CONFIMI 22 maggio 2017 - Confimi Apindustria Bergamo
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CONFIMI 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE CONFIMI 22/05/2017 Corriere del Mezzogiorno Economia 5 Cambi di poltrona SCENARIO ECONOMIA 22/05/2017 Corriere della Sera - Nazionale 7 L'idea di Delrio «Azioni Alitalia ai lavoratori» 22/05/2017 Corriere L'Economia 9 DELLA VALLE L'INDUSTRIA CORRE IL PAESE CI SEGUA 22/05/2017 Corriere L'Economia 12 Populismi Mercati le aziende e la crisi 22/05/2017 Corriere L'Economia 14 la grande crisi è delle banche, ma il conto lo pagano i risparmiatori 22/05/2017 Corriere L'Economia 16 Competitività e monetine da due cent 22/05/2017 Corriere L'Economia 17 Btp Italia, i conti in tasca Così l'inflazione farà salire i rendimenti 22/05/2017 Corriere L'Economia 19 I SIGNORI DELL'ONLINE Noi, Banchieri DA EXPORT 22/05/2017 Corriere L'Economia 22 Reinventare il credito: è ancora possibile 22/05/2017 Corriere L'Economia 23 Investire da 10 a 50 mila euro Sei piani su misura 22/05/2017 Il Sole 24 Ore 26 La scommessa da vincere si chiama Produzione 4.0 22/05/2017 Il Sole 24 Ore 28 Capitalizzazioni in aumento nelle imprese 22/05/2017 Il Sole 24 Ore 30 La prima verifica verrà dalla giurisprudenza
22/05/2017 Il Sole 24 Ore 31 Affitti, il rendimento insegue la formula giusta 22/05/2017 La Stampa - Nazionale 33 L'Europa all'Italia: per i più ricchi una tassa sulla prima casa 22/05/2017 Il Messaggero - Nazionale 35 Asse Macron-Gentiloni: «Subito l'unione fiscale» SCENARIO PMI 22/05/2017 Corriere L'Economia 37 Quelli che... Automizzare è già realtà 22/05/2017 La Repubblica - Affari Finanza 39 La via alternativa dei minibond in Italia diecimila società pronte
CONFIMI 1 articolo
22/05/2017 Pag. 11 N.18 - 22 maggio 2017 Corriere del Mezzogiorno Economia La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Cambi di poltrona a cura di Angelo Lomonaco angelo.lomonaco@rcs.it Matera 2019: Ventricelli scelto per il coordinamento tecnico Sergio Ventricelli, barese, 42 anni, imprenditore nel settore degli allestimenti, dell'editoria e della comunicazione d'impresa, è stato nominato coordinatore tecnico per le iniziative e interventi da attuarsi nell'ambito del protocollo d'intesa tra le Camere di Matera, Taranto e Bari per «Matera Capitale della Cultura 2019». Ventricelli è presidente di Confimi Industria Bari Bat Foggia e Puglia, nonché di Dialogoi, il Distretto Produttivo Pugliese dell'Industria Culturale. Istituto Zooprofilattico: Roperto al vertice del Cda Franco Peppino Roperto, docente di patologia generale veterinaria all'Università Federico II di Napoli, è stato eletto presidente del consiglio di amministrazione dell'Istituto zooprofilattico del Mezzogiorno. Giornalisti sportivi: Coppola nel consiglio dell'Aips Il giornalista della Rai-Tgr Gianfranco Coppola è entrato a far parte del nuovo consiglio direttivo della sezione Europa dell' Aips, l'associazione internazionale dei giornalisti sportivi. Flaei-Cisl: Vincenzo Frattino segretario regionale Campania La Flaei-Cisl, federazione del settore elettrico, ha scelto Vincenzo Frattino. Già componente della segreteria territoriale di Napoli e poi di quella campana, nel suo discorso di insediamento ha evidenziato le difficoltà «che l'intero settore elettrico affronta quotidianamente, dettate soprattutto dai mutevoli scenari economici e politici e dalle continue modifiche dei piani industriali delle società elettriche, vedi la crisi Tirreno Power, non più orientate a sole scelte imprenditoriali ed al fabbisogno dei cittadini ma a scelte spesso vincolate unicamente ai mercati finanziari». Premio Mondello: in Sicilia ecco i nomi dei vincitori Scelti i vincitori del Premio Mondello: tre per la sezione «Opera italiana» e uno per la critica. A contendersi il Supermondello, che sarà assegnato a novembre, saranno Stefano Massini con «Qualcosa sui Lehman» (Mondadori), Alessandra Sarchi con «La notte ha la mia voce» (Einaudi), Alessandro Zaccuri con «Lo spregio» (Marsilio), Antonio Prete con «Il cielo nascosto» (Bollati Boringhieri), per la sezione Mondello Critica. Il Mondello, nato nel '75, è promosso dalla Fondazione Sicilia insieme con il Salone internazionale del libro, in collaborazione con la Fondazione Andrea Biondo e d'intesa con la Fondazione Premio Mondello. © RIPRODUZIONE RISERVATA CONFIMI - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 5
SCENARIO ECONOMIA 15 articoli
22/05/2017 diffusione:245885 Pag. 1.11 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA il ministro dei trasporti L'idea di Delrio «Azioni Alitalia ai lavoratori» Lorenzo Salvia ROMA «La decisione spetterà ai futuri proprietari. Ma sarebbe una buona idea se la nuova Alitalia distribuisse una parte delle azioni ai suoi lavoratori». E perché? «Aiuterebbe quel senso di fiducia che è mancato negli ultimi anni, come dimostra anche la valanga di no al referendum sul piano di ristrutturazione». Basterebbe questo a rilanciare la compagnia? «No, certo. La premessa è trovare un investitore serio, disposto a metterci i soldi che servono. Ma vedo segnali positivi, sono fiducioso». Graziano Delrio ha appena finito di vedere in tv la tappa del Giro d'Italia. Forse per questo il ministro delle Infrastrutture utilizza una metafora a due ruote. Etihad era ed è un nome importante, gli investimenti li ha fatti. Perché stavolta dovrebbe andare meglio? «La colpa non è stata degli azionisti. È stato il management a non fare le cose giuste nei tempi giusti: non ha potenziato la flotta ma l'ha ridotta, non ha sviluppato le rotte internazionali e intercontinentali. Se uno pedala male non butti via la bicicletta. Cambi il ciclista». I tre commissari hanno parlato di azione di responsabilità nei confronti del vecchio management. «È un loro dovere valutarla». Ma lei è d'accordo? «Saranno loro a dirci se ci sono gli elementi per procedere. Se la propongono io non sarò contrario». Oggi le aziende extra Ue non possono avere più del 49% delle azioni in una compagnia aerea europea. È vero che avete chiesto di alzare questa soglia? «La soglia è irrealistica: non va alzata, va eliminata. Ma non è una posizione soltanto mia, la pensano così tutti i ministri europei». Per Alitalia questo aprirebbe la strada ai cinesi, China Airlines e Hainan. Vuol dire che per voi questa sarebbe la soluzione migliore? «La soluzione migliore è trovare un investitore serio. Sul resto non abbiamo preferenze. Ci sono compagnie che devono completare i loro asset, cioè sono né troppo grandi né troppo piccole, e anche investitori che si occupano di infrastrutture. Il settore è pieno di opportunità e pure di concorrenza». Anche quello dell'auto, a quanto pare. La causa in arrivo negli Stati Uniti, la procedura d'infrazione in Europa: c'è una guerra contro Fca, la nuova Fiat? «Spero di no. Ma sono ancora stupito per la procedura d'infrazione avviata da Bruxelles: secondo la commissaria europea all'Industria Elzbieta Bienkowska è l'unico modo per continuare ad acquisire informazioni, una specie di supplemento di indagine. Ma noi ci eravamo già detti disponibili a fornire tutti gli ulteriori dati richiesti». C'è chi dice che sia una vendetta tedesca per il dieselgate, il caso che ha coinvolto la Volkswagen. «Non sono abituato a fare dietrologie, ma pretendo rispetto per il mio Paese. Anche per questo prenderemo in considerazione la richiesta di un risarcimento alla Volkswagen». Risarcimento? Cioé? «Sul dieselgate ci sono varie indagini in corso, come noto, compresa quella della Procura di Verona. Se alla fine ci saranno gli estremi valuteremo anche una richiesta di risarcimento». Gli altri Paesi potrebbero fare la stessa cosa per Fca, non crede? «Sono due casi completamente diversi. Per Volkswagen si parla di dispositivi illegali, che truccavano i dati sulle emissioni e non erano nemmeno denunciati dal produttore. Per Fca, invece, di dispositivi di protezione del motore, regolarmente denunciati e che l'azienda spontaneamente aveva già deciso di migliorare. A dirla tutta, prodotti da una ditta tedesca, la Bosch». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 7
22/05/2017 diffusione:245885 Pag. 1.11 tiratura:332759 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Quindi la guerra c'è, e noi la stiamo combattendo. «Guerra... diciamo una dialettica serrata». A proposito di dialettica, ma allora si vota ad ottobre? C'è l'accordo Renzi Berlusconi. «Non c'è nessun accordo. E, soprattutto, non c'è nessuno scambio tra la data del voto e il sistema elettorale. Per noi quello che serve al Paese è una quota di maggioritario». Quindi il governo arriverà alla fine della legislatura? «Alla fine della legislatura, oppure fino a quando il Parlamento non deciderà di togliere la fiducia». Mdp, il partito nato dalla scissione con il Pd, dice che se rimettete i voucher nella manovrina non c'è voto di fiducia che tenga. A quel punto elezioni a ottobre. «I voucher li abbiamo aboliti perché c'era stato un abuso evidente. Dopodiché, per il lavoro occasionale, uno strumento ci vuole. Fossi in Mpd aspetterei a lanciare ultimatum sul tavolo mentre il confronto è ancora aperto». Senta ministro, è stato lei a chiedere di dimettersi al suo sottosegretario Simona Vicari, finita nell'inchiesta di Trapani? «Non gliel'ho chiesto, gliel'ho suggerito. E mi fa piacere che mi abbia ascoltato, perché ha fatto un errore grave». Alfano ha fatto resistenza? «Non lo so. Vista com'è finita direi di no». Ma a lei un Rolex gliel'hanno mai offerto? «Mai. Ma sanno che non ci devono provare nemmeno». Lorenzo Salvia © RIPRODUZIONE RISERVATA Il futuro del vettore Il management della compagnia aerea non ha fatto le cose giuste. Ma adesso non occorre buttare la bicicletta, basta cambiare il ciclista: sono fiducioso Il caso automobilistico Resto stupito per la procedura d'infrazione di Bruxelles. In ogni caso i dispositivi Fca di protezione del motore erano regolarmente denunciati Foto: Graziano Delrio, 57 anni, è ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dall'aprile del 2015, prima nel governo Renzi e poi in quello Gentiloni SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 8
22/05/2017 Pag. 1,10,11 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA DELLA VALLE L'INDUSTRIA CORRE IL PAESE CI SEGUA Della valle Maria Silvia Sacchi L'industria corre Il paese ci segua 10 L'azienda e l'imprenditoria made in Italy. Il lusso e il ruolo sociale delle aziende. E la politica, fino all'Opas Rcs e alla Fiorentina: il patron di Tod's a tutto campo. «Il Paese è pieno di eccellenze, ma non sempre ne capiamo il valore» di Maria Silvia Sacchi T ra poco - dice - «avremo i droni che verranno a prendere e consegnare direttamente i pacchi a casa. Ma se non hai gente come quella che sta qui, che viene a lavorare ogni mattina; che tocca oggetti preziosi o speciali che trasforma con le proprie mani; mani che hanno un'esperienza che spesso viene da quello che il nonno ha insegnato al figlio e che il figlio ha insegnato a suo figlio... Allora, vivremo anche una vita alla "Guerre stellari", ma che prodotti saranno quelli che consegneranno i droni? La verità è che qualunque cosa accada, qualunque sia il modello di business, chiunque arrivi sul mercato, chi voglia prendersi una bella borsa, un bel paio di scarpe o una bella cintura sempre da aziende come queste dovrà passare». Diego Della Valle è imprenditore del lusso con la sua Tod's e attore di molte battaglie, ultima in ordine di tempo quella (insieme ad Andrea Bonomi, Mediobanca, Pirelli e UnipolSai) per il controllo di Rcs Mediagroup, l'azienda che pubblica questo giornale, vinta invece da Urbano Cairo. E anche di questo parlerà nell'intervista, come dirà della Fiorentina, di Matteo Renzi e di trasporti (è azionista di Ntv), della profonda trasformazione che sta sconvolgendo il lusso, e dunque anche di Tod's (articolo a fianco). Ma ogni volta tornando a quello che per lui è il cuore di tutto: il made in Italy, l'abilità artigianale che rende unico il nostro Paese. «L'Italia - dice - è piena di eccellenze, del cui valore spesso non ci rendiamo conto. Ma non c'è competizione che tenga: queste capacità o si hanno o non si possono costruire dall'oggi al domani. Il tempio della qualità è qui». Com'è la situazione italiana? «C'è uno stallo reale in cui tutti aspettano il prossimo giro, anche se questo non riguarda solo l'Italia. Cominciamo ora ad avere un po' di risposte dalla Francia, l'America piaccia o non piaccia l'ha data qualche mese fa, la Germania la darà tra un po'. Da qui a un anno si dovrebbero delineare tutti i nuovi scenari mondiali e avere le persone che, mi auguro, ci guidino con un po' di buon senso per mettere a posto le cose». Lei ha abbandonato il suo progetto politico? «Non l'ho mai avuto». E «Noi italiani»? «La nostra intenzione era stabilire cosa gli imprenditori potessero fare al di là del loro primo mestiere. La mia idea è che possiamo, e dobbiamo, fare molto di più, soprattutto sotto l'aspetto sociale. Per quanto ci riguarda facciamo molto e abbiamo un modello, che abbiamo chiamato "Noi italiani" e che è stato frainteso come movimento politico. Invece, è un movimento solidale, come la fabbrica che stiamo costruendo ad Arquata, nelle zone del terremoto e che sarà pronta entro fine anno: chissà che qualche amico imprenditore non abbia voglia di fare altrettanto. Offrire lavoro è la prima risposta che possiamo dare a persone che non hanno più niente. Ma questo vale anche per il restauro del Colosseo o il sostegno al teatro La Scala. Le imprese, alla fine, sono aggregatori sociali». Spesso gli imprenditori restano nelle retrovie. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 9
22/05/2017 Pag. 1,10,11 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Le imprese sono fatte da persone che le dirigono dalla mattina alla sera, che lavorano, viaggiano di continuo... C'è una mancanza di tempo reale per approcciare temi come questi ed è il motivo per cui avevamo offerto il nostro modello. In passato è accaduto che grandi imprese siano state più vicine ai fatti propri che a quelli delle persone, ma per fortuna è un atteggiamento superato. Parlo con centinaia di imprenditori, dai grandi ai piccoli artigiani che sono la spina dorsale dell'Italia: ci sono un attaccamento e una idea di solidarietà molto forti. E le persone, soprattutto i giovani, non tollerano più certe cose». E votano Grillo. «Credo che quello al Movimento 5 Stelle sia in parte anche il voto di protesta contro persone che da troppi anni sono sempre le stesse. Vedremo, però, cosa succederà nel momento in cui dalla protesta istintiva si dovrà scegliere nelle mani di chi mettersi. Vogliamo tutti essere governati da chi sa le cose, ha l'esperienza e anche il senso di responsabilità». A chi pensa? «Vedo positivamente che oggi le persone tornano a parlarsi senza urlare come prima. Cominciamo ad avere una generazione di 40enni che in qualche modo sta prendendo in mano la situazione. C'è un ricambio che si inizia a vedere per davvero». A che stadio sono i suoi rapporti con Renzi? «Ottimi e franchi, ci conosciamo da tanti anni. Quando abbiamo qualcosa da dirci lo facciamo, ed essendo due persone dal carattere forte può capitale che ci si dica le cose in maniera forte, ma mai con retropensieri. Matteo ha 40 anni ed è uno dei politici che possono gestire il Paese. Ma anche Orlando (ministro Giustizia, ndr ) è un altro che può pensare di governare questo Paese. Potremmo citarne altri cinque o sei, di qualunque schieramento politico». Possibilista? «Ormai abbiamo proprio la necessità che le cose accadano. E tutti dobbiamo essere molto vigili perché chi si vuole occupare di politica sia persona perbene, capace e seria. Dando una mano se lo è e facendo in modo che vada a casa se non lo è». Quale è il ruolo di Confindustria in tutto questo? «Credo che stia tentando di riprendere quello centrale che negli anni aveva perso e spero che possa tornare presto a rappresentare il nostro mondo con l'autorità e l'autorevolezza che aveva sempre avuto. Mi pare che questo presidente ci stia provando». A proposito di stadio... Venderete la Fiorentina, come si dice, per il difficile rapporto con i tifosi? «Io la comprai, la Fiorentina, poi da alcuni anni mi sono completamente allontanato dalla gestione. Anche se vedere le partite la domenica è una delle cose che mi crea un po' di tensione in senso assoluto; a me che di tensioni non soffro quasi per niente...» Quindi? «Mio fratello Andrea ha fatto economicamente dei miracoli. La domanda che gli faccio è: dove sta il divertimento in tutto questo? E dico che è arrivato il momento di contarsi per davvero e vedere se questa pessima situazione dipende da pochi tifosi, da un gruppo di tifosi, o se la Città la pensa in questo modo; e poi, di conseguenza, prendere le dovute decisioni». Nella partita Rcs ha perso contro Urbano Cairo, ma di recente ha acquistato altre azioni della società. «Si è trattato solo di una questione tecnica, una piccola quota che era rimasta nella scatola delle azioni Opa. Di azioni Rcs ne ho già molte, finora ho investito 215 milioni e, diciamo, che adesso devo mettere a posto la minusvalenza che abbiamo accumulato in questi decenni ... Rcs per me ha rappresentato a suo tempo l'idea di un imprenditore che, volendo dare una mano al Paese al là del proprio mestiere, entrava in posti, come anche Comit o Generali, dove pensavo si potessero sostenere delle idee e fare in modo che le cose accadessero. Ho verificato che era più complicato di come lo immaginavo. Se dovessi tirare le somme, direi che è un'operazione riuscita a metà: non abbiamo potuto fare tutto quello che volevamo, ma SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 10
22/05/2017 Pag. 1,10,11 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato siamo riusciti a mandare a casa una serie di protagonisti che avevano contribuito a mettere il Paese nelle pessime condizioni in cui è oggi. Quanto a Rcs, stavo dall'altra parte, è vero, ma non è che non condividessi l'operazione. Mi ero dimesso quando fu scelto come amministratore delegato Scott Jovane (ci furono all'epoca scontri pubblici con l'altro allora azionista Fiat, ndr ). Ora Rcs sta tornando a fare quello che si fa in tutte le aziende normali, si parla di prodotto, si tengono veri consigli di amministrazione... Si tratta di capire come è cambiato il modello di business dell'editoria e agganciare i benefici che possono venire soprattutto dallo sport, con la Gazzetta , che ha un linguaggio internazionale. Penso che per il gruppo cominci un buon periodo e se proseguirà così troveremo anche soddisfazione economica. Dopo di che pagherò una cena a Urbano...» È cambiato il modello di business dell'editoria ma anche il lusso non scherza. Molti imprenditori hanno venduto. «C'è sempre questo facile gioco dell'imprenditore che molla tutto, ma spesso ci sono situazioni familiari che spingono a un passo del genere anche imprenditori innamoratissimi della propria azienda e del Paese. A volte si vende per proteggere l'impresa. Sono da anni nel consiglio di amministrazione di Lvmh e ho assistito a molte acquisizioni, due anche italiane di miei amici come Bulgari e Loro Piana. Ho visto fare operazioni con un totale accordo e rispetto di persone, brand e, cosa più importante, dell'occupazione in Italia». Lei potrebbe essere venditore? «Io abito qui, mio fratello ha 50 anni, spero che qualcuno dei nostri figli abbia voglia di proseguire il lavoro che abbiamo fatto finora. Non c'è proprio motivo perché ci possa venire in mente di cambiare il nostro percorso». Tra i suoi investimenti c'è Ntv, a lungo in perdita... «E che invece adesso è decollata. Abbiamo avuto difficoltà che ci sono state procurate da chi avrebbe dovuto occuparsi di far star bene gli italiani. Nel momento in cui tutto questo è finito, l'azienda ha potuto funzionare. È la dimostrazione che con lo Stato si può lavorare a patto che ciascuno stia al suo posto e che si operi con un principio di redditività. Ma non solo Ntv, anche Trenitalia avrà un futuro molto positivo. Questo è un Paese in cui, per la sua geografia, il treno è lo strumento più importante per muoversi». © RIPRODUZIONE RISERVATA Diego Della Valle alla guida di Tod's1900 Filippo Della Valle avvia l'attività che sarà poi sviluppata dal figlio Dorino, padre di Diego e Andrea Della Valle 1983 Nasce il marchio Tod's con la caratteristica suola ideata da Diego Della Valle 1988 Viene lanciato Hogan. L'anno successivo sarà la volta di Fay. Nel 1997 arriva la prima collezione di borse 1998 Viene inaugurato il nuovo quartier generale a Casette d'Ete, nelle Marche, tra i primi ad avere asilo e palestra per i dipendenti 2000 Il gruppo entra in Borsa. Oggi i Della Valle possiedono il 60,66%. Tra i soci il patron di Lvmh Arnault (3,46%) 2003 È l'anno dell'acquisizione di Roger Vivier, marchio francese che viene rilanciato con soddisfazione 2016 Il gruppo supera il miliardo di euro di giro d'affari, la soglia obiettivo di molte società del lusso Foto: alla guida di Tod's SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 11
22/05/2017 Pag. 1,2,3 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Populismi Mercati le aziende e la crisi I piloti e gli assistenti di volo di Alitalia come un migliaio di piccoli soci di ChiantiBanca: tanti no che esprimono il crollo di credibilità delle istituzioni finanziarie Torti e ragioni contano meno se si inceppano i meccanismi della democrazia societaria all'insegna del «non mi fido». È scattata l'ora del populismo economico? E c'è chi ricorda che non è una peculiarità italiana e guarda all'esito del referendum greco del 2015 sul piano di aiuti internazionali Il simbolo: un elicottero per i vigneti di Federico Fubini Un elicottero in volo sui vigneti della Maremma; un principio di rissa da stadio in un teatro nel quale si riuniscono migliaia di soci di ChiantiBanca, otto giorni fa; e quella domanda elusa da Susanna Camusso, la leader della Cgil, dopo una notte di negoziati su Alitalia nel palazzo che ospita il ministero dello Sviluppo in via Veneto a Roma. C'è un filo fra questi episodi. Se lo si segue, porta al cuore di un Paese nel quale è crollata agli occhi di molte persone comuni la credibilità delle istituzioni economiche e di chi le incarna. Lavoratori, piccoli risparmiatori ed elettori senza pregiudizi hanno smesso di fidarsi: quando qualcuno parla loro dall'alto o da lontano, qualunque sia la riforma proposta, non ci credono più. Per questo si oppongono d'istinto, la democrazia economica assume una strana torsione e presto i più deboli scoprono che saranno chiamati a pagarne le conseguenze. In un mattino di fine maggio, si respira per esempio una strana aria agli arrivi del Terminal 1 di Fiumicino. Da qui entrano e escono dai turni gli addetti di terra, i piloti e gli assistenti di volo di Alitalia. Poiché nessuno qui sa se avrà ancora un lavoro fra qualche mese, è impossibile chiedere loro di parlare apertamente. Ma dietro la promessa di anonimato quasi tutti riconoscono di aver votato «no» al referendum che avrebbe garantito la sopravvivenza della compagnia. E nessuno è pentito, malgrado lo stato pre-fallimentare in cui ora versa Alitalia e la nebbia che avvolge il futuro oltre i prossimi sei mesi. «Non mi sono fidato», è la risposta più frequente delle hostess in tailleur verde a Fiumicino. Eppure il piano era chiaro: in Italia si sarebbe limitato a 400 veri e propri esuberi accompagnati per quattro anni all'80% del salario fra i lavoratori a tempo indeterminato, su 1.250 dipendenti (più 560 fra i contratti a termine e 130 all'estero); la riduzione dei salari sarebbe stata dell'8% prima di pagare le tasse; in cambio gli azionisti si impegnavano a investire altri due miliardi e garantivano un piano di cinque anni. Ma la notte del 14 aprile Susanna Camusso, uscendo dal ministero dello Sviluppo dopo aver siglato l'intesa, ebbe un passaggio a vuoto; evitò di pronunciarsi per il sì al referendum (lo avrebbe fatto solo dopo). Forse annusava l'atmosfera. «Non credo ai sindacati, né ai manager - dice un'addetta di terra di Fiumicino -. Arrivo a 1.100 euro al mese solo con gli straordinari notturni e spesso non me li riconoscono. Con il 'no' abbiamo scelto la libertà». È una voglia matta di dare uno schiaffo che sa di déjà vu : in Grecia nel 2015, nei giorni del referendum contro gli aiuti europei, molti parlavano così per le strade di Atene. Poco dopo il governo dovette capitolare alle richieste tedesche di sacrifici ancora più dolorosi, soprattutto per i poveri che non avevano soldi da mandare in Svizzera. Adesso anche nella hall degli arrivi di Fiumicino si avverte un'atmosfera simile: molti dei piloti che hanno spinto per il «no» stanno già negoziando nuovi posti in compagnie estere, da Norwegian a quelle del Golfo. E i dipendenti meno qualificati aspettano la scure, più severa, del prossimo azionista (se mai arriverà per evitare la chiusura). Accalcati in 2.800 nel teatro Odeon in riva all'Arno a Firenze due domeniche fa, i soci di ChiantiBanca sembravano tutto meno che vittime della crisi dell'euro. La loro banca di credito cooperativo è radicata nel cuore di una regione prospera. Eppure quasi un euro ogni quattro di prestiti è a rischio di default per politiche di credito stigmatizzate dalla Banca d'Italia. Lo stesso presidente dell'organo interno di vigilanza, Gino Bottiglioni, riconosce che gli amministratori dimissionati sei mesi fa potrebbero essere responsabili di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 12
22/05/2017 Pag. 1,2,3 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «falso in bilancio» (per aver manipolato le scritture su un investimento in titoli di Stato) e «ostacolo alla vigilanza». In quell'assemblea nell'Odeon, fra urla da stadio, i soci sostenitori delle due liste in lizza per il rinnovo dei vertici sono quasi venuti alle mani. Una lista era sostenuta da Lorenzo Bini Smaghi, presidente del grande gruppo francese Société Générale e già ai vertici della Banca centrale europea; l'altra era appoggiata da Andrea Bianchi, un uomo del posto fino a pochi mesi prima direttore di ChiantiBanca e ora accusato dalla vigilanza anche di «aver violato i principi di correttezza, trasparenza e eticità» nell'aumento della propria remunerazione. I soci in assemblea conoscevano le contestazioni ai vecchi amministratori, mosse anche da Banca d'Italia. Ma ha vinto la lista appoggiata da loro, con il 54%. Può essere che essa avesse rispettabili opzioni strategiche o rapporti clientelari sul territorio. Di certo però il principio di prossimità ha schiacciato quello di autorità (della Banca d'Italia) e credibilità. «Certo Bini Smaghi è un pezzo da novanta - osserva un socio che gli ha votato contro -. Forse anche troppo per noi». Poco lontano, in Maremma, questa primavera è stato assoldato un elicottero in piena emergenza. Doveva sorvolare i vigneti della famiglia Zonin per fare vento e liberare le foglie da una brina che minacciava di danneggiare i raccolti: non esattamente un gesto di austerità e contrizione da parte degli Zonin. Tutti li conoscono. Gianni, il capofamiglia, ha guidato per quasi due decenni la Banca Popolare di Vicenza fino alle dimissioni nel novembre 2015. Da allora è emerso lo stato fallimentare della banca: i crediti scriteriati agli amici, l'autofinanziamento prestando ai debitori-soci il denaro per gli aumenti di capitale, i sospetti di ostacolo alla vigilanza, le valutazioni assurde delle azioni proprie vendute ai soci. Ciò che in teoria valeva 62,5, oggi vale quasi zero. Zonin è al centro della distruzione di 6,2 miliardi di euro di risparmio di una comunità locale. Eppure quando 13 mesi fa all'assemblea dei soci della banca fu chiesto di approvare un'azione di responsabilità contro di lui, mancarono i voti. Il 47,2% dei votanti si astenne. È vero che poi in dicembre scorso quell'azione è stata approvata, ma l'ex presidente ha avuto tutto il tempo di intestare i propri beni ai familiari. La democrazia economica in Italia per lui ha funzionato bene. Non è strano che nessuno se ne fidi più. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Gianni Zonin ha presieduto l'istituto dal maggio 1996 al 23 novembre 2015. Oggi la continuità aziendale della banca è in dubbio Foto: James Hogan, presidente e amministratore delegato della compagnia al momento del referendum dei lavoratori sul piano industriale Foto: Massimo Tononi, che si è dimesso dalla presidenza di Mps il 14 settembre 2016, dopo il «siluramento» dell'amministratore delegato Fabrizio Viola dEMOCRAZIA Economia e legge Chi dovrebbe prendersi cura del risparmiatore è lo Stato che, in base all'articolo 47 della Costituzione Italiana, «incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito».Lorenzo Bini Smaghi, già presidente della Bcc, è uscito sconfitto dalle votazioni per il nuovo cda. Il 54% dei soci ha infatti scelto la lista più legata alla vecchia gestione SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 13
22/05/2017 Pag. 4 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Populismi Mercato il credito la grande crisi è delle banche, ma il conto lo pagano i risparmiatori Etruria, Marche, CariFerrara, CariChieti, ma soprattutto Popolare di Vicenza e Veneto Banca Centinaia di migliaia di azionisti truffati. E adesso arrivano anche le tasse da pagare Stefano Righi L a beffa più recente, ma è presto per scrivere che sia l'ultima, è della scorsa settimana. L'Agenzia delle entrate, in risposta a un interpello in merito alla tassabilità degli importi derivanti dall'accordo transattivo proposto dalla Popolare di Vicenza e da Veneto Banca (i famosi «9 euro per azione o 15%»), fa sapere che tali importi, già ricevuti, sono tassabili, come «redditi diversi derivanti da assunzioni di obblighi di fare, non fare o permettere». Quindi, chi ha aderito all'offerta transattiva, dovrà dichiarare gli importi ricevuti nella propria dichiarazione dei redditi 2017 e ci dovrà pure pagare le tasse. Ma cosa volete che siano pochi euro quando si è perso tutto? Quello che risulta realmente insopportabile agli ex azionisti delle popolari venete e prima di loro a quanti avevano investito nelle obbligazioni subordinate di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti, è il senso dell'accerchiamento. Velocità diverse Da un lato i filibustieri che hanno sguazzato nelle banche per anni senza alcun controllo, dall'altro lo stato che quei controlli non ha fatto nonostante una pletora di regolatori, vigilantes, agenzie e funzionari. Poi c'è la Ue che impone regole in antitesi con gli ultimi 50 anni di storia e infine l'Agenzia delle Entrate che chiede soldi a chi è stato truffato. Troppo per continuare ad avere fiducia nel sistema. Tanto più che, non bastasse tutto questo, l'orologio del tempo sembra andare a velocità diverse. Chi ha sottoscritto l'accordo transattivo ha incassato nello scorso aprile e a maggio 2018 dovrà pagare le tasse su quei pochi euro portati a casa. Un anno per pagare, segno di una amministrazione pubblica che funziona. Ma sull'altro piatto della bilancia ci sono migliaia di ricorsi e di cause, civili e penali, che aspettano di essere prese in carico dalla macchina della giustizia. Che, già in affanno prima, davanti alla marea montante di nuove pratiche e a una tecnicalità finanziaria che richiede una specifica competenza alza le mani e invoca aiuto: «è una cosa enorme, che non so davvero come faremo a gestire date le risorse di cui disponiamo», ha detto in febbraio il procuratore della Repubblica a Treviso, Michele Dalla Costa. A Udine sono migliaia i ricorsi. A Vicenza, l'epicentro, il procuratore Antonino Cappelleri è accolto in ufficio il martedì e il venerdì di ogni settimana dalle proteste degli azionisti truffati che rumoreggiano davanti al tribunale. Chiedono giustizia in tempi brevi. Fin qui inutilmente. Sono passati due anni da quel 2015 in cui le indagini su Vincenzo Consoli (Montebelluna, 17 febbraio), le dimissioni di Samuele Sorato (Vicenza, 12 maggio) e l'abdicazione di Gianni Zonin (Vicenza, 23 novembre), resero evidente a tutti quanto per vent'anni era stato abilmente nascosto. Le procure sono sommerse dai ricorsi. In uno di questi si legge la perizia di parte di un esperto grafologo che sostiene come la firma del suo cliente, una signora di 90 anni, invalida civile, ricoverata in una casa di riposo, sia un evidente caso di «mano guidata». Da chi? Forse da chi aveva interesse a vendere prodotti finanziari che più tossici non potevano essere. La risposta della giustizia è lenta, anche se recentemente i tribunali di Firenze e Parma hanno accolto le istanze di alcuni risparmiatori. Ma la maggior parte è ferma al palo. Non è una questione solo veneta. Con la litania dei «territori», le due ex popolari si erano espanse in Piemonte e nelle Marche, in Puglia e in Toscana, in Sicilia e in Friuli. Ma il terremoto è qui, in Veneto, lo dicono i numeri. Le obbligazioni Gli obbligazionisti subordinati imbrogliati da Banca Etruria, Marche, Carife e CariChieti avevano sottoscritto bond per complessivi 786 milioni di euro. Di questi 329 milioni erano in mano a 10.559 clienti privati. Gli azionisti di Veneto e Vicenza sono 210 mila e le loro invendibili azioni sono arrivate a valere oltre 11 miliardi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 14
22/05/2017 Pag. 4 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di euro, oggi praticamente azzerati, cui si aggiungono gli aumenti di capitale e le ripetute perdite che portano il totale a oltre 18 miliardi di ricchezza distrutta. Eppure gli allarmi ci sono stati. Il 31 luglio 2014 Esma, Eba ed Eiopa, le tre autorità europee che vigilano su banche e assicurazioni, avevano avvertito le autorità nazionali delle precauzioni da prendere in fase di collocamento di titoli alla clientela retail . Dieci pagine di raccomandazioni. Tutte inutili se, ancora un anno fa, primavera 2016, in Italia sono stati autorizzati i prospetti relativi ai collocamenti sul mercato azionario dei titoli Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Due collocamenti bocciati dal mercato ma approvati dalle autorità di vigilanza. Ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, promotore del Fondo Atlante: «Forse un giorno bisognerà andare a chiedere chi ha autorizzato quei prospetti, che erano prospetti falsi». Sono in tanti ad aspettare quel giorno. @Righist © RIPRODUZIONE RISERVATA Bail-in È la riforma entrata in vigore il 1° gennaio 2016 che norma, secondo principi opposti al passato, la gestione delle crisi nel mondo del credito. È una normativa voluta e studiata a livello europeo e applicata su tutto il territorio dell'Unione. In buona sostanza prevede che, davanti a una banca in crisi, siano gli stessi azionisti della banca e poi gli obbligazionisti fino anche ai correntisti a dover agire per il salvataggio. Escludendo l'aiuto pubblico, al fine di non turbare la libera concorrenza. 24 Lo scandalo delle popolari venete esplose 2 anni fa. Nel febbraio 2015 venne indagato Vincenzo Consoli, a maggio si dimise Samuele Sorato, in novembre Gianni Zonin 18.000.000.000 L'ammontare del crac di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Solo di valore azionario sono 11 miliardi. Il resto ricapitalizzazioni e ulteriori perdite 210 Quasi 120 mila i soci della Popolare di Vicenza, poco meno di 90 mila quelli di Veneto Banca. La stragrande maggioranza piccoli risparmiatori, famiglie, pensionati SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 15
22/05/2017 Pag. 22 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO Competitività e monetine da due cent Daniele Manca U na cosa sappiamo fare molto, molto, bene. Esportare. Gli ultimi dati indicano un'invidiabile capacità di intercettare i gusti del mondo, ma anche le linee guida di sviluppo delle altre nazioni. Il tasso di crescita delle esportazioni del primo trimestre è di fatto doppio rispetto a quello francese e superiore anche a quello della Germania. Ma sbaglierebbe chi pensasse che nel mondo il made in Italy sia solo quello delle tre F (Fashion, Food and Furniture). L'incremento maggiore lo scorso marzo (quando l'export è aumentato di oltre il 14% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente) lo hanno realizzato prodotti petroliferi raffinati (+47,1%), auto (+28,1%), farmaceutici e chimico-medicinali (+22,8%), apparecchi elettrici (+18,4%), prodotti chimici (+17,9%), fino ad arrivare a tessile e abbigliamento (+12,3%). L'economia si sta riprendendo. E le nostre produzioni hanno sbocchi in quasi tutti i mercati. Dalla Cina, dove l'aumento dell'export ha segnato un +32,3% (sempre marzo su marzo), a Russia (+21,2%), Germania (16,3%) e Stati Uniti (+10,8%). Cifre considerevoli. Importanti da sottolineare e che dovrebbero farci riflettere. Troppo spesso ci chiediamo che cosa fare per crescere di più. Ma è banale dire che basterebbe scommettere sui nostri punti di forza. Come pure tenere in conto che, se questo può accadere, è perché la competitività del nostro Paese è ancora elevata. O meglio, la competitività delle imprese che hanno saputo innovare. Il governo questo l'ha capito. Vedi le agevolazioni per l'industria 4.0 e le recenti missioni in Cina e Russia. Ma chissà quanto potremmo sfruttare le nostre abilità se solo il debito pubblico, la burocrazia ottusa e la fragilità di parte del sistema bancario non frenassero la propensione agli investimenti. Questa è però un'altra storia. Che ci porterebbe a occuparci di una politica e un'amministrazione statale che preferisce impegnarsi sui duemila emendamenti alla manovra e sul togliere dalla circolazione le monetine da uno e due centesim i. @daniele_manca © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 16
22/05/2017 Pag. 42 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Investimenti Le obbligazioni Btp Italia, i conti in tasca Così l'inflazione farà salire i rendimenti Chiusa l'undicesima emissione, il bilancio di quelle passate e le stime future Nell'ultima cedola, pagata la dinamica del costo della vita vale quattro quinti Angelo Drusiani Adeguarsi al costo della vita crescente. Qualche mese fa sembrava una possibilità remota. Ma l'inflazione è già qui. E la nuova emissione dei Btp Italia, i titoli del Tesoro italiano agganciati alla dinamica dei prezzi nazionali, va ad aumentare la lista degli strumenti a disposizione dei piccoli investitori per adeguarsi alle nuove condizioni del mercato. Il meccanismo Ma come funziona? Che cosa ha guadagnato fino ad oggi chi ha utilizzato questo titolo? E che cosa invece può portare a casa da ora in avanti? In sintesi chi ha investito negli ultimi anni nel Btp Italia ha ottenuto i magri rendimenti del mercato obbligazionario. Ma si è messo in portafoglio una sorta di polizza contro il caro vita che adesso si attiva e produce effetti. Vediamoli. Il Btp Italia, collocato per la prima volta poco più di cinque anni fa, fissa una cedola minima che viene frazionata in due rate semestrali. Sotto quel valore, il flusso per interessi non scenderà mai, anche nel caso, che si è davvero verificato nei mesi scorsi, di inflazione negativa. Viceversa il valore della cedola complessiva potrà salire, se salirà il tasso d'inflazione. La cedola stessa verrà infatti integrata da un ulteriore accredito che rappresenta il recupero della dinamica del costo della vita maturato negli ultimi sei mesi, al netto della componente tabacco. Il meccanismo virtuoso - che si accende ora - si vede bene facendo i conti in tasca al penultimo Btp Italia, quello collocato il 24 ottobre scorso. Molto modesto il flusso cedolare fisso pagato a fine aprile di quest'anno, ma decisamente sostanzioso (in un contesto di mini tassi, è ovvio) il rimborso dell'inflazione maturata nei sei mesi di godimento della cedola. Grazie all'aumento del costo della vita, infatti, per ogni cento euro di investimento, i risparmiatori hanno incassato 0,9 euro, di cui o,7 dovuti solo al movimento del paniere dei prezzi. Numeri infinitesimali, certo. Ma capaci di indicare la strada per il futuro. Nel recente passato, infatti, le cedole fissate dal ministero sono state accompagnate da un recupero quasi inesistente dell'inflazione che dormiva della grossa. La storia Al punto che il più vecchio dei Btp Italia in circolazione che ha cedola lorda 2,15% e scadenza 12 novembre 2017 ha pagato la sola cedola lorda garantita, 1,075% ogni sei mesi, dal 12 maggio 2014 al 12 novembre scorso. Solo pochi giorni fa, il 12 maggio, c'è stato il primo sussulto del costo della vita che lo ha riguardato e che quindi aggiungerà un quid all'ultima cedola che gli manca da pagare prima della scadenza. Anche l'emissione con scadenza 27 ottobre 2020 ha vissuto analogo precorso e, dopo quattro cedole semestrali minime garantite, ha recuperato lo 0,601 lordo d'inflazione maturata negli ultimi sei mesi. Quindi, se negli ultimi tempi i Btp Italia hanno dato poche soddisfazioni di rendimento, adesso mostrano le loro potenzialità di far da argine al movimento del costo della vita. Le ipotesi Non si può escludere che il nuovo Btp Italia, indicizzato all'inflazione di casa nostra, possa beneficiare di una prospettiva non dissimile da quella offerta dalla prima emissione di questa tipologia di strumenti del Tesoro. Il prestito venne collocato a marzo 2012 con scadenza 26 marzo 2016 e cedola lorda 2,45%. All'atto del rimborso, il titolo aveva beneficiato di 12,67985 euro lordi ogni 100 di valore nominale per cedole e 2,845 euro lordi ogni 100 di valore nominale per recupero inflazione maturata. In assenza di inflazione, il titolo stesso avrebbe pagato solo 12,645 euro lordi ogni 100 di valore nominale. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 17
22/05/2017 Pag. 42 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato In pratica, nei suoi quattro anni di vita, il recupero dell'inflazione ha incrementato del 29,386% il flusso di entrate. E adesso il prestito con scadenza 22 maggio 2023 potrebbe beneficiare di una ripresa del costo della vita degna di nota, sia perché il prezzo dell'energia ha prospettive di aumento, sia perché anche in Italia la ripresa dell'economia non è più solo un desiderio. Con riflessi positivi sulla propensione ai consumi, l'anello debole che ha caratterizzato, negli anni passati, la situazione economica italiana. © RIPRODUZIONE RISERVATA Somme incassate su 100 di valore Il bilancio I conti in tasca ad alcuni dei Btp Italia in circolazione e rimborsati: i più giovani, sul mercato da sei mesi, mostrano già l'effetto positivo dell'inflazione 0,5 anni 2,5 anni 3,5 anni 4,0 anni Periodo di calcolo 0,17632 3,12876 7,53218 12,67985 Cedole 0,757 0,601 0,668 2,845 Recupero inflazione 0,93332 3,72976 8,20018 15,52485 Totale 1,87* 1,49 2,34 3,88 Variazione assoluta annuale 15 7 1 Cedole mancanti Descrizione Btp Italia al rimborso 2,45% 24/10/24 1,25% 27/10/20 2,15% 12/11/17 2,45% 26/03/16** Da seguire Una selezione di titoli del Tesoro agganciati all'inflazione nazionale e a cedola fissa Isin IT0004969207 IT0005012783 IT0005058919 IT0005105843 IT0005174906 IT0005217770 IT0005253676* IT0005058463 IT0005250946 IT0005172322 IT0005246340 2,15% 1,65% 1,25% 0,50% 0,40% 0,35% 0,45% 0,75% 0,35% 0,95% 1,85% Cedola lorda 12/11/17 23/04/20 27/10/20 20/04/23 11/04/24 24/10/24 22/05/23 15/10/18 15/06/20 15/03/23 15/05/24 Scadenza BBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBRating S&P Prezzo e rendimento lordo con inflazione prevista 101,56 105,10 105,12 100,42 99,69 99,40 100,00 100,75 100,20 99,01 101,90 -0,76% 1,17% 1,03% 1,79% 1,82% 1,80% -0,40% 0,28% 1,13% 1,57% BTP ITALIA BTP CLASSICI S. A. * Variazione su 6 mesi ** Rimborsato * Undicesima emissione Btp Italia appena partita Foto: Maria Cannata, direttore del dipartimento del debito pubblico. I Btp Italia sono pensati per gli investitori privati SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 18
22/05/2017 Pag. 46 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Imprese FINECO I SIGNORI DELL'ONLINE Noi, Banchieri DA EXPORT Parla l'amministratore delegato Alessandro Foti: «La Brexit non ci preoccupa, anzi la consideriamo una grandissima opportunità. Per questo da un paio di settimane abbiamo aperto l'attività della nostra banca online anche a Londra. Abbiamo davanti una straordinaria occasione in Italia, grazie alla digitalizzazione del Paese: è il momento più bello di tutta la nostra storia» Stefano Righi Fineco diventa maggiorenne e va all'estero. La banca multicanale - di cui il gruppo Unicredit continua a mantenere il controllo sul 35 per cento del capitale - dal 9 maggio scorso ha aperto l'operatività del sito britannico e per la prima volta da quel 1999 in cui venne fondata a Brescia, prova ad esportare il proprio modello di business e lo fa sul più importante mercato finanziario europeo, Londra, esattamente nel momento in cui la Brexit sta trasformandosi da progetto politico in realtà. «Lei dice che è il momento sbagliato per andare ad aprire un'attività bancaria a Londra? - chiede Alessandro Foti, 57 anni, da sempre a capo di Fineco -. Noi siamo convinti del contrario. Londra è un mercato grande che offre grandi opportunità. Ci sono almeno tre fattori che ci hanno convinto che questo sia il momento giusto: intanto la presenza, sul mercato britannico, di un elevato livello di inefficienza a cui Fineco conta di rispondere con la One stop solution , un modello che consente di offrire, attraverso un unico conto, una gamma completa di soluzioni per tutte le esigenze finanziarie del cliente. Poi, il fatto che Fineco è il conto corrente ideale per la comunità degli expatriate : un conto multi-currency che consente anche il facile trasferimento di valuta a costi bassi. Il terzo punto è la presenza nutritissima della comunità italiana. A Londra gli italiani sono il terzo gruppo etnico. Messo tutto assieme la Brexit non ci preoccupa. Anche perché, fattore da non sottovalutare, il nostro punto di pareggio è molto basso: per ora ci limitiamo a offrire un conto corrente in sterline e i servizi di brokerage . Come in Italia, ma senza la presenza dei consulenti finanziari e con nessuna filiale. Ma con poche migliaia di clienti il business diventerà profittevole. Solo in caso di hard Brexit , potremo valutare di aprire una full branch». All'inizio era di Chicco L'avventura di Fineco nasce a Brescia nel 1999. Il primo nome, poi contratto, è Finanziaria Economica: si occupa di leasing all'interno delle attività di Chicco Gnutti. Foti è già in zona. Si è laureato in Bocconi a metà degli anni Ottanta con una tesi su La valutazione dell'azienda e poco dopo trova lavoro alla Ibm. Dura poco perché lo chiamano in Foro Bonaparte, la Montedison di Schimberni ha un'attenzione particolare alla finanza e nasce Sefimont, la Servizi Finanziari Montedison. È il 1986. «Resterò lì un paio d'anni fino alla vigilia dell'arrivo della Ferfin del gruppo Ferruzzi. Nel 1988 il mercato del debito in Italia inizia ad acquisire maggiore importanza, si profilano le privatizzazioni. Insomma mi chiama la Bipop, la Popolare di Brescia e decido di accettare. Partiamo in cinque da Milano: io, Maurizio Cozzolini e Lorenzo Sisti dalla Montedison, Carlo Nalli e Glicerio Lazzaroni da Euromobiliare». L'allora popolare di Brescia decide di investire nei servizi parabancari, in particolare nel risparmio gestito. E nel '94 avviene la cessione a Bipop di Fineco che ancora e quasi per altri cinque anni continuerà a fare tutt'altro. La folgorazione è del 1999. L'epoca della bolla delle imprese digitali. «Noi eravamo interessati all'attività di intermediazione online , a quanto accadeva negli Stati Uniti, a esempi come E-Trade e a Charles Schwab. Eravamo affascinati e totalmente convinti dalle opportunità del mondo digitale. Vedevamo una discontinuità importantissima, l'Italia veniva dal periodo delle grida, dei fissati bollati, delle commissioni al 7 per mille. Noi introducemmo un prezzo fisso per acquistare azioni in Borsa. Fu un caso clamoroso di disruption , che si rivelò essere un successo straordinario». Doppio passo L'idea in fondo è semplice: abbinare al brokerage online l'offerta di una banca completa di tutti i servizi. Prezzi bassi e orizzonte aperto. «Nei primi anni del nuovo secolo - ricorda Foti - registravamo anche mille SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 19
22/05/2017 Pag. 46 N.19 - 22 maggio 2017 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato clienti al giorno. Gli italiani scoprivano, attraverso di noi, un modo nuovo di fare banca, un modo molto più semplice». Il successo aumenta gli appetiti. Specie dei concorrenti. È del 2001 il take over di Banca di Roma-Capitalia su Bipop-Carire. Sono gli anni in cui il gruppo romano è guidato da Cesare Geronzi e Matteo Arpe. Anni di governance difficili, ma di continua crescita. Ma al di là delle vicende societarie è la seconda intuizione industriale a determinare il successo futuro del gruppo. Se inizialmente ci fu la visione digitale, ora arriva la messa a punto: «Intuimmo - dice Foti - che mondo fisico e mondo digitale sono sì realtà diverse, ma complementari e maturammo la convinzione di arrivare a un'offerta multicanale. Anche in questo caso siamo stati i primi. Oggi il nostro cliente tipo gestisce le sue attività di banking , ha un consulente e dedica una piccola parte del proprio patrimonio a fare trading . Coniugare la piattaforma digitale con l'interazione fisica è un concetto che maturiamo nel 2003, è la One stop solution e ci permette di posizionarci con larghissimo anticipo rispetto ai concorrenti». La storia dell'azienda si confonde a questo punto con quella del sistema bancario italiano. Dopo la fusione Unicredit-Capitalia, è del 2008 la fusione delle reti di consulenti tra Fineco e Xelion che da vita alla terza rete italiana dell'epoca, dopo Mediolanum e Fideuram, mentre la leadership nel brokeraggio online si concretizza nel 2011, quando Fineco diviene leader per transazioni a livello europeo. «Se devo cercare un momento in questa nostra storia - dice Foti - credo che il 2008 sia quello in cui viene pienamente definita la Fineco di oggi. Facemmo una scelta chiara, puntammo su tre pilastri: efficienza operativa, innovazione spinta, trasparenza e rispetto del cliente. Tutti elementi evidenti anche nella Fineco di adesso». Arrivata a 1,15 milioni di clienti, circa 70 mila nuovi all'anno, la banca ha vissuto un momento di incertezza nello scorso ottobre, quando la controllante Unicredit, spinta dalla fragilità patrimoniale acquisita proprio all'epoca della fusione con Capitalia, nell'ambito di un progetto di rafforzamento per complessivi venti miliardi di euro ha posto in vendita il 20 per cento di Fineco, scendendo dal 55 al 35 per cento attuale. «Credo - conclude Foti - che noi stiamo vivendo il nostro momento più bello. La digitalizzazione del Paese gioca a nostro favore, abbiamo davanti un'opportunità gigantesca, visto che, a fronte di uno stock di risparmio pari a 4 mila miliardi di euro, noi abbiamo una quota di mercato dell'1,5 per cento. Abbiamo aperto ai mutui, anche in surroga, stiamo andando all'estero. Fineco è diventata maggiorenne, è come un giovane adulto nel pieno delle sue forze». @Righist © RIPRODUZIONE RISERVATA Il resoconto intermedio di gestione Dati in miliardi di euro al 31 marzo 2017 Il patrimonio Private negli ultimi 5 anni Dati in miliardi di euro 31/12/2012 31/12/2013 31/12/2014 31/12/2015 31/12/2016 12,8 14,5 17,4 20,3 22,2 +73,4% Chi controlla la banca I principali azionisti Unicredit 35,479% Mercato 54,255% Wellington management group 5,199% BlackRock 5,067% Sul listino di Piazza Affari Dati in euro 2015 2016 2017 8 7 6 5 4 3 Ipo 4/7/14 3,70 euro Min 14/8/14 3,78 euro Max 14/8/15 7,82 euro 19/5/17 6,73 euro Fonte: elaborazione L'Economia su dati di mercato 657 Milioni di euro la raccolta netta a marzo 2017 (+57% a/a) di cui 401 milioni la raccolta gestita (+108% a/a) 2.600 Personal financial advisor 22,24% Cet1 ratio (indicatore di solidità patrimoniale) 250 Private banker 1,4 Miliardi di euro la raccolta netta da inizio anno 365 Fineco center 62,2 Miliardi di euro il patrimonio totale clienti (+13% a/a) 23,3 Miliardi di euro il patrimonio segmento Private (+19% a/a) 1,142 Milioni i clienti totali e oltre (+6% a/a) S. RACCOLTA NETTA TOTALE Raccolta gestita Raccolta amministrata Raccolta diretta Totale raccolta netta 308 -229 513 592 Aprile 2017 1.155 229 589 1.972 Gen. - apr. 2017 55 722 1.030 1.806 Gen. - apr. 2016 RACCOLTA NETTA RETE CONSULENTI FINANZIARI Raccolta gestita Raccolta amministrata Raccolta diretta Raccolta netta consulenti finanziari 305 -159 389 534 Aprile 2017 1.145 160 476 1.780 Gen. - apr. 2017 67 561 934 1.562 Gen. - apr. 2016 PATRIMONIO TOTALE Raccolta gestita Raccolta amministrata Raccolta diretta Patrimonio totale 30.144 13.743 19.078 62.965 Aprile 2017 28.608 13.078 18.505 60.195 Gen. - apr. 2017 25.937 13.246 16.662 55.845 Gen. - apr. 2016 Raccolta gestita Raccolta amministrata SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/05/2017 - 22/05/2017 20
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