Al Delle Arti per tre giorni il film sui De Filippo - Cronache ...
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Al Delle Arti per tre giorni il film sui De Filippo di Rosa Pia Greco Sarà in sala, in tutt’Italia, il 13, 14 e 15 dicembre, distribuito da 01 Distribution, “I fratelli de Filippo”, l’attesissimo film diretto da Sergio Rubini che e si sofferma sull’infanzia e la giovinezza di Eduardo, Titina e Peppino. A Salerno il film, considerato da molti l’evento dell’anno, sarà proiettato al Cinema Teatro Delle Arti di via G. Grimaldi, alle ore 18 e alle 21. Rubini che è sempre stato un fan dei De Filippo e in particolar modo di Eduardo, che ebbe la fortuna di vedere, al Teatro Piccinni di Bari negli anni ’60, in “Sabato, domenica e lunedì”, porterà lo spettatore con questo suo lavoro, nel mondo dei giovani Eduardo, Titina e Peppino De Filippo, raccontati dall’infanzia fino a alla formazione della compagnia del Teatro Umoristico I De Filippo Sinossi ufficiale del film È l’inizio del Novecento, i tre fratelli Peppino, Titina ed Eduardo, vivono con la bella e giovane madre, Luisa De Filippo. In famiglia un padre non c’è, o meglio si nasconde nei panni dello “zio” Eduardo Scarpetta, il più famoso, ricco e acclamato attore e drammaturgo del suo tempo. Scarpetta, pur non riconoscendo i tre figli naturali, li ha introdotti fin da bambini nel mondo del teatro. Alla morte del grande attore, i figli legittimi si spartiscono la sua eredità, mentre a Titina, Eduardo e Peppino non spetta nulla. Ai tre giovani, però, “zio” Scarpetta ha trasmesso un dono speciale, il suo grande talento, che invece non è toccato al figlio legittimo Vincenzo, anche lui attore e drammaturgo, diventato titolare della compagnia paterna. Il riscatto dalla dolorosa storia familiare passa per la formazione del trio De Filippo, sogno accarezzato per anni da Eduardo e dai suoi fratelli e finalmente realizzato, superando difficoltà e conflitti. Quella dei De Filippo è la storia di una ferita familiare che
si trasforma in arte. E di tre giovani, che, unendo le forze, danno vita a un modo del tutto nuovo di raccontare la realtà con uno sguardo che arriva fino al futuro. Nel film recitano Mario Autore (Eduardo), Domenico Pinelli (Peppino) e Anna Ferraioli Ravel (Titina), Giancarlo Giannini Eduardo Scarpetta, Biagio Izzo è invece Vincenzo Scarpetta I fratelli De Filippo è un progetto a cui Rubini tiene particolarmente e ha cui ha dedicato 7 anni della sua vita. Partito come serie televisiva e poi diventato un film, lo ha portato a concentrarsi sui rapporti tra fratelli e sulla loro infelicità all’interno della famiglia di Eduardo Scarpetta, un padre che mai li riconobbe. In un’intervista rilasciata ad un sito cinematografico Rubini ha spiegato… “”Sono stato portato da bambino, negli anni ’60, da mio padre, al Teatro Piccinni di Bari a vedere Eduardo, lo spettacolo era Sabato, domenica e lunedì, quindi per me Eduardo coincide con il teatro e il teatro coincide con Eduardo. Mio papà aveva una compagnia filodrammatica, in cui ho debuttato facendo Nennillo in Natale in casa Cupiello. Poi ho conosciuto Peppino. Andai a vederlo in due spettacoli e gli portai la tessera di socio onorario della mia compagnia. Eravamo un gruppo di ragazzini e ci recammo nel suo camerino. Ci chiese: ‘Cosa fate?’, e noi: ‘Natale in casa Cupiello’, allora lui ci disse che l’aveva scritto lui quel testo, che le battute più belle erano le sue. E noi ci domandammo: ‘Ma come mai questo perde tempo a parlare male del fratello a noi che siamo dei ragazzi?’. In quel momento capii che c’era una ferita aperta. Tempo dopo scoprii che a Palazzo Scarpetta, alle 3 di ogni pomeriggio, un cameriere entrava con un vassoio e portava da mangiare ai De Filippo. Questo buffo particolare mi ha sempre incuriosito, così mi sono appassionato al trio. Eduardo è stato uno dei padri fondatori del Neorealismo. Perfino nella poetica di registi americani come Neil Shephard e David Mamet, o dello stesso Scorsese, ci sono riferimenti a Eduardo. Napoli Milionaria ha debuttato nel marzo del ’45 a Napoli, quando Roma non era ancora stata ancora liberata. Eduardo dapprima ha pensato di aver trovato un padre in Luigi Pirandello, ma poi
lo ha tradito. Ha compreso che doveva filtrare tutto ciò che aveva imparato fuori da Napoli per poi ripartire dalla sua famiglia. Come Ulisse ha avuto bisogno di fare un grande viaggio, ha sposato un’americana. Alla fine è tornato a casa. E’ uno dei padri del ‘900 e noi siamo ancora nel suo solco. Quando parliamo di realismo parliamo ancora della lezione di Eduardo”. Un’installazione per Dante a Baronissi Baronissi celebra il settecentenario di Dante con una installazione artistica al Parco del Ciliegio che sarà “svelata” oggi alle ore 11.00. L’opera è stata realizzata dall’artista Girolamo Santulli che ha vinto il Concorso di idee bandito dal Comune di Baronissi per omaggiare il Sommo Poeta nell’anno in cui ricorrono i settecento anni dalla morte. Per la realizzazione dell’opera, dal titolo “dante700”, l’artista si è lasciato ispirare dal vorticoso percorso della Divina commedia come una sorta di libro a pagine spiegate che illustra il mondo degli umani in quell’epoca. Citazioni, fatti storici, personaggi a tratti incredibili, tutto è un susseguirsi di racconti con una riflessione sulla vita, sulla morte e sull’amore, offrendo uno spaccato di morale ed etica. Da qui l’dea di costruire una installazione site specific utilizzando citazioni estetiche provenienti dall’arte moderna e contemporanea e in questo modo trasportare Dante nella nostra epoca. Anche il titolo dell’opera ha questo scopo: è un nickname. L’istallazione, fatta di tre lastre verticali in metallo, poste a una certa distanza tra loro e tagliate a laser, gioca con i pieni e i vuoti e la si può attraversare. Sulla prima lastra il volto del poeta, l’esatta sagoma ripresa
dal dipinto di Botticelli e con una citazione a Mario Ceroli. Sulle altre sono state incise alcune parole del Sommo Poeta che, prese a caso dalla Divina commedia e in dimensioni e posizioni differenti, diventano immagine. Il materiale utilizzato è acciaio corten. A realizzare l’opera l’artista Girolamo Santulli, laureato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, che vive e lavora a Baronissi. “Abbiamo deciso di onorare uno dei più nobili figli della nostra nazione – spiega il sindaco Gianfranco Valiante – con un’opera di eccezionale valenza che ha preso forma in un luogo simbolo della cultura, a pochi passi dal Museo di arte contemporanea Frac, e che diventa così Giardino dell’arte”. “Siamo orgogliosi di questa iniziativa – fa eco l’assessore alla cultura Anna Petta – che ha visto la realizzazione di una nuova opera contemporanea a Baronissi in grado di valorizzare il contributo di umanità e cultura del sommo poeta”. Il soprano cilentano Maria Agresta protagonista al San Carlo di Giuseppe Ianni Quando si apre il boccascena è sempre un’emozione e la magia si rinnova. L’apertura del San Carlo, per la nuova stagione ha rappresentato il rinnovo della speranza, il ritorno alla vita sociale e culturale che tutti aspettavamo con esultanza. Finalmente, è partita la grande opera con l’Otello di Giuseppe Verdi e dopo una prima sensazionale che ha visto partecipe il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e tantissime personalità istituzionali e della cultura, nonché un caloroso
pubblico che da sempre segue il massimo napoletano, ancora una ventata di novità nella regia dal rinnovamento epocale. Il regista Mario Martone ha dato all’opera una nuova adattazione scenica che non è più la Cipro cinquecentesca, come avamposto della Serenissima ma, con un’ambientazione nel Medioriente dove nuovi eserciti occidentali si pongono come portatori di pace. Per lo spettatore, assiduo frequentatore della celebre opera Verdiana, abituato all’immagine del Moro di Venezia in austeri costumi cinquecenteschi mal si adatta alla prima scena, ma poi, l’opera ti rapisce e la magia della lirica ti trasporta nel dramma sempre più attuale. Infatti la tragedia che domina tutta l’opera rimarca il femminicidio, così attuale ed esalta il personaggio di Desdemona che lotta fino alla fine con una nuova forza interiore prima di obbedire al tragico finale che la vede soccombere, inerme, al dramma della gelosia che si consuma. Artefice di questa nuova figura di Desdemona è Maria Agresta, soprano di grande talento che affiancata al tenore Jonas Kaufmann dominano l’opera verdiana. Come sostiene Stephane Lissner, Sovrintendente del Teatro di San Carlo, l’opera Otello è un progetto teatrale e musicale, adattato alla nostra contemporaneità dalla nuova regia di Mario Martone, facendo muovere i personaggi sotto una nuova luce di scena ma senza alterare la drammaticità lirica ideata da Arrigo Boito. Il sentimento della gelosia, il femminicidio ancora oggi pervadono la nostra quotidianità; questo dimostra come i sentimenti dell’uomo sono così radicati che, nonostante la nostra emancipazione, si rimane vittima di passioni che turbano l’animo umano, fino ad armare la mano contro la persona amata. Così, l’opera sfatata dai costumi e dai luoghi storici, torna ad essere ancor più attuale e grazie ad un cast di cantanti di importante levatura è stata applaudita lungamente in tutte le rappresentazioni. Così, Desdemona, la vittima del dramma, assume un nuovo ruolo femminile molto più intenso, dove si ribella, si impone con la pistola in pugno verso Otello, obbedirà al suo destino ma con una nuova consapevolezza interiore. L’eccellente interprete Maria Agresta, con anfibi ai piedi, canotta bianca e capelli al
vento è l’eroina che soccombe ma, vive di un’intensa luce che trasmette passione, catturando gli spettatori che esplodono in radiosi applausi. Non c’è che dire, un’interpretazione magistrale che rimarrà negli annali delle grandi interpreti del dramma lirico verdiano. Coffi-Corto, si assegnano i premi agli autori Giornata finale per la XVI edizione del «Coffi – CortOglobo Film Festival Italia» domenica 12 dicembre. Si parte alle 19.00 con i libri e la sezione Coffi-Book. Protagonisti saranno due autori, entrambi in forza alla casa editrice Neo Edizioni. Giampaolo G. Rugo con il suo libro “Acari”: sceneggiatore di “Governance” in onda su Prime Video, Rugo ha vinto il Globo d’oro ed è stato finalista ai David di Donatello; Pippo Zarrella invece presenterà “Nero chiaro quasi bianco”; della sua scrittura Maurizio de Giovanni ha detto: «Come non innamorarsi dell’avvocato Oreste Ferrajoli, e della scrittura acida, corrosiva e divertentissima di Pippo Zarrella? Segnatevi questo nome, perché ne sentiremo parlare». Saranno in dialogo con il fondatore della casa editrice Neo Edizioni, Francesco Coscioni. Alle 20.00, Coffi-Movie, il regista Mimmo Calopresti presenta il suo documentario “La maglietta rossa” in cui racconta la finale di Coppa Davis tra Italia e Cile del 18 dicembre 1976, quando Adriano Panatta scese in campo per affrontare il doppio con Paolo Bertolucci, indossando una maglietta rossa nel Cile del dittatore Pinochet. Immagini di archivio e filmati amatoriali mostrano la storica finale raccontando il violento Cile di quegli anni. «Adriano Panatta mi raccontò tutto, di quella volta che indossarono la maglietta rossa. A quel tempo non c’era molta
comunicazione. La finale di Coppa Davis non è stata neanche mandata in diretta televisiva – racconta Calopresti – Nessuno sapeva quel che era accaduto. Solo un operatore aveva girato quelle scene. Adriano voleva dire a tutti che con quel regime non aveva niente a che fare. Il suo fu un gesto simbolico per mettere in imbarazzo Pinochet. Fu un altro momento importantissimo del nostro paese. Anche il tennis faceva parte del grande movimento di trasformazione e di cambiamento. Il documentario, d’altronde, è uno strumento che racconta la realtà, le persone e le loro vite. Il documentario racconta la storia delle vite, i momenti storici e il modo in cui si inseriscono nell’esistenza di ognuno di noi». Alle 20.30 Coffi-Jury, dove il regista Mimmo Calopresti introduce i componenti della giuria tecnica che presiede. Alle 21.00, Coffi-Awards: la premiazione dei vincitori della XVI Edizione di Coffi-CortOglobo Film Festival Italia, con tutte le dirette tra la giuria e i primi classificati delle sezioni di Animazione, Documentari, Nuovi Percorsi e Sguardi d’Autore. Chiusura alle 22.30 con Coffi Greetings: saluti e considerazioni finali del direttore artistico Andrea Recussi. Il Coffi in breve. Nato nel 2004 ad Angri, il Coffi Festival si è svolto nelle ultime edizioni a Vietri sul Mare, oltre ad avere una versione parallela anche in Germania (www.coffi-festival.de), dal 2011 al 2017, realizzata in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Berlino. L’Associazione ‘O Globo Onlus di Angri, organizzatrice di Coffi – CortOglobo Film Festival Italia, è una realtà che opera dal 1997 sul territorio nazionale ed europeo. Oltre 8mila pellicole selezionate, 450 corti mostrati, 600 artisti ospitati, 90 scuole presenti e 35mila persone accorse, dal 2004, rappresentano i numeri in continua crescita della manifestazione. Il CoffiI Festival è diventato negli anni una vetrina onnicomprensiva in cui, intorno alla rassegna di corti, ruotano eventi, incontri, concerti e workshop tenuti dalle maggiori rappresentanze dell’arte non solo cinematografica.
“Arte al tempo del Coronavirus”, un libro con le riflessioni di artisti e esperti Un volume che raccoglie gli stati d’animo, le emozioni e le opinioni degli artisti, molti dei quali salernitani, maturate durante l’emergenza pandemica, a dimostrazione che l’arte non si è mai fermata. Si terrà domani (domenica 12 dicembre) a partire dalle ore 19,30, al teatro Franco Parenti (via Pier Lombardo 14, Milano), la presentazione del libro “Arte al tempo del Coronavirus”, edito da Skira. Con la curatrice salernitana Veronica Nicoli interverranno: Piero Addis, Director The International Society of the Arts New York; Jean Blanchaert, gallerista, Curatore e Critico d’arte; Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima; Alessandro Bonfanti Skira editore; Armando Principe Presidente Prince Group srl; Rosario Sprovieri, curatore d’arte e funzionario per la promozione e comunicazione del MiC di Roma. Curato da Veronica Nicoli, con un’introduzione di Jean Blanchaert e Rosario Sprovieri, il volume è arricchito anche dai testi di Georgia Bava, (capo dipartimento Arte Moderna e Contemporanea Finarte Roma), Ilaria Bonacossa (direttrice di Artissima), Renato Lori (direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli), Rossella Novarini (presidente della casa d’aste “Il Ponte”), Mario Stefanini (presidente di ANGAMC – Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea), Piero Addis (Director The International Society of the Arts New York), Johanna Penz (direttrice Art Kunstmesse Fiera di Innsbruck) Umberto Di Marino (direttore della Galleria Umberto Di Marino), Stefano Raimondi (direttore artistico Art Verona),
Laura Trisorio (Studio Trisorio Napoli), Lia Rumma (Galleria Lia Rumma Napoli e Milano). L’evento è organizzato e sponsorizzato dalla società Prince Group, di Armando Principe, che ha a Salerno il suo punto di riferimento per la commercializzazione e la promozione di opere d’arte realizzate da artisti emergenti. Farà da corollario alla presentazione del libro una mostra pittorica intitolata: “Antivirus: L’arte salverà il mondo”, in cui saranno esposte le opere di molti artisti salernitani presenti nel volume. “Questo libro documenta un periodo storico in cui all’arte è stato affidato il compito di condividere un messaggio di luce e di speranza attraverso arcobaleni di colori e di pensieri – ha spiegato la curatrice Veronica Nicoli – Protagonisti sono centinaia di artisti che, con testimonianze e opere d’arte condivise durante la pandemia da Coronavirus, raccontano un lasso di tempo che ha condizionato la vita di migliaia di persone. Le opere d’arte prodotte in questa emergenza, che ha coperto quasi tutto il 2020 e ancora non si è del tutto esaurita, ci permettono di leggere il forzato isolamento come un periodo produttivo sul piano creativo”. La curatrice ha, inoltre, sottolineato che “uno spazio significativo è dedicato alle riflessioni di tutti gli stakeholder del mercato dell’arte, quali collezionisti, rappresentanti di gallerie, case d’asta, musei pubblici e privati, operatori ed esperti di settore, chiamati a esprimere la propria opinione sugli impatti della pandemia sul mercato dell’arte e, più in generale, sul mondo della cultura artistica. Il libro “Arte al tempo del Coronavirus” è quindi una fotografia dell’arte intesa in ogni suo aspetto – di creazione come di fruizione – ai tempi del Covid-19, e uno strumento di approfondimento utile a tracciare nuove vie di reazione, nuovi modi per affrontare la crisi e trovare soluzioni nel sistema dell’arte e nel mondo della cultura”.
Pier Giorgio Morandi: oboista e direttore d’orchestra di Luca Gaeta In attesa de La Traviata di Giuseppe Verdi, che chiuderà il cartellone lirico 2021,proposta dal Teatro Verdi di Salerno a partire dal 15 dicembre, abbiamo incontrato il Direttore d’Orchestra Pier Giorgio Morandi. Maestro Morandi, lei ha ricoperto per dieci anni il ruolo di primo oboe presso il Teatro alla Scala di Milano, per intraprendere poi il percorso da Direttore d’Orchestra, a seguito dei suoi studi in Composizione, divenendo assistente dal maestro Riccardo Muti. Nel corso della sua esperienza si è confrontato sicuramente diverse volte con questo titolo operistico. Quali sono a suo parere gli elementi fondamentali, dai quali non si può prescindere, quando ci si appresta a dirigere La Traviata? “Come lei ha ricordato, la mia esperienza con Traviata, inizia dalla “buca”. Ossia dal fatto che ho suonato per diversi anni in orchestra, alla Scala in particolare, esattamente dal 1979 al 1989. Ovviamente l’approccio e i ruoli, quello dell’orchestrale, da quello del direttore, sono ovviamente e giustamente di diversa natura, ma questo tipo di percorso mi dato la possibilità di “guardare” quest’opera, come tante altre partiture, da angolazioni diverse. La prima volta che ho diretto La Traviata è stato a Budapest, nel 1990. L’elemento dal quale non si può prescindere, è sicuramente la qualità del cast dei cantanti. Con ciò non voglio dire che tutti gli altri elementi possono essere trascurabili, anzi, la musica di Verdi è connotata da una dovizia di particolari, da cesellare, da far emergere, in un contesto dove l’orchestra rappresenta sempre un supporto vivo e vitale al canto, mai d’accompagnamento. Dicevo la “qualità” dei protagonisti, dove
ovviamente non intendo quella vocale, che è ovviamente imprescindibile, ma da una affinità, nel sentire e nell’ approcciarsi a questa monumentale opera d’arte”. La nuova tendenza, almeno così sembrerebbe, in materia di opera lirica, vorrebbe a tutti i costi rendere “moderno” questo genere musicale. Spesso per “moderno” si considera il fatto che, scardinare, trasporre o destrutturare l’intera architettura concepita dal compositore e ancor prima dall’ideatore della vicenda, rappresenti l’elemento cardine capace di farci percepire la modernità di un’opera. A suo parere, che valore ha questo tipo di evoluzione e a quali risultati potrebbe condurci? “La tendenza a voler “modernizzare”, finendo il più delle volte per travisare un’opera per come è stata concepita dagli autori, proviene sicuramente dal nord Europa, Germania in particolare. Ovviamente non va fatta di “tutt’erba un fascio”, ma bisogna partire da un concetto basilare: l’autore, o meglio gli autori, il compositore, il librettista, in alcuni casi anche più di uno, per trovare “ispirazione” si sono calati in una determinata vicenda, collocata in un determinato contesto storico e sociale. Con ciò non voglio dire che tutte le trasposizioni o riletture solo sbagliate a prescindere, ma sicuramente bisogna evitare che il discorso musicale sia in contrasto con ciò che avviene sulla scena. Per quanto riguarda la “modernità” credo che la soluzione sia già nella musica, soprattutto in quella di Verdi. La Traviata che andrà in scena a Salerno a partire dal 15 di dicembre, sarà volutamente di ispirazione tradizionale. Questo anche per sentirci “uniti” intorno ad un capolavoro immortale, in un momento così delicato, come la ripartenza”. Quest’estate ha diretto il concerto del soprano Anna Netrebko e Yusif Eyvazov alla Reggia di Caserta, con l’Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno. Quali sono state le sue sensazioni? “Ho diretto l’orchestra del Teatro Verdi di Salerno già diversi anni fa, ma come lei ha citato, l’ultima collaborazione è relativa a questa estate. Il percorso che il maestro Oren, in collaborazione con le tante figure professionali che supportano la sua direzione artistica, che da diversi anni
opera per la crescita e la valorizzazione di questo teatro, si percepisce appieno. La compagine orchestrale è di un buon livello. Si percepisce tutto l’ottimo lavoro che è alle spalle”. Quali saranno i suoi prossimi impegni? Dopo La Traviata a Salerno sarò a Vienna per Tosca, quindi Zagabria con Il Trovatore e l’inaugurazione del Teatro di Torino a seguito della ristrutturazione, con La Bohème e ancora Luisa Miller a Riga. Ad aprile dirigerò Turandot a Tokyo e a Budapest per Simon Boccanegra, poi a Francoforte per La forza del destino e il Trittico. L’inarrivabile potenza della parola di Gemma Criscuoli La mucca con tanto di cappello e smoking, che troneggia accanto al leggio, ricorda il prezioso dono del silenzio, ma non si può sfuggire alla parola, “l’arma micidiale che è facile puntare contro se stessi”. Michele Serra riflette sul proprio percorso e sui tempi bislacchi in cui viviamo con “L’amaca di domani”, lo spettacolo diretto da Andrea Renzi accolto calorosamente presso la Sala Pasolini. Il video, che, alle sue spalle, proietta nuvole rassicuranti e lettere che creano forme sempre diverse, vuole comunicare, per amore di contrasto, la pacata leggerezza che uno scrittore desidera, ma non ottiene certo facilmente. Dopo aver pubblicato novemila opinioni ogni giorno per trent’anni, Serra sa perfettamente che le parole sono “potenti, faticose, ingannevoli”, che a volte ricordano sacchi vuoti, altre volte fanno pensare a esseri viventi, che pubblicare significa infastidire moltissime persone, magari generando quell’ansia da
prestazione che spinge ancora oggi l’autore dell’ “Amaca” a immaginare di essere stato convocato, a oltre sessant’anni, nelle file dell’Inter. Eppure la verità è una sola : “La parola è l’attrezzo che ci distingue dalle bestie e da Dio, che non parla. “In principio era il verbo” l’ha detto l’uomo e il verbo siamo noi, tanto che sbagliamo i congiuntivi”. Inchiostro o pixel, poco importa. Il compito non cambia : “catturare il suono delle parole e restituirlo agli altri, senza sbagliare nomi di persone o cose”. Nel ripercorrere la sua carriera per narrare quanto scrivere sia essenziale e non di rado compromettente, si tiene ben lontano dalla spocchia, “ottimo generatore di opinioni”. Dalla Remington del nonno agli esordi come dimafonista a ventun’anni a “L’Unità”, quando raccoglieva informazioni di ogni tipo per la redazione, dai necrologi ai cinema di Ravenna, e scrivere correttamente i nomi dei ciclisti della Parigi -Roubaix era impresa al cui confronto scrivere editoriali sul futuro del Partito Democratico è una bazzecola, al giornale satirico Cuore, alla collaborazione con ”Repubblica”, Serra mette in guardia dal senso del ridicolo (“guai a non portarselo appresso) e dal rischio di ripetersi, anche se è la storia a farlo con ottusa tenacia. Un suo intervento del 4 gennaio 1998, in cui i migranti sono solo un ingombro agli occhi dell’Europa, potrebbe essere stato scritto ieri. Le memorie dello scrittore non sono innocuo resoconto, ma critica serrata a comportamenti ormai sdoganati (“Se mi fosse bastato vivere nel privilegio, sarei cresciuto serenamente di destra : dev’essere bellissimo”). Oggi, mentre “la sinistra ha perso, o meglio, ha smesso di combattere”, l’ignoranza identitaria attaccherebbe Gramsci, per il quale l’educazione dei proletari era un problema di libertà. “Molti padroni hanno lo sguardo del servo, perché gli bastano cento parole”. La dignità di chi prendeva la parola a un’assemblea, scusandosi per il suo linguaggio, dato che aveva frequentato solo la quinta elementare, e mostrava così una consapevolezza che ogni intellettuale dovrebbe avere, sarebbe oggi impensabile. In un contesto che rende tutto superfluo, gli esseri umani devono
almeno “dare al mondo una parola che dopo di noi non ci sarà più”. Senza dimenticare l’importanza della sintesi, per dirla con Voltaire : “Scusami se ti ho mandato una lettera di dieci pagine, ma non ho avuto il tempo di scriverti dieci righe”. Liberali, centristi e riformisti insieme: “l’Italia deve ripartire dai partiti veri” di Erika Noschese Liberali, centristi e riformisti insieme, sotto un unico grande partito. Nasce così Popolari Riformisti Liberali, presentato ieri a Napoli: si tratta, infatti, di un nuovo partito di ispirazione regionale battezzato da Paolo Cirino Pomicino, un big della Prima Repubblica. Pomicino dice che non sarà iscritto alla nuova formazione di cui invece fanno parte altri nomi noti della Prima e della Seconda Repubblica, come l’irpino ex Dc e Forza Italia Giuseppe Gargani e la beneventana ex Udc e Ncd Erminia Mazzoni. Con loro anche l’ex consigliere comunale di Napoli, ed ex Forza Italia, Stanislao Lanzotti, e altri amministratori comunali campani. In attesa dell’assemblea costituente in programma a Gennaio chiaro l’obiettivo comune: “Tornare a fare politica con la P maiuscola e dare un valore all’impegno”. “Ho seguito il loro percorso – ha dichiarato Pomicino – partito dopo le ultime elezioni Comunali a Benevento, Salerno e Napoli, dove si sono presentate liste civiche, autonomamente popolari e moderati, che hanno ottenuto un buon successo, con due consiglieri
eletti a Napoli e due a Salerno. Sono stati improvvisamente punti di riferimento di queste iniziative, anche alla luce del fatto che non ci sono partiti italiani che indicano identità culturali”. Da Pomicino anche una frecciata ai piccoli partiti che occupano la galassia del Centro: “Ci sono nomi divertenti come Cambiamo, Noi Italia, Italia Viva, Azione, mentre se guardiamo le elezioni tedesche lì si confrontano i socialisti, i popolari, i verdi e i liberali dell’Fdp. Famiglie politiche vere, che governano lì ma anche in Spagna, in Portogallo e in Austria”. La strada verso il Centro parte dalla Campania ma guarda anche al percorso seguito da Matteo Renzi e Carlo Calenda: “Due che vivono un dramma vero – punzecchia Pomicino – perché’ non si mettono d’accordo avendo partiti personali, che hanno sostituito la cultura di riferimento con il personaggio del segretario politico. Se pensassero solo a essere liberali e popolari avrebbero fatto partito insieme, ma così non si fondono. Ma io guardo anche al Pd, che non ha un partito personale, ma ha cambiato sette segretari in 14 anni, anche lì siamo al disastro. Per questo una fiammella che sorge in una Regione è da accogliere con favore, tenterò di aiutarli con il tifo e la forza che mi resta” Tra noi – spiega Pomicino – non esiste più l’orbita centrale ed è giusto che Lanzotti a Napoli, Erminia Mazzoni e Aniello Salzano e Barbara Figliolia a Salerno, con loro anche Peppino Gargani, facciano una comune esperienza”. Alla presentazione di ieri mattina erano al tavolo anche il notaio Roberto Cogliandro, Massimo Taglialatela, l’assessore al Verde e Salute del Comune di Napoli Vincenzo Santagada, la neo presidente della I Municipalita’ di Napoli Giovanna Mazzone, la docente Marilù Ferrara capolista della lista Azzurri per Napoli, Riccardo Monti, Massimo Pepe, la consigliera al comune di Salerno Barbara Figliolia, Aniello Salzano, Mario Polichetti, Alberigo Festa, Giuseppe Vecchione e Antonio Rossi. “Non sarò iscritto – spiega Pomicino – ma sono diventato un loro tifoso, tentando di fare un team tank con Ranieri, Mazzarella, Gargani. Lavoriamo insieme e tentiamo di allargare ancora il tavolo per offrire alle istituzioni delle soluzioni con l’esperienza di
cultura di governo”. Esperienza che pensa anche al debito del Comune di Napoli con una proposta elaborata con il contributo di Paolo Cirino Pomicino, Eugenio Mazzarella e Umberto Ranieri, che spingono per una soluzione di mercato, con un modello che possa essere replicato per altri grandi capoluoghi di Regione: una newco, inizialmente 100 per cento del Comune, con il compito di valorizzare il proprio patrimonio, di riscuotere i crediti, di pagare i debiti verso i fornitori e verso terzi percorrendo la vecchia strada del “saldo e stralcio”. Un percorso che nasce a Napoli ma che “i centristi – spiega Pomicino – vorrebbero sollecitare anche per altre Regioni attraverso l’idea di organizzare partiti regionali”, per trovare nuove strade diverse da Napoli dove “la politica – spiega – è sprofondata e alle elezioni comunali c’erano 33 liste, una vergogna nazionale”. Tra i presenti la consigliera comunale di Salerno, Barbara Figliolia: “Credo fermamente nel progetto che stanno portando avanti i miei amici, in modo particolare Gargani e Pomicino – ha dichiarato la salernitana – L’Italia ha bisogno di nuovo dei partiti, quelli che hanno fatto grande il nostro Paese e mi riferisco in modo particolare al partito dei Cattolici Democratici, all’area Liberale e quella socialista riformista. Gli italiani stanno prendendo coscienza: non è più possibile continuare con partiti distinti e personali”. Ecco i Popolari, Riformisti e Liberali, li spinge Pomicino “In Campania – in particolare a Napoli, Salerno e Benevento – alle ultime Amministrative ci sono state liste liberali, centriste e riformiste. Ora hanno deciso di mettersi insieme per un partito regionale, che ha una fiammella da alimentare e
una strada da seguire”. A presentare cosi’ “Popolari Riformisti Liberali”, il nuovo partito di ispirazione regionale battezzato oggi a Napoli, e’ Paolo Cirino Pomicino, un big della Prima Repubblica. Pomicino dice che non sara’ iscritto alla nuova formazione di cui invece fanno parte altri nomi noti della Prima e della Seconda Repubblica, come l’irpino ex Dc e Forza Italia Giuseppe Gargani e la beneventana ex Udc e Ncd Erminia Mazzoni. Con loro anche l’ex consigliere comunale di Napoli, ed ex Forza Italia, Stanislao Lanzotti, e altri amministratori comunali campani. In attesa dell’assemblea costituente in programma a Gennaio chiaro l’obiettivo comune: “Tornare a fare politica con la P maiuscola e dare un valore all’impegno”. “Ho seguito il loro percorso – spiega all’Ansa Pomicino – partito dopo le ultime elezioni Comunali a Benevento, Salerno e Napoli, dove si sono presentate liste civiche, autonomamente popolari e moderati, che hanno ottenuto un buon successo, con due consiglieri eletti a Napoli e due a Salerno. Sono stati improvvisamente punti di riferimento di queste iniziative, anche alla luce del fatto che non ci sono partiti italiani che indicano identita’ culturali”. Da Pomicino anche una frecciata ai piccoli partiti che occupano la galassia del Centro: “Ci sono nomi divertenti come Cambiamo, Noi Italia, Italia Viva, Azione, mentre se guardiamo le elezioni tedesche li’ si confrontano i socialisti, i popolari, i verdi e i liberali dell’Fdp. Famiglie politiche vere, che governano li’ ma anche in Spagna, in Portogallo e in Austria”. La strada verso il Centro parte dalla Campania ma guarda anche al percorso seguito da Matteo Renzi e Carlo Calenda: “Due che vivono un dramma vero – punzecchia Pomicino – perche’ non si mettono d’accordo avendo partiti personali, che hanno sostituito la cultura di riferimento con il personaggio del segretario politico. Se pensassero solo a essere liberali e popolari avrebbero fatto partito insieme, ma cosi’ non si fondono. Ma io guardo anche al Pd, che non ha un partito personale, ma ha cambiato sette segretari in 14 anni, anche li’ siamo al disastro. Per questo una fiammella che sorge in una Regione e’ da accogliere con
favore, tentero’ di aiutarli con il tifo e la forza che mi resta”. “Tra noi – spiega Pomicino – non esiste piu’ l’orbita centrale ed e’ giusto che Lanzotti a Napoli, Erminia Mazzoni e Aniello Salzano e Barbara Figliolia a Salerno, con loro anche Peppino Gargani, facciano una comune esperienza”. Alla presentazione di oggi erano al tavolo anche il notaio Roberto Cogliandro, Massimo Taglialatela, l’assessore al Verde e Salute del Comune di Napoli Vincenzo Santagada, la neo presidente della I Municipalita’ di Napoli Giovanna Mazzone, la docente Marilu’ Ferrara capolista della Lista Azzurri per Napoli, Riccardo Monti, Massimo Pepe, la consigliera al comune di Salerno Barbara Figliolia, Aniello Salzano, Mario Polichetti, Alberigo Festa, Giuseppe Vecchione e Antonio Rossi. “Non saro’ iscritto – spiega Pomicino – ma sono diventato un loro tifoso, tentando di fare un team tank con Ranieri, Mazzarella, Gargani. Lavoriamo insieme e tentiamo di allargare ancora il tavolo per offrire alle istituzioni delle soluzioni con l’esperienza di cultura di governo”. Esperienza che pensa anche al debito del Comune di Napoli con una proposta elaborata con il contributo di Paolo Cirino Pomicino, Eugenio Mazzarella e Umberto Ranieri, che spingono per una soluzione di mercato, con un modello che possa essere replicato per altri grandi capoluoghi di Regione: una newco, inizialmente 100 per cento del Comune, con il compito di valorizzare il proprio patrimonio, di riscuotere i crediti, di pagare i debiti verso i fornitori e verso terzi percorrendo la vecchia strada del “saldo e stralcio”. Un percorso che nasce a Napoli ma che “i centristi – spiega Pomicino – vorrebbero sollecitare anche per altre Regioni attraverso l’idea di organizzare partiti regionali”, per trovare nuove strade diverse da Napoli dove “la politica – spiega – e’ sprofondata e alle elezioni comunali c’erano 33 liste, una vergogna nazionale”.
Gaetana Falcone: “Faremo tornare in classe i bambini della Montalcini” di Monica De Santis “Domani mattina (oggi per chi legge, n.d.r.) mi recherò al Pless della Rita Levi Montalcini per incontrare la dirigente scolastica e trovare una soluzione per i bambini della materna che stanno facendo lezione in un’aula senza riscaldamenti”. A parlare è Gaetana Falcone, assessore alla pubblica istruzione del Comune di Salerno, che appresa la notizia che i piccoli allievi della sezione D della scuola materna della Rita Levi Montalcini, plesso di Mercatello, non stanno andando a scuola dallo scorso lunedì, per il troppo freddo che c’è nella loro aula, ha immediatamente contattato, come detto la dirigente, per cercare di trovare una soluzione che consenta ai bambini di tornare in classe… “Se vogliono sono disponibile ad incontrare anche le mamme di questi piccoli allievi, così insieme cerchiamo la soluzione migliore”. In realtà l’assessore Falcone fa sapere che una soluzione ci sarebbe e potrebbe essere applicata già dal prossimo lunedì… “Premesso che della sistemazione degli impianti di riscaldamente se ne occupa Salerno Energia, la quale ha già ricevuto la segnalazione del guasto ed hanno fatto anche un primo sopralluogo. Sembra che il guasto sia dipeso dalla rottura di un pezzo importante del calorifero, che è stato ordinato ed ora si è in attesa che venga consegnato per poi sostituirlo con quello non funzionante. Detto questo visto che nel plesso di Mariconda non vi sono altri spazi dove poter ospitare i piccoli alunni, se loro vogliono e la dirigente scolastica è favorevole, possiamo mettere a loro disposizione,
temporaneamente, il plesso di Fuorni che è per metà vuoto. Se sono tutti favorevoli, chiamiamo subito Salerno Pulita e gli spazi liberi li facciamo pulire e sanificare in questo fine settimana e da lunedì potranno tornare tutti in classe. E devo dire poi anche un’altra cosa, il plesso di Fuorni è anche una bellissima scuola, che io come assessore, ma tutta l’amministrazione comunale ha intenzione di rivalutare e rilanciare. Insomma questa è la soluzione, ovviamente temporanea, che proporrò domani mattina (oggi per chi legge, n.d.r.) alla dirigente scolastica ed anche ai genitori se riuscirò ad incontrarli. Mi auguro che per loro vada bene, così che questi piccoli studenti possano finalmente tornare tra i banchi, ne hanno tutto il diritto dopo due anni di chiusura ed apertura”.
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