IL MANGIARBENE GUIDA ALLA CUCINA TRADIZIONALE VICENTINA - AZIENDA U.L.S.S. N. 6 VICENZA DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE SERVIZIO DI PROMOZIONE ED ...
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IL MANGIARBENE GUIDA ALLA CUCINA TRADIZIONALE VICENTINA AZIENDA U.L.S.S. N. 6 VICENZA DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE SERVIZIO DI PROMOZIONE ED EDUCAZIONE ALLA SALUTE
A cura di: Dr. Gabriele Poli U.O. di Promozione ed Educazione alla Salute ULSS 6, Vicenza Dr. Angiola Vanzo Direttore Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ULSS 6, Vicenza Dr. Patrizia Pesenti Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ULSS 6, Vicenza Grafica: Livio Chiementin - SIAN ULSS 6, Vicenza 1
Sommario Pag. 1. Presentazione............................................................................ 3 2. Introduzione .............................................................................. 4 3. Storia ......................................................................................... 5 4. Il panorama agroalimentare della provincia di Vicenza............ 8 5. Analisi nutrizionale e linee guida ............................................. 11 6. La Cucina Vicentina .................................................................. 23 7. Alcuni aneddoti sulla gastronomia vicentina ........................... 26 8. Le ricette di Cucina e Tradizione nel Veneto ...........................32 (ricerca degli Istituti Alberghieri del Veneto) 9. La cucina dell’Altopiano ........................................................... 40 10. Le ricette della provincia e dell’Altopiano ............................... 42 11. La Cucina tradizionale Veneta .................................................. 47 12. Le ricette di Amedeo ................................................................ 54 13. Ricette dello Chef ..................................................................... 61 Danilo Baratto ...................................................................... 61 Sandra Cazzola Lovise .......................................................... 67 Gianluca Tomasi ................................................................... 73 2
1 Presentazione Guida alla cucina tradizionale vicentina è il quinto volume della collana “IL MANGIARBENE”, che il Servizio di Promozione ed Educazione alla Salute (SPES) della ULSS 6 Vicenza presenta, dopo Guida al consumo dei molluschi marini, Guida al consumo del pesce azzurro, Guida al consumo dei formaggi e Guida al consumo dei salumi. Con il presente manuale, ci proponiamo di dissolvere il velo dell’oblio, riportando alla memoria dei concittadini quelle che erano -e speriamo tornino ad essere- le peculiarità della nostra cucina, antica ed apprezzata anche al di fuori della Provincia. Oltre a notizie storiche, aneddoti e prelibate ricette realizzate da rinomati chef vicentini, sono trattati gli aspetti riguardanti le caratteristiche e le analisi nutrizionali di piatti storici della rinomata cucina vicentina. 3
2 Introduzione Un turista, un occasionale visitatore, ma anche un abituale abitante hanno varie possibilità di conoscere un territorio, dalla semplice “toccata e fuga”, visitando i monumenti più famosi, alla permanenza un poco più lunga, vagando per le vie della località, chiacchierando con le persone, sollevando lo sguardo ad ammirare balconi e fregi dei palazzi. Tuttavia, se alla visita puramente “didattica” si associa quella culturale e gastronomica, si ha la fortuna di ottenere un connubio che rimarrà indelebile nella memoria. Fra le tante cose che ho avuto la sorte di scrivere, approfitto di questo spazio per citarne una in particolare. “Viaggiare senza conoscere è come mangiare senza nutrirsi. Ho viaggiato molto nella mia vita, ma nessun museo, nessuna antica civiltà, nessun panorama mi ha gratificato mai come il tempo speso a conoscere persone, pensieri e tradizioni. Se il viaggiatore non si innalza alla ricerca del rapporto con la gente del luogo che visita, può affermare di aver visto, non di aver conosciuto” (cit. G. Poli) E, fra le tradizioni, la cultura culinaria occupa un posto di primo piano. 4
3 Storia I Vicentini a tavola: passato, presente, futuro. La cucina tradizionale vicentina è oggetto di non numerose ma eccellenti pubblicazioni, a cui facciamo riferimento nelle nostre seguenti considerazioni. La cucina vicentina ha le sue basi nei prodotti agricoli e dell’allevamento locali, ma il suo piatto più famoso, lo stoccafisso che si trasforma nel “bacalà alla vicentina”, giunge tramite la marineria della Serenissima Repubblica di Venezia dal boreale arcipelago delle LOFOTEN, al nord della Norvegia, e così le sarde atlantiche dette “scopetoni”, da non confondere con le aringhe, “renghe” in Veneto. Il grande Palladio teorizzava la villa di campagna come residenza di un proprietario terriero che razionalmente vuole attendere alle necessità della produzione agricola senza privarsi del benessere e del lusso legato al suo ceto sociale. La barchessa per gli attrezzi agricoli, la graziosa colombara, le stalle e il porcile a debita distanza dalla casa padronale, un vicino corso d’acqua utile per la peschiera e le anatre, sono quasi sempre presenti. In vicinanza della villa risiedono i contadini e gli abitanti del paese che spesso condivide il nome della casata dei conti Thiene, Caldogno, Orgiano, Velo, ecc. Nel passato era molto diversa la disponibilità alimentare pro capite in relazione ai vari strati sociali. Chi non possedeva almeno una vacca, alcune galline, un pezzo di terra per orto e vigna, doveva attraversare periodi di carestia. Domenico Fiori, arciprete del comune di Posina, paese ai piedi del monte Pasubio, negli anni 1861-1874 nel registro parrocchiale annotava come frequente causa di morte l’inedia, cioè la denutrizione e lo stato di deperimento che ne consegue. 5
La frugalità era una necessità e non una scelta, il lavoro dei campi era pesante, per cui era attesa e gradita la possibilità di mangiare e bere in abbondanza. Quando si macellava il maiale, le parti non conservabili erano consumate subito (i “sossoli”, il carniccio di maiale fritto); al momento della vendemmia, con il mosto e la farina si cuocevano gli inebrianti “sugoli”. Inoltre, mancando le tecniche per conservare le derrate alimentari deperibili, la stagionalità dei cibi era obbligatoria. Come ritmo dei pasti, nel Vicentino, di colazione quasi non si parla; il pasto principale è il pranzo, la cena è frugale. La vita contadina costringe ad alzarsi prestissimo la mattina, quando splende ancora la “stella boara”, cioè il luminoso pianeta Venere che precede l’alba. Quindi bisogna pranzare “prestino, a mezodì, o a mezo boto, un boto, un boto e mezo “, non oltre: cioè tra le 12 e le 13.30. La cena è all’imbrunire, dopo la mungitura e prima del buio completo, ed è frugale, consistendo negli avanzi del pranzo, se ci sono, o pane e latte. Il vino, potendo, è sempre presente. Le ampie disponibilità alimentari attuali e l’attuale “epidemia “di obesità erano sconosciute ai nostri -anche recenti- antenati: i documenti fotografici del secondo dopoguerra e fino agli anni ‘70 mostrano bambini smilzi e adulti con fisici asciutti su cui le gonne e i pantaloni cadono perfettamente e con involontaria eleganza. Tuttavia, continuare a preparare e a mangiare i piatti della nostra tradizione vicentina è non solo bello ma anche auspicabile: sono saporiti, appaganti, e spesso costituiscono piatti unici ben bilanciati, quali i risi e bisi, la polenta e bacalà. Prodotti nutrienti e saporiti come il formaggio Asiago, la sopresa di Sant’Antonio del Pasubio e i salami sono perfetti per il panino da mettere nello zaino quando si va in gita in montagna; frittole con erba maresina e fugassa coi fighi non si fanno tutti i giorni, ma pensa tornare da scuola e trovarle come merenda! 6
Viceversa, alcuni di questi piatti possono essere non più realizzabili perché gli ingredienti sono irreperibili: si è persa la conoscenza di certe erbe, o non è più possibile commerciare alcuni prodotti troppo deperibili quali mosto di vino e le frattaglie. Dei piccioni si parla solo per la loro indesiderata invadenza in città e quasi non più quali prelibati arrosti di “torresani “di Breganze. Salvare le ricette della cucina tradizionale vicentina e traghettarle nel XXI secolo senza sensi di colpa è però fattibile: è sufficiente cucinare un buon piatto vicentino con cura, con ingredienti genuini, e non farlo precedere da aperitivi e snack, né seguire da dessert confezionati ipercalorici. Un buon gotto di vino con la pietanza è ben accetto, tanto più che il superalcolico, in genere la grappa, è entrata nella ricetta della “fugassa” o delle frittole di carnevale, pertanto l’alcool è ampiamente evaporato, mentre rimane il sapore. Se poi il pranzo è preceduto o seguito da una camminata fino a Monte Berico, o alle falesie di Lumignano, o verso una delle numerosissime ville palladiane che costellano la pianura e i colli, l’effetto complessivo sul benessere e sull’umore non potrà essere migliore. 7
4 Il panorama agroalimentare della provincia di Vicenza Da: Atlante Agroalimentare vicentino (Camera di Commercio di Vicenza) Esteso su un territorio vasto e morfologicamente variegato e complesso, il territorio vicentino rappresenta uno dei principali centri agroalimentari del Veneto. Non manca nulla: dai prodotti orticoli al vino, dalle carni alla frutta, passando per i distillati e per i formaggi. Tutto concorre a fare dell’agroalimentare di Vicenza un settore fondamentale non solo per l’economia veneta, ma anche uno dei pilastri della dieta mediterranea. Dalla terra alla tavola, insomma, in un caleidoscopio di sapori, profumi e colori raramente riproducibile per complessità e qualità in altre province italiane, il Vicentino offre al visitatore goloso un’ottima scelta di piatti tipici, a conferma di una genuinità frutto di esperienze secolari maturate da generazioni di agricoltori. I numeri danno un’idea precisa del settore agroalimentare in termini economici e lavorativi. In provincia di Vicenza nell’intero settore operano complessivamente 1.124 aziende (dato 2006), pari al 19,3% circa rispetto al territorio regionale veneto (erano appena 820 nel 1998). Appartengono per lo più al comparto vitivinicolo, dei liquori e delle bevande, delle conserve vegetali, delle carni e della loro trasformazione, delle granaglie, della caseificazione e delle arti bianche. Attorno a queste aziende gravita un mondo imprenditoriale capace di creare occupazione e ricchezza in maniera più stabile rispetto ad altri settori della provincia di Vicenza. Sono infatti 6.461 (dato 2006) gli addetti del comparto, con un fatturato complessivo che oscilla attorno ai 5,118 miliardi di euro e con un export di circa 188,9 milioni (dato 2006). A queste imprese si aggiungono poi quelle operanti nel settore agricoltura, che nel territorio vicentino sono 12.253. 8
Si tratta di dati molto significativi. Basti pensare che Vicenza e tutte le altre province del Veneto occupano una posizione di preminenza nell’export dell’industria alimentare italiana. La regione realizza infatti un giro d’affari sui mercati esteri pari a 1,8 miliardi di euro, numero che rappresenta circa il 12,6 per cento di tutte le esportazioni nazionali del settore. Una quota significativa di questo export è sicuramente da assegnare all’industria vitivinicola e dei distillati, visto che la regione può contare su grandi vini molto apprezzarti in Italia e all’estero e su alcuni dei più importanti nomi del settore. Un settore a cavallo quindi tra agricoltura e industria che è stato in grado di reagire positivamente alla crisi generale che ha riguardato un po’ tutti i comparti manifatturieri locali. A caratterizzare la produzione agroalimentare locale è soprattutto la cura dei prodotti, garantita da una struttura imprenditoriale fatta soprattutto di piccole e medie aziende. Questo è uno dei segreti: le oltre 900 realtà artigianali del Vicentino costituiscono senza dubbio una grande risorsa qualitativa per il settore. A ciò si aggiunge, indistintamente in tutte le imprese del territorio, la forte attenzione agli aspetti della sicurezza alimentare e ai contenuti tecnologici, garanzia prima di igiene e salubrità. In questo senso va sottolineato come in provincia esista un vero e proprio distretto industriale correlato, composto da decine d’aziende impegnate nel campo degli impianti per l’industria alimentare, in particolare nelle macchine per il pane e per il settore lattiero-caseario. E’ questo un settore di eccellenza da cui le imprese del settore agroalimentare hanno ricavato un valido know-how strategico per il loro sviluppo. A proposito di eccellenza: una bella tavola imbandita di decine di prodotti potrebbe tranquillamente riassumere la mappa agroalimentare della provincia di Vicenza, dalla sopressa al prosciutto berico, passando per gli asparagi, radicchio rosso, Asiago e Stravecchio di malga, ciliegie, polenta e baccalà, il tutto innaffiato da vini di sei zone DOC per concludere con mostarda, grappa e liquori. Tutto ciò che la terra berica può offrire come prodotto tipico, come specialità fatta in casa o come ricetta della nonna tramandata da generazioni, si trasforma dunque naturalmente in un piatto eccellente, voce d’autore nei menù dei locali nostrani. 9
Il punto d’interesse principale riguarda ora la protezione della qualità con progressiva istituzione di marchi collettivi. Se per il vino vicentino il lavoro svolto è stato eccellente (il Veneto fornisce da solo oltre 7 dei 45 milioni di ettolitri di prodotto italiano, con una superficie di 77 mila ettari, il 99,9% dei quali con vigneti per uva da vino) per molte altre produzioni la strada della certificazione della qualità è ancora lunga. In ballo c’è anche la capacità di saper esportare la produzione agroalimentare oltreoceano, negli Stati uniti ad esempio, cioè verso un ricco mercato che conta ad oggi oltre 250 milioni di consumatori, spingendo prodotti di qualità quali il radicchio prodotto ad Asigliano, l’asparago bianco di Bassano del Grappa o la ciliegia di Marostica (assieme ad altri già presenti nei mercati esteri) verso ulteriori canali di sbocco. Va ricordato a tal proposito che l’Italia si attesta al quinto posto dopo Canada, Messico, Francia e Cina e che il solo interscambio agroalimentare tra Italia e Usa risulta decisamente a favore del nostro paese. Quanto a Vicenza, i prodotti che hanno permesso al suo export agroalimentare di tenere il passo sono i vini (che dal 1980 ad oggi hanno registrato una continua crescita in rapporto alla percentuale della produzione con un aumento del 25%), la grappa, i formaggi, i salumi, i prosciutti, i dolci, le carni e le acque minerali. Ma le tavole vicentine hanno tanto di più da offrire al mondo. 10
5 Analisi nutrizionale e linee guida Viviamo in un’epoca in cui la scarsità di cibo non rappresenta più un problema rilevante della nostra società, sebbene non occorra andare molto indietro nel tempo per ricordare le gravi malnutrizioni dovute a scarsità e cattiva qualità dei cibi che funestavano soprattutto le nostre campagne. E’ interessante ricordare che esisteva a Vicenza una Commissione Pellagrologica Provinciale per la lotta contro la pellagra, malattia dovuta ad una alimentazione basata quasi esclusivamente sulla polenta. La polenta in sé è innocua, solo è incompleta come alimento (carenza contemporanea di vitamina PP e del triptofano – che è il precursore di questa vitamina) e solo l’alternanza con altri cibi ne compensa la scarsa virtù nutritiva. La malattia ebbe origine dal cambiamento del cibo quotidiano dei contadini, tra il XVI e XVII secolo, in conseguenza della forzata introduzione della coltivazione del granturco nella Repubblica Veneta, oltre che dalle peggiorate condizioni economiche dei contadini stessi. La tradizionale alternanza e diversificazione delle colture agricole cedette il posto per necessità a monocolture: di frumento per il mercato e i padroni, e dopo la mietitura, di granoturco, per l’autoconsumo di contadini e salariati. L’endemia pellagrosa è stata il costo umano, pagato dai contadini poveri per la ricchezza dell’economia, e casi se ne trovavano ancora nelle nostre campagne sino a dopo la seconda guerra mondiale. Altra abitudine consolidata era quella di integrare lo scarso apporto calorico con l’uso di bevande alcoliche, vino in particolare, che veniva somministrato anche ai bambini. Dopo la fine della 2° guerra mondiale, la ripresa dell’economia post-bellica introduceva nuove disponibilità economiche per fasce di popolazione sempre più vaste, per cui si può ben dire che l’alimentazione media degli italiani era in genere adeguata e caratterizzata da una dieta ricca di cereali (pane e pasta), ortaggi e frutta fresca, con una quantità limitata di grassi da condimento e di prodotti di origine animale, soprattutto latte e formaggi. Si 11
trattava di un’alimentazione variata e nutrizionalmente equilibrata, in cui l’utilizzo degli alimenti di origine animale era tradizionalmente riservato alle grandi occasioni. Oggi invece la prevalente tendenza a mangiare più del necessario, tipica delle ultime decadi del nostro secolo, spesso accompagnata da notevoli squilibri tra i vari componenti della dieta, ha portato gli italiani all’esposizione a gravi rischi, come la maggiore incidenza di obesità, ipertensione, arteriosclerosi, diabete, tumori ecc. Il recupero di quella che si potrebbe definire “la via mediterranea per stare bene mangiando bene”, trova il suo fondamento nei risultati di numerosi studi nutrizionali ed epidemiologici su quei paesi (quali l’Italia, la Grecia, la Spagna, la Francia del Sud) che nel corso dei secoli hanno sviluppato abitudini alimentari abbastanza simili: questo stile alimentare è conosciuto oggi come “dieta mediterranea”. Numerosi studi internazionali hanno dimostrato inoltre che la dieta mediterranea fa diminuire la frequenza dell’obesità e delle malattie croniche non trasmissibili. Già nel 1550, il ricco e colto nobiluomo veneto Alvise Cornaro aveva intuito il problema e infatti pubblicava il suo “De Vita Sobria”, dove si consigliano equilibrio e moderazione, specie alimentare, per sopravvivere a lungo. E’ saggio quindi rivalutate le sane e tipiche abitudini alimentari di un passato prossimo, abitudini che purtroppo sono state da gran parte di noi abbandonate, perché considerate espressione di una vita povera. Come conseguenza, oltre a spendere di più, mangiamo male (cioè in modo poco equilibrato) e troppo. Come si vede, nulla di nuovo viene detto: occorre ritrovare la via per nutrirci in maniera adeguata, rivalutando i nostri cibi tipici, variandoli e alternandoli opportunamente, consumandoli nella quantità giusta. Le componenti tipiche delle dieta mediterranea sono: il pane, la pasta, i legumi secchi, la frutta, gli ortaggi, l’olio di oliva. Questi cibi si integrano con piccole quantità di latte, formaggio, uova, pesce, carne. L’olio di oliva 12
è la principale fonte di grassi: è ricco di grassi monoinsaturi e di sostanze antiossidanti. Le “Linee guida per una sana alimentazione italiana” sono aggiornate alle più recenti raccomandazioni scientifiche, proponendo un modello di comportamento alimentare che tende a garantire un buono stato di nutrizione a tutela della salute ed è realizzabile nell'ambito della tradizione alimentare del nostro paese. Nelle prossime pagine troverete alcuni CONSIGLI PER UNA SANA ALIMENTAZIONE nel pieno rispetto della tradizione italiana. L’obiettivo finale è quello di SENTIRSI BENE MANGIANDO MEGLIO E FACENDO ATTIVITÀ FISICA REGOLARE. 13
CONSIGLI PER UNA SANA ALIMENTAZIONE Per aiutare le persone ad adottare una sana alimentazione ed una regolare attività fisica per quindi prevenire le malattie non trasmissibili correlate è attivo nella Azienda ULSS di Vicenza l‘ambulatorio nutrizionale del Servizio di Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) con sede a Vicenza, Noventa Vicentina e Sovizzo, dotato di professionisti altamente qualificati (medici specialisti in scienza dell’alimentazione, dietisti) per supportare medici di famiglia, pediatri e altri specialisti. Tale équipe risponde ai criteri previsti dalle linee guida ministeriali (DM 16/10/1998) per la consulenza dietetico-nutrizionale, intendendo con questo termine “prevenzione, trattamento ambulatoriale, terapia di gruppo per fasce di popolazione a rischio”. Il loro lavoro è dedicato ai pazienti di tutte le età e in particolare a gruppi ad alto rischio e svantaggiati con comportamenti non salutari, fattori di rischio nutrizionali, problemi di peso e malnutrizione, malattie legate all'alimentazione, in particolari condizioni fisiologiche e con allergie e intolleranze alimentari. Sulla base di queste considerazioni le linee principali di azione del SIAN, oltre alla sorveglianza nutrizionale, alla educazione e promozione della salute, alla ristorazione collettiva, includono: consulenza dietetico-nutrizionale (prevenzione, trattamento ambulatoriale e/o terapia di gruppo per fasce a rischio dì popolazione), in collaborazione con i Medici di Medicina Generale, i Pediatri di Libera Scelta e con strutture specialistiche (Ospedaliere e territoriali, Centri di studio e di ricerca, ecc.) e con gli ambulatori per il tabagismo o alcologici, e con i servizi per i disturbi del comportamento alimentare; counseling motivazionale: in letteratura esistono numerosi studi che testimoniano l’efficacia del Counseling Motivazionale (CM) come modalità di intervento efficace per migliorare gli esiti degli interventi di promozione di abitudini alimentari corrette, per il controllo del peso e per ridurre la sedentarietà. 14
Il SIAN pertanto promuove interventi basati sulla motivazione al cambiamento, che sembrano essere più adeguati ad ottenere cambiamenti negli stili di vita individuali e a mantenere comportamenti legati alla salute nel tempo. Come prenotarsi a CUP: telefonare al centro Unico di Prenotazione (CUP) Telefono: 800 403 960 (numero verde CUP) per prenotazioni e disdetta appuntamenti, attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 8.00 alle 16.00 COS’È L’INDICE DI MASSA CORPOREA? L'indice di massa corporea (IMC o BMI, acronimo Inglese di Body Mass Index) è un parametro che mette in relazione la massa corporea e la statura di un soggetto. Questo si calcola dividendo il proprio peso espresso in kg per il quadrato dell'altezza espressa in metri: IMC = massa corporea (Kg) / statura (m2) Ad esempio, l'indice di massa corporea di una persona che pesa 75 chilogrammi ed è alta 1 metro e 80 centimetri sarà quindi uguale a: 75 / (1,80 * 1.80) = 75 / 3.24 = 23,1 Tale indice permette di classificare (solamente per la popolazione sopra i 18 anni) sottopeso (IMC 30). Per la popolazione sotto i 18 anni vengono utilizzati altri indici, che tengono conto sempre di peso ed altezza, ma con valori diversi rispetto agli adulti. Per gli adulti, quindi, per praticità è possibile incrociare peso e altezza sull’apposito grafico, in modo da conoscere il proprio indice di massa corporea. 15
Oltre ad essere utilizzato per la classificazione del sovrappeso e dell'obesità negli adulti, l’IMC è anche un indice epidemiologico: esiste infatti una profonda correlazione tra indice di massa corporea e rischio di mortalità per complicazioni cardiovascolari (inclusa l'ipertensione), diabete e alcuni tumori. Un limite di questo indice è quello di non fornire indicazioni sulla distribuzione del grasso corporeo, pertanto va valutato assieme al parametro della circonferenza addominale. Una circonferenza addominale superiore a 102 cm negli uomini e a 88 cm nelle donne indica un’eccessiva quantità di grasso addominale, ma il rischio per la salute aumenta già a partire da 94 cm per gli uomini e 80 cm per le donne. 16
CONSIGLI PER UNA SANA ALIMENTAZIONE 1 CONTROLLA IL TUO PESO E MANTIENITI ATTIVO Pesati almeno una volta al mese controllando che il tuo indice di massa corporea (IMC) sia nei limiti normali (tra 18.5 e 25 per età maggiore di 18 anni) Qualora il tuo peso sia fuori dai limiti normali, riportalo gradualmente entro tali limiti. In caso di sovrappeso (IMC >25) consulta il medico, mangia meno, preferisci cibi a basso contenuto calorico e che saziano di più, come frutta e verdura, e aumenta l’attività fisica. In caso di sottopeso (IMC
3 GRASSI: SCEGLI LA QUALITÁ E LIMITA LA QUANTITÁ Modera la quantità di grassi ed oli che usi per condire e cucinare. Limita il consumo di grassi da condimento di origine animale (burro, lardo, strutto, panna, ecc.) e preferisci olio extravergine d’oliva Evita il consumo di grassi idrogenati (es margarina) e oli tropicali ricchi di grassi saturi Mangia più spesso pesce; tra le carni preferisci quelle magre ed elimina il grasso visibile. Se ti piacciono le uova ne puoi mangiare fino a 4 per settimana, distribuite nei vari giorni. Se consumi latte preferisci quello parzialmente scremato 4 ZUCCHERI, DOLCI E BEVANDE ZUCCHERATE: NEI GIUSTI LIMITI Modera il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata. Evita il consumo di bevande gassate zuccherate. Preferisci i prodotti da forno della tradizione italiana, che contengono meno grasso e zucchero e più amido. Se utilizzi i prodotti dolci da spalmare su pane o fette biscottate (quali marmellate, confetture di frutta, miele e creme), usali con moderazione. 5 BEVI OGNI GIORNO ACQUA IN ABBONDANZA Bevi mediamente 1,5-2 litri di acqua al giorno. Ricorda che i bambini e gli anziani sono maggiormente esposti al rischio di disidratazione. Ricorda che bevande diverse (come aranciata, bibite tipo cola, succhi di frutta, caffe’, tè) apportano anche altre sostanze che contengono calorie (ad esempio zuccheri semplici) o che sono farmacologicamente attive (ad esempio caffeina). Queste bevande vanno usate con moderazione. 18
6 IL SALE? MEGLIO POCO Riduci progressivamente l’uso del sale sia a tavola che in cucina e preferisci quello iodato. Limita l’uso di condimenti contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape, ecc.); insaporisci i cibi con erbe aromatiche (come basilico, rosmarino, salvia, origano, ecc.) e spezie (come pepe, peperoncino, noce moscata, ecc.). Esalta il sapore dei cibi usando succo di limone e aceto. 7 BEVANDE ALCOLICHE: SE SÍ SOLO IN QUANTITÁ LIMITATA Se desideri consumare bevande alcoliche, fallo con moderazione, durante i pasti dando la preferenza a quelle a basso contenuto alcolico (vino e birra) Non assumerle se devi guidare o fare altre attività per cui devi mantenere intatte attenzione, autocritica e coordinazione motoria. Riducile o eliminale se sei in sovrappeso od obeso o se presenti una familiarità per diabete, obesità, trigliceridi elevati, ecc. Quantità consigliata da non superare al giorno: per l’uomo 2 unità alcoliche; per la donna 1 unità alcolica. 19
8 VARIA SPESSO LE TUE SCELTE A TAVOLA Scegli adeguate quantità degli alimenti appartenenti ai diversi gruppi sotto riportati, alternandoli nei vari pasti della giornata. Cereali, derivati e tuberi (pane, pasta, riso, polenta, patate, prodotti da forno, ecc.) forniscono principalmente carboidrati complessi, vitamine del gruppo B Se integrali sono più ricchi in fibra, vitamine e sali minerali. Consuma tutti i giorni più porzioni di cereali Frutta e ortaggi sono importanti fonti di fibra, vitamine e sali minerali. Si raccomandano 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura. Latte e derivati (latte, yogurt, latticini e formaggi) forniscono calcio altamente disponibile e proteine ad alto valore biologico. Consuma ogni giorno 1- 2 porzioni di latte e derivati. Carne, pesce e uova forniscono proteine di elevata qualità, ferro, zinco e vitamine del gruppo B; questo gruppo comprende anche i legumi secchi. Consuma ogni giorno 1-2 porzioni di alimenti appartenenti a questo gruppo. Varia tra la carne (1-2 volte alla settimana), pesce (2-3 volte a settimana), uova (2-4 uova a settimana), affettati e salumi (non più di 1 volta a settimana), legumi secchi (1-2 volte a settimana). Grassi da condimento (olio extravergine d’oliva, olio di semi , burro,...): sono importanti oltre che nell’esaltare il sapore dei cibi, anche nell’apportare acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili (A, D, E, K). 20
RICORDA INOLTRE DI: 1 NON SALTARE I PASTI, A COMINCIARE DALLA PRIMA COLAZIONE. Saltare i pasti è sconsigliato perché vi ritroverete semplicemente più affamati al pasto successivo, introducendo più calorie che non verrebbero utilizzate del tutto, ma accumulate sotto forma di grassi. Se hai mangiato troppo ad un pasto, il modo migliore per smaltire gli eccessi è muoversi un po’ o ridurre il contenuto energetico dei pasti successivi. E ricordati che per cominciare bene la giornata è indispensabile una bella prima colazione perché fornisce al corpo l’energia necessaria ad affrontare tutta la mattina! 2 CONSUMARE 5 PASTI AL GIORNO. Il nostro organismo ha bisogno di cinque pasti al giorno: colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. I pasti principali devono essere completi ed equilibrati perché solo così si eviteranno gli eccessi incontrollati fuori dai pasti. 21
3 FARE ATTENZIONE ALLE ETICHETTE. Quando fai la spesa leggi attentamente le etichette: rappresentano la carta d’identità del prodotto. Fai attenzione all’elenco degli ingredienti e alla composizione nutrizionale. 22
6 La Cucina Vicentina Di Giovanni Capnist già Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina. (da: Cucina e Tradizione nel Veneto) Uno dei grandi cultori della gastronomia italiana, il Duca Alberto Denti di Piraino, soleva ripetere che in cucina “tutto deve essere misura e proporzione”. Questo credo gli derivasse da una grande esperienza, intelligenza e passione per l’alimentazione, sia quella di “sopravvivenza”, di tutti i giorni, che quella “aulica”, per i giorni che contano. Rifuggendo da una generalizzata valutazione della gastronomia, che può avvicinarsi ad una fisiologia o filosofia del gusto e del saper vivere, vorrei cercare qui, localmente, nell’ambito del territorio propriamente detto Vicentino, quel repertorio gastronomico che trae le sue origini dalla storia più lontana, addirittura dai greci antichi, etruschi, romani, longobardi, franchi, bizantini o veneziani. Fattore determinante per tutti, certamente il trascorrere delle stagioni, nel loro approssimativo ripetersi, anno dopo anno, scandendo, quasi con monotonia, avvenimenti naturali legati al cambio delle stagioni, che influiscono sostanzialmente sulle abitudini socio-familiari delle nostre popolazioni. Come i mesi dell’anno hanno la loro costellazione dominante, così il calendario gastronomico vicentino esalta questo ripetersi di avvenimenti legati alla natura ed al suo evolversi, fatti tutti determinanti per le abitudini della più sana ed accorta vita familiare, che sta alla base della nostra civiltà. Possono essere varianti alla consuetudine, proprio quelle varianti climatiche che caratterizzano il nostro territorio, posto geograficamente fra le alture dei monti Lessini ad ovest, limitato al centro dalle Prealpi vicentine, dal 23
lungo delinearsi dell’altopiano di Asiago, terminando ad est con il massiccio del Grappa. Sono montagne che chiudono al nord l’ingresso dei grandi freddi invernali, creando diversi microclimi tipicamente mediterranei, dove alligna splendidamente anche l’ulivo, e che degradano in una serie di rilievi minori verso la pianura ed il mare, in un ricco sistema idrografico che converge in alcuni fiumi maggiori. A grandi linee, è questo il paesaggio naturale dove, nei secoli passati, è nata la nostra economia agricola, così strettamente congiunta alla nostra economia gastronomica, dove piatti di grande elaborazione convivono accanto ad un vitto tipicamente paesano, semplice e di utilizzo completo del prodotto locale. Naturalmente accanto ad antiche tradizioni di caccia e di pesca in acqua dolce. Gli Istituti Professionali di stato per i servizi alberghieri e della ristorazione del Veneto, con grande intelligenza e praticità, a vera salvaguardia di un inestimabile patrimonio culturale, hanno svolto una ricerca sui piatti della tradizione culinaria veneta, con precise ed aggiornate schede descrittive di 130 piatti da salvare. Salvare da che cosa? Salvare dall’ignoranza della disinformazione, dal consumismo, dalle stravaganze di incompetenti, che trasformano delicati e collaudati piatti, vanto di antiche tradizioni e risorse alimentari, in alimenti di incerto aspetto e ancor di più incerto gusto, prevaricando in aggiunte di sapori, che aggiungono al piatto solo assurdi costi, ma non risultati. Ecco che, per la tradizione recoarese, riappaiono i quasi dimenticati gnocchi con la “Fioretta”, a salvaguardia dell’antica tradizione pastorale della zona; Bassano, con i suoi pregiati asparagi ed il riso carnaroli o il vialone nano veneto, non poteva essere dimenticata. Le lumache di Arzignano, secondo una vecchia ricetta locale, il cappone alla “Canevera”, che destinava la vescica dei maiali per cucinare i capponi novelli; la zuppa di pane, una delle tante ricette che la necessità economica e la fantasia vicentina aggiunge alle “panade” della penisola. 24
Minestra di risi e bruscandoli, vanto e sapienza delle nostre nonne. Torta “putana”, altrimenti chiamata nel vicentino “onta, bisonta e soto tera sconta”, pesante preparazione invernale e piatto unico per la fame dei tempi passati. E, naturalmente, in un futuro che speriamo prossimo, attendiamo tanti altri piatti da salvare, attraverso l’intelligente e proficua ricerca che il nostro e gli altri istituti veneti hanno oggi intrapreso. 25
7 Alcuni aneddoti sulla gastronomia vicentina Tratto da: “Guida gastronomica delle trattorie e ristoranti del vicentino” a cura di G. Cercena, G. Manfredini, G. Marchesini e A. Munari. Il pittore Ubaldo Oppi, pur non essendo “visentin nato e spuà” era solito dire: “Ogni region, ogni cità d’Italia ga i so piati tipici, ma n’a cusina come la nostra no pol averla combinà che il Padreterno: al primo giorno el ga butà zò a smanà le minestre, i risoti e i pastizzi de lasagne; el secondo giorno i lessi e i contorni; al terzo giorno i rosti co’ le salse; al quarto giorno el polastro e le carni in tocio; al quinto i formagi de Asiago e Vezena; al sesto i dolci, i vini e le graspe. El settimo giorno el se ga riposà e po’, par supplemento, el ga mandà zò un speo d’osei e polenta e bacalà”. 26
La polenta La polenta, che nell’alimentazione indigena ha preso il posto del pane e che si mangia fumante, cioè appena versata dal paiolo, oppure abbrustolita, fredda con intingoli caldi e calda coi companatici, un tempo veniva venduta come oggi si vendono le caldarroste: polentari ambulanti nella stagione invernale si piazzavano ai crocicchi per smerciare “polentina ben consà con buro e col formajo”. Sentite cosa dice E. Zuccato a proposito della polenta: “Un speo de osei, co’ la polenta a fete Stirae ne la lecarda, polenta e bacalà a la visentina; chi xelo el mago che te ga inventà? E po’ polenta co’l polastro in tocio, sopressa co’ polenta brustolà, polenta e pesse frito, polenta co’l formajo picantin, polenta e scopeton, polenta e renga… Desso ghe dago un tajo par sigare: evviva la polenta in tuti i modi !!! Mejo se acompagnà co’ del bon vin”. 27
Il Bacalà a la visentina I vicentini mangiano da secoli il pescestocco (stoccafisso) chiamandolo baccalà. Il baccalà è un merluzzo aperto, salato e pressato nelle botti. Il pesce stocco è merluzzo intero, non salato, messo a seccare al sole. Per il piatto in questione sono preferiti gli stoccafissi piccoli, detti “ragni”, che vengono battuti col maglio prima di essere messi a bagno per l’ammollamento. 28
Bacala’ a la vicentina con polenta di Giacomo Traverso Do jorni prima, de doverlo fare, te ve dal casolin, ma quelo bon; te ghe domandi……”un Ragno de quei giusti” (la pele ranzignà, s’ciareta, a mace e, grande fa ch’el sia, de mesa via). De legno tor’na massa e, con pasiensa pestarlo tanto ben, ma ‘tento ciò, saria ‘n pecà el romparghe la pele! In moja te lo assi incò e diman in aqua che do volte va cambià, a tochi te lo taj ben pulito, te cavi i spini e po’ te l’infarini. In meso te ghe meti un pestesin che adesso mi te digo come fare: Te taj fina, fina, ‘na siòla te zonti de prasemolo un muceto, de ajo ‘pena ‘pena che l’odore, un paro de sardele, soto sale, el tuto ben pestà con gran pasiensa, de pear’ n’ombra opure de canela: xe pronto el pesto e no ghe vol de l’altro. De tera tor’na tecia par ‘sta roba che ‘l caldo se mantegna ben preciso ‘na brancà de formajo e giusto ‘l sale ojo, ojo, ojo in quantità. Ghe mete, qualche d’un, un fià de late, el dise che così el vien più tendro, de vin ghe mete st’altro un mezo goto, el dise che così el se frola mejo. Ma la dona no ghe mete gnente, così ‘l conserva tuto el so saor. No credar, caro mio de ‘ver finio, el belo vien adesso, proprio adesso. Da frizar no’l ga mai, ma chieto, chieto bisogna che lu “pipa” pluf, pluf, pluf, l’ojeto lo coverza sempre sempre chè l’aria, mai, no vole lu ciapare e , soto, no lassarlo mai tacare chè groste nol te fassa o “tacà su”. Sie ore a fogo chieto, mejo sete, s’el gera un Ragno giusto… che bocon! Adesso ‘l va sposà co la polenta parà ‘l và zo col bianco de Soave. No ‘ver paura, no ghi n’è mai massa, ma, se te fussi fortunà ch’el vansa, no stà, doman, ofrirghelo a nissun, tienlo par tì …. Che l’è ‘ncor mejo!! 29
Formaggi Tutta la provincia di Vicenza è buona produttrice di formaggi e molte sono le varietà che escono dai nostri caseifici, pochi sanno però che soltanto due sono i formaggi veramente “vicentini” come origine; alcuni, come il Vezzena, lo sono solo per tradizione, altri infine, originari di regioni diverse, sono ora prodotti anche da noi. Il formaggio “principe” della nostra provincia è senz’altro l’Asiago. La data d’inizio della sua produzione è antichissima, sicuramente prima dell’anno 1000, dato che da tempi remoti le popolazioni dell’Altopiano dei Sette Comuni si dedicarono, come attività primaria, all’allevamento del bestiame e alla trasformazione di gran parte del latte ottenuto in formaggio. A seconda della stagionatura, possiamo gustare Asiago mezzano (fino a 8 mesi), vecchio (oltre un anno), stravecchio (oltre 18 mesi). Quello che comunemente è detto “formaggio Asiago tenero” è, invece, il “pressato” (l’altro formaggio vicentino “purosangue”); la sua maturazione avviene nell’arco di due mesi ed è usato da tavola. Il pressato si può apprezzare anche cotto; ecco la ricetta, elementare ma di sicuro risultato: si fa cuocere il formaggio, dopo averlo spezzettato, in un tegamino, con un po’ di burro; lo si mangia caldissimo, non appena si è completamente sciolto. Ancora in tema di formaggi fritti, ricordiamo la “tosella”, un tipico e particolarissimo “formaggio”molle. La tosella, tuttavia, non è un vero e proprio formaggio, ma si tratta di uno stadio preliminare di questo. Infatti, quando la “pasta” destinata a diventare formaggio viene posta nella forma apposita per la stagionatura, una parte di essa trabocca dalla forma stessa. Questi residui costituiscono appunto la tosella che è possibile mangiare fritta nel burro e abbondantemente salata. 30
Passiamo ora al Vezzena. A noi vicentini un po’ dispiace dover rinunciare alla paternità di questo formaggio, stagionato e piccantino, che, magari accompagnato da una fetta di polenta (o da un po’ di funghi), siamo tentati di preferire a molti piatti elaborati. A malincuore, quindi, riconosciamo che il luogo di produzione del Vezzena, e cioè la zona omonima, pur trovandosi sull’Altopiano, geograficamente appartiene alla provincia di Trento. Ciò non toglie che, se non per origine, questo formaggio sia nostro per adozione, dato il favore e la diffusione che esso incontra nel Vicentino, specie come formaggio da tavola. Data la sua stagionatura, lo si può usare anche grattugiato, per dare un sapore nuovo alla pastasciutta o a certe pietanze. Un unico “difetto” si può imputare al Vezzena: il fatto di essere prodotto in quantità limitata. Questo perché vero e proprio Vezzena è solo quello che nasce nelle malghe della zona omonima, così poche da potersi contare sulle dita di una mano. 31
Le ricette di Cucina e Tradizione nel Veneto 8 (ricerca degli Istituti Alberghieri del Veneto) FOTO: I.P.S.S.A.R. RECOARO Gnocchi con la “fioretta” Origine storico culturale e/o fonti Agli inizi del secolo scorso, nella zona prealpina di Recoaro Terme, i pastori preparavano con prodotti derivati dal latte questo piatto particolare che, ancora oggi, si può gustare nel periodo estivo, in alcune trattorie della zona. La fioretta si ricava dal siero di latte. Tempo richiesto: 1,30 ore Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kcal: 809 32
Svolgimento della ricetta Incorporare le uova nella fioretta, aggiungere la farina setacciata, salare e unire un pizzico di noce moscata grattugiata. Lasciare riposare l’impasto per mezz’ora. Con l’aiuto di due cucchiai, fare cadere delle particelle d’impasto nell’acqua bollente salata; quando gli gnocchi verranno a galla, lasciarli cuocere per almeno due minuti, pescarli con delicatezza, disporli nel piatto, cospargerli con abbondante parmigiano grattugiato ed irrorarli con del burro nocciola aromatizzato con foglie di erba salvia. Esistono delle varianti alla ricetta sopra descritta: 1) La noce moscata viene aggiunta al formaggio grattugiato; 2) Al posto della farina si può utilizzare del pane grattugiato. 33
Risotto agli asparagi Origine storico culturale e/o fonti Il risotto con asparagi è tipico della zona di Bassano del Grappa e si prepara nei mesi di aprile-maggio, ma si trova oggi in tutta la regione. Il risotto veneto ha come caratteristica quella di essere preparato all’onda, nel senso che, scuotendo la pentola, deve formare una specie di onda. Tempo richiesto: 30 minuti Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kal (per una porzione): 574 Svolgimento della ricetta Bollire gli asparagi, raffreddarli, separare le punte, tagliare a tocchetti la parte tenera del gambo. Preparare un fondo di cipolla e cuocerlo con burro ed olio di oliva, unire i tocchetti d’asparago, rosolarli leggermente, aggiungere il riso (consigliato il vialone nano), bagnarlo con del vino bianco secco, farlo evaporare e cominciare ad aggiungere il brodo leggero, poco alla volta, rimestando in continuazione. Portarlo a cottura, al dente, toglierlo dal fuoco, aggiungere il formaggio grattugiato, il burro a pezzetti e mantecarlo. Disporlo nei piatti, guarnire la superficie con le punte degli asparagi saltate al burro e un pizzico di prezzemolo tritato finemente. 34
Corgnoi (lumache) Origine storico culturale e/o fonti Nella provincia di Vicenza, come un po’ in tutto il Veneto, le lumache sono molto ricercate e, soprattutto la vigilia di Natale, vengono preparate secondo una vecchia ricetta che richiede un lungo tempo di cottura. Tempo richiesto: 8,30 ore Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kal (per una porzione): 384 Svolgimento della ricetta Preparare, in una casseruola di terracotta, un soffritto di cipolla, carote, aglio, prezzemolo tritato, battuto di lardo e olio di oliva ed aggiungere un mazzetto aromatico di salvia, rosmarino e alloro. Aggiungere le lumache, bagnare con del vino bianco secco, lasciare parzialmente evaporare e bagnare, di tanto in tanto, con del brodo. Cuocerle coperte, a fuoco lento, per circa 8 ore; aggiustare il sapore salando e pepando; saranno da considerarsi cotte quando risulteranno sufficientemente tenere. 35
Cappone alla “canevera” Origine storico culturale e /o fonti Nel periodo autunnale, quando si usava uccidere il maiale per ricavare i salumi destinati al consumo familiare, specie nella zona di Arzignano, si conservava la vescica per cucinare il cappone novello. La canevera altro non è che una canna completamente cava che funge, nella preparazione di questo piatto, da sfiato. Tempo richiesto: 2,30 ore Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kcal (per una porzione): 601 Svolgimento della ricetta Pulire e fiammeggiare il cappone, introdurre all’interno un trito di cipolla, carote e sedano, ed uno spicchio d’aglio, salare e pepare. Porre la canna, chiudere l’apertura della vescica attorno a quest’ultima utilizzando dello spago da cucina. Immergere la vescica in un recipiente 36
contenente acqua bollente salata, prestando attenzione a che il pezzo di canna, rimasto all’esterno, fuoriesca dall’acqua; cuocere per circa 2 ore. A cottura ultimata, estrarre il cappone, tagliarlo a pezzi e servirlo ben caldo con il sugo formatosi durante la cottura nella vescica. 37
Zuppa di pane Origine storico culturale e/o fonti Questo piatto, caduto in disuso, rappresenta in modo significativo i costumi e le abitudini delle genti del Vicentino. E’ un piatto che, nella sua semplicità, ancora oggi porta alla memoria, nella generazione che l’ha conosciuto, le difficoltà della guerra, i ricordi dell’infanzia. E’ un piatto che utilizza il pane raffermo, che non veniva mai gettato. Tempo richiesto: 1,30 ore Grado di difficoltà: basso Livello calorico in kcal (per una porzione): 512 Svolgimento della ricetta Tagliare il pane raffermo a pezzetti, porlo in un recipiente, possibilmente di terracotta, coprirlo d’acqua e, quando è completamente inzuppato, portare il recipiente sul fuoco. Cuocere a calore moderato per circa 1 ora, mescolando in continuazione. A cottura ultimata, aggiustare di sale e condire con burro e formaggio grattugiato. Per arricchire questo piatto, rendendolo sostanzioso, si possono unire delle uova e un pizzico di pepe nero macinato fresco. 38
Minestra di riso e bruscandoli Origine storico culturale e/o fonti Piatto tipicamente primaverile. Gli apici del luppolo vengono chiamati in dialetto bruscandoli, si raccolgono nel periodo fine inverno inizio primavera, quando la natura offre i primi prodotti spontanei e nelle dispense, un tempo, cominciavano a scarseggiare le provviste. Tempo richiesto. 30 minuti Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kcal (per una porzione): 315 Svolgimento della ricetta Soffriggere con olio e burro la cipolla tritata finemente con la pancetta; aggiungere gli apici del luppolo tagliati a piccoli pezzi, bagnare con del brodo e cuocere il fondo per 10 minuti a fuoco lento. Unire il restante brodo e portarlo ad ebollizione, unire il riso e portarlo a cottura, legare con del burro e formaggio grana grattugiato; guarnire, infine, con del prezzemolo tritato. 39
9 La Cucina dell’ Altopiano Di Benito Vitulo (Baffo) ristoratore e giornalista (da: Cucina e Tradizione nel Veneto) Si dice che metà della gente muore per la cattiva cucina e l’altra metà per la… buona cucina! Messo nella possibilità di scegliere e visto che morire bisogna, io preferisco morire per la buona cucina. A tale proposito ho avuto modo di vedere ed apprezzare le schede che illustrano diversi cibi della nostra zona montana e pedemontana. Diciamo subito che per tradizione e cultura l’altopiano di Asiago non possiede una cucina sofisticata o particolarmente raffinata. E’ una cucina per lo più povera che trae le sue origini dall’antica povertà di questa gente – in altre epoche isolata causa la scarsezza dei mezzi di locomozione – anche dai paesi e dalle città vicine. Pur mancando degli “ingredienti” cosiddetti nobili, si può parlare di un modo di cucinare pur modesto nella sostanza, piuttosto gradevole e per molti versi originale. Nelle schede ho trovato inclusi alcuni cibi che per la verità non sono proprio tipici dell’altopiano anche se sono ampiamente usati e conosciuti come i “Torresani di Breganze”; “Ovi e sparasi”, piatto questo esclusivamente di Bassano e dintorni; “Bacalà alla vicentina” che pur si prepara anche sull’altopiano, ma è soprattutto un piatto la cui fama ha valicato i confini non solo provinciali, ma talvolta anche regionali. Di quest’ultimo si può dire che una volta era considerato un piatto “da poveri”, ma non lo è certamente ora con i costi iperbolici raggiunti da questa materia prima. 40
Di tipico, originale e sicuramente locale si può parlare della “Considera” che altro non è che una “poverissima” polenta di patate che veramente in altri tempi costituiva il sostentamento quasi primario dei locali. Veniva mangiata soprattutto dai boscaioli, calda o abbrustolita con sopra una fettina di formaggio. Dava scarse calorie e abbondante senso di sazietà. “La minestra col praio”” fatta con l’orzo che si coltivava con discreti risultati sui terreni più esposti al sole della val d’Assa. Vi si cuoce dentro un pezzo di coda di vitello. Le calorie sono poche ma è considerata molto rinfrescante. “Ovi e sparasi” ricetta un po’ più energetica che ancor oggi si usa fare sull’altopiano con l’asparago selvatico dal gusto forte e amaro. Forse la buona salute e la longevità degli altopianesi di allora era proprio dovuta allo scarso apporto di grassi. Non esistevano allora le cosiddette malattie del benessere, quali eccesso di colesterolo, trigliceridi, diabete, obesità, ecc. Erano più rari i casi di cardiopatie, infarti, ictus. 41
10 Le ricette della Provincia e dell’ Altopiano (Cucina e Tradizione nel Veneto, ricerca degli Istituti Alberghieri del Veneto) FOTO: I.P.S.S.A.R. RECOARO Toresani de Breganze allo spiedo (colombi torraioli di Breganze allo spiedo) Origine storico culturale e/o fonti Il nome e l’esistenza del piatto sono dovuti alle numerose torri che ornano le vecchie dimore patrizie della zona di Breganze. Queste, un tempo e in parte ancor oggi, forniscono un ottimo posto ai colombi per nidificare indisturbati. Il Toresan originale resta quello che finisce allo spiedo, senza aver mai volato ed essere stato nutrito solo dalla madre. 42
Tempo richiesto: 3,30 ore Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kcal (per una porzione): 726 Svolgimento della ricetta Spennare ed eviscerare i piccioni. Rosolare i fegatini e i cuoricini con burro e salvia. Tritarli ed unirli a salsiccia e pane ammollato nel brodo. Unire il parmigiano grattugiato ed un uovo. Farcire i piccioni e chiudere con filo bianco. Infilare sullo spiedo e bardare con lardo. Far cuocere al fuoco di legna bagnando di tanto in tanto col sugo di cottura colato sulla leccarda. Una volta pronti, sfilarli e servirli. 43
Ovi e sparasi alla Bassanese Origine storico culturale e/o fonti Oggi l’asparago è conosciuto come prodotto della zona di Bassano. Si usa mangiarlo bollito con le uova sode ridotte a poltiglia. Questo gustoso turione lo si trova anche nel fondovalle della Val d’Assa, ma qui cresce spontaneo, è di colore verde e molto amaro. Tempo richiesto: 45 minuti Grado di difficoltà: basso Livello calorico in kcal (per una porzione): 391 Svolgimento della ricetta Spellare gli asparagi bianchi e liberarli della parte legnosa del gambo. Preparare i mazzetti legati con spago bianco. Metterli verticali in una piccola marmitta con acqua salata bollente e punte rivolte in alto e fuori dall’acqua. Far bollire per 15-20 minuti a seconda della grossezza. Toglierli un po’ turgidi e coprirli con un tovagliolo. Lessare le uova per 7-8 minuti in acqua bollente, togliere dal fuoco affinché il tuorlo resti con la goccia, cioè morbido. Sgusciare su piatto apposito, adagiare gli asparagi senza spago. Pestare con i rebbi della forchetta l’uovo e condire con olio e aceto, insaporendolo di sale e pepe, fino ad ottenere una crema omogenea. 44
La considera Origine storico culturale e/o fonti La patata è ritenuta, dal secolo scorso, un alimento essenziale. Tutt’oggi viene coltivata un po’ ovunque, particolarmente nel comune di Rotzo, dove ogni anno si tiene un’apposita festa. La considera in tempi non molto lontani era la cena per gran parte delle nostre famiglie. Si mangia molto calda, appena preparata, oppure tagliata a fette e abbrustolita. Per la sua compattezza era il cibo preferito dai boscaioli che la mangiavano con una fetta di formaggio di malga. Tempo richiesto: 1,40 ore Grado di difficoltà: medio Livello calorico in kcal (per una porzione): 292 Svolgimento della ricetta Tagliare a fettine la cipolla e farla rosolare in burro e olio. Togliere la cipolla e aggiungere la farina. Far rosolare lentamente e farle prendere un colore dorato scuro. Lessare le patate in poca acqua, schiacciarle e aggiungerle alla farina. Lasciar cuocere per 10-12 minuti, quindi rovesciare sulla spianatoia. Dovrà risultare una polentina non troppo densa. 45
Minestra col “praio” Origine storico culturale e/o fonti L’orzo, da sempre utilizzato in montagna in sostituzione del più “nobile” riso, ha trovato nei tipici terrazzi di Stoner e lungo i declivi della Val d’Assa i luoghi più adatti alla sua coltivazione. Come per il risotto, va mangiato appena cotto, perché anche l’orzo diventa “lungo”. Si usava cucinare la zuppa con lo sbanz (coda) del vitello e ossa che avessero ancora della carne attaccata. Tempo richiesto: 2 ore Grado di difficoltà: elevato Livello calorico in kacl (per una porzione). 251 Svolgimento della ricetta Mettere l’orzo in ammollo due ore prima di utilizzarlo. Tagliare le verdure a dadini e metterle a rosolare con lo speck, la carne di maiale ed un po’ di burro. Aggiungere l’acqua bollente e l’orzo. Portare a cottura e servire. 46
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