CONFIMI 19 maggio 2017 - Confimi Apindustria Bergamo

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CONFIMI
   19 maggio 2017

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INDICE

CONFIMI
  19/05/2017 Il Giornale di Vicenza                                          5
  Sul Ponte pace (quasi) fatta «C'è unanimità di intenti»

CONFIMI WEB
  18/05/2017 milano.corriere.it 14:14                                        7
  L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive

  18/05/2017 bergamo.corriere.it                                             8
  L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive

SCENARIO ECONOMIA
  19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                 10
  Pressing della Ue sulle banche

  19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                 12
  Il sollievo negato dal peso del debito

  19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                 13
  Il mistero dei 530 milioni di British Telecom, in Italia 5 indagati

  19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                 14
  Prezzo basso, produrre grano non conviene: calo del 10,9%

  19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                 15
  Spunta l'ipotesi di ripristinare i voucher, ma solo sotto i 5 dipendenti

  19/05/2017 Il Sole 24 Ore                                                  16
  La Ue contro Facebook: maxi-multa per Whatsapp

  19/05/2017 Il Sole 24 Ore                                                  17
  Il mercato chiede regole aggiornate

  19/05/2017 Il Sole 24 Ore                                                  19
  «Bper con Unipol crescerà nei danni»

  19/05/2017 Il Sole 24 Ore -                                                21
  Il nodo irrisolto del debito con l'estero
19/05/2017 La Repubblica - Nazionale                                     24
  L'ottimismo di Draghi "La crisi è alle spalle e l'Europa ritrova voce"

  19/05/2017 La Repubblica - Nazionale                                     26
  Crollano i contratti stabili e volano i robot

  19/05/2017 La Stampa - Nazionale                                         27
  LA FRAMMENTAZIONE DELLE CLASSI SOCIALI

SCENARIO PMI
  19/05/2017 MF - Nazionale                                                29
  Polizze pilastro di Banca Intesa

  19/05/2017 MF - Nazionale                                                31
  A Neuberger il private equity di Fii

  19/05/2017 ItaliaOggi                                                    32
  Inrl al fianco delle imprese

  19/05/2017 Harvard Business Review Italia                                34
  IL CENTRO MANIFATTURIERO DEL FUTURO / 1

  19/05/2017 Harvard Business Review Italia                                39
  IL CENTRO MANIFATTURIERO DEL FUTURO / 2
CONFIMI

1 articolo
19/05/2017                                                                                             diffusione:30678
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 GLI STATI GENERALI. Sindaco soddisfatto del primo incontro
 Sul Ponte pace (quasi) fatta «C'è unanimità di intenti»

 Pace fatta, o almeno quasi, tra Amministrazione, commercianti e opposizione sul caso Ponte degli Alpini.
 Mercoledì sera si è svolto il primo appuntamento degli Stati Generali del Ponte, serie di incontri tra portatori
 d'interesse e Comune per mantenere viva la comunicazione sull'avanzamento del principale cantiere della
 città. Se il sindaco Riccardo Poletto ha espresso soddisfazione per la riuscita dell'incontro, il presidente dei
 commercianti Alberto Borriero ha definito il clima «disteso», pur ammettendo che non si è ancora
 definitivamente usciti dalla situazione di stallo. Resta il fatto che proprio alcuni commercianti di Angarano
 nei giorni scorsi abbiano sistemato nelle loro vetrine dei cartelloni attraverso i quali consigliano ai visitatori
 di rivolgersi a loro in caso abbiano bisogno di informazioni. «In assenza del Comune - recita il cartello - ci
 pensiamo noi». Comunque sia, pare che lo scontro in città si stia ammorbidendo, anche quello più
 prettamente politico.«Ad inizio settimana - riferisce il sindaco Poletto - ho avuto in incontro con i capigruppo
 di opposizione e siamo riusciti a trovare un punto d'incontro per mettere da parte le polemiche e pensare al
 bene del nostro ponte. A me non interessa appuntarmi una medaglia al petto al termine delle elezioni, a me
 basta che il ponte venga sistemato». Durante gli Stati Generali del Ponte, il sindaco e l'assessore ai lavori
 pubblici Roberto Campagnolo hanno ripercorso le vicende legate al progetto di ripristino e consolidamento
 del monumento, concentrandosi, dopo una panoramica sugli avvenimenti degli ultimi anni, sugli sviluppi
 delle settimane appena trascorse. All'appuntamento sono stati invitati Apindustria, Confcommercio,
 Confartigianato, Confindustria, Cna, Coldiretti, Confesercenti, Ana "Monte Grappa", associazione "Aiutiamo
 il Ponte", Comitato "Ponte Monumento Nazionale", Fai, Italia Nostra, gli "Amici dei Musei e dei Monumenti"
 e i presidenti dei quartieri centro storico e Angarano. «Dai presenti è stata espressa la volontà unanime di
 condividere insieme lo sviluppo del restauro e di collaborare alla sua migliore riuscita, un confronto che
 proseguirà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con nuovi incontri di aggiornamento e condivisione
 - sottolinea Poletto -. Ringrazio ancora una volta per la disponibilità attenta che moltissimi stanno
 dimostrando nei confronti del monumento cittadino per eccellenza e in particolare quelle persone che
 durante l'incontro hanno dimostrato senso di appartenenza e unità d'intenti». E.S.© RIPRODUZIONE
 RISERVATA

CONFIMI - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                                     5
CONFIMI WEB

2 articoli
18/05/2017 14:14
Sito Web

                                                                                                                         La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive

  Ascolta Email L'Italia è un Paese di imprese efficienti? E quali sono le opportunità e le prospettive per le
  aziende? A queste domande si cercherà di dare le risposte durante il secondo Energy Efficiency Day, il 25
  maggio a Monza. L'incontro è promosso dall'impresa bergamasca Sunsaving Srl e il business partner Ibm
  Italia con la partecipazione di Confimi Industria Monza e Brianza. Dirigenti, tecnici e consulenti di impresa si
  incontreranno per parlare di energia ed efficienza energetica. Un appuntamento dedicato
  all'efficientamento, alle nuove tecnologie e alle migliori opportunità in ambito di risparmio, con particolare
  riguardo agli adeguamenti legislativi e alle nuove norme. Tra gli interventi in programma, quelli di Andrea
  Marini, solution architect di Ibm Italia, e di Alessandro Petrò, amministratore delegato Sunsaving Srl, che
  parlerà del ruolo delle Esco (Energy Service Company, cioè una consulente certificata in ambito di enegria
  e risparmio) nell'efficientamento energetico d'impresa. Saranno anche presentati i risultati di risparmio a
  fronte di specifici interventi. 18 maggio 2017 | 15:06

CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                                7
18/05/2017
Sito Web

                                                                                                                     La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive

 L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive In programma, il 25 maggio a Monza, il
 secondo Energy Efficiency Day promosso dalla bergamasca Sunsaving Srl L'Italia è un Paese di imprese
 efficienti? E quali sono le opportunità e le prospettive per le aziende? A queste domande si cercherà di
 dare le risposte durante il secondo Energy Efficiency Day, il 25 maggio a Monza. L'incontro è promosso
 dall'impresa bergamasca Sunsaving Srl e il business partner Ibm Italia con la partecipazione di Confimi
 Industria Monza e Brianza. Dirigenti, tecnici e consulenti di impresa si incontreranno per parlare di energia
 ed efficienza energetica. Un appuntamento dedicato all'efficientamento, alle nuove tecnologie e alle migliori
 opportunità in ambito di risparmio, con particolare riguardo agli adeguamenti legislativi e alle nuove norme.
 Tra gli interventi in programma, quelli di Andrea Marini, solution architect di Ibm Italia, e di Alessandro
 Petrò, amministratore delegato Sunsaving Srl, che parlerà del ruolo delle Esco (Energy Service Company,
 cioè una consulente certificata in ambito di enegria e risparmio) nell'efficientamento energetico d'impresa.
 Saranno anche presentati i risultati di risparmio a fronte di specifici interventi. Redazione Bergamo online

CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                            8
SCENARIO ECONOMIA

12 articoli
19/05/2017                                                                                              diffusione:245885
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 Torna la tensione
 Pressing della Ue sulle banche
 Federico Fubini

 L'Europa torna a farsi sentire. Con un pressing sull'Italia perché «aggredisca al più presto i problemi del
 sistema bancario». E la soluzione - secondo la Ue - sarebbe la creazione di una bad bank.
 a pagina 11
 Per qualche mese è stata meno intensa, ma la pressione dal resto d'Europa sull'Italia perché aggredisca i
 problemi del sistema bancario sta per tornare. Con un suggerimento che emergerà nei prossimi giorni in
 forma vaga, per farsi poi sempre più esplicito nel corso del 2017: il governo potrebbe costituire una «bad
 bank» nazionale che, senza violare le regole europee, aiuti gli istituti a liberarsi dei loro crediti di cattiva
 qualità.
 Nessuna istituzione europea - dalla Commissione, al Consiglio Ecofin dei ministri finanziari, alla Banca
 centrale, all'Autorità bancaria di Londra - può formalmente obbligare un Paese a lanciare un'operazione del
 genere. Il varo di una società che compri dalle banche i crediti più difficili, per gestirli e rivenderli, resta una
 prerogativa delle autorità nazionali. Ma a Francoforte e a Bruxelles ci si prepara a mettere sotto pressione i
 Paesi dove i prestiti in default sono molto numerosi e il loro peso cala troppo lentamente; dunque, più di
 ogni altro, l'Italia.
 Nei prossimi giorni, la Commissione Ue e l'Ecofin definiranno un primo testo di un centinaio di pagine
 dedicate ai problemi dei crediti inesigibili. Lo ha steso il Comitato di stabilità finanziaria, una costola del
 gruppo degli sherpa dell'Ecofin il cui presidente è il direttore italiano del Tesoro, Vincenzo La Via. Quel
 rapporto descrive la situazione dei crediti cattivi in Europa, valuta ciò che si è fatto nei vari Paesi, e dà
 suggerimenti. Sarà solo un primo passo. Secondo due persone coinvolte, partirà poi il lavoro per nuove
 «linee-guida» su un punto specifico toccato nel rapporto iniziale: come deve operare una «società di
 gestione degli attivi» che compri dalle banche (non a prezzi di svendita) i prestiti crediti in default che
 paralizzano i bilanci, e ne estragga quanto più valore possibile. I due rapporti europei sottolineeranno che
 un'operazione del genere può funzionare solo se i sistemi giudiziari lavorano in tempi abbastanza rapidi. Le
 procedure fallimentari dei diversi Paesi saranno messe a confronto, i tempi di recupero delle garanzie
 presentate dai debitori insolventi anche. Tutti sanno già che l'Italia ne uscirà agli ultimi posti, perché le
 riforme del 2016 per accelerare le procedure giudiziarie riguardano solo i casi futuri; non i 349 miliardi di
 prestiti cattivi che esistono già.
 La scelta di stendere i due rapporti di Bruxelles riflette la convinzione, diffusa ormai ovunque in Europa, che
 l'Italia debba fare di più per disincagliare le banche. Di qui il lavoro a Bruxelles su una «bad bank» di
 sistema. Del resto gli strumenti per spingere di fatto il governo a imboccare questa strada non mancano: si
 faranno sentire a scadenze regolari le raccomandazioni della Commissione Ue, a partire da quelle della
 prossima settimana; e svolgono un ruolo anche i negoziati sui salvataggi pubblici, ancora da autorizzare,
 per Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il caso di Siena resta bloccato, più due mesi
 dopo il termine segnalato in origine per la fine dei negoziati. In questi giorni poi la Commissione Ue sembra
 aver alzato l'asticella anche per il via libera ai capitali pubblici nei due istituti veneti. Secondo quanto scrive
 Reuters , la direzione generale Concorrenza nella Commissione di Bruxelles ora chiede che prima si
 trovino capitali privati per ripianare le vecchie perdite su credito delle due banche venete. Solo dopo, a
 quanto pare, potrà essere autorizzato l'intervento pubblico per garantire il futuro di Vicenza e Veneto. Ma
 proprio una condizione del genere - oggi quasi impossibile da soddisfare - può finire per incoraggiare il
 governo sulla strada di una «bad bank» di sistema. Del resto l'esigenza di una soluzione del genere è ben
 visibile nei dati del sistema bancario italiano. Aspettare che il problema si risolva da solo può far perdere

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                            10
19/05/2017                                                                                             diffusione:245885
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 altri anni di ripresa dato che, almeno per certi aspetti, esso resta da affrontare. È vero che nel 2016 per la
 prima volta si registra un calo da 360 a 349 miliardi dei crediti deteriorati, l'insieme delle esposizioni di
 qualità dubbia. Ma il rapporto di Stabilità finanziaria della Banca d'Italia mette in luce come negli ultimi sei
 mesi del 2016 siano continuate a salire (di 1,5 miliardi) le sofferenze, cioè i casi in cui la banca si rivolge al
 tribunale per recuperare il proprio prestito. Queste sono salite da 18,1% al 18,5% di tutti i prestiti estesi alle
 imprese.
 Preoccupano soprattutto le banche piccole, quelle fuori dal campo della vigilanza diretta della Banca
 centrale europea. In proporzione esse hanno molti più crediti dubbi delle banche principali (il 19,4% del
 portafoglio prestiti, contro i 17,6% delle altre) e questi ultimi sono coperti da accantonamenti di patrimonio
 molto più bassi, specie nel caso delle sofferenze conclamate (il 5% al di sotto le banche grandi). Eppure
 non è mai stata lanciata un'operazione pubblica di revisione della qualità dei bilanci di queste banche
 minori. E nel timore dell'incertezza, il mercato reagisce come fa sempre in questi casi: nega capitali freschi
 e deprime il prezzo di qualunque attivo sul quale manchi la piena trasparenza.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Vigilanza
 Danièle Nouy , presidente
  del Consiglio
  di vigilanza unico
 della Bce.
 In passato
 è stata Segretario generale dell'Autorité
 de Contrôle
 e segretario generale
 del Comitato
 di Basilea

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                           11
19/05/2017                                                                                            diffusione:245885
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 L'Italia
 Il sollievo negato dal peso del debito
 Daniele Manca

 L a notizia buona è quella che può finalmente riscaldare il cuore degli europei. «La crisi è alle spalle e la
 ripresa dell'eurozona è solida e sempre più ampia fra i Paesi e i settori», ha detto Mario Draghi. Ma ne
 nasconde un'altra, meno dolce, per noi italiani.
 L a prudenza e l'accortezza del presidente della Banca centrale europea rendono le sue parole ancora più
 significative. E ricordano, per la loro forza, quelle che pronunciò il 26 luglio del 2012 quando di fronte agli
 attacchi alla moneta unica disse che la Bce avrebbe fatto qualsiasi cosa per preservare l'euro. Parole che
 smorzarono di colpo gli atteggiamenti liquidatori sull'euro che sembravano prevalere in quel momento sui
 mercati. Ma la trincea di Draghi ha funzionato grazie a quella serie di misure di stimoli all'economia che
 hanno portato nel marzo del 2015 al lancio di acquisto di titoli di Stato e obbligazioni in genere. Il cosiddetto
 «Quantitative easing». Manovre che hanno permesso di contenere a livelli molto bassi lo spread (la
 differenza tra gli interessi che l'Italia deve pagare a chi sottoscrive i suoi titoli e i tassi garantiti da
 obbligazioni come quelle tedesche). Tutto questo per fare in modo che l'andamento delle economie
 divergenti nell'eurozona potesse convergere, a cominciare da una Germania che correva fino a un'Italia che
 invece arrancava. Per il nostro Paese ha significato poter pagare meno interessi sul debito pubblico, oltre
 che guadagnare tempo per quelle riforme che Draghi ha continuato, anche ieri, a indicare come necessarie
 per le nazioni dell'Unione europea affinché la crescita possa essere sostenibile. Ma una crisi ormai alle
 spalle renderà l'uscita da quei programmi di stimoli all'economia molto più rapida. Per l'Italia che ha un
 debito di 2260 miliardi (sarà il 133,3% del prodotto interno lordo nel 2017) significherà mettere in conto una
 spesa ancora maggiore per gli interessi. Che significherà sottrarre ulteriori risorse al sostegno dello
 sviluppo. Questo rende ancora più irritante la sin troppo evidente sottovalutazione da parte della politica, di
 tutte le forze politiche, del problema del debito pubblico. Ancora più irritante per quella parte dell'Italia che
 non ha mai smesso di correre, come dimostrano le cifre dell'export.
  @daniele_manca
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                          12
19/05/2017                                                                                               diffusione:245885
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 Il mistero dei 530 milioni di British Telecom, in Italia 5 indagati
 I pm: associazione a delinquere, falso in bilancio e fatture fittizie. La Guardia di finanza negli uffici
 Luigi Ferrarella lferrarella@corriere.it

 MILANO Il buffo, che nel contempo è anche l'aspetto paurosamente serio, è il non riuscire ancora a intuire
 se i 530 milioni di sterline depennati nei bilanci a fine 2016 dalla casa madre British Telecom, quale
 conseguenza della dichiarata estemporanea scoperta di irregolarità contabili nella divisione italiana di BT,
 siano soldi esistiti solo sulla carta, cioè fabbricati con massive fatturazioni false solo per rendere più
 muscolari i bilanci o lucrare qualche bonus; o se almeno in parte siano mai stati soldi veri, esistiti sul serio,
 e (in questo caso) se siano evaporati perché persi in infelici operazioni o perché dirottati su consapevoli
 fondi neri. Per questo ieri il Nucleo di Polizia Tributaria della GdF di Milano si è presentato negli uffici della
 filiale italiana di BT con un ordine di esibizione di atti e fatture emesso dal pm Silvia Bonardi. Da lì emerge
 che la Procura di Milano ha indagato 5 dirigenti della filiale italiana non solo per «falso in bilancio» e
 «fatture per operazioni inesistenti» (come prevedibile a seguito della denuncia presentata mesi fa da British
 Telecom con l'assistenza dell'avvocato Marco Calleri), ma anche per l'ipotesi di «associazione a
 delinquere»: l'ex amministratore delegato Gianluca Cimini, l'ex direttore operativo Stefania Truzzoli, l'ex
 direttore finanziario Luca Sebastiani, l'ex responsabile delle fatturazioni Giacomo Ingannamorte, e l'ex
 manager Alessandro Clerici. Tutti già allontanati o licenziati dalla casa madre, tanto che sono in corso già
 alcune contro-cause di lavoro: Cimini, ad esempio, prospetta che le operazioni contestategli fossero
 autorizzate dalla società di controllo, così come a detta di Ingannamorte le fatture sospette sarebbero state
 emesse su disposizione dei superiori.
  Al contrario la casa madre, sulla scorta del rapporto di Kpmg sulle irregolarità contabili, si dice vittima della
 «grave violazione delle regole di governance interna sui contratti» attraverso «l'imposizione di fornitori», «la
 manipolazione dei dati comunicati», «transazioni improprie su vendite, acquisti, leasing e factoring», «la
 manipolazione dei risultati dei bonus» e «la tenuta di comportamenti intimidatori nei confronti del
 personale».
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 La vicenda
 La Guardia
  di finanza
  di Milano si è presentata negli uffici della filiale italiana di BT con un ordine di esibizione di documenti e
 fatture emesso dal pm Silvia Bonardi Sono 5
 gli indagati
 Foto: Il pubblico ministero Fabio De Pasquale, guida il pool che indaga sui manager di BT

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017                                                             13
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 La Lente
 Prezzo basso, produrre grano non conviene: calo del 10,9%
 Michelangelo Borrillo

 Il prezzo del grano che nella campagna 2016-2017 ha toccato i livelli più bassi dal 2009-2010 (20,5 euro di
 media a quintale, il costo di due pizze) prima o poi avrebbe avuto delle conseguenze. Che sono arrivate:
 produrre grano duro non è più remunerativo e se ne produce meno. Per la campagna 2017-2018 è previsto
 un calo, in Italia, del 10,9% della produzione. A questo punto, però, i prezzi potrebbero cominciare a
 risalire. Questa, almeno - scorte permettendo - è la speranza dei rappresentanti della filiera grano-pasta,
 per la prima volta riunitasi ieri nella sua interezza a Foggia in occasione dell'evento internazionale «Durum
 Days».
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 Lavoro
 Spunta l'ipotesi di ripristinare i voucher, ma solo sotto i 5 dipendenti
 Andrea Ducci e Lorenzo Salvia

 ROMA Nonostante le proteste di Mdp, gli scissionisti del Pd, il governo va avanti sull'emendamento da
 presentare alla manovrina per sostituire i voucher, i buoni per pagare i lavoratori a ore cancellati per
 decreto due mesi fa. Uno strumento simile ai vecchi voucher tornerà per le imprese al di sotto dei cinque
 dipendenti, che potranno utilizzare i lavoratori «a chiamata» con un contratto standard da formalizzare sul
 sito Internet dell'Inps. Ma dovranno rispettare due tetti, più bassi rispetto a quelli dei vecchi voucher: non
 più di 5 mila euro l'anno per la singola azienda, non più di 2 mila euro l'anno per il singolo lavoratore. Per le
 imprese al di sopra dei 5 dipendenti, invece, questi due limiti reddito non ci saranno. Ma resterà l'obbligo
 dell'assunzione stabile se si superano i 400 giorni di lavoro nell'arco dei tre anni. Mentre non ci saranno più
 i limiti d'età oggi previsti per il lavoratore, meno di 25 anni o più di 55. Per colf, badanti e babysitter, i nuovi
 voucher dovrebbero avere la forma del libretto familiare, una carta prepagata per contrastare gli impieghi in
 nero. Sul fronte del lavoro l'Inps certifica intanto la frenata delle assunzioni a tempo indeterminato. I dati
 rilevano che nei primi tre mesi dell'anno sono stati attivati 398 mila contratti a tempo indeterminato, il 7,4%
 in meno rispetto ai 431 mila posti fissi del primo trimestre 2016. Vale aggiungere che due anni fa nel
 medesimo periodo le assunzioni a tempo indeterminato erano state 612 mila. La differenza tra il 2017 e il
 biennio precedente è dovuta al venire meno di buona parte degli sgravi contributivi, concessi dal Jobs act
 per le nuove assunzioni. Un'altra cifra rivela il contributo degli incentivi all'attivazione dei contratti a tempo
 indeterminato. Nel primo trimestre del 2017 il saldo tra nuovi rapporti di lavoro e le cessazioni resta attivo,
 ma si ferma a quota 17.537 unità, calando cioè del 58% rispetto ai 41 mila nuovi posti fissi di un anno fa. In
 totale l'Inps registra 1,43 milioni di nuove assunzioni (+9,6%), a fare da traino sono soprattutto gli
 apprendistati (+29,5%) e i contratti a tempo determinato (+16,5%). Il totale delle cessazioni si attesta a
 quota 1,17 milioni. Tra gli effetti del Jobs act, che accorcia la durata della cassa integrazione, si segnala ad
 aprile il calo del 58% del ricorso a questo ammortizzatore rispetto all'anno precedente.
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 Sanzione da 110 milioni
 La Ue contro Facebook: maxi-multa per Whatsapp
 Offensiva di Bruxelles: nel mirino i big dell'hi-tech
 Beda Romano

 pMaxi-multa (110 milioni) della Ue a Facebook accusata di avere dato informazioni erronee al momento
 dell'acquisto di Whatsapp nel 2014. È un nuovo passo dell'offensiva lanciata nelle ultime settimane da
 Bruxelles contro i big dell'hi-tech. pagina 27 BRUXELLES. Dal nostro corrispondente pLa Commissione
 europea ha annunciato ieri di avere comminato a Facebook una multa di 110 milioni di euro, rimproverando
 alla società americana di avere dato informazioni erronee al momento dell'acquisto di WhatsApp nel 2014.
 In quella occasione, l'esecutivo comunitario aveva aperto una inchiesta antitrust. Stando a Bruxelles, la
 società americana aveva trasmesso alle autorità comunitarie dati ingannevoli. Si tratta della prima multa
 europea di questo genere. «La decisione di oggi (ieri per chi legge, ndr) invia alle società un segnale
 chiaro. Queste devono rispettare tutti gli aspetti relativi alle regole europee nel campo delle fusioni ed
 acquisizioni, anche l'obbligo di trasmettere informazioni corrette. La multa comminataa Facebook è
 proporzionata, e ha l'obiettivo della deterrenza. La Commissione europea deve poter prendere decisioni
 sulla base di fatti accurati», ha detto in un comunicato la commissaria alla Concorrenza Margrethe
 Vestager. Al momento dell'acquisizione, nel 2014, Facebook aveva spiegato che non avrebbe potuto
 incrociarei dati dei clienti di Facebook con quelli degli utenti di WhatsApp. In realtà, due anni dopo
 l'acquisizione, WhatsApp annunciò una revisione delle sue condizioni d'uso, avvertendo della possibilità di
 mettere in contatto gli utenti delle due società. Ammende comunitarie in questo campo pos- sono
 raggiungere l'1% del fatturato globale delle società coinvolte. Nel decidere la multa, la Commissione ha
 preso in considerazione la gravità del fatto, la sua durata, così come circostanze attenuanti. Secondo
 l'esecutivo comunitario, Facebook ha dimostrato in questa circostanza «almeno negligenza». Tra le
 circostanze attenuanti, Bruxelles ha considerato la cooperazione di Facebook al momento dell'apertura di
 una indagine. È la prima volta che Bruxelles impone que- sto tipo di multa, da quando le nuove regole
 antitrust sono entrate in vigore nel 2004. Da un punto di vista finanziario, la multa nonè elevata per una
 società che nel 2016 ha messo a segno profitti netti per 10,2 miliardi di dollari. In una ottica politica, la
 decisioneè notevole. Bruxelles ha voluto avvertire le società con cui haa che fare cheè attenta non solo alla
 sostanza dell'operazione da giudicare, ma anche alle informazioni che riceve dalle aziende. L'acquisizione
 aveva ricevuto il benestare della Commissione nel 2014 . La decisione di ieri non ha alcun impatto sulla
 scelta di autorizzare l'operazione da 22 miliardi di dollari, perché l'accordo - ha voluto precisare Bruxelles - è
 giunto alla luce di molti parametri,e non solo quello che ha portato all'ammenda comunitaria. Dagli Stati
 Uniti, un portavoce di Facebook siè difeso: «Abbiamo agito in buona fede sin dalle nostre prime interazioni
 con la Commissione europea e abbiamo cercato di fornire informazioni accurate ogni volta». Più in
 generale, Facebook è nel mirino delle autorità comunitarie perché la rete sociale suscita dubbi sui livelli di
 garanzia della privacy. Questa settimana, le autorità francesi hanno imposto alla società americana una
 multa di 150mila euro per non avere impedito alle società pubblicitarie di ottenere dati sui suoi utenti. La
 settimana scorsa, le autorità italiane hanno impostoa WhatsApp una ammenda di tre milioni di euro per
 aver obbligatoi suoi utentia condividere con Facebook i loro dati personali. Sempre ieri, la Commissione ha
 contestato all'azienda di telecomunicazione Altice le informazioni ricevute in occasione dell'acquisizione di
 PT Portugal. Bruxelles sospetta che l'azienda abbia messo in pratica l'acquisizione prima ancora di avere
 ricevuto l'accordo comunitario. Anche in questo caso, il benestare europeo alla fusione, dato nel 2015, non
 dovrebbe eessere messo in pericolo. Altice ha preannunciato risposte chiare alle domande di Bruxelles.
 Foto: Su Facebook lo sport. Il social network ha raggiunto un accordo con la Lega baseball Usa per
 trasmettere le dirette

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 DAI FALLIMENTI AGLI NPL
 Il mercato chiede regole aggiornate
 Vincenzo De Sensi

 L'esposizione di dati statistici sul funzionamento della giustizia civile e di quella delle imprese, in
 particolare,è sempre occasione di dibattito su come migliorare l'efficienza dell'apparato statale e delle
 procedure utilizzabili. Continua pagina 24 u Continua da pagina1 Al riguardo il nostro Paese non ha buona
 fama. Oggi però si può dire che questo, per alcuni versi, è un luogo comune. Molto è stato fatto nell'ultimo
 decennio e molte altre iniziative sono state avviate sul versante del miglioramento dei tempi della giustizia.
 Sembra dunque che il punto non sia tanto se il nostro sistema tenda ad allinearsi agli standard
 internazionali, quanto piuttosto la velocità e la qualità con cui questo avviene. Osservando il problema sotto
 questo aspetto, si possono svolgere due considerazioni che riguardano: da un lato, l'evoluzione
 dell'economia e, dall'altro, l'idea di giustizia che abbiamo e che dovremmo avere. Prima questione. Sono
 noti la globalizzazionee gli effetti prodotti su quello che molti studiosi denunciano come supercapitalismo.
 Quello cheè opportuno invece considerareè che la riduzione dei tempi ciclici delle crisi, così come la facile
 diffusione del debito hanno determinato delle controspinte tali da far percepire questi elementi, un tempo
 negativi per la crescita economica, come occasioni di investimentoe di business. Basta considerare l'ampia
 diffusione del mercato dei crediti deteriorati,o l'acquisizione di aziende decotte da ristrutturaree rivendere,
 per rendersi conto del fatto che la formazione di nuovi mercati ha determinato la comparsa sulla scena di
 nuovi operatori economici.I quali se investono, pretendono il ritorno dell'investimentoe quindi innalzano, in
 qualitàe quantità, la domanda di funzionamento della giustizia. Se un tempo forse poteva essere comodo al
 mondo bancario che le procedure esecutive avessero tempi di attesa significativi, ora nonè più così nella
 misura in cuii loro crediti vengono cedutiei cessionari ovviamente reclamano tempi più rapidi di recupero.
 Ma anche sul versante della gestione della crisi tutto sta cambiando. La crisiè questione che ormai investe
 la governance delle società; la sua gestione passa attraverso strutture organizzative adeguate che
 assicurano la tempestiva reattività del management.È noto che la riforma Rordorf della legge fallimentare
 stia andando verso questa direzione, per spingere le impresea reagire in via preventiva agli indizi di crisi.E
 allora anche questa tendenza finisce per impattare non solo sul funzionamento delle procedure- aspetto di
 certo rilevante- ma sulla nuova natura della domanda di giustizia in questo settore con prospettazione di
 questionie conflitti sempre più sofisticati. Del resto, la decisione di espungere la parola «fallimento» dal
 tessuto normativo del nuovo impianto, rispondea una nota esigenza degli investitori stranieri spesso
 impauriti dai retaggi punitivi sottesi all'accezione storica di questa parola. Quello che sta accadendoè
 dunque un incremento della domanda di giustizia legato alle dinamiche del mercatoe alle istanze che nuovi
 soggetti economicie nuovi approcci operativi, nel mondo delle imprese, portano con sé. Seconda questione.
 L'idea di giustizia generalmente condivisaè declinata come insieme di apparatie quindi di organizzazione di
 personee mezzi per erogare un servizio alla collettività. Idea corretta, ma statica. Dovremmo invece
 riposizionarci in termini più sensibili alla costruzione di una affidabilità di sistema. Voglio dire: la giustizia
 nonè solo questione di apparatie regole ma, in primo luogo, di sinergia sul piano della formazione tra
 mondo giudiziario, mondo forensee mondo accademico. L'interazione positiva tra queste vive realtà può di
 certo contribuirea un'alta formazione di cui abbiamo bisogno per rispondere alle sfide poste dalla prima
 questione illustrata. Non trovo appropriato parlare di specializzazione dei giudici, degli avvocatio dei
 professori, ma di formazione mirata cheè in grado di conciliare le ampie vedute, che il diritto esige, con la
 conoscenza del dato normativo particolare. Il reciproco arricchimento tra questi mondiè in grado di avviare
 ampiee diffuse occasioni di miglioramento della qualità della risposta della giustizia la quale, accanto al
 momento sanzionatorioe decisionale, vede anche quello della selezione di ciò che merita di essere posto
 all'attenzione del giudice, soprattutto in delicate materie come quelle che hanno ricadute sull'economia. La

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 complessità dei cambiamenti che stiamo vivendo potrà essere affrontata partendo sì dal dato statistico, ma
 poi collaborando all'autorevolezza della giustizia di fronte alle nuove forze che si muovono nell'economia.
 Le questioni poste vogliono quindi sollecitare un tale approccioe proporre una visione dinamica della
 giustizia che faccia percepire il sistema Paese rinnovato nella sua credibilità internazionale.

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 Alessandro Vandelli Amministratore delegato Bper INTERVISTA
 «Bper con Unipol crescerà nei danni»
 Relazioni positive con la compagnia: «Rapporto pluriennale, che si rafforzerà con un rinnovo della joint-
 venture»
 Luca Davi

 p«Le relazioni tra Bpere Unipol sono positive. Abbiamo un rapporto pluriennale, che si rafforzerà con un
 rinnovo della joint-venture assicurativa.E si rafforzerà anche il nocciolo duro degli azionisti: credo che possa
 crescere la presenza della Fondazione Sardegna e di altre fondazioni». La governance di Bper da qualche
 tempo è al centro delle cronache finanziarie. Soprattutto da quando, una settimana fa, il principale azionista
 Unipol ha confermato di aver fatto un balzo nell'azionariato, salendo dal 5% al 10% circa. Una mossa che
 da più parti è stata letta come conferma della volontà della compagnia assicurativa di rafforzare i legami
 industriali con la banca modenese, magari agevolando un'integrazione con Unipol Banca. Operazione,
 quest'ultima, «che invece non è mai stata analizzata e non è sul tavolo», tiene a sottolineare
 l'amministratore delegato di Bper Alessandro Vandelli. Che, in questa intervista al Sole 24Ore, spiega la
 sua view sui rapporti con la compagnia assicurativae le sue attese sul futuro della banca modenese.
 Partiamo da Unipol. L'a.d. Carlo Cimbri, in un'intervista al Sole 24Ore, ha ammesso di aver in mano una
 partecipazione finanziaria del 5% di Bper, che si aggiunge a una quota stabile del 5%. Come valuta questa
 mossa? Non posso che vederla con favore, perché conferma la validità di un rapporto pluriennale che
 abbiamo da quasi dieci anni sul fronte assicurativo. Qualcosa è destinato a cambiare, in questa
 partnership? Il fatto di aver raggiunto 4,5 miliardi di polizze solo nel ramo Vita dà la misura dell'importanza
 della relazione. Dopo 8-9 anni di attività, qualcosa va rivisto per forza: vogliamo crescere molto nel settore
 Danni. Cimbri riguardo a Bper, evi- denziando elementi di criticità sulla trimestrale, non ha nascosto di
 auspicare che «la banca raggiungai target prefissati». Come sonoi rapporti con Unipol? Dal punto di vista
 personale, sono rapporti positivi e sempre di grande stimolo. Dal punto di vista della governance, la
 presenza di Unipol si inserisce nel quadro di formazione di un nucleo di soci stabili, che va dai privati alle
 fondazionie ai grandi fondi. Quanto ai risultati, noi siamo soddisfatti e vogliamo fare sempre di più. A Londra
 abbiamo appena incontrato diversi investitori da cui arriva un giudizio molto positivo su questa trimestrale,
 ci ritengono una banca credibile. Abbiamo una solidità patrimoniale ai vertici, segnali di miglioramento dai
 crediti.I risultati sono coerenti con il nostro percorso, che è fatto di crescita stabile, con una resilienza della
 parte alta del conto economico. E sulla redditività, cosa vi attendete? Con l'attenzione ai costie il calo di
 costo del rischio che ci attendiamo avremo soddisfazioni anche sulla profittabilità. Nel contempo vogliamo
 crescere anche sul fronte del risparmio gestitoe del private banking, come dimostra l'imminente ingresso di
 Fabrizio Greco (fino ad oggi dg di Ersel, ndr) a capo della direzione Wealth e Investment Management. Il
 tema della redditivitàè però legato a doppio filo agli Npl. Quali sonoi vostri piani? Abbiamo ridotto di mezzo
 miliardo lo stock di Npl lordi nell'ultimo anno, tagliato di 170 punti base l'Npl ratioe aumentato le coperture di
 oltre un punto percentuale.A tutto questo si aggiunge il piano di riduzione presentato a Bce, da cui
 attendiamo un feedback nei prossimi mesi e che prevede un mix efficace di operazioni, tra cessioni e
 recupero interno. Sarà uno degli elementi costitutivi del nuovo piano industriale che presenteremo a
 settembre. Quali sono le vostre stime sul costo del credito? Nel primo trimestre il costo del credito
 annualizzato eraa 117 punti base. A fine piano industriale, nel 2020, ci attendiamo una riduzione in area 60
 punti base. È esclusa un'operazione con Unipol Banca? Da quando sono a.d. non ho mai studiato il
 dossier. E il tema non verrà affrontato, anche a giudicare dalle dichiarazioni di Carlo Cimbri. Una volta
 ripulita, la banca potrebbe essere oggetto di un'aggregazione? Credo che molto dipenda dalle future
 strategie di Unipol. Comunque oggi il tema nonè sul tavolo. Capitolo fusioni: qual è la vostra view? Ci vorrà
 tempo perchè si creino condizioni per aggregazioni. Ora non vedo opportunità. Cosa intendete fare rispetto

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 ad Arca Sgr? Assieme a Popolare di Sondrio abbiamo manifestato un interesse, cheè stato accolto, per le
 quote delle due banche venete. Ora abbiamo un periodo di esclusiva in cui faremo approfondimenti. Nel
 giro di un paio di mesi definiremo la nostra eventuale proposta. La priorità tuttaviaè preservare la solidità
 patrimoniale e proseguire nella riduzione dello stock di Npl. A proposito di governance, oggi Bper detiene il
 51% del Banco di Sardegna, mentre il 49% fa capo alla Fondazione locale. A che punto sonoi vostri
 rapporti? Quella con la Fondazione Sardegna è una relazione di lungo periodo. È possibile una loro
 crescita in Bper proprio perché il rapporto è maturo. Mi aspetto che anche con il supporto della ulteriore
 crescita dei soci privatie di altre fondazioni, per il rinnovo del Cda nel 2018 avremo un nocciolo duro ancora
 più forte. .@lucaaldodavi © RIPRODUZIONE RISERVATA Il bilancio di Bper Valori in migliaia di euro e
 variazione % Margine di interesse 31/12/2015 898.232 31/12/2016 853.310 Variazione -5,0% Fonte: dati
 societari Commissioni nette 31/12/2015 545.607 31/12/2016 536.170 Variazione -1,73% Margine di
 intermediazione 31/12/2015 1.717.242 31/12/2016 1.501.023 Variazione -12,59% Rettifiche nette su crediti
 31/12/2015 558.844 31/12/2016 516.606 Variazione -7,56% Costi operativi 31/12/2015 973.352 31/12/2016
 931.731 Variazione -4,29% Utile (perdita) d'esercizio 31/12/2015 161.692 31/12/2016 18.699 Variazione -
 88,45%
 Foto: Bper. L'amministratore delegato Alessandro Vandelli

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 Alla luce del Sole IL DIBATTITO ACCADEMICO LANCIATO DA LUIGI ZINGALES
 Il nodo irrisolto del debito con l'estero
 Schiacciati. La forza contrattuale della Ue nei confronti di Roma sarebbe ancora superiore a quella
 esercitata su Londra per Brexit I termini di un'eventuale uscita dell'Italia dall'euro andrebbero concordati
 con i partner Ue
 Hal S. Scott

 Uno degli scopi fondamentali di un'uscita dell'Italia dall'euro sarebbe, naturalmente, la ridenominazione
 valutaria, ma questo presupporrebbe la possibilità di rimborsare contrattie titoli (compresii titoli di Stato) in
 una nuova moneta nazionale svalutata. La cruda realtà è che l'Italia non potrebbe a fare una cosa del
 genere senza l'assenso dell'Unione europeae di altri mercati importantia livello mondiale (1). Applicare la
 ridenominazione all'interno di uno Stato membro che abbandona l'euro, fra debitorie creditori italiani,è un
 processo relativamente lineare: l'Italia approverebbe semplicemente una legge che stabilisce che tutti i
 contratti che prevedono pagamenti in euro, dai titoli di Stato ai prestiti commerciali e ai mutui immobiliari,
 dovranno essere adempiuti nella nuova lira. L'Italiae gli altri membri dell'eurozona conoscono bene questo
 processo, perché dovettero promulgare leggi simili al momento di adottare l'euro. Questo significherebbe,
 per esempio, chei mutui tra residenti italiani e banche italiane potrebbero essere facilmente ed
 efficacemente ridenominati nelle nuove lire. Nei titoli di Stato italiani emessi recentemente in base alle leggi
 italiane, ci sono clausole di azione collettiva che impongono l'approvazione di una supermaggioranza dei
 creditori (in termini di ammontare di capitale nozionale) perché il cambio di denominazione sia vincolante
 per tutti i detentori. Ma l'Italia potrebbe facilmente vanificare queste clausole cancellando quest'obbligo
 nella sua nuova legge sulla ridenominazione. Sarebbe l'inverso di quello che fece la Grecia nel 2012,
 quando inserì nei titoli di Stato in essere nuove clausole di azione collettiva che consentivano a una
 maggioranza dei creditori di bloccare tentativi di opporsi a una ristrutturazione del debito. Tutto quello cheè
 prescritto da una legge locale può essere modificato da una legge locale. In teoria, la ridenominazione
 potrebbe presentare profili di incostituzionalità. Ma è im- probabile, perché le precedenti svalutazioni della
 lira non sono mai state contestatee le basi per farlo sembrano fragili. Potrebbero esserci ricorsi basati sulle
 norme internazionali vincolanti in materia di diritti umani, in particolare la Convenzione europea dei diritti
 dell'uomo, ma questi trattati consentono deviazioni in caso di emergenza. Insomma, applicare la
 ridenominazione all'interno di uno Stato membro sarebbe relativamente facile, ma al di fuori della
 giurisdizione nazionale (fra creditori esterie debitori italiani) sarebbe molto più complicato. A differenza dei
 tribunali dello Stato che abbandona la moneta unica, che sarebbero tenuti ad applicare le leggi nazionali
 sulla ridenominazione, i tribunali di altri Stati (sia dell'Unione Europea che del resto del mondo), dove
 sicuramente i contratti verrebbero impugnati, potrebbero scegliere se applicare le leggi italiane o di un'altra
 giurisdizione, e a seconda di questa scelta potrebbero giudicare illegale la ridenominazione. Sarebbe una
 pessima notizia per i debitori italiani, che dovrebbero continuare a pagare in euro le loro passività pur
 avendo subito una svalutazione delle loro attività e dei loro introiti in Italia. Nel caso ordinario di un singolo
 Paese che passa da una valuta a un'altra, il problema di quale legge scegliereè relativamente semplice e
 verosimilmente il giudizio sarà che la ridenominazione è efficace. I tribunali generalmente applicano la lex
 monetae, la legge di chi emette la moneta. Per esempio, quando l'iperinflazione degli anni 20 costrinse la
 Germania di Weimar a rimpiazzare il marco con il temporaneo rentenmarke alla fine con il permanente
 reich- smark, i tribunali esteri applicarono la ridenominazione perché era legale in base alla lex monetae, nel
 caso in questione la legge tedesca. Nell'ipotesi dell'abbandono di un'unione monetaria, tuttavia, non esiste
 una chiara lex monetae. Pertanto, se l'Italia uscisse dall'euroe stabilisse che i contratti in euro devono
 essere ridenominati nella nuova lira, l'Italia sarebbe l'emittente della moneta sostituente, ma gli Stati
 membri dell'eurozona rimarrebbero, nel loro insieme, gli emittenti della moneta sostituita. Frederick
 Alexander Mann, il massimo esperto di queste questioni, alcuni anni fa ha proposto una soluzione al
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 dilemma:i tribunali dovrebbero applicare la legge specificata nello strumento giuridico in questione, la
 «legge del contratto» (2). Se applicata, questa soluzione aiuterebbe l'Italia per quanto riguarda il settore
 pubblico, perché la quasi totalità del debito pubblico (circa il 94% nel 2012)è emessa in base alle leggi
 italiane. Tuttavia, le obbligazioni private spesso (nel 61% dei casi per le obbligazioni finanziarie e nel 40%
 dei casi per quelle non finanziarie) specificano che sono governate dalle leggi di un'altra giurisdizione (i dati
 sono sempre del 2012) (3). Peri contratti non obbligazionari non disponiamo di dati, ma possiamo
 aspettarci che la percentuale sia ingente. Il giudizio di legalità sulla ridenominazione varierebbe, in linea di
 principio,a seconda della legislazione estera applicata, ma alcune giurisdizioni sarebbero molto ostili nei
 confronti della possibilità che un contratto stipulato in euro sia rimborsato in un'altra valuta, specialmente
 quando questo impone perdite ingenti a carico dei creditori. Questo potrebbe spingere i tribunali esteri a
 rigettare la ridenominazione peri creditori stranieri anche nel caso in cui la legge prevista nel contratto fosse
 quella italiana, per esempio nel caso dei titoli di Stato italiani. Prevedere quali decisioni prenderebberoi
 tribunali in giurisdizioni estereè difficile, perché nonè mai stato espresso un parere giudiziario sull'uscita di
 un Paese da un'unione monetaria che continua a esistere. In ogni caso, a prescindere dalle decisioni dei
 singoli tribunali, ci sarebbero controversie le- gali prolungate e una grave incertezza. La strada migliore per
 proteggersi da un futuro del genere, per l'Italia, sarebbe che l'Unione Europeae le altre grandi potenze
 economiche approvassero a loro volta dei provvedimenti di legge riguardo all'adozione di una nuova valuta
 da parte dell'Italia. Queste leggi dovrebbero rispecchiare quelle approvate al momento dell'adozione
 dell'euro. Nel 1997 l'Unione europea promulgò il regolamento (CE) 1103, che specificava che
 «l'introduzione dell'euro non avrà l'effetto di modificare alcuno dei termini di uno strumento giuridico, né di
 sollevareo dispensare dall'adempimento di qualunque strumento giuridico, né di dare ad una parte il diritto
 di modificare o porre fine unilateralmente a tale strumento giuridico». Altre giurisdizioni seguirono la stessa
 strada: lo Stato di New York, per esempio, approvò una legge simile che stabiliva che se «un soggettoo
 mezzo di pagamento di un contratto, titolo o strumento è una valuta che è stata sostituitao rimpiazzata
 dall'euro, l'euro sarà un sostituto e un equivalente sostanziale commercialmente ragionevole». Per creare
 un quadro legale per il ritiro di uno Stato membro dall'area dell'euro, l'Unione europea potrebbe adottare un
 «regolamento 1103 al contrario», stabilendo che gli Stati membri sono tenuti a rispettare la
 ridenominazione, in base ai termini concordati per l'uscita. E altre giurisdizioni potrebbero fare altrettanto.
 Ma l'Unione europea accetterebbe davvero un abbandono dell'euro?E se sì, in che misura le condizioni che
 verrebbero imposte all'Italia eroderebbero una parte dei guadagni previsti? Considerando l'incertezza e il
 rischio che la ridenominazione venga vanificata dai tribunali, la forza contrattuale che avrebbe l'Unione
 europea sulle condizioni di un abbandono dell'eurozona da parte dell'Italia sarebbe enormemente superiore
 alla forza contrattuale che ha ora l'Unione europea sulle condizioni dell'abbandono da parte della Gran
 Bretagna dell'Unione europea stessa. (Traduzione di Fabio Galimberti) © RIPRODUZIONE RISERVATA
 L'INCOGNITA
 Prevedere le decisioni dei tribunali stranieri sulla ridenominazione dei titoli è difficile: nessun Paese
 ha mai lasciato un'unione monetaria che ha continuato a esistere IL DOSSIER Sul Sole 24 Ore del 16
 aprile Luigi Zingales ha avviato un dibattito accademico «serioe costruttivo» sull'euro. Sono seguiti gli
 interventi di JohnH Cochrane, Charles Wyplosz, Martin Feldstein, Francesco Trebbi, Emiliano Brancaccio,
 Stephen G. Cecchettie Kermit L. Schoenholtz, Marcello Minenna, Biagio Bossone, Paul De Grauwe,
 Alberto Bagnai. www.ilsole24ore.com Tutti gli interventi, anche nella versione inglese, nel dossier «Alla luce
 del sole » n L'AUTORE Nato a Chicago nel 1943, Hal S. Scott, studi a Princeton e Stanford, è direttore del
 Committee on Capital Markets Regulation,co-presidente del Council on Global Financial Regulation. Dirige il
 programma sui sistemi internazionali finanziari della Harvard Law School. È stato presidente
 dell'International Academy of Consumer and Commercial Law e, dal 2002 al 2005, governatore
 dell'American Stock Exchange. Il suo libro più recente (2016) è Connectedness and Contagion: Protecting

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 the Financial System from Panics. Bibliografia e Hal S. Scott, «When the Euro Falls Apart» (1998),
 International Finance, 207, e «When the Euro Falls Apart-A Sequel» (2012), Harvard Public Law Working
 Paper n. 12-16, consultabile su SSRN: https:// ssrn.com/abstract=1998356 r Frederick Alexander Mann,
 Money in Public International Law, Hague Academy of International Law (1960). t Le percentuali sono
 prese da Jens Nordvig e Nick Firoozye, Nomura Securities, «Rethinking the European Monetary Union»
 (2012), appendice II.
 Foto: Quadro complesso. Non esiste una lex monetae per i titoli di stato di chi lascia un'unione monetaria

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 Il futuro dell'Unione
 L'ottimismo di Draghi "La crisi è alle spalle e l'Europa ritrova voce"
 Il presidente della Bce dopo le elezioni francesi: "La maggioranza silenziosa ha ripreso il suo orgoglio e
 chiede un'azione unitaria"
 TONIA MASTROBUONI

 DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE BERLINO. «La crisi è ora alle nostre spalle». Il giro di boa del voto
 in Francia ha visibilmente cambiato l'umore di Mario Draghi.
  Prima della tornata elettorale che ha fatto sfiorare l'infarto all'Unione europea, i suoi toni erano stati ancora
 cautissimi e il presidente della Bce aveva allontanato vigorosamente da sé l'idea di uscire dalla lunghissima
 fase emergenziale dei tassi bassi e dell'acquisto massiccio dei bond.
  Tradizionalmente restìo a fare commenti politici, Draghi si è lanciato invece ieri in un'analisi delle ultime,
 ansiogene elezioni che hanno sventato, per ora, l'assalto dei populisti all'Europa. «La maggioranza
 silenziosa ha ritrovato la sua voce, il suo orgoglio e la fiducia in se stessa», ha scandito, ricevendo la laurea
 honoris causa dell'Università di Tel Aviv.
   Per il banchiere centrale italiano, è arrivato il momento di guardare in avanti, di rilanciare il progetto
 europeo. Le elezioni in Olanda e in Francia, la solidità dei partiti tradizionali in Germania - che fa pensare a
 un'elezione che non sarà troppo insidiata dal pericolo della destra anti europeista - possono essere
 interpretate come l'emergere di «un'onda crescente di energia nel chiedere un'azione unitaria europea.
 L'Ue e l'euro hanno sempre avuto il sostegno della maggioranza dei cittadini europei, ma spesso si sentiva
 soltanto un'opposizione rumorosa». Quella maggioranza silenziosa ora vive un riscatto anche attraverso il
 rilancio del progetto europeo e del motore franco-tedesco, annunciato lunedì da Angela Merkel e
 Emmanuel Macron e anticipato da Wolfgang Schaeuble già la scorsa settimana.
  Dopo l'Unione bancaria, che ha significato una forte risposta unitaria alla Grande crisi e ha contribuito,
 insieme al celebre «siamo pronti a fare tutto il necessario», a scongiurare nel 2012 la disgregazione
 dell'euro, per Draghi è chiaro che «servono ulteriori progressi». L'architettura dell'Unione economica e
 monetaria «resta incompleta sotto vari aspetti». La «riparazione è iniziata con l'Unione bancaria», ma «il
 lavoro è lungi dall'essere finito e le sfide vanno ben oltre l'Unione monetaria. Riguardano sicurezza,
 immigrazione, difesa e generalmente solo quelle sfide che possono essere affrontate solo condividendo
 sovranità». La crisi ha portato «a una sorta di distruzione creativa», ha sottolineato il numero uno della Bce,
 che ha «reso più profonda la nostra comprensione dell'economia e ha dato vita alla nostra risposta
 politica».
   Una risposta politica, che, se realizzata come accennato da Berlino e Parigi, potrebbe significare un
 sollievo notevole, per la Bce. Chi ha dovuto spesso arrivare ai limiti delle proprie possibilità e del proprio
 mandato per salvare l'euro dalla furia distruttrice dei mercati e dell'ondata di sfiducia che ha investito a più
 riprese l'eurozone, è stato Draghi.
  L'idea di rafforzare l'eurozona, di trasformare il fondo salva-Stati Esm in un Fondo monetario europeo con
 più poteri e maggiori possibilità di intervento, il piano di un Parlamento per l'area della moneta unica o un
 budget specifico, sono novità che vanno tutte in direzione di un alleggerimento enorme degli oneri che
 gravano ora sulla Bce.
  E se c'è qualcuno che non vede l'ora di tornare a fare una politica monetaria meno emergenziale che lo
 sottragga dal perenne fuoco di fila dell'azionista di maggioranza tedesco, è proprio Draghi.
   Ma intanto, è probabile che già dalla prossima riunione di giugno la Bce cominci a cambiare il proprio
 linguaggio per segnalare un orizzonte di uscita dalla fase di politiche monetarie straordinarie. Del resto «la
 ripresa dell'Eurozona è solida e sempre più ampia fra i Paesi e settori», con «cinque milioni di occupati in
 più rispetto al 2013». " IL SOSTEGNO L'Ue e l'euro hanno il sostegno di larga parte dei cittadini, ma

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