ADHD E MEDICINE NON CONVENZIONALI
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
ADHD E MEDICINE NON CONVENZIONALI E. Costa 1, V. Meuti 1, P. Roberti Di Sarsina 2 PREMESSA Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD, nell’acronimo inglese e DDAI nella traduzione italiana), è la più recente diagnosi utilizzata per descrivere una popolazione eterogenea e vasta di bambini, adolescenti ed adulti che presentano una serie di problemi, riassumibili in difficoltà attentive ed incapacità nel controllo del movimento e degli impulsi. E’ una delle diagnosi che più frequentemente viene posta in età infantile e rappresenta un rilevante problema di salute in ambito di costi sanitari. L’ADHD è tra le sindromi più controverse, dibattute e studiate negli ultimi decenni dalle Comunità Scientifiche e dall’opinione pubblica: infatti, non vi è accordo nel definirne l’eziologia, la soglia diagnostica, la gravità dei sintomi e la valutazione dei trattamenti più opportuni, ma addirittura, secondo il parere di alcuni esperti, l’ADHD sarebbe solo un insieme di comportamenti disfunzionali, non necessariamente indicativi di una psicopatologia. Per converso per la medicina “ufficiale” l’ ADHD è un vero e proprio disturbo, secondo i più ad origine multifattoriale, con prognosi negativa se non curata in tempo. La crescita esponenziale nella formulazione di tale diagnosi, avvenuta soprattutto negli Stati Uniti, ma estesasi negli ultimi anni anche nei Paesi Occidentali, è, senza dubbio, allarmante, soprattutto se si considera che il trattamento più usato è, come discuteremo in seguito, farmacologico. Il problema che l’ADHD pone in maniera forte é il confine labile e spesso poco definibile tra normalità e patologia, in questo caso reso maggiormente incerto dal fatto che si tratta di bambini ed adolescenti, quindi di esseri umani con variabili ed infinite potenzialità di sviluppo e cambiamento. Questo disturbo, così come altri disturbi del comportamento dilaganti in età infantile e adolescenziale, sembra essere l’espressione di cambiamenti che toccano la società, i legami familiari ed i modelli educativi. In questo lavoro, dopo una breve presentazione dell’ADHD secondo i criteri più accreditati della medicina ufficiale, si esporrà una parziale rivisitazione della letteratura sull’uso di trattamenti alternativi: medicine non convenzionali, presidi dietetici, terapie fisiche, ecc…, sperimentati in concomitanza o in alternativa ad i trattamenti convenzionali. CENNI STORICI E ATTUALE DEFINIZIONE NOSOGRAFIA Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività venne descritto per la prima volta agli inizi del 1900, quando Gorge Still nel 1902 fece la prima descrizione del disturbo, e pubblicò su Lancet alcune osservazione su un gruppo di bambini che presentavano “un deficit nel controllo morale ed una successiva vivacità e distruttività”, affetti secondo l’autore da una turba neuropsichiatrica organica. William James, padre della psicologia americana, parlò di un deficit nel controllo morale, nella concentrazione e nell’inibizione della volizione, tra loro legati ad un sottostante difetto neurologico. Dopo la prima guerra mondiale, alcuni ricercatori notarono che bambini che avevano contratto l’encefalite mostravano comportamenti iperattivi e impulsivi, simili a quelli di militari che avevano 1 Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche “Sapienza” Università di Roma 2 Dipartimento di Salute Mentale, AUSL Bologna 1
subito danni cerebrali: si arrivò alla conclusione che alcuni tipi di lesione celebrale potessero causare iperattività. Il disturbo venne definito: “disfunzione cerebrale minima” perché si supponeva esistesse un danno cerebrale che non era però possibile identificare da un punto di vista empirico. Nel 1968 comparve la seconda edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), pubblicato dall’American Psychiatric Association, nel quale si introdusse la diagnosi “reazione ipercinetica” del bambino. La scelta di questo termine enfatizzava l’importanza dell’aspetto motorio a scapito di quello cognitivo. L’edizione successiva del manuale, il DSM-III, utilizzava l’espressione diagnostica “disturbo da deficit di attenzione”. Tale cambiamento nosografico, presupponeva un mutamento nella lettura della sindrome, di cui si sottolineava la centralità degli aspetti cognitivi rispetto a quelli motori e comportamentali. L’edizione riveduta del DSM-III (1987), ha introdotto la definizione disturbo da deficit di attenzione/iperattività.. Il disturbo è anche stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come Sindrome Ipercinetica (ICD-9, 1992) nel 1992 e, nel 1997, come Disturbo Ipercinetico (ICD-10,1997). La più recente descrizione nosografico-diagnostica della “Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività” è quella del DSM IV(1994): in questo manuale l’Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder é definito come “una persistente modalità di disattenzione e/o di iperattività-impulsività che è più frequente e più grave di quanto si osserva tipicamente in soggetti ad un livello di sviluppo paragonabile”. Per porre diagnosi, i sintomi devono comparire prima dei 7 anni, deve essere presente una compromissione in almeno 2 contesti (a casa, a scuola, sul lavoro), deve esservi una evidente interferenza con il funzionamento sociale, scolastico, lavorativo, sei o più dei sintomi che definiscono i criteri di iperattività/impulsività devono essere presenti da almeno 6 mesi ed assumere caratteristiche di rilievo, quali quelle riportate a seguire: -la disattenzione deve configurarsi come una persistente difficoltà a concentrarsi, a mantenere l’attenzione in impegni scolastici o in attività di gioco, una facilità estrema alla distraibilità ed una difficoltà ad impegnarsi in attività che richiedono uno sforzo mentale protratto; -l’iperattività deve essere caratterizzata dalla necessità di essere sempre in movimento, dal passare da un’attività all’altra, da una difficoltà complessiva di dedicarsi in maniera tranquilla ad attività piacevoli; -l’impulsività deve estrinsecarsi in una difficoltà presentata da questi bambini, nel rispettare le regole, nell’attendere il proprio turno in qualunque tipo di attività. Le manifestazioni del disturbo possono variare con l’età: in età prescolare sarebbero più evidenti l’iperattività motoria, i cambiamenti repentini d’umore e le difficoltà nel sonno; nell’età scolare emergerebbero maggiormente sintomi quali la disattenzione e i disturbi dell’apprendimento, che possono associarsi a problemi psichici quali bassa autostima, depressione, atteggiamenti oppositivi. Per consentire una diagnosi di ADHD, bisogna escludere la presenza di altre condizioni morbose, quali il Disturbo d’ansia, dell’umore, quelli generalizzati dello sviluppo e i Disturbi Bipolari. Il manuale diagnostico, definisce tre sottotipi per il disturbo, in base alla prevalenza delle manifestazioni: -sottotipo disattento (ADD); -sottotipo iperattivo; -sottotipo combinato. Secondo i dati dell’A.P.A.(1994), l’incidenza del disturbo nella popolazione in età scolare riguarderebbe una percentuale che varia dal 3 al 5% e sarebbe 5 volte più frequente nei maschi che nelle femmine: nei primi il disturbo sarebbe più facilmente identificabile, in quanto la tendenza all’aggressività avrebbe caratteristiche più marcate e renderebbe più evidente il problema. L’ICD-10, invece, indica una quota che interessa il 2% della popolazione infantile. L'ADHD persisterebbe fino all'adolescenza in circa due terzi dei casi, e fino all'età adulta in oltre un terzo dei casi, con comorbilità quali: disturbi dell'adattamento, dell’apprendimento, disturbo oppositivo provocatorio, depressione, tossicomanie, ecc. La sua presenza, e soprattutto persistenza, 2
rappresenta, secondo molti clinici, un predittore in età infantile di cattivo adattamento psicosociale in età adulta. La International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, invece, utilizza il termine "disturbo ipercinetico" per una diagnosi definita più restrittivamente. Essa differisce dalla classificazione del DSM-IV in quanto tutti e tre i problemi di attenzione, iperattività e impulsività devono essere contemporaneamente presenti e deve essere soddisfatto il criterio più rigoroso della loro presenza in una molteplicità di setting, mentre la presenza di un altro disturbo costituisce un criterio di esclusione. ALCUNE RIFLESSIONI Si evince, da quanto riportato, come il DSM IV definisca dei criteri obbligatori, assolutamente indispensabili per la diagnosi (in questa, come in tante altre patologie, ancora più discutibili), allargando le manifestazioni cliniche al loro verificarsi in diversi contesti. Sappiamo che le situazioni, nella pratica clinica, sono ben più complesse, e come, soprattutto in strutture plastiche ed in divenire come sono i bambini e gli adolescenti, i contesti ambientali e relazionali abbiano una funzione modulatrice o al contrario minacciosa, e pertanto un peso rilevante sugli aspetti emotivi e conseguentemente comportamentali. E’ esperienza comune, anche non in ambito prettamente patologico, di quanto gli aspetti relazionali, affettivi, modifichino i diversi comportamenti in maniera, a volte, sorprendente in aree quali quelle scolastiche, risocializzanti ed in contesti familiari. Queste classificazioni oggettivanti, da un lato hanno avuto il merito di fornire delle indicazioni condivise nel caos delle definizioni patologiche in psichiatria, nel tentativo di adottare linee guida comuni e condivisibili nei diversi approcci terapeutici, d’altro canto hanno determinato nei fatti un notevole, a mio avviso, impoverimento nella pratica psichiatrica imperante, che sempre più è influenzata da linee-guida, con una progressiva perdita di vista del compito medico fondamentale, che è quello di prendersi cura del singolo individuo, con la sua storia personale, con le variabilità psicologiche/psichiatriche, che spesso non possono essere considerate (sia pur nell’espressione fenomenologica simile dei sintomi manifesti), comprovanti disagi equiparabili. DIAGNOSI Come già sottolineato, la validità ed affidabilità della diagnosi è il primo problema che una parte del mondo scientifico pone. Diversi ricercatori sottolineano come, in assenza di marcatori specifici, la diagnosi venga posta utilizzando una lista di sintomi comportamentali, che vengono definiti “disfunzionali”, e l’osservazione del bambino, in quanto non esistono indagini strumentali e/o laboratoristiche precise; pertanto, per molti clinici le basi scientifiche del disturbo sono traballanti, non vi sono infatti chiare prove indicative di un danno cerebrale strutturale. Tra gli strumenti di valutazione utilizzati per l’iter diagnostico dell’ADHD esistono le interviste diagnostiche (come la Kiddie-Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia-Present and Lifetime version, K- SADS-PL e la Interview for Children Symptoms, revised for DSM-IV,PICS IV), in genere semi-strutturate, che registrano informazioni sui sintomi psichiatrici e sul funzionamento sociale degli adolescenti al momento della somministrazione e raccolgono dati relativi agli anni precedenti, codificando tutti i maggiori sintomi psichiatrici con una valutazione sintetica del funzionamento adattivo. Vi sono poi diverse scale di valutazione dei sintomi dell’ADHD e dei sintomi dei disturbi dirompenti del comportamento, quali l’ADHD Rating Scale e la SNAP-IV (Swanson, Noland, and Pelham) e questionari somministrati a genitori e insegnanti, come la Conner’s Rating Scale o la CBCL, che permettono di rilevare importanti informazioni sul comportamento sociale, accademico ed emotivo dei bambini di età compresa tra i 3 e 17 anni. Consentono non solo di misurare gli aspetti dimensionali, 3
valutando Oppositività, Problemi cognitivi, Iperattivita’, Ansieta’-timidezza, Perfezionismo, Problemi di socializzazione, Problemi di natura psicosomatica, ma anche di definire una diagnosi categoriale di alcuni disturbi dirompenti del comportamento. E’ necessario poi verificare il livello cognitivo del paziente attraverso altre scale, tra cui la Scala di Intelligenza Wechsler per bambini Riveduta (WISC-R, OS, Firenze, 1994), che, oltre a valutare il livello cognitivo complessivo del bambino, consente anche di raccogliere numerose informazioni utili sul funzionamento cognitivo del soggetto. Sia per quanto riguarda i criteri di osservazione che i questionari diagnostici, c’è da rilevarne l’estrema variabilità, da un lato riferita ai contesti: è noto, per chi come noi si occupa di psicopatologia, che sia bambini che adolescenti (ma un discorso analogo si può estendere agli adulti), in contesti differenti (ambientali, relazionali, ecc) possono manifestare comportamenti variabili. D’atra parte, numerosi studi effettuati nel campo della baby osservation hanno evidenziano come la soggettività degli osservatori sia spesso determinante nell’influenzare il comportamento osservato e la successiva valutazione in termini psicopatologici. Riassumendo, i questionari maggiormente utilizzati in campo scientifico, sono stati messi a punto da Conners nel 1969: - il Parent Symptom Questionnaire (PSQ), questionario rivolto ai genitori; - la Teacher Rating Scale (TRS), questionario rivolto agli insegnanti; - la Conners-Wells’ Adolescent Self-Report Scale: scala di autovalutazione per adolescenti; - La “Clinical Global Impression”: scala di valutazione globale. Altre Scale di valutazione sono: -La “Self control rating scale”(SCRS); -La ACHENBABACH. EZIOLOGIA Secondo le ipotesi più accreditate della “medicina ufficiale”, la sindrome avrebbe un’eziologia multifattoriale, includente cause genetiche, ambientali e perinatali, che determinerebbero le manifestazioni cliniche. Numerosi studi sono stati effettuati nella ricerca genetica, prendendo in considerazione le famiglie, i fratelli, i gemelli omo ed eterozigoti, nel tentativo di dimostrare uno specifico meccanismo di trasmissione ereditaria; occorre tuttavia sottolineare come non sia stata dimostrata sperimentalmente la causalità diretta di alcun gene o pool di geni, e che nessun marcatore biologico sia stato individuato con certezza alla base del disturbo. Studi neurochimici hanno considerato l’ipotesi catecolaminergica. Le ipotesi patogenetiche più accreditate, prendono in considerazione la disfunzione dei sistemi dopaminergici e l’alterazione di strutture cerebrali preposte al mantenimento dell’attenzione (sistema talamo-frontale). TERAPIA Le terapie classicamente più usate sono di natura farmacologica e psico-comportamentali. Il trattamento d’elezione per il disturbo è farmacologico con sostanze psicostimolanti quali il metilfenidato e l’amotoxetina. Il MPH è il farmaco più usato ed al centro di un acceso dibattito scientifico. E’ uno psicostimolante amfetaminico che inibisce la ricaptazione sinaptica delle monoamine cerebrali. Gli psicostimolanti facilitano il rilascio delle catecolamine dalle zone di accumulo sulle sinapsi del sistema nervoso centrale e inibiscono il riassorbimento (reuptake). Sebbene l’esatto meccanismo di questo processo non sia del tutto noto, si pensa che gli psicostimolanti aumentino la concentrazione di noradrenalina e dopamina nei gangli della base, nel mesencefalo e nella corteccia prefrontale, migliorando i processi attentivi e le 4
capacità di concentrazione. Come risulta da autorevoli fonti scientifiche milioni di bambini statunitensi (ma, sia pure non così su larga scala, il fenomeno si è andato evidenziando anche in Europa), vengono diagnosticati come affetti da ADHD, in maggioranza maschi ed alla maggior parte vengono prescritti farmaci, il più comune dei quali è il Metilfenidato. La Food and Drug Administration ha classificato il metilfenidato come una droga di classe II, nello stesso gruppo delle amfetamine, morfine, oppio e barbiturici (Breggin, 1995). Si tratta di un farmaco che può determinare gravi effetti collaterali, quali dipendenza, depressione, insonnia, comportamenti autolesivi, aumento della pressione sanguigna, aritmia, ritardo nella crescita, alterazioni del sistema immunitario. Sembra inoltre che il farmaco in questione esponga i bambini che l’assumono a maggior rischio di allucinazioni e fenomeni psicotici. Tra i numerosi dati inquietanti relativi all’uso del Metilfenidato, vi è la comunicazione dell’ISS che divulga come l’FDA ed il National Institute of Menthal Health abbiano reso noto in uno studio pubblicato sull’ American Journal of Psychiatry , alcuni casi di morte improvvisa in bambini in terapia con il Metilfenidato (fonte: www.giùlemanidaibambini.org). L’Atomoxetina (Stattera) è un inibitore selettivo della ricaptazione della noradrenalina a livello presinaptico; anche per questo farmaco sono state segnalate reazioni avverse, quali aritmie cardiache, ideazione suicidaria, convulsioni. Una recente revisione dei dati ha mostrato che l’Atomoxetina è associata a grave rischio per lo sviluppo di disturbi psichiatrici quali sintomi psicotici o maniacali (www.giùlemanidaibambini.org). Tra gli altri trattamenti “classici” vi è il trattamento psicoeducativo che comprende un training cognitivo-comportamentale sul bambino, un parent-training ed interventi con gli insegnanti. Le Linee guida alla diagnosi e alle terapie farmacologiche dell’ADHD, formulate dalla Società Italiana di Neuropsichiatria e divulgate nel giugno 2002, dichiarano che gli psicostimolanti sono la terapia più efficace per i soggetti con tale disturbo e che sono i farmaci maggiormente studiati in età evolutiva. L’ISS ha emesso nel 2008 un comunicato inerente il primo anno di attività del Registro italiano dell’ADHD: nel nostro Paese sono stati accreditati 125 Centri di riferimento per la diagnosi e la predisposizione dei piani terapeutici, di cui 75 attivi. Nel comunicato si enuncia che 626 tra bambini ed adolescenti sono stati sottoposti a trattamenti multimodali, il 44% ha ricevuto metilfenidato ed il 56% atomoxetina. ALCUNE CONSIDERAZIONI Questi dati meritano un’attenta riflessione sul senso della psichiatria, disciplina nella quale si è assistito negli ultimi decenni ad un dilagare delle neuroscienze. L’intervento farmacologico si configura, sempre più, come una semplicistica “scorciatoia terapeutica”, che in questo, come in altri casi, può provocare danni a volta irreversibili e drammatici. Certamente i trattamenti farmacologici determinano a volte un miglioramento sintomatologico, un migliore adattamento (a mio avviso, necessario in casi di estrema gravità, nei quali le condizioni cliniche e l’eventuale comparsa di effetti collaterali andrebbe monitorata strettamente; tali presidi andrebbero utilizzati come “tamponi” in situazioni di particolari acuzie in attesa di ripensare ad interventi meno “pericolosi”). Non bisogna dimenticare tuttavia che in alcuni casi si è verificato e riverifica un uso disinvolto, per non dire improprio di tali presidi che ha come prezzo un’ amputazione delle potenzialità del soggetto. Ciò è tanto più vero quando si prendono in considerazione bambini ed adolescenti, e se si considera l’enorme neuroplasticità in queste epoche della vita. A tal proposito è interessante ricordare la differenza tra la scuola francese e quella anglosassone: la prima pone l’attenzione prevalentemente su aspetti fenomenologici-relazionali, la seconda su aspetti comportamentali e su fondamenta organicistiche. Gli autori francesi sottolineano come sia importante la differenza tra il concetto di iperattività, usato dagli autori anglosassoni, e quello francese di instabilità ( l’acronimo francese indicante la sindrome è HADA), per l’origine epistemologica: “il concetto di iperattività è l’eredità di un termine derivato dalla neurologia, per indicare le sequele dell’encefalite di Van Economo, il concetto di instabilità ha invece origini fenomenologiche e influenze psicoanalitiche”. 5
Questo ha incidenza sul trattamento: prevalentemente farmacologico nei paesi anglosassoni, psicoterapico in Francia (P.Jeammet, 1999). Inoltre i reali benefici a lungo termine dei trattamenti farmacologici sono discutibili e poco documentati, così come una serie di effetti collaterali, a volte decisamente allarmanti, la cui portata, secondo pareri diffusi di esperti, si comprenderà in pieno solo negli anni futuri. In un recente articolo pubblicato sulla rivista Psichiatria di Comunità, S. Garattini dell’Istituto di ricerche Mario Negri, a proposito della farmacoterapia in psichiatria, scrive: “…è spiacevole concludere che in questo trentennio i progressi se pur ci sono stati, sono stati modesti…bisogna anche segnalare un diffuso uso improprio che determina un vero e proprio consumismo”. L’autore continua segnalando come farmaci quali gli SSRI e le BDZ siano spesso usati impropriamente, portando a forme di dipendenza “difficilmente reversibili” (Garattini S., 2008). L’utilizzazione sfrenata dei farmaci, che spesso determina, per dirla con E. Borgna, solo una “cancellazione farmacologia delle emozioni”, sembra configurarsi sempre più come l’espressione del “solco oggettivante ed omogeneizzante delle neuroscienze” (E. Borgna, 2005). Un’ultima riflessione riguarda il DSM, nelle sue successive edizioni. Questo manuale, al quale si riconosce il merito di essere pragmatico ed utile sia nel campo della ricerca che della clinica, ha per converso siglato dei principi terapeutici che spesso rispondono più a pressioni economico-politiche che sanitarie. In questo panorama dominato dalla “cultura medica ufficiale”, che sempre meno sembra soddisfare le richieste di cura dei cittadini, negli ultimi decenni, è emerso un bisogno crescente di trattamenti più personalizzati e soddisfacenti, che comportino i minori effetti collaterali possibili. ADHD e MEDICINE NON CONVENZIONALI L’interesse nel mondo scientifico e nell’opinione pubblica circa l’uso di terapie alternative nelle patologie psichiatriche trova conferma in un vasto panorama di ricerche che si stanno sviluppando anche nel campo delle patologie infantili. Numerosi studi evidenziano come sia sempre più diffusa tra i cittadini, la richiesta di un approccio individualizzato, globale, teso a promuovere il maggior equilibrio possibile, con i minori effetti collaterali. Come è noto, le Medicine Non Convenzionali (MNC), pur nella diversità epistemologica che contraddistingue i vari indirizzi di pensiero, rivolgono la loro attenzione terapeutica all’essere umano ed alle sue peculiari caratteristiche personali, relazionali ed ambientali. E’ evidente che, in diversi ambiti, a fronte della crescente “medicalizzazione” alla quale si viene spinti dalla “medicina ufficiale”, emerga un’esigenza di cura diversa, che preveda una presa in carico personalizzata, in alternativa o a completamento di cure mediche prevalentemente farmacologiche. Bisogna inoltre considerare che anche nel mondo scientifico “ufficiale” vi è concordanza nel ritenere che i migliori risultati terapeutici si ottengono, in questa sindrome, con un approccio multidimensionale, includente presidi dietetici, interventi sull’ambiente, cognitivi/educativi, fisici (Patel 2007; Rojas 2005; Chan 2002). In un recente articolo, Sandford e Newmark indicano ciò che, a loro avviso, si dovrebbe mettere in campo per un approccio multimodale al disturbo: -trattamento integrato volto a supportare le capacità del bambino -ottimizzare il contesto familiare ed ambientale -discutere/educare ad una dieta salutare -raccomandare l’eliminazione di coloranti artificiali -valutare il ruolo dell’ipersensibilità agli allergeni alimentari -valutare i livelli sierici di ferritina e di zinco all’interno dei globuli rossi -trattare i bambini con acidi grassi omega-3 (Sanford C., Newmark MD, 2009). Diversi lavori evidenziano come sempre più spesso i genitori ricorrano a cure alternative (Brown 2005). 6
In una ricerca effettuata nel Massachusetts, sono stati intervistati 114 genitori, sull’eventuale uso di CAM per i loro figli con ADHD. E’ emerso che il 54% di loro si era rivolto a cure alternative, terapie espressive, dieta, manipolazioni, ecc. (Chan et al.,2003). In un altro studio, effettuato a Melbourne con l’obiettivo di valutare l’incidenza dell’uso di terapie complementari da parte dei genitori ed il loro livello di soddisfazione, è emerso che su 75 famiglie, 50 avevano o facevano al momento uso di terapie alternative, le più comuni della quali erano modificazioni dietetiche, apporti vitaminici o minerali, aromoterapia, chiropratica (Sinha D., Efron D., 2005). Anche in uno studio condotto da Bussing nel 2002 negli Stati Uniti, l’uso di CAM è risultato elevato presso famiglie con figli con ADHD o con sospetto di tale disturbo; risultato analogo è stato ottenuto in Australia (Concannon 2005), dove nel 71%dei casi i genitori di bambini con ADHD ricorrevano all’uso di terapie non convenzionali . Vi sono in letteratura, numerose evidenze sull’efficacia di terapie non convenzionali, associate a modificazioni dietetiche (apporti e o/modifiche), terapie fisiche (massaggi, agopuntura, ginnastiche mediche), modificazioni degli stili di vita, nel trattamento dei disturbi infantili. Secondo diversi autori, le terapie alternative sarebbero efficaci nei casi di ADHD moderati, in bambini al di sotto dei 6 anni, o con sintomi severi con associati disturbi del sonno o in comorbilità con altri disturbi del comportamento (Arnold E., 1999). Diversi studi, infine, pur sottolineando la necessità di ulteriori ricerche sistematizzate sull’impiego delle CAM, al fine di fornire prove più rigorose su efficacia e sicurezza delle stesse, ne evidenziano i potenziali benefici come terapie aggiuntive e di supporto in bambini con ADHD (Patel 2007, Brown 2005, Rojas 2005). Tab. 1: Complementary and alternative medicine: use and efficacy in treatment children with Attention deficit hyperactivity disorder. Autore, Paese, Anno Titolo Obiettivi,campione e Risultati Principali e disegno studio Conclusioni Bussing R, Zima BT et Use of complementary Type: observational 822 parents have a child al., USA, 2002. and alternative study. with ADHD or medicine for symptoms Aim: to describe use of suspected. Among of ADHD CAM among children them, use of CAM is with or at risk of high (9-12% in ADHD, ADHD. 7% in suspected Sample:1615 parents of ADHD, 3% in children of Elementary emotionally concerned school. parents). Methods: telephone Conclusions: Providers screening survey should inquire about non traditional intervention and educate family. Preuss U, Ralston SJ et Study design, baseline Type: Multi-centric Patients mean age: al., Europe, 2006. patient characteristics study. (ADORE: 9.1years, 84%male. and intervention in a ADHD Observational Diagnosis with: DSMIV cross-cultural Research in Europe). et/or ICD10. framework: results from Prospective Onset of the ADORE study Observational Study. problem:5.1years. Aim: to describe the Baseline scale indicate: relationship between moderate to severe treatment regimen and ADHD, co-existing 7
quality of life in ADHD problem and significant children. impairment. Sample: 1478 children Treatment offered: of 10 European pharmacotherapy(25%), countries. psychotherapy(19%), Methods: Data were combination(25%),other collected at 7 time therapy(10%), no points for 2 years. treatment(21%). Concannon PE, Tang Management of ADHD: Type: community- 82% of children had YP, Australia, 2005. a parental perspective. based study tried medication, 42% Aim: To explore behavioural parental perception of intervention, 71% non- diagnosis and overall conventional treatment treatment of their (elimination diet or fatty children . acid supplementation)- Sample: 7226 parents considered helpful in of 11184 children (aged 1/3 of cases. 55% of 10-12), 278 with parents were satisfied ADHD. with their child’s care Methods: questionnaire (exp. under medication on their perception of and with 6 monthly diagnosis, treatment reviews. ) and overall Conclusions: Parents management. are satisfied with stimulant medication and frequent review. Non-conventional medicine is widely used. Behavioural intervention is underutilized. Sinha D, Efron D. Complementary and Type of study: 67.6% of families use Australia, (Melbourne), alternative medicine use Research article. CAM (most common: 2005. in children with Aims: to determine modified diet, vitamins Attention deficit lifetime incidence of or mineral, dietary hyperactivity disorder CAM use in a clinical supplements, sample of ADHD aromatherapy, children, the reason to chiropratics). Reported choose CAM and the effectiveness is proportion who variable. Choose of informed paediatrician. CAM: minimizing Sample: outpatients, 5- symptoms, adding 17 years with ADHD benefit to conventional diagnosis. treatment, avoiding side Methods: 20-items effects. questionnaire 64% informed paediatrician. Conclusion: many CAM therapies not 8
undergone to research trial and is not recommended to suspend conventional treatment. Chan E, Rappaport L, Complementary and Type of study: Cross- 54% of parents reported Kemper K., Alternative therapies in sectional study. using CAM (expressive USA,(Boston), 2003. Childhood Attention Aim: prevalence and therapies, vitamins, and hyperactivity factor associated with dietary manipulation), problems use of CAM. because they consider them “natural therapies” and “to having more control over treatment”.11% discuss this use with clinician. Bussing R, Schoenberg Knowledge and Type of study: Fewer Africa American N et al., USA, 1998. information about observational study. parents had ever heard ADHD: evidence o Aim: to examine about ADHD, and more cultural differences possible differences in attribute it to excessive among african-american ADHD knowledge. sugar. and white parents. Sample: 486 african- american and white parents of children at high risk for ADHD. Methods: telephone and face-to-face interview. Ralston SJ et al., ADHD observational Type of study: On the first 315 patients Europe, 2004. research in Europe Prospective study. conclusion showed Aim: to describe the negative effects on relationship between psychosocial treatment prescribed development and and quality of life. quality of life. Sample: 1.500 patients treated with naturalistic care. Patel K et al, USA, A Comprehensive Type: Open label study After treatment for 3 to 2007 Approach to Treating Sample:10 children 6 months with Autism and ADHD: A aged 4 -10 years multidimensional Pre-pilot Study diagnosed autistic treatment all 10 children spectrum disorders and showed significant ADHD. improvement in many Aim: to observe the areas of social effects of interactions and multidimensional Behaviour treatment Rojas N, Chan E., USA, Old and new Review on the use of Potential benefits of (Massachusetts), 2005 controversies in the CAM for ADHD CAM as part of an alternative treatment of overall treatment plan, ADHD but lack support as 9
effective sole treatment More rigorously designed studies are needed Arnold LE, USA Alternative treatments Review of alternative 24 alternative treatment (Ohaio), 2005 for adults with ADHD treatments on adults were identified ranging with ADHD in scientific documentation discretiting controlled studies in which clinical trials are equivocal and have no systematic data Panei P, Geraci A, Il disturbo da deficit Th classiche: (ISS), Italia, 2009. attentivo con psicoterapie, terapie iperattività: terapie comportamentali, classiche e incontri con genitori e complementari intervento scolastico + terapia farmacologica. Metilfenidato e atomoxetina. Th complementari: omeopatia, antroposofica, osteopatia, massaggi, fitoterapia, cromoterapia, yoga, meditazione, neurofeedback, dieta. Chan E., USA 2002 The role of Review. CAM is very attractive complementary and To discuss a conceptual for family-it could be alternative medicine in model of CAM as important incorporate a ADHD. therapies to treat systematic approach to ADHD discuss CAM with family Kemper K., 2 Lifestyle and Review Analyze the utility and 009 complementary safety of different therapies for ADHD: alternative methods how health professional can approach patients Complementary and Review Biologically based alternative medicine in therapies, vitamin developmental supplementation, disabilities dietary modification, biofeedback treatment are used widely. Studies on the effectiveness and safety of CAM are necessary. 10
MATERIALI E METODI: Obiettivo del presente studio è valutare l’impiego e l’efficacia delle diverse tipologie di terapie alternative e complementari nel trattamento di soggetti con ADHD. A tal fine è stata realizzata una revisione sistematica della letteratura, utilizzando le banche dati di PubMed, Medline, PsycINFO e Cochrane. Tale ricerca è stata condotta esaminando gli articoli presenti in letteratura dal 1985 al gennaio 2010, raccolti utilizzando le seguenti parole chiave: ADHD, CAM, homeopathy, diet modification, diet supplementation, nutritional intervention, essential fatty acids, herbal therapy, massage, yoga, meditation, gymnastic, biofeedback, chinese medicine, acupunture, placebo. Degli articoli prodotti dalla ricerca, ne sono stati selezionati 108, che sono risultati pertinenti ai fini del presente studio. RISULTATI: a) OMEOPATIA L’omeopatia è un sistema medico basato sul principio del trattare il “simile con il simile”, in base al quale le stesse sostanze naturali (o create dall’uomo) che sono capaci di causare uno specifico stato di malattia nel soggetto sano, possono essere utilizzate a differenti diluizioni per curare quegli stessi sintomi quando questi si manifestano come parte di una patologia. L’omeopatia, nel suo impiego clinico, si focalizza sulle caratteristiche e sugli aspetti qualitativi dell’esperienza individuale e della sintomatologia unica di ogni paziente ed usa queste informazioni per determinare la prescrizione appropriata per ogni individuo. Da una revisione Cochrane pubblicata nel 2009, emerge che in Gran Bretagna circa l’11% dei bambini al di sotto dei 16 anni e l’ 1,9% della popolazione adulta ricorre a cure omeopatiche: in particolare, si rileva un crescente interesse nei confronti delle potenzialità di questa disciplina come intervento non- farmacologico per l’ADHD, in alternativa ai trattamenti farmacologici convenzionali. Secondo le conclusioni della revisione Cochrane, che ha analizzato una serie di banche dati ed esaminato 4 studi giudicati ammissibili in base ai criteri di inclusione utilizzati, non vi sono al momento evidenze sufficientemente robuste per sostenere l’efficacia dell’omeopatia nel trattamento del disturbo. Ad oggi, infatti, sono stati realizzati soltanto 3 trials controllati e randomizzati, ed in tutti è stato preso in esame un campione limitato di soggetti. Inoltre, tra di essi esiste una significativa eterogeneità sulle modalità di operazionalizzazione del trattamento omeopatico. Strauss (2000) ha utilizzato una serie di medicamenti dati senza “individualizzazione” ai pazienti e per un periodo limitato di tempo; l’analisi dei dati di questo studio non indica un effetto benefico del trattamento omeopatico rispetto a placebo. Jacobs (2005) ha effettuato uno studio su 43 bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni, in cui è stato ottenuto un miglioramento nella sintomatologia ma non sono state riscontrate differenze significative tra il gruppo sottoposto a trattamento omeopatico e quello a cui è stato somministrato un placebo. In questo studio è stata utilizzata una forma di trattamento individualizzato, ma per un periodo di 18 settimane, considerato dagli esperti troppo breve per mostrare i benefici dell’omeopatia. E’ stato suggerito, in tal senso, che effettuare uno studio osservazionale precedente, che utilizzi differenti protocolli di trattamento, per un periodo di circa 6-12 mesi, sarebbe necessario al fine di identificare la corretta dose di medicamento necessaria per ottenere un miglioramento sintomatologico (Frei 2007). Frei (2001) si è servito di un protocollo di trattamento basato su uno studio osservazionale, in cui è stato utilizzato un periodo di tempo non limitato per l’identificazione della dose ottimale. In tale studio, effettuato su 115 bambini di età compresa tra i 3 ed i 17 anni, dopo un tempo medio di trattamento di 3 mesi e mezzo con un medicinale omeopatico, è stato ottenuto un 11
miglioramento nel 75% dei casi, mentre per il restante 25% è stato necessario somministrare metilfenidato. Uno studio successivo (Frei 2005), effettuato su 62 bambini con ADHD di età compresa tra i 6 e i 16 anni, ha valutato l’effetto del rimedio omeopatico rispetto a placebo, mostrando, dopo 12 settimane, la presenza di un effetto terapeutico modesto ma statisticamente significativo del trattamento omeopatico rispetto al placebo, in particolare per quanto riguarda gli aspetti cognitivo/comportamentali. Studi successivi di Frei (2006, 2007, 2009), volti ad ottimizzare la prescrizione omeopatica, hanno evidenziato come un periodo osservazionale di 12 mesi e l’utilizzo di questionari per l’identificazione dei sintomi cardine, comporti un aumento significativo dell’efficacia della prima prescrizione. C’è da considerare che la ricerca clinica (trias osservazionali e/o sperimentali), stante la personalizzazione delle cure che questo tipo di approccio comporta, è difficoltosa, in termine di operazionalizzazione, ed in via di miglioramento. Al momento sono disponibili pochi dati circa la sicurezza delle cure omeopatiche; in tal senso sarebbero necessari futuri trials clinici in cui sia considerato un periodo di osservazione più lungo al fine di valutare benefici ed effetti collaterali. Dal momento che mancano studi in cui vengano utilizzate misure di outcome basate sulla percezione da parte del bambino/giovane del proprio stato di salute e dell’impatto del trattamento, queste potrebbero essere considerate per ricerche future. Tab. 2: Omeopatia e ADHD Autore, Titolo Obiettivi, Risultati Principali e Paese, campione e disegno studio Conclusioni Anno Heirs M, Homeopathy for Type of study: Systematic There is insufficient evidence to Dean ME, ADHD or hyperkinetic review (Cochrane) draw robust conclusion about the UK, 2007 disorder Aim: to assess safety and effectiveness of any particular form effectiveness of homeopathy as of homeopathy. a treatment of ADHD More targeted research to test different treatment protocols needs. Frei H, Treatment for Type: research article. Prior to treatment: CGI 20.63(14- Thurneysen hyperactive children: Aim: to assess the efficacy of 30). (pre-treatment with A, homeopathy and homeopathy in ADHD patients homeopathy: 22months). After 3.5 Switzerland, methylphenidate and to compare it with months of treatment, 75% of 2001. compared in a family methylphenidate (MPD). children had responded to setting. Sample:115children, aged 3- homeopathy (73% clinical 17years, with ADHD (DSM improvement and 55% amelioration criteria) and a score>14 on of CGI). 22% not respond and shift Conners global index(CGI). to MPD, obtaining a clinical Methods: all received an improvement of 65% and lowering homeopathic treatment. When CGI of 48%. 3 children not respond it’s obtained a clinical to both treatment. improvement of 50%: re- Conclusions: When treatment for evaluation. Those who not ADHD is not urgent, homeopathy is ameliorate change to MPD and a valuable alternative to MPD, are evaluated again after 3 having similar effects. When months. sensory integration for school is low, change to MPD needs. Frei H, Homeopathic treatment Type: a randomised, double Improvement in CGI under verum Everts R et of children with blind, placebo controlled and at long term follow up al, attention deficit crossover trial. (cognitive performance,visual Switzerland, hyperactivity disorder: Aim: to obtain scientific global perception, impulsivity and 12
2005 a randomised, double evidence of the effectiveness divided attention had improved). blind, placebo of homeopathy in ADHD. Conclusions: Scientific evidence of controlled crossover Sample: 62 children (aged 6- effectiveness of homeopathy in trial. 16 years) with ADHD (DSM- ADHD (particularly in behavioural IV). and cognitive functions). Design: 2 groups. Arm A: verum for 6 week + placebo for 6 weeks; Arm B: vice- versa. Before study: open label treatment with matched homeopathic medicine. Methods: CGI and neuropsychological testing at the beginning and after each crossover periods.(+ CGI twice in long term follow-up) Frei H, Polarity analysis, a new Aim: to increase the precision The use of polarity analysis leads to Switzerland, approach to increase of homeopathic prescriptions an improvement in the precision of 2009 the precision of homeopathic prescriptions. homeopathic prescriptions. Frei h, Randomised controlled Type of study: Retrospective There is a risk of failure if the Everts R,et trials of homeopathy in analysis. observational time is shorter than 12 al, hyperactive children. Aim: To explore the risk of months. Switzerland, Treatment procedures failure to demonstrate a 2007 leads to an specific effect of a RCT with unconventional study randomisation at the start of design treatment. Frei H, von Treatment of Aim: To optimize treatment of Introducing a questionnaire to Ammon K hyperactive children: ADHD with homeopathic identify a reliable symptoms, et al, increased efficiency prescription polarity analysis and perception Switzerland, through modifications symptoms leads to an improvement 2006. of homeopathic in the success rate of the first diagnostic procedure prescription from 21% to 54% and of the fifth prescription from 68% to 84%. Jacobs J, Homeopathy for Type: a randomized, double- No statistically significant Williams A ADHD: a pilot blind, placebo-controlled trial. differences between homeopathic et al, USA randomized-controlled Aim: to evaluate the treatment and placebo groups (Seattle), trial. effectiveness of homeopathy in (improvement in both). 2005. treatment of ADHD. Sample: 43 children (age 6- 12) with ADHD (DSM IV). 2 group: homeopathy vs placebo for 18 weeks. Methods: Outcome measures: Conner’s Global Index (for parents and for teachers), Conner’s Parent Rating Scale- Brief, Continuous Performance Test, CGI. 13
b) REGIMI DIETETICI e FATTORI AMBIENTALI Un crescente interesse scientifico è stato rivolto negli ultimi anni verso l’analisi dell’influenza degli aspetti nutrizionali e dei fattori ambientali sull’ADHD e sulle patologie Autistiche. In un lavoro del 2008, Curtis e Patel esaminano una serie di dati ricavati da articoli e riviste presenti nei database di PubMed, evidenziando come molti studi mettano in relazione l’esposizione ad agenti tossici, quali mercurio, piombo, pesticidi, fumo in ambiente uterino, con l’ADHD e l’Autismo. Alcuni studi hanno posto l’accento sulle carenze nutrizionali implicate nelle due sindromi, numerosi altri hanno segnalato un effetto benefico della supplementazione con sostanze quali gli acidi grassi essenziali, le vitamine, lo zinco, il magnesio in entrambe le patologie. Dalla rivisitazione dei dati presenti in letteratura, emerge altresì l’importanza della prevenzione delle allergie alimentari e l’implicazione dei coloranti ed additivi nel peggioramento dei quadri patologici (Curtis L.T., Patel K, 2008). Alcuni ricercatori hanno esaminato questo problema e sono giunti alla conclusione che certi bambini, in particolare quelli allergici (suscettibili all’asma, all’eczema e ad altre condizioni atopiche), siano effettivamente sensibili in una certa misura ad alcuni additivi, ma hanno osservato anche come le sole restrizioni dietetiche non siano sufficienti ad alleviare i sintomi dell’ADHD. Benché l’opinione medica ufficiale ritenga che un cambiamento dietetico non apporti grossi benefici (Munden A., Arclus J, 2001), gli interventi in tal senso riscuotono un crescente interesse ed attenzione, come dimostrato da numerosi studi in merito. Autore, Titolo Obiettivi, Risultati Principali e Conclusioni Paese, campione e Anno disegno studio Curtis L, Nutritional and Type: Review Many studies link exposure to toxins (mercury, Patel K, environmental Aim: to review the lead, pesticides) and in utero smoking exposure NY, approaches to literature of to higher level of autism or ADHD. Some USA, preventing and nutritional and studies report many nutritional deficiencies and 2007 treating autism and environmental that supplemental nutrients (omega3 FA, ADHD: a review. factors on autistic vitamins, zinc, magnesium,phytochemicals) spectrum and may provide benefits, such as avoidance of ADHD. food allergens, food chemicals and chelation therapy. SUPPLEMENTI DIETETICI • Gli Acidi Grassi Essenziali. Un interesse particolare, nell’ambito della ricerca degli ultimi decenni, è legato allo studio del ruolo degli acidi grassi essenziali polinsaturi (EFA) nell’ ADHD, in particolare dell’omega -3 (DHA), omega- 6 (GLA) e dei loro derivati a lunga catena, i cosiddetti PUFA (Polinsatured Fatty Acids: l’acido arachidonico(AA) e l’eicosapentaenoico(EPA)). 14
Sono state effettuate numerose ricerche in ambito neuropsichiatrico, che hanno messo in relazione l’implicazione di tali molecole nello sviluppo del SNC e nell’eziopatogenesi di alcune patologie psichiatriche e degenerative, come la demenza senile e l’Alzheimer (per una trattazione approfondita si veda Guesnet P. et al., 2005). In uno studio del 2004, Hallahan e Garland, hanno preso in esame diversi trial clinici, che hanno evidenziato l’utilità degli EFA in disturbi del comportamento con impulsività, violenza e depressione (Hallahan, Garland, 2004). La loro funzione neuromodulatrice sembra, infatti, essere indispensabile per assicurare uno sviluppo normale del SNC; pertanto una loro carenza relativa o assoluta, in età infantile, viene chiamata in causa in numerosi studi sui disturbi neuropsichiatrici infantili. La carenza di queste sostanze, o un loro specifico deficit metabolico, si associa ad una ridotta capacità di apprendimento, correlata a diminuite facoltà attentive, motivazionali, mnesiche e neurolinguistiche, nonché ad un ritardo nello sviluppo della vista. In particolare, per quanto riguarda l’ADHD, un crescente numero di ricerche indica che bambini con ADHD hanno livelli inferiori di acidi grassi polinsaturi (in particolare omega 3) e dei loro derivati a lunga catena, e per converso hanno una proporzione maggiore di acidi grassi saturi, rispetto a bambini che non hanno una diagnosi di ADHD (Antalis 2006). Uno studio condotto da Spahis nel 2008 su 37 bambini con ADHD versus 35 controlli sani, ha evidenziato che interessanti cambiamenti nel profilo lipidico e lipoproteico e nello stato ossidativo si verificano in pazienti con ADHD: si osserva infatti una riduzione nei livelli di triacilgliceroli e fosfolipidi, mentre il colesterolo libero e HDL e l’apoproteina A risultano essere presenti in quantitativi maggiori. Inoltre la proporzione di acidi grassi saturi risulta essere maggiore e quella degli acidi grassi polinsaturi inferiore. Infine è stata notata una riduzione della perossidazione lipidica, mentre l’attività della delta-6 desaturasi risulta invariata. Anche Colter nel 2008 ha rilevato anomali profili nel metabolismo degli acidi grassi essenziali in 11 adolescenti con diagnosi di ADHD, confrontati con campioni di controllo. In aggiunta a quanto detto, è stato evidenziato come segni clinici spesso presenti in questi bambini, quali sete eccessiva, frequenti minzioni, pelle secca e desquamata, disturbi comportamentali, siano gli stessi che si associano ad un deficit di PUFA. Un altro segno tipico dell’ADHD è risultato essere una sorta di intolleranza all’acido salicilico: poiché i salicilati interferiscono con la glico-ossigenasi nel passaggio metabolico da PUFA ad eicosanoidi, la loro assunzione potrebbe esacerbare le problematiche connesse a bassi livelli di EPA (V. Manna, 2007). Un certo numero di studi, emersi negli ultimi anni, ha focalizzato l’attenzione sul trattamento dell’ADHD con supplementazioni di acidi grassi polinsaturi. Nel complesso, questi studi hanno apportato dei risultati positivi, come rilevato da una review condotta da Richardson nel 2006. In uno studio (Richardson, 2002 ), 41 bambini con ADHD e difficoltà nell’apprendimento sono stati trattati per 12 settimane con una supplementazione di omega 3 e omega 6 o con placebo: il gruppo di trattamento attivo ha manifestato un significativo miglioramento nella concentrazione, nell’ansia e nei comportamenti, rispetto al gruppo di controllo trattato con placebo. Un trial randomizzato condotto sempre da Richardson nel 2005 su 117 bambini di età compresa tra i 5 ed i 12 anni, con disturbi del comportamento e dell’apprendimento, ha dimostrato un netto miglioramento nei bambini trattati con una miscela di acidi grassi (EPA, DHA e GLA) nelle capacità di lettura, scrittura e nel comportamento, rispetto al campione di controllo trattato con placebo. In uno studio condotto nel 2007 da Sinn e Bryan, un gruppo di 132 bambini con ADHD è stato sottoposto a trattamento con acidi grassi omega 3 e acido gamma linolenico (GLA) o placebo; anche in questo caso, il gruppo che aveva ricevuto il trattamento attivo mostrava un miglioramento sintomatologico statisticamente significativo versus placebo. Studi condotti da Sinn nel 2008 su 104 bambini con ADHD hanno inoltre dimostrato come la somministrazione sia di acidi grassi essenziali (omega 3 e omega 6) che di PUFA, multivitaminici e minerali, si accompagni ad un miglioramento nell’attenzione e nel controllo rispetto al placebo, con evidenti miglioramenti alle scale psicometriche (Conners per genitori) dopo 15 settimane di trattamento. 15
Un risultato analogo è stato ottenuto da Stevens in uno studio condotto nel 2003 su 50 bambini con ADHD: confrontando gli effetti della somministrazione di una miscela di acido ecosapentaeonico (EPA) e gamma linoleico (GLA) con placebo, veniva dimostrato un significativo miglioramento negli aspetti comportamentali ed attentivi nel campione trattato rispetto al placebo. Uno studio condotto in India nel 2006 da Joshi ha rilevato una riduzione dell’iperattività alle scale psicometriche successivamente a supplementazione con acido alpha linolenico (ALA). Harding nel 2003 ha paragonato gli effetti della supplementazione dietetica con acidi grassi con quelli ottenuti successivamente a somministrazione di Metilfenidato in un gruppo di 20 pazienti con ADHD, rilevando un’efficacia equivalente dei due trattamenti nel migliorare l’attenzione e l’autocontrollo. Già uno studio effettuato da Arnold nel 1989 su 18 bambini con ADHD metteva a confronto gli effetti della somministrazione dell’acido omega 6 rispetto al placebo e alle amfetamine, rilevando l’assenza di differenze significative tra i tre trattamenti, con un lieve miglioramento sull’iperattività ottenuto con somministrazione di omega 6, che risultava minore rispetto agli effetti della d-amfetamina ma superiore rispetto al placebo. Nonostante i promettenti risultati ottenuti in questo campo, esistono, tuttavia, alcuni studi che hanno riportato dei risultati negativi: c’è da sottolineare però come in alcuni di essi i bambini durante lo studio non abbiano interrotto il trattamento con psicostimolanti, rendendo difficile rilevare eventuali effetti positivi di un trattamento con acidi grassi (Voigt 2001, Arman 1987, Johnson 2008). Tab.3 Supplementi dietetici: acidi grassi essenziali Autore, Titolo Obiettivi, Risultati Principali e Paese, Anno campione e disegno studio conclusioni Arnold E. et Gamma-linolenic acid Studio effettuato su 18 bambini di Non differenze significative al. , USA, for attention-deficit età compresa tra i 6 e i 12 anni, con i tre trattamenti: leggero 1989 hyperactivity disorder: controllato con placebo, cui è miglioramento con l’acido placebo-controlled stato somministrato in sequenza gamma linolenico comparison to D- random, placebo, D-amfetamina e sull’iperattività, rispetto al amphetamine acido gamma-linolenico, ognuno placebo ma in misura minore per un mese. rispetto alla d-amfetamina Stevens L. et EFA supplementation in Studio randomizzato effettuato su Il campione trattato ha al., USA, children with inattention, 50 bambini, trattati con una dimostrato un significativo 2003 hyperactivity, and other miscela di acido miglioramento negli aspetti disruptive behaviors. ecosapentaeonico (EPA) gamma comportamentali ed linoleico (GLA), confrontati con attentivi, rispetto al placebo placebo Richardson, A randomized double- Studio randomizzato e in doppio Dopo 12 settimane il AJ, Puri BK, blind, placebo-controlled cieco, controllato con placebo, campione trattato ha UK, study of the effects of effettuato su 41 bambini di età presentato un netto 2002 supplementation with compresa tra gli 8 ed i 12 anni, miglioramento nella highly unsaturated fatty dislessici con ADHD, trattati con concentrazione, nell’ansia e acids on ADHD-related omega-3 e omega-6 nei comportamenti, rispetto symptoms in children al gruppo di controllo with specific learning difficulties. Richardson The Oxford-Durham Trial randomizzato cross-over, Netto miglioramento nei A., Study: A Randomized, effettuato su 117 bambini di età bambini trattati con acidi Montgomery Controlled Trial of compresa tra i 5 ed i 12 anni, con grassi nelle capacità di P., UK, Dietary Supplementation disturbi del comportamento e lettura, scrittura e nel 2005 With Fatty Acids in dell’apprendimento, trattati con comportamento, rispetto al 16
Children With una miscela di acidi grassi (EPA, campione di controllo. Dopo Developmental DHA e GLA) vs placebo. il cross-over, cambiamenti Coordination Disorder. simili sono stati osservati nel gruppo placebo di controllo Sinn N. , Effect of Studio randomizzato in doppio Dopo 15 settimane, sono Bryan J, supplementation with cieco, controllato con placebo, emerse differenze Australia, polyunsaturated fatty effettuato su 104 bambini tra i 7 significative nella Conners 2007 acids and micronutrients ed i 15 anni, trattati con PUFA dei genitori, nei bambini che on learning and behavior versus placebo. avevano ricevuto PUFA, problems associated with rispetto al controllo child ADHD Sinn N. et al., Cognitive effects of Studio randomizzato in doppio Il gruppo trattato con PUFA, Australia, polyunsaturated fatty cieco, controllato con placebo, multivitaminici e minerali, ha 2008 acids in children with effettuato su bambini tra i 7 ed i presentato un miglioramento attention deficit 12 anni ai quali sono stati nell’attenzione e nel hyperactivity disorder somministrati PUFA, controllo. symptoms. A multivitaminici e minerali versus randomised controlled placebo. trial. Autore, Paese, Titolo Obiettivi, Risultati Principali e Anno campione e disegno studio Conclusioni Joshi K, Lad S, Supplementation with Type: research article. Post supplementation levels Kale M et al, flaw oil and vitamin C Aim: to evaluate the effect of of RBC membrane fatty India, 2006 improves the outcomes alpha linolenic (ALA)-rich acids were higher than pre- of ADHD nutritional supplementation on treatment. Reduction in blood fatty acid composition and hyperactivity (ADHD rating behaviour in children with ADHD. scale). Sinn N., Physical fatty acid Type: population study Correlation between FADS Australia, deficiency signs in Aim: to study correlation between and ADHD is found in 2007. children with ADHD fatty acid deficiency symptoms study1. FADS not improved symptoms. (FADS) and ADHD. after supplementation with Sample: 2 study in 7-12 years old PUFA. ADHD symptoms children:1) study on general improve in PUFA group (not population (347); 2) study on related with FADS). FADS ADHD children (104). are not a selection criterion Methods: supplementation with for children with ADHD who PUFA vs placebo for 15 weeks. might benefit from PUFA supplementation. Harding K, Outcome-based Type: research article. Both group showed Judah R, Gant comparison of Ritalin Sample: 20 children with ADHD. significant gains on C, USA, 2003 versus food-supplement Methods: subject divided into 2 IVA/CPT full scale response treated children with groups: 1)treated with and attention control ADHD. Ritalin(10);2)treated with dietary quotients. Same supplements(10).Outcome improvement in the four sub- measures: Intermediate Visual and quotients: auditory and auditory/continuous performance visual response control, test (IVA/CPT). auditory and visual attention quotients. Effectiveness of 17
Puoi anche leggere