ANIEM Rassegna Stampa del 16/12/2014

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   Rassegna Stampa del 16/12/2014

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INDICE

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SCENARIO EDILIZIA
   16/12/2014 Corriere della Sera - Bergamo                                                     6
   Sinterplast in preconcordato Attività affittata alla Roplast

   16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                    8
   Commissari per tre appalti Expo

   16/12/2014 La Repubblica - Milano                                                            9
   Expo, alt della Corte dei Conti a incarichi dati senza gare e costi a rischio lievitazione

   16/12/2014 La Repubblica - Palermo                                                           11
   La holding da 4 miliardi del superlatitante

   16/12/2014 Il Messaggero - Nazionale                                                         13
   Italia, da quarto mercato del mondo a fuori dalla top ten

   16/12/2014 Il Messaggero - Nazionale                                                         14
   «Un aiuto per le famiglie»

   16/12/2014 Il Messaggero - Frosinone                                                         16
   Ecatombe tra gli edili:dal 2009 licenziati in 5.800

   16/12/2014 Il Giornale - Nazionale                                                           17
   Il buco coperto da finte vendite Ecco le carte della truffa coop

   16/12/2014 Il Mattino - Caserta                                                              19
   La commissione edilizia approda in Consiglio

   16/12/2014 Libero - Milano                                                                   20
   Nuovo allarme pioggia «Il cantiere alla Darsena può slittare dopo Expo»

   16/12/2014 Il Secolo XIX - Nazionale                                                         21
   VIA IL LIMITE DEI 10 METRI TRA DUE COSTRUZIONI

   16/12/2014 Il Secolo XIX - Genova                                                            22
   Ex Boero, via ai lavori per supermarket e nuovi appartamenti
16/12/2014 ItaliaOggi                                                               23
  La casa è stata ridotta a bancomat per lo Stato

SCENARIO ECONOMIA
  16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                          26
  Piccole imprese: più garanzie

  16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                          28
  «Bene la flessibilità In Europa serve una vera politica economica»

  16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                          29
  «Bce, acquisto di titoli su larga scala»

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           31
  La partita del Colle e i rischi Ue

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           33
  L'Europa buco nero tra Asia e Usa

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           35
  Piazza Affari: le banche si risolleveranno solo con il Qe

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           36
  Faro Consob sul titolo Mps Carige, oggi il Cda sul capital plan

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           38
  «Bce acquisti titoli se rischio deflazione»

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           40
  La Cina apre ai prosciutti italiani

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           42
  Se il made in Italy è ostaggio delle scartoffie

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           43
  Malpensa respira: più passeggeri intercontinentali

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                           44
  Consumi prima che investimenti

  16/12/2014 La Repubblica - Nazionale                                                46
  Crollano rublo e petrolio shock sulle Borse bruciati 200 miliardi

  16/12/2014 La Repubblica - Nazionale                                                47
  Olimpiadi, la scommessa dell'Italia

  16/12/2014 La Repubblica - Nazionale                                                49
  Un capitalismo ancora familiare Ma i fondi esteri nuovi mattatori delle assemblee
16/12/2014 La Stampa - Nazionale                                                         50
  Se Juncker taglia la ricerca

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                51
  Con l'intesa Accor-Huazhu Parigi più vicina a Pechino

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                52
  Banca Carige va ko in borsa (-7%) nonostante l'ok al piano e l'interesse dei big per
  Cesare Ponti

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                54
  Visco replica a Weidmann: indispensabile il Qe di Draghi, sennò è deflazione

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                56
  Stabilità, spuntano 150 mln per il Tetra Finmeccanica

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                57
  Un cordone intorno a Malpensa

  16/12/2014 MF - Nazionale                                                                58
  La Bce sulle riforme chiede agli Stati decisione ed efficacia. Le dimostri essa stessa
  sul Qe

SCENARIO PMI
  16/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                               61
  Da Sesto a Pechino L'insulina italiana esportata in Cina

  16/12/2014 Il Sole 24 Ore                                                                62
  Per Italia Independent e Marcolin joint all'estero

  16/12/2014 Il Messaggero - Nazionale                                                     64
  Hsbc scommette sull'Italia: «Un ponte verso il mondo»

  15/12/2014 L Impresa                                                                     65
  La tenuta delle Pmi
SCENARIO EDILIZIA

13 articoli
16/12/2014                            Corriere della Sera - Bergamo                                           Pag. 9
                                           (diffusione:619980, tiratura:779916)

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 Sinterplast in preconcordato Attività affittata alla Roplast
 Intorno all'azienda di Terno un polo per lo stampaggio della plastica
 Fabio Spaterna

 La Sinterplast di Ciserano, nota per la produzione di campane e cassonetti in plastica per la raccolta
 differenziata, è stata ammessa al concordato preventivo dal Tribunale di Bergamo, dopo avere presentato a
 luglio domanda di concordato in bianco.
 Dalla procedura è nato un piccolo polo bergamasco nel settore dello stampaggio plastico, comparto che,
 anche se non in caduta libera come l'edilizia o il tessile, sta attraversando un prolungato periodo di difficoltà.
 Il ramo d'azienda della Sinterplast, successivamente posta in liquidazione, è stato infatti affittato alla Roplast
 di Terno d'Isola. L'operazione prevede l'affitto per quattro anni, a un canone annuo di 180 mila euro, con
 impegno all'acquisto alla scadenza per 1,8 milioni di euro.
 La Roplast e la Sinterplast, rispettivamente circa 1,5 milioni e quasi 5 milioni di giro d'affari nel 2013, sono
 attive nello stesso settore, ovvero la lavorazione e la trasformazione di materie plastiche, realizzando
 manufatti in polietilene riciclabile: la Roplast, tra l'altro, ha fornito stampi per le opere di «Cracking Art»
 installate all'Orio Center.
 Nata nel 1988, la Sinterplast, che ha anche divisioni che realizzano prodotti industriali e per cantieri (servizi
 igienici portatili e barriere stradali), dal 1990 si è specializzata nella produzione di campane e cassonetti per
 le raccolte differenziate. L'azienda di Ciserano è però entrata in una spirale negativa, accumulando debiti per
 6,6 milioni di euro. Il piano concordatario prevede il pagamento integrale dei creditori privilegiati e stima un
 pagamento al 18,52% per i creditori chirografari (senza garanzie), grazie anche alla continuità dell'attività
 aziendale attraverso l'affitto del ramo d'azienda. «Una situazione che renderà più agevole e proficua la
 liquidazione del magazzino», viene spiegato nella relazione firmata dal liquidatore (e amministratore unico)
 Angelo Bastoni e dagli advisor Antonio Lopa e Luigi Lepore. La situazione ha prima portato, nel 2013, alla
 trasformazione di Sinterplast da società per azioni ad una a responsabilità limitata, e poi, a ottobre di
 quest'anno, alla liquidazione volontaria. Nel mezzo l'operazione con la Roplast, già operativa sulle quattro
 linee di stampaggio di Sinterplast. «A Terno d'Isola la Roplast ha ancora un forno, ma l'intenzione è di
 concentrare sia la produzione che gli uffici a Ciserano - spiega Simone Alloni della Femca-Cisl -. L'operazione
 non fa una piega: da una parte avevamo la Sinterplast, capace di raccogliere un buon numero di commesse
 ma in crisi di liquidità; dall'altra la Roplast, con maggior difficoltà a raccogliere ordini ma finanziariamente
 solida. Per noi è stato importante aver salvaguardato il posto della maggior parte dei dipendenti».
 L'operazione ha comportato l'uscita di sei impiegati della Sinterplast, finiti prima in cassa integrazione in
 deroga e poi in mobilità: hanno mantenuto l'occupazione 25 dipendenti Sinterplast che sommati ai 18 Roplast
 portano l'organico a 43 persone.
 «Non sarà facile, viste le difficoltà del settore, ma confidiamo che l'operazione possa favorire il rilancio -
 aggiunge Massimiliano Ratti della Filctem-Cgil -. Entrambe le aziende escono da una prolungata fase di
 utilizzo di ammortizzatori sociali: alla Roplast a ottobre è terminato un anno di Cigs, mentre alla Sinterplast,
 dopo alcuni contratti di solidarietà, a seguito dell'operazione con Roplast abbiamo chiesto la sospensione
 della cassa integrazione».
 Ora i sindacati mirano ad un contratto di solidarietà estesa a tutti i lavoratori di entrambe le società, in attesa
 dell'auspicato rilancio. Con la Sinterplast che, forte della solidità finanziaria di Roplast, potrà tornare a
 partecipare a gare d'appalto per la fornitura pubblica dei cassonetti.
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 1,5 Milioni di euro Il giro d'affari 2013 di Roplast, che fa capo alla famiglia dell'amministratore unico
 Michele Pigatto

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                                         6
16/12/2014                              Corriere della Sera - Bergamo                                              Pag. 9
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 4,9 Milioni di euro Il valore della produzione 2013 della Sinterplast, guidata dall'ammini-stratore unico Angelo
 Bastoni 43 L'organico del gruppo dopo l'affitto. Di questi 18 sono i dipendenti Roplast e 24 quelli della
 Sinterplast
 La scheda
 La Sinterplast produce dal 1988 manufatti in polietilene riciclabile con la tecnica dello stampaggio rotazionale
 La sua attività si svolge in tre ambiti: prodotti per cantieri (divisori stradali e bagni portatili), divisione ecologia
 (campane e cassonetti per la raccolta) e divisione industriale (dai manichini ai galleggianti)
 Foto: Campane La Sinterplast è specializzata in cassonetti per i rifiuti

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                                              7
16/12/2014                                         Il Sole 24 Ore                                               Pag. 14
                                           (diffusione:334076, tiratura:405061)

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 Verso il 2015. Oggi il prefetto di Milano affida i lavori per la Darsena, lo stralcio Gamma e il lotto B1 della
 Zara-Expo
 Commissari per tre appalti Expo
 Destinatarie la Gimaco di Sondrio e un'altra impresa accusate di collusioni mafiose
 Sara Monaci

 MILANO
 In arrivo nuovi commissariamenti per Expo. Stavolta non si parla di corruzione ma di ipotesi di collusioni
 mafiose, che hanno fatto scattare l'interdittiva da parte della prefettura di Milano per due aziende e tre appalti.
 In tutti e tre i casi si parla di opere connesse al sito espositivo, considerate prioritarie dalla società di gestione
 dell'evento e dalle istituzioni, in particolare dal Comune di Milano. Per questo si è scelto il commissariamento
 piuttosto che quella della sospensione delle imprese dai cantieri, come solitamente è stato fatto per altre
 società con le stesse accuse.
 I provvedimenti - che dovrebbero essere tre (uno per ogni opera) - dovrebbero essere firmati oggi dal prefetto
 Paolo Francesco Tronca. In tutto sono 63 le interdittive della prefettura, per 44 aziende.
 Il primo importante cantiere finito nel mirino è quello per la riqualificazione della Darsena, il quartiere di Milano
 in cui sfoceranno le cosiddette "vie d'acqua", in fase di realizzazione. I lavori serviranno a ristrutturare il
 bacino idrico con zone verdi, percorsi, parcheggi e strutture per il mercato. Valore dell'asta 12 milioni (vinto
 con un ribasso del 30%). L'azione antimafia del prefetto è scattata nei confronti della Gimaco, azienda di
 Sondrio (che ha respinto ogni accusa).
 Dal punto di vista operativo è praticamente impossibile sospenderla facendo subentrare un'altra azienda,
 quindi la soluzione migliore sia per il Comune che per la prefettura è sembrata proprio quella del
 commissariamento, strada già percorsa per altre due aziende, la Maltauro e la Tagliabue, relativamente agli
 appalti delle vie d'acqua e delle architetture di servizio (nel primo caso entrambe le aziende; nel secondo solo
 la Maltauro). La stazione appaltante è la società Expo.
 Il secondo cantiere in odore di mafia, sempre con la Gimaco come protagonista, è quello del cosiddetto
 "stralcio gamma", la bretella stradale che collegherà la Autostrada 4 con l'area di Cascina Merlata, dove
 sorgeranno parcheggi e strutture ricettive, da cui si potrà accedere direttamente al sito espositivo di Rho. Il
 valore dell'appalto è di circa 30 milioni e la stazione appaltante è la Provincia di Milano.
 Il terzo è cantiere è il lotto B1 (cava di Triboniano) della strada Zara-Expo, strategica per collegare il flusso
 stradale cittadino proveniente da Est. Si parla di poco meno di 10 milioni. In questo caso la stazione
 appaltante dei lavori è il Comune di Milano e sono svolti da un'Ati con tre aziende. Nel mirino della prefettura
 ce n'è soltanto una.
 Non è esclusa l'ipotesi di ricorsi al Tar da parte delle aziende che non si sono aggiudicate l'appalto, anche se
 l'esperienza passata darebbe già delle indicazioni: la soluzione individuata dal legislatore per le opere Expo,
 in caso di contenziosi, è quella di proseguire le opere ricorrendo ai risarcimenti.
 Intanto ieri nuove perquisizioni della Gdf in alcuni uffici dell'ex sub commissario Expo Antonio Acerbo, agli
 arresti domiciliari da metà ottobre con l'accusa di corruzione e turbativa d'asta in relazione a presunte
 irregolarità nella gara "vie d'acqua Sud". L'inchiesta, coordinata dai pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio,
 ha portato alla necessità di ulteriori approfondimenti sul ruolo di Livio Andrea Acerbo, figlio di Antonio,
 indagato per riciclaggio, che secondo le ricostruzioni avrebbe intascato una consulenza da 36mila euro dalla
 Maltauro in cambio degli aiuti dati dal padre all'azienda in qualità di presidente della commissione. Potrebbero
 infatti essere più numerosi i contratti ottenuti, anche dopo il 2012.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                                            8
16/12/2014                                  La Repubblica - Milano                                               Pag. 5
                                            (diffusione:556325, tiratura:710716)

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 IL CASO/ LA RELAZIONE DELLA MAGISTRATURA CONTABILE SU BILANCI E PROCEDURE
 Expo, alt della Corte dei Conti a incarichi dati senza gare e costi a rischio
 lievitazione
 Critiche su Padiglione Italia e Albero della vita E nell'inchiesta Acerbo ci sono altre perquisizioni Il piano anti-
 corruzione è arrivato tardi ma la partita non è chiusa "Serve più trasparenza"
 ALESSIA GALLIONE

 TROPPE deroghe concesse per far fronte all'emergenza e ai ritardi accumulati nel passato (oltre 80 articoli
 teoricamente aggirabili), che avrebbero bisogno di «valide strategie compensative». Troppi beni e servizi
 affidati in modo diretto, senza gare: nel 2013, oltre il 68 per cento dei 64,7 milioni assegnati. Ma soprattutto,
 guardando al futuro, la preoccupazione per il costo finale delle opere che rischia di lievitare. Perché è questo
 l'allarme che lancia la Corte dei Conti nella relazione annuale sulla gestione di Expo, che in 195 pagine passa
 in rassegna tutti i capitoli. Riservandone uno corposo ai maxi appalti,a cominciare da quello finito al centro
 delle indagini della procura: la piastra. Sono lì, le «maggiori criticità». Nelle «varianti in corso d'opera», «nei
 maggiori costi sopportati rispetto ai contratti iniziali» e che a corsa non ancora terminata «registrano un
 aumento di circa 38,5 milioni per le sole varianti». Un conto che non considera però «l'ingente importo delle
 riserve iscritte dagli appaltatori per oltre 100 milioni», con una trattativa per tagliarle non ancora finita.
  Sono tutti lì, gli appunti dei magistrati contabili. Un esame dell'attività 2013 firmato da Maria Teresa Docimo,
 che sorveglia Expo anche partecipando alle sedute del cda. Tutti i tormenti sono messi in fila.A partire dal
 peccato originale, la battaglia sui terreni di Rho-Pero che ha paralizzato la società creato un effetto domino
 arrivato a toccare le gare con il conseguente rischio delle varianti. Ma la relazione arriva fino agli scandali che
 hanno scosso la società e reso indispensabile l'arrivo del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione
 Raffaele Cantone. Tanto che arriva un richiamo forte: è «indispensabile» che la società «gestisca in modo
 incisivo e trasparente i problemi ancora presenti, tra i quali quelli conseguenti ai procedimenti giudiziari in
 corso, assicurando la legalità delle procedure di affidamento delle opere e dei servizi».
   L'unica strada per «salvaguardare» oltre alle risorse pubbliche anche «l'immagine del Paese nel contesto
 internazionale».
   Le critiche piovono anche su Padiglione Italia guidato dal commissario Diana Bracco. La Corte dei Conti
 rilancia le «perplessità» di Cantone sui lavori per le strutture lungo il cardo affidati senza un bando. Così
 come quelle sull'Albero della vita. Ma è sulla gestione complessiva che arriva la staffilata.
  Spesso, come in «alcuni limitati casi di assunzioni e nell'incarico di direzione artistica»a Marco Balich, si è
 privilegiato l'intuitu personae , ovvero le qualità delle persone. E si è fatto ricorso a «procedure di affidamento
 diretto - con costi che in taluni casi come per l'Albero della vita sono apparsi elevati - a inevitabile detrimento
 del principio comunitario della concorrenza».
   La Corte ha passato in rassegna tutte le grandi opere: dalla gara per le cosiddette rimozioni delle
 interferenze con un budget già salito di 28 milioni (ad aprile 2013 i costruttori lamentavano anche 35,2 milioni
 di riserve, ma Expo ne riconosceva solo 4,4), alle Vie d'acqua (non si escludono «eventuali distorsioni della
 leale concorrenza fin dalla fase del concept e di progettazione delle singole opere») e Architetture di servizio
 commissariate. Fino alla piastra. I problemi in questo caso sono molti, messi nero su bianco anche da
 un'indagine interna della spa: assenza di misure di controllo compensativo in presenza di deroghe,
 inadeguata conservazione dei documenti di gara, 6mila alberi pagati 4,3 milioni tra le «perplessità sulla
 correttezza della forma di affidamento e la mancata verifica della congruità del prezzo», 40 milioni di lavori
 extra dati alle imprese e un «eccesso di riserve» che all'epoca, nonostante non fossero riconosciute da Expo,
 erano arrivate a «125 milioni» per poi salire ancora a 170. Ed è qui che si torna al rischio che i ribassi d'asta
 vengano annullati.
   Adesso, anche Cantone ha preso in mano la questione. E, proprio per limitare le richieste dei costruttori
 (sulla piastra Expo sostiene che non si supereranno i 20-30 milioni in più),i criteri con cui saranno studiati i

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 costi extra hanno avuto l'ok dell'Avvocatura dello Stato. Sul fronte delle misure di sorveglianza, infine, la
 Corte scrive come «la società non ha attuato un vero e proprio Piano triennale anticorruzione, pur se nel
 2014 ha elaborato un analogo documento». Per il budget, invece, l'incognita maggiore rimane il mancato
 assegno della Provincia (60 milioni) che dovrebbe staccare il governo. Non è ancora avvenuto e il
 governatore Roberto Maroni minaccia di non versare «il contributo per il 2015» della Regione. Intanto ieri la
 Guardia di finanza, su delega dei pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio che indagano sulle presunte
 irregolarità della gara della Via d'acqua Sud, ha effettuato una serie di perquisizioni in alcuni studi
 professionali per verificare se Livio Andrea Acerbo, figlio dell'ex sub commissario Expo ed ex responsabile
 del Padiglione Italia, abbia ottenuto altri incarichi, dopo la consulenza da 36mila euro ricevuta dal gruppo
 Maltauro.
  PER SAPERNE DI PIÙ www.expo2015.org www.bie-paris.org/site/en/ I PUNTI LE DEROGHE Negli anni
 sono arrivate a riguardare oltre 80 articoli: servono «valide strategie compensative» e norme ad hoc per i
 grandi eventi CASA ITALIA Finisce sotto esame la gestione: dai dubbi su Cardo e Albero della vita, a quelli
 su incarichi e procedure affidate in modo diretto LE SPESE Nel 2013 Expo ha acquistato beni e servizi per un
 valore di 64,7 milioni: per oltre il 68 per cento è avvenuto senza gara IL BUDGET Rimane l'incognita sui conti
 per i fondi previsti dalla Provincia e dalla Camera di commercio che ancora mancano all'appello
 Foto: L'ESAME A RHO-PERO La Corte dei Conti richiama la società Expo contro il rischio che aumentino i
 costi dei lavori nell'area che ospiterà i padiglioni

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 La lotta alla mafia
 La holding da 4 miliardi del superlatitante
 Nuova operazione contro il patrimonio di Messina Denaro: sigilli a un'azienda che produce olio a Campobello
 di Mazara Le mani sui marchi nazionali, dalla Despar alla Valtur. La lite con Provenzano per il pizzo sulla
 grande distribuzione IL BLITZ I Capizzi di Ribera volevano bloccare l'apertura dei supermercati Dopo il
 business dell'edilizia, investimenti nel settore delle energie rinnovabili
 SALVO PALAZZOLO

 L' ULTIMO business di Matteo Messina Denaro è negli uliveti che abbondano nella provincia di Trapani.
  Naturalmente, grazie ai soliti insospettabili prestanome. Il fantasma di Cosa nostra è diventato il produttore di
 un olio dal gusto raffinato. Questo svelano le ultime indagini condotte dal Gico del nucleo di polizia tributaria
 di Palermo e dai carabinieri del Ros. E per i fedeli imprenditori al servizio del padrino è scattato l'ennesimo
 sequestro di beni e società, che ammonta a venti milioni di euro. I provvedimenti sono stati emessi dalle
 sezioni Misure di prevenzione dei tribunali di Palermo e Trapani. L'affare dell'olio ruotava attorno all'oleificio
 della società "Fontane d'oro sas", una realtà importante del settore. Ufficialmente era intestata a due fratelli
 imprenditori di Campobello, in realtà sarebbe stata diretta da uno dei fedelissimi della primula rossa,
 Francesco Luppino, che dava disposizioni dal carcere attraverso la moglie. Dopo un primo sequestro,
 l'imprenditore trapanese Aldo Di Stefano si sarebbe prodigato per far trasferire due rami dell'azienda ad altri
 prestanome.
   Era l'ennesimo stratagemma per coprire la gestione di Luppino. «Il contrasto patrimoniale resta la via
 maestra per la lotta alla mafia», dice il generale Giancarlo Trotta, comandante provinciale della Guardia di
 finanza di Palermo. «E lo facciamo mettendo a sistema le professionalità maturate da più forze di polizia nel
 corso di questi ultimi anni».
  TOTÒ Riina continua a ripeterlo in carcere: «Questo signor Messina, questo che fa il latitante, sempre ai pali
 pensa. Pensa ai pali per fare soldi e non si interessa a noi». Messina Denaro ha una vera passione per gli
 affari, più di ogni altro mafioso. E al capo di Cosa nostra non sta bene.
  «È stato con me 4 o 5 anni - spiegava al suo compagno dell'ora d'aria - impara bene, tutto in una volta, ma si
 è messo a fare luce in tutti i posti... e a noi ci tengono in galera». Tradotto dal gergo mafioso: l'ultimo grande
 capomafia in libertà si occupa troppo di parchi eolici e poco delle sorti dell'organizzazione. Ma Messina
 Denaro è in libertà, ormai da vent'anni, ed è lui che detta la linea della nuova Cosa nostra. La linea degli
 affari, che negli ultimi tre anni valgono 4,5 miliardi euro. È una stima al ribasso, perché è solo l'ammontare dei
 sequestri effettuati da guardia di finanza, Dia, polizia e carabinieri. Bisogna ripercorrere i provvedimenti dei
 tribunali Misure di prevenzione di Palermo e Trapani per comprendere la strategia. Sì, perché, la parola
 d'ordine di Messina Denaro è diversificare gli investimenti. Anche per evitare eccessivi rischi provenienti dalle
 indagini, e di questi ultimi tempi si sono fatti davvero tanti. La holding della mafia trapanese ha investito prima
 nell'edilizia, poi nella grande distribuzione, poi ancora nel settore dell'energia pulita. Qualcuno ipotizza che
 non sia tutto frutto di una strategia economico-finanziaria, ma che Matteo abbia solo avuto il carisma di
 raccogliere attorno a sé tanti imprenditori che erano in cerca di fortuna.E in effetti la primula rossa di
 Castelvetrano ha trasformato in oro tutte le piccole aziende in cui è entrato. E ha reso ricchi, ricchissimi tutti i
 piccoli imprenditori che hanno chiesto di essere ammessi alla sua corte.
  Così accadde a Vito Nicastri e a Giuseppe Grigoli, trent'anni fa piccoli artigiani: sono diventati il patron del
 settore eolico da Napoli in giù e il rappresentante siciliano dell'influente marchio Despar. Naturalmente, loro si
 vantavano di essere dei self made man. La stessa vanteria di Carmelo Patti, il patron di Valtur, o di Rosario
 Cascio, il re del cemento nella Sicilia occidentale. Anche loro hanno iniziato con una piccola bottega o una
 minuscola ditta e nel giro di vent'anni sono diventati i signori dell'imprenditoria. A Trapani e nel resto d'Italia.
  Bisogna leggere i pizzini di Messina Denaro ritrovati nel covo di Bernardo Provenzano per capire chi sono gli
 imprenditori soci dell'imprendibile latitante.

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  Grigoli era «il paesano mio». Così lo chiamava il padrino, che era andato su tutte le furie quando aveva
 saputo che i capimafia di Agrigento gli avevano chiesto il pizzo per l'apertura di alcuni supermercati a Ribera.
 Così, Messina Denaro aveva scritto direttamente a Provenzano, chiedendo un suo autorevole intervento
 contro i Capizzi di Ribera, che volevano pure loro sfondare nel settore della grande distribuzione, e avevano
 finito per litigare con Grigoli, non pagando un debito per le forniture. Presto cominciò un lungo carteggio. E
 per mesi, i messaggeri dei padrini viaggiarono verso Corleone, e poi verso Trapani e Agrigento. Perché il
 capo di Cosa nostra interessò della questione il pari grado di Messina Denaro, ovvero il rappresentante di
 Agrigento, Giuseppe Falsone.
  Che naturalmente, prese le difese di Capizzi, nome in codice "Cpz". Anche il pizzino di Falsoneè stato
 trovato nel covo di Provenzano. Messina Denaro non indietreggiò. Inviò addirittura copia delle fatture a
 Provenzano: «Il debito è 297.097,13».
  Aggiunse: «Capizzi prima restituiscai soldi che siè presoe dopo gli amici di Ag mi dicono cosa vogliono dal
 mio paesano ed io sono disponibile a sistemare il tutto. E' ormai una questione di principio. Io ho fatto della
 correttezza la mia filosofia di vita».
  Non sappiamo come andò a finire. Provenzano fu arrestato prima. Ma in questi pizzini è rimasta la «filosofia»
 di Messina Denaro, che protegge fino all'estremo i suoi prestanome.
  «Quegli affari sono la linfa vitale per una latitanza ormai diventata ventennale - dice il colonnello Francesco
 Mazzotta, comandante del nucleo di polizia tributaria di Palermo - ecco perché noi proseguiamo nella
 sistematica attività di spoliazione patrimoniale a carico di quei soggetti che sono ritenuti più vicini a Matteo
 Messina Denaro».
  Così, lo Stato prova a stringere il cerchio attorno all'uomo che da vent'anni deve scontare una condanna
 all'ergastolo per le stragi del 1993. Un vero fantasma. Di lui ci sono solo tracce di soldi e di affari.
  IL DOSSIER PER SAPERNE DI PIÙ giustizia.it palermo.repubblica.it "FANTASMA" LATITANTE DAL '93 Il
 boss Matteo Messina Denaro, indicato come il nuovo capo dei Cosa nostra, dopo la cattura di Bernardo
 Provenzano è ricercato dal 1993.
  Il capomafia trapanese è al centro degli affari gestiti dalle cosche che negli ultimi tre anni hanno subito
 sequestri di beni per 4 miliardi e mezzo di euro La holding di Matteo Messina Denaro e i prestanome sotto
 accusa TURISMO CARMELO PATTI patron di Valtur chiesto il sequestro di beni e società per 5 miliardi
 gennaio 2012 ENERGIE ALTERNATIVE VITO NICASTRI sequestrate beni e società per 1 miliardo 300
 milioni di euro aprile 2003 EDILIZIA VITO TARANTOLO sequestrate società per 25 milioni di euro settembre
 2012 GRANDE DISTRIBUZIONE GIUSEPPE GRIGOLI rappresentante Despar Sicilia Occidentale confiscate
 società per 700 milioni di euro maggio 2013 PRODUZIONE DI OLIO FRANCESCO LUPPINO sequestrate
 beni e società per 1 milione di euro dicembre 2013

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 Italia, da quarto mercato del mondo a fuori dalla top ten
 L'AUTOMOTIVE RESTA IL PRIMO CONTRIBUENTE MA IL SUO APPORTO AL PIL È SCESO DALL'11,7%
 AL 7,8%. SERVIREBBE UN PIANO NAZIONALE
 G.Urs.

 LO SCENARIO Un altro record italiano. Purtroppo negativo. La Penisola, simbolo della tecnologia
 motoristica, del design e delle belle auto, all'alba del nuovo millennio era ancora il quarto mercato
 automobilistico del mondo, mentre ora è scivolato fuori dalla top ten. Dal punto di vista della produzione
 siamo messi anche peggio. La patria delle Ferrari e delle Maserati, delle Alfa e delle Lamborghini, delle
 Lancia e delle Isotta Fraschini sta addirittura uscendo dalle prime 20 posizioni della classifica planetaria,
 preceduta da paesi che non hanno più un costruttore nazionale e anche da new entry con un passato molto
 meno glorioso come Messico, Thailandia, Indonesia, Turchia, Repubblica Ceca e, addirittura, Slovacchia.
 POCHI COSTRUTTORI Le cause di quest'ultimo problema sono facilmente individuabili: nessun paese fra
 quelli che ci precedono in graduatoria ha fabbriche di un solo costruttore. In troppi erano distratti negli anni
 '60 e '70 fino agli '80 quando Spagna e Gran Bretagna prime fra tutte hanno fatto a gara AMATISSIMA
 Nonostante le difficoltàgli italiani che usano l'auto sono cresciuti nell'ultimo decennio per accogliere costruttori
 esteri, favorendo entrambe la nascita di stabilimenti di almeno una decina di marchi. Dato un bel colpo
 all'industria e alle relative occupazione e tecnologia, siamo passati al mercato. Qui era più difficile poiché,
 com'è noto, gli italiani sono dei grandi appassionati e poi hanno necessità delle vetture poiché il territorio è
 frastagliato e i mezzi pubblici nemmeno tanto efficienti. Serviva un lavoro preparatorio e lo abbiamo fatto con
 cura (anche nel trasporto aereo non siamo andati male). Invece di prendere atto che l'auto è un bene sociale
 da salvaguardare (chiaramente limitandone l'uso dove e quando necessario) poiché garantisce libertà
 individuale e con lo spostamento delle persone alimenta il Pil, abbiamo iniziato a martellarla con tasse di tutti i
 generi, manco fosse un pozzo di San Patrizio. Da una parte balzelli a più non posso (carburanti e
 assicurazioni più cari d'Europa), dall'altra ostacoli di ogni genere (Ztl, strisce blu, tutor e autovelox a
 tradimento) per dissuaderne l'utilizzo (non solo in città) senza proporre alternative concrete. Una serie di
 manovre che il Censis definisce "rigor d'auto". Il terreno era ormai pronto, l'incudine calda; per dare il colpo di
 grazia serviva il martello che è arrivato con lo scoppio della crisi economica. A quel punto sarebbe stato come
 fermare l'acqua che esce da uno scolapasta. In pochi anni le vendite sono crollate del 48%, quelle dei privati
 del 55%. Ci hanno rimesso gli italiani che si muovono di meno, ci ha rimesso lo Stato che ha perso entrate, ci
 ha rimesso il Paese diventato più insicuro e inquinato a causa dell'invecchiamento del parco circolante che
 peraltro è fra i più grandi d'Europa. IL FISCO PERDE Il numero delle vetture è continuato a crescere, ma i
 consumi di carburante sono diminuiti di oltre il 20% in 6 anni, l'automotive è sempre il primo contribuente
 dell'erario (16,5% del totale) ma solo lo scorso anno (pur restando sopra i 70 miliardi) ha versato 2 miliardi in
 meno. Il mercato ha perso un milione di veicoli l'anno, il fatturato della distribuzione è sceso del 23%,
 l'occupazione di oltre il 7%. Il contributo dell'intero comparto al Pil nazionale è crollato di 3,9 punti, dal 11,7%
 al 7,8%. Un disastro. Cosa bisognerebbe fare? I buoi sono ormai lontani dalla stalla ma, oltre ad interventi
 contingenti per far ripartire il motore, servirebbe scrivere un "piano" partendo da un foglio bianco che indichi
 con precisione cosa è come deve essere trattata l'auto e al quale tutti dovrebbero attenersi nel momento in
 cui effettuano degli interventi. Un approccio che gli altri paesi, soprattutto i più importanti, hanno adottato da
 anni.

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 L'intervista Massimo Nordio
 «Un aiuto per le famiglie»
 L'Associazione dei costruttori esteri chiede la detraibilità di una parte dei costi di acquisto delle nuove vetture,
 una scintilla che farebbe ripartire il mercato abbassando l'età del nostro parco circolante con grandi vantaggi
 per l'ambiente e la sicurezza UN'OPERAZIONE CHE NEL MEDIO PERIODO NON COSTEREBBE ALLO
 STATO, ANZI L'IVA PORTEREBBE UN FLUSSO POSITIVO
 Giorgio Ursicino

 Inutile nasconderlo, una crisi ancora più dura di quella del lontano 1929 ha dato un brutto colpo all'economia
 e all'umore del Belpaese. In pochi anni è andato un fumo un decimo del Pil, un quarto della produzione
 industriale e la disoccupazione ha raggiunto livelli record (13,2%), con un picco di addirittura il 43,3% fra i
 giovani. Sono scesi anche i consumi al dettaglio e in alcuni mesi, oltre alla recessione, abbiamo assaporato
 anche la deflazione. Certo non si può pensare ad un futuro senza ripresa, ma più di qualcuno sostiene che
 per tornare al prodotto interno lordo antecrisi bisognerà attendere il 2024, come avere fermato l'orologio dello
 sviluppo per quasi un ventennio. In questo quadro generale certo poco allegro ci sono settori che stanno
 peggio di altri e alcuni di questi sono di grande importanza per le sorti del Paese. Nel clima di incertezza gli
 italiani hanno privilegiato risparmi e liquidità ai consumi e in questi ultimi hanno spostato la spesa dai beni ai
 servizi, penalizzando in particolare i "durevoli". Dal 2007 al 2103 le vendite di auto sono diminuite del 48%
 (nell'edilizia il calo è stato del 45%), un crollo spaventoso che ha ridisegnato un settore che resta il principale
 contribuente per il fisco. Ora Massimo Nordio, il presidente dell'Unrae (l'Associazione dei costruttori esteri),
 lancia una proposta che, «senza incidere sulle casse dello Stato», potrebbe dare un impulso al mercato con
 notevoli conseguenze positive. Presidente dopo un periodo difficile le vendite quest'anno sono in ripresa, è
 proprio necessario l'intervento del governo? «Qualche piccolo segnale c'è e di questo siamo tutti contenti. Ma
 certo non basta. Il problema restano le famiglie che hanno la necessità di sostituire le loro vetture, ma a
 quanto pare non possono o non vogliono farlo. Serve un qualcosa che rimetta in moto il ricambio delle
 vetture, serve qualcosa che li invogli a farlo». Ma perché le famiglie sono messe così male? «Dal 2007 al
 2013 il totale mercato ha perso il 48%, gli acquisti degli utenti privati sono scesi di circa il 55%. La perdita è
 quasi tutta qui. Un milione di vetture l'anno andate in fumo, da oltre 1,8 milioni a poco più di 800 mila. Anche
 quest'anno la ripresa è in gran parte dovuta alla spinta delle auto aziendali, a fine novembre i privati hanno
 acquistato solo 18 mila vetture in più rispetto al 2013, 15 mila delle quali negli ultimi due mesi». Quindi il
 fenomeno è preoccupante? « P r e o c c u p a r s i non serve a nulla, quello che conta è che genera numerosi
 aspetti negativi sulla vita delle persone e sul Paese». Quali sono i principali? «La mobilità è un diritto, è
 indispensabile per vivere e lavorare, è tutelata anche da alcuni articoli della Costituzione. E a quanto pare gli
 italiani preferiscono o sono costretti ad utilizzare l'auto quotidianamente. Che sia così è evidente da alcuni
 dati: da quando è iniziata la crisi le vendite si sono dimezzate, ma il parco circolante è addirittura cresciuto, la
 gente non rinuncia all'auto è solo costretta a non cambiarla, quindi ad utilizzare veicoli più vecchi» . Ci sono
 altre elementi a sostegno di questa tesi? «Il rapporto del Censis sottolinea che in un decennio gli italiani che
 utilizzano quotidianamente l'auto sono cresciuti di due punti in percentuale, superando il 60%, mentre è
 sceso l'utilizzo degli autobus e quello delle due ruote». Il crollo del mercato che conseguenze ha portato nella
 vita di tutti i giorni? «Con molte meno vendite e un parco circolante in crescita si è chiaramente alzata la vita
 media dei veicoli che è passata dai 7,5 anni del 2006 ai 9,5 attuali». Gli italiani non hanno rinunciato all'auto,
 ma la utilizzano meno e pensano che anche se è un po' più vecchia può andare bene lo stesso. «Non è così,
 l'impatto sull'ambiente e la sicurezza è molto forte. Abbiamo ormai 10 milioni di auto di oltre 10 anni, se
 venissero sostituite le emissioni di CO2 scenderebbero da 22,5 milioni di tonnellate a 12,2. Abbattere le
 emissioni di CO2 è anche una delle principali richieste dell'Europa. Poi la sicurezza: se avessimo continuato
 a sostituire le vetture al ritmo del passato avremmo avuto una riduzione della mortalità di quasi l'8%: il tasso
 di mortalità di un'auto di oltre 11 anni è triplo rispetto a quelle che ne hanno meno di 2». Cosa proponete
 quindi? «Forse è la prima volta che avviene. Mai un'associazione di produttori si era rivolta ai consumatori se

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16/12/2014                             Il Messaggero - Ed. nazionale                                            Pag. 27
                                            (diffusione:210842, tiratura:295190)

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 non per la pubblicità. Questa volta chiediamo alle famiglie italiane di aiutarci ad aiutarle a far rispettare il
 diritto alla mobilità con vantaggi per sicurezza e ambiente e senza pesare sulle casse dello Stato che anzi ci
 guadagnerebbe da tutti i punti di vista con la ripresa di un settore strategico». Cosa bisognerebbe fare?
 «Quello già fatto in altri settori e soprattutto che ha portato notevoli benefici all'edilizia con le ristrutturazioni:
 rendere detraibili una parte delle spese di acquisto, una formula a cui gli italiani sono già abituati». Di tutte le
 vetture? «No, solo di quelle con emissioni fino a 120 g/km di CO2 con la contestuale rottamazione di una
 Euro 0, 1 o 2. La detraibilità dovrebbe essere del 10% del costo di acquisto per un massimo di 2 mila euro in
 4 anni». Cosa accadrebbe? «Circa 300 mila famiglie italiane in più potrebbero cambiare l'auto. A fronte di un
 impegno iniziale di 64 milioni lo Stato avrebbe un maggior gettito d'Iva che in 4 anni genererebbe un flusso
 positivo di 22 milioni. Altri 77 milioni la collettività li risparmierebbe con la riduzione di vittime e feriti causati
 dagli incidenti. Si abbasserebbero inoltre le emissioni di CO2 di 400 mila tonnellate. Ora una domanda la
 faccio io: perché non attuare un piano del genere?»
 Foto: PENALIZZATA L'auto in Italia è penalizzata rispetto alla maggior parte dei paesi europei Grazie al crollo
 del greggio il prezzo dei carburanti ora è sceso ma resta il più alto del continente

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 16/12/2014                                                                        15
16/12/2014                                Il Messaggero - Frosinone                                              Pag. 41
                                            (diffusione:210842, tiratura:295190)

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 Ecatombe tra gli edili:dal 2009 licenziati in 5.800

 LA CRISI
 E' allarme per la crisi edile in ciociaria e nel Lazio. A lanciarlo ieri è stata la Filca Cisl di Frosinone e del Lazio.
 In cinque anni in tutta la Regione si sono persi oltre 30.000 posti di lavoro . «Nel Lazio a partire dal 2009
 secondo i dati della Cassa Edile delle 5 province del Lazio sono stati 38.761 i lavoratori ad aver perso il posto
 di lavoro- spiega la Filca Cisl- a cui si devono aggiungere 2.518 operai iscritti alla Edilcassa del Lazio. Quindi
 sono stati 41.279 i regolarmente iscritti alle casse di mutualità ad aver perso il posto di lavoro ed ad essere
 usciti dal mercato regolare. Le ore lavorate e gli operai iscritti alle Casse Edili Provinciali ed Edilcassa
 segnano da un anno all'altro flessioni del 30%. Le imprese edili che hanno dovuto chiudere dal 2009 sono
 state 4.609 secondo i dati pervenutici dalle Casse Edili oltre altre 190 iscritte all'Edilcassa per un totale di
 4.799 aziende non più in attività».
 «In cinque anni le ore lavorate in meno nel settore sono 35milioni 375mila437(dati Casse Edili) oltre 2milioni
 822mila575 ore (dati Edilcassa) per un totale di 38 milioni 197mila 922. L'attività si è progressivamente
 ridotta- aggiunge il sindacato- considerando che le ore lavorate sono il principale indicatore della salute del
 mercato delle costruzioni, abbiamo assistito ad un vero e proprio crollo». Per Frosinone e provincia, secondo
 i dati sindacali «sono stati 5.880 gli operai in meno, 689 le aziende fallite, 5milioni 900mila le ore lavorate in
 meno, dati inferiori solo a Roma e superiori a Latina e provincia dove sono stati 3.295 gli operai in meno, 405
 le ditte che hanno cessato l'attività, 2 milioni 900mila le ore lavorate in meno, a Viterbo e Latina». In crescita
 esponenziale la cassa integrazione. In ciociaria in particolare la Cigs dal 2010 al 2014 è aumentata del 426%
 passando da 682.910 ore a 1.311.206. La cassa integrazione ordinaria in quattro anni è aumentata del 92%
 mentre è diminuita quella in deroga del 57% a dimostrazione che la crisi ormai è difficile da superare. Il
 sindacato spiega infatti che ormai ogni giorno ormai nel Lazio 32 operai del settore edile e 56 del comparto
 costruzioni perdono il posto di lavoro. Il sindacato chiede un tavolo permanente di crisi al Governatore del
 Lazio, Nicola Zingaretti. «La situazione gravissima in cui versa il settore delle costruzioni, con particolare
 riguardo a quello degli appalti pubblici- conclude la Filca Cisl in una nota- necessita di una risposta decisa ed
 immediata da parte delle istituzioni competenti».
 Em. Pap.

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16/12/2014                               Il Giornale - Ed. nazionale                                            Pag. 3
                                           (diffusione:192677, tiratura:292798)

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 il caso
 Il buco coperto da finte vendite Ecco le carte della truffa coop
 Il caso di Trieste: il passivo di 100 milioni occultato con trucchi immobiliari Altro che società mutualistiche:
 quante imprese sono vicino alla bancarotta
 Stefano Filippi

 Cooperative in concordato preventivo, in liquidazione coatta, già fallite. Amministratori sotto inchiesta per
 bancarotta, falso in bilancio, corruzione, che usano i soldi dei risparmiatori per spericolate speculazioni
 finanziarie e tangenti. Immensi capitali spariti, miliardi di debiti accumulati, centinaia di migliaia di soci e
 risparmiatori traditi nella loro incrollabile buona fede. Migliaia di posti di lavoro perduti. Le coop rosse non
 sono state risparmiate dalla crisi ma non è tutta colpa della crisi se ballano sull'orlo del crac. IL CASO A
 TRIESTE Il caso più recente di un tracollo cooperativo è scoppiato a Trieste, dove le Coop Operaie sono
 state ammesse al concordato preventivo. A sentire i capi di Legacoop, la crisi ha colpito soltanto l'edilizia. Ma
 quella giuliana è una coop di consumo, che gestisce un ipermercato e vari supermarket nell'intera regione. E
 non è l'unico dissesto nella grande distribuzione: alla Coop Sicilia, per esempio, nonostante chiusure di punti
 vendita e fusioni è stato dichiarato in esubero il 15 per cento dei lavoratori. Coop Sicilia ha chiuso il 2013 con
 una perdita di 18 milioni di euro. A Trieste sono spariti 103 milioni di euro, 600 dipendenti rischiano il posto e
 17mila tra soci e «prestatori sociali» potrebbero non rivedere i propri soldi. In questo crac la congiuntura
 economica c'entra fino a un certo punto. Come ha accertato la procura di Trieste che ha indagato per falso in
 bilancio il presidente delle Coop Operaie, Livio Marchetti, le perdite di esercizio accumulate sono state
 coperte con finte vendite d'immobili. È un meccanismo da vecchie volpi del capitalismo finanziario, non da
 una società mutualistica che dovrebbe avere come stella polare gli intenti dei «probi pionieri di Rochdale»,
 ovvero i lavoratori britannici che fondarono la prima cooperativa nel 1844: «Adottare provvedimenti per
 assicurare il benessere materiale e migliorare le condizioni familiari e sociali dei soci». Che cos'hanno fatto
 invece a Trieste? Hanno ceduto alcuni immobili a società controllate al 100 per cento: li hanno cioè passati
 dalla mano sinistra a quella destra, ma in questo trasferimento hanno contabilizzato un maggior valore di 15
 milioni. Una plusvalenza fittizia, un colpo di cipria sui bilanci tenuto nascosto ai soci. Chi doveva controllare
 l'ha fatto male o ha chiuso gli occhi. A cominciare dai revisori incaricati da Legacoop per finire con la regione
 Friuli Venezia Giulia governata da Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, che ha compiti di vigilanza
 sulle coop fissati da una legge regionale del 2007. Il patrimonio netto, che a Trieste hanno aggiustato con
 presunte irregolarità, è ciò che tutela chi conferisce denaro, cioè soci e prestatori. Con le quote e il prestito
 sociale le coop si autofinanziano senza bussare alle banche, un privilegio che consente loro pur non essendo
 banche - di rastrellare risparmi gravati da aliquote più favorevoli e sottratti alla vigilanza creditizia. È con
 questo tesoretto che Unipol voleva dare la scalata a Bnl. Ma il prestito sociale non è tutelato da un fondo
 nazionale di garanzia come i conti correnti bancari. Quando è scoppiato lo scandalo di Trieste è partita la
 corsa a ritirare i soldi prestati anche ad altre cooperative. E questo ha costretto una coop di Udine, la Coop
 Carnica, a chiedere il concordato preventivo per improvvisa mancanza di liquidità. Al tribunale di Ferrara si
 terrà in febbraio l'udienza preliminare per i vertici della Cmr di Filo d'Argenta che prese il posto della
 Coopcostruttori di Giovanni Donigaglia, travolta dal primo grande crac di una coop rossa. Sono 12 gli indagati
 per i quali i pm chiedono il processo, un buco di 100 milioni di euro, 300 creditori tra dipendenti e fornitori, 21 i
 capi di imputazione. Le accuse più gravi sono bancarotta fraudolenta per distrazione, dissipazione e
 preferenziale: beni patrimoniali della coop sull'orlo del crac furono svenduti ad amici e creditori «privilegiati».
 La Cmr doveva segnare il riscatto della cooperazione a Ferrara dopo il crac della Costruttori e riconquistare la
 fiducia di chi aveva creduto nel sistema mutualistico. L'esito è stato l'opposto. COSTRUTTORI IN
 LIQUIDAZIONE La Cesi di Imola, colosso delle costruzioni, è in liquidazione amministrativa coatta: debito di
 375 milioni e 403 lavoratori che rischiano il posto; 301 di essi sono anche soci che potrebbero rimetterci
 anche 9 milioni di capitale sociale. La Coop Ceramica ha dichiarato 540 esuberi. La Iter di Lugo di Ravenna,

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16/12/2014                               Il Giornale - Ed. nazionale                                          Pag. 3
                                           (diffusione:192677, tiratura:292798)

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 altra coop edile, è in concordato preventivo con 243 lavoratori cassintegrati: una crisi che secondo i sindacati
 «è figlia anche dei vari dirigenti che si sono succeduti fino a oggi». Ha chiesto il concordato anche la 3Elle di
 Imola (serramenti), 262 dipendenti di cui la metà in bilico. I soci lavoratori hanno dovuto versare in media
 45mila euro; alcuni (come risulta dalla differenza tra capitale sottoscritto e versato) devono ancora
 completare i conferimenti a rate: verseranno denaro a perdere. Nella «coop valley» di Imola, negli Anni 90
 guidata dall'attuale ministro Giuliano Poletti, sono a rischio un migliaio di posti di lavoro nell'edilizia e nella
 ceramica. AMMORTIZZATORI SOCIALI Il concordato preventivo ha evitato il fallimento a giganti di Legacoop
 come Coopsette e Unieco di Reggio Emilia, nella «top ten» dei «general contractor» italiani:
 complessivamente avevano 2.500 dipendenti e un miliardo 200 milioni di debiti verso banche, fornitori,
 lavoratori e soci. L'elenco delle coop sull'orlo del crac è lunghissimo: Cmr di Reggiolo, Orion, Cfm, Nest,
 Nodavia, Cormo, Ccpl, Tre Spighe, Cdc. Soltanto in provincia di Bologna sono 23 le socie di Legacoop con
 ammortizzatori sociali (cassa integrazione, contratti di solidarietà, mobilità) per 1.796 lavoratori. Davanti ai
 capannoni i sindacalisti picchettano gli ingressi come se si trovassero ai cancelli Fiat e non a quelli dei
 compagni cooperatori. LA MANO DEI PM Dove non è arrivata la crisi e la cattiva gestione sono piombate le
 inchieste giudiziarie. Le indagini sui lavori per il Mose di Venezia, per l'Expo di Milano, per l'alta velocità
 ferroviaria tra Emilia e Toscana coinvolgono sempre, a vario titolo, qualche amministratore di cooperative
 rosse. E poi gli appalti nelle Asl di Brindisi, il porto di Molfetta, il «sistema Sesto» fino a Terremerse, la coop
 romagnola presieduta da Giovanni Errani e finanziata dalla regione Emilia Romagna del fratello-governatore
 Vasco, il quale si è dimesso dopo la condanna in appello per falso ideologico. «La coop sei tu» diceva la
 pubblicità. Ma tra inchieste e fallimenti, la coop non è più lei.

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16/12/2014                                   Il Mattino - Caserta                                             Pag. 40
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 L'urbanistica
 La commissione edilizia approda in Consiglio

 Elio Zanni
 Teano. Avrebbe dovuto occuparsi di tutela del paesaggio e regolare, con i suoi pareri, l'attività edilizia.
 Perché, per legge, è deputata ad assumere competenze consultive sugli interventi da realizzare in zone
 sottoposte a vincoli di tutela ambientale e paesaggistica. Ma la «Commissione edilizia ambiente integrata» è
 un organismo che non ha mai potuto operare a Teano, semplicemente perché manca da due anni. Gli effetti
 sul territorio si riscontrano. Ingegneri, architetti e geometri professionisti lamentano il blocco dei progetti, con
 l'annesso stop a richieste di permessi da parte dello stesso settore edile e attribuiscono buona parte delle
 cause proprio alla mancata nomina dell'organismo.
 Ma stasera il Comune correrà ai ripari. All'ordine del giorno della seduta di consiglio comunale prevista alle
 ore 18, convocata dal presidente Carlo Cosma Barra, c'è proprio la nomina dei componenti della
 Commissione locale per il paesaggio. Non solo, del tutto rediviva, riappare la Commissione comunale
 terremoto. La relazione è affidata alla consigliera Adele Passaretti. Un problema risolto? La speranza è
 questa.
 Ora l'attesa è per conoscere i nomi dei componenti. La partita è delicata e l'amministrazione comunale, infatti,
 punta tutto sulla valutazione dei curricula. La Commissione ha il potere di conoscere in prima istanza le
 domande di concessione edilizia e persino sulle richieste di lottizzazione sulle quali esprime il proprio parere
 orientandosi con gli strumenti edilizi vigenti. Non certo in riferimento al Puc, il Piano urbanistico comunale di
 cui Teano non è riuscita mai a dotarsi, nonostante gli innumerevoli tentativi e le diverse migliaia di euro spesi
 a tal fine negli ultimi trent'anni.
 Per il momento, in attesa di conoscere i membri, rimane la riflessione sul ritardo nell'operazione di
 composizione, nonostante i reclami, le lettere di lamentele e di sollecito arrivate sulla scrivania del sindaco,
 Nicola Di Benedetto, ai suoi assessori e per ultimo ai consiglieri comunali di minoranza, per i pacchi di
 richieste di permessi a costruire che intasano l'Ufficio comunale di palazzo San Francesco. Anche perché, di
 Commissione comunale, della sua rifondazione e scelta dei componenti a norma di legge, si parla addirittura,
 ai punti cinque e sei, della pianificazione operativa ufficiale dell'amministrazione comunale in carica tra le
 cose da fare nei primi sei mesi e oltre e sotto il titolo: «Pianificare per scegliere il nostro futuro». Stasera il
 cambio di direzione, così almeno promette l'ordine del giorno.
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16/12/2014                                        Libero - Milano                                              Pag. 36
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 Dopo lo stop all'azienda per infiltrazioni mafiose
 Nuovo allarme pioggia «Il cantiere alla Darsena può slittare dopo Expo»
 Il Comune: tempi stretti, il maltempo provocherebbe un altro rinvio all'opera Critiche di residenti e partiti a
 muro in mattoni e mercato: «Estetica pessima»
 GIANLUCA VENEZIANI

 Più delle infiltrazioni mafiose possono fare le infiltrazioni di acqua. Non bastava il commissariamento
 dell'azienda Gi.ma.co, appaltatrice dei lavori alla Darsena in vista di Expo, recentemente fermata da
 un'interdittiva antimafia. Ora il rifacimento di piazza XXIV Maggio e del vecchio porto lungo viale Gorizia a
 Milano rischia infatti di slittare a causa della pioggia. A dirlo ieri è stato lo stesso assessore ai Lavori Pubblici
 del Comune,Carmela Rozza, durante un sopralluogo sui cantieri: «I lavori alla Darsena, completati al 60%,
 dovrebbero concludersi a fine aprile, quelli in piazza XXIV Maggio a fine febbraio. Dico "dovrebbero", perché
 se piove copiosamente, la gente smette di lavorare». A far temere un ritardo nella consegna delle opere è
 anche il ricorso al Tar che la Gi.ma.co. ha intenzione di fare contro il commissariamento: «L'ultima volta che
 un'azienda a Milano ha vinto il ricorso contro un'informativa antimafia», continua la Rozza, «i lavori sono
 slittati di un anno». Un segnale, dunque, tutt'altro che incoraggiante. Non sono, però, solo i ritardi a
 preoccupare i cittadini della zona. Molti comitati di quartiere hanno avanzato obiezioni di natura
 esteticostorica contro il progetto. In primo luogo, suscita perplessità la costruzione della passerella pedonale,
 un ponte in legno e ferro, che rischia di occultare definitivamente la conca di legno di Viarenna, realizzata nel
 1557 per collegare il Naviglio Grande con la cerchia dei Navigli. In nome del "brutto" sembrano essere stati
 eretti pure il mercato comunale (un casermone in acciaio e vetro) e la pescheria, parallelepipedo in cemento
 armato nel cuore di piazza XXIV Maggio. Da questo rifacimento approssimativo della storica piazza si
 dissocia lo stesso assessore - subentrato alla guida dei Lavori pubblici nel marzo 2013 - allorché ammette:
 «Io, i cubetti di granito in piazza, non li avrei mai messi». Suona calzante a proposito anche la riflessione del
 capogruppo di Forza Italia, Pietro Tatarella: «Vista l'inutile cementificazione di massa nell'area, tanto valeva
 portare avanti il progetto di un grande parcheggio vicino alla Darsena». Così, quanto meno, si sarebbe risolto
 il problema della viabilità. Che al momento, invece, preoccupa molto residenti ed esercenti. «Da quando è
 stato aperto il cantiere», ci dice Fernando Petrella, titolare di un negozio in viale Gian Galeazzo, «si sono
 dimezzati i miei incassi. Per via dell'assenza di uno svincolo in piazza XXIV Maggio,le auto sono infatti
 costrette a fare un giro tortuoso, per raggiungere viale Gian Galeazzo e via col di Lana. E molte persone
 preferiscono andare altrove». Chi fa invece affari sono i venditori abusivi, già sistematisi, con le loro panche,
 davanti al Mercato Comunale. Da lì difficilmente si schioderanno, dovesse anche piovere.
 Foto: FANGO E TRANSENNE NEL VECCHIO PORTO
 Foto: Il cantiere della Darsena ieri. I lavori sono molto indietro e dovrebbero terminare a fine aprile
 [Fotogramma e Veneziani]

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