FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata

Pagina creata da Luigi Natale
 
CONTINUA A LEGGERE
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
FISICA TECNICA AMBIENTALE

                                                Prof. Ing. Giuliano Cammarata

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 1
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
ELEMENTI DI ILLUMINOTECNICA

                                                                        CAPITOLO 16

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia       Pagina 2
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
La luce
 Nel 1672 Isaac Newton nella sua lettera Philosophical Transactions espose le proprie
 idee circa la natura dei colori scaturite da circa dieci anni di esperienza mediante l'utilizzo di
 prismi ottici. Egli fece in modo che un raggio di luce incidesse obliquamente su una faccia di
 un prisma triangolare di vetro: il raggio veniva rifratto una prima volta quando penetrava nel
 vetro ed una seconda volta nella stessa direzione, quando ne usciva da un'altra faccia del
 prisma verificando l'effettiva differente inclinazione tra raggio incidente e raggio rifratto.
 Sempre con tale esperimento ci si accorse che il raggio luminoso che fuoriusciva dal prisma
 colpendo una superficie bianca formava una striscia di vari colori, che vanno dal rosso al
 viola, anziché una luce bianca.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia            Pagina 3
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
L'occhio umano
 L'occhio umano é rappresentato in sezione dalla seguente figura. Il funzionamento é simile a quello di
 una macchina fotografica avente una lente ad apertura variabile ed il fuoco costituito dalla fovea. Il
 cristallino funge da vera e propria lente ad apertura variabile. In corrispondenza della zona foveale si
 hanno le terminazioni nervose della retina formate da sensori luminosi (vedi sezione) fotopici (coni) e
 da sensori scotopici (bastoncelli).

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                 Pagina 4
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
Visione Fotopica e Scotopica
 Quando       le   condizione
 luminose sono sufficienti
 (vedi tabella) si ha la
 possibilità di distinguere i
 colori e la visione mediante
 i coni é detta Fotopica, per
 contro in condizioni di
 scarsa luminosità si ha una
 visione in bianco e nero
 (con i soli bastoncelli) e la
 visione si dice Scotopica.
                                                                     Tipi di visione   livelli di illuminamento   Luminanze (cd/m2)
                                                                                                   (lux)
                                                                                           10 5  10              10 6  3

                                                                    Fotopica
                                                                                         10  5x10  3             3  10  2

                                                                    Mesopica
                                                                                        5x10  3  5x10  6        10 5  10

                                                                    Scotopica

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                                 Pagina 5
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
Curve di visibilità
 L'intervallo di visibilità dell'occhio umano medio é compreso fra 380 nm e 780 nm. All'interno
 di questo intervallo si hanno i colori fondamentali che sono: viola , cian, blu, verde, giallo,
 arancione, rosso. La visibilità (intesa come possibilità di visione e quindi come effetto
 sensitivo per i nostri occhi) varia secondo le curve riportate in figura: la prima per la visione
 fotopica e la seconda (in tratteggio) per la visione scotopica. Lo spostamento verso sinistra
 (cioè verso frequenze inferiori) del massimo di visibilità (normalmente in corrispondenza
 della luce giallo-verde a 550 nm) fa sì che il rosso non sia più visibile (effetto Purkinje).

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia           Pagina 6
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
Tipi di emissione luminose
  Il tipo di distribuzione spettrale
  dipende dalla sorgente luminosa.
  Si hanno tre tipologie ricorrenti:
  - 1° Distribuzione continua: tipica
  delle sorgenti che emettono
  radiazioni luminose per effetto
  termico (ad esempio, filamenti delle
  lampade ad incandescenza);
  - 2° Distribuzione discreta a
  righe: tipica dell'emissione nelle
  lampade a scarica nei gas (a
  luminescenza, ad Hg, Na, Ar,...).
  Le righe sono corrispondenti ai salti
  quantici dei livelli elettronici dello
  elemento utilizzato in questo tipo di
  lampade);
  - 3° Distribuzione normale del
  corpo nero: si tratta di una
  distribuzione ideale relativa ad un
  corpo ideale (il corpo nero). Nella
  realtà anche i corpi grigi emettono
  una       distribuzione      continua
  omotetica a quella del corpo nero
  secondo l'emissività .
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 7
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
Grandezze Illuminotecniche
  La luce è caratterizzata da onde
                                                                                  w
  elettromagnetiche aventi lunghezza d’onda                                        
  compresa fra 0,38 e 0,78 m. Dal punto di
  vista fisico non si hanno difficoltà a
  caratterizzare queste onde con le
  grandezze radiative oggettive già viste
  nello studio dell’Irraggiamento. Ciò che ora
  interessa è caratterizzare il comportamento
  fisico delle onde luminose tenendo conto
  della visione dell’occhio umano medio e
  quindi di introdurre nuove grandezze
  soggettive.
  Definiamo flusso luminoso il flusso
  radiativo visibile (quindi con lunghezze
  d’onda comprese fra 380 e 780 nm). Per
  caratterizzare la visibilità delle onde
  radiative dobbiamo filtrarle secondo la
  curva di visibilità assoluta dell’occhio                                                                         Lunghezza d'onda 
  umano medio.
  Tutte le grandezze illuminotecniche partono
  da questa osservazione e pertanto esse
                                                                                                      K ( ) w   d 
                                                                                             780 nm
  differiscono    da      quelle     energetiche                                       
                                                                                         380 nm
  (oggettive)    perché       sono    grandezze
  soggettive cioè riferite all’uomo.
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                                Pagina 8
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
Definizione delle Grandezze Illuminotecniche
 Le grandezze fotometriche fondamentali sono le seguenti:
 FLUSSO LUMINOSO
                                                                                   ILLUMINAMENTO
                   K (  ) w   d  ,
          780 nm
                                               Lumen                              d
         380 nm
                                                                                   E=     Lux
 che in funzione della visibilità relativa si può scrivere:                          dA
                                                                                   Combinando le precedenti relazioni si ha:
                        v (  ) w   d  ,
               780 nm
   683                                               Lumen
               380 nm
                                                                                      d 1             cos 
 INTENSITA' LUMINOSA                                                               E=        cos   I
                                                                                      d r 2            r2
    d
 I=           Candele                          RADIANZA                            LUMINANZA
    d
 Risulta quindi:                                    d                                  dI
                                                                                               
                                                                                                     dE
                                               R          Lux sul bianco          L=
                                                                                      dAcos d  cos 
                                                                                                               Nit ( cd / m ²)
                    1 W                             dA
 1 cd=K max            ( )
                   683 sr                      e risulta anche:
 da cui:
                                               R  rE
               cd  sr  lm
 K max    683                                 con r fattore di riflessione
                   W
                                               della superfice. Inoltre risulta,
                                               per corpi uniformemente diffondenti:
                                               R L
                                               da cui risulta:
                                                    rE
                                               L=
                                                    
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                       Pagina 9
FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
Intensità Luminosa, I
  L’intensità luminosa è data dalla relazione:
                                                                           d
                                                                   I
                                                                           d
  L'unità è la Candela definita come l'intensità di una
  sorgente luminosa emessa nell'angolo solido di 1 sr, di
  =555 nm e di potenza pari a 1/683 W. Dalla precedente
                                           I  d
  e si ottiene che il flusso luminoso vale:
  ove l'angolo solido è dato da:
                                                                                   z
                                                               dA cos 
                                                      d 
                                                                 r2
  Per i corpi lambertiani che emettono in un semispazio
  secondo la legge del coseno è:
                                          I  I 0 cos 
                                                z
                                                  
                                                      Id  2I 0      z0
                                                                            2
                                                                                 sin  cos d  I 0

                                            I 0
  Per le sorgenti puntiformi che emettono uniformemente
  in tutto l'angolo solido 4 si ha:
                                       I  I 0 per qualunque angolo

                                              z               z
                                        = Id  I 0 d  4I 0
                                              
                                                               0
                                                                  4

                                         4I 0
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                         Pagina 10
Luminanza, L
  La Luminanza è definita come rapporto fra
  l'intensità luminosa in una data direzione  e
  la superficie della sorgente apparente in
  quella direzione:
                                           d        I
                              L                 
                                       dS cos d S cos 

  L'unità di misura è il Nit=Cd/m2. E' ancora in
  uso lo Stilb=Cd/cm2

   L 
           LM Cd OP                                  Stilb 
                                                                     LM Cd OP  10   4

            Nm Q 2
                            Nit
                                                                      N cm Q2
                                                                                         Nit

  Per i corpi lambertiani si ha che la luminanza
  non dipende dalla direzione  :
                     I   I 0 cos  e quindi:
                           I     I 0 cos 
                     L         
                        S cos    S cos 
                        I0
                     L
                        S
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                Pagina 11
Illuminamento, E
  L'Illuminamento in un punto è definito dalla
  relazione:
                                      d ricevuto
                                 EP 
                                      dAricevente

  e con riferimento alla disposizione della sorgente
  rispetto al punto:
                                                                       da cos j
             d ricevuto   d d                                                       R2
        EP                     I
             dAricevente   d dA                                                  dA
                        cos j
        EP  I
                         R2
  se vi sono più sorgenti luminose si applica il
  principio di sovrapposizione degli effetti per cui si
  ha:
                                               cos j1        cos j2
      E P  E P1  E P2  I1                          I 2
                                                R 21          R2 2

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia             Pagina 12
Relazioni fra Luminanza e Illuminamento
  E' opportuno osservare che la luminanza si riferisce alla superficie
  apparente della sorgente emittente mentre l'Illuminamento si
  riferisce alla superficie ricevente il flusso luminoso.
  Per superfici trasparenti si ha:
                                      emesso   incidente
                                                        essendo  emesso  I 0
                                                         per superfici lambertiane
                                                          incidente     I
                                                                     0     ossia
                                                             A           S
                                                       E = L        da cui:
                                                               E
                                                          L=
                                                               
  Per superfici riflettenti si ha:
                                                       emesso   incidente
                                                      essendo  emesso  I 0
                                                       per superfici lambertiane
                                                        incidente    I
                                                                   0     ossia
                                                           A           S
                                                      E = L       da cui:
                                                               E
                                                      L=
                                                               
  Il termine rE è la radianza della superficie A ed è misurata in lux sul
  bianco ( Lux s.b.)
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia       Pagina 13
Costruzione del solido fotometrico: Banco Fotometrico
  Il Banco fotometrico è costruito come in figura
  sottostante. A sinistra si ha una lampada campione
  (della quale è nota l’intensità I1) e a destra una
  lampada da esaminare.
  Il carrello mobile porta un dispositivo ottico che
  presenta l'illuminazione prodotta da entrambi i lati dalle
  due lampade.
  Si sposta il carrello fino a quando gli illuminamenti
  sono eguali sulle due facciate e quindi vale la relazione
  (per direzioni normali):
                                                    I1    I2
                                            E          
                                                    d12   d 22
  Allora nota I1 e le distanze d1 e d2 si calcola:
                                                       d12
                                               I 2  I1 2
                                                       d2
  Ripetendo il calcolo per diverse direzioni si ha la
  costruzione della curva fotometrica di figura.
  Ruotando la lampada attorno allo zoccolo di montaggio
  e ripetendo per varie angolazioni si può avere la
  costruzione del solido fotometrico.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 14
Il Luxometro
 Per misurare l'Illuminamento si utilizza una cellula fotovoltaica che genera una corrente in
 funzione della radiazione incidente. Un filtro sovrapposto alla cellula rende la risposta di
 questa simile alla curva di visibilità relativa e quindi la misura dell'irraggiamento (oggettivo)
 totale può rendersi proporzionale all'illuminamento (soggettivo).

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia           Pagina 15
Calcolo del Flusso con il Metodo IEC
  L'angolo solido di una zona sferica compresa fra 
  ed  +d  vale:

       z z
           d

         
                         d
          d  2 sin d  2 cos  )  cos(  d
                       
                                                       b                          g
  Per un solido fotometrico avente simmetria di
  rotazione si può calcolare il flusso luminoso
  suddividendo la sfera in quattro zone corrispondenti
  agli angoli (IEC N.52/1982):
                                                  3
                                       , ,           , 2
                                   2               2

  Il flusso  , ricordando quanto sopra scritto, vale:
           z
             0
                 2                               
                                                            b
                 Id   I   2  I [ cos  )  cos(  d ]
                            0                    0
                                                                                      g
  Di solito il flusso emesso nelle quattro regioni IEC
  viene espresso in termini percentuali rispetto al
  flusso emesso nel 2p sr ed indicato rispettivamente
  con:

                      FC1, FC2, FC3, FC4
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia           Pagina 16
Illuminamento fra superfici estese
  Sia la S1 emittente ed S2 ricevente. L'Illuminamento
  in P vale:
                              z    dS1 cos 
                E P  L1 d 0S cos j  L1                    z
                                                              S1
                                                                       d2
                                                                                        cos j

  Il flusso emesso da S1 che raggiunge S2 risulta:
                   12      zS2
                                   E p dS 2  L1     z
                                                     S1
                                                        dS1 cos 
                                                           d 2
                                                                  S2
                                                                       z
                                                                     cos j dS 2

  e quindi anche, moltiplicando e dividendo per pS1:
                                    L                                             OP
                      12     S L M
                                       1
                                    MNS
                                    1 1
                                             1
                                                 z
                                                 S1
                                                    dS1 cos 
                                                       d2      z
                                                              S2
                                                                 cos j dS 2
                                                                                   PQ
  Il termine in parentesi è il fattore di vista fra S1 ed
  S2:
                 F12 
                        1
                       S1 S
                             dS1 cos 
                                d2     S
                                                 z
                                         cos j dS 2
                                                 1
                                                                   z
                                                                   2

  per cui:       12  L1S1 F12
  Ricordando che per corpi lambertiani la radianza è
  R=pL si ha:
                                S
                 E2  12  R1 1 F12
                       S2        S2
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                 Pagina 17
Illuminamento in un punto da superficie estesa
  Dalle definizioni di Luminanza ed Illuminamento:
                    dI                dI cos j
             L            ,   dE P   2
                 dS cos                  d
  combinando insieme si ha:

                                     FG dS cos  IJ  L cos j  d
           dE P  L cos j
                                      H d K    2                                  0 S

  Il termine in parentesi è l'angolo solido entro il quale
  l'oggetto vede la sorgente:
                                dS cos                    FG             IJ
                       d 0S 
                                   d2                       H              K
  Allora se L=costante segue:
                                        EP  L         z
                                                     0 S
                                                           cos j  d 0S

  che è la relazione per il calcolo dell'Illuminamento in un
  punto P dovuto ad una sorgente estesa S e di luminanza
  costante L.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia          Pagina 18
Elementi caratterizzanti il colore
  Il colore è una qualità degli oggetti ma è anche una funzione della luce che li illumina.
  Ogni corpo ha un fattore di assorbimento, di riflessione e di trasmissione variabile con la
  lunghezza d'onda.
  Ne consegue che se lo si illumina con una luce bianca (che è la somma di tutte le
  componenti cromatiche visibili) allora il corpo riflette una radiazione che dipende dalle
  proprie caratteristiche.
  Se, ad esempio, il corpo non assorbe la lunghezza d'onda corrispondente al verde ma
  assorbe tutte le altre allora la luce riflessa è verde e noi attribuiremo il colore verde al
  corpo.
  Se, però, la luce illuminante è solo monocromatica e di colore giallo allora il corpo non può
  apparire verde perché il verde non è presente nella radiazione originaria; esso appare, in
  questo caso, nero.
  Il colore si caratterizza per le seguenti tre qualità:
  Tono o Tinta: é dato dalla lunghezza d'onda dominante e quindi individua il colore
  fondamentale con cui viene visto un oggetto;
  -Purezza o Saturazione: é la vivacità del colore che quindi si differenzia dalla visione del
  grigio;
  -- Luminanza o Luminosità: esprime l'intensità luminosa nella direzione della visione.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia         Pagina 19
Il Colore
 La norma UNI 10530 al punto 4.1.4 così definisce il colore: Il colore è un attributo della luce che
 contribuisce all'osservazione ed alla percezione dell'ambiente. Tra gli attributi della luce esso è
 notoriamente il più utile per identificare rapidamente e agevolmente gli oggetti situati nello spazio di
 lavoro. La percezione e la discriminazione dei colori variano nelle diverse zone della retina; la capacità di
 discernere i colori è massima nella zona centrale della retina ed aumenta con l'illuminamento, almeno entro
 un limitato intervallo di valori. La qualità di resa di colore di una sorgente luminosa è determinata dalla
 composizione spettrale della luce emessa in rapporto alle caratteristiche spettrali della luce del giorno. Va
 fatta quindi una distinzione tra il colore come sensazione e il colore come lunghezza d'onda. La luce infatti
 non è colorata, ma è capace di generare, a seconda della lunghezza d'onda, le sensazioni della luminosità e
 del colore quando stimola gli occhi e un sistema nervoso dotati di particolare recettività. Un colore può
 essere ottenuto dalla mescolanza di tre colori diversi definiti come primari; in questo caso si parla di sintesi
 additiva. Dalla sintesi additiva dei colori primari (blu+verde+rosso) si ottiene il colore bianco. Dai tre colori
 fondamentali si derivano altri tre colori detti secondari o complementari: il giallo è complementare al blu; il
 Magenta è complementare del verde; il ciano è complementare del rosso. Tali coppie di colore per sintesi
 sottrattiva producono il nero, per cui un colore può essere ottenuto sottraendo alla luce una parte dei suoi
 componenti.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                           Pagina 20
Componenti Cromatiche Fondamentali
 La Colorimetria si fonda sulle leggi
 Grassmann:
 - Se si sommano tre sorgenti di colore
 diverso si ottiene un nuovo colore che
 non é distinguibile dai componenti;
 - Se ciascuna sorgente viene variata di
 intensità anche il colore risultante varia
 la sua intensità e colore.
 Il CIE ha stabilito di scegliere tre
 componenti cromatiche fittizie aventi
 l’andamento dato in figura e con i valori
 frequenziali dati in tabella.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 21
Coordinate Tricromatiche
  Considerata la grandezza di stimolo f() (di solito L o R) si hanno tre coordinate
  cromatiche:
                              X  cos t  f   x    d 

                                                             Y  cos t  f    y    d 

                                                             X  cos t  f   z    d 

  In forma discreta si possono sostituire gli integrali per ottenere le relazioni:
                                                                X  cos t  f   x    

                                                               Y  cos t  f    y    

                                                                 Z  cos t  f   z    
  che in forma normalizzata divengono:
                                                                     x  X /X Y  Z
                                                                       y  Y /X Y  Z
                                                                       z  Z /X Y  Z

  Pertanto, poiché x+y+z=1, è sufficiente conoscere il valore di due coordinate normalizzate.
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                  Pagina 22
Il Triangolo del Colore
Ponendo in ascissa x e in ordinata y si ha la
rappresentazione di figura nella quale si possono
fare le seguenti osservazioni:
-il centro del diagramma, detto triangolo del colore,
ha coordinate 0.33, 0.33, 0.33 ed è detto
illuminante bianco;

                                                                                                    C
                                                                                                        ol
                                                                                                         or
-Lungo la linea esterna si hanno le onde

                                                                                                            ipu
                                                                                                                rif
                                                                                                                   on
elettromagnetiche pure corrispondenti ai colori

                                                                                                                    da
                                                                                                                        m
                                                                                                                         en
fondamentali (rosso, arancione,       giallo, verde,

                                                                                                                            t
                                                                                                                           al
                                                                                                                              i
cyan, blu, viola);                                                                Lin
                                                                                     ee
                                                                                        gui
                                                                                            da
-La zona triangolare fra il centro e i due vertici di                                            per
                                                                                                     la   TC
base è detta zona delle porpore e indica colori la                                                          C

cui lunghezza d’onda fondamentale non esiste e                                                                                    Planck's
                                                                                                                                           Loci

che possono essere costruiti solamente mediante
tecniche di tricromia sottrattiva;
-Il luogo dei punti di emissione di un corpo nero al
variare della temperatura è detta Planck’s loci
(vedi dopo); i segmenti trasversali riportano le                                                                       e
                                                                                                                    por
temperature di emissione.                                                                                   le   por
                                                                                                    a   del
                                                                                                 Zon
-Il triangolo con lati bianchi indica la zona
riproducibile con tricromia additiva RGB (Red,
Green, Blue) utilizzata per i video dei computer e
per le stampanti.
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                                           Pagina 23
Planck's loci
Se la funzione di stimolo è costituita dalla radiazione del                               780 nm
corpo nero (Legge di Planck) allora possiamo calcolare le                         X               w(  )  X (  )  d 
                                                                                         380 nm
coordinate cromatiche per varie temperature di emissione
                                                                                         780 nm
mediante i passaggi indicati a fianco. Il risultato dei calcoli                   Y             w(  )  Y (  )  d 
                                                                                       380 nm
porta a tracciare la curva (ben visibile in basso a destra del
                                                                                         780 nm
triangolo del colore) detta Planck's Loci che rappresenta il                      Z               w(  )  Z (  )  d 
luogo delle coordinate cromatiche relative alle emissioni del                            380 nm

corpo nero. Per gli emettitori radiativi (ad esempio per il
filamento di una lampada) si suole indicare il colore di
                                                                                  ove la w(  ) è data dall'equazione di Planck:
emissione mediante la temperatura del corpo nero
corrispondente:
      TEMPERATURA DAL COLORE (TC)                                                                      C1                    W
                                                                                  w(  )                                (      )
Il sole, ad esempio, ha una temperatura dal colore di circa                                     cT2                       m
6000 K, mentre il filamento di una lampadina normale ha                                        e  1
                                                                                                5

una TC di circa 2200 K e quello di una lampada allo iodio ha                                         
una TC di circa 2500 K. Per i corpi non radiativi (ad esempio
le lampade a luminescenza) si indica la                                           ove le costanti c1 e c 2 valgono:
TEMPERATURA DEL COLORE CORRELATA (TCC)
come la temperatura del corpo nero che più si avvicina
come tinta al colore desiderato. Nel triangolo del colore si                      c1  3.742  108              ,      c2  1.439  104
hanno alcune linee guida che aiutano ad individuare la
temperatura corrispondente. Per le lampade a luminescenza
si parla di TCC variabile da 2800 K a 6500 K. In quest'ultimo
caso si ha una luce bluastra.
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                                     Pagina 24
Caratteristiche delle Lampade
Le lampade sono apparecchi che producono radiazioni visibili. Se ne hanno diverse tipologie:
- ad incandescenza, le più antiche;
- a scarica nei gas che si classificano anche in: ad arco e a luminescenza, ad induzione.
Le caratteristiche principali di una lampada sono:
- l'efficienza luminosa data dal rapporto fra il flusso luminoso emesso e la potenza elettrica impegnata
(lm/W);
- la resa cromatica, cioè la capacità di rendere fedelmente i colori. Questa caratteristica si esprime con
un punteggio da 1 a 100 rispetto ad una lampada campione di alta resa.
- la durata, espressa in ore, data dal tempo di vita media (cioè del tempo nel quale il 50% delle lampade
dello stesso tipo e dello stesso costruttore si rompono).
- la temperatura dal colore correlata che è la temperatura del corpo nero che più si avvicina al tono
puro.
Le lampade ad incandescenza hanno uno spettro radiativo (cioè la distribuzione della potenza luminosa
in funzione della lunghezza d'onda) continuo e di solito presente in tutte le lunghezze d'onda visibili. La
resa cromatica delle lampade ad incandescenza è in genere buona anche se la luce emessa è giallo-
rossastra. Le lampade a scarica nei gas hanno spettri a righe corrispondenti ai livelli elettronici eccitati. In
alcuni casi il numero di righe è molto limitato e pertanto la luce emessa è quasi monocromatica (ad
esempio le lampade al sodio) e quindi la resa cromatica è spesso insufficiente (Ra
Lampade ad incandescenza
 Queste lampade sono le più antiche: un filamento di tungsteno attorcigliato in doppia elica è
 portato alla temperatura di circa 2000 K ed emette una luce giallo-rossastra. Sono oggi
 costruite in tre tipologie: GLS, REFLECTOR ed ALOGENE.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia       Pagina 26
Lampade ad incandescenza Alogene
  Nelle lampade ad incandescenza del tipo alogene si
  pone all'interno delle lampade dello iodio che si
  associa al tungsteno depositato sul bulbo (più freddo)
  e, per convezione termica, lo riporta sul filamento
  (caldo) dove, ad alta temperatura si dissocia.
  Il ciclo dello iodio é dato a fianco. Il vantaggio che si
  ottiene è duplice: da un lato lo iodio, mediante il suo
  ciclo di associazione-dissociazione, ricostituisce il
  filamento di tungsteno che man mano si
  assottiglierebbe per sublimazione, dall'altro, proprio per
  questa nuova possibilità di ripristinare il tungsteno
  sublimato, è possibile aumentare la temperatura del
  filamento in modo da innescare la reazione di
  dissociazione (a 2800 K).
  Questo secondo effetto porta ad una maggiore
  temperatura del colore (TC), ad una maggiore
  radiazione visibile (lo spettro si sposta verso la zona
  del visibile) e quindi l'efficienza luminosa di queste
  lampade è più elevata rispetto alle lampade normali
  raggiungendo anche 25 lm/W.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 27
Lampade ad incandescenza: Caratteristiche
  Nella seguente tabella si hanno alcune proprietà delle lampade ad incandescenza.
  Dalla tabella è possibile calcolare il flusso luminoso nota l'efficienza luminosa e la
  potenza elettrica assorbita mediante la relazione:

                                                                          W

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia     Pagina 28
Lampade a luminescenza
 In queste lampade si ha una scarica a valanga per effetto degli urti elastici ed anelastici che
 elettroni ed ioni di segno opposto subiscono nell'accelerazione fra gli elettrodi. La curva
 caratteristica é data in figura. Queste lampade necessitano di un reattore di stabilizzazione
 e di uno starter per l'avviamento.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia         Pagina 29
Lampade a Luminescenza: Caratteristiche
  Le lampade a luminescenza hanno
  solitamente spettri a righe ed emettono
  luce non per effetto della temperatura del
  filamento ma per luminescenza, cioè per
  emissione di radiazione elettromagnetica
  degli atomi dei fosfòri (sali di fosforo) che
  rivestono i tubi di vetro esterni. Pertanto
  la temperatura dal colore correlata (TCC)
  può essere molto elevata a causa della
  notevole presenza di radiazioni di
  lunghezza d’onda corrispondente al blue.
  In tabella si hanno le TCC, la resa
  cromatica Ra, e il flusso luminoso per le
  principali potenze elettriche impegnate.
  Si hanno indicazioni sia per i tubi di 1°
  generazione (tubi da 38 mm di diametro)
  che di 2° generazione (tubi da 26 mm di
  diametro) per i maggiori costruttori.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 30
Confronto fra diverse tipologie di Lampade
                        Lampada                      Efficienza           Temperatura di     Resa cromatica          Durata media
                                                     luminosa                colore                %                     ore
                                                       lm/W                    K

             Incandescenza a filamento            10-17                 2500               100                1000

             Alogena                              20-25                 3190               100                1500-2000

             Fluorescente bianco freddo           65-100                6500               62-98              5000

             Fluorescente bianco caldo            62-96                 3000               52-95              5000

             Vapori di mercurio alta              70-83                 5710               50-70              8-10000
             pressione

             Vapori di mercurio con               75-80                 3720               60-80              5000
             alogenuri

             Sodio bassa pressione                80-200                                   < 20               8-10000

             Sodio alta pressione                 30-120                2500               30-80              6000

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                                     Pagina 31
Lampade a luminescenza: Spettri di emissione

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 32
Lampade a luminescenza: Spettri di emissione
 Lampade a vapore di sodio                                                        Lampade fluorescenti a bulbo

 Lampade agli alogenuri metallici ad alta pressione                                 Lampade a luce miscelata

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                             Pagina 33
La fase progettuale del benessere visivo
  La fase progettuale dovrà sempre essere preceduta da uno studio dettagliato dello spazio
  fisico e delle caratteristiche funzionali ad esso connesse, indispensabili per la definizione,
  in termini di prestazioni, dell’ambiente luminoso e degli indici significativi per la sua
  valutazione, ed in particolare dovrà prendere in considerazione quanto segue:

  - la corretta dimensione degli ambienti;
   le finitura, colore e caratteristiche di riflessione delle superfici;
   le dimensioni e caratteristiche di trasmissione delle superfici vetrate;
   la dimensione e caratterizzazione di eventuali schermi;
   la definizione delle classi di utenza;
   la definizione delle attività svolte nell’ambiente;
  - il profilo di occupazione dell’ambiente.

  In base alle superiori premesse la progettazione degli interni non deve mirare
  esclusivamente al raggiungimento di un illuminamento uniforme del piano di lavoro e quindi
  dell’ambiente, ma deve garantire una corretta visibilità del compito visivo dipendente dal
  contrasto percepito dall’operatore, dallo stato di adattamento dell’operatore, dalla presenza
  di fenomeni di abbagliamento e di riflessione, da eventuali ostruzioni e dalla procedura di
  svolgimento del compito visivo
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia          Pagina 34
Caratteristiche principali
  Le lampade sono raramente utilizzate nude. Esse vengono inserite in opportuni apparecchi
  illuminanti che hanno lo scopo di modificare (anche sensibilmente) le caratteristiche
  illuminotecniche delle stesse lampade.
  Ogni lampada è caratterizzata dal solido fotometrico (cioè dalla distribuzione spaziale dei
  vettori intensità luminosa).
  I corpi illuminanti modificano proprio il solido fotometrico delle lampade in modo da
  soddisfare le esigenze progettuali per l'impiantistica illuminotecnica.
  Ad esempio possono direzionare il flusso luminoso solo in una direzione e con una
  modesta dispersione angolare (fari, proiettori), ovvero possono direzionare il flusso
  luminoso in più direzioni con limiti angolari precisi (ad esempio i corpi illuminanti per
  illuminazione stradale hanno angoli di emissione limite fissati dalle norme, detti angoli di
  cut-off). I corpi illuminanti possono ospitare più di una lampada e possono anche filtrare la
  radiazione emessa mediante opportuni schermi filtranti.
  I corpi illuminanti possono avere o non lenti direzionali e in alcuni casi (vedi le lampade
  scialitiche utilizzate negli ospedali) si hanno vetri stratificati a curvatura multipla per ridurre
  lo spazio occupato.
  In pratica gli apparecchi illuminanti adeguano le lampade alle esigenze dell’illuminazione.
  Ciò che non può essere modificata è la natura dello spettro luminoso (continuo per le
  lampade ad incandescenza e a righe per le lampade a luminescenza) e di questo si deve
  tenere conto nella progettazione degli impianti di illuminazione.
Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia               Pagina 35
Tipologia di diffusori
  I diffusori o corpi illuminanti
  modificano il solido fotometrico delle
  lampade che ospitano. Di solito essi
  orientano il flusso:
  -prevalentemente verso il basso;
  -prevalentemente verso l’alto;
  -in entrambe le direzioni.
  In corrispondenza del tipo di solido
  fotometrico si hanno tre tipologie di
  illuminazione:
  -illuminazione diretta;
  -illuminazione indiretta o diffusa;
  -illuminazione semidiretta o semi
  indiretta.
  Nelle figura a lato si possono vedere
  le percentuali di flusso orientato nella
  varie direzioni al variare del corpo
  illuminante.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 36
Criteri di progetto
 Lo scopo di un impianto di illuminazione a luce artificiale è di consentire la visione confortevole in
 assenza di luce naturale. Si hanno essenzialmente due tipologie di impianti:
 - impianti di illuminazione per interni;
 - impianti di illuminazione per esterni.
 Per il progetto degli impianti di illuminazione per interni si possono seguire vari criteri, ciascuno
 caratterizzato da complessità e precisione variabili.
 Fra i metodi più semplici si segnala quello del fattore di utilizzazione. Si tratta di un metodo globale
 con il quale si può calcolare il flusso totale necessario per l'illuminamento di progetto. Esso si basa su
 dati semiempirici sotto forma di tabelle.
 Dopo la progettazione di massima occorre sempre effettuare una verifica di uniformità
 dell'illuminamento ad esempio utilizzando, per sorgenti supposte puntiformi, la relazione:

                                                                                  I  cos 
                                                                      E
                                                                                      R2

                                                                      I  cos3 
                                                                  E
                                                                          H2
                                                                  con H altezza di montaggio

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                      Pagina 37
Metodo dell'Illuminamento di progetto
 Seguendo il criterio dell'illuminamento, si assegna un valore di illuminamento da realizzare in
 funzione del compito visivo desiderato. Nella seguente tabella si hanno i valori minimo,
 medio e massimo consigliati per i vari compiti visivi. La fase preliminare del progetto di un
 impianto illuminotecnico consiste proprio nel selezionare il valore dello illuminamento di
 progetto secondo la tabella riportata.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia         Pagina 38
Metodo del Fattore di Utilizzazione
 Per il dimensionamento di un impianto di illuminazione a luce artificiale si può utilizzare il
 metodo del fattore di utilizzazione (u) con il quale, almeno per ambienti regolari, si determina
 il flusso totale emesso dalle lampade mediante la relazione:
                                                
                                           u u
                                                o

 ove Fu è il flusso utile sul piano di lavoro e F0 è il flusso (incognito) emesso dal corpo
 illuminante, Ft è il flusso totale emesso dall'apparecchio illuminante che tiene conto anche
 del deprezzamento. Em è il valore di progetto dell'illuminamento medio, d è il fattore di
 deprezzamento (>1) del corpo illuminante. Il fattore di utilizzazione dipende dai fattori di
 riflessione del soffitto e delle pareti, dal solido fotometrico del corpo illuminante e dal tipo di
 lampade utilizzate (ad incandescenza o a scarica nei gas) e dalla forma geometrica del
 locale mediante l'indice del locale:

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia             Pagina 39
Calcolo del Fattore di Utilizzazione
 Il fattore di utilizzazione, u, è definito dal rapporto:
                                                                          u
                                                                       u
                                                                          o
 ove Fu è il flusso utile sul piano di lavoro e F0 è il flusso totale (incognito) emesso dal corpo
 illuminante. Questa relazione contiene due incognite: u e F0 per cui va intesa come
 equazione di definizione di u.
 Se si desidera calcolare F0 occorre prima calcolare u mediante opportune tabelle (vedi nel
 prosieguo) nelle quali occorre conoscere:
 - il tipo di apparecchio illuminante;
 - il tipo di lampada (ad incandescenza o a luminescenza);
 - il fattore di riflessione del soffitto;
 - il fattore di riflessione delle pareti;
 - l'indice del locale, come già definito.
 Per valori intermedi dei fattori di riflessione occorre interpolare fra i valori noti.
 Ottenuto u si può calcolare F0 come già indicato in precedenza.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia           Pagina 40
Tabelle per il calcolo del fattore di utilizzazione

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 41
Algoritmo di calcolo per il progetto
  Per il progetto di un impianto di illuminazione a luce artificiale
  mediante il metodo del fattore di utilizzazione si hanno le fasi:
  - scelta del valore dell'illuminamento, E, sul piano di lavoro in
  funzione del compito visivo desiderato (vedi tabella guida);
  - calcolo del flusso utile sul piano di lavoro Fu=E B H, ove B ed
  H sono le dimensioni del piano di lavoro;
  - scelta del tipo di lampada (ad incandescenza o a scarica nei
  gas) e del tipo di apparecchio illuminante e quindi del tipo di
  solido fotometrico complessivo e del fattore di deprezzamento
  d;
  - calcolo dell'indice del locale B  Hmediante la relazione (hu è
                              
  l'altezza utile):         i
                                h  BH    u   b         g
  - determinazione del fattore di utilizzazione utilizzando le
  apposite tabelle mediante l'indice del locale e i fattori di
  riflessione del soffitto e delle pareti (in corrispondenza del tipo
  di corpo illuminante);           E  B H
                                
  - calcolo del flusso emesso dal corpo       d
                                       u illuminante Ft mediante la
                               t

  relazione:

  - verifica del fattore diI  cos         3
                                             
                                        uniformità                       (Emax/Emin
Illuminazione naturale diurna
Il flusso luminoso totale che
raggiunge un punto di una
superficie     all'interno    di     un
ambiente è il risultato di tre
contributi, vedi Figura:
a. il flusso che arriva sul punto
direttamente dal cielo (componente
cielo);
b. il flusso che arriva sul punto per
effetto di riflessioni da parte di
superfici      poste       all'esterno
(componente riflessa esterna);
c. il flusso che arriva sul punto per
effetto di riflessioni da parte di
superfici       poste       all'interno
(componente riflessa interna).
Vedremo come calcolare queste
componenti utilizzando un metodo
semplificato proposto dal BRS.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 43
Metodo del Fattore di Illuminazione diurna
  La verifica dell'illuminazione diurna consiste nel calcolare, in percentuale, il valore dell'illuminamento
  diurno in un punto rispetto a quello provocato dal cielo coperto.
  Si definiscono due tipi di cielo:
  - cielo internazionale
  - cielo uniforme standard.
  Nel primo caso la luminanza varia secondo la relazione:
                                                                                  1  2 sin 
                                                                    B  B0
                                                                                       3
  ove B0 è la luminanza del cielo allo zenith e a l'angolo di elevazione del punto del cielo considerato
  rispetto all'orizzonte. Nel secondo caso la luminanza del cielo si suppone costante, qualunque sia
  l'angolo considerato. In questo caso l'illuminamento prodotto si considera pari a 5000 lux.
  Detto DF il dayligth factor, definito come rapporto fra l'illuminamento in un punto interno e quello del
  cielo coperto, questo è dato dalla somma di tre fattori:
                                         DF= SC + CRE + CRI
  ove:
  SC         è la componente cielo;
  CRE        è il componente di riflessione esterno;
  CRI        è il componente di riflessione interno.
  Ciascuno di questi fattori è sempre inteso in termini percentuali rispetto all'illuminazione con cielo
  coperto. Per una buona illuminazione diurna deve essere DF>4.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                     Pagina 44
Calcolo della Componente cielo e CRE
  I riferimenti per il calcolo di SC e SF sono dati in figura.
  Se è presente l'ostruzione esterna allora si calcola la Componente di riflessione
  esterna, CRE, utilizzando ancora le due tabelle già descritte per SC e SF ed
  individuando CRE mediante B/d e a (angolo di ostruzione).
  Il CRE va sommato a SC (o SF a seconda del cielo considerato).

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 45
Calcolo della Componente cielo SC
 La componente cielo, SC, è definita come rapporto percentuale fra l'illuminamento dovuto
 ad una apertura sul punto desiderato per effetto della radiazione solare diffusa e
 l'illuminamento ottenuto con cielo internazionale.
 Se il riferimento è il cielo standard a luminanza costante si definisce allo stesso modo il
 fattore cielo, SF.
 Entrambi i componenti dipendono dal tipo di cielo considerato (internazionale o standard) dai
 rapporti B/d e H/d fra la base della semiapertura e la distanza del punto P (valutata
 normalmente alla finestra) e fra l'altezza dell'apertura e la medesima distanza.
 Il metodo BRS per il calcolo del DF fornisce due tabelle (una per ciascun tipo di cielo) che
 fornisce SC o SF in funzione dei due rapporti B/d e H/d.
 Qualora il vetro considerato sia doppio è bene ridurre del 15% il valore individuato nelle
 tabelle.
 Se l'apertura ha un'ostruzione esterna che limita l'illuminamento solare allora si applica lo
 stesso metodo una volta per tutta la finestra ottenendo SC1 ed una seconda volta per la
 parte di finestra oscurata ottenendo SC2. Il valore finale è dato dalla differenza:

                                                        SC= SC1 - SC2

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia       Pagina 46
Calcolo della Componente cielo Uniforme

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 47
Calcolo della Componente cielo Internazionale

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 48
Componente di Riflessione Interna - CRI
  La componente di riflessione interna,
  CRI, è definita, sempre in termini
  percentuali,          come          rapporto
  dell'illuminamento        prodotto      dalle
  riflessioni interne della luce diurna su una
  superficie e l'illuminamento del cielo
  coperto (internazionale o standard).
  Essa dipende dai fattori di riflessione del
  pavimento, rp, e delle pareti, rw, e dal
  rapporto fra superficie vetrata e
  superficie del pavimento o anche della
  percentuale di superficie vetrata rispetto
  a quella del pavimento.
  Il metodo BRS fornisce una tabella nella
  quale, mediante i suddetti parametri, si
  individua CRI (valore minimo).
  Nell'ultima riga in basso si ha un fattore
  di correzione che deve essere applicato
  al valore sopra individuato per ottenere il
  valore medio nella stanza.
  CRI va sommato alle altre componenti
  (SC e CRE) per ottenere il DF.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia   Pagina 49
Algoritmo di calcolo per il DF
  Il calcolo del DF può essere schematizzato nelle seguenti fasi:
                                           DF= SC + CRE + CRI
  SC - si calcolano i rapporti B/d ed H/d della semifinestra e, scelto il tipo di cielo (Internazionale o
  Standard), si legge nella tabella corrispondente il valore di SC.
  CRE - nel caso di presenza di ostruzione esterna si calcola SC sottraendo dal valore per la finestra
  intera quello relativo alla ostruzione. Quindi si calcola, sempre con la medesima tabella, il valore di
  CRE utilizzando il rapporto B/d e l'angolo a con il quale il punto di verifica P sottende l'ostruzione.
  CRI - si utilizza un'apposita tabella nella quale occorre conoscere il fattori di riflessione del pavimento
  e delle pareti e il rapporto fra superficie vetrata e quella del pavimento (o anche in valore percentuale).

                                  Calcolo del DF per lucernari
  Nel caso di lucernari (illuminamento dall'alto) si trascura CRE e si calcola SC mediante la relazione:
                                                                           Avetro
                                                              SC                      u 100
                                                                         Apavimento
  ove u è funzione della pendenza del vetro secondo la tabella:
              Angolo inclinazione del lucernario                  u
                  30°                                   0,30
                  60°                                   0,20
                  90°                                   0,15
  Per l'illuminazione dall'alto la CRI si calcola con una nuova tabella nella quale, oltre ai parametri sopra
  indicati, entra anche la pendenza della apertura.

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                      Pagina 50
Il Principio della semisfera unitaria
  Il principio della sfera unitaria (molto usato                                  Si definisce Luminanza il rapporto:
  nelle applicazioni) dice che l'illuminamento                                           
  prodotto da una superficie in un punto P                                        L   Acos
                                                                                                     con  flusso luminoso, A cos  area apparente
  giacente sul piano orizzontale è equivalente                                                       ed  l'angolo solido. Risulta anche:
  a quello prodotto da un elemento dS giacente                                       I  cos                                  
  sulla sfera di raggio unitario avente centro in                                 E           ove l'intensità I è data da I 
                                                                                         R 2
                                                                                                                               
  P e che vede con lo stesso angolo solido la
                                                                                  Combinando le due relazioni si ha:
  superficie illuminante. Tale illuminamento è
                                                                                       ( L  A  cos  )  cos 
  proporzionale anche alla proiezione sul piano
  orizzontale della superficie dS intercetta sulla                                E             I
                                                                                                                   A parità di angolo solido si ha
                                                                                                      R2
  sfera. La dimostrazione è immediata come
                                                                                  I  L  A  cos   L  A'
  qui di seguito indicato.
                                                                                  ove A' è la proiezione dell'area A sulla semisfera
                                                                                 di raggio unitario. Ne segue che l'illuminamento E vale:
                                                                                      L  A ' cos 
                                                                                  E                 .
                                                                                           R2
                                                                                  Si osserva che A'cos è la proiezione di A' sul piano
                                                                                  orizzontale interno alla semisfera.
           
                                                                                  Detta A'' questa proiezione è:
                                                                                       L  A ''
                                                                                  E             L  A '' essendo R=1.
                                                                                        R2

Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia                                                                Pagina 51
Puoi anche leggere