CONFIMI 19 maggio 2017 - Confimi Apindustria Bergamo
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
CONFIMI 19 maggio 2017 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE CONFIMI 19/05/2017 Il Giornale di Vicenza 5 Sul Ponte pace (quasi) fatta «C'è unanimità di intenti» CONFIMI WEB 18/05/2017 milano.corriere.it 14:14 7 L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive 18/05/2017 bergamo.corriere.it 8 L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive SCENARIO ECONOMIA 19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale 10 Pressing della Ue sulle banche 19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale 12 Il sollievo negato dal peso del debito 19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale 13 Il mistero dei 530 milioni di British Telecom, in Italia 5 indagati 19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale 14 Prezzo basso, produrre grano non conviene: calo del 10,9% 19/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale 15 Spunta l'ipotesi di ripristinare i voucher, ma solo sotto i 5 dipendenti 19/05/2017 Il Sole 24 Ore 16 La Ue contro Facebook: maxi-multa per Whatsapp 19/05/2017 Il Sole 24 Ore 17 Il mercato chiede regole aggiornate 19/05/2017 Il Sole 24 Ore 19 «Bper con Unipol crescerà nei danni» 19/05/2017 Il Sole 24 Ore - 21 Il nodo irrisolto del debito con l'estero
19/05/2017 La Repubblica - Nazionale 24 L'ottimismo di Draghi "La crisi è alle spalle e l'Europa ritrova voce" 19/05/2017 La Repubblica - Nazionale 26 Crollano i contratti stabili e volano i robot 19/05/2017 La Stampa - Nazionale 27 LA FRAMMENTAZIONE DELLE CLASSI SOCIALI SCENARIO PMI 19/05/2017 MF - Nazionale 29 Polizze pilastro di Banca Intesa 19/05/2017 MF - Nazionale 31 A Neuberger il private equity di Fii 19/05/2017 ItaliaOggi 32 Inrl al fianco delle imprese 19/05/2017 Harvard Business Review Italia 34 IL CENTRO MANIFATTURIERO DEL FUTURO / 1 19/05/2017 Harvard Business Review Italia 39 IL CENTRO MANIFATTURIERO DEL FUTURO / 2
CONFIMI 1 articolo
19/05/2017 diffusione:30678 Pag. 38 tiratura:39688 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato GLI STATI GENERALI. Sindaco soddisfatto del primo incontro Sul Ponte pace (quasi) fatta «C'è unanimità di intenti» Pace fatta, o almeno quasi, tra Amministrazione, commercianti e opposizione sul caso Ponte degli Alpini. Mercoledì sera si è svolto il primo appuntamento degli Stati Generali del Ponte, serie di incontri tra portatori d'interesse e Comune per mantenere viva la comunicazione sull'avanzamento del principale cantiere della città. Se il sindaco Riccardo Poletto ha espresso soddisfazione per la riuscita dell'incontro, il presidente dei commercianti Alberto Borriero ha definito il clima «disteso», pur ammettendo che non si è ancora definitivamente usciti dalla situazione di stallo. Resta il fatto che proprio alcuni commercianti di Angarano nei giorni scorsi abbiano sistemato nelle loro vetrine dei cartelloni attraverso i quali consigliano ai visitatori di rivolgersi a loro in caso abbiano bisogno di informazioni. «In assenza del Comune - recita il cartello - ci pensiamo noi». Comunque sia, pare che lo scontro in città si stia ammorbidendo, anche quello più prettamente politico.«Ad inizio settimana - riferisce il sindaco Poletto - ho avuto in incontro con i capigruppo di opposizione e siamo riusciti a trovare un punto d'incontro per mettere da parte le polemiche e pensare al bene del nostro ponte. A me non interessa appuntarmi una medaglia al petto al termine delle elezioni, a me basta che il ponte venga sistemato». Durante gli Stati Generali del Ponte, il sindaco e l'assessore ai lavori pubblici Roberto Campagnolo hanno ripercorso le vicende legate al progetto di ripristino e consolidamento del monumento, concentrandosi, dopo una panoramica sugli avvenimenti degli ultimi anni, sugli sviluppi delle settimane appena trascorse. All'appuntamento sono stati invitati Apindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confindustria, Cna, Coldiretti, Confesercenti, Ana "Monte Grappa", associazione "Aiutiamo il Ponte", Comitato "Ponte Monumento Nazionale", Fai, Italia Nostra, gli "Amici dei Musei e dei Monumenti" e i presidenti dei quartieri centro storico e Angarano. «Dai presenti è stata espressa la volontà unanime di condividere insieme lo sviluppo del restauro e di collaborare alla sua migliore riuscita, un confronto che proseguirà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con nuovi incontri di aggiornamento e condivisione - sottolinea Poletto -. Ringrazio ancora una volta per la disponibilità attenta che moltissimi stanno dimostrando nei confronti del monumento cittadino per eccellenza e in particolare quelle persone che durante l'incontro hanno dimostrato senso di appartenenza e unità d'intenti». E.S.© RIPRODUZIONE RISERVATA CONFIMI - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 5
CONFIMI WEB 2 articoli
18/05/2017 14:14 Sito Web La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive Ascolta Email L'Italia è un Paese di imprese efficienti? E quali sono le opportunità e le prospettive per le aziende? A queste domande si cercherà di dare le risposte durante il secondo Energy Efficiency Day, il 25 maggio a Monza. L'incontro è promosso dall'impresa bergamasca Sunsaving Srl e il business partner Ibm Italia con la partecipazione di Confimi Industria Monza e Brianza. Dirigenti, tecnici e consulenti di impresa si incontreranno per parlare di energia ed efficienza energetica. Un appuntamento dedicato all'efficientamento, alle nuove tecnologie e alle migliori opportunità in ambito di risparmio, con particolare riguardo agli adeguamenti legislativi e alle nuove norme. Tra gli interventi in programma, quelli di Andrea Marini, solution architect di Ibm Italia, e di Alessandro Petrò, amministratore delegato Sunsaving Srl, che parlerà del ruolo delle Esco (Energy Service Company, cioè una consulente certificata in ambito di enegria e risparmio) nell'efficientamento energetico d'impresa. Saranno anche presentati i risultati di risparmio a fronte di specifici interventi. 18 maggio 2017 | 15:06 CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 7
18/05/2017 Sito Web La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive L'efficienza energetica delle imprese tra opportunità e prospettive In programma, il 25 maggio a Monza, il secondo Energy Efficiency Day promosso dalla bergamasca Sunsaving Srl L'Italia è un Paese di imprese efficienti? E quali sono le opportunità e le prospettive per le aziende? A queste domande si cercherà di dare le risposte durante il secondo Energy Efficiency Day, il 25 maggio a Monza. L'incontro è promosso dall'impresa bergamasca Sunsaving Srl e il business partner Ibm Italia con la partecipazione di Confimi Industria Monza e Brianza. Dirigenti, tecnici e consulenti di impresa si incontreranno per parlare di energia ed efficienza energetica. Un appuntamento dedicato all'efficientamento, alle nuove tecnologie e alle migliori opportunità in ambito di risparmio, con particolare riguardo agli adeguamenti legislativi e alle nuove norme. Tra gli interventi in programma, quelli di Andrea Marini, solution architect di Ibm Italia, e di Alessandro Petrò, amministratore delegato Sunsaving Srl, che parlerà del ruolo delle Esco (Energy Service Company, cioè una consulente certificata in ambito di enegria e risparmio) nell'efficientamento energetico d'impresa. Saranno anche presentati i risultati di risparmio a fronte di specifici interventi. Redazione Bergamo online CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 8
SCENARIO ECONOMIA 12 articoli
19/05/2017 diffusione:245885 Pag. 1 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Torna la tensione Pressing della Ue sulle banche Federico Fubini L'Europa torna a farsi sentire. Con un pressing sull'Italia perché «aggredisca al più presto i problemi del sistema bancario». E la soluzione - secondo la Ue - sarebbe la creazione di una bad bank. a pagina 11 Per qualche mese è stata meno intensa, ma la pressione dal resto d'Europa sull'Italia perché aggredisca i problemi del sistema bancario sta per tornare. Con un suggerimento che emergerà nei prossimi giorni in forma vaga, per farsi poi sempre più esplicito nel corso del 2017: il governo potrebbe costituire una «bad bank» nazionale che, senza violare le regole europee, aiuti gli istituti a liberarsi dei loro crediti di cattiva qualità. Nessuna istituzione europea - dalla Commissione, al Consiglio Ecofin dei ministri finanziari, alla Banca centrale, all'Autorità bancaria di Londra - può formalmente obbligare un Paese a lanciare un'operazione del genere. Il varo di una società che compri dalle banche i crediti più difficili, per gestirli e rivenderli, resta una prerogativa delle autorità nazionali. Ma a Francoforte e a Bruxelles ci si prepara a mettere sotto pressione i Paesi dove i prestiti in default sono molto numerosi e il loro peso cala troppo lentamente; dunque, più di ogni altro, l'Italia. Nei prossimi giorni, la Commissione Ue e l'Ecofin definiranno un primo testo di un centinaio di pagine dedicate ai problemi dei crediti inesigibili. Lo ha steso il Comitato di stabilità finanziaria, una costola del gruppo degli sherpa dell'Ecofin il cui presidente è il direttore italiano del Tesoro, Vincenzo La Via. Quel rapporto descrive la situazione dei crediti cattivi in Europa, valuta ciò che si è fatto nei vari Paesi, e dà suggerimenti. Sarà solo un primo passo. Secondo due persone coinvolte, partirà poi il lavoro per nuove «linee-guida» su un punto specifico toccato nel rapporto iniziale: come deve operare una «società di gestione degli attivi» che compri dalle banche (non a prezzi di svendita) i prestiti crediti in default che paralizzano i bilanci, e ne estragga quanto più valore possibile. I due rapporti europei sottolineeranno che un'operazione del genere può funzionare solo se i sistemi giudiziari lavorano in tempi abbastanza rapidi. Le procedure fallimentari dei diversi Paesi saranno messe a confronto, i tempi di recupero delle garanzie presentate dai debitori insolventi anche. Tutti sanno già che l'Italia ne uscirà agli ultimi posti, perché le riforme del 2016 per accelerare le procedure giudiziarie riguardano solo i casi futuri; non i 349 miliardi di prestiti cattivi che esistono già. La scelta di stendere i due rapporti di Bruxelles riflette la convinzione, diffusa ormai ovunque in Europa, che l'Italia debba fare di più per disincagliare le banche. Di qui il lavoro a Bruxelles su una «bad bank» di sistema. Del resto gli strumenti per spingere di fatto il governo a imboccare questa strada non mancano: si faranno sentire a scadenze regolari le raccomandazioni della Commissione Ue, a partire da quelle della prossima settimana; e svolgono un ruolo anche i negoziati sui salvataggi pubblici, ancora da autorizzare, per Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il caso di Siena resta bloccato, più due mesi dopo il termine segnalato in origine per la fine dei negoziati. In questi giorni poi la Commissione Ue sembra aver alzato l'asticella anche per il via libera ai capitali pubblici nei due istituti veneti. Secondo quanto scrive Reuters , la direzione generale Concorrenza nella Commissione di Bruxelles ora chiede che prima si trovino capitali privati per ripianare le vecchie perdite su credito delle due banche venete. Solo dopo, a quanto pare, potrà essere autorizzato l'intervento pubblico per garantire il futuro di Vicenza e Veneto. Ma proprio una condizione del genere - oggi quasi impossibile da soddisfare - può finire per incoraggiare il governo sulla strada di una «bad bank» di sistema. Del resto l'esigenza di una soluzione del genere è ben visibile nei dati del sistema bancario italiano. Aspettare che il problema si risolva da solo può far perdere SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 10
19/05/2017 diffusione:245885 Pag. 1 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato altri anni di ripresa dato che, almeno per certi aspetti, esso resta da affrontare. È vero che nel 2016 per la prima volta si registra un calo da 360 a 349 miliardi dei crediti deteriorati, l'insieme delle esposizioni di qualità dubbia. Ma il rapporto di Stabilità finanziaria della Banca d'Italia mette in luce come negli ultimi sei mesi del 2016 siano continuate a salire (di 1,5 miliardi) le sofferenze, cioè i casi in cui la banca si rivolge al tribunale per recuperare il proprio prestito. Queste sono salite da 18,1% al 18,5% di tutti i prestiti estesi alle imprese. Preoccupano soprattutto le banche piccole, quelle fuori dal campo della vigilanza diretta della Banca centrale europea. In proporzione esse hanno molti più crediti dubbi delle banche principali (il 19,4% del portafoglio prestiti, contro i 17,6% delle altre) e questi ultimi sono coperti da accantonamenti di patrimonio molto più bassi, specie nel caso delle sofferenze conclamate (il 5% al di sotto le banche grandi). Eppure non è mai stata lanciata un'operazione pubblica di revisione della qualità dei bilanci di queste banche minori. E nel timore dell'incertezza, il mercato reagisce come fa sempre in questi casi: nega capitali freschi e deprime il prezzo di qualunque attivo sul quale manchi la piena trasparenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA Vigilanza Danièle Nouy , presidente del Consiglio di vigilanza unico della Bce. In passato è stata Segretario generale dell'Autorité de Contrôle e segretario generale del Comitato di Basilea SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 11
19/05/2017 diffusione:245885 Pag. 1 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'Italia Il sollievo negato dal peso del debito Daniele Manca L a notizia buona è quella che può finalmente riscaldare il cuore degli europei. «La crisi è alle spalle e la ripresa dell'eurozona è solida e sempre più ampia fra i Paesi e i settori», ha detto Mario Draghi. Ma ne nasconde un'altra, meno dolce, per noi italiani. L a prudenza e l'accortezza del presidente della Banca centrale europea rendono le sue parole ancora più significative. E ricordano, per la loro forza, quelle che pronunciò il 26 luglio del 2012 quando di fronte agli attacchi alla moneta unica disse che la Bce avrebbe fatto qualsiasi cosa per preservare l'euro. Parole che smorzarono di colpo gli atteggiamenti liquidatori sull'euro che sembravano prevalere in quel momento sui mercati. Ma la trincea di Draghi ha funzionato grazie a quella serie di misure di stimoli all'economia che hanno portato nel marzo del 2015 al lancio di acquisto di titoli di Stato e obbligazioni in genere. Il cosiddetto «Quantitative easing». Manovre che hanno permesso di contenere a livelli molto bassi lo spread (la differenza tra gli interessi che l'Italia deve pagare a chi sottoscrive i suoi titoli e i tassi garantiti da obbligazioni come quelle tedesche). Tutto questo per fare in modo che l'andamento delle economie divergenti nell'eurozona potesse convergere, a cominciare da una Germania che correva fino a un'Italia che invece arrancava. Per il nostro Paese ha significato poter pagare meno interessi sul debito pubblico, oltre che guadagnare tempo per quelle riforme che Draghi ha continuato, anche ieri, a indicare come necessarie per le nazioni dell'Unione europea affinché la crescita possa essere sostenibile. Ma una crisi ormai alle spalle renderà l'uscita da quei programmi di stimoli all'economia molto più rapida. Per l'Italia che ha un debito di 2260 miliardi (sarà il 133,3% del prodotto interno lordo nel 2017) significherà mettere in conto una spesa ancora maggiore per gli interessi. Che significherà sottrarre ulteriori risorse al sostegno dello sviluppo. Questo rende ancora più irritante la sin troppo evidente sottovalutazione da parte della politica, di tutte le forze politiche, del problema del debito pubblico. Ancora più irritante per quella parte dell'Italia che non ha mai smesso di correre, come dimostrano le cifre dell'export. @daniele_manca © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 12
19/05/2017 diffusione:245885 Pag. 40 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il mistero dei 530 milioni di British Telecom, in Italia 5 indagati I pm: associazione a delinquere, falso in bilancio e fatture fittizie. La Guardia di finanza negli uffici Luigi Ferrarella lferrarella@corriere.it MILANO Il buffo, che nel contempo è anche l'aspetto paurosamente serio, è il non riuscire ancora a intuire se i 530 milioni di sterline depennati nei bilanci a fine 2016 dalla casa madre British Telecom, quale conseguenza della dichiarata estemporanea scoperta di irregolarità contabili nella divisione italiana di BT, siano soldi esistiti solo sulla carta, cioè fabbricati con massive fatturazioni false solo per rendere più muscolari i bilanci o lucrare qualche bonus; o se almeno in parte siano mai stati soldi veri, esistiti sul serio, e (in questo caso) se siano evaporati perché persi in infelici operazioni o perché dirottati su consapevoli fondi neri. Per questo ieri il Nucleo di Polizia Tributaria della GdF di Milano si è presentato negli uffici della filiale italiana di BT con un ordine di esibizione di atti e fatture emesso dal pm Silvia Bonardi. Da lì emerge che la Procura di Milano ha indagato 5 dirigenti della filiale italiana non solo per «falso in bilancio» e «fatture per operazioni inesistenti» (come prevedibile a seguito della denuncia presentata mesi fa da British Telecom con l'assistenza dell'avvocato Marco Calleri), ma anche per l'ipotesi di «associazione a delinquere»: l'ex amministratore delegato Gianluca Cimini, l'ex direttore operativo Stefania Truzzoli, l'ex direttore finanziario Luca Sebastiani, l'ex responsabile delle fatturazioni Giacomo Ingannamorte, e l'ex manager Alessandro Clerici. Tutti già allontanati o licenziati dalla casa madre, tanto che sono in corso già alcune contro-cause di lavoro: Cimini, ad esempio, prospetta che le operazioni contestategli fossero autorizzate dalla società di controllo, così come a detta di Ingannamorte le fatture sospette sarebbero state emesse su disposizione dei superiori. Al contrario la casa madre, sulla scorta del rapporto di Kpmg sulle irregolarità contabili, si dice vittima della «grave violazione delle regole di governance interna sui contratti» attraverso «l'imposizione di fornitori», «la manipolazione dei dati comunicati», «transazioni improprie su vendite, acquisti, leasing e factoring», «la manipolazione dei risultati dei bonus» e «la tenuta di comportamenti intimidatori nei confronti del personale». © RIPRODUZIONE RISERVATA La vicenda La Guardia di finanza di Milano si è presentata negli uffici della filiale italiana di BT con un ordine di esibizione di documenti e fatture emesso dal pm Silvia Bonardi Sono 5 gli indagati Foto: Il pubblico ministero Fabio De Pasquale, guida il pool che indaga sui manager di BT SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 13
19/05/2017 diffusione:245885 Pag. 40 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Lente Prezzo basso, produrre grano non conviene: calo del 10,9% Michelangelo Borrillo Il prezzo del grano che nella campagna 2016-2017 ha toccato i livelli più bassi dal 2009-2010 (20,5 euro di media a quintale, il costo di due pizze) prima o poi avrebbe avuto delle conseguenze. Che sono arrivate: produrre grano duro non è più remunerativo e se ne produce meno. Per la campagna 2017-2018 è previsto un calo, in Italia, del 10,9% della produzione. A questo punto, però, i prezzi potrebbero cominciare a risalire. Questa, almeno - scorte permettendo - è la speranza dei rappresentanti della filiera grano-pasta, per la prima volta riunitasi ieri nella sua interezza a Foggia in occasione dell'evento internazionale «Durum Days». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 14
19/05/2017 diffusione:245885 Pag. 41 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Lavoro Spunta l'ipotesi di ripristinare i voucher, ma solo sotto i 5 dipendenti Andrea Ducci e Lorenzo Salvia ROMA Nonostante le proteste di Mdp, gli scissionisti del Pd, il governo va avanti sull'emendamento da presentare alla manovrina per sostituire i voucher, i buoni per pagare i lavoratori a ore cancellati per decreto due mesi fa. Uno strumento simile ai vecchi voucher tornerà per le imprese al di sotto dei cinque dipendenti, che potranno utilizzare i lavoratori «a chiamata» con un contratto standard da formalizzare sul sito Internet dell'Inps. Ma dovranno rispettare due tetti, più bassi rispetto a quelli dei vecchi voucher: non più di 5 mila euro l'anno per la singola azienda, non più di 2 mila euro l'anno per il singolo lavoratore. Per le imprese al di sopra dei 5 dipendenti, invece, questi due limiti reddito non ci saranno. Ma resterà l'obbligo dell'assunzione stabile se si superano i 400 giorni di lavoro nell'arco dei tre anni. Mentre non ci saranno più i limiti d'età oggi previsti per il lavoratore, meno di 25 anni o più di 55. Per colf, badanti e babysitter, i nuovi voucher dovrebbero avere la forma del libretto familiare, una carta prepagata per contrastare gli impieghi in nero. Sul fronte del lavoro l'Inps certifica intanto la frenata delle assunzioni a tempo indeterminato. I dati rilevano che nei primi tre mesi dell'anno sono stati attivati 398 mila contratti a tempo indeterminato, il 7,4% in meno rispetto ai 431 mila posti fissi del primo trimestre 2016. Vale aggiungere che due anni fa nel medesimo periodo le assunzioni a tempo indeterminato erano state 612 mila. La differenza tra il 2017 e il biennio precedente è dovuta al venire meno di buona parte degli sgravi contributivi, concessi dal Jobs act per le nuove assunzioni. Un'altra cifra rivela il contributo degli incentivi all'attivazione dei contratti a tempo indeterminato. Nel primo trimestre del 2017 il saldo tra nuovi rapporti di lavoro e le cessazioni resta attivo, ma si ferma a quota 17.537 unità, calando cioè del 58% rispetto ai 41 mila nuovi posti fissi di un anno fa. In totale l'Inps registra 1,43 milioni di nuove assunzioni (+9,6%), a fare da traino sono soprattutto gli apprendistati (+29,5%) e i contratti a tempo determinato (+16,5%). Il totale delle cessazioni si attesta a quota 1,17 milioni. Tra gli effetti del Jobs act, che accorcia la durata della cassa integrazione, si segnala ad aprile il calo del 58% del ricorso a questo ammortizzatore rispetto all'anno precedente. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 15
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 1 tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanzione da 110 milioni La Ue contro Facebook: maxi-multa per Whatsapp Offensiva di Bruxelles: nel mirino i big dell'hi-tech Beda Romano pMaxi-multa (110 milioni) della Ue a Facebook accusata di avere dato informazioni erronee al momento dell'acquisto di Whatsapp nel 2014. È un nuovo passo dell'offensiva lanciata nelle ultime settimane da Bruxelles contro i big dell'hi-tech. pagina 27 BRUXELLES. Dal nostro corrispondente pLa Commissione europea ha annunciato ieri di avere comminato a Facebook una multa di 110 milioni di euro, rimproverando alla società americana di avere dato informazioni erronee al momento dell'acquisto di WhatsApp nel 2014. In quella occasione, l'esecutivo comunitario aveva aperto una inchiesta antitrust. Stando a Bruxelles, la società americana aveva trasmesso alle autorità comunitarie dati ingannevoli. Si tratta della prima multa europea di questo genere. «La decisione di oggi (ieri per chi legge, ndr) invia alle società un segnale chiaro. Queste devono rispettare tutti gli aspetti relativi alle regole europee nel campo delle fusioni ed acquisizioni, anche l'obbligo di trasmettere informazioni corrette. La multa comminataa Facebook è proporzionata, e ha l'obiettivo della deterrenza. La Commissione europea deve poter prendere decisioni sulla base di fatti accurati», ha detto in un comunicato la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager. Al momento dell'acquisizione, nel 2014, Facebook aveva spiegato che non avrebbe potuto incrociarei dati dei clienti di Facebook con quelli degli utenti di WhatsApp. In realtà, due anni dopo l'acquisizione, WhatsApp annunciò una revisione delle sue condizioni d'uso, avvertendo della possibilità di mettere in contatto gli utenti delle due società. Ammende comunitarie in questo campo pos- sono raggiungere l'1% del fatturato globale delle società coinvolte. Nel decidere la multa, la Commissione ha preso in considerazione la gravità del fatto, la sua durata, così come circostanze attenuanti. Secondo l'esecutivo comunitario, Facebook ha dimostrato in questa circostanza «almeno negligenza». Tra le circostanze attenuanti, Bruxelles ha considerato la cooperazione di Facebook al momento dell'apertura di una indagine. È la prima volta che Bruxelles impone que- sto tipo di multa, da quando le nuove regole antitrust sono entrate in vigore nel 2004. Da un punto di vista finanziario, la multa nonè elevata per una società che nel 2016 ha messo a segno profitti netti per 10,2 miliardi di dollari. In una ottica politica, la decisioneè notevole. Bruxelles ha voluto avvertire le società con cui haa che fare cheè attenta non solo alla sostanza dell'operazione da giudicare, ma anche alle informazioni che riceve dalle aziende. L'acquisizione aveva ricevuto il benestare della Commissione nel 2014 . La decisione di ieri non ha alcun impatto sulla scelta di autorizzare l'operazione da 22 miliardi di dollari, perché l'accordo - ha voluto precisare Bruxelles - è giunto alla luce di molti parametri,e non solo quello che ha portato all'ammenda comunitaria. Dagli Stati Uniti, un portavoce di Facebook siè difeso: «Abbiamo agito in buona fede sin dalle nostre prime interazioni con la Commissione europea e abbiamo cercato di fornire informazioni accurate ogni volta». Più in generale, Facebook è nel mirino delle autorità comunitarie perché la rete sociale suscita dubbi sui livelli di garanzia della privacy. Questa settimana, le autorità francesi hanno imposto alla società americana una multa di 150mila euro per non avere impedito alle società pubblicitarie di ottenere dati sui suoi utenti. La settimana scorsa, le autorità italiane hanno impostoa WhatsApp una ammenda di tre milioni di euro per aver obbligatoi suoi utentia condividere con Facebook i loro dati personali. Sempre ieri, la Commissione ha contestato all'azienda di telecomunicazione Altice le informazioni ricevute in occasione dell'acquisizione di PT Portugal. Bruxelles sospetta che l'azienda abbia messo in pratica l'acquisizione prima ancora di avere ricevuto l'accordo comunitario. Anche in questo caso, il benestare europeo alla fusione, dato nel 2015, non dovrebbe eessere messo in pericolo. Altice ha preannunciato risposte chiare alle domande di Bruxelles. Foto: Su Facebook lo sport. Il social network ha raggiunto un accordo con la Lega baseball Usa per trasmettere le dirette SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 16
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 1 tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DAI FALLIMENTI AGLI NPL Il mercato chiede regole aggiornate Vincenzo De Sensi L'esposizione di dati statistici sul funzionamento della giustizia civile e di quella delle imprese, in particolare,è sempre occasione di dibattito su come migliorare l'efficienza dell'apparato statale e delle procedure utilizzabili. Continua pagina 24 u Continua da pagina1 Al riguardo il nostro Paese non ha buona fama. Oggi però si può dire che questo, per alcuni versi, è un luogo comune. Molto è stato fatto nell'ultimo decennio e molte altre iniziative sono state avviate sul versante del miglioramento dei tempi della giustizia. Sembra dunque che il punto non sia tanto se il nostro sistema tenda ad allinearsi agli standard internazionali, quanto piuttosto la velocità e la qualità con cui questo avviene. Osservando il problema sotto questo aspetto, si possono svolgere due considerazioni che riguardano: da un lato, l'evoluzione dell'economia e, dall'altro, l'idea di giustizia che abbiamo e che dovremmo avere. Prima questione. Sono noti la globalizzazionee gli effetti prodotti su quello che molti studiosi denunciano come supercapitalismo. Quello cheè opportuno invece considerareè che la riduzione dei tempi ciclici delle crisi, così come la facile diffusione del debito hanno determinato delle controspinte tali da far percepire questi elementi, un tempo negativi per la crescita economica, come occasioni di investimentoe di business. Basta considerare l'ampia diffusione del mercato dei crediti deteriorati,o l'acquisizione di aziende decotte da ristrutturaree rivendere, per rendersi conto del fatto che la formazione di nuovi mercati ha determinato la comparsa sulla scena di nuovi operatori economici.I quali se investono, pretendono il ritorno dell'investimentoe quindi innalzano, in qualitàe quantità, la domanda di funzionamento della giustizia. Se un tempo forse poteva essere comodo al mondo bancario che le procedure esecutive avessero tempi di attesa significativi, ora nonè più così nella misura in cuii loro crediti vengono cedutiei cessionari ovviamente reclamano tempi più rapidi di recupero. Ma anche sul versante della gestione della crisi tutto sta cambiando. La crisiè questione che ormai investe la governance delle società; la sua gestione passa attraverso strutture organizzative adeguate che assicurano la tempestiva reattività del management.È noto che la riforma Rordorf della legge fallimentare stia andando verso questa direzione, per spingere le impresea reagire in via preventiva agli indizi di crisi.E allora anche questa tendenza finisce per impattare non solo sul funzionamento delle procedure- aspetto di certo rilevante- ma sulla nuova natura della domanda di giustizia in questo settore con prospettazione di questionie conflitti sempre più sofisticati. Del resto, la decisione di espungere la parola «fallimento» dal tessuto normativo del nuovo impianto, rispondea una nota esigenza degli investitori stranieri spesso impauriti dai retaggi punitivi sottesi all'accezione storica di questa parola. Quello che sta accadendoè dunque un incremento della domanda di giustizia legato alle dinamiche del mercatoe alle istanze che nuovi soggetti economicie nuovi approcci operativi, nel mondo delle imprese, portano con sé. Seconda questione. L'idea di giustizia generalmente condivisaè declinata come insieme di apparatie quindi di organizzazione di personee mezzi per erogare un servizio alla collettività. Idea corretta, ma statica. Dovremmo invece riposizionarci in termini più sensibili alla costruzione di una affidabilità di sistema. Voglio dire: la giustizia nonè solo questione di apparatie regole ma, in primo luogo, di sinergia sul piano della formazione tra mondo giudiziario, mondo forensee mondo accademico. L'interazione positiva tra queste vive realtà può di certo contribuirea un'alta formazione di cui abbiamo bisogno per rispondere alle sfide poste dalla prima questione illustrata. Non trovo appropriato parlare di specializzazione dei giudici, degli avvocatio dei professori, ma di formazione mirata cheè in grado di conciliare le ampie vedute, che il diritto esige, con la conoscenza del dato normativo particolare. Il reciproco arricchimento tra questi mondiè in grado di avviare ampiee diffuse occasioni di miglioramento della qualità della risposta della giustizia la quale, accanto al momento sanzionatorioe decisionale, vede anche quello della selezione di ciò che merita di essere posto all'attenzione del giudice, soprattutto in delicate materie come quelle che hanno ricadute sull'economia. La SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 17
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 1 tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato complessità dei cambiamenti che stiamo vivendo potrà essere affrontata partendo sì dal dato statistico, ma poi collaborando all'autorevolezza della giustizia di fronte alle nuove forze che si muovono nell'economia. Le questioni poste vogliono quindi sollecitare un tale approccioe proporre una visione dinamica della giustizia che faccia percepire il sistema Paese rinnovato nella sua credibilità internazionale. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 18
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 29 tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Alessandro Vandelli Amministratore delegato Bper INTERVISTA «Bper con Unipol crescerà nei danni» Relazioni positive con la compagnia: «Rapporto pluriennale, che si rafforzerà con un rinnovo della joint- venture» Luca Davi p«Le relazioni tra Bpere Unipol sono positive. Abbiamo un rapporto pluriennale, che si rafforzerà con un rinnovo della joint-venture assicurativa.E si rafforzerà anche il nocciolo duro degli azionisti: credo che possa crescere la presenza della Fondazione Sardegna e di altre fondazioni». La governance di Bper da qualche tempo è al centro delle cronache finanziarie. Soprattutto da quando, una settimana fa, il principale azionista Unipol ha confermato di aver fatto un balzo nell'azionariato, salendo dal 5% al 10% circa. Una mossa che da più parti è stata letta come conferma della volontà della compagnia assicurativa di rafforzare i legami industriali con la banca modenese, magari agevolando un'integrazione con Unipol Banca. Operazione, quest'ultima, «che invece non è mai stata analizzata e non è sul tavolo», tiene a sottolineare l'amministratore delegato di Bper Alessandro Vandelli. Che, in questa intervista al Sole 24Ore, spiega la sua view sui rapporti con la compagnia assicurativae le sue attese sul futuro della banca modenese. Partiamo da Unipol. L'a.d. Carlo Cimbri, in un'intervista al Sole 24Ore, ha ammesso di aver in mano una partecipazione finanziaria del 5% di Bper, che si aggiunge a una quota stabile del 5%. Come valuta questa mossa? Non posso che vederla con favore, perché conferma la validità di un rapporto pluriennale che abbiamo da quasi dieci anni sul fronte assicurativo. Qualcosa è destinato a cambiare, in questa partnership? Il fatto di aver raggiunto 4,5 miliardi di polizze solo nel ramo Vita dà la misura dell'importanza della relazione. Dopo 8-9 anni di attività, qualcosa va rivisto per forza: vogliamo crescere molto nel settore Danni. Cimbri riguardo a Bper, evi- denziando elementi di criticità sulla trimestrale, non ha nascosto di auspicare che «la banca raggiungai target prefissati». Come sonoi rapporti con Unipol? Dal punto di vista personale, sono rapporti positivi e sempre di grande stimolo. Dal punto di vista della governance, la presenza di Unipol si inserisce nel quadro di formazione di un nucleo di soci stabili, che va dai privati alle fondazionie ai grandi fondi. Quanto ai risultati, noi siamo soddisfatti e vogliamo fare sempre di più. A Londra abbiamo appena incontrato diversi investitori da cui arriva un giudizio molto positivo su questa trimestrale, ci ritengono una banca credibile. Abbiamo una solidità patrimoniale ai vertici, segnali di miglioramento dai crediti.I risultati sono coerenti con il nostro percorso, che è fatto di crescita stabile, con una resilienza della parte alta del conto economico. E sulla redditività, cosa vi attendete? Con l'attenzione ai costie il calo di costo del rischio che ci attendiamo avremo soddisfazioni anche sulla profittabilità. Nel contempo vogliamo crescere anche sul fronte del risparmio gestitoe del private banking, come dimostra l'imminente ingresso di Fabrizio Greco (fino ad oggi dg di Ersel, ndr) a capo della direzione Wealth e Investment Management. Il tema della redditivitàè però legato a doppio filo agli Npl. Quali sonoi vostri piani? Abbiamo ridotto di mezzo miliardo lo stock di Npl lordi nell'ultimo anno, tagliato di 170 punti base l'Npl ratioe aumentato le coperture di oltre un punto percentuale.A tutto questo si aggiunge il piano di riduzione presentato a Bce, da cui attendiamo un feedback nei prossimi mesi e che prevede un mix efficace di operazioni, tra cessioni e recupero interno. Sarà uno degli elementi costitutivi del nuovo piano industriale che presenteremo a settembre. Quali sono le vostre stime sul costo del credito? Nel primo trimestre il costo del credito annualizzato eraa 117 punti base. A fine piano industriale, nel 2020, ci attendiamo una riduzione in area 60 punti base. È esclusa un'operazione con Unipol Banca? Da quando sono a.d. non ho mai studiato il dossier. E il tema non verrà affrontato, anche a giudicare dalle dichiarazioni di Carlo Cimbri. Una volta ripulita, la banca potrebbe essere oggetto di un'aggregazione? Credo che molto dipenda dalle future strategie di Unipol. Comunque oggi il tema nonè sul tavolo. Capitolo fusioni: qual è la vostra view? Ci vorrà tempo perchè si creino condizioni per aggregazioni. Ora non vedo opportunità. Cosa intendete fare rispetto SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 19
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 29 tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ad Arca Sgr? Assieme a Popolare di Sondrio abbiamo manifestato un interesse, cheè stato accolto, per le quote delle due banche venete. Ora abbiamo un periodo di esclusiva in cui faremo approfondimenti. Nel giro di un paio di mesi definiremo la nostra eventuale proposta. La priorità tuttaviaè preservare la solidità patrimoniale e proseguire nella riduzione dello stock di Npl. A proposito di governance, oggi Bper detiene il 51% del Banco di Sardegna, mentre il 49% fa capo alla Fondazione locale. A che punto sonoi vostri rapporti? Quella con la Fondazione Sardegna è una relazione di lungo periodo. È possibile una loro crescita in Bper proprio perché il rapporto è maturo. Mi aspetto che anche con il supporto della ulteriore crescita dei soci privatie di altre fondazioni, per il rinnovo del Cda nel 2018 avremo un nocciolo duro ancora più forte. .@lucaaldodavi © RIPRODUZIONE RISERVATA Il bilancio di Bper Valori in migliaia di euro e variazione % Margine di interesse 31/12/2015 898.232 31/12/2016 853.310 Variazione -5,0% Fonte: dati societari Commissioni nette 31/12/2015 545.607 31/12/2016 536.170 Variazione -1,73% Margine di intermediazione 31/12/2015 1.717.242 31/12/2016 1.501.023 Variazione -12,59% Rettifiche nette su crediti 31/12/2015 558.844 31/12/2016 516.606 Variazione -7,56% Costi operativi 31/12/2015 973.352 31/12/2016 931.731 Variazione -4,29% Utile (perdita) d'esercizio 31/12/2015 161.692 31/12/2016 18.699 Variazione - 88,45% Foto: Bper. L'amministratore delegato Alessandro Vandelli SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 20
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 25 Ed. tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Alla luce del Sole IL DIBATTITO ACCADEMICO LANCIATO DA LUIGI ZINGALES Il nodo irrisolto del debito con l'estero Schiacciati. La forza contrattuale della Ue nei confronti di Roma sarebbe ancora superiore a quella esercitata su Londra per Brexit I termini di un'eventuale uscita dell'Italia dall'euro andrebbero concordati con i partner Ue Hal S. Scott Uno degli scopi fondamentali di un'uscita dell'Italia dall'euro sarebbe, naturalmente, la ridenominazione valutaria, ma questo presupporrebbe la possibilità di rimborsare contrattie titoli (compresii titoli di Stato) in una nuova moneta nazionale svalutata. La cruda realtà è che l'Italia non potrebbe a fare una cosa del genere senza l'assenso dell'Unione europeae di altri mercati importantia livello mondiale (1). Applicare la ridenominazione all'interno di uno Stato membro che abbandona l'euro, fra debitorie creditori italiani,è un processo relativamente lineare: l'Italia approverebbe semplicemente una legge che stabilisce che tutti i contratti che prevedono pagamenti in euro, dai titoli di Stato ai prestiti commerciali e ai mutui immobiliari, dovranno essere adempiuti nella nuova lira. L'Italiae gli altri membri dell'eurozona conoscono bene questo processo, perché dovettero promulgare leggi simili al momento di adottare l'euro. Questo significherebbe, per esempio, chei mutui tra residenti italiani e banche italiane potrebbero essere facilmente ed efficacemente ridenominati nelle nuove lire. Nei titoli di Stato italiani emessi recentemente in base alle leggi italiane, ci sono clausole di azione collettiva che impongono l'approvazione di una supermaggioranza dei creditori (in termini di ammontare di capitale nozionale) perché il cambio di denominazione sia vincolante per tutti i detentori. Ma l'Italia potrebbe facilmente vanificare queste clausole cancellando quest'obbligo nella sua nuova legge sulla ridenominazione. Sarebbe l'inverso di quello che fece la Grecia nel 2012, quando inserì nei titoli di Stato in essere nuove clausole di azione collettiva che consentivano a una maggioranza dei creditori di bloccare tentativi di opporsi a una ristrutturazione del debito. Tutto quello cheè prescritto da una legge locale può essere modificato da una legge locale. In teoria, la ridenominazione potrebbe presentare profili di incostituzionalità. Ma è im- probabile, perché le precedenti svalutazioni della lira non sono mai state contestatee le basi per farlo sembrano fragili. Potrebbero esserci ricorsi basati sulle norme internazionali vincolanti in materia di diritti umani, in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ma questi trattati consentono deviazioni in caso di emergenza. Insomma, applicare la ridenominazione all'interno di uno Stato membro sarebbe relativamente facile, ma al di fuori della giurisdizione nazionale (fra creditori esterie debitori italiani) sarebbe molto più complicato. A differenza dei tribunali dello Stato che abbandona la moneta unica, che sarebbero tenuti ad applicare le leggi nazionali sulla ridenominazione, i tribunali di altri Stati (sia dell'Unione Europea che del resto del mondo), dove sicuramente i contratti verrebbero impugnati, potrebbero scegliere se applicare le leggi italiane o di un'altra giurisdizione, e a seconda di questa scelta potrebbero giudicare illegale la ridenominazione. Sarebbe una pessima notizia per i debitori italiani, che dovrebbero continuare a pagare in euro le loro passività pur avendo subito una svalutazione delle loro attività e dei loro introiti in Italia. Nel caso ordinario di un singolo Paese che passa da una valuta a un'altra, il problema di quale legge scegliereè relativamente semplice e verosimilmente il giudizio sarà che la ridenominazione è efficace. I tribunali generalmente applicano la lex monetae, la legge di chi emette la moneta. Per esempio, quando l'iperinflazione degli anni 20 costrinse la Germania di Weimar a rimpiazzare il marco con il temporaneo rentenmarke alla fine con il permanente reich- smark, i tribunali esteri applicarono la ridenominazione perché era legale in base alla lex monetae, nel caso in questione la legge tedesca. Nell'ipotesi dell'abbandono di un'unione monetaria, tuttavia, non esiste una chiara lex monetae. Pertanto, se l'Italia uscisse dall'euroe stabilisse che i contratti in euro devono essere ridenominati nella nuova lira, l'Italia sarebbe l'emittente della moneta sostituente, ma gli Stati membri dell'eurozona rimarrebbero, nel loro insieme, gli emittenti della moneta sostituita. Frederick Alexander Mann, il massimo esperto di queste questioni, alcuni anni fa ha proposto una soluzione al SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 21
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 25 Ed. tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dilemma:i tribunali dovrebbero applicare la legge specificata nello strumento giuridico in questione, la «legge del contratto» (2). Se applicata, questa soluzione aiuterebbe l'Italia per quanto riguarda il settore pubblico, perché la quasi totalità del debito pubblico (circa il 94% nel 2012)è emessa in base alle leggi italiane. Tuttavia, le obbligazioni private spesso (nel 61% dei casi per le obbligazioni finanziarie e nel 40% dei casi per quelle non finanziarie) specificano che sono governate dalle leggi di un'altra giurisdizione (i dati sono sempre del 2012) (3). Peri contratti non obbligazionari non disponiamo di dati, ma possiamo aspettarci che la percentuale sia ingente. Il giudizio di legalità sulla ridenominazione varierebbe, in linea di principio,a seconda della legislazione estera applicata, ma alcune giurisdizioni sarebbero molto ostili nei confronti della possibilità che un contratto stipulato in euro sia rimborsato in un'altra valuta, specialmente quando questo impone perdite ingenti a carico dei creditori. Questo potrebbe spingere i tribunali esteri a rigettare la ridenominazione peri creditori stranieri anche nel caso in cui la legge prevista nel contratto fosse quella italiana, per esempio nel caso dei titoli di Stato italiani. Prevedere quali decisioni prenderebberoi tribunali in giurisdizioni estereè difficile, perché nonè mai stato espresso un parere giudiziario sull'uscita di un Paese da un'unione monetaria che continua a esistere. In ogni caso, a prescindere dalle decisioni dei singoli tribunali, ci sarebbero controversie le- gali prolungate e una grave incertezza. La strada migliore per proteggersi da un futuro del genere, per l'Italia, sarebbe che l'Unione Europeae le altre grandi potenze economiche approvassero a loro volta dei provvedimenti di legge riguardo all'adozione di una nuova valuta da parte dell'Italia. Queste leggi dovrebbero rispecchiare quelle approvate al momento dell'adozione dell'euro. Nel 1997 l'Unione europea promulgò il regolamento (CE) 1103, che specificava che «l'introduzione dell'euro non avrà l'effetto di modificare alcuno dei termini di uno strumento giuridico, né di sollevareo dispensare dall'adempimento di qualunque strumento giuridico, né di dare ad una parte il diritto di modificare o porre fine unilateralmente a tale strumento giuridico». Altre giurisdizioni seguirono la stessa strada: lo Stato di New York, per esempio, approvò una legge simile che stabiliva che se «un soggettoo mezzo di pagamento di un contratto, titolo o strumento è una valuta che è stata sostituitao rimpiazzata dall'euro, l'euro sarà un sostituto e un equivalente sostanziale commercialmente ragionevole». Per creare un quadro legale per il ritiro di uno Stato membro dall'area dell'euro, l'Unione europea potrebbe adottare un «regolamento 1103 al contrario», stabilendo che gli Stati membri sono tenuti a rispettare la ridenominazione, in base ai termini concordati per l'uscita. E altre giurisdizioni potrebbero fare altrettanto. Ma l'Unione europea accetterebbe davvero un abbandono dell'euro?E se sì, in che misura le condizioni che verrebbero imposte all'Italia eroderebbero una parte dei guadagni previsti? Considerando l'incertezza e il rischio che la ridenominazione venga vanificata dai tribunali, la forza contrattuale che avrebbe l'Unione europea sulle condizioni di un abbandono dell'eurozona da parte dell'Italia sarebbe enormemente superiore alla forza contrattuale che ha ora l'Unione europea sulle condizioni dell'abbandono da parte della Gran Bretagna dell'Unione europea stessa. (Traduzione di Fabio Galimberti) © RIPRODUZIONE RISERVATA L'INCOGNITA Prevedere le decisioni dei tribunali stranieri sulla ridenominazione dei titoli è difficile: nessun Paese ha mai lasciato un'unione monetaria che ha continuato a esistere IL DOSSIER Sul Sole 24 Ore del 16 aprile Luigi Zingales ha avviato un dibattito accademico «serioe costruttivo» sull'euro. Sono seguiti gli interventi di JohnH Cochrane, Charles Wyplosz, Martin Feldstein, Francesco Trebbi, Emiliano Brancaccio, Stephen G. Cecchettie Kermit L. Schoenholtz, Marcello Minenna, Biagio Bossone, Paul De Grauwe, Alberto Bagnai. www.ilsole24ore.com Tutti gli interventi, anche nella versione inglese, nel dossier «Alla luce del sole » n L'AUTORE Nato a Chicago nel 1943, Hal S. Scott, studi a Princeton e Stanford, è direttore del Committee on Capital Markets Regulation,co-presidente del Council on Global Financial Regulation. Dirige il programma sui sistemi internazionali finanziari della Harvard Law School. È stato presidente dell'International Academy of Consumer and Commercial Law e, dal 2002 al 2005, governatore dell'American Stock Exchange. Il suo libro più recente (2016) è Connectedness and Contagion: Protecting SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 22
19/05/2017 diffusione:107465 Pag. 25 Ed. tiratura:158319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato the Financial System from Panics. Bibliografia e Hal S. Scott, «When the Euro Falls Apart» (1998), International Finance, 207, e «When the Euro Falls Apart-A Sequel» (2012), Harvard Public Law Working Paper n. 12-16, consultabile su SSRN: https:// ssrn.com/abstract=1998356 r Frederick Alexander Mann, Money in Public International Law, Hague Academy of International Law (1960). t Le percentuali sono prese da Jens Nordvig e Nick Firoozye, Nomura Securities, «Rethinking the European Monetary Union» (2012), appendice II. Foto: Quadro complesso. Non esiste una lex monetae per i titoli di stato di chi lascia un'unione monetaria SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 23
19/05/2017 diffusione:218930 Pag. 8 tiratura:316086 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il futuro dell'Unione L'ottimismo di Draghi "La crisi è alle spalle e l'Europa ritrova voce" Il presidente della Bce dopo le elezioni francesi: "La maggioranza silenziosa ha ripreso il suo orgoglio e chiede un'azione unitaria" TONIA MASTROBUONI DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE BERLINO. «La crisi è ora alle nostre spalle». Il giro di boa del voto in Francia ha visibilmente cambiato l'umore di Mario Draghi. Prima della tornata elettorale che ha fatto sfiorare l'infarto all'Unione europea, i suoi toni erano stati ancora cautissimi e il presidente della Bce aveva allontanato vigorosamente da sé l'idea di uscire dalla lunghissima fase emergenziale dei tassi bassi e dell'acquisto massiccio dei bond. Tradizionalmente restìo a fare commenti politici, Draghi si è lanciato invece ieri in un'analisi delle ultime, ansiogene elezioni che hanno sventato, per ora, l'assalto dei populisti all'Europa. «La maggioranza silenziosa ha ritrovato la sua voce, il suo orgoglio e la fiducia in se stessa», ha scandito, ricevendo la laurea honoris causa dell'Università di Tel Aviv. Per il banchiere centrale italiano, è arrivato il momento di guardare in avanti, di rilanciare il progetto europeo. Le elezioni in Olanda e in Francia, la solidità dei partiti tradizionali in Germania - che fa pensare a un'elezione che non sarà troppo insidiata dal pericolo della destra anti europeista - possono essere interpretate come l'emergere di «un'onda crescente di energia nel chiedere un'azione unitaria europea. L'Ue e l'euro hanno sempre avuto il sostegno della maggioranza dei cittadini europei, ma spesso si sentiva soltanto un'opposizione rumorosa». Quella maggioranza silenziosa ora vive un riscatto anche attraverso il rilancio del progetto europeo e del motore franco-tedesco, annunciato lunedì da Angela Merkel e Emmanuel Macron e anticipato da Wolfgang Schaeuble già la scorsa settimana. Dopo l'Unione bancaria, che ha significato una forte risposta unitaria alla Grande crisi e ha contribuito, insieme al celebre «siamo pronti a fare tutto il necessario», a scongiurare nel 2012 la disgregazione dell'euro, per Draghi è chiaro che «servono ulteriori progressi». L'architettura dell'Unione economica e monetaria «resta incompleta sotto vari aspetti». La «riparazione è iniziata con l'Unione bancaria», ma «il lavoro è lungi dall'essere finito e le sfide vanno ben oltre l'Unione monetaria. Riguardano sicurezza, immigrazione, difesa e generalmente solo quelle sfide che possono essere affrontate solo condividendo sovranità». La crisi ha portato «a una sorta di distruzione creativa», ha sottolineato il numero uno della Bce, che ha «reso più profonda la nostra comprensione dell'economia e ha dato vita alla nostra risposta politica». Una risposta politica, che, se realizzata come accennato da Berlino e Parigi, potrebbe significare un sollievo notevole, per la Bce. Chi ha dovuto spesso arrivare ai limiti delle proprie possibilità e del proprio mandato per salvare l'euro dalla furia distruttrice dei mercati e dell'ondata di sfiducia che ha investito a più riprese l'eurozone, è stato Draghi. L'idea di rafforzare l'eurozona, di trasformare il fondo salva-Stati Esm in un Fondo monetario europeo con più poteri e maggiori possibilità di intervento, il piano di un Parlamento per l'area della moneta unica o un budget specifico, sono novità che vanno tutte in direzione di un alleggerimento enorme degli oneri che gravano ora sulla Bce. E se c'è qualcuno che non vede l'ora di tornare a fare una politica monetaria meno emergenziale che lo sottragga dal perenne fuoco di fila dell'azionista di maggioranza tedesco, è proprio Draghi. Ma intanto, è probabile che già dalla prossima riunione di giugno la Bce cominci a cambiare il proprio linguaggio per segnalare un orizzonte di uscita dalla fase di politiche monetarie straordinarie. Del resto «la ripresa dell'Eurozona è solida e sempre più ampia fra i Paesi e settori», con «cinque milioni di occupati in più rispetto al 2013». " IL SOSTEGNO L'Ue e l'euro hanno il sostegno di larga parte dei cittadini, ma SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/05/2017 - 19/05/2017 24
Puoi anche leggere