IL MANGIARBENE GUIDA ALLA CUCINA TRADIZIONALE VICENTINA - AZIENDA U.L.S.S. N. 6 VICENZA DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE SERVIZIO DI PROMOZIONE ED ...

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IL MANGIARBENE

  GUIDA ALLA CUCINA
TRADIZIONALE VICENTINA

                             AZIENDA U.L.S.S. N. 6 VICENZA
                           DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE
      SERVIZIO DI PROMOZIONE ED EDUCAZIONE ALLA SALUTE
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A cura di:

Dr. Gabriele Poli
U.O. di Promozione ed Educazione alla Salute ULSS 6, Vicenza

Dr. Angiola Vanzo
Direttore Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ULSS 6, Vicenza

Dr. Patrizia Pesenti
Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ULSS 6, Vicenza

Grafica: Livio Chiementin - SIAN ULSS 6, Vicenza

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Sommario                                                                                            Pag.

1.     Presentazione............................................................................ 3

2.     Introduzione .............................................................................. 4

3.     Storia ......................................................................................... 5

4.     Il panorama agroalimentare della provincia di Vicenza............ 8

5.     Analisi nutrizionale e linee guida ............................................. 11

6.     La Cucina Vicentina .................................................................. 23

7.     Alcuni aneddoti sulla gastronomia vicentina ........................... 26

8.     Le ricette di Cucina e Tradizione nel Veneto ...........................32
       (ricerca degli Istituti Alberghieri del Veneto)

9.     La cucina dell’Altopiano ........................................................... 40

10. Le ricette della provincia e dell’Altopiano ............................... 42

11. La Cucina tradizionale Veneta .................................................. 47

12. Le ricette di Amedeo ................................................................ 54

13. Ricette dello Chef ..................................................................... 61

           Danilo Baratto ...................................................................... 61

           Sandra Cazzola Lovise .......................................................... 67

           Gianluca Tomasi ................................................................... 73

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1   Presentazione

Guida alla cucina tradizionale vicentina è il quinto volume della collana “IL
MANGIARBENE”, che il Servizio di Promozione ed Educazione alla Salute
(SPES) della ULSS 6 Vicenza presenta, dopo Guida al consumo dei molluschi
marini, Guida al consumo del pesce azzurro, Guida al consumo dei formaggi
e Guida al consumo dei salumi.

Con il presente manuale, ci proponiamo di dissolvere il velo dell’oblio,
riportando alla memoria dei concittadini quelle che erano -e speriamo
tornino ad essere- le peculiarità della nostra cucina, antica ed apprezzata
anche al di fuori della Provincia.

Oltre a notizie storiche, aneddoti e prelibate ricette realizzate da rinomati
chef vicentini, sono trattati gli aspetti riguardanti le caratteristiche e le
analisi nutrizionali di piatti storici della rinomata cucina vicentina.

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2   Introduzione

Un turista, un occasionale visitatore, ma anche un abituale abitante hanno
varie possibilità di conoscere un territorio, dalla semplice “toccata e fuga”,
visitando i monumenti più famosi, alla permanenza un poco più lunga,
vagando per le vie della località, chiacchierando con le persone, sollevando
lo sguardo ad ammirare balconi e fregi dei palazzi. Tuttavia, se alla visita
puramente “didattica” si associa quella culturale e gastronomica, si ha la
fortuna di ottenere un connubio che rimarrà indelebile nella memoria.

Fra le tante cose che ho avuto la sorte di scrivere, approfitto di questo
spazio per citarne una in particolare.

“Viaggiare senza conoscere è come mangiare senza nutrirsi. Ho viaggiato
molto nella mia vita, ma nessun museo, nessuna antica civiltà, nessun
panorama mi ha gratificato mai come il tempo speso a conoscere persone,
pensieri e tradizioni. Se il viaggiatore non si innalza alla ricerca del rapporto
con la gente del luogo che visita, può affermare di aver visto, non di aver
conosciuto” (cit. G. Poli)

E, fra le tradizioni, la cultura culinaria occupa un posto di primo piano.

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3   Storia

I Vicentini a tavola: passato, presente, futuro.

La cucina tradizionale vicentina è oggetto di non numerose ma eccellenti
pubblicazioni, a cui facciamo riferimento nelle nostre seguenti
considerazioni.

La cucina vicentina ha le sue basi nei prodotti agricoli e dell’allevamento
locali, ma il suo piatto più famoso, lo stoccafisso che si trasforma nel
“bacalà alla vicentina”, giunge tramite la marineria della Serenissima
Repubblica di Venezia dal boreale arcipelago delle LOFOTEN, al nord della
Norvegia, e così le sarde atlantiche dette “scopetoni”, da non confondere
con le aringhe, “renghe” in Veneto.

Il grande Palladio teorizzava la villa di campagna come residenza di un
proprietario terriero che razionalmente vuole attendere alle necessità della
produzione agricola senza privarsi del benessere e del lusso legato al suo
ceto sociale. La barchessa per gli attrezzi agricoli, la graziosa colombara, le
stalle e il porcile a debita distanza dalla casa padronale, un vicino corso
d’acqua utile per la peschiera e le anatre, sono quasi sempre presenti. In
vicinanza della villa risiedono i contadini e gli abitanti del paese che spesso
condivide il nome della casata dei conti Thiene, Caldogno, Orgiano, Velo,
ecc.

Nel passato era molto diversa la disponibilità alimentare pro capite in
relazione ai vari strati sociali. Chi non possedeva almeno una vacca, alcune
galline, un pezzo di terra per orto e vigna, doveva attraversare periodi di
carestia. Domenico Fiori, arciprete del comune di Posina, paese ai piedi del
monte Pasubio, negli anni 1861-1874 nel registro parrocchiale annotava
come frequente causa di morte l’inedia, cioè la denutrizione e lo stato di
deperimento che ne consegue.

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La frugalità era una necessità e non una scelta, il lavoro dei campi era
pesante, per cui era attesa e gradita la possibilità di mangiare e bere in
abbondanza. Quando si macellava il maiale, le parti non conservabili erano
consumate subito (i “sossoli”, il carniccio di maiale fritto); al momento della
vendemmia, con il mosto e la farina si cuocevano gli inebrianti “sugoli”.
Inoltre, mancando le tecniche per conservare le derrate alimentari
deperibili, la stagionalità dei cibi era obbligatoria.

Come ritmo dei pasti, nel Vicentino, di colazione quasi non si parla; il pasto
principale è il pranzo, la cena è frugale. La vita contadina costringe ad
alzarsi prestissimo la mattina, quando splende ancora la “stella boara”, cioè
il luminoso pianeta Venere che precede l’alba. Quindi bisogna pranzare
“prestino, a mezodì, o a mezo boto, un boto, un boto e mezo “, non oltre:
cioè tra le 12 e le 13.30. La cena è all’imbrunire, dopo la mungitura e prima
del buio completo, ed è frugale, consistendo negli avanzi del pranzo, se ci
sono, o pane e latte. Il vino, potendo, è sempre presente.

Le ampie disponibilità alimentari attuali e l’attuale “epidemia “di obesità
erano sconosciute ai nostri -anche recenti- antenati: i documenti fotografici
del secondo dopoguerra e fino agli anni ‘70 mostrano bambini smilzi e
adulti con fisici asciutti su cui le gonne e i pantaloni cadono perfettamente
e con involontaria eleganza.

Tuttavia, continuare a preparare e a mangiare i piatti della nostra tradizione
vicentina è non solo bello ma anche auspicabile: sono saporiti, appaganti, e
spesso costituiscono piatti unici ben bilanciati, quali i risi e bisi, la polenta e
bacalà.

Prodotti nutrienti e saporiti come il formaggio Asiago, la sopresa di
Sant’Antonio del Pasubio e i salami sono perfetti per il panino da mettere
nello zaino quando si va in gita in montagna; frittole con erba maresina e
fugassa coi fighi non si fanno tutti i giorni, ma pensa tornare da scuola e
trovarle come merenda!

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Viceversa, alcuni di questi piatti possono essere non più realizzabili perché
gli ingredienti sono irreperibili: si è persa la conoscenza di certe erbe, o non
è più possibile commerciare alcuni prodotti troppo deperibili quali mosto di
vino e le frattaglie. Dei piccioni si parla solo per la loro indesiderata
invadenza in città e quasi non più quali prelibati arrosti di “torresani “di
Breganze.

Salvare le ricette della cucina tradizionale vicentina e traghettarle nel XXI
secolo senza sensi di colpa è però fattibile: è sufficiente cucinare un buon
piatto vicentino con cura, con ingredienti genuini, e non farlo precedere da
aperitivi e snack, né seguire da dessert confezionati ipercalorici. Un buon
gotto di vino con la pietanza è ben accetto, tanto più che il superalcolico, in
genere la grappa, è entrata nella ricetta della “fugassa” o delle frittole di
carnevale, pertanto l’alcool è ampiamente evaporato, mentre rimane il
sapore.

Se poi il pranzo è preceduto o seguito da una camminata fino a Monte
Berico, o alle falesie di Lumignano, o verso una delle numerosissime ville
palladiane che costellano la pianura e i colli, l’effetto complessivo sul
benessere e sull’umore non potrà essere migliore.

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4   Il panorama agroalimentare della provincia di Vicenza

Da: Atlante Agroalimentare vicentino (Camera di Commercio di Vicenza)

Esteso su un territorio vasto e morfologicamente variegato e complesso, il
territorio vicentino rappresenta uno dei principali centri agroalimentari del
Veneto. Non manca nulla: dai prodotti orticoli al vino, dalle carni alla frutta,
passando per i distillati e per i formaggi. Tutto concorre a fare
dell’agroalimentare di Vicenza un settore fondamentale non solo per
l’economia veneta, ma anche uno dei pilastri della dieta mediterranea.

Dalla terra alla tavola, insomma, in un caleidoscopio di sapori, profumi e
colori raramente riproducibile per complessità e qualità in altre province
italiane, il Vicentino offre al visitatore goloso un’ottima scelta di piatti tipici,
a conferma di una genuinità frutto di esperienze secolari maturate da
generazioni di agricoltori.

I numeri danno un’idea precisa del settore agroalimentare in termini
economici e lavorativi. In provincia di Vicenza nell’intero settore operano
complessivamente 1.124 aziende (dato 2006), pari al 19,3% circa rispetto al
territorio regionale veneto (erano appena 820 nel 1998).

Appartengono per lo più al comparto vitivinicolo, dei liquori e delle
bevande, delle conserve vegetali, delle carni e della loro trasformazione,
delle granaglie, della caseificazione e delle arti bianche.

Attorno a queste aziende gravita un mondo imprenditoriale capace di
creare occupazione e ricchezza in maniera più stabile rispetto ad altri
settori della provincia di Vicenza. Sono infatti 6.461 (dato 2006) gli addetti
del comparto, con un fatturato complessivo che oscilla attorno ai 5,118
miliardi di euro e con un export di circa 188,9 milioni (dato 2006). A queste
imprese si aggiungono poi quelle operanti nel settore agricoltura, che nel
territorio vicentino sono 12.253.

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Si tratta di dati molto significativi. Basti pensare che Vicenza e tutte le altre
province del Veneto occupano una posizione di preminenza nell’export
dell’industria alimentare italiana. La regione realizza infatti un giro d’affari
sui mercati esteri pari a 1,8 miliardi di euro, numero che rappresenta circa il
12,6 per cento di tutte le esportazioni nazionali del settore. Una quota
significativa di questo export è sicuramente da assegnare all’industria
vitivinicola e dei distillati, visto che la regione può contare su grandi vini
molto apprezzarti in Italia e all’estero e su alcuni dei più importanti nomi
del settore. Un settore a cavallo quindi tra agricoltura e industria che è
stato in grado di reagire positivamente alla crisi generale che ha riguardato
un po’ tutti i comparti manifatturieri locali.

A caratterizzare la produzione agroalimentare locale è soprattutto la cura
dei prodotti, garantita da una struttura imprenditoriale fatta soprattutto di
piccole e medie aziende. Questo è uno dei segreti: le oltre 900 realtà
artigianali del Vicentino costituiscono senza dubbio una grande risorsa
qualitativa per il settore. A ciò si aggiunge, indistintamente in tutte le
imprese del territorio, la forte attenzione agli aspetti della sicurezza
alimentare e ai contenuti tecnologici, garanzia prima di igiene e salubrità. In
questo senso va sottolineato come in provincia esista un vero e proprio
distretto industriale correlato, composto da decine d’aziende impegnate nel
campo degli impianti per l’industria alimentare, in particolare nelle
macchine per il pane e per il settore lattiero-caseario. E’ questo un settore
di eccellenza da cui le imprese del settore agroalimentare hanno ricavato
un valido know-how strategico per il loro sviluppo.

A proposito di eccellenza: una bella tavola imbandita di decine di prodotti
potrebbe tranquillamente riassumere la mappa agroalimentare della
provincia di Vicenza, dalla sopressa al prosciutto berico, passando per gli
asparagi, radicchio rosso, Asiago e Stravecchio di malga, ciliegie, polenta e
baccalà, il tutto innaffiato da vini di sei zone DOC per concludere con
mostarda, grappa e liquori. Tutto ciò che la terra berica può offrire come
prodotto tipico, come specialità fatta in casa o come ricetta della nonna
tramandata da generazioni, si trasforma dunque naturalmente in un piatto
eccellente, voce d’autore nei menù dei locali nostrani.

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Il punto d’interesse principale riguarda ora la protezione della qualità con
progressiva istituzione di marchi collettivi. Se per il vino vicentino il lavoro
svolto è stato eccellente (il Veneto fornisce da solo oltre 7 dei 45 milioni di
ettolitri di prodotto italiano, con una superficie di 77 mila ettari, il 99,9% dei
quali con vigneti per uva da vino) per molte altre produzioni la strada della
certificazione della qualità è ancora lunga. In ballo c’è anche la capacità di
saper esportare la produzione agroalimentare oltreoceano, negli Stati uniti
ad esempio, cioè verso un ricco mercato che conta ad oggi oltre 250 milioni
di consumatori, spingendo prodotti di qualità quali il radicchio prodotto ad
Asigliano, l’asparago bianco di Bassano del Grappa o la ciliegia di Marostica
(assieme ad altri già presenti nei mercati esteri) verso ulteriori canali di
sbocco. Va ricordato a tal proposito che l’Italia si attesta al quinto posto
dopo Canada, Messico, Francia e Cina e che il solo interscambio
agroalimentare tra Italia e Usa risulta decisamente a favore del nostro
paese.

Quanto a Vicenza, i prodotti che hanno permesso al suo export
agroalimentare di tenere il passo sono i vini (che dal 1980 ad oggi hanno
registrato una continua crescita in rapporto alla percentuale della
produzione con un aumento del 25%), la grappa, i formaggi, i salumi, i
prosciutti, i dolci, le carni e le acque minerali. Ma le tavole vicentine hanno
tanto di più da offrire al mondo.

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5   Analisi nutrizionale e linee guida

Viviamo in un’epoca in cui la scarsità di cibo non rappresenta più un
problema rilevante della nostra società, sebbene non occorra andare molto
indietro nel tempo per ricordare le gravi malnutrizioni dovute a scarsità e
cattiva qualità dei cibi che funestavano soprattutto le nostre campagne. E’
interessante ricordare che esisteva a Vicenza una Commissione
Pellagrologica Provinciale per la lotta contro la pellagra, malattia dovuta ad
una alimentazione basata quasi esclusivamente sulla polenta. La polenta in
sé è innocua, solo è incompleta come alimento (carenza contemporanea di
vitamina PP e del triptofano – che è il precursore di questa vitamina) e solo
l’alternanza con altri cibi ne compensa la scarsa virtù nutritiva.
La malattia ebbe origine dal cambiamento del cibo quotidiano dei
contadini, tra il XVI e XVII secolo, in conseguenza della forzata introduzione
della coltivazione del granturco nella Repubblica Veneta, oltre che dalle
peggiorate condizioni economiche dei contadini stessi. La tradizionale
alternanza e diversificazione delle colture agricole cedette il posto per
necessità a monocolture: di frumento per il mercato e i padroni, e dopo la
mietitura, di granoturco, per l’autoconsumo di contadini e salariati.
L’endemia pellagrosa è stata il costo umano, pagato dai contadini poveri
per la ricchezza dell’economia, e casi se ne trovavano ancora nelle nostre
campagne sino a dopo la seconda guerra mondiale.
Altra abitudine consolidata era quella di integrare lo scarso apporto calorico
con l’uso di bevande alcoliche, vino in particolare, che veniva somministrato
anche ai bambini.
Dopo la fine della 2° guerra mondiale, la ripresa dell’economia post-bellica
introduceva nuove disponibilità economiche per fasce di popolazione
sempre più vaste, per cui si può ben dire che l’alimentazione media degli
italiani era in genere adeguata e caratterizzata da una dieta ricca di cereali
(pane e pasta), ortaggi e frutta fresca, con una quantità limitata di grassi da
condimento e di prodotti di origine animale, soprattutto latte e formaggi. Si

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trattava di un’alimentazione variata e nutrizionalmente equilibrata, in cui
l’utilizzo degli alimenti di origine animale era tradizionalmente riservato alle
grandi occasioni.
Oggi invece la prevalente tendenza a mangiare più del necessario, tipica
delle ultime decadi del nostro secolo, spesso accompagnata da notevoli
squilibri tra i vari componenti della dieta, ha portato gli italiani
all’esposizione a gravi rischi, come la maggiore incidenza di obesità,
ipertensione, arteriosclerosi, diabete, tumori ecc.
Il recupero di quella che si potrebbe definire “la via mediterranea per stare
bene mangiando bene”, trova il suo fondamento nei risultati di numerosi
studi nutrizionali ed epidemiologici su quei paesi (quali l’Italia, la Grecia, la
Spagna, la Francia del Sud) che nel corso dei secoli hanno sviluppato
abitudini alimentari abbastanza simili: questo stile alimentare è conosciuto
oggi come “dieta mediterranea”.
Numerosi studi internazionali hanno dimostrato inoltre che la dieta
mediterranea fa diminuire la frequenza dell’obesità e delle malattie
croniche non trasmissibili.
Già nel 1550, il ricco e colto nobiluomo veneto Alvise Cornaro aveva intuito
il problema e infatti pubblicava il suo “De Vita Sobria”, dove si consigliano
equilibrio e moderazione, specie alimentare, per sopravvivere a lungo.
E’ saggio quindi rivalutate le sane e tipiche abitudini alimentari di un
passato prossimo, abitudini che purtroppo sono state da gran parte di noi
abbandonate, perché considerate espressione di una vita povera. Come
conseguenza, oltre a spendere di più, mangiamo male (cioè in modo poco
equilibrato) e troppo.
Come si vede, nulla di nuovo viene detto: occorre ritrovare la via per
nutrirci in maniera adeguata, rivalutando i nostri cibi tipici, variandoli e
alternandoli opportunamente, consumandoli nella quantità giusta.
Le componenti tipiche delle dieta mediterranea sono: il pane, la pasta, i
legumi secchi, la frutta, gli ortaggi, l’olio di oliva. Questi cibi si integrano
con piccole quantità di latte, formaggio, uova, pesce, carne. L’olio di oliva

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è la principale fonte di grassi: è ricco di grassi monoinsaturi e di sostanze
antiossidanti.
Le “Linee guida per una sana alimentazione italiana” sono aggiornate alle
più recenti raccomandazioni scientifiche, proponendo un modello di
comportamento alimentare che tende a garantire un buono stato di
nutrizione a tutela della salute ed è realizzabile nell'ambito della tradizione
alimentare del nostro paese.

Nelle prossime pagine troverete alcuni CONSIGLI PER UNA SANA
ALIMENTAZIONE nel pieno rispetto della tradizione italiana.
L’obiettivo finale è quello di SENTIRSI BENE MANGIANDO MEGLIO E
FACENDO ATTIVITÀ FISICA REGOLARE.

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CONSIGLI PER UNA SANA ALIMENTAZIONE

Per aiutare le persone ad adottare una sana alimentazione ed una regolare
attività fisica per quindi prevenire le malattie non trasmissibili correlate è
attivo nella Azienda ULSS di Vicenza l‘ambulatorio nutrizionale del Servizio
di Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) con sede a Vicenza, Noventa
Vicentina e Sovizzo, dotato di professionisti altamente qualificati (medici
specialisti in scienza dell’alimentazione, dietisti) per supportare medici di
famiglia, pediatri e altri specialisti.

Tale équipe risponde ai criteri previsti dalle linee guida ministeriali (DM
16/10/1998) per la consulenza dietetico-nutrizionale, intendendo con
questo termine “prevenzione, trattamento ambulatoriale, terapia di gruppo
per fasce di popolazione a rischio”. Il loro lavoro è dedicato ai pazienti di
tutte le età e in particolare a gruppi ad alto rischio e svantaggiati con
comportamenti non salutari, fattori di rischio nutrizionali, problemi di peso
e malnutrizione, malattie legate all'alimentazione, in particolari condizioni
fisiologiche e con allergie e intolleranze alimentari.

Sulla base di queste considerazioni le linee principali di azione del SIAN,
oltre alla sorveglianza nutrizionale, alla educazione e promozione della
salute, alla ristorazione collettiva, includono:

        consulenza dietetico-nutrizionale (prevenzione, trattamento
ambulatoriale e/o terapia di gruppo per fasce a rischio dì popolazione), in
collaborazione con i Medici di Medicina Generale, i Pediatri di Libera Scelta
e con strutture specialistiche (Ospedaliere e territoriali, Centri di studio e di
ricerca, ecc.) e con gli ambulatori per il tabagismo o alcologici, e con i servizi
per i disturbi del comportamento alimentare;
        counseling motivazionale: in letteratura esistono numerosi studi
che testimoniano l’efficacia del Counseling Motivazionale (CM) come
modalità di intervento efficace per migliorare gli esiti degli interventi di
promozione di abitudini alimentari corrette, per il controllo del peso e per
ridurre la sedentarietà.

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Il SIAN pertanto promuove interventi basati sulla motivazione al
cambiamento, che sembrano essere più adeguati ad ottenere cambiamenti
negli stili di vita individuali e a mantenere comportamenti legati alla salute
nel tempo.

Come prenotarsi a CUP: telefonare al centro Unico di Prenotazione (CUP)
Telefono: 800 403 960 (numero verde CUP) per prenotazioni e disdetta
appuntamenti, attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 8.00 alle 16.00

 COS’È L’INDICE DI MASSA CORPOREA?

L'indice di massa corporea (IMC o BMI, acronimo Inglese di Body Mass
Index) è un parametro che mette in relazione la massa corporea e la statura
di un soggetto.
Questo si calcola dividendo il proprio peso espresso in kg per il quadrato
dell'altezza espressa in metri:

                IMC = massa corporea (Kg) / statura (m2)

Ad esempio, l'indice di massa corporea di una persona che pesa 75
chilogrammi ed è alta 1 metro e 80 centimetri sarà quindi uguale a:

                   75 / (1,80 * 1.80) = 75 / 3.24 = 23,1

Tale indice permette di classificare (solamente per la popolazione sopra i
18 anni) sottopeso (IMC 30).
Per la popolazione sotto i 18 anni vengono utilizzati altri indici, che tengono
conto sempre di peso ed altezza, ma con valori diversi rispetto agli adulti.
Per gli adulti, quindi, per praticità è possibile incrociare peso e altezza
sull’apposito grafico, in modo da conoscere il proprio indice di massa
corporea.

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Oltre ad essere utilizzato per la classificazione del sovrappeso e dell'obesità
negli adulti, l’IMC è anche un indice epidemiologico: esiste infatti una
profonda correlazione tra indice di massa corporea e rischio di mortalità per
complicazioni cardiovascolari (inclusa l'ipertensione), diabete e alcuni
tumori.
Un limite di questo indice è quello di non fornire indicazioni sulla
distribuzione del grasso corporeo, pertanto va valutato assieme al
parametro della circonferenza addominale.
Una circonferenza addominale superiore a 102 cm negli uomini e a 88 cm
nelle donne indica un’eccessiva quantità di grasso addominale, ma il rischio
per la salute aumenta già a partire da 94 cm per gli uomini e 80 cm per le
donne.

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 CONSIGLI PER UNA SANA ALIMENTAZIONE

  1 CONTROLLA IL TUO PESO E MANTIENITI ATTIVO
     Pesati almeno una volta al mese controllando che il tuo indice di
      massa corporea (IMC) sia nei limiti normali (tra 18.5 e
      25 per età maggiore di 18 anni)
     Qualora il tuo peso sia fuori dai limiti normali,
      riportalo gradualmente entro tali limiti.
     In caso di sovrappeso (IMC >25) consulta il medico,
      mangia meno, preferisci cibi a basso contenuto
      calorico e che saziano di più, come frutta e verdura, e
      aumenta l’attività fisica.
     In caso di sottopeso (IMC
3 GRASSI: SCEGLI LA QUALITÁ E LIMITA LA QUANTITÁ
   Modera la quantità di grassi ed oli che usi per condire e cucinare.
   Limita il consumo di grassi da condimento di origine
    animale (burro, lardo, strutto, panna, ecc.) e
    preferisci olio extravergine d’oliva
   Evita il consumo di grassi idrogenati (es margarina)
    e oli tropicali ricchi di grassi saturi
   Mangia più spesso pesce; tra le carni preferisci
    quelle magre ed elimina il grasso visibile.
   Se ti piacciono le uova ne puoi mangiare fino a 4 per settimana,
    distribuite nei vari giorni.
   Se consumi latte preferisci quello parzialmente scremato

4 ZUCCHERI, DOLCI E BEVANDE ZUCCHERATE: NEI GIUSTI LIMITI
   Modera il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata.
   Evita il consumo di bevande gassate zuccherate.
   Preferisci i prodotti da forno della tradizione italiana,
    che contengono meno grasso e zucchero e più amido.
   Se utilizzi i prodotti dolci da spalmare su pane o fette
    biscottate (quali marmellate, confetture di frutta, miele e creme),
    usali con moderazione.

5 BEVI OGNI GIORNO ACQUA IN ABBONDANZA
   Bevi mediamente 1,5-2                litri di acqua al      giorno.
    Ricorda che i bambini e gli anziani sono
    maggiormente esposti al rischio di disidratazione.
   Ricorda che bevande diverse (come aranciata, bibite
    tipo cola, succhi di frutta, caffe’, tè) apportano anche
    altre sostanze che contengono calorie (ad esempio
    zuccheri semplici) o che sono farmacologicamente
    attive (ad esempio caffeina).
    Queste bevande vanno usate con moderazione.

                                18
6 IL SALE? MEGLIO POCO
   Riduci progressivamente l’uso del sale sia a tavola che in cucina e
    preferisci quello iodato.
   Limita l’uso di condimenti contenenti sodio (dado da
    brodo, ketchup, salsa di soia, senape, ecc.); insaporisci i
    cibi con erbe aromatiche (come basilico, rosmarino,
    salvia, origano, ecc.) e spezie (come pepe, peperoncino,
    noce moscata, ecc.).
   Esalta il sapore dei cibi usando succo di limone e aceto.

7 BEVANDE ALCOLICHE: SE SÍ SOLO IN QUANTITÁ LIMITATA
   Se desideri consumare bevande alcoliche, fallo con moderazione,
    durante i pasti dando la preferenza a quelle a basso contenuto
    alcolico (vino e birra)
   Non assumerle se devi guidare o fare altre attività per cui devi
    mantenere intatte attenzione, autocritica e coordinazione motoria.
   Riducile o eliminale se sei in sovrappeso od obeso o se presenti una
    familiarità per diabete, obesità, trigliceridi elevati, ecc.
   Quantità consigliata da non superare al giorno: per l’uomo 2 unità
    alcoliche; per la donna 1 unità alcolica.
  

                                 19
8 VARIA SPESSO LE TUE SCELTE A TAVOLA
  Scegli adeguate quantità degli alimenti appartenenti ai diversi gruppi
  sotto riportati, alternandoli nei vari pasti della giornata.
   Cereali, derivati e tuberi (pane, pasta, riso, polenta, patate,
    prodotti da forno, ecc.) forniscono principalmente carboidrati
    complessi, vitamine del gruppo B
   Se integrali sono più ricchi in fibra, vitamine e sali minerali.
   Consuma tutti i giorni più porzioni di cereali
   Frutta e ortaggi sono importanti fonti di fibra, vitamine e sali
    minerali.
    Si raccomandano 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura.
   Latte e derivati (latte, yogurt, latticini e formaggi) forniscono calcio
    altamente disponibile e proteine ad alto valore biologico.
    Consuma ogni giorno 1- 2 porzioni di latte e derivati.
   Carne, pesce e uova forniscono proteine di elevata qualità, ferro,
    zinco e vitamine del gruppo B; questo gruppo comprende anche i
    legumi secchi. Consuma ogni giorno 1-2 porzioni di alimenti
    appartenenti                a               questo               gruppo.
    Varia tra la carne (1-2 volte alla settimana), pesce (2-3 volte a
    settimana), uova (2-4 uova a settimana), affettati e salumi (non più
    di 1 volta a settimana), legumi secchi (1-2 volte a settimana).
   Grassi da condimento (olio extravergine d’oliva, olio di semi ,
    burro,...): sono importanti oltre che nell’esaltare il sapore dei cibi,
    anche nell’apportare acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili (A,
    D, E, K).

                                   20
 RICORDA INOLTRE DI:

  1 NON SALTARE I PASTI, A COMINCIARE DALLA PRIMA COLAZIONE.
     Saltare i pasti è sconsigliato perché vi ritroverete semplicemente
      più affamati al pasto successivo, introducendo più calorie che non
      verrebbero utilizzate del tutto, ma accumulate sotto forma di grassi.
      Se hai mangiato troppo ad un pasto, il modo migliore per smaltire
      gli eccessi è muoversi un po’ o ridurre il contenuto energetico dei
      pasti successivi.
     E ricordati che per cominciare bene la giornata è indispensabile una
      bella prima colazione perché fornisce al corpo l’energia necessaria
      ad affrontare tutta la mattina!

  2 CONSUMARE 5 PASTI AL GIORNO.
     Il nostro organismo ha bisogno di cinque pasti al giorno: colazione,
      spuntino, pranzo, merenda e cena.
     I pasti principali devono essere completi ed equilibrati perché solo
      così si eviteranno gli eccessi incontrollati fuori dai pasti.

                                   21
3 FARE ATTENZIONE ALLE ETICHETTE.
   Quando fai la spesa leggi attentamente le etichette: rappresentano
    la carta d’identità del prodotto. Fai attenzione all’elenco degli
    ingredienti e alla composizione nutrizionale.

                                22
6   La Cucina Vicentina

Di Giovanni Capnist
già Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina.
(da: Cucina e Tradizione nel Veneto)

Uno dei grandi cultori della gastronomia italiana, il Duca Alberto Denti di
Piraino, soleva ripetere che in cucina “tutto deve essere misura e
proporzione”.

Questo credo gli derivasse da una grande esperienza, intelligenza e
passione per l’alimentazione, sia quella di “sopravvivenza”, di tutti i giorni,
che quella “aulica”, per i giorni che contano.

Rifuggendo da una generalizzata valutazione della gastronomia, che può
avvicinarsi ad una fisiologia o filosofia del gusto e del saper vivere, vorrei
cercare qui, localmente, nell’ambito del territorio propriamente detto
Vicentino, quel repertorio gastronomico che trae le sue origini dalla storia
più lontana, addirittura dai greci antichi, etruschi, romani, longobardi,
franchi, bizantini o veneziani.

Fattore determinante per tutti, certamente il trascorrere delle stagioni, nel
loro approssimativo ripetersi, anno dopo anno, scandendo, quasi con
monotonia, avvenimenti naturali legati al cambio delle stagioni, che
influiscono sostanzialmente sulle abitudini socio-familiari delle nostre
popolazioni.

Come i mesi dell’anno hanno la loro costellazione dominante, così il
calendario gastronomico vicentino esalta questo ripetersi di avvenimenti
legati alla natura ed al suo evolversi, fatti tutti determinanti per le abitudini
della più sana ed accorta vita familiare, che sta alla base della nostra civiltà.

Possono essere varianti alla consuetudine, proprio quelle varianti climatiche
che caratterizzano il nostro territorio, posto geograficamente fra le alture
dei monti Lessini ad ovest, limitato al centro dalle Prealpi vicentine, dal

                                         23
lungo delinearsi dell’altopiano di Asiago, terminando ad est con il massiccio
del Grappa. Sono montagne che chiudono al nord l’ingresso dei grandi
freddi invernali, creando diversi microclimi tipicamente mediterranei, dove
alligna splendidamente anche l’ulivo, e che degradano in una serie di rilievi
minori verso la pianura ed il mare, in un ricco sistema idrografico che
converge in alcuni fiumi maggiori.

A grandi linee, è questo il paesaggio naturale dove, nei secoli passati, è nata
la nostra economia agricola, così strettamente congiunta alla nostra
economia gastronomica, dove piatti di grande elaborazione convivono
accanto ad un vitto tipicamente paesano, semplice e di utilizzo completo
del prodotto locale. Naturalmente accanto ad antiche tradizioni di caccia e
di pesca in acqua dolce.

Gli Istituti Professionali di stato per i servizi alberghieri e della ristorazione
del Veneto, con grande intelligenza e praticità, a vera salvaguardia di un
inestimabile patrimonio culturale, hanno svolto una ricerca sui piatti della
tradizione culinaria veneta, con precise ed aggiornate schede descrittive di
130 piatti da salvare. Salvare da che cosa? Salvare dall’ignoranza della
disinformazione, dal consumismo, dalle stravaganze di incompetenti, che
trasformano delicati e collaudati piatti, vanto di antiche tradizioni e risorse
alimentari, in alimenti di incerto aspetto e ancor di più incerto gusto,
prevaricando in aggiunte di sapori, che aggiungono al piatto solo assurdi
costi, ma non risultati.

Ecco che, per la tradizione recoarese, riappaiono i quasi dimenticati gnocchi
con la “Fioretta”, a salvaguardia dell’antica tradizione pastorale della zona;
Bassano, con i suoi pregiati asparagi ed il riso carnaroli o il vialone nano
veneto, non poteva essere dimenticata.

Le lumache di Arzignano, secondo una vecchia ricetta locale, il cappone alla
“Canevera”, che destinava la vescica dei maiali per cucinare i capponi
novelli; la zuppa di pane, una delle tante ricette che la necessità economica
e la fantasia vicentina aggiunge alle “panade” della penisola.

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Minestra di risi e bruscandoli, vanto e sapienza delle nostre nonne.

Torta “putana”, altrimenti chiamata nel vicentino “onta, bisonta e soto tera
sconta”, pesante preparazione invernale e piatto unico per la fame dei
tempi passati.

E, naturalmente, in un futuro che speriamo prossimo, attendiamo tanti altri
piatti da salvare, attraverso l’intelligente e proficua ricerca che il nostro e gli
altri istituti veneti hanno oggi intrapreso.

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7   Alcuni aneddoti sulla gastronomia vicentina

Tratto da: “Guida gastronomica delle trattorie e ristoranti del vicentino” a cura di
G. Cercena, G. Manfredini, G. Marchesini e A. Munari.

Il pittore Ubaldo Oppi, pur non essendo “visentin nato e spuà” era solito
dire:

“Ogni region, ogni cità d’Italia ga i so piati tipici, ma n’a cusina come la
nostra no pol averla combinà che il Padreterno: al primo giorno el ga butà
zò a smanà le minestre, i risoti e i pastizzi de lasagne; el secondo giorno i
lessi e i contorni; al terzo giorno i rosti co’ le salse; al quarto giorno el
polastro e le carni in tocio; al quinto i formagi de Asiago e Vezena; al sesto i
dolci, i vini e le graspe.

El settimo giorno el se ga riposà e po’, par supplemento, el ga mandà zò un
speo d’osei e polenta e bacalà”.

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La polenta

La polenta, che nell’alimentazione indigena ha preso il posto del pane e che
si mangia fumante, cioè appena versata dal paiolo, oppure abbrustolita,
fredda con intingoli caldi e calda coi companatici, un tempo veniva venduta
come oggi si vendono le caldarroste: polentari ambulanti nella stagione
invernale si piazzavano ai crocicchi per smerciare “polentina ben consà con
buro e col formajo”.

Sentite cosa dice E. Zuccato a proposito della polenta:

“Un speo de osei, co’ la polenta a fete
Stirae ne la lecarda,
polenta e bacalà a la visentina;
chi xelo el mago che te ga inventà?
E po’ polenta co’l polastro in tocio,
sopressa co’ polenta brustolà,
polenta e pesse frito,
polenta co’l formajo picantin,
polenta e scopeton, polenta e renga…
Desso ghe dago un tajo par sigare:
evviva la polenta in tuti i modi !!!
Mejo se acompagnà co’ del bon vin”.

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Il Bacalà a la visentina

I vicentini mangiano da secoli il pescestocco (stoccafisso) chiamandolo
baccalà. Il baccalà è un merluzzo aperto, salato e pressato nelle botti. Il
pesce stocco è merluzzo intero, non salato, messo a seccare al sole.

Per il piatto in questione sono preferiti gli stoccafissi piccoli, detti “ragni”,
che vengono battuti col maglio prima di essere messi a bagno per
l’ammollamento.

                                       28
Bacala’ a la vicentina con polenta
di Giacomo Traverso
Do jorni prima, de doverlo fare, te ve dal casolin, ma quelo bon;
te ghe domandi……”un Ragno de quei giusti”
(la pele ranzignà, s’ciareta, a mace e, grande fa ch’el sia, de mesa via).
De legno tor’na massa e, con pasiensa pestarlo tanto ben,
ma ‘tento ciò, saria ‘n pecà el romparghe la pele!
In moja te lo assi incò e diman in aqua che do volte va cambià,
a tochi te lo taj ben pulito, te cavi i spini e po’ te l’infarini.
In meso te ghe meti un pestesin che adesso mi te digo come fare:
Te taj fina, fina, ‘na siòla te zonti de prasemolo un muceto,
de ajo ‘pena ‘pena che l’odore, un paro de sardele, soto sale,
el tuto ben pestà con gran pasiensa, de pear’ n’ombra opure de canela:
xe pronto el pesto e no ghe vol de l’altro.
De tera tor’na tecia par ‘sta roba che ‘l caldo se mantegna ben preciso ‘na
brancà de formajo e giusto ‘l sale ojo, ojo, ojo in quantità.
Ghe mete, qualche d’un, un fià de late, el dise che così el vien più tendro,
de vin ghe mete st’altro un mezo goto, el dise che così el se frola mejo.
Ma la dona no ghe mete gnente, così ‘l conserva tuto el so saor.
No credar, caro mio de ‘ver finio, el belo vien adesso, proprio adesso.
Da frizar no’l ga mai, ma chieto, chieto bisogna che lu “pipa” pluf, pluf, pluf,
l’ojeto lo coverza sempre sempre chè l’aria, mai, no vole lu ciapare e , soto,
no lassarlo mai tacare chè groste nol te fassa o “tacà su”.
Sie ore a fogo chieto, mejo sete, s’el gera un Ragno giusto… che bocon!
Adesso ‘l va sposà co la polenta parà ‘l và zo col bianco de Soave.
No ‘ver paura, no ghi n’è mai massa, ma, se te fussi fortunà ch’el vansa, no
stà, doman, ofrirghelo a nissun, tienlo par tì …. Che l’è ‘ncor mejo!!

                                          29
Formaggi

Tutta la provincia di Vicenza è buona produttrice di formaggi e molte sono
le varietà che escono dai nostri caseifici, pochi sanno però che soltanto due
sono i formaggi veramente “vicentini” come origine; alcuni, come il
Vezzena, lo sono solo per tradizione, altri infine, originari di regioni diverse,
sono ora prodotti anche da noi.

Il formaggio “principe” della nostra provincia è senz’altro l’Asiago. La data
d’inizio della sua produzione è antichissima, sicuramente prima dell’anno
1000, dato che da tempi remoti le popolazioni dell’Altopiano dei Sette
Comuni si dedicarono, come attività primaria, all’allevamento del bestiame
e alla trasformazione di gran parte del latte ottenuto in formaggio.

A seconda della stagionatura, possiamo gustare Asiago mezzano (fino a 8
mesi), vecchio (oltre un anno), stravecchio (oltre 18 mesi).

Quello che comunemente è detto “formaggio Asiago tenero” è, invece, il
“pressato” (l’altro formaggio vicentino “purosangue”); la sua maturazione
avviene nell’arco di due mesi ed è usato da tavola.

Il pressato si può apprezzare anche cotto; ecco la ricetta, elementare ma di
sicuro risultato: si fa cuocere il formaggio, dopo averlo spezzettato, in un
tegamino, con un po’ di burro; lo si mangia caldissimo, non appena si è
completamente sciolto.

Ancora in tema di formaggi fritti, ricordiamo la “tosella”, un tipico e
particolarissimo “formaggio”molle. La tosella, tuttavia, non è un vero e
proprio formaggio, ma si tratta di uno stadio preliminare di questo. Infatti,
quando la “pasta” destinata a diventare formaggio viene posta nella forma
apposita per la stagionatura, una parte di essa trabocca dalla forma stessa.
Questi residui costituiscono appunto la tosella che è possibile mangiare
fritta nel burro e abbondantemente salata.

                                       30
Passiamo ora al Vezzena.

A noi vicentini un po’ dispiace dover rinunciare alla paternità di questo
formaggio, stagionato e piccantino, che, magari accompagnato da una fetta
di polenta (o da un po’ di funghi), siamo tentati di preferire a molti piatti
elaborati. A malincuore, quindi, riconosciamo che il luogo di produzione del
Vezzena, e cioè la zona omonima, pur trovandosi sull’Altopiano,
geograficamente appartiene alla provincia di Trento. Ciò non toglie che, se
non per origine, questo formaggio sia nostro per adozione, dato il favore e
la diffusione che esso incontra nel Vicentino, specie come formaggio da
tavola.

Data la sua stagionatura, lo si può usare anche grattugiato, per dare un
sapore nuovo alla pastasciutta o a certe pietanze. Un unico “difetto” si può
imputare al Vezzena: il fatto di essere prodotto in quantità limitata. Questo
perché vero e proprio Vezzena è solo quello che nasce nelle malghe della
zona omonima, così poche da potersi contare sulle dita di una mano.

                                     31
Le ricette di Cucina e Tradizione nel Veneto
8
    (ricerca degli Istituti Alberghieri del Veneto)

FOTO: I.P.S.S.A.R. RECOARO

Gnocchi con la “fioretta”

Origine storico culturale e/o fonti

Agli inizi del secolo scorso, nella zona prealpina di Recoaro Terme, i pastori
preparavano con prodotti derivati dal latte questo piatto particolare che,
ancora oggi, si può gustare nel periodo estivo, in alcune trattorie della zona.
La fioretta si ricava dal siero di latte.

       Tempo richiesto: 1,30 ore

       Grado di difficoltà: medio

       Livello calorico in kcal: 809

                                        32
Svolgimento della ricetta

Incorporare le uova nella fioretta, aggiungere la farina setacciata, salare e
unire un pizzico di noce moscata grattugiata. Lasciare riposare l’impasto per
mezz’ora. Con l’aiuto di due cucchiai, fare cadere delle particelle d’impasto
nell’acqua bollente salata; quando gli gnocchi verranno a galla, lasciarli
cuocere per almeno due minuti, pescarli con delicatezza, disporli nel piatto,
cospargerli con abbondante parmigiano grattugiato ed irrorarli con del
burro nocciola aromatizzato con foglie di erba salvia.

Esistono delle varianti alla ricetta sopra descritta:

    1) La noce moscata viene aggiunta al formaggio grattugiato;

    2) Al posto della farina si può utilizzare del pane grattugiato.

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Risotto agli asparagi

Origine storico culturale e/o fonti

Il risotto con asparagi è tipico della zona di Bassano del Grappa e si prepara
nei mesi di aprile-maggio, ma si trova oggi in tutta la regione. Il risotto
veneto ha come caratteristica quella di essere preparato all’onda, nel senso
che, scuotendo la pentola, deve formare una specie di onda.

       Tempo richiesto: 30 minuti
       Grado di difficoltà: medio

       Livello calorico in kal (per una porzione): 574

Svolgimento della ricetta

Bollire gli asparagi, raffreddarli, separare le punte, tagliare a tocchetti la
parte tenera del gambo. Preparare un fondo di cipolla e cuocerlo con burro
ed olio di oliva, unire i tocchetti d’asparago, rosolarli leggermente,
aggiungere il riso (consigliato il vialone nano), bagnarlo con del vino bianco
secco, farlo evaporare e cominciare ad aggiungere il brodo leggero, poco
alla volta, rimestando in continuazione. Portarlo a cottura, al dente,
toglierlo dal fuoco, aggiungere il formaggio grattugiato, il burro a pezzetti e
mantecarlo. Disporlo nei piatti, guarnire la superficie con le punte degli
asparagi saltate al burro e un pizzico di prezzemolo tritato finemente.

                                      34
Corgnoi (lumache)

Origine storico culturale e/o fonti

Nella provincia di Vicenza, come un po’ in tutto il Veneto, le lumache sono
molto ricercate e, soprattutto la vigilia di Natale, vengono preparate
secondo una vecchia ricetta che richiede un lungo tempo di cottura.

       Tempo richiesto: 8,30 ore
       Grado di difficoltà: medio
       Livello calorico in kal (per una porzione): 384

Svolgimento della ricetta

Preparare, in una casseruola di terracotta, un soffritto di cipolla, carote,
aglio, prezzemolo tritato, battuto di lardo e olio di oliva ed aggiungere un
mazzetto aromatico di salvia, rosmarino e alloro. Aggiungere le lumache,
bagnare con del vino bianco secco, lasciare parzialmente evaporare e
bagnare, di tanto in tanto, con del brodo. Cuocerle coperte, a fuoco lento,
per circa 8 ore; aggiustare il sapore salando e pepando; saranno da
considerarsi cotte quando risulteranno sufficientemente tenere.

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Cappone alla “canevera”

Origine storico culturale e /o fonti

Nel periodo autunnale, quando si usava uccidere il maiale per ricavare i
salumi destinati al consumo familiare, specie nella zona di Arzignano, si
conservava la vescica per cucinare il cappone novello.

La canevera altro non è che una canna completamente cava che funge,
nella preparazione di questo piatto, da sfiato.

       Tempo richiesto: 2,30 ore
       Grado di difficoltà: medio

       Livello calorico in kcal (per una porzione): 601

Svolgimento della ricetta

Pulire e fiammeggiare il cappone, introdurre all’interno un trito di cipolla,
carote e sedano, ed uno spicchio d’aglio, salare e pepare.

Porre la canna, chiudere l’apertura della vescica attorno a quest’ultima
utilizzando dello spago da cucina. Immergere la vescica in un recipiente

                                       36
contenente acqua bollente salata, prestando attenzione a che il pezzo di
canna, rimasto all’esterno, fuoriesca dall’acqua; cuocere per circa 2 ore. A
cottura ultimata, estrarre il cappone, tagliarlo a pezzi e servirlo ben caldo
con il sugo formatosi durante la cottura nella vescica.

                                     37
Zuppa di pane

Origine storico culturale e/o fonti

Questo piatto, caduto in disuso, rappresenta in modo significativo i costumi
e le abitudini delle genti del Vicentino. E’ un piatto che, nella sua
semplicità, ancora oggi porta alla memoria, nella generazione che l’ha
conosciuto, le difficoltà della guerra, i ricordi dell’infanzia. E’ un piatto che
utilizza il pane raffermo, che non veniva mai gettato.

       Tempo richiesto: 1,30 ore

       Grado di difficoltà: basso
       Livello calorico in kcal (per una porzione): 512

Svolgimento della ricetta

Tagliare il pane raffermo a pezzetti, porlo in un recipiente, possibilmente di
terracotta, coprirlo d’acqua e, quando è completamente inzuppato, portare
il recipiente sul fuoco. Cuocere a calore moderato per circa 1 ora,
mescolando in continuazione. A cottura ultimata, aggiustare di sale e
condire con burro e formaggio grattugiato. Per arricchire questo piatto,
rendendolo sostanzioso, si possono unire delle uova e un pizzico di pepe
nero macinato fresco.

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Minestra di riso e bruscandoli

Origine storico culturale e/o fonti

Piatto tipicamente primaverile. Gli apici del luppolo vengono chiamati in
dialetto bruscandoli, si raccolgono nel periodo fine inverno inizio primavera,
quando la natura offre i primi prodotti spontanei e nelle dispense, un
tempo, cominciavano a scarseggiare le provviste.

       Tempo richiesto. 30 minuti
       Grado di difficoltà: medio
       Livello calorico in kcal (per una porzione): 315

Svolgimento della ricetta

Soffriggere con olio e burro la cipolla tritata finemente con la pancetta;
aggiungere gli apici del luppolo tagliati a piccoli pezzi, bagnare con del
brodo e cuocere il fondo per 10 minuti a fuoco lento. Unire il restante
brodo e portarlo ad ebollizione, unire il riso e portarlo a cottura, legare con
del burro e formaggio grana grattugiato; guarnire, infine, con del
prezzemolo tritato.

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9    La Cucina dell’ Altopiano

Di Benito Vitulo (Baffo) ristoratore e giornalista
(da: Cucina e Tradizione nel Veneto)

Si dice che metà della gente muore per la cattiva cucina e l’altra metà per
la… buona cucina!

Messo nella possibilità di scegliere e visto che morire bisogna, io preferisco
morire per la buona cucina.

A tale proposito ho avuto modo di vedere ed apprezzare le schede che
illustrano diversi cibi della nostra zona montana e pedemontana. Diciamo
subito che per tradizione e cultura l’altopiano di Asiago non possiede una
cucina sofisticata o particolarmente raffinata. E’ una cucina per lo più
povera che trae le sue origini dall’antica povertà di questa gente – in altre
epoche isolata causa la scarsezza dei mezzi di locomozione – anche dai
paesi e dalle città vicine.

Pur mancando degli “ingredienti” cosiddetti nobili, si può parlare di un
modo di cucinare pur modesto nella sostanza, piuttosto gradevole e per
molti versi originale.

Nelle schede ho trovato inclusi alcuni cibi che per la verità non sono proprio
tipici dell’altopiano anche se sono ampiamente usati e conosciuti come i
“Torresani di Breganze”; “Ovi e sparasi”, piatto questo esclusivamente di
Bassano e dintorni; “Bacalà alla vicentina” che pur si prepara anche
sull’altopiano, ma è soprattutto un piatto la cui fama ha valicato i confini
non solo provinciali, ma talvolta anche regionali.

Di quest’ultimo si può dire che una volta era considerato un piatto “da
poveri”, ma non lo è certamente ora con i costi iperbolici raggiunti da
questa materia prima.

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Di tipico, originale e sicuramente locale si può parlare della “Considera” che
altro non è che una “poverissima” polenta di patate che veramente in altri
tempi costituiva il sostentamento quasi primario dei locali. Veniva mangiata
soprattutto dai boscaioli, calda o abbrustolita con sopra una fettina di
formaggio. Dava scarse calorie e abbondante senso di sazietà.

“La minestra col praio”” fatta con l’orzo che si coltivava con discreti risultati
sui terreni più esposti al sole della val d’Assa. Vi si cuoce dentro un pezzo di
coda di vitello. Le calorie sono poche ma è considerata molto rinfrescante.

“Ovi e sparasi” ricetta un po’ più energetica che ancor oggi si usa fare
sull’altopiano con l’asparago selvatico dal gusto forte e amaro.

Forse la buona salute e la longevità degli altopianesi di allora era proprio
dovuta allo scarso apporto di grassi.

Non esistevano allora le cosiddette malattie del benessere, quali eccesso di
colesterolo, trigliceridi, diabete, obesità, ecc. Erano più rari i casi di
cardiopatie, infarti, ictus.

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10 Le ricette della Provincia e dell’ Altopiano

(Cucina e Tradizione nel Veneto, ricerca degli Istituti Alberghieri del Veneto)

FOTO: I.P.S.S.A.R. RECOARO

Toresani de Breganze allo spiedo

(colombi torraioli di Breganze allo spiedo)

Origine storico culturale e/o fonti

Il nome e l’esistenza del piatto sono dovuti alle numerose torri che ornano
le vecchie dimore patrizie della zona di Breganze. Queste, un tempo e in
parte ancor oggi, forniscono un ottimo posto ai colombi per nidificare
indisturbati. Il Toresan originale resta quello che finisce allo spiedo, senza
aver mai volato ed essere stato nutrito solo dalla madre.

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   Tempo richiesto: 3,30 ore
       Grado di difficoltà: medio
       Livello calorico in kcal (per una porzione): 726

Svolgimento della ricetta

Spennare ed eviscerare i piccioni. Rosolare i fegatini e i cuoricini con burro e
salvia. Tritarli ed unirli a salsiccia e pane ammollato nel brodo. Unire il
parmigiano grattugiato ed un uovo. Farcire i piccioni e chiudere con filo
bianco. Infilare sullo spiedo e bardare con lardo. Far cuocere al fuoco di
legna bagnando di tanto in tanto col sugo di cottura colato sulla leccarda.
Una volta pronti, sfilarli e servirli.

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Ovi e sparasi alla Bassanese

Origine storico culturale e/o fonti

Oggi l’asparago è conosciuto come prodotto della zona di Bassano. Si usa
mangiarlo bollito con le uova sode ridotte a poltiglia. Questo gustoso
turione lo si trova anche nel fondovalle della Val d’Assa, ma qui cresce
spontaneo, è di colore verde e molto amaro.

       Tempo richiesto: 45 minuti

       Grado di difficoltà: basso
       Livello calorico in kcal (per una porzione): 391

Svolgimento della ricetta

Spellare gli asparagi bianchi e liberarli della parte legnosa del gambo.
Preparare i mazzetti legati con spago bianco. Metterli verticali in una
piccola marmitta con acqua salata bollente e punte rivolte in alto e fuori
dall’acqua. Far bollire per 15-20 minuti a seconda della grossezza. Toglierli
un po’ turgidi e coprirli con un tovagliolo. Lessare le uova per 7-8 minuti in
acqua bollente, togliere dal fuoco affinché il tuorlo resti con la goccia, cioè
morbido. Sgusciare su piatto apposito, adagiare gli asparagi senza spago.
Pestare con i rebbi della forchetta l’uovo e condire con olio e aceto,
insaporendolo di sale e pepe, fino ad ottenere una crema omogenea.

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La considera

Origine storico culturale e/o fonti

La patata è ritenuta, dal secolo scorso, un alimento essenziale. Tutt’oggi
viene coltivata un po’ ovunque, particolarmente nel comune di Rotzo, dove
ogni anno si tiene un’apposita festa. La considera in tempi non molto
lontani era la cena per gran parte delle nostre famiglie. Si mangia molto
calda, appena preparata, oppure tagliata a fette e abbrustolita. Per la sua
compattezza era il cibo preferito dai boscaioli che la mangiavano con una
fetta di formaggio di malga.

       Tempo richiesto: 1,40 ore

       Grado di difficoltà: medio
       Livello calorico in kcal (per una porzione): 292

Svolgimento della ricetta

Tagliare a fettine la cipolla e farla rosolare in burro e olio. Togliere la cipolla
e aggiungere la farina. Far rosolare lentamente e farle prendere un colore
dorato scuro. Lessare le patate in poca acqua, schiacciarle e aggiungerle alla
farina. Lasciar cuocere per 10-12 minuti, quindi rovesciare sulla spianatoia.
Dovrà risultare una polentina non troppo densa.

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Minestra col “praio”

Origine storico culturale e/o fonti

L’orzo, da sempre utilizzato in montagna in sostituzione del più “nobile”
riso, ha trovato nei tipici terrazzi di Stoner e lungo i declivi della Val d’Assa i
luoghi più adatti alla sua coltivazione. Come per il risotto, va mangiato
appena cotto, perché anche l’orzo diventa “lungo”. Si usava cucinare la
zuppa con lo sbanz (coda) del vitello e ossa che avessero ancora della carne
attaccata.

       Tempo richiesto: 2 ore

       Grado di difficoltà: elevato
       Livello calorico in kacl (per una porzione). 251

Svolgimento della ricetta

Mettere l’orzo in ammollo due ore prima di utilizzarlo. Tagliare le verdure a
dadini e metterle a rosolare con lo speck, la carne di maiale ed un po’ di
burro. Aggiungere l’acqua bollente e l’orzo. Portare a cottura e servire.

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