Consiglio Nazionale dei Geologi - 5 settembre 2018
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5/9/2018 Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena 05 Set 2018 Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena A.A. «Non sarà Autostrade per l'Italia a ricostruire il Ponte Morandi a Genova, il governo è compatto. La ricostruzione sarà affidata a un soggetto pubblico, ma a pagare i costi sarà la società concessionaria Aspi». Lo ha detto il ministro delle delleInfrastrutture Danilo Toninelli, nelle comunicazioni alla Camera sul crollo del Ponte. La risoluzione di maggioranza però, approvata dalla Camera, è più prudente: «Si impegna il governo ... a valutare, ferma restando la salvaguardia della funzionalità delle infrastrutture nel periodo transitorio, ogni implicazione in merito all'opportunità di affidare la ricostruzione del ponte Morandi ad un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica, riconoscendo comunque prioritariamente un obbligo di partecipazione degli oneri relativi alla medesima ricostruzione in capo alla società concessionaria» Stessa dinamica sulla revoca della concessione: «Il 16 agosto è stata avviata la procedura di revoca - così il Ministro Toninelli - ed è stato così formalmente contestato il gravissimo inadempimento della società concessionaria rispetto agli obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria e custodia. Le concessioni autostradali garantiscono assurdi guadagni ai privati, questo Governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni autostradali e degli obblighi convenzionali, per impostare questi rapporti sulla base di nuovi princìpi e di più soddisfacenti equilibri giuridico-economici». Così invece la risoluzione: «Si impegna il governo ... a verificare se, in relazione al rapporto di concessione con Autostrade per l'Italia s.p.a, vi siano gli estremi per la revisione, la revoca o la risoluzione della concessione, in relazione sia all'oggettivo difetto di buona custodia, testimoniato dal collasso del ponte Morandi, che in relazione alle risultanze della Commissione ispettiva istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché degli accertamenti medio tempore compiuti dall'autorità giudiziaria» POLEMICA SULLE PRESSIONI “Nonostante le pressioni, interne ed esterne, che abbiamo subito, abbiamo messo a disposizione della collettività atti che tanti cittadini nel corso degli anni hanno richiesto all'Amministrazione, vedendosi sempre sbattere portoni in faccia”. Così il Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli alla Camera in relazione alla pubblicazione delle convenzioni autostradali. “Se ha subito pressioni - ha attaccato Maurizio Lupi, Noi con l'Italia, ex ministro delle Infrastrutture - il Ministro faccia i nomi, perché sarebbe un reato”. “Il Ministro Toninelli dovrebbe, come pubblico ufficiale, denunciare il reato alla magistratura” hanno aggiunto Andrea Orlando, Pd, ex ministro della Giustizia, e Francesco Paolo Sisto, Forza Italia. “Toninelli faccia i nomi qui in aula!”, ha urlato Vittorio Sgarbi, Forza Italia. LA RICOSTRUZIONE http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEjntbjF/0 1/3
5/9/2018 Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena «Il Governo - ha detto Toninelli - è compatto nel ritenere che i lavori di ricostruzione del ponte non possano essere affidati ed eseguiti da chi giuridicamente aveva la responsabilità di non farlo crollare». «Lasciare ad Autostrade per l'Italia - ha aggiunto il Ministro - la ricostruzione del viadotto sarebbe una follia e irrispettoso nei confronti dei familiari delle vittime. La ricostruzione va affidata a un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica dotato di adeguate capacità tecniche, mantenendo in capo al concessionario l'ovvio onere dei costi. L'integrale finanziamento dell'opera da parte della Società concessionaria rappresenta solo una minima parte del risarcimento dovuto e non ha nulla a che vedere con la procedura di decadenza dalla concessione. Sulla ricostruzione del ponte dovrà esserci il sigillo dello Stato». Critiche le opposizioni, che in generale hanno chiesto al Ministro - senza avere risposta - più chiarezza sulle procedure (garà, affidamento diretto, norma derogatoria nel decreto legge; e sul fatto che sia comunque Aspi a pagare). TONINELLI,”PRESTO BANCA DATI SU TUTTE LE INFRASTRUTTURE A RISCHIO” Nelle comunicazioni alla Camera sul crollo del Ponte di Genova, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha spiegatio che«Già nelle prossime settimane istituiremo una banca dati, a livello centrale, che possa acquisire tutte le informazioni riguardanti lo stato e la manutenzione di tutte le nostre infrastrutture. Questo intervento è indispensabile per passare dalla logica dell'emergenza alla logica della prevenzione. Questa banca dati ci consentirà di intervenire ciascuno per la propria competenza per mettere in sicurezza il patrimonio infrastrutturale pubblico.Faremo, inoltre, in modo che vengano attuate ulteriori e più aggiornate verifiche tecniche sulle infrastrutture che fanno capo ai concessionari. Oltre a questo, il decreto disporrà l'applicazione di tecnologie avanzate di monitoraggio costante delle opere». TONINELLI: “IN ARRIVO DECRETO LEGGE PER GENOVA, AIUTI A PERSONE E IMPRESE” “Il Governo sta predisponendo un provvedimento d'urgenza, un decreto legge, per Genova e per le infrastrutture, in grado di soddisfare al meglio le esigenze di una comunità duramente colpita. Si tratta di tutelare in primo luogo le persone e le imprese danneggiate”. Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli alla Camera, nelle comunicazioni sul crollo del Ponte Morandi a Genova. “Il Governo - ha spiegato Toninelli - metterà in campo forme di aiuto in ordine alle rate dei mutui che molte famiglie sono costrette a pagare su immobili che non possono più abitare. Inoltre, aiuterà le imprese, ricadenti nell'area del crollo del ponte, a riprendere i cicli produttivi, prevedendo forme di agevolazione fiscale o incentivi alla temporanea delocalizzazione. Attenzione sarà rivolta anche alle imprese dell'indotto, seppur ubicate esternamente all'area danneggiata, che stanno subendo danni economici”. AUTOSTRADE: TONINELLI, “NELLE CONCESSIONI ASSURDI GUADAGNI AI PRIVATI. ORA UTILI DEVONO ESSERE REINVESTITI” “La concessione ad Autostrade per l'Italia che non sarebbe mai dovuta esistere in termini tanto vantaggiosi per i privati a danno dello Stato e dei cittadini”. Così Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture, alla Camera. “E' giunto il momento di fare i nomi e i cognomi dei responsabili di questo gigantesco regalo della cosa pubblica ai privati, degli assurdi guadagni garantiti alle concessionarie autostradali: sono i governi Prodi I, D'Alema, Berlusconi I e II, Prodi II, Renzi e Gentiloni”.”Questo Governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni autostradali - ha aggiunto il Ministro cinquestelle - e degli obblighi convenzionali, per impostare questi rapporti sulla base di nuovi princìpi e di più soddisfacenti equilibri giuridico- economici. Di certo saranno cancellate le convenzioni nelle quali i costi sono pubblici e i profitti privati come quelle stipulate sotto di Governi di Prodi e Berlusconi”. “D'ora in avanti - conclude - tutti i concessionari, pubblici o privati che siano, saranno vincolati 2/3
5/9/2018 Ponte, Toninelli: «Lo ricostruirà lo Stato, pagherà Aspi». Ma la maggioranza frena a reinvestire gran parte degli utili nell'ammodernamento delle infrastrutture che hanno ricevuto in concessione e dovranno comprendere che l'infrastruttura non è una rendita finanziaria, ma un bene pubblico del Paese”. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 3/3
5/9/2018 Piano periferie, Anci: «Stop è furto con destrezza». Sindaci pronti alle barricate 05 Set 2018 Piano periferie, Anci: «Stop è furto con destrezza». Sindaci pronti alle barricate Alessandro Arona L'Associazione nazionale dei Comuni (Anci), torna all'attacco sul tema della sospensione della validità di 96 delle 120 convenzioni del Piano periferie, decisa dal Senato (su indicazione del Governo) con un emendamento al decreto proroghe, passato al Senato, ora in seconda lettura alla Camera. Così il presidente Anci Antonio Decaro, in audizione alla Commissione Bilancio insieme a una ventina di sindaci di Comuni capoluogo, di diversa provenienza politica: «È stato un furto con destrezza, lo ribadiamo: con un emendamento notturno sono stati tolti finanziamenti statali per 1,6 miliardi di euro a 96 progetti da realizzare in 326 Comuni, con 19,8 milioni di abitanti». «Erano 96 convenzioni firmate a dicembre con la presidenza del Consiglio - ha aggiunto Decaro - registrate a marzo dalla Corte dei Conti, e sulla base dei quali i Comuni hanno fatte gare di progettazione e anche di lavori, firmato contratti con imprese e professionisti. Ora come facciamo fronte a questi impegni con soggetti terzi? Sono obbligazioni giuridicamente vincolanti». «Secondo noi - conclude Decaro - la norma del decreto Proroghe presenta profili di illegittimità e viola gli obblighi convenzionali. Se dunque la Camera non la cancellerà, siamo pronti a fare ricorso al Tar e alla Corte Costituzionale, e tutti i sindaci capoluogo, ve lo assicuro, sono pronti a sfilare davanti a Montecitorio con le fasce tricolore e con rappresentanze dei 20 milioni di cittadini che abitano nei Comuni coinvolti». Le motivazioni addotte dal Governo per lo stop al Piano periferie erano prive di consistenza, ha aggiunto il presidente dell'Anci Decaro. «Il governo - sostiene - ha detto che la motivazione della sospensione delle 96 convenzioni era dovuta alla sentenza 74/2018 della Corte Costituzionale, che stabiliva la necessità dell'intesa degli enti locali sui decreti attuativi del Fondo investimenti, comma 140 legge di Bilancio 2017. Ebbene: 1) non è detto che la riqualificazione delle periferie sia materia concorrente; 2) il bando del 2017 è stato approvato previa intesa in Conferenza unificata; 3) la sentenza avrebbe comunque effetto solo su 800 milioni su 1.600 di finanziamenti; 4) se nonostante tutto il Dpcm 2017 per gli 800 milioni si ritiene non valido, basta ritornare in Unificata per l'intesa, come il governo Conte ha fatto per “sanare” la procedura di altri decreti attuativi del Fondo investimenti, come quello su Tpl e metropolitane. Possiamo fare l'intesa giovedì prossimo, nella seduta già convocata per l'Unificata». Nessuna risposta per ora da parte del governo, né dal relatore di maggioranza sul decreto Proroghe alla Camera, almeno nel corso dell’audizione di ieri. ANCE-ANCI-LEGAMBIENTE: «REVOCARE STOP AL PIANO E METTERE ANZI NUOVI FONDI» 1/2
5/9/2018 Piano periferie, Anci: «Stop è furto con destrezza». Sindaci pronti alle barricate Non sospendere i fondi già stanziati per la riqualificazione delle periferie e inoltre prevedere nuove risorse per la rigenerazione urbana. È la richiesta fatta alle forze parlamentari nell'appello sottoscritto da un ampio raggruppamento di operatori che include i costruttori dell'Ance, l'associazione dei sindaci (Anci), Legambiente e le associazioni Audis (Aree urbane dismesse) e Fondazione Riuso. «Le nostre organizzazioni - si legge nel comunicato sottoscritto dai promotori - chiedono al Parlamento di liberare le risorse già approvate e impegnate e, anzi, di destinare nuovi finanziamenti alla vera rigenerazione delle città, con progetti innovativi e compatibili con l'ambiente, con selezioni più rapide che premino la qualità, ma soprattutto favorendo quei progetti capaci di incidere in modo efficace sul tessuto urbano delle zone periferiche, in particolare con interventi di demolizioni e ricostruzione migliorando la qualità della vita di chi ci abita. L'appello cade nel giorno in cui la Camera ha avviato l'esame (presso le commissioni riunite Bilancio e Affari costituzionali) in seconda lettura del decreto cosiddetto Milleproroghe. Nella versione licenziata dal Senato, ricordano le associazioni, il decreto «sospende i fondi per la riqualificazione delle periferie in cento città italiane, a progetti avviati o approvati, tutti co- finanziati da privati». La norma, temono i firmatari dell'appello «la Camera nelle prossime settimane potrebbe confermare». P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
5/9/2018 Edilizia privata, la Scia non implica la richiesta di verifica al Comune 05 Set 2018 Edilizia privata, la Scia non implica la richiesta di verifica al Comune Massimo Frontera «Nel caso dell'attivazione del sindacato giurisdizionale sul silenzio serbato dall'amministrazione sull'istanza di verifica proposta ai sensi dell'art. 19, co. 6-ter cit. l'obbligo di verifica dell'amministrazione concerne i soli aspetti di illegittimità segnalati dall'istante, e nei limiti in cui detti aspetti riguardino una violazione di norme che, poste a tutela dell'interesse pubblico in materia edilizia e urbanistica, comportino (anche) una lesione di posizioni di interesse legittimo». È uno dei passaggi chiave della pronuncia del Consiglio di Stato n. 5115/2018 (VI Sezione), pubblicata il 30 agosto. In un altro passaggio si leggi inoltre che «così come non sussiste un obbligo di provvedere coercibile in capo all'amministrazione riferito alla generica istanza di attivazione dei propri discrezionali poteri di autotutela, e dunque non sussiste in questi casi il conseguente silenzio inadempimento (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2751), allo stesso modo non può sussistere un obbligo di verifica “generale” dell'attività edilizia intrapresa in base a Scia da parte dell'amministrazione sulla base dell'istanza ex art. 19, co. 6-ter». Nel precisare l’applicazione delle norme di garanzia a favore di terzi previste per gli interventi che possono essere eseguiti con Scia, i giudici della IV sezione ribadiscono i confini tra la lesione di interessi legittimi e le violazioni del diritto soggettivo, escludendo questi ultimi dall’azione amministrativa di verifica sollecitata da terzi e riconducendoli nella giurisdizione del giudice ordinario. L’occasione per fare ordine sulla questione prende le mosse da un contenzioso sorto nel comune di Nocera Superiore promosso da alcuni condomini nei confronti di una azienda che aveva installato una canna fumaria lungo la facciata dello stabile a seguito di presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività. Intervento cui è seguito il rilascio di un attestato da parte del responsabile dell’urbanistica del Comune. I ricorrenti lamentavano che l’intervento fosse stato eseguito senza il consenso dei condomini e hanno pertanto inviato una diffida al Comune per sospendere gli effetti della Scia e revocare l’attestato (rilasciato al ricevimento della Scia) in cui si specificava l’assenza di atti inibitori all’intervento. A seguito del silenzio dell’amministrazione, i ricorrenti hanno proposto «ricorso giurisdizionale per la declaratoria di illegittimità del silenzio». Il ricorso è stato respinto dal Tar Campania (sentenza n.2073, Prima Sezione, Salerno). E il Consiglio di Stato, con la sentenza n.5115/2018, ha respinto l’appello. I ricorrenti (e appellanti) avevano in sostanza chiesto di attivare la procedura prevista dal codice del processo amministrativo prevista all’articolo 31, commi 1-2 (azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità). A questo punto il Consiglio di Stato precisa che «il giudizio sul cd. silenzio inadempimento della 1/2
5/9/2018 Edilizia privata, la Scia non implica la richiesta di verifica al Comune pubblica amministrazione presuppone, innanzi tutto, che si verta in tema di tutela di interessi legittimi, non potendo il giudizio afferire, sia pure mediatamente, alla tutela di posizioni di diritto soggettivo». I giudici aggiungono che, «nel caso dell'attivazione del sindacato giurisdizionale sul silenzio serbato dall'amministrazione sull'istanza di verifica proposta ai sensi dell'art. 19, co. 6-ter cit., l'obbligo di verifica dell'amministrazione concerne i soli aspetti di illegittimità segnalati dall'istante, e nei limiti in cui detti aspetti riguardino una violazione di norme che, poste a tutela dell'interesse pubblico in materia edilizia e urbanistica, comportino (anche) una lesione di posizioni di interesse legittimo». «Inoltre, tale obbligo di verifica - così come generalmente affermato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine ai presupposti per la sussistenza dell'illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione - non può ritenersi violato le volte in cui l'istanza proposta sia manifestamente infondata o costituisca defatigatoria riproposizione di precedente istanza già in precedenza respinta». «Diversamente opinando (e cioè scollegando la tutela offerta dalla verifica dell'interesse dell'istante e, successivamente, delle condizioni dell'azione in capo al medesimo nella veste di ricorrente), l'istanza di verifica di cui all'art. 19, co. 6-ter, lungi dall'essere lo strumento (unico) di tutela offerto al privato avverso la Scia innanzi al giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2017 n. 4659), finirebbe con il risolversi in una “denuncia” non meglio qualificata avverso presunti “abusi edilizi” da accertare». «D'altra parte, così come non sussiste un obbligo di provvedere coercibile in capo all'amministrazione riferito alla generica istanza di attivazione dei propri discrezionali poteri di autotutela, e dunque non sussiste in questi casi il conseguente silenzio inadempimento (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2751), allo stesso modo non può sussistere un obbligo di verifica “generale” dell'attività edilizia intrapresa in base a Scia da parte dell'amministrazione sulla base dell'istanza ex art. 19, co. 6-ter. Tale obbligo sussiste solo per quegli aspetti che, collegandosi alla tutela procedimentale di posizioni soggettive di interesse legittimo, distinguono l'istante – in tal modo “qualificandolo” - dalla posizione di mero denunciante». P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
5/9/2018 Professionisti, l’equo compenso diventa «prassi» anche in Sicilia 05 Set 2018 Professionisti, l’equo compenso diventa «prassi» anche in Sicilia Federica Micardi L’equo compenso per i professionisti diventa “prassi” anche in Sicilia. A sancire la determinazione dei compensi professionali nel rispetto della legge 172/2017 è un atto di indirizzo del presidente della Regione Sebastiano Musumeci del 28 agosto scorso. In particolare i parametri da prendere a riferimento sono quelli previsti nel caso delle procedure concorsuali e stabiliti con decreti ministeriali. Viene anche precisato che nei contratti non dovranno rientrare “clausole vessatorie” né previsti servizi aggiuntivi a titolo gratuito. Nel documento si legge che queste disposizione mirano a superare un fenomeno che ha preso piede negli ultimi anni dove amministrazioni hanno applicato compensi non in linea con le prestazioni o addirittura compensi simbolici. Basta ricordare la sentenza del Consiglio di Stato , la 4614/2017 che dichiarò legittimo un bando del Comune di Catanzaro che prevedeva il compenso simbolico di un euro per il professionista. Fu proprio questa sentenza a riportare l’attenzione sulla necessità di prevedere per i professionisti dei “minimi garantiti” venuti meno con l’eliminazione delle tariffe fatta nel 2006. Per monitorare lo stati di applicazione della legge sull’equo compenso gli avvocati a marzo hanno costituito un nucleo di monitoraggio sulla corretta applicazione dell’equo compenso da parte dei clienti forti e dei parametri da parte dei giudici . Anche i dottori commercialisti hanno deciso di attivarsi sul territorio «gli ordini locali - anticipa il consigliere Giorgio Luchetta - saranno chiamati a sensibilizzare gli enti locali sull’equo compenso». La Sicilia è la terza regione a deliberare in merito dopo Toscana (delibera 29 del 6 marzo 2018) e Puglia (delibera 469 del 27 marzo 2018).
5/9/2018 Progettazione/1. Banca d’Italia assegna 14 incarichi professionali per 11,2 milioni 05 Set 2018 Progettazione/1. Banca d’Italia assegna 14 incarichi professionali per 11,2 milioni Alessandro Lerbini Un maxi accordo quadro per servizi di ingegneria e architettura. La Banca d’Italia manda sul mercato della progettazione un bando dal valore complessivo di 11,2 milioni. Gli incarichi, suddivisi in 14 lotti, si riferiscono ai lavori sugli stabili della Banca a Roma e presso la rete territoriale. Il lotto 1 Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta vale 800mila euro, il lotto 2 Lombardia 940mila euro, il lotto 3 Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia 940mila euro, il lotto 4 Emilia Romagna 800mila euro, il lotto 5 Toscana 700mila euro, il lotto 6 Marche e Umbria 500mila euro, il lotto 7 Abruzzo e Molise 500mila euro, il lotto 8 Campania 600mila euro, il lotto 9 Puglia e Basilicata 700mila euro, il lotto 10 Calabria 360mila euro, il lotto 11 Sicilia 700mila euro, il lotto 12 Sardegna 360mila euro, il lotto 13 Roma centro 2,5 milioni, il lotto 14 Roma Polo Tuscolano, CDM, largo Bastia 800mila euro. La Banca d’Italia, tra i requisiti, richiede un fatturato globale minimo per servizi di ingegneria e architettura relativo ai migliori 3 degli ultimi 5 esercizi disponibili antecedenti la data di pubblicazione del bando per un valore non inferiore a 1,5 volte l'importo previsto per ciascun lotto di gara (al netto di qualsiasi onere fiscale e previdenziale). L’accordo quadro avrà una durata di 48 mesi. Per ogni lotto saranno invitati al massimo 15 concorrenti. Il termine per consegnare la domanda di partecipazione scade il 10 ottobre. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 1/1
Dissesto suolo: da ministero Ambiente 20 milioni a 4 regioni Con nuovi fondi si attivano opere per 660 milioni Redazione ANSA ROMA 04 settembre 2018 16:52 (ANSA) ROMA, 4 SET Il ministero dell'Ambiente finanzia un nuovo stralcio del fondo di rotazione per la progettazione di interventi contro il dissesto idrogeologico, assegnando circa 20 milioni di euro a quattro regioni, che permetteranno ai rispettivi presidenti, in qualità di Commissari di Governo, di portare avanti opere per oltre 660 milioni sul territorio. Lo rende noto il dicastero. In Campania vengono finanziate 54 progettazioni per oltre 12 milioni di euro, in grado di attivare opere per circa 365 milioni di euro. Tra gli interventi finanziati ci sono la progettazione dell'intervento di mitigazione del rischio idrogeologico della foce del Volturno e del Litorale Domizio (Caserta) con 434mila euro, opera da 35 milioni di euro complessivi, mentre altri 256mila euro sono stati destinati alla progettazione del risanamento idrogeologico del Comune di Volturara Irpina (Avellino), opera da oltre 29 milioni di euro. In Sicilia, spiega il ministero, vengono finanziate le progettazioni di 32 interventi per un importo di oltre 5 milioni di euro, che attivano opere per 133 milioni di euro. Tra questi, sono stati
5/9/2018 Dissesto suolo: da ministero Ambiente 20 milioni a 4 regioni - Istituzioni e UE - ANSA.it destinati 511mila euro al ripascimento della spiaggia di Campofelice di Roccella (Palermo), opera da 45 milioni di euro e la mitigazione del rischio idrogeologico e di erosione costiera nel Comune di Messina per 365mila euro, opera da oltre 8 milioni di euro. I progetti che ricevono il finanziamento nel Lazio sono 11 per un totale di 1,92 milioni di euro, in grado di attivare opere per oltre 85 milioni. Riceve, tra gli altri, il finanziamento del ministero di oltre 800mila euro, la progettazione della messa in sicurezza di alcuni fossi e canali nel Comune di Roma, per un importo delle opere di oltre 44 milioni di euro. Altri 927mila euro sono stati destinati al completamento dello scolmatore di piena del Fiume Liri (Frosinone), opera da oltre 38 milioni di euro. La lista del ministero dell'Ambiente prosegue con l'Umbria a cui vengono assegnati oltre 850mila euro per due grandi progetti, del valore complessivo di 83 milioni. Sono, nello specifico, il completamento della messa in sicurezza dal rischio idraulico lungo l'asta del Tevere a Città di Castello (Perugia) e il risanamento idrogeologico del Fosso Santa Margherita a Perugia. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
Gazzetta ufficiale: Pubblicato il d.lgs. di adeguamento al Regolamento Ue sulla privacy 05/09/2018 Sulla Gazzetta ufficiale n. 205 del 4 settembre 2018 è stato pubblicato il Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)” approvato dal Consiglio dei Ministri n. 14 dell’8 agosto 2018. Si tratta del Regolamento generale sulla protezione dei dati - cosiddetto GDPR acronimo di General Data Protection Regulation che entrerà in vigore il 19 settembre 2018. Il decreto legislativo approvato, in attuazione dell’art. 13 della legge di delegazione europea 2016-2017 (legge 25 ottobre 2017, n. 163), introduce disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento europeo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.
Il decreto legislativo in argomento è costituito da 27 articoli suddiviso nei seguenti Capi: • Capo I (art. 1) - Modifiche al titolo e alle premesse del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; • Capo II (art. 2) - Modifiche alla parte I del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 • Capo III (artt. 3-12) - Modifiche alla parte II del codice in materia di protezione dei dati personali di cui decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 • Capo IV (artt. 13-16) - Modifiche alla parte III e agli allegati del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 • Capo V (art. 17) – Disposizioni processuali • Capo VI (artt. 18-27) - Disposizioni transitorie, finali e finanziarie In pratica, quindi, al fine di semplificare l’applicazione della norma, è stato novellato il codice della privacy esistente, nonostante il regolamento abbia di fatto cambiato la prospettiva dell’approccio alla tutela della privacy rispetto al codice introducendo il principio di dell’accountability. È stata, quindi, effettuata la scelta, di garantire la continuità facendo salvi per un periodo transitorio i provvedimenti del Garante e le autorizzazioni, che saranno oggetto di successivo riesame, nonché iCodici deontologici vigenti. Essi restano fermi nell’attuale configurazione nelle materie di competenza degli Stati membri, mentre possono essere riassunti e modificati su iniziativa delle categorie interessate quali codici di settore. Per ultimo, in considerazione delle esigenze di semplificazione delle micro, piccole e medie imprese, il Garante per la protezione dei dati personali dovrà promuovere promuova modalità semplificate di adempimento degli obblighi del titolare del trattamento e ciò così come disposto al comma 4 del nuovo art. 154-bis del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In allegato il testo del Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati D.lgs. 10 agosto 2018, n. 101
Ponte Morandi: Comunicazioni del Governo sul crollo e Risoluzione della Camera 05/09/2018 Ieri nell’Aula della Camera dei Deputati il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli ha reso comunicazioni sul crollo del "ponte Morandi" di Genova del 14 agosto 2018. Si è quindi svolta la relativa discussione, al termine della quale la Camera ha approvato, con distinte votazioni, il dispositivo e la premessa della risoluzione D'Uva e Molinari n. 6-00014. Il Ministro Toninelli nel corso delle comunicazioni ha trattato i seguenti 10 punti: 1. Decreto-legge per Genova e per le infrastrutture 2. Istituzione della Commissione ministeriale ispettiva 3. Assistenza agli sfollati 4. Pubblicazione degli atti concessori 5. Revisione, revoca o risoluzione delle concessioni 6. Struttura di vigilanza 7. Ricostruzione ponte 8. Viabilità e mobilità cittadina
9. Misure per la scuola 10. Costruzione della Gronda e relativamente alla ricostruzione del ponte Morandi afferma che “Il Governo è compatto nel ritenere che i lavori di ricostruzione del ponte non possano essere affidati ed eseguiti da chi giuridicamente aveva la responsabilità di non farlo crollare. Lasciare ad Autostrade per l’Italia la ricostruzione del viadotto sarebbe una follia e irrispettoso nei confronti dei familiari delle vittime. La ricostruzione va affidata a un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica dotato di adeguate capacità tecniche, mantenendo in capo al concessionario l’ovvio onere dei costi. L’integrale finanziamento dell’opera da parte della Società concessionaria rappresenta solo una minima parte del risarcimento dovuto e non ha nulla a che vedere con la procedura di decadenza dalla concessione. Sulla ricostruzione del ponte dovrà esserci il sigillo dello Stato”. In verità nella più cauta Risoluzione approvata dalla Camera si afferma che si impegna il Governo “a valutare, ferma restando la salvaguardia della funzionalità delle infrastrutture nel periodo transitorio, ogni implicazione in merito all’opportunità di affidare la ricostruzione del ponte Morandi ad un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica, riconoscendo comunque prioritariamente un obbligo di partecipazione degli oneri relativi alla medesima ricostruzione in capo alla società concessionaria e a valutare la possibilità di individuare un soggetto a prevalente o totale partecipazione pubblica subentrante nel rapporto concessorio, ferma restando la salvaguardia della funzionalità delle infrastrutture nel periodo transitorio”. Relativamente, poi, alla revoca della concessione, il Ministro Toninelli nella relazione afferma che “Il 16 agosto 2018 è stata inviata alla società concessionaria Autostrade per l’Italia la comunicazione di avvio della procedura per la revisione, revoca o risoluzione della concessione. È stato così formalmente contestato il gravissimo inadempimento della Società concessionaria rispetto agli obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria e custodia. Non si capisce in che modo si possa affermare che siano stati rispettati tutti gli adempimenti alla luce del crollo del ponte, della morte di 43 persone e dei danni disastrosi subiti dalla città e dal territorio nel suo complesso” mentre nella Risoluzione approvata dalla Camera si afferma che si impegna il Governo “a verificare se, in relazione al rapporto di concessione con Autostrade per l’Italia s.p.a, vi siano gli estremi per la revisione, la revoca o la risoluzione della concessione, in relazione sia all’oggettivo difetto di buona custodia, testimoniato dal collasso del ponte Morandi, che in relazione alle risultanze della Commissione ispettiva istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché degli accertamenti medio tempore compiuti dall’autorità giudiziaria”.
Relativamente, poi, alla pubblicazione degli atti concessori, il Ministro Toninelli ha affermato che “Finalmente, dopo quasi vent’anni di opacità e segreti, il 27 agosto scorso abbiamo pubblicato sul sito web del Ministero delle Infrastrutture tutti i contratti di concessione delle autostrade e tutti i relativi allegati. È un gesto che rivendichiamo con grande orgoglio dato che rappresenta il primo passo verso la totale trasparenza nella lotta agli ingiusti privilegi di cui i concessionari hanno goduto sino a questo momento, grazie ai Governi che ci hanno preceduto. Nonostante le pressioni, interne ed esterne, che abbiamo subito, abbiamo messo a disposizione della collettività atti che tanti cittadini nel corso degli anni hanno richiesto all’Amministrazione, vedendosi sempre sbattere portoni in faccia”. Ma non si comprende, in verità, di quali pressioni interne ed esterne parli il Ministro Toninelli perché se così fosse dovrebbe, come pubblico ufficiale, denunciare il reato alla magistratura. Per ultimo relativamente alla struttura di vigilanza il Ministro Toninelli ha affermato che “Abbiamo preso in mano un’Italia in cui lo Stato non c’è. La gestione e il controllo della cosa pubblica sono stati svenduti ai privati. Un ministero tanto importante e operativo come quello delle infrastrutture è privo di ingegneri. E’ chiara la volontà politica di chi ha deciso di creare tutto questo, una mangiatoia per i prenditori privati e i partiti che li sostenevano. Ribalteremo questo sistema: disporrò il potenziamento del servizio ispettivo che opera presso il Ministero, partendo dall’assunzione di tanti giovani ingegneri che potranno restituire a questa struttura il suo ruolo fondamentale di controllo e vigilanza”. In allegato il testo dell’intervento del Ministro Danio Toninelli ed il testo della Risoluzione della Camera dei Deputati. cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Intervento Ministro Toninelli Risoluzione Camera
Norme Tecniche Costruzioni (NTC): in Italia appena 120 laboratori per il campionamento dei materiali da costruzione 05/09/2018 Il crollo del Viadotto Morandi di Genova riaccende il dibattito sulla tenuta del patrimonio strutturale ed infrastrutturale italiano. Opinione diffusa nelle istituzioni è l’urgenza dei controlli sulle strutture, ma in pochi sanno che, ad oggi, a causa di alcune discutibili scelte operate nelle NTC 2018, esistono in Italia appena 120 soggetti, i cosiddetti Laboratori ex art. 59 DPR 380/01, autorizzati dal Ministero Infrastrutture e Trasporti a poter effettuare campionamenti sulle strutture. Appena 120 soggetti che oggi hanno la “patente” per poter effettuare un prelievo di calcestruzzo, malta o altro materiale da costruzione su di una qualsiasi struttura esistente nel Paese, dalla semplice casa per civile abitazione, al ponte di grandi dimensioni. Altre 400 aziende invece, esperte di ispezioni, controlli e diagnostica sulle strutture e perfettamente operative fino all’entrata in vigore delle NTC2018 il 22 marzo u.s., sono state poste di fatto in condizione di non poter più operare ed ora rischiano la chiusura entro fine anno. E tutto questo, paradossalmente, mentre il Paese vive una vera e propria emergenza. Mentre urge un piano nazionale per i controlli sulle strutture del Paese, ma soprattutto mentre urge affidare tali controlli a figure di elevata professionalità, i revisori delle Norme tecniche delle Costruzioni hanno deciso, in maniera oscurantista, nel passaggio dalla versione 2008 alla versione 2018, la estromissione dal mercato dei controlli sulle costruzioni italiane di 400 aziende (in alcuni casi di esperienza trentennale), fondate da ingegneri, architetti e geologi a cui in maniera del tutto incomprensibile è stato impedito, con un semplice comma integrativo posto al Capitolo 8, paragrafo 5.3, di poter prelevare dei campioni dalle strutture per poterli sottoporre ai necessari test. Appare davvero inspiegabile (per i non addetti ai lavori il termine giusto sarebbe incredibile) che in queste ore di lutto per il nostro Paese, dove da più parti si invocano controlli sulle strutture, gli esperti dei controlli sulle strutture si stanno preparando a chiudere le loro aziende, non certo per la mancanza di domanda. Anzi! Ricostruzione post sismica nelle regioni colpite negli ultimi 10 anni da terremoti, più di 60.000 opere infrastrutturali (ponti, viadotti, gallerie, etc.) da controllare, oltre al lavoro “ordinario” sulle scuole, gli ospedali, gli edifici pubblici e privati sparsi per la Penisola. Tutto questo lavoro è, grazie alla inspiegabile revisione normativa del Capitolo 8 delle NTC2018, o meglio grazie ad una frase posticcia aggiunta in calce all’articolo 8.5.3 nelle mani di appena 120 Laboratori autorizzati a far data dal 22 marzo del 2018. Il rapporto è di 1 laboratorio ogni mezzo milione di italiani, con una concentrazione geografica degli stessi soprattutto nelle aree metropolitane e la loro totale assenza nelle aree appenniniche, quelle a maggiore rischio sismico. Di contro, circa 400 aziende fondate ad hoc per i controlli sulle strutture da ingegneri, architetti e geologi ad oggi sono state messe in condizioni tali da dover operare licenziamenti di personale altamente specializzato nelle ispezioni, nei controlli e diagnostica sulle strutture oppure addirittura spinte entro la fine dell’anno alla chiusura. Perché ad un ingegnere specializzato nell’ambito delle ispezioni e nei controlli e diagnostica strutturale è negata con le NTC 2018 la possibilità di prendere un campione per poterlo analizzare? Ennesimo paradosso di un Paese che invoca terzietà nei controlli sulle opere di ingegneria ed invece attraverso procedure oscure abilita ad operare nello stesso campo solo 120 società (mandando altre 400 eccellenze italiane alla chiusura). Ci sarebbe anche da approfondire l’ennesimo paradosso dei Laboratori che per poter essere tali non hanno bisogno di un numero minimo di tecnici laureati da mettere in organico se non il direttore tecnico. Al di là della questione di merito se sia legittimo togliere ad un esperto di controlli sulle strutture la possibilità di campionare per attribuirla in via esclusiva ad altri soggetti, sulla quale è pendete un ricorso al TAR Lazio, ci domandiamo se sia pensabile, nelle condizioni in cui versa il Paese che ad oggi possano esistere in Italia solo 120 direttori tecnici (ingegneri o architetti) che dovranno effettuare oltre all’ordinario lavoro di controllo sulla qualità degli
impasti dei calcestruzzi freschi in laboratorio (ruolo per il quale i laboratori vennero istituiti nel 1971) anche il ruolo di controllore di tutto il patrimonio storico, artistico, monumentale, strategico ed edilizio del Paese, mentre altre 400 aziende che sono considerate un eccellenza italiana all’estero e dotate di strumentazioni e know how adeguato ad eseguire ispezioni, controlli e diagnostica strutturale debbano chiudere i battenti. A cura di Co.Di.S. Comitato per la Diagnostica e la Sicurezza delle Costruzioni e dei Beni Culturali © Riproduzione riservata
Bando Periferie e Milleproroghe 2018: Audizione dell’ANCI alla Camera dei Deputati 05/09/2018 “Difendendo la decisione di non erogare risorse per un miliardo e seicento milioni pattuite con 96 sindaci di altrettanti Comuni e Città metropolitane, risorse già oggetto di contratti stipulati al più alto livello istituzionale, hanno detto che tanto i Comuni non sono pronti. Parlando di mance e favori che il bando periferie faceva a questa o a quella amministrazione, hanno sostenuto che in realtà i Comuni non avessero diritto a quei soldi per una pronuncia della Corte Costituzionale. Beh, non è vero. Abbiamo fatto i compiti e possiamo dimostrarlo”. Lo ha dichiarato il presidente dell’Anci Antonio Decaro audito ieri, con una delegazione di 24 sindaci, dalla prima e dalla quinta commissione della Camera riunite, in merito alle norme che, nell’ambito del decreto Milleproroghe 2018 approvato dal Senato in agosto, bloccano i fondi del bando periferie. Una fotografia del bando periferie. La misura i cui effetti il decreto Milleproroghe blocca, vale 1,6 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti un miliardo e cento milioni di cofinanziamenti pubblici e privati. A beneficiarne sono 96 tra Comuni (87) e Città metropolitane (9) per 1.625 interventi da realizzare sul territorio di 326 comuni complessivi. Comuni in cui risiedono quasi venti milioni di italiani. Un investimento di questa portata, utilizzando i parametri dello studio Ance-Istat “L’industria delle costruzioni: struttura, interdipendenze
settoriali e crescita economica” del 2015, genera valore economico di 9 miliardi di euro (tra settore edile e indotto) e una ricaduta occupazionale di 42 mila unità. “E’ stato detto che questi interventi sono molto lontani dalla reale fase attuativa - ha rilevato Decaro - e invece, attraverso un monitoraggio promosso dall’Anci, siamo in grado di dire che i Comuni stanno lavorando, hanno già assunto impegni giuridicamente vincolanti, speso per le progettazioni e in parte anche per avviare i cantieri, anticipando i tempi di attuazione previsti dalle convenzioni firmate con la presidenza del Consiglio che prevedevano per la fine di agosto 2018 la sola progettazione esecutiva”. In dettaglio. L’Anci ha esaminato lo stato di avanzamento dei progetti di 39 delle 96 amministrazioni locali coinvolte. L’importo complessivo dei 39 progetti è di 1.218.483.706 euro. Le amministrazioni hanno contrattualizzato impegni per 42.717.919 euro. Le spese certificate dai soggetti affidatari ammontano a 12.381.058 euro, mentre pagamenti sono stati effettuati per 8.832.529 euro. Nel 33% dei casi sono già state attivate le procedure di gara per l’esecuzione dei lavori, per un importo complessivo vicino ai 65 milioni di euro, mentre nel 9% dei casi i cantieri sono già stati aperti. Molti Comuni hanno già chiesto l’anticipazione del 20 per cento dell’importo dovuto e ammesso a finanziamento, senza ricevere riscontro, e altri Comuni, per il solo finanziamento delle spese iniziali di progettazione, hanno usufruito dell’apposito Fondo rotativo costituito da Cassa depositi e prestiti. I Comuni e le Città Metropolitane hanno dunque già sostenuto, a decorrere dalla data di efficacia delle convenzioni, spese, oneri amministrativi e gestionali, inserito nelle programmazioni triennali delle opere pubbliche tali investimenti, nei bilanci triennali le previsioni di spesa, convocato le conferenze dei servizi per l’acquisizione dei necessari pareri e autorizzazioni paesaggistiche, avviato procedure ad evidenza pubblica, assunto specifiche obbligazioni contrattuali. Insomma i Comuni sono in fase avanzata nell’attuazione della misura. “Bloccare i fondi - continua Decaro - non è solo un danno per i Comuni e per i cittadini che in quei Comuni vivono, quindi per l’economia del Paese. Il blocco dei finanziamenti è illegittimo sotto il profilo formale e irragionevole sotto quello sostanziale. Illegittimo perché viola un atto convenzionale tra la presidenza del Consiglio dei ministri e il sindaco beneficiario, sospendendo unilateralmente e senza alcuna motivazione, il rapporto in corso. Il finanziamento, secondo convenzione, può essere sospeso o revocato solo in casi tassativamente previsti. In assenza di abolizione o modifica, i sindaci sono quindi pronti a far valere in sede erariale, amministrativa e costituzionale i diversi profili di illegittimità della norma. Dal punto di vista sostanziale, poi, inviterei i parlamentari e i rappresentanti del governo a venire con i sindaci tra i cittadini a spiegare perché le scuole di Arezzo non si
possano ristrutturare o il palazzetto dello sport di Rieti non si possa mettere a norma, il parco urbano di Nuoro non si possa rigenerare o le case popolari di Firenze riqualificare. Perché un’operazione importante e attesa di ricucitura di aree socialmente disagiate delle nostre città debba fermarsi. Attenderemo insieme l’esito di questa mobilitazione, fiduciosi che il buonsenso prevalga, che i commi 2 e 3 dell’articolo 13 del decreto siano abrogati e modificati. Confidiamo che il patto di reciproca collaborazione che dovrebbe guidare sempre le istituzioni con l’obiettivo di tutelare gli interessi dei cittadini, non resti inascoltato. Ma se così non fosse noi sindaci siamo pronti a presentarci a Palazzo Chigi e a consegnare le nostre fasce tricolori, simbolo che tiene insieme il Paese da Nord a Sud. Sfileremo noi rappresentanti delle istituzioni più vicine ai cittadini, i Comuni. Ma dietro di noi avremo, idealmente, tutti e venti i milioni di italiani ai quali si vuole rubare la speranza di vivere in città e paesi migliori”. In allegato il documento presentato nel corso dell’audizione ed i numeri sul Bando Periferie. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Documento Anci Numeri sul Bando periferie
Offerte anomale e verifica di congruità: valutazione discrezionale della stazione appaltante 05/09/2018 Il giudizio sull’anomalia delle offerte presentate in una gara è ampiamente discrezionale ed espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza. Lo ha chiarito il la Sezione Quinta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5047 del 24 agosto 2018 con la quale ha accolto il ricorso presentato per la riforma di una decisione di primo grado che, dopo avere respinto la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo siccome volto a sindacare la valutazione tecnico-discrezionale operata dalla Stazione appaltante in merito alla congruità delle giustificazioni, la stessa aveva ritenuto implausibili le giustificazioni dell’anomalia dell'attuale ricorrente. Nella sua trattazione, i giudici di Palazzo Spada hanno chiarito che il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della P.A. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della P.A. e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto. L’esame delle giustificazioni, il giudizio di anomalia o di incongruità dell'offerta costituiscono sempre espressione di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza dell’Amministrazione ed esulano dalla competenza del giudice amministrativo, che può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione abnormi o inficiati da errori di fatto.
In quest'ultimo caso, il giudice di legittimità esercita il proprio sindacato, ferma restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell'amministrazione e di procedere ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, che costituirebbe un'inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione. Il giudice amministrativo, anche nel regime del nuovo Codice degli appalti pubblici (D.lgs. n. 50/2016), può sindacare le valutazioni dell’amministrazione esclusivamente sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non può invece procedere ad una nuova ed autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci. Ciò premesso, secondo i giudici del Consiglio di Stato, nel caso di specie appare convincente quanto rilevato dalla società appellante, secondo cui le motivazioni della sentenza direttamente verrebbero a porre in essere una puntuale controvalutazione di affidabilità ed anomalia dell’offerta rispetto a quella a suo tempo operata dalla stazione appaltante, pur in assenza di errori macroscopici o di valutazioni abnormi. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Sentenza Consiglio di Stato 24 agosto 2018, n. 5047
Sicilia, la Regione impone agli enti locali di rispettare l’equo compenso di Rossella Calabrese Dalla Giunta stop a compensi non parametrati a qualità e quantità delle prestazioni professionali o addirittura simbolici 05/09/2018 - Le recenti iniziative legislative - alcune approvate a livello regionale, altre pronte ad approdare in Parlamento - hanno riacceso un faro sul diritto dei professionisti ad essere pagati per tempo e nella giusta misura. Nei giorni scorsi, la Regione Calabria ha pubblicato una legge che prevede il rilascio dei titoli abilitativi solo a chi dimostri di aver pagato il progettistae la Federazione Architetti Ingegneri Liberi Professionisti (FNAILP) ha annunciato un disegno di legge per abolire il decreto Bersani che nel 2006 cancellò i minimi tariffari, e imporre il rispetto dell’equo compenso tra i professionisti e la committenza privata e pubblica. In Sicilia la mobilitazione dei professionisti non si è fatta attendere: nei giorni scorsi, gli architetti agrigentini hanno chiesto ai deputati regionali di attivarsi per far approvare l’emendamento, fermo da un anno, che vincola il rilascio del certificato di agibilità di un immobile all’autocertificazione dell’avvenuto pagamento del progettista e del
direttore dei lavori. L’emendamento è quindi nelle mani dell’Assemblea regionale. Sicilia, sarà obbligatorio rispettare l’equo compenso Nel frattempo, la Giunta regionale siciliana ha pubblicato la Delibera 301 del 28 agosto 2018, un ‘Atto di indirizzo per gli Assessorati regionali e gli Enti sottoposti a vigilanza e/o controllo in materia di acquisizione dei servizi professionali ed equo compenso’. Con la Delibera, la Giunta “intende superare un fenomeno che negli ultimi anni, anche per effetto dell’abolizione dei tariffari, ha caratterizzato la procedura di affidamento di servizi professionali e ha visto molte amministrazioni prevedere compensi non correttamente parametrati alla qualità e quantità delle prestazioni richieste o addirittura compensi simbolici”. Ricordiamo il caso del Comune di Solarino (SR), che ha bandito una gara per la progettazione definitiva ed esecutiva dell’efficientamento energetico di due scuole, con un importo a base d’asta pari ad 1 euro. L’Atto di indirizzo richiama il Decreto Fiscale (DL 148/2017 convertito con la Legge 172/2017), in particolare la norma secondo cui “la pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dal professionista”. La Delibera precisa che “nella impostazione degli atti delle procedure concorsuali di individuazione del contraente, i compensi sono utilizzati quale criterio o base di riferimento per determinare l’importo a base di gara”. Relativamente alle professioni tecniche - tra cui architetto, pianificatore, paesaggista e conservatore, geometra e geometra laureato, geologo, ingegnere - si applicano le tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione, di cui al Decreto parametri bis (DM 17 giugno 2016). Infine, l’Atto di indirizzo ribadisce l’illegittimità della fissazione di criteri di valutazione delle offerte che possano “alterare l’equilibrio tra le prestazioni e il compenso, quali, ad esempio, la prestazione di servizi aggiuntivi a titolo gratuito” e definisce “vessatorie, le clausole del contratto di affidamento che consentono al committente di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito”. © Riproduzione riservata
Piano Casa, la Puglia pensa alla proroga al 2019 di Paola Mammarella Un sostegno al settore costruzioni in attesa del riordino della normativa regionale sulla rigenerazione del patrimonio edilizio 05/09/2018 – Il Piano casa della Puglia potrebbe essere prorogato. È stato presentato un disegno di legge regionale che estende al 31 dicembre 2019 i termini per la presentazione delle domande di ampliamento relative agli immobili realizzati entro il 1° agosto 2018. La norma dovrebbe dare continuità alle misure che in questi anni hanno sostenuto il settore edile nell’attesa che sia riscritta tutta la normativa regionale in materia di rigenerazione urbana. Il Piano casa della Puglia In Puglia il Piano casa consente ampliamenti volumetrici fino al 20% della volumetria esistente, comunque in misura non superiore a 300 metri cubi e demolizioni e ricostruzioni con un premio di cubatura fino al 35%, a condizione che gli interventi siano realizzati nel rispetto di precisi standard in materia di edilizia sostenibile.
Oltre all’ultima proroga al 31 dicembre 2018, la LR 51/2017 ha esteso la possibilità di recupero di sottotetti, porticati e locali seminterrati o interrati agli edifici legittimamente realizzati al 30 giugno 2017. La norma ha reso possibile il recupero di locali seminterrati o interrati non solo ad uso commerciale, ma anche a usi strettamente connessi con le residenze, compresi gli esercizi di vicinato, i laboratori per arti e mestieri e per imprese artigiane dirette alla prestazione di servizi connessi alla cura della persona, alla manutenzione dei beni di consumo durevoli o degli edifici, alla produzione di beni di natura artistica, con l’esclusione delle attività rumorose, inquinanti o comunque moleste. Piano Casa, ricadute positive sul settore edile Il Presidente del Gruppo consiliare Noi a Sinistra per la Puglia, Enzo Colonna, in una nota ha scritto “si tratta di misure che in questi anni hanno prodotto ricadute positive in termini occupazionali ed economici sul territorio regionale, utili a sostenere l’attività delle imprese del settore edile, soprattutto di piccole dimensioni. In vista di un riordino di tutta la normativa regionale in materia, la proroga del cosiddetto Piano casa appare necessaria per dare continuità a politiche di sostegno, nella nostra regione, ad un importante comparto economico come quello dell’edilizia, nell’ottica di perseguire comunque politiche finalizzate a ridurre il consumo di suolo, dal momento che si sostiene la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente con interventi in grado di migliorare la qualità architettonica, la sostenibilità ambientale e l’efficienza sul piano dei consumi, in particolare energetici”. Secondo il consigliere regionale Fabiano Amati, “la legge sul Piano casa si occupa della dignità reale - non parolaia - del lavoro e agisce su almeno cinque versanti di rilievo produttivo: realizza e incentiva la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente; appaga necessità insediative senza consumo di suolo; recupera e risana immobili produttivi in abbandono; produce ricchezza al settore edilizio e delle professioni tecniche; contribuisce a preservare e creare occupazione in uno dei settori a più alta densità di posti di lavoro”. Amati ha annunciato che l’esame della legge regionale sarà sospeso solo se entro novembre si riuscirà ad approvare un provvedimento strutturale sul tema dell’edilizia. Nel frattempo, promette Amati, “proveremo anche a sistemare vari profili interpretativi che nel corso degli anni sono stati disattesi da interpretazioni amministrative a tutto concedere integrative della legge (pretaer legem), creando così disparità di trattamento”. © Riproduzione riservata Norme correlate Legge regionale 01/12/2017 n.51 Regione Puglia - Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), norma interpretativa e altre norme in materia edilizia e tecnologica
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