Documento Immigrazione CISL - Il Segretario Confederale Liliana Ocmin

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Documento Immigrazione CISL

Il Segretario Confederale
Liliana Ocmin

                                              Roma, 1 agosto 2013
INDICE

Il quadro di riferimento italiano …….…………………………………………………………………………..pg. 3
Contesto di riferimento del fenomeno migratorio ….…………………………..….…….…………...pg. 4
Il mercato del Lavoro …………………….……………………………..……………………………………..……. pg. 4
Il processo di integrazione dei lavoratori immigrati .……………………………………………..…..…pg. 6
Proposte Cisl ………………………...…………………………............................................................pg. 7
Contrasto alla tratta e allo sfruttamento degli esseri umani …………………………………..... ..pg. 7
Sostegno ai richiedenti asilo e protezione umanitaria…………………………………………..………pg. 8
Procedure di rimpatrio………………………………………………………………………………………..……….pg. 8
Modifiche alle Procedure di ingresso ……..…..……………………………………..……….……....…..… pg. 9
Favorire il diritto all’unità familiare ………………………………………………….……………….………. pg. 10
Attuare il diritto/dovere di voto attivo e passivo alle elezioni
amministrative ……………………..…………………………………………………………………….…….…….. pg. 10
Riformare la Legge 91/92 per il riconoscimento della cittadinanza …………………….. .…. pg. 10
L’integrazione dei lavoratori immigrati e il contributo del sindacato
ai processi di convivenza ……………………….………………………………………………………………….. pg. 11
Coordinamento locale …………………………………………..…………………………………………….…….. pg. 11
Le categorie ………………………………………………………………………..……………………………………… pg. 12
Gli Enti della Cisl ……………………………………………………………………………………….…………..….. pg. 13
Conclusioni……………………………………………………………………………………………………………….....pg.13

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Il quadro di riferimento Italiano
L’incalzare della crisi che ha investito il nostro Paese nell’ultimo quadriennio, ha mietuto già le sue vittime e dal 2008 ad
oggi, l’Italia continua ad attraversare una profonda e persistente fase di disagio economico, finanziario e sociale.
Sono infatti riemerse e si evidenziano sempre più, le debolezze istituzionali, politiche e strutturali croniche del nostro
Paese, che acuiscono gli effetti della crisi: evasione fiscale, la pressione fiscale (al 52%) ha raggiunto livelli record, costi
eccessivi della politica e dell’apparato amministrativo, i ritardi di efficienza e d’innovazione, dal settore produttivo, alla
pubblica amministrazione, alle infrastrutture.
Nel quadriennio appena trascorso, in Italia sono scomparsi oltre ottocentomila posti di lavoro; la contrazione
dell’occupazione ha colpito soprattutto la fascia più giovane dei lavoratori, con una riduzione di quasi un milione e mezzo
degli occupati fino a 35 anni.
Gli occupati a tempo pieno sono diminuiti del 5,1%, e i disoccupati sono raddoppiati: da 1,4 milioni prima della crisi a 2,8
milioni oggi e la produzione dell’industria (2012) è tornata quasi ai livelli della precedente crisi del 2009, più bassi del 20%
rispetto alla media del 2008.
Gli effetti durissimi di questo arretramento sono evidenti nel crescente numero di aziende interessato da ristrutturazioni,
nell’aumento delle crisi aziendali, al 1 miliardo di ore di cassa integrazione registrate nel primo trimestre del 2013, e alla
mancanza di un orizzonte di crescita per le imprese che reagiscono alla riduzione della domanda interna tagliando costi e
occupazione e rinviando gli investimenti. I 200 tavoli di crisi aperti al Ministero dello Sviluppo Economico sono il
riflesso delle difficoltà e del ridimensionamento del nostro sistema industriale, nonché l’espulsione temporanea e,
talvolta, permanente di un numero elevato di lavoratrici e lavoratori. Il ricorso massiccio ed esteso degli ammortizzatori
sociali ha limitato lo “tsunami umano” facendo registrare in Italia un tasso di disoccupazione complessivamente più
contenuto nell’ambito dell’Eurozona, ma la situazione non migliora e anche il 2013 si sta rivelando pesante in termini
occupazionali ragione per cui diviene indispensabile invertire la rotta, aggredire la recessione, dare ossigeno al Sistema
Paese e, nel contempo, creare buona occupazione.
Le riforme che si sono susseguite, in particolar nel mercato del lavoro, sono tese a “limitare i danni, ma gli effetti dei tagli,
si sono riflessati nella riduzione dei fondi destinati alle politiche di welfare, ancora erroneamente concepito come una
mera        voce       di        costo,      anziché        come         un canale        privilegiato       per creare crescita
e valore economico, oltre che umano e sociale.
In questo quadro, dove ci si trova a fronteggiare questioni cruciali determinate o acuite dalla crisi economica e finanziaria
come: la riforma del mercato del lavoro, i processi di ristrutturazione e di riorganizzazione delle aziende,la disoccupazione
e l’inoccupabilità dei lavoratori e delle lavoratrici,      la delocalizzazione estera delle produzioni, la mancanza di
infrastrutture, gli sprechi della pubblica amministrazione, la carenza di servizi alle imprese e alle persone i mutamenti
geopolitici e con essi i processi migratori internazionali, in cui quindi si disegna un Italia in forte sofferenza economica e
sociale si colloca il fenomeno migratorio, di fronte al quale è necessario porsi in maniera obiettiva e non strumentale e

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acritica, operando altresì una distinzione tra i migranti e i richiedenti asilo e protezione umanitaria per i quali è
necessario prevedere delle adeguate distinzioni.

Contesto di riferimento del fenomeno migratorio.

Secondo il censimento Istat1 al 1 gennaio 2013, sono 4.387.721 i cittadini stranieri regolarmente iscritti nel registro
anagrafico, di cui 3.764.236 quelli non comunitari. Un numero per altro discordante rispetto alla stima che annualmente il
Dossier della Caritas presenta nel suo rapporto statistico, secondo cui il numero degli immigrati regolarmente presenti è
di 5.011.0002 unità dei quali 3.637.724 extra Ue e la metà è donna. I minori stranieri sono 867.890. L’incidenza della
popolazione immigrata su quella italiana3, è di 7.4 punti percentuali. Nel 2011, risultano 79.587 mila nuovi nati stranieri e
i minori stranieri, rispetto al totale della popolazione immigrata, costituiscono il 24.1.4 % del totale delle presenze. Il
numero degli studenti con cittadinanza non italiana inoltre, secondo i dati del MIUR, è pari a 755.939 unità. Le comunità
più numerose restano, come negli anni precedenti, quella rumena (997 mila), albanese (491.495mila) e marocchina
(506.369 mila) e ucraina (223.782 mila). Tra i Paesi asiatici come prima comunità permane, con 277.570 mila presenze,
quella cinese. Gli immigrati residenti in Italia hanno un’età media al di sotto dei 35 anni, e quindi, nettamente più giovane,
di circa dieci anni, di quella dei residenti di cittadinanza italiana. Anche il contributo degli immigrati alla nostra economia,
è notevole; basti pensare che i 2.245.282 cittadini immigrati che risultavano occupati al 2011, hanno generato un
ammontare di versamenti contributivi pari a 7.3 miliardi di euro per i lavoratori dipendenti, e ben 744 milioni di euro per i
lavoratori autonomi, a cui si sommano i 260 milioni dei parasubordinati, per un totale di 8.3 miliardi di euro. Cifra che
rappresenta circa il 5% del totale dei contributi previdenziali. Ma il dibattito sui costi benefici prodotti dagli immigrati, ci
induce ad individuare e enucleare anche le principali voci di spesa sociale afferenti agli stessi. In particolare, esaminando i
più comuni indicatori, come la sanità, le spese scolastiche e di edilizia residenziale pubblica, le spese di sostegno al
reddito, ivi inclusi gli assegni familiari, nonché i costi afferibili a spese per i tribunali i carceri e i Cie, il saldo tra le entrate e
le uscite, resta comunque positivo con un ricavo di circa 1 miliardo e settecento mila euro5.

Il Mercato del Lavoro
Raffigurati quindi i principali dati inerenti l’immigrazione, è fondamentale analizzare la domanda e l’offerta di lavoro che
interessano questa componente, inserendone le dinamiche all’interno del contesto italiano complessivo, ovvero
comprendente italiani e immigrati.

   1
     Istat 30 luglio 2013‐ dato ricalcolato su base censuaria di gennaio 2011, sul trimestre ottobre‐dicembre 2011 e stesso trimestre 2012.
   2
     Il III Rapporto annuale del mercato del Lavoro immigrato, a cura della DG immigrazione e integrazione del Ministero del Lavoro su dati Eurostat
   stima 4.825.573 presenze.
   3
     III Rapporto annuale del mercato del Lavoro immigrato, a cura della DG immigrazione e integrazione del Ministero del Lavoro
   4
     Fonte Istat luglio 2013.
   5
     Fonte Caritas 2012

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Nel 2012, l’occupazione immigrata ha registrato 2 milioni 334 mila unità, con un lieve decremento rispetto all’anno
precedente di circa 2 punti percentuali. Disaggregando i dati, si evidenzia che il calo occupazionale prevalentemente
avvenuto nel comparto industriale (‐2.8% comunitari e ‐2.6% extraUe) , inclusa l’edilizia (‐3.15 comunitari e ‐0.4%
extraUe), che ha riguardato 151.000 mila italiani, si è accompagnato ad una crescita di 82 mila unità lavorative immigrate,
generando così un saldo negativo di ‐69 mila unità lavorative.
Cresce invece di 11 mila unità (rispetto al 2011) il numero degli immigrati occupati nel settore agricolo e di circa 6.4 punti
percentuali l’occupazione degli immigrati nel settore dei servizi e in particolare dei servizi di cura alla persona. La
differenziazione dei comparti in crescita e decrescita ha inoltre falsato un altro elemento inerente il tasso di occupazione
di genere. Il mercato del lavoro declinato in un ottica caratterizzata dalla provenienza geografica, nel 2012, riflettendo gli
effetti dalla regolarizzazione degli addetti ai servizi di cura delle famiglie, avvenuta proprio nel terzo trimestre del 2012,
ha interessato prevalentemente la componente femminile, mostrando un accrescimento del tasso di occupazione. La
distribuzione tra maschi (46% ) e femmine (54%), infatti, si è nel tempo riequilibrata, anche per effetto del traino della
domanda di lavoro nel settore domestico che, dal 2001 al 20126 è passato da 1 milione e 83 mila addetti a 1 milione e 655
mila unità con un incremento pari al 53%.
Il 2012, registra un altro dato importante, relativo all’incremento del numero degli immigrati inattivi che passano da 765
mila a 1 milione e 250 mila. Questo dato, resta comunque espressivo della crisi, se rapportato al numero della
popolazione immigrata in età da lavoro che conta (2012) 3.924.523 persone di cui 1.2 milioni comunitari. Inoltre,
analizzando il dato degli inattivi è bene evidenziare due elementi: il primo, che sul totale della popolazione, sono 385
mila, equamente distribuiti per genere, di cui circa un terzo comunitari, gli immigrati in cerca di occupazione, che rispetto
al 2011 (318.416 unità) fa registrare un incremento di circa 70 mila unità7.
Il secondo elemento da tenere in considerazione e che ci induce a riflettere sulla segregazione e la segmentazione del
mercato del lavoro immigrato, è quello inerente la percentuale, circa il 34%, di lavoratori immigrati impegnati in mansioni
non qualificate, fenomeno in ascesa rispetto agli anni precedenti dove il numero dei lavoratori qualificati sfondava il tetto
dell’8%, ridottosi invece nel 2012, a quota 5.9%. elemento questo che si accompagna anche ad una disparità retributiva
netta, tra italiani ed immigrati in media di 336 euro.

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                A tal riguardo è bene sottolineare che stando ai dati forniti dal Ministero del lavoro, inerenti la dichiarazione di emersione dell’ottobre
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   2012 nel settore domestico e dei servizi di cura, che ha riguardato 134.766 Soggetti le cui domande risultano completate, a luglio 2013, stando
   all’aggiornamento fornito dal Dicastero citato, risulta che siano 52.660 le pratiche definite ovvero il 39.08% e solo 47.896 siano i contratti firmati e i
   permessi di soggiorno richiesti ovvero il 35.54% del totale. I rigetti, sommando quelli operati dalle DPL a quelli delle questure si attestano a quota
   2057 Sempre dall’analisi dei dati forniti dal Ministero del Lavoro, si evince che bene 116.034 domande sono state presentate per la regolarizzazione
   di collaboratori familiari, pari all’86%, mentre sono solo 18.619, ovvero il 14% quelle afferibili ad altri settori. Se si osserva infine la distribuzione
   delle domande in funzione della nazionalità di provenienza, notiamo che Bangladesh, Marocco, India, Ucraina e Pakistan, seguiti nell’immediato da
   Egitto e Cina, coprono la quasi totalità delle domande inviate.
   7
       Fonte Ministero del Lavoro – III Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigrati‐ 2013.

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E’ bene chiarire inoltre che, in misura maggiore per gli immigrati che non per gli italiani, in questo periodo di crisi le
aziende prediligono per i primi contratti a tempo indeterminato 21% comunitari e 39% extra comunitari contro il 17%
degli italiani, mentre sale a quota 68% comunitari e 50% extracomunitari il numero dei contratti a tempo determinato,
delegando forme di lavoro flessibile, prevalentemente alla componente italiana. Questi valori, restituiscono un quadro
frammentato che vede i lavoratori immigrati protagonisti di un numero di contratti a tempo indeterminato più numerosi.
Dall’analisi delle Comunicazioni Obbligatorie infine, si conferma quindi un trend positivo in termini quantitativi e
qualitativi dell’occupazione immigrata che mostra in generale una stabilizzazione della domanda di lavoratori stranieri, in
linea con quanto già emerso nel terzo trimestre del 2012 nonché con i valori rilevati nello stesso trimestre 2011.
La distribuzione territoriale conferma un trend storico che fa registrare una presenza dominante nel Nord Italia, in
particolare in Lombardia (1 immigrato su 4 risiede lì) seguito nell’ordine dal Centro, dal Sud e dalle Isole.
In questo momento di crisi economica come noto, che riflette la sua drammaticità sia sui lavoratori italiani che su quelli
immigrati, per i quali si aggiunge un ulteriore criticità, legata alla regolarità della permanenza sul territorio nazionale,
come Cisl, ribadiamo la necessità di intervenire sugli andamenti occupazionali, attraverso politiche attive capaci di
salvaguardare l'ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro di italiani e immigrati, giovani e meno giovani, uomini e
donne, anche rivedendo alcune dinamiche relative ai meccanismi di ingresso sul territorio italiano dei lavoratori
immigrati. Occorre quindi orientare le politiche del lavoro e con esse quelle migratorie, al fine di renderle compatibili e
rispondenti alle effettive condizioni strutturali del Mercato del Lavoro italiano, nella logica di salvaguardare, ricollocando
e riqualificando prioritariamente, i lavoratori immigrati già presenti sul territorio italiano, che ad oggi risultano essere
disoccupati e inoccupati.
Questa priorità, se implementata, gioverebbe anche agli altri ambiti, culturali e sociali con i quali dobbiamo confrontarci,
perché crediamo che come Sindacato, dobbiamo partire dal lavoro, ma crearvi attorno le condizioni che permettano al
lavoratore/trice e alle famiglie immigrate, il diritto ad una vita dignitosa. Gli altri elementi propedeutici dell’interazione
positiva da affiancare al lavoro, sono di carattere sociale, culturale, cognitivo. Creare quindi un sistema virtuoso di
convivenza, considerevole e rispettoso delle necessità del Paese, e dei bisogni delle persone in un ottica di reciprocità.
L’immigrato quindi come persona e non come target, inserito all’interno della società, con la quale condivide valori ed
elementi culturali. Una società intesa anch’essa, non in termini generalistici, ma come piccolo nucleo di vita quotidiana
dove la persona vive, lavora, contribuisce attivamente e positivamente al bene comune. Crediamo che un percorso di
convivenza positivo di tutte le componenti della società debba in primo luogo individuare diverse tipologie di immigrati,
legandone la presenza a progetti migratori stabili o temporanei, stanziali o provvisori.

Il processo di integrazione dei lavoratori immigrati.
Come più volte espresso, ribadiamo che la via da perseguire per la Cisl, è quella di una solidarietà sostenibile, capace di
abbinare diritti‐doveri, e responsabilità, solidarietà‐sicurezza e legalità.

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Un’alternativa concreta, una terza via difficile e complessa basata su politiche migratorie e di cooperazione che siano
compatibili con necessità dei Paesi di frontiera, con le esigenze degli immigrati e delle trasformazioni geopolitiche che
interessano il nostro Paese, i Paesi del Mediterraneo e l’Europa. Una terza via, tesa ad implementare forme di accoglienza
sostenibili, centrate sulla logica di superare le misure di contenimento delle emergenze, e finalizzata a prevenire le
stesse, grazie a forme di cooperazione costruite di concerto con gli altri Paesi Europei.
E’ ormai inderogabile la necessità di favorire l’implementazione di politiche di convivenza che possano promuovere
l’integrazione tra persone e conseguentemente tra culture diverse.
Per costruire reali processi di convivenza è quindi necessario, elaborare delle proposte indirizzate in diversi ambiti,
complementari l’uno all’altro funzionali al benessere della persona e della comunità

Proposte CISL

               ♦     Contrasto alla tratta e allo sfruttamento degli esseri umani.
La lotta all’illegalità passa in primis dallo sconfiggere il traffico degli esseri umani, del contrasto alla sfruttamento del
lavoro e di ogni forma di schiavitù “moderna”. A questo proposito si rende necessario un intervento europeo di contrasto
alla “tratta”8, anche in relazione alla direttiva 52/2009 che oggi offre la possibilità per coloro che sono vittime del
fenomeno di denunciare e regolarizzare la propria presenza sul territorio, proprio con l’obiettivo di contrastare il
fenomeno
L’inasprimento delle pene per i “mercanti di braccia” previsto nella legislazione, si deve accompagnare all’impegno di tutti
i soggetti coinvolti (Associazioni datoriali, OO.SS., forze dell’ordine ecc.), in un lavoro a rete da favorire su tutto il territorio
nazionale, per l’eliminazione di forme illegali ed irregolari di lavoro, spianando la strada per agire contro le forme criminali
organizzate, facilitando l’emersione di fenomeni illegali e di economie parallele irregolari che oggi, ancor più che in
passato, danneggiano e ledono la dignità delle persone, nonché l’intero Sistema Paese provocando dumping economico,
sociale e concorrenza sleale.
E’ bene inoltre evidenziare che il 6 aprile scorso, è scaduto il termine per il recepimento della Direttiva 2011/36/UE e che
solo 6 dei 27 Stati membri hanno provveduto a recepirla.(Repubblica Ceca, Lettonia, Polonia, Ungheria, Svezia e Finlandia)
e tre sono in via di trasposizione (Belgio, Lituania e Slovenia). La direttiva garantirebbe protezione alle vittime e maggior
rigore nei confronti dei trafficanti ma – considerata soprattutto la dimensione transnazionale del problema – non può
essere attuata appieno se non è recepita da tutti i Paesi dell’Ue. Inoltre, nella direttiva è previsto che ogni Stato membro

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    Secondo i dati editi da Amnesty International nel 2012, in Europa il fenomeno della tratta degli esseri umani ha registrato 800 mila vittime. Di
   queste, 240 mila destinate alla prostituzione, mentre la parte restante, destinata allo sfruttamento lavorativo.

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istituisca un relatore nazionale che raccolga dati sulle vittime di tratta all’interno del proprio Paese, ma si è ben lungi dal
trasformare la teoria in pratica.

              ♦     Sostegno ai richiedenti asilo e protezione umanitaria.
Si pone al riguardo la necessità di operare le opportune distinzioni tra i migranti e i richiedenti asilo e protezione
umanitaria, la cui condizione è tutelata e normata sia dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, sia da Trattato
di “Dublino 2” (regolamento 2003/343/CE) siglato il 3 dicembre 2008, che segue e modifica la Convenzione di Dublino
firmata il 15 giugno 1990. Il regolamento, stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato competente
all’esame dell’istanza, il cui tempo previsto per espletare i diversi step è pari a 11 mesi dalla presentazione della stessa,
con l’obiettivo di garantire che nessun richiedente sia rinviato in un Paese nel quale possa incorrere nel rischio di nuove
persecuzioni. Nel 2012 secondo i dati Eurostat, sono state 331.975 le domande di asilo presentate in Europa e di queste
77.500 in Germania, 60.600 in Francia, 43.900 in Svezia, 28.200 in Gran Bretagna, 28.100 in Belgio e 15.715 in Italia, di cui
8.2609 con esito positivo (collocando il nostro Paese al /° posto in Europa).
Secondo il Consiglio d’Europa, il sistema attuale regolamentato da Dublino II, rilevatosi inefficace ed inefficiente a
garantire una equa e uniforme protezione dei richiedenti all’interno dei diversi stati membri, produce una distribuzione
ineguale delle richieste di asilo penalizzando i Paesi di “Frontiera” e non garantendo a pieno il rispetto della dignità
umana. L’Italia con il sostegno dell’Europa, ha il dovere di farsi carico, garantendo il rispetto dei diritti umani, della
drammatica situazione di migliaia di profughi che giungono nello spazio Europeo in cerca di protezione.
Sarebbe pertanto opportuno prevedere una ulteriore revisione del Regolamento 2003/343/CE, al fine di risolvere le
incongruenze tra la volontà del richiedente e i vincoli inerenti il trattato stesso che relegano al primo approdo il luogo di
destinazione finale, con il duplice obiettivo di garantire il rispetto dei diritti umani dei richiedenti, ma anche di favorire
l’applicazione di un regime europeo comune in materia di asilo.

              ♦     Procedure di rimpatrio
La situazione in cui versa oggi il nostro Paese e gli eventi geopolitici degli ultimi anni che hanno fatto dell’Italia “la porta
d’Europa” , e la ferma volontà d tutelare quanti aventi diritto alle forme di protezione umanitaria, ci impone di applicare
con rigore, quanto previsto dalla direttiva 115/2008 tesa a favorire il rimpatrio volontario quale forma di reinserimento
nel proprio Paese degli immigrati irregolari. Occorre però in primis monitorare gli effetti della direttiva europea 115
/2008, sia in relazione alla gestione dei rimpatri volontari, riservato a categorie vulnerabili e di recente aperto anche agli
irregolari, sia in relazione alle forme di trattenimento nei Cie.

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    Alle 15.715 del 2012, si sommano quelle inevase nel 2011, per arrivare a quota 22.160 domande e su queste è computabile il numero delle
   domande con esito positivo pari a 8.260.

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Premesso che rimane prioritario garantire la dignità della persona, rispettandone le volontà, le modalità di rimpatrio
possono oggi essere una occasione nuova per fornire sostegno a quanti decidono spontaneamente di rientrare nel
proprio Paese di origine.
A tal riguardo e a garanzia che queste misure non diventino un boomerang, come Cisl riteniamo prioritario avviare un
monitorando aggiuntivo e consecutivo al primo anno seguente la fruizione del beneficio, in relazione alle modalità di
rimpatrio, che valuti l’efficienza e l’efficacia dei programmi europei e nazionali avviati nel quadriennio precedente, al fine
di prevenire nell’emanazione dei programmi futuri, il rischio che nell’attuazione degli stessi, vengano disperse ingenti
risorse economiche, proficuamente impiegabili invece su altri ambiti, rendendo così vani gli obiettivi della stessa Direttiva.
Il monitoraggio dei fondi europei dei rimpatri, non solo numerico/quantitativo, ma anche qualitativo, in un ottica di
trasparenza, elide altresì il rischio che il rimpatrio divenga un richiamo per le organizzazioni che sfruttano situazioni di
disperazione.

               ♦     Modifiche alle Procedure di ingresso.
Rivedere, in coerenza con gli effettivi bisogni del sistema Paese, i meccanismi degli ingressi regolari. Il sistema delle quote
flussi, stagionali e non, si è dimostrato talvolta incoerente con le dinamiche del mercato del lavoro, determinando forti
discrasie occupazionali, dimostrando non solo la sua inidoneità a far fronte ai bisogni delle aziende, ma anche la sua
inefficacia nel regolamentare le modalità di ingresso regolare dei lavoratori immigrati nonché all’effettiva trasformazione
dei nulla osta in contratti di lavoro.
Riteniamo sia necessaria una riforma organica della normativa sull’immigrazione e con essa i meccanismi che ne
regolano l’ingresso, in coerenza con le esigenze del territorio e del mercato del lavoro, al fine di prediligere che, il
fabbisogno espresso dalle aziende venga sopperito tramite meccanismi di accaparramento all’estero10, solo nel
momento in cui non venga soddisfatto, dal bacino di risorse umane in attesa di occupazione già presenti sul territorio,
soprattutto in un momento di crisi come quello attuale.
A tal riguardo inoltre, è bene tenere in considerazione che, l’ulteriore allargamento della Comunità Europea a cui
assisteremo già dal 1 Luglio con la Croazia e nei prossimi anni con gli altri Paesi che ne hanno fatto richiesta, pone la
necessità di avviare una riflessione di prospettiva sulle ricadute che tale ingresso potrà determinare nel Mercato del
Lavoro nazionale.

   10
      Un primo segnale in tal senso è contenuto nel Decreto legge n. 76/2013, articolo 9, comma 7 (attualmente all’esame del Senato come Legge 73,
   articolo 9, comma 7) –dove sono contenute alcune importanti novità riguardanti i lavoratori immigrati. Il decreto, infatti, modifica, integrandolo, il
   comma 2 dell’articolo 22 del T. U. Sull’immigrazione (DLGS n. 286/1998) con riguardo alle modalità di assunzione di lavoratori stranieri subordinati a
   tempo determinato ed indeterminato secondo cui, Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare
   in Italia un rapporto di lavoro subordinato con uno straniero residente all’estero deve presentare richiesta di nulla osta allo sportello unico per
   l’immigrazione, previa verifica, presso il centro per l’impiego competente, della indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale, sia
   esso italiano o straniero, idoneamente documentata.

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Questa riforma, oltre ad esprimere piena funzionalità nel sistema economico, favorirebbe la ricollocazione di coloro
che, sebbene presenti da molto tempo sul territorio e quindi integrati, dopo un anno di attesa occupazione, sono
costretti a far ritorno nei Paesi di origine o ad emigrare in altri Paesi Europei.
In riferimento poi alla legalità della permanenza sul suolo Italiano, ribadiamo inoltre quanto già espresso nel 2011, ovvero
che è necessario rimodulare i costi inerenti il rinnovo del permesso di soggiorno in funzione al numero dei componenti
del nucleo familiare. Una spesa gravosa, in alcuni casi proibitiva che ha inciso notevolmente sui redditi delle famiglie
immigrate e alla quale non corrisponde un incremento dei servizi agli stessi dedicati, né tantomeno uno snellimento delle
procedure burocratiche necessarie alla valutazione delle istanze di rinnovo.

              ♦    Favorire il diritto all’unità familiare.
La promozione dell’unità familiare di cittadini e migranti, incarna una concezione di famiglia come bene superiore che gli
stati sono tenuti a tutelare ed è sancita nella legislazione internazionale, nella Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo (1948), nella Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo (1950), nel Trattato Internazionale sui Diritti Civili e
Politici (1966), La Direttiva Europea sui Ricongiungimenti Familiari (2003/86/EC). Il diritto all’unità familiare quindi, deve
essere considerato uno strumento volto alla promozione del benessere e dell’integrazione dei migranti nelle società e
rappresenta, in termini sociologici, la garanzia di un’integrazione stabile e profonda sul territorio con il quale, l’immigrato
inserito in famiglia, interagisce con maggior frequenza, in un dialogo costante con le istituzioni pubbliche e private, con il
gruppo di pari, favorendo i momenti di scambio culturale e di conseguente radicamento e affezione al territorio e alla
comunità.
In questo senso, particolare attenzione deve essere rivolta al ricongiungimento familiare dei minori, prevedendo
interventi mirati ad agevolare il loro inserimento nella società e nel territorio di riferimento.

              ♦    Attuare il diritto/dovere di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative.
In un contesto politico quale quello italiano, caratterizzato da un contributo degli immigrati all’intero sistema economico
e sociale, è un atto di civiltà favorirne l’esercizio dei propri diritti, anche garantendone la rappresentanza politica. Il diritto
all’elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative, sancito nella convenzione di Strasburgo nel 1992 e
sottoscritto anche dall’Italia, ma nei fatti mai applicato, diverrebbe elemento fondamentale di rappresentanza, politica
ma anche civica alla vita della comunità e dell’intero sistema Paese.

              ♦    Riformare la Legge 91/92 per il riconoscimento della cittadinanza
E’ ormai inderogabile, la revisione della legge 91/92, che sancisce i meccanismi per l’acquisizione della cittadinanza
italiana.

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Il principio di cittadinanza, e la conseguente richiesta di quella italiana da parte degli immigrati adulti, deve scaturire dalla
volontà di sentirsi parte di una nazione e non dall’esigenza di arginare ostacoli discriminatori di accesso ai servizi o alla
vita della comunità. Per costoro, è necessario valorizzare percorsi di cittadinanza che si basino sul riconoscimento
identitario e quindi valoriale e qualitativo, scardinando meccanismi fondati su meri calcoli numerici di annualità di
residenza. Il nodo centrale deve evidenziare il processo acquisitorio, attivo e non passivo della scelta di divenire cittadini
italiani.
Un discorso diverso va affrontato per i figli degli immigrati regolari nati in Italia, o giunti in età scolare, ai quali va
riconosciuto il principio dello jus soli, con correttivi per coloro che frequentano cicli di studio completi in Italia, ovvero il
meglio noto jus soli temperato. L’applicazione dello jus soli, è per questi bambini, il riconoscimento di un diritto fondato
sulla condivisione di lingua, cultura, valori, tradizioni, costumi e senso di appartenenza. La revisione della Legge 91/92 che
preveda l’affiancamento del principio di jus soli a quello preesistente di jus sanguinis è prioritario per favorire la coesione
sociale in una società civile.

               ♦   L’integrazione dei lavoratori immigrati e il contributo del sindacato ai processi di convivenza .
Il cammino da compiere è ancora molto, ma necessario per contribuire a creare una società coesa e pacifica nella
reciprocità, rispettosa delle diversità valorizzandole come potenziali risorse. Promuoviamo le pari opportunità a tutti i
cittadini, quale elemento centrale della dignità della persona è una sfida ambiziosa, ma percorribile.
Le proposte delineate, richiedono un lavoro interdisciplinare date le molteplicità di competenze diverse ma legate tra di
loro. Il decentramento e la sussidiarietà sono le parole chiave per concretizzare le azioni sottese alle diverse dimensioni
enunciate.
Questo è possibile solo attraverso un approccio bottom up delle politiche migratorie, in coerenza con i fabbisogni del
territorio e del Mercato del Lavoro in stretto coordinamento tra le politiche del lavoro e quelle dell’inclusione sociale nel
territorio .
La Cisl può, con il supporto delle categorie, dei territori e degli enti, costruire un sistema concertato e sussidiario che
avendo al centro del suo agire il bene comune, fornisca un contributo rilevate ai processi migratori e di integrazione con i
quali il nostro Paese si deve e si dovrà confrontare.

               ♦   Coordinamento Locale
Le Cisl territoriali coordinate dalle Unioni Regionali, dispongono di una visone integrata e sussidiaria del territorio, degli
enti, delle categorie e i generale degli attori sociali istituzionali e non, che agiscono sul territorio. In un principio integrato
e multidimensionale, il ruolo delle strutture territoriali è determinante, sia per l’assistenza e l’orientamento dei lavoratori
immigrati, sia nell’accesso alla comunità e ai servizi da parte degli stessi.

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I territorio possono però svolgere anche una funzione di programmazione politica del fenomeno migratorio, e il loro ruolo
ben si esercita all’interno dei Consigli Territoriali per l’Immigrazione che compiono monitoraggi, promuovono iniziative e
formulano proposte attraverso la collaborazione interistituzionale. Istituiti con il Dpcm del 18 dicembre 1999 ai sensi
dell'art. 57 del DPR 31.8.1999 n. 394 in tutte le Prefetture, presieduti dai prefetti e composti da rappresentanti delle
competenti amministrazioni locali, dagli enti attivi nell'assistenza agli immigrati, dalle organizzazioni dei lavoratori e dei
datori di lavoro, si rivelano fondamentali per monitorare la presenza degli stranieri sul territorio e la capacità dello stesso
di assorbire i flussi migratori e di programmazione delle politiche di integrazione. Se si investe sul loro ruolo, anche
prevedendo l’istituzione di tavoli tecnici al loro interno, possono rappresentare quindi una vera e propria risorsa per
risolvere, in sinergia tra più soggetti istituzionali e non, i problemi connessi al fenomeno migratorio, per promuovere
iniziative di integrazione e far pervenire al "centro" proposte che emergono a livello provinciale. Sono nei fatti la
connessione fra centro e periferia per l´attuazione di iniziative locali tese a favorire, in un ottica concertativa l´analisi dei
bisogni del territorio in coerenza con quelli degli immigrati e della popolazione locale. Assolvendo al loro ruolo di
programmazione di politiche di integrazione locale, ivi intese quelle afferenti al Mercato del lavoro, hanno una funzione
strategica nella programmazione degli interventi sociali, economici e gestionali dei territori.
La presenza della Cisl nei Consigli Territoriali per l’immigrazione, può essere dunque determinante nella promozione e
nella programmazione di politiche migratorie integrate, coerenti con le logiche del territorio e del mercato del lavoro
locale anche a fronte della prevista riforma del sistema dei servizi per l’impiego.
Va dunque potenziata la partecipazione e la presenza dei referenti Cisl all’interno dei Consigli, che stante l’ultimo
rapporto del Ministero dell’Interno11, conta un 25% delle presenze. Un risultato certo considerevole e che ci pone al
primo posto come Associazione sindacale, ma che può essere ulteriormente potenziato, anche in sinergia con le atre
strutture della nostra Organizzazione.

                  ♦     Le Categorie
Il supporto delle categorie è fondamentale perché le categorie possono agire positivamente sia ovviamente sulle
dinamiche inerenti l’occupazione e l’occupabilità dei lavoratori immigrati, anche in un ottica di contrattazione decentrata,
sia nella realizzazione di percorsi formativi di lingua e cultura italiana, step preparatorio a processi formativi propedeutici
alla professionalizzazione e alla mobilità sociale dei lavoratori migranti.
La categoria, è per il lavoratore immigrato, il punto di contatto con il sindacato e svolge pertanto una funzione di collante
con esso. Sempre la categoria, ha il ruolo per agire come attore formativo, ma anche come attore sociale in grado di
contrattare sul livello nazionale, locale e aziendale (anche attraverso la bilateralità e i fondi interprofessionali), percorsi di
crescita professionale.

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        Edizione 2011 del IV rapporto sui Consigli Territoriali per l’immigrazione su elaborazione dei dati del 2009.

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Sempre alle categorie, in una logica di sussidiarietà e in coerenza con le politiche della Cisl di accrescere il ruolo della
contrattazione decentrata, sono demandati, in raccordo con le strutture orizzontali territoriali, elementi inerenti il lavoro
nella logica della programmazione dei fabbisogni delle aziende e del territorio. Energie positive e decisive per la gestione
del Mercato del Lavoro e dei flussi si trovano appunto nella contrattazione e nella bilateralità delle forze sociali,
soprattutto a livello territoriale, dove il sindacato, con le parti datoriali, vista la conoscenza dei comparti, potrebbero
gestire realmente e coerentemente il fenomeno migratorio, evitando elementi negativi come ad esempio il dumping
contrattuale e sociale.

              ♦   Gli enti della CISL
Gli Enti della Cisl, sono le prime antenne sui territori. Alcuni di questi, operano anche oltre la frontiera italiana e già
compiono parte delle azioni formative e d informative in favore dei migranti. Esempio di eccellenza sono l’Anolf , l’Inas e
l’Iscos, che operano interventi di cooperazione internazionale, e nazionale tese al sostenere il bisogno informativo
dell’immigrato, sin dal paese di origine. Oltre alle mansioni specifiche di mission, strutturano progetti info‐formativi di
alfabetizzazione alla lingua e alla cultura italiana, ma anche delle principali leggi che regolano l’ingresso e il soggiorno
degli immigrati sul territorio. Questi enti di “prima frontiera” oltre a contribuire alla crescita culturale dei residenti nei
Paesi terzi, favoriscono la conoscenza dei valori italiani e dei principi sui quali si fonda la nostra cultura. Il lavoro svolto
quindi dalle sezioni internazionali è il primo contatto che l’immigrato ha con strutture promosse dal sindacato ed è
complementare al lavoro delle sedi nazionali, che si occupano invece del soddisfacimento di bisogni che l’immigrato ha al
momento del arrivo in Italia.
Poiché la Cisl, e gli enti afferenti, inclusi il Sicet, l’Adiconsum, svolgono diverse prestazioni ‐che vanno dal sostegno
all’espletamento della pratica burocratica, alla ricerca dell’alloggio, all’accesso e alla fruizione di servizi alla persona,
all’orientamento in un sistema di servizi di accoglienza integrato, ognuno per i settori di competenza, risponde
perfettamente alle esigenze di informazione del cittadino immigrato, ma anche di quello italiano.

              ♦   Conclusioni
In questo quadro di complessità, la Cisl, nel suo insieme, è interessata a proseguire la sua azione a sostegno dei processi
di integrazione lavorativa e sociale degli immigrati e delle loro famiglie. Non si tratta di differenziare le politiche sindacali
di rappresentanza e tutela, ma di promuovere, all'interno della più ampia azione di negoziazione, gli elementi “integrativi”
ai quali dedicarsi come sindacato
Il lavoro che si pone davanti deve quindi essere sinergico e organico poiché solo procedendo pari passo, evitando
sovrapposizioni di diversi livelli orizzontali e verticali, i processi di integrazione delineati, possono essere garanti del
successo di positive ed efficaci politiche migratorie.

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