Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020 - Alsia

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Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020 - Alsia
Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020

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Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020

Il peperoncino del Melandro

La coltivazione del peperoncino piccante (Capsicum annuum) è diffusa in tutto il territorio lucano. La
convinzione che l’effetto del piccante fosse una panacea per l’organismo umano, lo poneva assieme alla
cipolla come un alimento da consumare regolarmente per una efficace prevenzione alle malattie più
comuni. La facilità di coltivazione, unita alla facilità di conservazione e trasformazione (secco, sottolio o
sottaceto), ne consentiva un utilizzo pressoché costante e quindi si disponeva di una “medicina” per tutto
l’anno.

Presente in tutti gli orti familiari, in alcune aree il peperoncino è diventato una fonte di guadagno
inaspettata. Nella Valle del Melandro e in particolare a Satriano di Lucania (PZ) la coltivazione si è ormai
consolidata e lo comprova la presenza di un panorama varietale rilevante.

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L’ALSIA, con il progetto di “Valorizzazione e recupero di ecotipi di peperoncino piccante presenti nelle
aree interne della Lucania e negli orti del Melandro”, ha promosso l’incentivazione della produzione
attraverso attività di assistenza tecnica e di selezione e caratterizzazione fenotipica del materiale
varietale presente e a rischio di estinzione.

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                                                                                              Pagina 3 di 97
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  Bellanova: "La ricerca è fondamentale per creare lavoro" ............................................................... 5
  Analisi climatica del mese di dicembre .......................................................................................... 10
  Fasce fiorite nei frutteti per migliorare la fertilità ............................................................................ 16
  Commento climatico annata 2019 ................................................................................................. 20
  "Patriarchi" da frutto: l'ALSIA avvia un censimento ........................................................................ 31
  Emanuele Lamacchia, l'imprenditore agricolo che guardava al futuro .......................................... 34
  La filiera corta dei mezzi tecnici in agricoltura biologica ................................................................ 42
  Drupacee in attesa della “gemma gonfia” ...................................................................................... 46
  "Corno di capra" e "Sperone di gallo", ecco i sovrani del piccante ................................................ 49
  Ferrandina: riemerge dal passato un frantoio oleario del IV secolo a.C. ....................................... 51
  L’HPLC come strumento di misura della piccantezza dei peperoncini .......................................... 57
  Il mercato del peperoncino nella Valle del Melandro ..................................................................... 64
  La coltivazione del peperoncino nelle aree interne della Basilicata ............................................... 66
  Quale margine economico per la coltivazione del peperoncino? ................................................... 68
  De gustibus .................................................................................................................................... 71
  Consuntivo fitosanitario Agrumi Basilicata ..................................................................................... 77
  Michele Dragone: "Primi col rosé, verso la quinta generazione" ................................................... 84
  Il vino lucano tenta la scalata ai vertici nazionali ........................................................................... 88
  Cambiamenti climatici. Anche in Basilicata fioriture anticipate ...................................................... 91
  Nuovo PAN, 22.000 osservazioni .................................................................................................. 93
  Carta e penna ................................................................................................................................ 96

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Bellanova: "La ricerca è fondamentale per creare
lavoro"
La ministra delle Politiche agricole in visita al Centro Ricerche dell'ALSIA "M. Agrobios" parla di
contrasto al caporalato e dazi

“Ricerca e innovazione sono fondamentali per portare l’agroalimentare al centro del Sistema Paese e di
un modello di sviluppo in grado di rispondere all’esigenza di creare lavoro”. Lo ha affermato la ministra
delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, nel corso della visita istituzionale
effettuata nel pomeriggio del 13 gennaio al Centro Ricerche dell’ALSIA “Metapontum Agrobios”, nel Polo
di Pantanello di Metaponto, in provincia di MT.

“Una visita fortemente voluta - ha sottolineato la ministra Bellanova – proprio per conoscere l’ALSIA e il
suo centro di eccellenza per la ricerca e per il trasferimento delle innovazioni in agricoltura”.

Prima volta all’ALSIA per un ministro della Repubblica, ha ricordato nell’occasione il direttore dell’ALSIA,
Aniello Crescenzi. Un giusto riconoscimento – ha detto il direttore - per un punto di eccellenza dell’Italia

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centro-meridionale in cui si portano avanti attività di ricerca di altissimo profilo nazionale e
internazionale.

All’incontro con la ministra, tenutosi nella sala riunioni del Centro Ricerche dell’ALSIA, è intervenuto
anche l’assessore regionale alle Politiche agricole e forestali, Francesco Fanelli, ed erano presenti i
rappresentati delle Organizzazioni di produttori agricoli dell’area metapontina. “E’ solo l’inizio di
un’interlocuzione istituzionale tra il Governo regionale e quello nazionale - ha sottolineato Fanelli - che
proseguirà negli incontri mensili voluti dalla ministra Bellanova tra assessori di tutte le Regioni e il
Ministero.

Contrasto al caporalato, dazi e difesa del made in Italy, e rafforzamento dei patti di filiera i temi principali
affrontati dalla ministra nel corso del suo intervento. “I dazi sono una scelta sciagurata che contestiamo –
ha rimarcato la ministra. Ho scritto una lettera al commissario europeo Hogan, che sarà in missione a
Washington, per chiedere di intervenire sulla revoca dei dazi attuati, e sollecitare l’istituzione di un fondo
compensativo comunitario per ripagare gli imprenditori che stanno subendo danni per le scelte del
presidente Trump. Tra l’altro, la dieta mediterranea è riconosciuta dall’Unesco, e i dazi danneggiano
anche i consumatori americani che non possono fruirne”.

“Per la lotta al caporalato – ha poi aggiunto la ministra - dobbiamo mettere in campo quei servizi che i
caporali purtroppo “offrono” con comportamenti ricattatori e malavitosi. Si può continuare con il teatrino
che vede gli immigrati come invasori – ha detto - oppure si può affrontare in modo razionale ed
equilibrato questo tema, prevedendo che i flussi di manodopera siano governati e regolati verso il nostro
Paese. Dal canto nostro, noi dobbiamo attrezzarci non solo perché queste persone possano lavorare in
condizioni dignitose, ma che dopo il lavoro possano essere cittadini che vanno rispettati nei loro diritti
civili e nella loro umanità”.

Ricerca in agricoltura, sperimentazione e divulgazione, promozione e supporto tecnico alle produzioni di
qualità, riforma fondiaria e gestione del patrimonio le linee di intervento principali dell’ALSIA sulle quali si
è posto l’accento nel corso dell’incontro.

Al termine dell’incontro, alla ministra sono stati mostrati alcuni dei laboratori del Centro di ricerche
dell’ALSIA “Metapontum Agrobios”, e la piattaforma robotizzata, vera eccellenza europea per la
fenomica vegetale.

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                                                                                                      Pagina 6 di 97
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                           La ministra Bellanova e il direttore dell'ALSIA, Crescenzi.

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                               La ministra Bellanova e l'Assessore regionale Fanelli.

                  Un momento dell'incontro nel Centro Ricerche dell'ALSIA "Metapontum Agrobios".

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Analisi climatica del mese di dicembre
Temperature sopra la media, piogge abbondanti sul tirreno

Dopo un autunno decisamente mite e molto piovoso, anche il primo mese invernale del 2019 ha avuto
caratteristiche più autunnali che invernali. A livello Europeo, secondo le elaborazioni NOAA (National
Oceanic Atmospheric Administration), l’anomalia termica è stata molto elevata sul versante orientale,
mentre nel centro Europa e Mediterraneo è stata compresa tra 1 e 3°C (figura 1). Dal punto di vista
pluviometrico abbiamo avuto invece una maggiore uniformità di distribuzione (figura2).

In Basilicata, per quanto riguarda l’aspetto termico, le tre decadi sono risultate al contrario tutte
complessivamente sopra media, in particolar modo quella centrale, quando gli scarti hanno superato gli
8°C. Più contenuto invece il sopra media nella prima e terza decade. Nel complesso il mese si chiude,

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ad ogni buon conto, con uno scarto positivo, rispetto ai valori climatici medi, che si attesta a +1,53°C per
la stazione di Metaponto, dove il giorno più caldo è stato il 19, mentre quello più freddo è stato il 29.

Da segnalare la prima ondata di freddo della stagione registrata nei giorni 4 e 5, con la temperatura
minima scesa poco al di sotto di 5°C nel Metapontino, in un contesto di generale condizione anticiclonica
che ha causato una marcata inversione termica tra collina e fondovalle. Mentre molto più intensa è stata
l’ondata di freddo e neve che dal giorno di Natale ha interessato tutto il centro e sud Italia a causa degli
afflussi di aria fredda provenienti dai Balcani; in quei giorni la temperatura minima è scesa sotto lo zero
oltre che nelle aree interne ed in quota dell’Appennino, anche nell’alto Bradano, area molto esposta alle
fredde correnti Balcaniche (tabella n.1).

Tabella n. 1 Dati medi mensili di dicembre 2019 (Fonte Servizio Agrometeorologico Lucano – ALSIA)

                    t    t    t    ur   ur    ur
                                                   prec. Et0
                   med min max med min max
                                                   mm mm
                   °C °C °C        %    %     %

Collina
                   9,2 0,5 18,5 77,2 39,5 96,9 26,6 2,3
Materana

Metapontino        10,2 1,1 19,4 76,4 39,3 97,6 28,4 2,4

Medio Agri e
                   9,1 -1,1 19,0 76,7 32,2 97,7 49,0 2,4
Basso Sinni

Vulture e Alto
                   8,3 -0,9 18,3 77,6 36,7 98,5 50,0 2,3
Bradano

Alto    Agri   e
                   8,8 -1,6 21,1 79,0 26,7 99,8 225,5 2,5
Lagonegrese

Sub-Appenino
                   6,0 -3,7 16,9 67,5 22,8 91,3 65,5 2,1
Lucano

Per quanto riguarda la pioggia, la Basilicata può essere suddivisa in tre grandi macro aree: la fascia
Bradanica e il Metapontino, mediamente con 30 mm caduti in 4 giorni piovosi; le aree interne e più in
quota, con circa 50 mm in 5 giorni piovosi, e il versante Tirrenico e l’alto Agri con oltre 200 mm in 7
giorni. Valori record sono stati registrati a Nemoli con 374 mm in 8 giorni piovosi: a seguire, Rotonda con
263 mm in 10 giorni piovosi (tabella n.1). Pertanto, dal confronto dei dati registrati dalle centraline
elettroniche con i valori medi stagionali, emerge che la piovosità di dicembre è stata inferiore a seconda
delle zone dal 20 al 50%, tranne il versante Tirrenico dove il surplus è stato del 70%.

Tra gli eventi estremi ci sono da segnalare alcune giornate (13, 14, 20 e 21) con raffiche di vento forte,
tra cui la tromba d’aria di Lauria il giorno 14.

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In conclusione possiamo dire che l’andamento meteorologico del mese di dicembre sia stato piuttosto
favorevole, specie per le aree interne e cerealicole, perché ha consentito di terminare le operazioni di
semina interrotte dalle abbondanti piogge di novembre, oltre a rendere agevoli le operazioni di raccolta
degli agrumi e delle ortive autunno-vernine.

Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito dell'Alsia (www.alsia.it), nella sezione "Servizi".

                                                       Emanuele Scalcione,Pietro Di Chio,Giuseppe Fabrizio

                                                                                                       Pagina 12 di 97
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                                 Figura 1.

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                                 Figura 2.

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                                 Figura 3.

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Fasce fiorite nei frutteti per migliorare la fertilità
Un'attenta gestione non crea interferenze con le specie arboree coltivate. Da preferirsi specie e
varietà autoctone

Numerosi studi scientifici dimostrano la stretta relazione che lega la biodiversità con i servizi
ecosistemici, così come la capacità di un ecosistema (quale anche quello agricolo) di funzionare ed
essere resiliente. Di conseguenza, promuovere l’agrobiodiversità, intesa come l’insieme di tutti gli
organismi viventi di un agroecosistema, inclusa la componente spontanea e selvatica, comporta un
ritorno in termini di servizi ecosistemici che determinano una maggiore capacità del sistema di
autoregolarsi, di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e ridurre la dipendenza dagli input esterni per la difesa
e la gestione della fertilità.

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In questo contesto generale, i frutteti sono habitat molto interessanti dal punto di vista
dell’agrobiodiversità e del paesaggio agrario. Negli ultimi decenni, l'intensificazione colturale e l’uso
intenso di prodotti fitosanitari hanno portato ad una loro graduale semplificazione, incrementando la
frammentazione paesaggistica e il conseguente deterioramento degli habitat naturali, interrotti o ridotti
nella loro estensione. Di pari passo con questi processi, si assiste a un significativo declino della
biodiversità e al venir meno delle funzioni e dei servizi ecosistemici connessi.

D’altro canto, i benefici apportati all’agroecosistema dall’implementazione di strategie di diversificazione
sono ormai noti in letteratura. Per strategie di diversificazione si intende sia la promozione della
biodiversità coltivata “da reddito” nel tempo e nello spazio (ad esempio tramite rotazioni, colture multiple
e/o consociazioni, agroforestazione) che l’introduzione di infrastrutture ecologiche (siepi e/o essenze
vegetali non produttive), così come la gestione della biodiversità spontanea (flora spontanea), in chiave
funzionale.

In questo contesto, l’impiego di fasce fiorite (flower strips), sia annuali che perenni, all’interno dei frutteti
rappresenta una strategia di diversificazione in grado di migliorare la fertilità del suolo, la nutrizione degli
alberi, il contenimento della flora spontanea, e, allo stesso tempo, offrire riparo, nettare, polline agli
artropodi utili o agli insetti pronubi, fornendo, pertanto, servizi ecosistemici fondamentali, primi fra tutti il
controllo biologico e l'impollinazione. L’introduzione delle fasce fiorite ha quindi come obiettivo principale
quello di integrare l'approccio agroecologico nella gestione del frutteto, volto al miglioramento della sua
resilienza. Se opportunamente e attentamente gestita, la fascia fiorita può occupare una nicchia
ecologica lasciata disponibile dal sistema arboreto specializzato, non interferendo negativamente con le
specie arboree coltivate, senza compromettere quindi la quantità e la qualità delle produzioni. Questa
strategia promuove quindi l’agrobiodiversità funzionale e risulta un metodo efficace per ridurre l'uso degli
insetticidi, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi identificati dalla politica agricola europea.
Inoltre, la messa in opera di fasce fiorite (Figura in calce: Esempio di fascia fiorita annuale (facelia,
borragine e coriandolo) all’interno di un giovane albicoccheto -progetto BIOPAC – azienda sperimentale
del Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Roma; foto: Corrado Ciaccia, 2018) può
anche accrescere il valore estetico, ricreativo e culturale del paesaggio, contribuendo ad avvicinare
cittadinanza e consumatori alle realtà produttive più virtuose, orientandone le scelte in chiave sostenibile
e contribuendo a sostenere strategie di marketing agricolo sostenibile.

Negli ultimi anni molti studi riportati in letteratura hanno valutato gli effetti dell’introduzione delle fasce
fiorite formate da specie perenni nei frutteti. Tra i risultati più significativi: in Svizzera, in meleto fasce di
fiori seminate costituite da 30 specie di fiori annuali e perenni, hanno ridotto l'impatto del danno da afidi
al di sotto di una soglia ritenuta economicamente accettabile per diversi anni, senza l'uso di insetticidi.
Simili risultati sono stati ottenuti in Belgio, con fasce di fiori seminate con 20 specie di fiori annuali e
perenni. In Francia, la presenza di fioritura di Anthemis arvensis, Centaurea cyanus e Chrysanthemum
segetum in prossimità di giovani peri infestati da psille ha soppresso significativamente il tasso di
infezione in due settimane. Sempre in Francia, in meleto, le fasce fiorite hanno determinato un aumento
di circa il 60% il numero di larve di coccinelle e sirfidi nelle colonie di afidi. Anche in Italia, alcuni lavori
effettuati in vigneto hanno mostrato l’utilità delle fasce fiorite per l’aumento della biodiversità funzionale
degli artropodi. Inoltre, molti studi mostrano una correlazione positiva tra l'abbondanza dei predatori e la
riduzione dei parassiti fitofagi.

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La composizione floristica delle fasce fiorite dovrebbe comprendere specie con determinate
caratteristiche, quali: (i) essere attraenti per i nemici naturali degli insetti fitofagi, (ii) non essere attraenti
per insetti parassiti e roditori, (iii) avere una fioritura sequenziale che copra la stagione colturale o che
almeno coincida con i periodi strategici delle potenziali pullulazioni di insetti e con la fioritura delle piante,
(iv) comprendere piante a rosetta per tollerare la pacciamatura ripetuta, (v) essere tolleranti al traffico
delle macchine, (vi) avere ciclo di vita biennale o perenne, (vii) essere tolleranti alle condizioni del
terreno ricco di nutrienti del frutteto, (viii) essere competitive con la flora spontanea, e (ix) essere
tolleranti all’ombreggiamento dato dalle piante arboree.

Per la costituzione delle fasce fiorite, le specie e le varietà vegetali autoctone (ecotipi e forme selvatiche)
sono preferibili rispetto alle forme coltivate, per promuovere la biodiversità locale e perché meglio
adattabili alle condizioni pedoclimatiche locali. Inoltre, le forme coltivate sono generalmente meno
competitive con la flora spontanea rispetto agli ecotipi e alle forme selvatiche.

Infine, la composizione della miscela delle specie da fiore dovrebbe essere progettata sulla base delle
caratteristiche del suolo (il già citato contenuto in nutrienti, ma anche il pH e la struttura) nonché dei
potenziali servizi ecosistemici che si vogliono amplificare (ad esempio, potere biofumigante e/o
nematocida, come nel caso delle Brassicaceae).

Un aspetto interessante e poco studiato riguarda la gestione delle fasce fiorite. Semina, sfalci periodici e
pacciamatura devono favorire la loro crescita, il mantenimento della composizione floricola, la
competizione con le erbe spontanee e con la coltura. La gestione non può che essere meccanizzata, da
condurre con attrezzature specializzate (peraltro piuttosto rare in commercio) oppure con l’utilizzo di
macchine aziendali opportunamente regolate allo scopo. Sarebbe ottimale poter disporre di attrezzature
in grado di effettuare sfalci differenziati con un solo passaggio, per gestire contemporaneamente
l’inerbimento spontaneo e favorire la crescita delle fasce fiorite collocate nella parte centrale
dell’interfilare, per una larghezza pari o inferiore allo spazio tra le ruote del trattore. Al momento,
macchine capaci di eseguire con efficacia tali operazioni non sono disponibili e risulta necessario un
attento lavoro di ricerca e di messa a punto dell’innovazione, da svolgere con il contributo degli
agricoltori, dei tecnici e degli operatori del settore, volto allo sviluppo di cantieri di lavoro disegnati per
soddisfare le differenti esigenze operative che emergono dalle realtà produttive.

                              Marcello Biocca,Corrado Ciaccia,Elena Testani,Stefano Canali,Luca Colombo

                                                                                                        Pagina 18 di 97
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                        Figura 1. Fascia fiorita annuale (facelia, borragine e coriandolo) .

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Commento climatico annata 2019
In Basilicata, estate calda e siccitosa, e tremendi temporali. La temperatura conferma il trend in
crescita degli ultimi 20 anni

Premessa

L’analisi climatica che segue si avvale delle elaborazioni presenti in rete (Copernicus Climate Change
Service, CNR-ISAC, NOAA, ecc.) per meglio comprendere la variabilità climatica e soprattutto l’impatto
che essi stanno avendo sulla nostra agricoltura.

Secondo le elaborazioni del progetto Europeo Copernicus, l’anno solare 2019 rispetto alla media
1981-2010 è stato più caldo di 0.59°C che conferma il trend di crescita della temperatura negli ultimi 20
anni (figura 1).

In Italia, secondo le elaborazioni del CNR-ISAC, il 2019 è stato il quarto anno più caldo dal 1800 ad oggi,
con una anomalia termica di +0.96°C rispetto al periodo di riferimento 1971-2000 (figura 2). Un
“contributo” importante a questo surplus termico è stato dato dai mesi estivi di giugno (+3.30°C) e luglio

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(2.00°C) e da dicembre (1.91°C). Infatti, nel 2019 l’anomalia della temperatura massima è stata più
elevata, pari a 1°C , rispetto alla temperatura minima, pari a 0.93°C.

In Basilicata, il 2019 sarà ricordato per essere stato l'anno dei temporali estivi, con numerosi eventi
grandinigeni e delle abbondanti piogge in maggio e novembre; pertanto, il 2019 può essere così
sintetizzato:

      inverno poco freddo e normalmente piovoso;
      primavera fresca, molto piovosa, specie a maggio e con eventi grandinigeni;
      estate calda e siccitosa ma con numerosi temporali, spesso associati alla grandine;
      autunno caldo e siccitoso, ma con novembre molto piovoso.

Analisi climatica mensile

Gennaio è stato un mese molto freddo e piovoso. Già dalla terza decade di dicembre le correnti fredde
di origine Balcanica avevano determinato un generale raffreddamento, facendo scendere la temperatura
minima sotto lo zero in molte località, metapontino compreso. L’ondata di freddo è continuata anche nei
giorni seguenti e paradossalmente solo nei “giorni della merla”, tradizionalmente i più freddi dell’anno, la
temperatura è risalita al di sopra dei valori stagionali. Per buona parte dell’Italia e il centro-sud in
particolare, l’anomalia termica è stata di oltre -3°C. A ciò vanno aggiunte le numerose piogge, nevose in
quota, che hanno determinato una piovosità media compresa tra i 133 mm dell’Alto Bradano
Metapontino e i 95 mm del Medio Agri e Sinni, con un surplus pluviometrico di oltre il 100% in alcune
località della Collina Materana e paradossalmente -10% sul versante Tirrenico.

A differenza di quanto è accaduto al nord, febbraio 2019 al Sud è stato un mese tipicamente invernale
con solo qualche accenno di primavera. Una intensa ondata di aria fredda nella terza decade ha fatto
precipitare le temperature ben al di sotto dei valori stagionali, con scarti che hanno superato i 5°C. La
temperatura media giornaliera del Metapontino è scesa a circa 5°C, nell’Alta Valle dell’Agri a 1°C, nel
Lavellese a 3°C. In queste giornate oltre alla neve, caduta fino a quote collinari, si devono segnalare
giornate con forti raffiche di vento.

Per quanto riguarda la pioggia, febbraio è stato siccitoso; le centraline del SAL, il Servizio
Agrometeorologico Lucano dell'ALSIA, hanno registrato una piovosità media compresa tra i 41 mm del
Sub Appenino e Valle dell’Agri ai 24 mm del Metapontino (tabella n. 1) e quindi un deficit pluviometrico
importante nell’alta valle dell’Agri e versante tirrenico (circa 70%), mentre nel Metapontino e nel
Materano è stato più contenuto (circa il 40%).

Tabella 1. Precipitazioni mensili e annuali nel 2019 delle aree geografiche del Basilicata (mm)

                                         Sub
                                         App.

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 Mese     Vulture Medio     Area del    Lucano Collina        Valle del
            Alto   Agri e Metapontino e valle Materana Mercure e
          Bradano Sinni                 dell'Agri           Lagonegrese

 1/2019    133,3    95,3      97,2       110,6      116,2      132,4

 2/2019    32,6     36,0      23,7        40,7      34,6        38,8

 3/2019    55,2     43,5      49,0        36,2      35,4        52,8

 4/2019    63,0     43,8      47,8        46,2      55,8        79,9

 5/2019    103,5    69,4      80,7       112,1      99,5       129,2

 6/2019    15,4     30,5      25,8        11,7      18,5        22,3

 7/2019    76,3     51,4      43,3        49,4      33,6        40,0

 8/2019    27,6     9,5       10,3        31,2      23,1         7,1

 9/2019    25,8     34,1      30,7        47,4      40,1        36,2

10/2019    36,7     19,4      17,2        28,4      16,8        30,2

11/2019 101,8      176,2      169,3      181,4      148,7      248,8

12/2019    50,0     46,6      28,4        85,2      27,4       225,5

 Totale    721,1   655,7      623,4      780,6      649,6      1043,1

Pertanto a livello nazionale, secondo le elaborazioni del CNR, il trimestre invernale non è stato molto
freddo, specie al nord, mentre al Sud è stato nella media e in Calabria e Sicilia ancora più freddo. In
Basilicata, non possiamo dire che sono stati tre mesi di gelo, ma il verificarsi di nevicate a quote molto
basse e addirittura sulla costa, sono fenomeni rari per il Meridione. Per questo motivo, esso può essere
considerato “mediamente freddo”, specie nelle aree esposte ai flussi settentrionali dei Balcani, mentre
dal punto di vista delle precipitazioni, l’inverno è stato molto siccitoso al nord (-50% delle piogge attese)
e decisamente meno negativo al sud.

Anche il mese di marzo, come il periodo precedente ha evidenziato differenze climatiche importanti tra il
nord e sud Italia; in Basilicata, alcune giornate tipicamente primaverili calde ed assolate si sono alternate
ad altre molto più fredde ed invernali, in un contesto di generale siccità.

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Si sono distinte due ondate di maltempo: la prima dal 12 al 15 e l’altra dal 26 al 31; in questi giorni la
temperatura media è stata inferiore ai valori stagionali, con uno scarto massimo di -3°C. Nei restanti
giorni, abbiamo registrato accenni di primavera con belle giornate e temperature decisamente al di sopra
della media stagionale (fino a 5°C), in cui i valori massimi diurni hanno raggiunto i 20°C, anche nelle
località interne, mentre le temperature notturne sono rimaste sempre piuttosto basse, addirittura
scendendo fino a pochi gradi sotto lo zero nelle vallate, aree interne ed in quota. Da segnalare che dal
10 al 12 ci sono state raffiche di vento forte che in alcune località hanno superato i 100 km/h.

Per quanto riguarda la pioggia, come già accennato, marzo è stato siccitoso; certamente al sud non
sono stati raggiunti i livelli del nord dell’Italia e di buona parte dell’Europa Mediterranea e Balcanica ma
anche da noi la pioggia registrata è stata ovunque al di sotto dei valori stagionali. Le centraline del SAL
hanno registrato una piovosità media compresa tra i 35 mm della Collina Materana ai 55 mm del Vulture
(tabella n. 1). Pertanto, il deficit pluviometrico è stato particolarmente elevato nelle aree montuose e
versante Tirrenico (circa 70%), mentre nelle restanti zone ha raggiunto il 35%.

Aprile invece è stato influenzato dal passaggio di numerose perturbazioni atlantiche che hanno impedito
all’anticiclone africano di stabilizzarsi sul Mediterraneo e inviare i primi segnali d’estate. In Basilicata
abbiamo avuto solo 7-8 giorni con temperatura superiore ai valori stagionali e per lo più concentrati nella
prima quindicina, mentre la seconda parte del mese è stata molto perturbata; nelle giornate più miti la
temperatura media ha raggiunto i 16°C, la massima 25°C e la minima 6°C. Per quanto riguarda la
pioggia, il periodo può considerarsi nella norma, eccetto il versante tirrenico, che nonostante sia la zona
regionale più piovosa, ha fatto registrare valori inferiore alle medie. Sul versante tirrenico si sono contati
fino a 14 giorni piovosi, scesi a 8 giorni nel Materano e Metapontino, per una quantità media compresa
tra gli 80 mm nel Lagonegrese e i 44 mm del Medio Agri.

Anche il mese di maggio è stato influenzato dal passaggio di numerose perturbazioni atlantiche e
scandinave che gli hanno conferito caratteristiche più invernali che primaverili, le quali, oltre a causare
una importante riduzione della temperatura, hanno apportato piogge abbondanti e spesso associate alla
grandine. In particolare, si possono distinguere due periodi:

      le prime due decadi, fredde e con numerosi giorni piovosi;
      la terza decade, meno fredda ma ugualmente piovosa.

Il raffreddamento ha interessato tutta l’Italia e la temperatura media è scesa rispetto i valori stagionali di
circa 6°C; in quei giorni la temperatura minima è scesa a 4°C, la media a 15°C e la massima a 26°C.
Come già detto, maggio 2019 sarà ricordato per le abbondanti piogge a carattere temporalesco che
hanno interessato l’Italia e l’Europa. In Basilicata, piogge per oltre 100 mm sono state registrate nel
Lagonegrese, Vulture, Metapontino e aree del Sub Appenino, distribuite in un intervallo compreso tra i 14
giorni piovosi di Nemoli e i 6 giorni di Policoro. Pertanto, la piovosità media regionale è stata superiore ai
valori stagionali fino ad un massimo del 160% a Nemoli e Metaponto. Danni da grandine e/o allagamenti
si sono verificati in molte zone: da ricordare la grandinata del 12 nella zona di Metaponto e Scanzano J.

Con l’arrivo di giugno è arrivata anche la “torrida estate mediterranea”. Ondate di aria calda di origine
africana hanno investito l’Italia e l’Europa, cambiando in pochi giorni lo scenario da autunnale ad estivo.

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Da sottolineare che l’anomalia termica è stata molto più elevata nell’Europa centrale (Francia, Germania,
Polonia, ecc.) che nell’Europa mediterranea (Sud Italia, Spagna, Grecia, ecc.). Su scala nazionale,
secondo le elaborazioni dell’ISAC-CNR, l’anomalia termica è stata di +3,30°C (figura 3), posizionando
giugno 2019 al secondo posto tra i mesi più caldi dal 1800 ad oggi, con il Nord-Est tra le aree più calde
del paese a differenza del Sud, dove il caldo è stato meno intenso perché influenzato dalle asciutte
correnti Balcaniche che hanno reso il caldo molto più “piacevole”.

In particolare, a livello regionale, ci sono stati due differenti periodi:

       le prime due decadi con caldo intenso e afoso;
       la terza decade con caldo intenso ma secco.

I dati rilevati, evidenziano che dal giorno 6 fino al 19, tutte le stazioni del SAL hanno registrato una
temperatura media giornaliera superiore ai valori stagionali, con surplus termici fino 7°C. Nei giorni più
caldi, la temperatura media di molte località ha raggiunto i 27°C, la minima solo in pochi casi è scesa
sotto i 20°C, mentre la massima ha quasi sempre superato i 35°C: caratteristiche queste, spesso
frequenti nell’estate mediterranea. Nella terza decade, dal 24 al 29, un’altra ondata di caldo intenso è
stata registrata; essa però, si è differenziata dalla precedente per non essere stata afosa. Durante il
mese, l’evapotraspirazione media giornaliera ha raggiunto ovunque valori molto elevati, compresi tra 6 e
gli 8 mm/giorno.

Dal punto di vista pluviometrico, se si escludono i temporali registrati nei primi giorni del periodo e
qualche altro isolato episodio, giugno 2019 può essere definito “siccitoso”. Piogge per 30 mm sono state
registrate nel Medio Agri e Basso Sinni, con eventi per lo più di tipo temporalesco, in alcuni casi associati
alla grandine. Pertanto, la piovosità media regionale mensile è stata inferiore ai valori stagionali di circa il
40%.

E’ ovvio, che molte pratiche agronomiche hanno beneficiato di questa siccità, a cominciare dalla
trebbiatura dei cereali, alla raccolta della frutta, fino ai trapianti delle ortive, per contro, l’eccesso di caldo
ha sicuramente causato un aumento della cascola agli agrumi e un maggiore consumo idrico.

Dopo il gran caldo di giugno è arrivato anche quello di luglio; ondate di aria calda di origine africana
hanno investito l’Europa e buon parte del nord Italia, tanto che luglio 2019 sarà ricordato come il mese
più caldo a livello mondiale. A livello regionale invece, il clima è stato fresco con due distinti periodi:

       la prima decade con caldo intenso e temperature superiori ai valori stagionali;
       la seconda e parte della terza decade con temporali e temperature sotto media.

In buona sostanza, il caldo di giugno si è protratto solo nella prima decade di luglio, con una temperatura
media di circa 28°C e massime anche di 39°C. Dal 10 al 23 c’è stata una fase molto perturbata che ha
causato una “flessione termica” importante per l’arrivo di fresche correnti di origine balcanica che hanno
mantenuto la temperatura al di sotto dei valori stagionali. Temporali, grandine e vento forte sono stati
eventi molto frequenti (Bernalda (MT), Ginosa (TA) e Castellaneta Marina (TA)). Successivamente il
quadro meteorologico è migliorato e il caldo è tornato a farsi sentire, anche se in maniera moderata e
gradevole.

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Dal punto di vista pluviometrico, con i numerosi temporali che hanno interessato tutta la regione,
possiamo dire che luglio 2019 è stata più piovoso della norma; piogge superiori ai 70 mm sono state
registrate nell’Alto Bradano (tabella n.1).

Da un punto di vista agronomico e fisiologico, queste ondate di calore possono aver causato dei danni
alle colture, come “scottature” e/o stress idrici; i temporali invece, hanno agevolato moltissimo la
lavorazione dei terreni.

Agosto, è stato un mese caldo e anche molto più stabile dei precedenti, con la temperatura spesso in
linea con i valori stagionali e con poche piogge. In particolare:

      nei primi otto giorni del mese abbiamo registrato una sostanziale stabilità termica con valori
      massimi della temperatura che agevolmente hanno superato i 35°C mentre la temperatura minima,
      solo nelle aree più montuose, è scesa sotto i 15°C, nelle restanti località è stata prossima ai 20°C;
      tra l’otto e il quattordici, abbiamo avuto la fase più calda del mese, con surplus termico fino a 6°C
      rispetto dalla media; in questo periodo la temperatura massima ha superato i 40°C in molte
      località;
      da ferragosto fino agli ultimi giorni del mese, una leggera instabilità ha riportato la temperatura
      nella media stagionale, interrompendo la grande calura estiva.

In questo contesto l’evapotraspirazione media è stata di 6 mm/giorno, non dimenticando però, che nei
giorni di maggior caldo ha raggiunto anche gli 8 mm.

Dal punto di vista pluviometrico, alcuni temporali sono stati registrati poco prima di ferragosto e verso la
fine del periodo. Piogge per circa 30 mm sono state registrate nell’alto Bradano e zone montuose.
Quantità queste, che evidenziano un agosto siccitoso nel Lagonegrese e Alta Valle dell’Agri rispetto alle
restanti zone dove le quantità sono state in linea con la media, non dimenticando la natura stessa degli
eventi che sottintende una elevata irregolarità territoriale.

Ad ogni buon conto l’estate 2019 ha fatto registrare nuovi record termici nei mesi di giugno e luglio sia in
Europa che a livello mondiale; in Italia, la temperatura media estiva è stata infatti pari a +24,8°C, con
anomalia termica rispetto alla norma 1961-90 di +2,5°C, con agosto caldo ma non da record (fonte:
Giovanni De Luca, Meteo Giornale); elaborazioni confermate dall’ISAC-CNR, secondo cui l’anomalia
termica rispetto al periodo 1981-2010 è stata di +1,76°C.

A settembre e ottobre, abbiamo registrato una elevata stabilità atmosferica e temperature nella media
stagionale solo nel primo periodo, per poi superarle di 3°C nella seconda e terza decade in ottobre,
quando l’alta pressione sul Mediterraneo ha portato la temperatura sui livelli “quasi estivi” almeno nelle
ore centrali della giornata: le massime oltre i 25°C nelle zone costiere e le minime a 8-10°C. I giorni più
caldi sono stati registrati dal 10 al 23 con temperature medie di oltre 20°C in numerose località del
Metapontino e della Valle del Bradano. Questo periodo è stato molto siccitoso, eccetto qualche pioggia a
carattere temporalesco sul versante tirrenico e aree interne, facendo segnare percentuali di deficit del
60% a settembre e del 90% in ottobre.

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Tuttavia, l’andamento pluviometrico ha avuto qualche ripercussione negativa solo nelle aree interne e
non irrigue mentre nelle restanti zone questa condizione di generale stabilità ha contribuito alla buona
gestione agronomica e fitosanitaria delle colture, alla preparazione dei terreni per i cereali e alle
operazioni (sia meccaniche che non) di raccolta del pomodoro, dell’uva e delle olive.

Dopo un prolungato periodo di siccità, in novembre sono tornate le piogge e il maltempo. Le
precipitazioni più che abbondanti hanno causato danni ingenti all’agricoltura e alle infrastrutture, non solo
per la quantità ma anche per l’intensità oraria. La perturbazione più intensa è stata registrata dal 10 al 12
ed ha interessato maggiormente il Metapontino e la citta di Matera. Quantità elevate di pioggia sono
state registrate anche sul versante tirrenico (Nemoli 380 mm, Maratea 273 mm) mentre nelle restanti
zone la quantità è stata compresa tra 180 mm delle Valle dell’Agri fino ai 100 dell’Alto Bradano (tabella
1) il che ha determinato un surplus pluviometrico che mediamente ha superato il 100% con punte del
200% a Policoro che si ricorda essere stata interessata da una tromba d’aria e da un forte temporale il
giorno 12.

Dal un punto di vista termico invece, il trend di caldo non si è fermato a causa dello scirocco che
risalendo dal Tirreno e/o dallo Ionio ha investito la regione; anche in questo mese il numero di giorni con
la temperatura al di sopra dei valori stagionali è stato nettamente superiore (fino a 25 giorni) a quelli
sotto media, con uno scarto rispetto ai dati storici che ha raggiunto i 4°C. A livello nazionale secondo le
elaborazioni dell’ISAC-CNR il surplus termico è stato di +1,33°C con ampie zone del sud Italia molto più
calde rispetto al nord.

Dopo un autunno decisamente mite e piovoso, anche dicembre ha avuto caratteristiche più autunnali
che invernali presentandosi nel complesso mite e molto piovoso sul versante tirrenico. Per quanto
riguarda l’aspetto termico, in Basilicata le tre decadi sono risultate tutte sopra media, specie quella
centrale, quando gli scarti dai valori stagionali hanno superato gli 8°C. Una prima e “timida” ondata di
freddo stagionale si è avuta nei giorni 4 e 5 con la temperatura minima scesa poco al di sotto di 5°C nel
Metapontino, in un contesto di generale condizione anticiclonica che ha causato una marcata inversione
termica tra collina e fondovalle. Molto più intensa è stata l’ondata di freddo e neve che dal giorno di
Natale ha interessato tutto il centro e sud Italia per gli afflussi di aria fredda provenienti dai Balcani; in
quei giorni la temperatura minima è scesa sotto lo zero oltre che nelle aree interne ed in quota
dell’Appennino anche nell’alto Bradano, area molto esposta alle fredde correnti Balcaniche (tabella n.1).
Ad ogni buon conto, il mese si chiude con uno scarto positivo, rispetto ai valori climatici medi pari a
+1,53°C per la stazione di Metaponto, dove il giorno più caldo è stato il 19, mentre quello più freddo è
stato il 29. Per quanto riguarda la pioggia, la regione può essere suddivisa in tre grandi aree: la fascia
Bradanica e il Metapontino mediamente con 40 mm caduti in 4 giorni piovosi, le aree interne e più in
quota con circa 85 mm in 5 giorni piovosi e il versante tirrenico con oltre 200 mm in 7 giorni; valori record
sono stati registrati a Nemoli con 374 mm in 8 giorni piovosi a seguire Rotonda con 263 mm in 10 giorni
piovosi (tabella n.1). Pertanto, la piovosità di dicembre è stata mediamente inferiore ai valori stagionali,
con percentuali comprese dal 20 al 50%, tranne per il versante tirrenico dove il surplus è stato del 70%.
Tra gli eventi estremi ci sono da segnalare alcune giornate (13, 14, 20 e 21) con raffiche di vento forte e
la tromba d’aria di Lauria il giorno 14.

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Conclusione

In definitiva possiamo concludere che il 2019, almeno in Italia non è stato tra gli anni più caldi della
storia, ma un anno che conferma il trend di crescita della temperatura (figura 1) e che ha evidenziato a
livello europeo importanti differenze termometriche, specie nei mesi estivi, in quanto sono stati registrati
dei record di temperatura molto più elevati nel nord Europa (Germania, Francia, Nord Italia, ecc.) che nel
sud dell’Europa. A ciò deve aggiungersi l’elevata variabilità della distribuzione delle piogge nel corso
dell’anno, con una preoccupante siccità invernale e primaverile soprattutto al nord Italia e con numerosi
eventi estremi che necessitano attenzione e interventi strutturali specifici, in quanto gli scenari futuri
prevedono un aumento sensibile dei rischi di siccità, ondate di calore estremo e altri eventi anomali che
ci “obbligano” all’adozione di misure agroambientali al fine di ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici in
agricoltura.

Infine, le anomalie climatiche del 2019 se inserite nel contesto degli ultimi 220 anni di storia climatica
dell’Italia sono l’ennesima conferma che siamo in presenza di un cambiamento climatico importante che
interessa l’intero pianeta e che si sta manifestando con numerosi eventi estremi a livello locale
(grandinate primaverili, trombe d’aria). Del resto, numerosi sono gli appelli lanciati dagli esperti IPCC
delle Nazioni Unite che invitano i leaders politici mondiali a intraprendere soluzioni politiche "rapide" per
contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C, appelli che purtroppo puntualmente vengono
disattesi, come nell’ultima conferenza mondiale per il clima svoltasi a Madrid.

                                                      Emanuele Scalcione,Pietro Dichio,Giuseppe Fabrizio

                                                                                                   Pagina 27 di 97
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                            Fig 1. Trend della temperatura mondiale e in Europa.

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                                 Fig 2. Anomalia termica dell’anno 2019.

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                        Fig 3. Anomalia della temperatura media di giugno 2019 in Italia .

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Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020

"Patriarchi"                    da         frutto:            l'ALSIA               avvia              un
censimento
Vengono individuati, mappati e catalogati i grandi esemplari presenti in Basilicata, per tutelare
cultura e biodiversità

Un censimento dei "patriarchi" da frutto presenti su tutto il territorio regionale: lo ha avviato di recente
l'ALSIA nell'ambito del progetto “FINoPom”, finanziato dalla Regione Basilicata nell’ambito della misura
10.2 “Agrobiodiversità” del PSR, il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020. Un'iniziativa, quella del
censimento dei "grandi vecchi" da frutto, che in un certo senso richiama e integra l'elenco dei 137 alberi
monumentali di particolare interesse paesaggistico e naturalistico, recentemente aggiornato dalla
Regione Basilicata con Decreto del Presidente della Giunta n. 140 del 17 luglio 2019.

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Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020

Negli ultimi cento anni sono scomparse 3 varietà/ecotipi di frutta su quattro. A fine ‘800 erano presenti in
Italia 8.000 accessioni di piante da frutto. Oggi ne sono rimaste circa 2.000 ma, di queste, 1.500 sono a
rischio di estinzione. La moderna frutticoltura ha privilegiato solo poche varietà sulle migliaia esistenti e
selezionate dall’uomo in migliaia di anni di storia dell’agricoltura. Comportamenti agronomici più
rispondenti alle moderne tecniche di coltivazione o frutti più sorbevoli o maggiormente conservabili o più
resistenti nelle fasi di trasporto su mercati lontani, hanno fatto sì che poche varietà venissero ancora
coltivate, mentre tutte le altre fossero abbandonate a sé stesse.

Alcune di queste piante, però, sono rimaste dimenticate nei fondi aziendali o nei frutteti
familiari, giungendo sino ai nostri giorni. Piante che spesso si presentano maestose, con grossi tronchi
ed ampie chiome. Piante che il proprietario ricorda presenti "da sempre" nel proprio frutteto, tramandate
da lontani avi. Alberi che per la propria vetustà vengono denominati "patriarchi". “Patriarchi vegetali” che
hanno sfidato le insidie del tempo, testimoni della nostra storia, contenitori di tradizioni e culture popolari,
protagonisti di fiabe, miti e leggende. Alberi antichissimi che hanno assistito e resistito a guerre, incendi,
terremoti, devastazioni, malattie, variazioni climatiche, spesso ancora capaci di produrre frutti, e che
emanano un alone di magia e d’incantesimo.

E proprio “Patriarca” è denominato il maestoso olivo della varietà Maiatica di Ferrandina (MT), che
secondo alcuni avrebbe circa duemila. Con i suoi 8 metri di circonferenza del tronco, è uno degli olivi più
grandi della Basilicata per età e dimensioni, nonché uno degli alberi da frutto più antichi del Sud Italia.

Ma il Patriarca di Ferrandina non è il solo albero monumentale presente in Basilicata. Olivi, castagni,
fichi, ciliegi, viti, gelsi centenari sono presenti un po’ ovunque sul territorio regionale. Alcuni ancora in
buone condizioni meccanico-vegetative, altri malconci e moribondi, anche perché non più curati da
custodi che, purtroppo, non ci sono più. La conservazione di questi patriarchi, però, è molto importante in
quanto essi rappresentano la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni, oltre che essere un
antico ed irripetibile patrimonio genetico vivente.

Ecco il motivo del censimento dei patriarchi degli alberi frutto presenti in Basilicata avviato dall'ALSIA. Le
piante oggetto del censimento dovranno avere determinate caratteristiche, come ad esempio la
dimensione della circonferenza del tronco, la longevità, la rarità della varietà, il rischio di erosione
genetica. Il censimento consentirà d’individuare, mappare e catalogare tutti i patriarchi di fruttiferi
presenti in regione, costituendo così la base per future politiche di conservazione e valorizzazione.
L’obiettivo del progetto, infatti, è quello di frenare non solo il fenomeno dell’erosione genetica di antiche
varietà da frutto, ma anche di contenere la perdita di tutti quei prodotti e produzioni agroalimentari
tradizionali legati ai territori, e che rappresentano la conoscenza ed i saperi legati alle attività agricole
tradizionali orami patrimonio solo degli agricoltori più anziani.

Tutto il patrimonio genetico censito sarà oggetto di tutela e di conservazione ai sensi della normativa
nazionale sugli alberi monumentali - Legge 10 del 14 gennaio 2013 - e della Legge n. 194 del 2015 sulla
biodiversità di interesse agricolo.

Per eventuali segnalazioni, gli interessati possono rivolgersi agli uffici e alle aziende sperimentali
dell’ALSIA.

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                                 Pietro Zienna,Domenico Cerbino

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Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020

Emanuele Lamacchia, l'imprenditore agricolo
che guardava al futuro
Una pubblicazione curata dai periti agrari di Matera ne traccia il profilo, e racconta quasi un
secolo di trasformazioni del settore

Un imprenditore agricolo che con intelligenza operò guardando al futuro e allo sviluppo della propria
terra: Emanuele Lamacchia ha attraversato tutto il Novecento, secolo delle grandi trasformazioni in
agricoltura. Nacque a Matera il 20 maggio 1901 e vi scomparve il 26 agosto del 1992. La sua vita fu tutta
dedicata al settore primario, che contribuì a far crescere, e alla sua famiglia.

E’ quanto emerge nel volumetto “Frammenti di cultura contadina, Emanuele Lamacchia, un imprenditore
agricolo materano”, pubblicato dal Collegio provinciale dei periti agrari di Matera. Il testo, curato dal figlio

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dell'imprenditore, Andrea Lamacchia, già docente negli Istituti tecnici e professionali agrari, è stato
stampato e distribuito in occasione del Congresso nazionale dei periti agrari svolto nello scorso ottobre
nella Città dei Sassi, e interessante spaccato della società contadina materana.

Emanuele Lamacchia fu uomo concreto e capace, nonostante le tante difficoltà cui andò incontro
durante la vita. Infatti, dopo la sesta elementare fu avviato per necessità all’attività nell’azienda di
famiglia poiché, con lo scoppio della prima guerra mondiale, i tre fratelli maggiori vennero richiamati al
fronte: due vi perirono, mentre un altro rimase invalido. Nella pubblicazione con puntualità viene
raccontata la sua storia vissuta tra le campagne, la gestione quotidiana della sua azienda e anche il
tentativo di dare vita a una società di gestione del mulino-pastificio Riccardi. Nelle pagine vengono
descritte le figure e le funzioni basilari in azienda del massaro e del pastore, ma anche l’aratura con il
vecchio aratro a chiodo e la semina a spaglio dei primi decenni del ‘900. Si legge anche della rivoluzione
in campo agricolo da quando si diffusero i concimi minerali e si sviluppa la meccanizzazione agricola.

Ma Lamacchia, da persona riflessiva qual era, non mancò anche di riportare i suoi pensieri su carta
attraverso riflessioni, versi e annotazioni. Per Giuseppe Bertagna, ordinario di Pedagogia generale
dell’Università di Bergamo, si tratta di una storia da far conoscere che diviene insegnamento di vita per i
giovani che si approcciano all’attività agricola per comprendere usi e costumi della società contadina, ma
anche l’evoluzione tecnica del settore primario.

La pubblicazione è in distribuzione presso la sede del Collegio dei periti agraro, in Piazza Matteotti, a
Matera.

                                                                                          Filippo Radogna

                                                                                                Pagina 35 di 97
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                                 Il libro di Emanuele Lamacchia.

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                                 Emanuele Lamacchia.

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                                 Manoscritto .

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Agrifoglio n.91 - Gennaio 2020

La filiera corta dei mezzi tecnici in agricoltura
biologica
Le iniziative di divulgazione dell’ALSIA e il contributo al dibattito nel recente convegno del CREA

Quello dei mezzi tecnici autorizzati in agricoltura biologica - quali i fertilizzanti, gli ammendanti e gli
antiparassitari - è un tema molto attuale e “scottante”. II grande successo commerciale che stanno
avendo i prodotti “green” e biologici - siano essi mezzi tecnici per gli agricoltori o prodotti per i
consumatori - comporta il rischio che nel settore entrino imprenditori poco etici. Per questo motivo, la
scelta di cosa usare ovvero cosa acquistare per attuare la produzione biologica diventa sempre più
rischiosa per vari aspetti, il più grave dei quali non è tanto lo spreco di denaro per l’acquisto di prodotti
inefficaci quanto l’eventuale presenza di sostanze non ammesse in bio, tanto che l’agricoltore ed il suo

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prodotto potrebbero trovarsi contaminati nonostante le cure e le attenzioni adottate nella coltivazione.
Ecco perché ricorrere all’autoproduzione dei mezzi tecnici è vista come una opportunità per garantire sia
maggiore economicità ma anche maggiore sicurezza e, quindi, tranquillità.

Recentemente, anche il CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria,
ha dedicato un incontro sull’argomento, dal tema: “Mezzi tecnici in biologico - Quale futuro per la filiera
corta?”, chiamando a confrontarsi sull’argomento diversi portatori d’interesse (stakeholder).

Come è emerso dal contributo dell'ALSIA al dibattito dell'incontro del CREA, sin dalle prime esperienze
di divulgazione (ultimi anni ‘80 e primi anni ’90) è stato adottato l’approccio della filiera corta, idea che
condivisa con gli operatori bio, sia agricoltori “obbligati” che “contadini per scelta”, quali sono ad esempio
molti giovani che ritornano alla vita in campagna. Anche le esperienze di divulgazione sul controllo
biologico delle avversità, realizzate nel Metapontino tramite gli insetti utili prodotti dall’ALSIA
nell’insettario di Metaponto (MT), in funzione a quell'epoca, oppure con gli insetti utili forniti dalle
biofabbriche nazionali ed internazionali, rientrano nella produzione dei mezzi tecnici.

Inizialmente, non esistevano riferimenti scientifici locali o nazionali per i nostri agroecosistemi biologici. In
origine si poteva discutere con la ricerca nazionale esclusivamente di “controllo biologico” e non
certamente di “agricoltura biologica”. Un po’ quello che accade oggi, negli ambienti scientifici più
"esclusivi" (per non dire chiusi all’osservazione diretta), se si accenna all’agricoltura biodinamica.

Riguardo alla gestione dei rifiuti agricoli è interessante notare come nel tempo si sia evoluto l’approccio;
si è partiti, infatti, dal prendere in considerazione solo i doveri per un corretto smaltimento, per poi
aggiungere anche la necessità di ridurne la produzione, per arrivare infine a sollecitare il recupero dei
preziosi “scarti aziendali” da trasformare in compost (ovvero autoproduzione di un mezzo tecnico).

A questo proposito, è risultato emblematico quello realizzato in Austria nell’ambito del progetto LIFE
CarbOnFarm, grazie al quale abbiamo conosciuto un agricoltore bio che per i 6 mesi invernali svolge
anche il ruolo di operatore ecologico, specializzato esclusivamente nella raccolta dell’organico.
Nell’esempio osservato in Austria, l'agricoltore viene pagato dal suo Comune che gli fornisce i mezzi per
la raccolta porta a porta. Sempre il Comune, senza complicazioni burocratiche per l’agricoltore, gli ha
realizzato la piazzola dove effettuare il compostaggio (ovvero semplicemente un’area già pianeggiante,
delimitata da un nastro bianco e rosso, senza nessun basamento in cemento o grande attenzione per gli
eventuali percolati) fornendogli pure l’attrezzo rivolta-cumuli. Così l’agricoltore trasforma i rifiuti organici
urbani in compost che viene poi in parte utilizzato nell’azienda agricola e in parte venduto ai concittadini
che sono così stimolati ad effettuare una più attenta selezione dei rifiuti organici.

Le ultime esperienze ALSIA, in termini cronologici, sono proprio quelle realizzate con il CREA nell’ambito
del progetto AgroCamBio e con il progetto CarbOnFarm, quasi in contemporanea con l’attività formativa
realizzata con Deafal, proprio sull’autoproduzione aziendale di alcuni biofertilizzanti.

Le aspettative che i “contadini per scelta” ripongono nella ricerca scientifica pubblica a supporto
dell’agricoltura biologica e in particolare della filiera corta dei mezzi tecnici, è elevata; essi auspicano la
produzione di disciplinari e manuali di buone pratiche per realizzare mezzi tecnici in tutta sicurezza,
nell’interesse non solo degli operatori agricoli ma anche dei consumatori e dell’ambiente. Sarebbe anche

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