FISICA TECNICA AMBIENTALE - Prof. Ing. Giuliano Cammarata
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FISICA TECNICA AMBIENTALE Prof. Ing. Giuliano Cammarata Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 1
ELEMENTI DI ILLUMINOTECNICA CAPITOLO 16 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 2
La luce Nel 1672 Isaac Newton nella sua lettera Philosophical Transactions espose le proprie idee circa la natura dei colori scaturite da circa dieci anni di esperienza mediante l'utilizzo di prismi ottici. Egli fece in modo che un raggio di luce incidesse obliquamente su una faccia di un prisma triangolare di vetro: il raggio veniva rifratto una prima volta quando penetrava nel vetro ed una seconda volta nella stessa direzione, quando ne usciva da un'altra faccia del prisma verificando l'effettiva differente inclinazione tra raggio incidente e raggio rifratto. Sempre con tale esperimento ci si accorse che il raggio luminoso che fuoriusciva dal prisma colpendo una superficie bianca formava una striscia di vari colori, che vanno dal rosso al viola, anziché una luce bianca. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 3
L'occhio umano L'occhio umano é rappresentato in sezione dalla seguente figura. Il funzionamento é simile a quello di una macchina fotografica avente una lente ad apertura variabile ed il fuoco costituito dalla fovea. Il cristallino funge da vera e propria lente ad apertura variabile. In corrispondenza della zona foveale si hanno le terminazioni nervose della retina formate da sensori luminosi (vedi sezione) fotopici (coni) e da sensori scotopici (bastoncelli). Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 4
Visione Fotopica e Scotopica Quando le condizione luminose sono sufficienti (vedi tabella) si ha la possibilità di distinguere i colori e la visione mediante i coni é detta Fotopica, per contro in condizioni di scarsa luminosità si ha una visione in bianco e nero (con i soli bastoncelli) e la visione si dice Scotopica. Tipi di visione livelli di illuminamento Luminanze (cd/m2) (lux) 10 5 10 10 6 3 Fotopica 10 5x10 3 3 10 2 Mesopica 5x10 3 5x10 6 10 5 10 Scotopica Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 5
Curve di visibilità L'intervallo di visibilità dell'occhio umano medio é compreso fra 380 nm e 780 nm. All'interno di questo intervallo si hanno i colori fondamentali che sono: viola , cian, blu, verde, giallo, arancione, rosso. La visibilità (intesa come possibilità di visione e quindi come effetto sensitivo per i nostri occhi) varia secondo le curve riportate in figura: la prima per la visione fotopica e la seconda (in tratteggio) per la visione scotopica. Lo spostamento verso sinistra (cioè verso frequenze inferiori) del massimo di visibilità (normalmente in corrispondenza della luce giallo-verde a 550 nm) fa sì che il rosso non sia più visibile (effetto Purkinje). Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 6
Tipi di emissione luminose Il tipo di distribuzione spettrale dipende dalla sorgente luminosa. Si hanno tre tipologie ricorrenti: - 1° Distribuzione continua: tipica delle sorgenti che emettono radiazioni luminose per effetto termico (ad esempio, filamenti delle lampade ad incandescenza); - 2° Distribuzione discreta a righe: tipica dell'emissione nelle lampade a scarica nei gas (a luminescenza, ad Hg, Na, Ar,...). Le righe sono corrispondenti ai salti quantici dei livelli elettronici dello elemento utilizzato in questo tipo di lampade); - 3° Distribuzione normale del corpo nero: si tratta di una distribuzione ideale relativa ad un corpo ideale (il corpo nero). Nella realtà anche i corpi grigi emettono una distribuzione continua omotetica a quella del corpo nero secondo l'emissività . Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 7
Grandezze Illuminotecniche La luce è caratterizzata da onde w elettromagnetiche aventi lunghezza d’onda compresa fra 0,38 e 0,78 m. Dal punto di vista fisico non si hanno difficoltà a caratterizzare queste onde con le grandezze radiative oggettive già viste nello studio dell’Irraggiamento. Ciò che ora interessa è caratterizzare il comportamento fisico delle onde luminose tenendo conto della visione dell’occhio umano medio e quindi di introdurre nuove grandezze soggettive. Definiamo flusso luminoso il flusso radiativo visibile (quindi con lunghezze d’onda comprese fra 380 e 780 nm). Per caratterizzare la visibilità delle onde radiative dobbiamo filtrarle secondo la curva di visibilità assoluta dell’occhio Lunghezza d'onda umano medio. Tutte le grandezze illuminotecniche partono da questa osservazione e pertanto esse K ( ) w d 780 nm differiscono da quelle energetiche 380 nm (oggettive) perché sono grandezze soggettive cioè riferite all’uomo. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 8
Definizione delle Grandezze Illuminotecniche Le grandezze fotometriche fondamentali sono le seguenti: FLUSSO LUMINOSO ILLUMINAMENTO K ( ) w d , 780 nm Lumen d 380 nm E= Lux che in funzione della visibilità relativa si può scrivere: dA Combinando le precedenti relazioni si ha: v ( ) w d , 780 nm 683 Lumen 380 nm d 1 cos INTENSITA' LUMINOSA E= cos I d r 2 r2 d I= Candele RADIANZA LUMINANZA d Risulta quindi: d dI dE R Lux sul bianco L= dAcos d cos Nit ( cd / m ²) 1 W dA 1 cd=K max ( ) 683 sr e risulta anche: da cui: R rE cd sr lm K max 683 con r fattore di riflessione W della superfice. Inoltre risulta, per corpi uniformemente diffondenti: R L da cui risulta: rE L= Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 9
Intensità Luminosa, I L’intensità luminosa è data dalla relazione: d I d L'unità è la Candela definita come l'intensità di una sorgente luminosa emessa nell'angolo solido di 1 sr, di =555 nm e di potenza pari a 1/683 W. Dalla precedente I d e si ottiene che il flusso luminoso vale: ove l'angolo solido è dato da: z dA cos d r2 Per i corpi lambertiani che emettono in un semispazio secondo la legge del coseno è: I I 0 cos z Id 2I 0 z0 2 sin cos d I 0 I 0 Per le sorgenti puntiformi che emettono uniformemente in tutto l'angolo solido 4 si ha: I I 0 per qualunque angolo z z = Id I 0 d 4I 0 0 4 4I 0 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 10
Luminanza, L La Luminanza è definita come rapporto fra l'intensità luminosa in una data direzione e la superficie della sorgente apparente in quella direzione: d I L dS cos d S cos L'unità di misura è il Nit=Cd/m2. E' ancora in uso lo Stilb=Cd/cm2 L LM Cd OP Stilb LM Cd OP 10 4 Nm Q 2 Nit N cm Q2 Nit Per i corpi lambertiani si ha che la luminanza non dipende dalla direzione : I I 0 cos e quindi: I I 0 cos L S cos S cos I0 L S Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 11
Illuminamento, E L'Illuminamento in un punto è definito dalla relazione: d ricevuto EP dAricevente e con riferimento alla disposizione della sorgente rispetto al punto: da cos j d ricevuto d d R2 EP I dAricevente d dA dA cos j EP I R2 se vi sono più sorgenti luminose si applica il principio di sovrapposizione degli effetti per cui si ha: cos j1 cos j2 E P E P1 E P2 I1 I 2 R 21 R2 2 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 12
Relazioni fra Luminanza e Illuminamento E' opportuno osservare che la luminanza si riferisce alla superficie apparente della sorgente emittente mentre l'Illuminamento si riferisce alla superficie ricevente il flusso luminoso. Per superfici trasparenti si ha: emesso incidente essendo emesso I 0 per superfici lambertiane incidente I 0 ossia A S E = L da cui: E L= Per superfici riflettenti si ha: emesso incidente essendo emesso I 0 per superfici lambertiane incidente I 0 ossia A S E = L da cui: E L= Il termine rE è la radianza della superficie A ed è misurata in lux sul bianco ( Lux s.b.) Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 13
Costruzione del solido fotometrico: Banco Fotometrico Il Banco fotometrico è costruito come in figura sottostante. A sinistra si ha una lampada campione (della quale è nota l’intensità I1) e a destra una lampada da esaminare. Il carrello mobile porta un dispositivo ottico che presenta l'illuminazione prodotta da entrambi i lati dalle due lampade. Si sposta il carrello fino a quando gli illuminamenti sono eguali sulle due facciate e quindi vale la relazione (per direzioni normali): I1 I2 E d12 d 22 Allora nota I1 e le distanze d1 e d2 si calcola: d12 I 2 I1 2 d2 Ripetendo il calcolo per diverse direzioni si ha la costruzione della curva fotometrica di figura. Ruotando la lampada attorno allo zoccolo di montaggio e ripetendo per varie angolazioni si può avere la costruzione del solido fotometrico. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 14
Il Luxometro Per misurare l'Illuminamento si utilizza una cellula fotovoltaica che genera una corrente in funzione della radiazione incidente. Un filtro sovrapposto alla cellula rende la risposta di questa simile alla curva di visibilità relativa e quindi la misura dell'irraggiamento (oggettivo) totale può rendersi proporzionale all'illuminamento (soggettivo). Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 15
Calcolo del Flusso con il Metodo IEC L'angolo solido di una zona sferica compresa fra ed +d vale: z z d d d 2 sin d 2 cos ) cos( d b g Per un solido fotometrico avente simmetria di rotazione si può calcolare il flusso luminoso suddividendo la sfera in quattro zone corrispondenti agli angoli (IEC N.52/1982): 3 , , , 2 2 2 Il flusso , ricordando quanto sopra scritto, vale: z 0 2 b Id I 2 I [ cos ) cos( d ] 0 0 g Di solito il flusso emesso nelle quattro regioni IEC viene espresso in termini percentuali rispetto al flusso emesso nel 2p sr ed indicato rispettivamente con: FC1, FC2, FC3, FC4 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 16
Illuminamento fra superfici estese Sia la S1 emittente ed S2 ricevente. L'Illuminamento in P vale: z dS1 cos E P L1 d 0S cos j L1 z S1 d2 cos j Il flusso emesso da S1 che raggiunge S2 risulta: 12 zS2 E p dS 2 L1 z S1 dS1 cos d 2 S2 z cos j dS 2 e quindi anche, moltiplicando e dividendo per pS1: L OP 12 S L M 1 MNS 1 1 1 z S1 dS1 cos d2 z S2 cos j dS 2 PQ Il termine in parentesi è il fattore di vista fra S1 ed S2: F12 1 S1 S dS1 cos d2 S z cos j dS 2 1 z 2 per cui: 12 L1S1 F12 Ricordando che per corpi lambertiani la radianza è R=pL si ha: S E2 12 R1 1 F12 S2 S2 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 17
Illuminamento in un punto da superficie estesa Dalle definizioni di Luminanza ed Illuminamento: dI dI cos j L , dE P 2 dS cos d combinando insieme si ha: FG dS cos IJ L cos j d dE P L cos j H d K 2 0 S Il termine in parentesi è l'angolo solido entro il quale l'oggetto vede la sorgente: dS cos FG IJ d 0S d2 H K Allora se L=costante segue: EP L z 0 S cos j d 0S che è la relazione per il calcolo dell'Illuminamento in un punto P dovuto ad una sorgente estesa S e di luminanza costante L. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 18
Elementi caratterizzanti il colore Il colore è una qualità degli oggetti ma è anche una funzione della luce che li illumina. Ogni corpo ha un fattore di assorbimento, di riflessione e di trasmissione variabile con la lunghezza d'onda. Ne consegue che se lo si illumina con una luce bianca (che è la somma di tutte le componenti cromatiche visibili) allora il corpo riflette una radiazione che dipende dalle proprie caratteristiche. Se, ad esempio, il corpo non assorbe la lunghezza d'onda corrispondente al verde ma assorbe tutte le altre allora la luce riflessa è verde e noi attribuiremo il colore verde al corpo. Se, però, la luce illuminante è solo monocromatica e di colore giallo allora il corpo non può apparire verde perché il verde non è presente nella radiazione originaria; esso appare, in questo caso, nero. Il colore si caratterizza per le seguenti tre qualità: Tono o Tinta: é dato dalla lunghezza d'onda dominante e quindi individua il colore fondamentale con cui viene visto un oggetto; -Purezza o Saturazione: é la vivacità del colore che quindi si differenzia dalla visione del grigio; -- Luminanza o Luminosità: esprime l'intensità luminosa nella direzione della visione. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 19
Il Colore La norma UNI 10530 al punto 4.1.4 così definisce il colore: Il colore è un attributo della luce che contribuisce all'osservazione ed alla percezione dell'ambiente. Tra gli attributi della luce esso è notoriamente il più utile per identificare rapidamente e agevolmente gli oggetti situati nello spazio di lavoro. La percezione e la discriminazione dei colori variano nelle diverse zone della retina; la capacità di discernere i colori è massima nella zona centrale della retina ed aumenta con l'illuminamento, almeno entro un limitato intervallo di valori. La qualità di resa di colore di una sorgente luminosa è determinata dalla composizione spettrale della luce emessa in rapporto alle caratteristiche spettrali della luce del giorno. Va fatta quindi una distinzione tra il colore come sensazione e il colore come lunghezza d'onda. La luce infatti non è colorata, ma è capace di generare, a seconda della lunghezza d'onda, le sensazioni della luminosità e del colore quando stimola gli occhi e un sistema nervoso dotati di particolare recettività. Un colore può essere ottenuto dalla mescolanza di tre colori diversi definiti come primari; in questo caso si parla di sintesi additiva. Dalla sintesi additiva dei colori primari (blu+verde+rosso) si ottiene il colore bianco. Dai tre colori fondamentali si derivano altri tre colori detti secondari o complementari: il giallo è complementare al blu; il Magenta è complementare del verde; il ciano è complementare del rosso. Tali coppie di colore per sintesi sottrattiva producono il nero, per cui un colore può essere ottenuto sottraendo alla luce una parte dei suoi componenti. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 20
Componenti Cromatiche Fondamentali La Colorimetria si fonda sulle leggi Grassmann: - Se si sommano tre sorgenti di colore diverso si ottiene un nuovo colore che non é distinguibile dai componenti; - Se ciascuna sorgente viene variata di intensità anche il colore risultante varia la sua intensità e colore. Il CIE ha stabilito di scegliere tre componenti cromatiche fittizie aventi l’andamento dato in figura e con i valori frequenziali dati in tabella. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 21
Coordinate Tricromatiche Considerata la grandezza di stimolo f() (di solito L o R) si hanno tre coordinate cromatiche: X cos t f x d Y cos t f y d X cos t f z d In forma discreta si possono sostituire gli integrali per ottenere le relazioni: X cos t f x Y cos t f y Z cos t f z che in forma normalizzata divengono: x X /X Y Z y Y /X Y Z z Z /X Y Z Pertanto, poiché x+y+z=1, è sufficiente conoscere il valore di due coordinate normalizzate. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 22
Il Triangolo del Colore Ponendo in ascissa x e in ordinata y si ha la rappresentazione di figura nella quale si possono fare le seguenti osservazioni: -il centro del diagramma, detto triangolo del colore, ha coordinate 0.33, 0.33, 0.33 ed è detto illuminante bianco; C ol or -Lungo la linea esterna si hanno le onde ipu rif on elettromagnetiche pure corrispondenti ai colori da m en fondamentali (rosso, arancione, giallo, verde, t al i cyan, blu, viola); Lin ee gui da -La zona triangolare fra il centro e i due vertici di per la TC base è detta zona delle porpore e indica colori la C cui lunghezza d’onda fondamentale non esiste e Planck's Loci che possono essere costruiti solamente mediante tecniche di tricromia sottrattiva; -Il luogo dei punti di emissione di un corpo nero al variare della temperatura è detta Planck’s loci (vedi dopo); i segmenti trasversali riportano le e por temperature di emissione. le por a del Zon -Il triangolo con lati bianchi indica la zona riproducibile con tricromia additiva RGB (Red, Green, Blue) utilizzata per i video dei computer e per le stampanti. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 23
Planck's loci Se la funzione di stimolo è costituita dalla radiazione del 780 nm corpo nero (Legge di Planck) allora possiamo calcolare le X w( ) X ( ) d 380 nm coordinate cromatiche per varie temperature di emissione 780 nm mediante i passaggi indicati a fianco. Il risultato dei calcoli Y w( ) Y ( ) d 380 nm porta a tracciare la curva (ben visibile in basso a destra del 780 nm triangolo del colore) detta Planck's Loci che rappresenta il Z w( ) Z ( ) d luogo delle coordinate cromatiche relative alle emissioni del 380 nm corpo nero. Per gli emettitori radiativi (ad esempio per il filamento di una lampada) si suole indicare il colore di ove la w( ) è data dall'equazione di Planck: emissione mediante la temperatura del corpo nero corrispondente: TEMPERATURA DAL COLORE (TC) C1 W w( ) ( ) Il sole, ad esempio, ha una temperatura dal colore di circa cT2 m 6000 K, mentre il filamento di una lampadina normale ha e 1 5 una TC di circa 2200 K e quello di una lampada allo iodio ha una TC di circa 2500 K. Per i corpi non radiativi (ad esempio le lampade a luminescenza) si indica la ove le costanti c1 e c 2 valgono: TEMPERATURA DEL COLORE CORRELATA (TCC) come la temperatura del corpo nero che più si avvicina come tinta al colore desiderato. Nel triangolo del colore si c1 3.742 108 , c2 1.439 104 hanno alcune linee guida che aiutano ad individuare la temperatura corrispondente. Per le lampade a luminescenza si parla di TCC variabile da 2800 K a 6500 K. In quest'ultimo caso si ha una luce bluastra. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 24
Caratteristiche delle Lampade Le lampade sono apparecchi che producono radiazioni visibili. Se ne hanno diverse tipologie: - ad incandescenza, le più antiche; - a scarica nei gas che si classificano anche in: ad arco e a luminescenza, ad induzione. Le caratteristiche principali di una lampada sono: - l'efficienza luminosa data dal rapporto fra il flusso luminoso emesso e la potenza elettrica impegnata (lm/W); - la resa cromatica, cioè la capacità di rendere fedelmente i colori. Questa caratteristica si esprime con un punteggio da 1 a 100 rispetto ad una lampada campione di alta resa. - la durata, espressa in ore, data dal tempo di vita media (cioè del tempo nel quale il 50% delle lampade dello stesso tipo e dello stesso costruttore si rompono). - la temperatura dal colore correlata che è la temperatura del corpo nero che più si avvicina al tono puro. Le lampade ad incandescenza hanno uno spettro radiativo (cioè la distribuzione della potenza luminosa in funzione della lunghezza d'onda) continuo e di solito presente in tutte le lunghezze d'onda visibili. La resa cromatica delle lampade ad incandescenza è in genere buona anche se la luce emessa è giallo- rossastra. Le lampade a scarica nei gas hanno spettri a righe corrispondenti ai livelli elettronici eccitati. In alcuni casi il numero di righe è molto limitato e pertanto la luce emessa è quasi monocromatica (ad esempio le lampade al sodio) e quindi la resa cromatica è spesso insufficiente (Ra
Lampade ad incandescenza Queste lampade sono le più antiche: un filamento di tungsteno attorcigliato in doppia elica è portato alla temperatura di circa 2000 K ed emette una luce giallo-rossastra. Sono oggi costruite in tre tipologie: GLS, REFLECTOR ed ALOGENE. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 26
Lampade ad incandescenza Alogene Nelle lampade ad incandescenza del tipo alogene si pone all'interno delle lampade dello iodio che si associa al tungsteno depositato sul bulbo (più freddo) e, per convezione termica, lo riporta sul filamento (caldo) dove, ad alta temperatura si dissocia. Il ciclo dello iodio é dato a fianco. Il vantaggio che si ottiene è duplice: da un lato lo iodio, mediante il suo ciclo di associazione-dissociazione, ricostituisce il filamento di tungsteno che man mano si assottiglierebbe per sublimazione, dall'altro, proprio per questa nuova possibilità di ripristinare il tungsteno sublimato, è possibile aumentare la temperatura del filamento in modo da innescare la reazione di dissociazione (a 2800 K). Questo secondo effetto porta ad una maggiore temperatura del colore (TC), ad una maggiore radiazione visibile (lo spettro si sposta verso la zona del visibile) e quindi l'efficienza luminosa di queste lampade è più elevata rispetto alle lampade normali raggiungendo anche 25 lm/W. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 27
Lampade ad incandescenza: Caratteristiche Nella seguente tabella si hanno alcune proprietà delle lampade ad incandescenza. Dalla tabella è possibile calcolare il flusso luminoso nota l'efficienza luminosa e la potenza elettrica assorbita mediante la relazione: W Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 28
Lampade a luminescenza In queste lampade si ha una scarica a valanga per effetto degli urti elastici ed anelastici che elettroni ed ioni di segno opposto subiscono nell'accelerazione fra gli elettrodi. La curva caratteristica é data in figura. Queste lampade necessitano di un reattore di stabilizzazione e di uno starter per l'avviamento. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 29
Lampade a Luminescenza: Caratteristiche Le lampade a luminescenza hanno solitamente spettri a righe ed emettono luce non per effetto della temperatura del filamento ma per luminescenza, cioè per emissione di radiazione elettromagnetica degli atomi dei fosfòri (sali di fosforo) che rivestono i tubi di vetro esterni. Pertanto la temperatura dal colore correlata (TCC) può essere molto elevata a causa della notevole presenza di radiazioni di lunghezza d’onda corrispondente al blue. In tabella si hanno le TCC, la resa cromatica Ra, e il flusso luminoso per le principali potenze elettriche impegnate. Si hanno indicazioni sia per i tubi di 1° generazione (tubi da 38 mm di diametro) che di 2° generazione (tubi da 26 mm di diametro) per i maggiori costruttori. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 30
Confronto fra diverse tipologie di Lampade Lampada Efficienza Temperatura di Resa cromatica Durata media luminosa colore % ore lm/W K Incandescenza a filamento 10-17 2500 100 1000 Alogena 20-25 3190 100 1500-2000 Fluorescente bianco freddo 65-100 6500 62-98 5000 Fluorescente bianco caldo 62-96 3000 52-95 5000 Vapori di mercurio alta 70-83 5710 50-70 8-10000 pressione Vapori di mercurio con 75-80 3720 60-80 5000 alogenuri Sodio bassa pressione 80-200 < 20 8-10000 Sodio alta pressione 30-120 2500 30-80 6000 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 31
Lampade a luminescenza: Spettri di emissione Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 32
Lampade a luminescenza: Spettri di emissione Lampade a vapore di sodio Lampade fluorescenti a bulbo Lampade agli alogenuri metallici ad alta pressione Lampade a luce miscelata Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 33
La fase progettuale del benessere visivo La fase progettuale dovrà sempre essere preceduta da uno studio dettagliato dello spazio fisico e delle caratteristiche funzionali ad esso connesse, indispensabili per la definizione, in termini di prestazioni, dell’ambiente luminoso e degli indici significativi per la sua valutazione, ed in particolare dovrà prendere in considerazione quanto segue: - la corretta dimensione degli ambienti; le finitura, colore e caratteristiche di riflessione delle superfici; le dimensioni e caratteristiche di trasmissione delle superfici vetrate; la dimensione e caratterizzazione di eventuali schermi; la definizione delle classi di utenza; la definizione delle attività svolte nell’ambiente; - il profilo di occupazione dell’ambiente. In base alle superiori premesse la progettazione degli interni non deve mirare esclusivamente al raggiungimento di un illuminamento uniforme del piano di lavoro e quindi dell’ambiente, ma deve garantire una corretta visibilità del compito visivo dipendente dal contrasto percepito dall’operatore, dallo stato di adattamento dell’operatore, dalla presenza di fenomeni di abbagliamento e di riflessione, da eventuali ostruzioni e dalla procedura di svolgimento del compito visivo Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 34
Caratteristiche principali Le lampade sono raramente utilizzate nude. Esse vengono inserite in opportuni apparecchi illuminanti che hanno lo scopo di modificare (anche sensibilmente) le caratteristiche illuminotecniche delle stesse lampade. Ogni lampada è caratterizzata dal solido fotometrico (cioè dalla distribuzione spaziale dei vettori intensità luminosa). I corpi illuminanti modificano proprio il solido fotometrico delle lampade in modo da soddisfare le esigenze progettuali per l'impiantistica illuminotecnica. Ad esempio possono direzionare il flusso luminoso solo in una direzione e con una modesta dispersione angolare (fari, proiettori), ovvero possono direzionare il flusso luminoso in più direzioni con limiti angolari precisi (ad esempio i corpi illuminanti per illuminazione stradale hanno angoli di emissione limite fissati dalle norme, detti angoli di cut-off). I corpi illuminanti possono ospitare più di una lampada e possono anche filtrare la radiazione emessa mediante opportuni schermi filtranti. I corpi illuminanti possono avere o non lenti direzionali e in alcuni casi (vedi le lampade scialitiche utilizzate negli ospedali) si hanno vetri stratificati a curvatura multipla per ridurre lo spazio occupato. In pratica gli apparecchi illuminanti adeguano le lampade alle esigenze dell’illuminazione. Ciò che non può essere modificata è la natura dello spettro luminoso (continuo per le lampade ad incandescenza e a righe per le lampade a luminescenza) e di questo si deve tenere conto nella progettazione degli impianti di illuminazione. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 35
Tipologia di diffusori I diffusori o corpi illuminanti modificano il solido fotometrico delle lampade che ospitano. Di solito essi orientano il flusso: -prevalentemente verso il basso; -prevalentemente verso l’alto; -in entrambe le direzioni. In corrispondenza del tipo di solido fotometrico si hanno tre tipologie di illuminazione: -illuminazione diretta; -illuminazione indiretta o diffusa; -illuminazione semidiretta o semi indiretta. Nelle figura a lato si possono vedere le percentuali di flusso orientato nella varie direzioni al variare del corpo illuminante. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 36
Criteri di progetto Lo scopo di un impianto di illuminazione a luce artificiale è di consentire la visione confortevole in assenza di luce naturale. Si hanno essenzialmente due tipologie di impianti: - impianti di illuminazione per interni; - impianti di illuminazione per esterni. Per il progetto degli impianti di illuminazione per interni si possono seguire vari criteri, ciascuno caratterizzato da complessità e precisione variabili. Fra i metodi più semplici si segnala quello del fattore di utilizzazione. Si tratta di un metodo globale con il quale si può calcolare il flusso totale necessario per l'illuminamento di progetto. Esso si basa su dati semiempirici sotto forma di tabelle. Dopo la progettazione di massima occorre sempre effettuare una verifica di uniformità dell'illuminamento ad esempio utilizzando, per sorgenti supposte puntiformi, la relazione: I cos E R2 I cos3 E H2 con H altezza di montaggio Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 37
Metodo dell'Illuminamento di progetto Seguendo il criterio dell'illuminamento, si assegna un valore di illuminamento da realizzare in funzione del compito visivo desiderato. Nella seguente tabella si hanno i valori minimo, medio e massimo consigliati per i vari compiti visivi. La fase preliminare del progetto di un impianto illuminotecnico consiste proprio nel selezionare il valore dello illuminamento di progetto secondo la tabella riportata. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 38
Metodo del Fattore di Utilizzazione Per il dimensionamento di un impianto di illuminazione a luce artificiale si può utilizzare il metodo del fattore di utilizzazione (u) con il quale, almeno per ambienti regolari, si determina il flusso totale emesso dalle lampade mediante la relazione: u u o ove Fu è il flusso utile sul piano di lavoro e F0 è il flusso (incognito) emesso dal corpo illuminante, Ft è il flusso totale emesso dall'apparecchio illuminante che tiene conto anche del deprezzamento. Em è il valore di progetto dell'illuminamento medio, d è il fattore di deprezzamento (>1) del corpo illuminante. Il fattore di utilizzazione dipende dai fattori di riflessione del soffitto e delle pareti, dal solido fotometrico del corpo illuminante e dal tipo di lampade utilizzate (ad incandescenza o a scarica nei gas) e dalla forma geometrica del locale mediante l'indice del locale: Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 39
Calcolo del Fattore di Utilizzazione Il fattore di utilizzazione, u, è definito dal rapporto: u u o ove Fu è il flusso utile sul piano di lavoro e F0 è il flusso totale (incognito) emesso dal corpo illuminante. Questa relazione contiene due incognite: u e F0 per cui va intesa come equazione di definizione di u. Se si desidera calcolare F0 occorre prima calcolare u mediante opportune tabelle (vedi nel prosieguo) nelle quali occorre conoscere: - il tipo di apparecchio illuminante; - il tipo di lampada (ad incandescenza o a luminescenza); - il fattore di riflessione del soffitto; - il fattore di riflessione delle pareti; - l'indice del locale, come già definito. Per valori intermedi dei fattori di riflessione occorre interpolare fra i valori noti. Ottenuto u si può calcolare F0 come già indicato in precedenza. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 40
Tabelle per il calcolo del fattore di utilizzazione Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 41
Algoritmo di calcolo per il progetto Per il progetto di un impianto di illuminazione a luce artificiale mediante il metodo del fattore di utilizzazione si hanno le fasi: - scelta del valore dell'illuminamento, E, sul piano di lavoro in funzione del compito visivo desiderato (vedi tabella guida); - calcolo del flusso utile sul piano di lavoro Fu=E B H, ove B ed H sono le dimensioni del piano di lavoro; - scelta del tipo di lampada (ad incandescenza o a scarica nei gas) e del tipo di apparecchio illuminante e quindi del tipo di solido fotometrico complessivo e del fattore di deprezzamento d; - calcolo dell'indice del locale B Hmediante la relazione (hu è l'altezza utile): i h BH u b g - determinazione del fattore di utilizzazione utilizzando le apposite tabelle mediante l'indice del locale e i fattori di riflessione del soffitto e delle pareti (in corrispondenza del tipo di corpo illuminante); E B H - calcolo del flusso emesso dal corpo d u illuminante Ft mediante la t relazione: - verifica del fattore diI cos 3 uniformità (Emax/Emin
Illuminazione naturale diurna Il flusso luminoso totale che raggiunge un punto di una superficie all'interno di un ambiente è il risultato di tre contributi, vedi Figura: a. il flusso che arriva sul punto direttamente dal cielo (componente cielo); b. il flusso che arriva sul punto per effetto di riflessioni da parte di superfici poste all'esterno (componente riflessa esterna); c. il flusso che arriva sul punto per effetto di riflessioni da parte di superfici poste all'interno (componente riflessa interna). Vedremo come calcolare queste componenti utilizzando un metodo semplificato proposto dal BRS. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 43
Metodo del Fattore di Illuminazione diurna La verifica dell'illuminazione diurna consiste nel calcolare, in percentuale, il valore dell'illuminamento diurno in un punto rispetto a quello provocato dal cielo coperto. Si definiscono due tipi di cielo: - cielo internazionale - cielo uniforme standard. Nel primo caso la luminanza varia secondo la relazione: 1 2 sin B B0 3 ove B0 è la luminanza del cielo allo zenith e a l'angolo di elevazione del punto del cielo considerato rispetto all'orizzonte. Nel secondo caso la luminanza del cielo si suppone costante, qualunque sia l'angolo considerato. In questo caso l'illuminamento prodotto si considera pari a 5000 lux. Detto DF il dayligth factor, definito come rapporto fra l'illuminamento in un punto interno e quello del cielo coperto, questo è dato dalla somma di tre fattori: DF= SC + CRE + CRI ove: SC è la componente cielo; CRE è il componente di riflessione esterno; CRI è il componente di riflessione interno. Ciascuno di questi fattori è sempre inteso in termini percentuali rispetto all'illuminazione con cielo coperto. Per una buona illuminazione diurna deve essere DF>4. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 44
Calcolo della Componente cielo e CRE I riferimenti per il calcolo di SC e SF sono dati in figura. Se è presente l'ostruzione esterna allora si calcola la Componente di riflessione esterna, CRE, utilizzando ancora le due tabelle già descritte per SC e SF ed individuando CRE mediante B/d e a (angolo di ostruzione). Il CRE va sommato a SC (o SF a seconda del cielo considerato). Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 45
Calcolo della Componente cielo SC La componente cielo, SC, è definita come rapporto percentuale fra l'illuminamento dovuto ad una apertura sul punto desiderato per effetto della radiazione solare diffusa e l'illuminamento ottenuto con cielo internazionale. Se il riferimento è il cielo standard a luminanza costante si definisce allo stesso modo il fattore cielo, SF. Entrambi i componenti dipendono dal tipo di cielo considerato (internazionale o standard) dai rapporti B/d e H/d fra la base della semiapertura e la distanza del punto P (valutata normalmente alla finestra) e fra l'altezza dell'apertura e la medesima distanza. Il metodo BRS per il calcolo del DF fornisce due tabelle (una per ciascun tipo di cielo) che fornisce SC o SF in funzione dei due rapporti B/d e H/d. Qualora il vetro considerato sia doppio è bene ridurre del 15% il valore individuato nelle tabelle. Se l'apertura ha un'ostruzione esterna che limita l'illuminamento solare allora si applica lo stesso metodo una volta per tutta la finestra ottenendo SC1 ed una seconda volta per la parte di finestra oscurata ottenendo SC2. Il valore finale è dato dalla differenza: SC= SC1 - SC2 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 46
Calcolo della Componente cielo Uniforme Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 47
Calcolo della Componente cielo Internazionale Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 48
Componente di Riflessione Interna - CRI La componente di riflessione interna, CRI, è definita, sempre in termini percentuali, come rapporto dell'illuminamento prodotto dalle riflessioni interne della luce diurna su una superficie e l'illuminamento del cielo coperto (internazionale o standard). Essa dipende dai fattori di riflessione del pavimento, rp, e delle pareti, rw, e dal rapporto fra superficie vetrata e superficie del pavimento o anche della percentuale di superficie vetrata rispetto a quella del pavimento. Il metodo BRS fornisce una tabella nella quale, mediante i suddetti parametri, si individua CRI (valore minimo). Nell'ultima riga in basso si ha un fattore di correzione che deve essere applicato al valore sopra individuato per ottenere il valore medio nella stanza. CRI va sommato alle altre componenti (SC e CRE) per ottenere il DF. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 49
Algoritmo di calcolo per il DF Il calcolo del DF può essere schematizzato nelle seguenti fasi: DF= SC + CRE + CRI SC - si calcolano i rapporti B/d ed H/d della semifinestra e, scelto il tipo di cielo (Internazionale o Standard), si legge nella tabella corrispondente il valore di SC. CRE - nel caso di presenza di ostruzione esterna si calcola SC sottraendo dal valore per la finestra intera quello relativo alla ostruzione. Quindi si calcola, sempre con la medesima tabella, il valore di CRE utilizzando il rapporto B/d e l'angolo a con il quale il punto di verifica P sottende l'ostruzione. CRI - si utilizza un'apposita tabella nella quale occorre conoscere il fattori di riflessione del pavimento e delle pareti e il rapporto fra superficie vetrata e quella del pavimento (o anche in valore percentuale). Calcolo del DF per lucernari Nel caso di lucernari (illuminamento dall'alto) si trascura CRE e si calcola SC mediante la relazione: Avetro SC u 100 Apavimento ove u è funzione della pendenza del vetro secondo la tabella: Angolo inclinazione del lucernario u 30° 0,30 60° 0,20 90° 0,15 Per l'illuminazione dall'alto la CRI si calcola con una nuova tabella nella quale, oltre ai parametri sopra indicati, entra anche la pendenza della apertura. Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 50
Il Principio della semisfera unitaria Il principio della sfera unitaria (molto usato Si definisce Luminanza il rapporto: nelle applicazioni) dice che l'illuminamento prodotto da una superficie in un punto P L Acos con flusso luminoso, A cos area apparente giacente sul piano orizzontale è equivalente ed l'angolo solido. Risulta anche: a quello prodotto da un elemento dS giacente I cos sulla sfera di raggio unitario avente centro in E ove l'intensità I è data da I R 2 P e che vede con lo stesso angolo solido la Combinando le due relazioni si ha: superficie illuminante. Tale illuminamento è ( L A cos ) cos proporzionale anche alla proiezione sul piano orizzontale della superficie dS intercetta sulla E I A parità di angolo solido si ha R2 sfera. La dimostrazione è immediata come I L A cos L A' qui di seguito indicato. ove A' è la proiezione dell'area A sulla semisfera di raggio unitario. Ne segue che l'illuminamento E vale: L A ' cos E . R2 Si osserva che A'cos è la proiezione di A' sul piano orizzontale interno alla semisfera. Detta A'' questa proiezione è: L A '' E L A '' essendo R=1. R2 Prof. Ing. Giuliano Cammarata – Fisica Tecnica Ambientale – Mc Graw Hill Italia Pagina 51
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