorare lo stati di applicazione della legge sull’equo compenso gli avvocati a marzo
           hanno costituito un nucleo di monitoraggio sulla corretta applicazione dell’equo compenso da
           parte dei clienti forti e dei parametri da parte dei giudici . Anche i dottori commercialisti hanno
           deciso di attivarsi sul territorio «gli ordini locali - anticipa il consigliere Giorgio Luchetta -
           saranno chiamati a sensibilizzare gli enti locali sull’equo compenso».
           La Sicilia è la terza regione a deliberare in merito dopo Toscana (delibera 29 del 6 marzo 2018) e
           Puglia (delibera 469 del 27 marzo 2018).
5/9/2018                               Progettazione/1. Banca d’Italia assegna 14 incarichi professionali per 11,2 milioni

           05 Set 2018

           Progettazione/1. Banca d’Italia assegna 14
           incarichi professionali per 11,2 milioni
           Alessandro Lerbini

           Un maxi accordo quadro per servizi di ingegneria e architettura. La Banca d’Italia manda sul
           mercato della progettazione un bando dal valore complessivo di 11,2 milioni. Gli incarichi,
           suddivisi in 14 lotti, si riferiscono ai lavori sugli stabili della Banca a Roma e presso la rete
           territoriale.

           Il lotto 1 Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta vale 800mila euro, il lotto 2 Lombardia 940mila euro,
           il lotto 3 Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia 940mila euro, il lotto 4 Emilia
           Romagna 800mila euro, il lotto 5 Toscana 700mila euro, il lotto 6 Marche e Umbria 500mila
           euro, il lotto 7 Abruzzo e Molise 500mila euro, il lotto 8 Campania 600mila euro, il lotto 9 Puglia
           e Basilicata 700mila euro, il lotto 10 Calabria 360mila euro, il lotto 11 Sicilia 700mila euro, il lotto
           12 Sardegna 360mila euro, il lotto 13 Roma centro 2,5 milioni, il lotto 14 Roma Polo Tuscolano,
           CDM, largo Bastia 800mila euro.

           La Banca d’Italia, tra i requisiti, richiede un fatturato globale minimo per servizi di ingegneria e
           architettura relativo ai migliori 3 degli ultimi 5 esercizi disponibili antecedenti la data di
           pubblicazione del bando per un valore non inferiore a 1,5 volte l'importo previsto per ciascun
           lotto di gara (al netto di qualsiasi onere fiscale e previdenziale).

           L’accordo quadro avrà una durata di 48 mesi. Per ogni lotto saranno invitati al massimo 15
           concorrenti. Il termine per consegnare la domanda di partecipazione scade il 10 ottobre.

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Dissesto suolo: da ministero Ambiente 20 milioni a 4
 regioni
 Con nuovi fondi si attivano opere per 660 milioni

   Redazione ANSA ROMA 04 settembre 2018 16:52

(ANSA) ­ ROMA, 4 SET ­ Il ministero dell'Ambiente finanzia un nuovo stralcio del fondo di
rotazione per la progettazione di interventi contro il dissesto idrogeologico, assegnando circa 20
milioni di euro a quattro regioni, che permetteranno ai rispettivi presidenti, in qualità di
Commissari di Governo, di portare avanti opere per oltre 660 milioni sul territorio. Lo rende noto
il dicastero.

In Campania vengono finanziate 54 progettazioni per oltre 12 milioni di euro, in grado di attivare
opere per circa 365 milioni di euro. Tra gli interventi finanziati ci sono la progettazione
dell'intervento di mitigazione del rischio idrogeologico della foce del Volturno e del Litorale
Domizio (Caserta) con 434mila euro, opera da 35 milioni di euro complessivi, mentre altri
256mila euro sono stati destinati alla progettazione del risanamento idrogeologico del Comune
di Volturara Irpina (Avellino), opera da oltre 29 milioni di euro.

In Sicilia, spiega il ministero, vengono finanziate le progettazioni di 32 interventi per un importo
di oltre 5 milioni di euro, che attivano opere per 133 milioni di euro. Tra questi, sono stati
5/9/2018                        Dissesto suolo: da ministero Ambiente 20 milioni a 4 regioni - Istituzioni e UE - ANSA.it

    destinati 511mila euro al ripascimento della spiaggia di Campofelice di Roccella (Palermo),
    opera da 45 milioni di euro e la mitigazione del rischio idrogeologico e di erosione costiera nel
    Comune di Messina per 365mila euro, opera da oltre 8 milioni di euro.

    I progetti che ricevono il finanziamento nel Lazio sono 11 per un totale di 1,92 milioni di euro, in
    grado di attivare opere per oltre 85 milioni. Riceve, tra gli altri, il finanziamento del ministero di
    oltre 800mila euro, la progettazione della messa in sicurezza di alcuni fossi e canali nel Comune
    di Roma, per un importo delle opere di oltre 44 milioni di euro. Altri 927mila euro sono stati
    destinati al completamento dello scolmatore di piena del Fiume Liri (Frosinone), opera da oltre
    38 milioni di euro.

    La lista del ministero dell'Ambiente prosegue con l'Umbria a cui vengono assegnati oltre
    850mila euro per due grandi progetti, del valore complessivo di 83 milioni. Sono, nello specifico,
    il completamento della messa in sicurezza dal rischio idraulico lungo l'asta del Tevere a Città di
    Castello (Perugia) e il risanamento idrogeologico del Fosso Santa Margherita a Perugia.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
Gazzetta ufficiale: Pubblicato il d.lgs. di
adeguamento al Regolamento Ue sulla privacy
05/09/2018

Sulla Gazzetta ufficiale n. 205 del 4 settembre 2018 è stato pubblicato il Decreto legislativo
10 agosto 2018, n. 101 recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale
alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al
trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la
direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)” approvato
dal Consiglio dei Ministri n. 14 dell’8 agosto 2018.

Si tratta del Regolamento generale sulla protezione dei dati - cosiddetto GDPR acronimo di
General Data Protection Regulation che entrerà in vigore il 19 settembre 2018.

Il decreto legislativo approvato, in attuazione dell’art. 13 della legge di delegazione europea
2016-2017 (legge 25 ottobre 2017, n. 163), introduce disposizioni per l’adeguamento della
normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento europeo relativo alla protezione
delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera
circolazione di tali dati.
Il decreto legislativo in argomento è costituito da 27 articoli suddiviso nei seguenti Capi:

   •   Capo I (art. 1) - Modifiche al titolo e alle premesse del codice in materia di
       protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
   •   Capo II (art. 2) - Modifiche alla parte I del codice in materia di protezione dei dati
       personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
   •   Capo III (artt. 3-12) - Modifiche alla parte II del codice in materia di protezione dei
       dati personali di cui decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
   •   Capo IV (artt. 13-16) - Modifiche alla parte III e agli allegati del codice in materia di
       protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
   •   Capo V (art. 17) – Disposizioni processuali
   •   Capo VI (artt. 18-27) - Disposizioni transitorie, finali e finanziarie

In pratica, quindi, al fine di semplificare l’applicazione della norma, è stato novellato il
codice della privacy esistente, nonostante il regolamento abbia di fatto cambiato la
prospettiva dell’approccio alla tutela della privacy rispetto al codice introducendo il
principio di dell’accountability. È stata, quindi, effettuata la scelta, di garantire la
continuità facendo salvi per un periodo transitorio i provvedimenti del Garante e le
autorizzazioni, che saranno oggetto di successivo riesame, nonché iCodici deontologici
vigenti. Essi restano fermi nell’attuale configurazione nelle materie di competenza degli
Stati membri, mentre possono essere riassunti e modificati su iniziativa delle categorie
interessate quali codici di settore.

Per ultimo, in considerazione delle esigenze di semplificazione delle micro, piccole e medie
imprese, il Garante per la protezione dei dati personali dovrà promuovere promuova
modalità semplificate di adempimento degli obblighi del titolare del trattamento e ciò
così come disposto al comma 4 del nuovo art. 154-bis del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196.

In allegato il testo del Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101.

                                                      A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
D.lgs. 10 agosto 2018, n. 101
Ponte Morandi: Comunicazioni del Governo sul
crollo e Risoluzione della Camera
05/09/2018

Ieri nell’Aula della Camera dei Deputati il Ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti, Danilo Toninelli ha reso comunicazioni sul crollo del "ponte Morandi" di
Genova del 14 agosto 2018. Si è quindi svolta la relativa discussione, al termine della quale
la Camera ha approvato, con distinte votazioni, il dispositivo e la premessa della risoluzione
D'Uva e Molinari n. 6-00014.

Il Ministro Toninelli nel corso delle comunicazioni ha trattato i seguenti 10 punti:

   1.   Decreto-legge per Genova e per le infrastrutture
   2.   Istituzione della Commissione ministeriale ispettiva
   3.   Assistenza agli sfollati
   4.   Pubblicazione degli atti concessori
   5.   Revisione, revoca o risoluzione delle concessioni
   6.   Struttura di vigilanza
   7.   Ricostruzione ponte
   8.   Viabilità e mobilità cittadina
9. Misure per la scuola
   10. Costruzione della Gronda

e relativamente alla ricostruzione del ponte Morandi afferma che “Il Governo è
compatto nel ritenere che i lavori di ricostruzione del ponte non possano essere affidati ed
eseguiti da chi giuridicamente aveva la responsabilità di non farlo crollare. Lasciare ad
Autostrade per l’Italia la ricostruzione del viadotto sarebbe una follia e irrispettoso nei
confronti dei familiari delle vittime. La ricostruzione va affidata a un soggetto a prevalente
o totale partecipazione pubblica dotato di adeguate capacità tecniche, mantenendo in capo
al concessionario l’ovvio onere dei costi. L’integrale finanziamento dell’opera da parte
della Società concessionaria rappresenta solo una minima parte del risarcimento dovuto e
non ha nulla a che vedere con la procedura di decadenza dalla concessione. Sulla
ricostruzione del ponte dovrà esserci il sigillo dello Stato”.

In verità nella più cauta Risoluzione approvata dalla Camera si afferma che si impegna il
Governo “a valutare, ferma restando la salvaguardia della funzionalità delle infrastrutture
nel periodo transitorio, ogni implicazione in merito all’opportunità di affidare la
ricostruzione del ponte Morandi ad un soggetto a prevalente o totale partecipazione
pubblica, riconoscendo comunque prioritariamente un obbligo di partecipazione degli
oneri relativi alla medesima ricostruzione in capo alla società concessionaria e a valutare
la possibilità di individuare un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica
subentrante nel rapporto concessorio, ferma restando la salvaguardia della funzionalità
delle infrastrutture nel periodo transitorio”.

Relativamente, poi, alla revoca della concessione, il Ministro Toninelli nella relazione
afferma che “Il 16 agosto 2018 è stata inviata alla società concessionaria Autostrade per
l’Italia la comunicazione di avvio della procedura per la revisione, revoca o risoluzione
della concessione. È stato così formalmente contestato il gravissimo inadempimento della
Società concessionaria rispetto agli obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria e
custodia. Non si capisce in che modo si possa affermare che siano stati rispettati tutti gli
adempimenti alla luce del crollo del ponte, della morte di 43 persone e dei danni disastrosi
subiti dalla città e dal territorio nel suo complesso” mentre nella Risoluzione approvata
dalla Camera si afferma che si impegna il Governo “a verificare se, in relazione al
rapporto di concessione con Autostrade per l’Italia s.p.a, vi siano gli estremi per la
revisione, la revoca o la risoluzione della concessione, in relazione sia all’oggettivo difetto
di buona custodia, testimoniato dal collasso del ponte Morandi, che in relazione alle
risultanze della Commissione ispettiva istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, nonché degli accertamenti medio tempore compiuti dall’autorità giudiziaria”.
Relativamente, poi, alla pubblicazione degli atti concessori, il Ministro Toninelli ha
affermato che “Finalmente, dopo quasi vent’anni di opacità e segreti, il 27 agosto scorso
abbiamo pubblicato sul sito web del Ministero delle Infrastrutture tutti i contratti di
concessione delle autostrade e tutti i relativi allegati. È un gesto che rivendichiamo con
grande orgoglio dato che rappresenta il primo passo verso la totale trasparenza nella lotta
agli ingiusti privilegi di cui i concessionari hanno goduto sino a questo momento, grazie ai
Governi che ci hanno preceduto. Nonostante le pressioni, interne ed esterne, che abbiamo
subito, abbiamo messo a disposizione della collettività atti che tanti cittadini nel corso degli
anni hanno richiesto all’Amministrazione, vedendosi sempre sbattere portoni in faccia”. Ma
non si comprende, in verità, di quali pressioni interne ed esterne parli il Ministro Toninelli
perché se così fosse dovrebbe, come pubblico ufficiale, denunciare il reato alla magistratura.

Per ultimo relativamente alla struttura di vigilanza il Ministro Toninelli ha affermato che
“Abbiamo preso in mano un’Italia in cui lo Stato non c’è. La gestione e il controllo della
cosa pubblica sono stati svenduti ai privati. Un ministero tanto importante e operativo
come quello delle infrastrutture è privo di ingegneri. E’ chiara la volontà politica di chi ha
deciso di creare tutto questo, una mangiatoia per i prenditori privati e i partiti che li
sostenevano. Ribalteremo questo sistema: disporrò il potenziamento del servizio ispettivo
che opera presso il Ministero, partendo dall’assunzione di tanti giovani ingegneri che
potranno restituire a questa struttura il suo ruolo fondamentale di controllo e vigilanza”.

In allegato il testo dell’intervento del Ministro Danio Toninelli ed il testo della
Risoluzione della Camera dei Deputati.
                                                         cura di Redazione LavoriPubblici.it
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Documenti Allegati
Intervento Ministro Toninelli
Risoluzione Camera
Norme Tecniche Costruzioni (NTC): in Italia appena 120 laboratori
per il campionamento dei materiali da costruzione
05/09/2018

                                                                      Il crollo del Viadotto Morandi di Genova riaccende
                                                                      il dibattito sulla tenuta del patrimonio strutturale ed
                                                                      infrastrutturale italiano. Opinione diffusa nelle
                                                                      istituzioni è l’urgenza dei controlli sulle strutture,
                                                                      ma in pochi sanno che, ad oggi, a causa di alcune
                                                                      discutibili scelte operate nelle NTC 2018, esistono
                                                                      in Italia appena 120 soggetti, i cosiddetti Laboratori
                                                                      ex art. 59 DPR 380/01, autorizzati dal Ministero
                                                                      Infrastrutture e Trasporti a poter effettuare
                                                                      campionamenti sulle strutture.

                                                                    Appena 120 soggetti che oggi hanno la “patente”
per poter effettuare un prelievo di calcestruzzo, malta o altro materiale da costruzione su di una qualsiasi struttura
esistente nel Paese, dalla semplice casa per civile abitazione, al ponte di grandi dimensioni. Altre 400 aziende invece,
esperte di ispezioni, controlli e diagnostica sulle strutture e perfettamente operative fino all’entrata in vigore delle
NTC2018 il 22 marzo u.s., sono state poste di fatto in condizione di non poter più operare ed ora rischiano la
chiusura entro fine anno. E tutto questo, paradossalmente, mentre il Paese vive una vera e propria emergenza.

Mentre urge un piano nazionale per i controlli sulle strutture del Paese, ma soprattutto mentre urge affidare tali
controlli a figure di elevata professionalità, i revisori delle Norme tecniche delle Costruzioni hanno deciso, in maniera
oscurantista, nel passaggio dalla versione 2008 alla versione 2018, la estromissione dal mercato dei controlli sulle
costruzioni italiane di 400 aziende (in alcuni casi di esperienza trentennale), fondate da ingegneri, architetti e geologi a
cui in maniera del tutto incomprensibile è stato impedito, con un semplice comma integrativo posto al Capitolo 8,
paragrafo 5.3, di poter prelevare dei campioni dalle strutture per poterli sottoporre ai necessari test.

Appare davvero inspiegabile (per i non addetti ai lavori il termine giusto sarebbe incredibile) che in queste ore di lutto
per il nostro Paese, dove da più parti si invocano controlli sulle strutture, gli esperti dei controlli sulle strutture si
stanno preparando a chiudere le loro aziende, non certo per la mancanza di domanda. Anzi! Ricostruzione post sismica
nelle regioni colpite negli ultimi 10 anni da terremoti, più di 60.000 opere infrastrutturali (ponti, viadotti, gallerie, etc.)
da controllare, oltre al lavoro “ordinario” sulle scuole, gli ospedali, gli edifici pubblici e privati sparsi per la Penisola.
Tutto questo lavoro è, grazie alla inspiegabile revisione normativa del Capitolo 8 delle NTC2018, o meglio grazie ad
una frase posticcia aggiunta in calce all’articolo 8.5.3 nelle mani di appena 120 Laboratori autorizzati a far data dal 22
marzo del 2018. Il rapporto è di 1 laboratorio ogni mezzo milione di italiani, con una concentrazione geografica degli
stessi soprattutto nelle aree metropolitane e la loro totale assenza nelle aree appenniniche, quelle a maggiore rischio
sismico. Di contro, circa 400 aziende fondate ad hoc per i controlli sulle strutture da ingegneri, architetti e geologi ad
oggi sono state messe in condizioni tali da dover operare licenziamenti di personale altamente specializzato nelle
ispezioni, nei controlli e diagnostica sulle strutture oppure addirittura spinte entro la fine dell’anno alla chiusura.

Perché ad un ingegnere specializzato nell’ambito delle ispezioni e nei controlli e diagnostica strutturale è negata
con le NTC 2018 la possibilità di prendere un campione per poterlo analizzare? Ennesimo paradosso di un Paese
che invoca terzietà nei controlli sulle opere di ingegneria ed invece attraverso procedure oscure abilita ad operare nello
stesso campo solo 120 società (mandando altre 400 eccellenze italiane alla chiusura). Ci sarebbe anche da
approfondire l’ennesimo paradosso dei Laboratori che per poter essere tali non hanno bisogno di un numero minimo di
tecnici laureati da mettere in organico se non il direttore tecnico.

Al di là della questione di merito se sia legittimo togliere ad un esperto di controlli sulle strutture la possibilità di
campionare per attribuirla in via esclusiva ad altri soggetti, sulla quale è pendete un ricorso al TAR Lazio, ci
domandiamo se sia pensabile, nelle condizioni in cui versa il Paese che ad oggi possano esistere in Italia solo 120
direttori tecnici (ingegneri o architetti) che dovranno effettuare oltre all’ordinario lavoro di controllo sulla qualità degli
impasti dei calcestruzzi freschi in laboratorio (ruolo per il quale i laboratori vennero istituiti nel 1971) anche il ruolo di
controllore di tutto il patrimonio storico, artistico, monumentale, strategico ed edilizio del Paese, mentre altre 400
aziende che sono considerate un eccellenza italiana all’estero e dotate di strumentazioni e know how adeguato ad
eseguire ispezioni, controlli e diagnostica strutturale debbano chiudere i battenti.

                                                                                                     A cura di Co.Di.S.
                                       Comitato per la Diagnostica e la Sicurezza delle Costruzioni e dei Beni Culturali

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Bando Periferie e Milleproroghe 2018: Audizione
dell’ANCI alla Camera dei Deputati
05/09/2018

“Difendendo la decisione di non erogare risorse per un miliardo e seicento milioni pattuite
con 96 sindaci di altrettanti Comuni e Città metropolitane, risorse già oggetto di contratti
stipulati al più alto livello istituzionale, hanno detto che tanto i Comuni non sono pronti.
Parlando di mance e favori che il bando periferie faceva a questa o a quella
amministrazione, hanno sostenuto che in realtà i Comuni non avessero diritto a quei soldi
per una pronuncia della Corte Costituzionale. Beh, non è vero. Abbiamo fatto i compiti e
possiamo dimostrarlo”. Lo ha dichiarato il presidente dell’Anci Antonio Decaro audito ieri,
con una delegazione di 24 sindaci, dalla prima e dalla quinta commissione della Camera riunite, in merito
alle norme che, nell’ambito del decreto Milleproroghe 2018 approvato dal Senato in agosto,
bloccano i fondi del bando periferie.

Una fotografia del bando periferie.
                              La misura i cui effetti il decreto Milleproroghe blocca, vale 1,6
miliardi di euro ai quali vanno aggiunti un miliardo e cento milioni di cofinanziamenti
pubblici e privati. A beneficiarne sono 96 tra Comuni (87) e Città metropolitane (9) per
1.625 interventi da realizzare sul territorio di 326 comuni complessivi. Comuni in cui
risiedono quasi venti milioni di italiani. Un investimento di questa portata, utilizzando i
parametri dello studio Ance-Istat “L’industria delle costruzioni: struttura, interdipendenze
settoriali e crescita economica” del 2015, genera valore economico di 9 miliardi di euro (tra
settore edile e indotto) e una ricaduta occupazionale di 42 mila unità.

“E’ stato detto che questi interventi sono molto lontani dalla reale fase attuativa - ha
rilevato Decaro - e invece, attraverso un monitoraggio promosso dall’Anci, siamo in grado
di dire che i Comuni stanno lavorando, hanno già assunto impegni giuridicamente
vincolanti, speso per le progettazioni e in parte anche per avviare i cantieri, anticipando i
tempi di attuazione previsti dalle convenzioni firmate con la presidenza del Consiglio che
prevedevano per la fine di agosto 2018 la sola progettazione esecutiva”.

In dettaglio.
            L’Anci ha esaminato lo stato di avanzamento dei progetti di 39 delle 96
amministrazioni locali coinvolte. L’importo complessivo dei 39 progetti è di 1.218.483.706
euro. Le amministrazioni hanno contrattualizzato impegni per 42.717.919 euro. Le spese
certificate dai soggetti affidatari ammontano a 12.381.058 euro, mentre pagamenti sono stati
effettuati per 8.832.529 euro. Nel 33% dei casi sono già state attivate le procedure di gara
per l’esecuzione dei lavori, per un importo complessivo vicino ai 65 milioni di euro, mentre
nel 9% dei casi i cantieri sono già stati aperti. Molti Comuni hanno già chiesto
l’anticipazione del 20 per cento dell’importo dovuto e ammesso a finanziamento, senza
ricevere riscontro, e altri Comuni, per il solo finanziamento delle spese iniziali di
progettazione, hanno usufruito dell’apposito Fondo rotativo costituito da Cassa depositi e
prestiti.

I Comuni e le Città Metropolitane hanno dunque già sostenuto, a decorrere dalla data di
efficacia delle convenzioni, spese, oneri amministrativi e gestionali, inserito nelle
programmazioni triennali delle opere pubbliche tali investimenti, nei bilanci triennali le
previsioni di spesa, convocato le conferenze dei servizi per l’acquisizione dei necessari
pareri e autorizzazioni paesaggistiche, avviato procedure ad evidenza pubblica, assunto
specifiche obbligazioni contrattuali. Insomma i Comuni sono in fase avanzata
nell’attuazione della misura.

“Bloccare i fondi - continua Decaro - non è solo un danno per i Comuni e per i cittadini che
in quei Comuni vivono, quindi per l’economia del Paese. Il blocco dei finanziamenti è
illegittimo sotto il profilo formale e irragionevole sotto quello sostanziale. Illegittimo
perché viola un atto convenzionale tra la presidenza del Consiglio dei ministri e il sindaco
beneficiario, sospendendo unilateralmente e senza alcuna motivazione, il rapporto in corso.
Il finanziamento, secondo convenzione, può essere sospeso o revocato solo in casi
tassativamente previsti. In assenza di abolizione o modifica, i sindaci sono quindi pronti a
far valere in sede erariale, amministrativa e costituzionale i diversi profili di illegittimità
della norma. Dal punto di vista sostanziale, poi, inviterei i parlamentari e i rappresentanti
del governo a venire con i sindaci tra i cittadini a spiegare perché le scuole di Arezzo non si
possano ristrutturare o il palazzetto dello sport di Rieti non si possa mettere a norma, il
parco urbano di Nuoro non si possa rigenerare o le case popolari di Firenze riqualificare.
Perché un’operazione importante e attesa di ricucitura di aree socialmente disagiate delle
nostre città debba fermarsi. Attenderemo insieme l’esito di questa mobilitazione, fiduciosi
che il buonsenso prevalga, che i commi 2 e 3 dell’articolo 13 del decreto siano abrogati e
modificati. Confidiamo che il patto di reciproca collaborazione che dovrebbe guidare
sempre le istituzioni con l’obiettivo di tutelare gli interessi dei cittadini, non resti
inascoltato. Ma se così non fosse noi sindaci siamo pronti a presentarci a Palazzo Chigi e a
consegnare le nostre fasce tricolori, simbolo che tiene insieme il Paese da Nord a Sud.
Sfileremo noi rappresentanti delle istituzioni più vicine ai cittadini, i Comuni. Ma dietro di
noi avremo, idealmente, tutti e venti i milioni di italiani ai quali si vuole rubare la speranza
di vivere in città e paesi migliori”.

In allegato il documento presentato nel corso dell’audizione ed i numeri sul Bando Periferie.

                                                                  A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
Documento Anci
Numeri sul Bando periferie
Offerte anomale e verifica di congruità:
valutazione discrezionale della stazione
appaltante
05/09/2018

Il giudizio sull’anomalia delle offerte presentate in una gara è ampiamente discrezionale ed
espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e
macroscopica erroneità o irragionevolezza.

Lo ha chiarito il la Sezione Quinta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5047 del 24
agosto 2018 con la quale ha accolto il ricorso presentato per la riforma di una decisione di
primo grado che, dopo avere respinto la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso
introduttivo siccome volto a sindacare la valutazione tecnico-discrezionale operata dalla
Stazione appaltante in merito alla congruità delle giustificazioni, la stessa aveva ritenuto
implausibili le giustificazioni dell’anomalia dell'attuale ricorrente.

Nella sua trattazione, i giudici di Palazzo Spada hanno chiarito che il giudice amministrativo
può sindacare le valutazioni della P.A. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed
adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità
dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera
propria della P.A. e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità,
quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori
di fatto. L’esame delle giustificazioni, il giudizio di anomalia o di incongruità dell'offerta
costituiscono sempre espressione di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza
dell’Amministrazione ed esulano dalla competenza del giudice amministrativo, che può
sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione soltanto in caso di macroscopiche
illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione abnormi o inficiati da errori di fatto.
In quest'ultimo caso, il giudice di legittimità esercita il proprio sindacato, ferma restando
l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell'amministrazione e di procedere
ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, che costituirebbe
un'inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione. Il giudice
amministrativo, anche nel regime del nuovo Codice degli appalti pubblici (D.lgs. n.
50/2016), può sindacare le valutazioni dell’amministrazione esclusivamente sotto il profilo
della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non può invece procedere
ad una nuova ed autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci.

Ciò premesso, secondo i giudici del Consiglio di Stato, nel caso di specie appare
convincente quanto rilevato dalla società appellante, secondo cui le motivazioni della
sentenza direttamente verrebbero a porre in essere una puntuale controvalutazione di
affidabilità ed anomalia dell’offerta rispetto a quella a suo tempo operata dalla stazione
appaltante, pur in assenza di errori macroscopici o di valutazioni abnormi.

                                                      A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 24 agosto 2018, n. 5047
Sicilia, la Regione impone agli enti
locali di rispettare l’equo compenso
di Rossella Calabrese
Dalla Giunta stop a compensi non parametrati a qualità e quantità delle prestazioni
professionali o addirittura simbolici

05/09/2018 - Le recenti iniziative legislative - alcune approvate a livello regionale,
altre pronte ad approdare in Parlamento - hanno riacceso un faro sul diritto dei
professionisti ad essere pagati per tempo e nella giusta misura.

Nei giorni scorsi, la Regione Calabria ha pubblicato una legge che prevede il
rilascio dei titoli abilitativi solo a chi dimostri di aver pagato il
progettistae la Federazione Architetti Ingegneri Liberi Professionisti (FNAILP)
ha annunciato un disegno di legge per abolire il decreto Bersani che nel
2006 cancellò i minimi tariffari, e imporre il rispetto dell’equo compenso tra i
professionisti e la committenza privata e pubblica.

In Sicilia la mobilitazione dei professionisti non si è fatta attendere: nei giorni
scorsi, gli architetti agrigentini hanno chiesto ai deputati regionali di
attivarsi per far approvare l’emendamento, fermo da un anno, che vincola il
rilascio del certificato di agibilità di un immobile
all’autocertificazione dell’avvenuto pagamento del progettista e del
direttore dei lavori. L’emendamento è quindi nelle mani dell’Assemblea regionale.

Sicilia, sarà obbligatorio rispettare l’equo compenso
Nel frattempo, la Giunta regionale siciliana ha pubblicato la Delibera 301 del
28 agosto 2018, un ‘Atto di indirizzo per gli Assessorati regionali e gli Enti
sottoposti a vigilanza e/o controllo in materia di acquisizione dei servizi
professionali ed equo compenso’.

Con la Delibera, la Giunta “intende superare un fenomeno che negli ultimi
anni, anche per effetto dell’abolizione dei tariffari, ha caratterizzato la
procedura di affidamento di servizi professionali e ha visto molte amministrazioni
prevedere compensi non correttamente parametrati alla qualità e quantità
delle prestazioni richieste o addirittura compensi simbolici”.

Ricordiamo il caso del Comune di Solarino (SR), che ha bandito una gara per la
progettazione definitiva ed esecutiva dell’efficientamento energetico di due
scuole, con un importo a base d’asta pari ad 1 euro.

L’Atto di indirizzo richiama il Decreto Fiscale (DL 148/2017 convertito con
la Legge 172/2017), in particolare la norma secondo cui “la pubblica
amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed
efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in
relazione alle prestazioni rese dal professionista”.

La Delibera precisa che “nella impostazione degli atti delle procedure concorsuali
di individuazione del contraente, i compensi sono utilizzati quale criterio o base di
riferimento per determinare l’importo a base di gara”.

Relativamente alle professioni tecniche - tra cui architetto, pianificatore,
paesaggista e conservatore, geometra e geometra laureato, geologo, ingegnere - si
applicano le tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle
prestazioni di progettazione, di cui al Decreto parametri bis (DM 17 giugno
2016).

Infine, l’Atto di indirizzo ribadisce l’illegittimità della fissazione di criteri di
valutazione delle offerte che possano “alterare l’equilibrio tra le prestazioni e il
compenso, quali, ad esempio, la prestazione di servizi aggiuntivi a titolo
gratuito” e definisce “vessatorie, le clausole del contratto di affidamento che
consentono al committente di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito”.
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Piano Casa, la Puglia pensa alla
proroga al 2019
di Paola Mammarella
Un sostegno al settore costruzioni in attesa del riordino della normativa regionale sulla
rigenerazione del patrimonio edilizio

05/09/2018 – Il Piano casa della Puglia potrebbe essere prorogato. È stato
presentato un disegno di legge regionale che estende al 31 dicembre 2019 i termini
per la presentazione delle domande di ampliamento relative agli immobili
realizzati entro il 1° agosto 2018.

La norma dovrebbe dare continuità alle misure che in questi anni hanno sostenuto
il settore edile nell’attesa che sia riscritta tutta la normativa regionale in materia di
rigenerazione urbana.

Il Piano casa della Puglia
In Puglia il Piano casa consente ampliamenti volumetrici fino al 20% della
volumetria esistente, comunque in misura non superiore a 300 metri cubi e
demolizioni e ricostruzioni con un premio di cubatura fino al 35%, a condizione
che gli interventi siano realizzati nel rispetto di precisi standard in materia di
edilizia sostenibile.
Oltre all’ultima proroga al 31 dicembre 2018, la LR 51/2017 ha esteso la
possibilità di recupero di sottotetti, porticati e locali seminterrati o interrati agli
edifici legittimamente realizzati al 30 giugno 2017. La norma ha reso possibile il
recupero di locali seminterrati o interrati non solo ad uso commerciale, ma anche a
usi strettamente connessi con le residenze, compresi gli esercizi di vicinato, i
laboratori per arti e mestieri e per imprese artigiane dirette alla
prestazione di servizi connessi alla cura della persona, alla manutenzione dei beni
di consumo durevoli o degli edifici, alla produzione di beni di natura artistica, con
l’esclusione delle attività rumorose, inquinanti o comunque moleste.

Piano Casa, ricadute positive sul settore edile
Il Presidente del Gruppo consiliare Noi a Sinistra per la Puglia, Enzo Colonna,
in una nota ha scritto “si tratta di misure che in questi anni hanno prodotto ricadute
positive in termini occupazionali ed economici sul territorio regionale, utili a
sostenere l’attività delle imprese del settore edile, soprattutto di piccole
dimensioni. In vista di un riordino di tutta la normativa regionale in materia, la
proroga del cosiddetto Piano casa appare necessaria per dare continuità a politiche
di sostegno, nella nostra regione, ad un importante comparto economico come
quello dell’edilizia, nell’ottica di perseguire comunque politiche finalizzate
a ridurre il consumo di suolo, dal momento che si sostiene la rigenerazione
del patrimonio edilizio esistente con interventi in grado di migliorare la qualità
architettonica, la sostenibilità ambientale e l’efficienza sul piano dei consumi, in
particolare energetici”.

Secondo il consigliere regionale Fabiano Amati, “la legge sul Piano casa si
occupa della dignità reale - non parolaia - del lavoro e agisce su almeno cinque
versanti di rilievo produttivo: realizza e incentiva la valorizzazione del patrimonio
edilizio esistente; appaga necessità insediative senza consumo di suolo; recupera e
risana immobili produttivi in abbandono; produce ricchezza al settore edilizio e
delle professioni tecniche; contribuisce a preservare e creare occupazione in uno
dei settori a più alta densità di posti di lavoro”. Amati ha annunciato che l’esame
della legge regionale sarà sospeso solo se entro novembre si riuscirà ad
approvare un provvedimento strutturale sul tema dell’edilizia. Nel frattempo,
promette Amati, “proveremo anche a sistemare vari profili interpretativi che nel
corso degli anni sono stati disattesi da interpretazioni amministrative a tutto
concedere integrative della legge (pretaer legem), creando così disparità di
trattamento”.
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Norme correlate
Legge regionale 01/12/2017 n.51
Regione Puglia - Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a
sostegno dell'attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), norma
interpretativa e altre norme in materia edilizia e tecnologica
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