3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in Italia

Pagina creata da Stefania Simonetti
 
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3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in Italia
3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in
Italia
+3,4% rispetto all’anno precedente e un valore complessivo di 32,4 miliardi di euro. Questi sono i
numeri sul commercio elettronico in Italia presenti nell’ultima ricerca dell’Osservatorio eCommerce
B2C, promossa da Netcomm School of Management del Politecnico di Milano. I consumatori hanno
manifestato una preferenza molto importante per l’acquisto di prodotti, facendo registrare un +45%
ed un incremento di 8 miliardi di euro. Inevitabile invece il calo della vendita dei servizi, trasporti e
turismo su tutti.

Seppur mediamente si è acquistato meno (cfr. crollo dei consumi dei primi mesi del 2020, fatto salve
le eccezioni relative al Food&Grocery), di contro c’è da dire che la gran parte degli acquisti è stata
fatta online (per ovvie ragioni).

Quanto abbiamo vissuto in questi mesi ha certamente comportato un’accelerazione nel processo di
digitalizzazione (sia lato cliente che lato azienda), portato online persone che hanno familiarizzato
per la prima volta con l’ecommerce, e aumentato l’utilizzo di chi già ne faceva uso. Tutto ciò ci porta
a fare almeno 3 riflessioni importanti sulle dinamiche di questa modalità di acquisto.

1. Se cambi il modo in cui fai qualcosa, cambi quel qualcosa.
L’acquisto online ha logiche diverse da quelle tradizionali. Il cliente, rispetto alle classiche
interazioni fisiche, ha di fronte a sé tantissime opportunità: si informa, guarda le recensioni (in molti
casi decisive), confronta, e così via. Il processo di vendita online segue percorsi differenti e
l’utente/cliente deve essere accompagnato all’acquisto attraverso una circolarità che prevede più
punti di contatto.

2. Intercettare la domanda.
Esserci non basta più. Sembra una provocazione dato che molte aziende e professionisti ancora non
hanno un e-commerce o una strategia digitale, ma è così. Se le persone ricercano online, lo fanno
perché hanno un problema da risolvere. La scelta d’acquisto ricadrà inevitabilmente su chi saprà
fornire una soluzione proprio in quel preciso momento. Ma questo potrebbe anche non bastare più.
A parità di condizioni (ma non solo), a spuntarla nella competizione sarà chi avrà un brand più forte.

3. Il marketing deve continuare nel post vendita
Ad acquisto avvenuto, il “gioco” non finisce lì. L’utente si aspetta di essere ascoltato, di poter
esprimere la propria opinione sul processo d’acquisto, sul prodotto/servizio acquistato e, in generale,
sull’esperienza che ha vissuto. Saperci essere in questa fase (da molti dimenticata o snobbata) dà un
grosso vantaggio competitivo. Il cliente che si sente ascoltato – amato – è un cliente fedele; è un
cliente che parlerà bene di voi (anche offline); è un cliente che comprerà di nuovo da voi. In poche
parole è un cliente acquisito nel tempo.

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
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giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Ci può essere una relazione tra etica,
brand, e influencer? Intervista a Omar
Rossetto autore di "Influencermania".
In occasione dell’uscita del libro “Influencermania” di Omar Rossetto, edito da Hoepli, abbiamo
rivolto alcune domande all’autore in merito al binomio tra etica e social network, anche alla luce
delle figure professionali degli influencer.

Si parla spesso di responsabilità sociale delle imprese, di etica e approccio sociale legato
alle aziende ma quanto è importante per un influencer questo aspetto per mantenere i
follower?

L’aspetto etico è fondamentale per mantenere saldo il vincolo fiduciario che sta alla base della
relazione follower-influencer. Un influencer senza una community attiva non si può definire tale.
Fortunatamente negli ultimi anni, dopo un iniziale vuoto normativo, si sono instaurate delle pratiche
di buona condotta nella comunicazione della natura commerciale di taluni contenuti da parte degli
influencer (la più nota è la presenza dell’hashtag #adv et similia tra i primi tre # di un contenuto).
L’altro aspetto da tenere in considerazione è quello della responsabilità sociale di queste figure, mi
spiego meglio. Molti influencer hanno audience che sono paragonabili e talvolta superiori a quelle di
un qualsiasi altro mezzo di comunicazione di massa (radio, tv, giornali) e proprio per la loro natura
di opinion leader dovrebbero tener conto del loro ruolo sociale nei messaggi che condividono. Per
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fortuna da questo punto di vista ci sono molti esempi virtuosi (ad esempio Chiara Ferragni l’anno
scorso su invito del Presidente del Consiglio ha sensibilizzato il suo pubblico sull’utilizzo corretto
della mascherina).

           Scopri il nuovo numero: “Le 4 Virtù cardinali del
                             Marketing”
  Pazienza, Perseveranza, Sostenibilità e Gentilezza, sono le 4 virtù cardinali del marketing che vi
  proponiamo. In un mondo dominato dalla tecnica e dalla velocità, queste virtù ci permettono di
  non sbagliare la rotta (o magari di ritrovarla se smarrita) e di indirizzare correttamente le nostre
  azioni.

Una fake news ben costruita può far aumentare l’engagement anche nel lungo periodo?

Si suol dire che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e credo che questo detto popolare riassuma
in qualche modo la risposta alla sua domanda.

Innanzitutto non credo sia compito dell’influencer diffondere notizie. Un’attività che molti fanno è
quella di commentare le notizie prendendo una posizione a riguardo e in questo caso vale la
considerazione di prima circa la responsabilità sociale. Ad ogni modo gli utenti nei social diventano
ogni giorno più consapevoli e tradire la loro fiducia può semplicemente trasformarsi in un
boomerang che distrugge la credibilità dell’influencer con tutte le conseguenze del caso.

Ci sono dei temi di sicuro successo sui social?

Quando si utilizzano questi canali con delle finalità di business, come nel caso degli influencer, ma la
stessa cosa vale anche per i brand, non esiste il contenuto perfetto e di successo che funziona a
priori. Funziona quello che il nostro pubblico vuole vedere o si aspetta di ricevere da noi. Il fine
ultimo di qualsiasi piattaforma (Facebook, instagram, youtube ecc..) è il mantenimento dell’utenza
per il maggior tempo possibile all’interno della piattaforma stessa quindi ogni contenuto va pensato
e concepito con questa ottica. Tanti utenti connessi per tanto tempo vuol dire più spazio per gli
inserzionisti e per la pubblicità che è la principale fonte di reddito dei social media.

C’è un’etica anche nelle comunicazioni social, sia commerciali che non? Cambia in base al
social (es. Instagram o TikTok?)

Personalmente credo che l’etica debba essere insita nei brand, negli influencer e negli utenti che
popolano i social media. Spesso si tende a demonizzare i social ritenendoli “colpevoli” di casi di
violenza, bullismo o qualsiasi altra cosa deprecabile. Non sono i social il problema, è l’utilizzo
sconsiderato e poco consapevole che le persone ne fanno. Poi ovviamente l’attività di monitoraggio
deve essere intensificata, ma eticamente sta a chi crea il contenuto.
3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in Italia
Classe 1991, è nato a Montebelluna. Laureato in
  comunicazione all’Università degli Studi di Padova, è Head of
  Social Media in Velvet Media Italia, agenzia di marketing di
  Castelfranco Veneto. È co-founder di Just X, startup
  innovativa, attraverso cui ha sviluppato progetti come
  trovainfluencer.com, piattaforma-database di oltre 2.000
  nano e micro influencer geolocalizzati in Veneto per
  campagne di influencer marketing, e All Stars For Good,
  piattaforma charity che mira alla valorizzazione del grande
  seguito delle social media celebrity a fin di bene. E’ autore di
  Influencermania. La storia, le novità e le strategie della più
  proficua attività media degli ultimi anni, Hoepli, 2020.

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Gucci Virtual 25: Il futuro del mercato
3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in Italia
della moda è nel virtuale
Se qualcuno, poco più di un anno fa, mi avesse detto che avrei potuto acquistare un paio di scarpe
da sfoggiare solo nel mondo virtuale e che lo avrei pagato con soldi reali, euro o dollari, avrei subito
pensato all’ennesima burla di qualche agenzia di comunicazione o a alla trovata commerciale di
qualche brand intraprendente, o forse avrei pensato ad una delle tante fake news che invadono di
tanto in tanto il web.

Oggi, invece, tutto questo è realtà ed è possibile grazie ad una tecnologia dalle enormi potenzialità
commerciali, che pian piano sta cambiando le nostre vite, offrendoci orizzonti e panorami ancora da
esplorare.

È grazie, infatti, alla Realtà Aumentata se un brand come Gucci ha potuto lanciare sul mercato le
sue “Gucci Virtual 25” delle sneakers alla moda e dal taglio avveniristico, in parte personalizzabili
e leggere ai piedi, talmente tanto leggere che non esistono (se assumiamo per vero il concetto che
esiste solo tutto ciò che si può toccare).

Ma come si può acquistare con moneta reale qualcosa che non esiste nel
mondo materiale?
La risposta abbastanza banale potrebbe farci riflettere sul fatto che acquistiamo già tantissimi
prodotti e servizi che non possiamo toccare; l’originalità del caso Gucci sta invece nel fatto che in
questa occasione stiamo acquistando un prodotto che normalmente sarebbe materiale, un paio di
scarpe da metterci ai piedi ma che possiamo utilizzare solo virtualmente.

Viene spontaneamente da chiedersi quale sia l’utilità di un capo d’abbigliamento che non possiamo
toccare ed indossare e le risposte potrebbero essere le più disparate e tutte plausibili: stravaganza?
Status symbol? Divertimento o svago? Bisogno di affermazione?
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Per trovare un’interpretazione del fenomeno o una risposta a queste domande, probabilmente, si
dovrebbe spostare l’attenzione dal mondo reale, che nell’ultimo anno ci vede costretti tra le mura
domestiche, e dove la vita apparentemente si è fermata in una sorta di limbo, alla vita virtuale, che
continua a scorrere senza limitazioni di sorta e che, anzi, ci vede sempre più connessi ed
interconnessi, tanto che risulta difficile separare il reale dal virtuale.

                      Scopri il nuovo numero: Remote life
  A distanza da un anno dal primo lockdown, siamo ancora qui a confrontarci con chiusure
  più o meno generalizzate e con abitudini di vita e di lavoro che fatichiamo ancora a fare
                 nostre. Ecco i nostri suggerimenti per la vostra remote life.

In questo contesto, non deve quindi apparirci anormale acquistare un paio di scarpe virtuali alla
modica cifra di 12 dollari per sfoggiarle sui social o per fare una passeggiata all’interno di Roblox
o su qualche altra piattaforma di gaming.

In fondo, non è mica la prima volta che si acquistano accessori e abbigliamento per i propri avatar o
si ricorre alla realtà aumentata per acquistare un paio di scarpe on-line; ad esempio, l’app fashion-
tech Wanna Kicks, creata da Wanna, fashion-tech company (che ha contribuito anche alla
realizzazione delle “Gucci Virtual 25”), permetteva già di provare virtualmente le scarpe di alcuni
marchi come Reebok, Puma e Gucci prima di acquistarle, però, materialmente.
3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in Italia
La cosa che invece dovrebbe far riflettere è il passaggio dalla produzione reale a quella interamente
digitale di un prodotto di un brand leader di mercato che evidentemente mira a diversificare l’offerta
in un periodo di crisi per il settore della moda o che vuole aumentare il brand awareness dei più
giovani (naturali utilizzatori delle piattaforme social).

Le “Gucci Virtual 25”, disegnate dallo stilista Alessandro Michele, primo esempio di capo
d’abbigliamento digitale pagato con moneta reale, potrebbero essere il caso sintomatico di un
mercato che sta cambiando e che vedrà, nei prossimi anni, sviluppare le relazioni sociali sempre più
in remoto sulle piattaforme digitali in cui gli utenti desidereranno sfoggiare griffe come avviene
nella vita reale. Siamo sicuri quindi che quest’iniziativa commerciale non sarà un caso isolato.

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Il marketing nostalgia e la sua leva sui
sentimenti è ancora più potente in periodo
di pandemia.
Guardare al passato per raccontare il futuro è una delle armi che il marketing mette in campo per
riuscire sempre di più ad entrare prepotentemente nella mente delle persone.

È il marketing nostalgia che sfrutta il potere dei ricordi e delle emozioni del consumatore
per riproporre prodotti simbolo di decenni passati. L’idea alla base è molto semplice, spesso le
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persone guardano alla loro infanzia o giovinezza con malinconia, ricordano particolari oggetti che
sono vicini al loro tempo passato, che hanno fatto la loro storia e li collegano a tempi felici
aggrappandosi ad un passato percepito sempre come positivo e nostalgico nel cuore e nella
mente.

  Per approfondire:

  ■   Il potere del marketing della nostalgia
  ■   Il successo dei remake: quando la nostalgia fa bene al marketing

E’ il potere dei ricordi a guidare in una comunicazione fatta di emozioni che resta impressa perché
vissuta in prima persona, diventando la più potente strategia di marketing in circolazione
basata sull’era del revival.

Quando si parla di marketing della nostalgia è necessario che si parli ad un pubblico ben
preciso, costruendo un messaggio che racconti un’epoca unica in grado di far sentire davvero
speciale chi l’ha vissuta, i ricordi scaturiscono emozioni e le emozioni sono la leva che porta
all’acquisto. Con la strategia giusta ne gioverà la brand awareness ma anche il tasso di
engagement, poiché le persone che verranno raggiunte si sentiranno al centro dell’attenzione,
protagonisti esclusivi della narrazione del brand.

                      Scopri il nuovo numero: The day after
      Dopo un 2020 così pesante sotto tutti i punti di vista, il 2021 deve rappresentare, per
                              tutti noi, l’alba di un nuovo inizio.

A subirne il fascino più di tutti sono sicuramente i Millennials, la generazione cresciuta a
cavallo tra due epoche, i consumatori nati tra gli anni ’80 e il 2000, i figli della rivoluzione
digitale che vivendo il passaggio dall’analogico al digitale sono molto più sensibili a prodotti e
messaggi che rievocano tempi passati, soggetti ad una malinconia facile dove il passato e il presente
si incrociano.

Personalmente da Millennials posso dire di aver sperimentato sul mio cuore le vibrazioni del
marketing nostalgia, ma sfiderei chiunque mio coetaneo a dirmi che non prova la stessa emozione
nel guardare un figlio o un nipote giocare con Nintendo Switch e ricordare quando il Nintendo
per noi voleva dire rincorrere Super Mario Bros.

I prodotti si evolvono, si innovano, si rinnovano.
Il brand cambia e risponde ad esigenze diverse ma se arriva la pubblicità che ne mostra
l’evoluzione e fa riconoscere le generazioni in quel tempo che fu, il gioco è fatto, basta
indagare negli interessi del proprio pubblico scoprendo cosa li motiva, come sono cresciuti e con
quali interessi ed ecco che si realizza quella che tecnicamente chiamiamo una buyer personas che
acquisterà specifici prodotti, memorabili per quella generazione.
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Nei periodi di incertezza economica il marketing della nostalgia è ancora più efficace, di
fronte all’insicurezza del futuro, al dubbio, all’incertezza desideriamo solo tornare a quella
dimensione di stabilità d’altronde i ricordi ci danno conforto e sicurezza e ci fanno sentire più
ottimisti per il futuro e pronti alle sfide.

Non è quanto stiamo vivendo in questo periodo?
La situazione che si sta affrontando ha messo a dura prova il marketing e la pubblicità soprattutto
nel come comunicare, ponendosi riflessioni e domande. Penso che molti di noi, guardando la tv, film
e serie hanno provato quella strana sensazione di tristezza mista a malinconia guardando una
discoteca piena, un locale all’ora dell’aperitivo, una spiaggia affollata, una stretta di mano. Gesti
comuni che da un anno non viviamo più con la stessa normalità e naturalezza e che ci mancano
tanto.

La pubblicità che comunica la vita pre-pandemia, infatti, può suscitare lo stesso effetto
straniante nei consumatori e addirittura infastidire. Per certi versi può anche permette
un’evasione momentanea regalando secondi di “ritorno alla normalità”. La verità è che ciascuno
di noi vive le emozioni a modo proprio e con la propria intimità per cui non vi è una scelta giusta o
sbagliata perché non vi sono regole del gioco quando si parla di sentimenti

  Per approfondire:

  ■   Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing
  ■   Anniversari e commemorazioni una grande opportunità del marketing della nostalgia per una
      Customer Engagement di successo

Sicuramente alcuni brand hanno calcato durante questo periodo di pandemia la mano sulla nostalgia
raccontando i momenti in cui il brand è stato parte della vita normale e quotidiana al nostro fianco.

Ne è un esempio lo spot della Ferrarelle che ha deciso di far leva sulla vena nostalgica anche se
con toni positivi. È da più di un secolo che ci ritroviamo insieme a tavola riprendendo alcune
campagne pubblicitarie passate e riadattando lo storico slogan in “Lisci, gassati o italiani” per
poi arrivare fortemente al presente con il ringraziamento e il segno di unità della bandiera italiana
che incita a superare insieme questo periodo di difficoltà.

#tornerà il sorriso è invece la campagna di Pupa, noto brand di make up che fa susseguire
immagini di momenti piacevoli vissuti prima dell’emergenza coronavirus, durante la propria
quotidianità a momenti che stiamo vivendo con un sorriso nascosto da una mascherina. Il sorriso
ritornerà come messaggio di speranza di un periodo che ci ha fatto vivere la nostalgia delle cose più
semplici e preziose che siamo in attesa tutti di poter rivivere ancora … e ancora, senza aver
necessità di rivederle in una pubblicità.

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Visibilità online per PMI e professionisti:
nasce StrumentiSEO, un servizio per
ottimizzare il tuo sito.
Contenuto sponsorizzato – Il futuro delle imprese, anche se sarebbe più corretto parlare di presente,
è digitale. Non è un mistero che la digitalizzazione passi dalla presenza delle aziende sul web,
dall’utilizzo di strumenti di marketing e comunicazione che permettano alle realtà di marcare il
proprio territorio di competenza e “farsi notare”. L’epoca del passaparola è finita da tempo, ma la
situazione, ad oggi, è ancora molto critica. Se la maggior parte delle piccole e medie aziende
italiane, infatti, dispone di un sito internet, la percentuale di chi ha un sito aggiornato e con
prestazioni performanti è tragicamente bassa (non si arriva al 20% del totale). È in questo
contesto che nasce StrumentiSEO, un servizio online di professionisti dell’ottimizzazione delle
pagine web per i motori di ricerca, pensato per le imprese più piccole e per i liberi professionisti.

La partita sul web si vince sui motori di ricerca, per essere visibili e raggiungibili è fondamentale
che le PMI, così come i professionisti, dispongano di un sito web ottimizzato. Le grandi aziende
hanno nel proprio organico dei consulenti interni, oggi indispensabili, mentre le imprese più piccole,
con disponibilità economiche ridotte, non possono permettersi una figura del genere. Tra chi la SEO
non ha neppure idea di cosa sia, chi ne ignora l’effettiva importanza e chi ancora ha speso e
spenderà in modo improprio (troppi) soldi per ottimizzare il sito web per ottenere maggiore
visibilità, StrumentiSEO si pone come ponte di contatto, trait d’union in grado di soddisfare le
esigenze di chiunque abbia bisogno di farsi notare sui motori di ricerca, acquisire clienti e far
crescere il proprio brand.
Come funziona StrumentiSEO
La piattaforma mette a disposizione una prova gratuita di 7 giorni, durante la quale si potrà testare
il funzionamento del servizio e soprattutto la sua efficacia. Il funzionamento è intuitivo e spiegato
passo passo. Tutto parte dall’analisi SEO del proprio sito. Chi vuole provare il servizio non deve
fare altro che iscriversi gratuitamente e avviare la scansione completa delle pagine web. Il
procedimento è piuttosto articolato e potrebbe richiedere fino a 24 ore per avere il risultato.

Al termine dell’operazione, un professionista del team SEO invierà un report dettagliato, il frutto
degli oltre 100 controlli differenti effettuati sul sito, all’interno del quale sono riportati con scrupolo
tutti i problemi ed errori (ma anche ciò che funziona come dovrebbe) che necessitano di essere
sistemati. A quel punto entra in gioco il punto di forza del servizio, ossia la possibilità di pianificare
un appuntamento in videochiamata, chat o con una semplice chiamata con uno dei consulenti di
StrumentiSEO per analizzare insieme i dati dell’audit. Sarà l’occasione di confrontarsi e valutare
anche il piano di marketing che lo specialista preparerà appositamente per il cliente per indirizzarlo
sulle best practice da mettere in atto per ottimizzare il proprio sito e avviare una campagna di
marketing adeguata al proprio target e alle proprie possibilità.

I punti di forza del servizio
Il servizio è in fase di lancio a partire dalla metà di settembre, ma abbiamo avuto la possibilità di
testare in anteprima l’efficacia del servizio. Ciò che colpisce è la completezza del report, e in
particolar modo la chiarezza con cui sono spiegate le criticità di un sito web. Se altri servizi simili
offrono un panorama comunque completo e analisi efficaci, il punto di forza consiste di sicuro
nell’assistenza, compresa nel pacchetto membership, di un consulente SEO preparato. O meglio, di
chi ha una vera passione per la SEO, a tal punto da averne fatto una professione.
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Imprese e COVID-19: come ripartire grazie
al web marketing
Le notizie sugli effetti preoccupanti del Covid-19 sull’economia raggiungono le imprese grandi
e piccole e, soprattutto chi non ha un ecommerce o un servizio virtuale, fa fatica a ripartire. Per
questo l’unica strategia, per tutti, è la trasformazione digitale dato che il futuro è già cominciato
ed è tempo di preparare i tuoi clienti al grande salto. In questo modo potrai restare competitivo e
uscire dalla crisi collegata alla pandemia velocemente.

Qualche consiglio utile per ripartire dopo il Covid-19
L’impatto del Covid-19 sull’economia è noto a tutti e già da ora i brand devono pensare a strategie
adeguate per la ripartenza. Il momento giusto è ora, ma da dove cominciare? Ecco i miei consigli.

1. Rivedere e ottimizzare il sito web

Non importa se hai un sito web aziendale o un ecommerce: il tuo portale online deve essere veloce,
facile da navigare e assicurare un’ottima user experience se vuoi vendere prodotti e servizi
online o portare le persone in negozio. Il consiglio in più è prestare attenzione al mobile, cosa che
doveva essere una tua priorità già prima dell’emergenza sanitaria. Il 50% del traffico sui siti è
generato proprio dagli smartphone.
La velocità diventa un elemento essenziale anche in ottica SEO, dato che i siti web che si caricano
rapidamente e che sono ottimizzati per il mobile vengono premiati dai motori di ricerca, vedono
diminuire il bounce rate e aumentare i click. Il sito, infine, deve essere user friendly per permettere
agli utenti di trovare con pochi click quello che cercano.

2. Creare e mantenere una relazione con i clienti

Proprio in questo periodo di emergenza è importante mantenere una relazione con i clienti
affinché il tuo brand resti impresso nella loro mente. Il mio consiglio è dialogare con loro grazie agli
strumenti offerti dalle nuove tecnologie e in particolare attraverso i social media. Expedia, ad
esempio, ha usato il periodo della pandemia per fare ricerche di mercato per il futuro e ha analizzato
i dati dei sondaggi per creare nuovi pacchetti di soggiorno per il dopo-pandemia.

3. Sfruttare la pubblicità a pagamento

Forse potrà sembrare offensivo fare pubblicità a pagamento nel mezzo della crisi, ma anche in
questo caso il mio consiglio è non aspettare che la pandemia finisca per far conoscere la tua azienda,
prodotto o servizio. Due sono gli atteggiamenti degli inserzionisti in questo periodo: c’è chi ha messo
in pausa le campagne su Google e social media e chi continua a promuoversi, con piani di rilancio
mirato.

A mio parere qualsiasi canale di pubblicità a pagamento può essere utile in questo periodo
per creare funnel ed esperienze di acquisto efficaci. Penso, in particolare alle campagne PPC di
paid search marketing e al paid social media marketing.

                     Scopri il nuovo numero: #ripartItalia
   Mai come ora, in questo settembre 2020, un numero come #ripartItalia sembra utile e necessario
   perché, mai come adesso, in questo nefasto anno bisestile, abbiamo bisogno di fare il punto sulle
                      cose, su noi stessi, sui nostri obbiettivi e sulle nostre vite.

La conclusione? Questo è il momento di ripartire e far ripartire l’Italia elaborando piani di
marketing efficaci e ideando proposte di valore uniche e imperdibili. La tua azienda può usare
sconti e prove gratuite per catturare nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti facendo percepire il
brand in modo nuovo o invitando a provare nuovi servizi.

Non mi resta che augurare a tutti una buona ripartenza!

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Comunicare in maniera differente, questo
il motto “vincente” di Burger King
Ci aveva già abituato ad una comunicazione irriverente con la sua ultima trovata pubblicitaria nella
quale, la grande catena di fast food, per pubblicizzare la decisione di rimuovere i conservanti
artificiali dal suo panino più iconico aveva scelto di mostrare il naturale deperimento del proprio
hamburger fotografandolo ricoperto di muffa. Un ritorno alla verità con spot controversi e dai
messaggi forti che ritornano anche nella fase due e cioè quella del post pandemia.

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      La comunicazione è diventata centrale nella vita di tutti noi ed è cambiata molto nell’ultimo
   periodo a causa dell’epidemia. Abbiamo assistito all’esplosione di nuove piattaforme digitali come
     Zoom, alla comparsa degli scienziati nei talk show televisivi e ad una comunicazione di brand
                         incentrata su valori diversi rispetto al recente passato.

E se, adesso, parole come “grazie, uniti, andrà tutto bene” sono bandite a causa dell’appiattimento
comunicativo generato da un’assenza di creatività, anche nei brand più famosi a farci scuola è
ancora una volta proprio Burger King.

Abbiamo superato anche la fase due e ci stiamo avvicinando alla fase tre dove però rimane l’obbligo
del distanziamento sociale, in questo nuovo scenario un ruolo chiave nella fase promozionale deve
essere attribuito allo storytelling aziendale che si deve adattare al nuovo “mondo” e deve non solo
essere in grado di comunicare i nuovi valori ma anche scegliere il modo più giusto.

Cambio di rotta
La priorità, adesso, è comunicare la sicurezza, la pulizia e soprattutto il distanziamento sociale. Le
persone che ancora sono “scosse” dal momento storico che stiamo vivendo, e dal lungo periodo di
reclusione che hanno subito, si ricorderanno e apprezzeranno sui brand che puntano sulle persone e
sulla solidarietà. In una strategia comunicativa non deve mai essere sottovalutato il posizionamento,
inteso come posizione che il brand occupa nella mente del consumatore, in quanto potrebbe
determinare il successo o il fallimento di una campagna promozionale.
Basti pensare alle perdite subite dal famoso brand di birre Corona che proprio a casa
dell’associazione al nome del temuto virus, specie in Cina, ha subito una calo delle vendite per un
ammontare di circa 285 milioni di dollari. Oppure il caso contrario quello di Barilla che elencando i
nomi delle persone che continuavano a lavorare e quindi permettevano di produrre la pasta per gli
italiani, è entrata favorevolmente nell’immaginario collettivo ed ha mantenuto le sue vendite anche
in una fase di pandemia.

Il caso Burger King
Comunicare dei valori, però, non vuol dire non poter introdurre nella propria strategia la creatività e
l’ironia. Lo sa bene Burger King che ha puntato tutto proprio sull’ironia per risultare credibile e al
tempo stesso affidabile. Al centro del discorso c’è sempre il panino più famoso della catena, il
Whooper. Ovviamente oltre a comunicare la sicurezza dei propri locali, adeguati alle norme vigenti,
Burger King non si ferma (ed è qui la sua forza), ma lancia un nuovo panino con una dose tripla di
cipolla che garantisce l’assoluto distanziamento sociale, il tutto comunicato con claim e grafica
accattivante sui propri social network. Un modo ironico e creativo che ha permesso al fast food di
continuare a lavorare anche in questo periodo così difficile, con un posizionamento nella mente del
cliente assolutamente unico, coerente e vincente.

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Pride month 2020 senza abbracci, ma con
la vicinanza di tutti i brand che credono
nell’amore arcobaleno
Quello che è appena passato è stato un Pride month abbastanza singolare, come del resto tutti gli
eventi degli ultimi mesi. Chi ha partecipato a una festa, a una manifestazione gay lo sa bene:
l’imperativo è abbattere le distanze fisiche e mentali tra le persone, gridare e dimostrare unione
senza avere paura di abbracciarsi e baciarsi in pubblico.

Da quando è stato istituito, nel 1970, in tutte le più piccole e grandi città del mondo, il Pride month
si festeggia per strada, insieme a migliaia di persone con le mani impegnate a sollevare lo
stesso striscione e la pelle scottata dal sole dopo aver ballato, esultato e protestato dalle ore più
calde del mattino.
Si compiono, in totale disinvoltura, gesti che ora sono rimandati a tempi migliori.

Oltre i confini del social distancing
In attesa che arrivi il momento in cui tutto andrà come è sempre andato, i brand, naturalmente, non
hanno rinunciato a sostenere la comunità LGBTQIA+. Hanno comunque trovato il modo di far
sentire la propria voce. Hanno agito secondo le regole del content marketing, hanno colto
l’occasione di dimostrare empatia nei confronti delle persone. Hanno costruito la propria strategia di
engagement all’insegna della creatività e con limited edition a tema Gay Pride.

In un Pride month senza eventi né parate, per rispettare il social distancing, iniziative del genere
diventano ancora più importanti. Se non è possibile andare in scena, l’orgoglio omosessuale non
resta dietro le quinte, ma si esprime in forme diverse a seconda del brand e delle sue strategie.
Del resto l’intera vicenda del Coronavirus ci ha insegnato ad adattarci, a cambiare in funzione delle
circostanze e a usare, bene e consapevolmente, quelli che, mancando il face to face sono diventati
gli unici strumenti di comunicazione.

Alcuni esempi
Che cosa ha fatto Adidas?
Il colosso tedesco di abbigliamento sportivo apre il Pirde month 2020 con il lancio di un Pride Pack
contenente la rivisitazione color arcobaleno delle sue calzature best seller: Superstar, NMD R1, Nite
Jogger, Stan Smith, Ultra Boost S&L, e Carrera Low. Sulla suoletta si legge: “Siamo orgogliosi e
impenitenti e vi incoraggiamo a essere come noi. L’amore unisce”.
Sulle amatissime ciabatte Adilette ecco che spunta una versione nera con logo Trefoil in texture
colorata. Non delude neanche la collezione clothing con shorts, calzini, felpe e leggins a tema Pride.

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   periodo a causa dell’epidemia. Abbiamo assistito all’esplosione di nuove piattaforme digitali come
     Zoom, alla comparsa degli scienziati nei talk show televisivi e ad una comunicazione di brand
                         incentrata su valori diversi rispetto al recente passato.

Il messaggio di Adidas è semplice, chiaro e coerente con il suo sostegno costante verso la comunità
LGBTQIA+. Lo è altrettanto quello di Nike, che per questa circostanza ha scelto lo slogan BETRUE.
Una parola tanto breve quanto efficace. Per Nike ciò che importa è essere se stessi, veri e autentici.
E allora via a tutte le Nike (Air Max 2090, Air Deschutz e Air Force, vere protagoniste di tutta la
collezione) con i dieci colori della bandiera More Color, More Pride disegnati sul tallone.

Il Pride Month visto da Chiara Ferragni e Netflix
La comunicazione è tutto, si sa. Sono davvero tantissimi i marchi che si affidano al real time
marketing e ad altri espedienti per creare relazioni con le persone e condividere molto più che un
semplice prodotto. Quello che deriva da scelte comunicative efficaci, e in linea con i valori del brand,
è un’esperienza d’acquisto destinata a ripetersi sempre e con la fiducia che si riserva a un amico.
Ecco perché il personal branding è diventato una potente calamita attira clienti!

Chiara Ferragni è appunto l’amica di tutte le ragazze che vogliono essere come lei. Love Fiercely
è il nome della sua Pride collection che esorta ad amare oltre ogni pregiudizio o discriminazione. Il
suo messaggio è: “Puoi amare chi vuoi. Puoi scegliere di essere chiunque ti renda orgogliosa di te
stessa”. Le t-shirt, i jeans e le tute non solo indumenti, sono bandiere da sventolare e segni distintivi
della propria personalità. Se poi non si possono indossare per questo Pride month, pazienza, arriverà
anche il prossimo!

Al di fuori del settore fashion, chi si è distinto in questa circostanza particolare è, come al solito,
Netflix.
In quanto a strategie comunicative, il distributore automatico di film in streaming non delude mai.
Con lo slogan “Per questo Pride i baci li mettiamo noi” ha trovato il modo di spostare la festa
dedicata a tutta la comunità LGBTQIA+ dalle strade al divano di casa. Se non si può uscire a baciarsi
e ad abbracciarsi, ci sono tantissimi film dedicati ad amori gay che si possono guardare.

Le parole non sono solo parole
In casi come questi, in cui il messaggio piace e fa parte di iniziative concrete dell’azienda, il ritorno
in termini di engagement, awareness o vendite è assicurato. Occasioni, come Pride month, Ciber
Monday o la Festa della Repubblica offrono uno spunto in più alla comunicazione con il pubblico.
Una frase, il titolo di un post o anche una breve mail sono come le fessure di una finestra, piccole e a
volte impercettibili, possono emanare una luce abbagliante, irresistibile. È questa che distingue chi
vende cose da chi crea relazioni, storie e magie.
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La nuova comunicazione del brand fra
etica e relazione
Durante il periodo della pandemia la comunicazione del brand ha subito grandi cambiamenti,
si è compreso che l’importante, in un periodo così delicato e carico di paura, non era tanto essere
presente nei palinsesti televisivi e social con una pubblicità relativa alla qualità del bene, quanto
piuttosto dimostrare empatia, onestà, senso di responsabilità e vicinanza rispetto ai
consumatori. Abbiamo notato come molti brand abbiano tempestivamente percepito la necessità di
modificare i propri messaggi pubblicitari, rendendoli più consoni alla situazione attuale,
evidenziando così la capacità della comunicazione di diminuire quella distanza sociale che
tanto spaventa. Con il passare delle settimane si è percepito che il consumatore non voleva solo un
buon prodotto, ma un prodotto che potesse avvertire “vicino”, che avesse la capacità di creare una
relazione con il brand e permettesse di sentirsi uniti in una situazione di paura sociale generalizzata.

Probabilmente questo ruolo della comunicazione sarà la nuova strada da percorrere nel futuro, cioè
continuare a puntare sulla responsabilità e il concetto di relazione, basata su un dialogo che
tenga presente i cambiamenti avvenuti. La comunicazione sarà imperniata sulla condivisione dei
valori, rendendo la responsabilità sociale dell’azienda sempre più il fattore in grado di
determinare la differenza sul mercato.
Il 55% dei consumatori dichiara di essere disposto a
spendere di più per prodotti sostenibili, e il 54% di essi
sostiene che il prezzo non sia più l’elemento principale di
scelta (Altroconsumo, 2020).
Questi dati ci conducono ad un’opportuna riflessione sui concetti di “marketing etico” e
“marketing relazionale”: già dagli anni novanta dello scorso secolo l’attenzione è stata puntata
sulla costruzione di rapporti con i clienti, al fine di renderli fedeli e aumentare in tal modo la
redditività aziendale. Lo sviluppo del marketing relazionale è avvenuto grazie allo sviluppo delle
Information and Communication Technology (ICT) che hanno permesso di connettere le persone tra
loro e con le imprese, e permesso a quest’ultime di realizzare un’offerta personalizzata. E ancor di
più quest’ultimo periodo ha dimostrato l’importanza della digitalizzazione, che per necessità ha
vissuto un’impennata e sulla quale la brand communication può e deve continuare ad esercitare
una spinta positiva. La necessità di una relazione deve essere però supportata da un
marketing etico, costruttivo per la società e in grado di cambiare un po’ quell’idea di negatività
che avvolge il marketing, perché “se ben fatto, cioè con onestà, trasparenza e rispetto, è un’attività
generativa di senso e significato, aiuta le persone a vivere in un mondo più piacevole, perché fa
conoscere le soluzioni utili per risolvere i loro problemi (…) e contribuisce a formare l’identità di
marca, significati e senso che le persone possono prendere in prestito per strutturare ed esprimere
la propria identità ai propri occhi e a quelli degli altri” (Giuseppe Morici, Fare marketing rimanendo
brave persone, etica e poetica del mestiere più discusso del mondo, 2014).

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                         incentrata su valori diversi rispetto al recente passato.

Ed è proprio un marketing che utilizza una comunicazione attenta all’etica che può fare la
differenza, l’esempio ci arriva appunto dal periodo della pandemia, nel quale molte aziende hanno
abbandonato temporaneamente la classica comunicazione per pubblicizzare, ad esempio, il loro
sostegno ad aziende ospedaliere e sanitarie. Si potrebbe anche azzardare nel dire che le aziende
oggi ricoprano, in parte, il ruolo dell’”Agenda Setting” (McComb-Shaw, 1972), che asserisce che i
media ci forniscono le categorie mentali grazie alle quali i destinatari possono realizzare una
rappresentazione della realtà. Allo stesso modo il ruolo dei media può essere ricoperto dalla
comunicazione d’impresa etica e responsabile, in quanto potrebbe fornire i valori che il
consumatore può fare propri nella vita.

  Nel 2004 il WOMMA (word of mouth marketing association) ha elaborato un codice etico,
  periodicamente aggiornato, utile per la comunicazione d’impresa sui social media, evidenziando
  gli elementi base da rispettare ossia la fiducia tra consumatori e azienda; l’integrità nel
  rispetto delle leggi; il rispetto dei consumatori; l’onestà nei confronti delle opinioni dei
  consumatori; la responsabilità nei confronti delle categorie deboli e la promozione di
  strumenti che rispettino la privacy dei consumatori.
Giuseppe Morici, Presidente della Regione Europa nel Gruppo Barilla ha sottolineato che “per etica
del marketing intendiamo la ricerca e il mantenimento di un senso complessivo profondo di ciò che
facciamo quando facciamo marketing, non in quanto fine a sé stesso, ma in quanto inserito in un
contesto più ampio, in cui l’uomo, la sua vita, le relazioni e la società intera vengono costantemente
messi e tenuti in primo piano”.

Questa è la linea comunicativa del futuro, una comunicazione che richiede dei linguaggi
semplici, lineari e positivi, orientati al futuro e in grado di rassicurare il target esprimendo
la comprensione del periodo vissuto e confermando, a parole, la vicinanza ad esso, perché
secondo gli esperti Luca Barbino e Federico Steiner, rispettivamente amministratore delegato e
direttore generale della “Barbino & Partners” (agenzia italiana per la comunicazione d’impresa),
“…le aziende devono ricostruire le relazioni con il target trasferendo scopi e valori dell’impresa.
Dimmi che tipo di azienda sei, è la domanda a cui rispondere”.

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Una nuova era del marketing: come riparte
il 2020. Intervista a Massimo Petrucci.
Il 2020 segna l’ingresso di un nuovo decennio e nell’aria si respira una voglia di cambiamento
diversa da quella che abbiamo visto fino ad oggi. Si parla sempre più di etica nel mondo del
marketing, di persone e di bisogni reali, di autenticità.
Il post-digitale è qui e ora.
Ci troviamo in un’era post-digitale dove è scontato che le aziende e le persone abbiamo adottato
strumenti e abitudini connessi al mondo del web e della tecnologia, un’era dove bisogna fare un
passo ulteriore ed essere protagonisti del proprio destino.

Tutto questo emerge in modo evidente dal report Accenture Technology Vision 2019 che detta i
trend dei prossimi 3-5 anni. Il focus di questa edizione è proprio l’era post-digitale che segna il
passo verso un cambio di paradigma: essere digitali, adottare le tecnologie, vivere il web, non è più
un tratto di differenziazione, non è più il vostro vantaggio competitivo, è la base da cui partire.

Le tendenze evidenziate dal report sono 5:
■   DARQ, acronimo che indica Distributed Ledger, Artificial Intelligence, Extended Reality e
    Quantum Computing. Guideranno la trasformazione di interi settori e saranno il volano
    dell’innovazione futura, rappresentano il prossimo set di tecnologie che ogni azienda dovrà
    padroneggiare.
■   GET TO KNOW ME, identificare l’unicità dei consumatori e cogliere nuove opportunità. Imparare
    a cogliere le nuove opportunità di mercato offerte da un’identità digitale in continua evoluzione,
    pensando a livello di persona non di mero consumatore;
■   HUMAN + WORKER, trasformare l’ambiente di lavoro e valorizzare le persone. La tecnologia sta
    cambiando le mutate modalità di lavoro e di interazione uomo-macchina, le persone stanno
    acquisendo nuove competenze grazie alle macchine e questo cambiamento va gestito e supportato;
■   SECURE US TO SECURE ME, uno dei fattori più sentiti è la sicurezza e le aziende ne sono
    responsabili;
■   MY MARKETS, soddisfare le esigenze dei consumatori in tempo reale. La tecnologia sta creando
    esperienze fortemente personalizzate e on demand.

           Scopri il nuovo numero > Il futuro è aperto
In questa era post-digitale, si sente il bisogno di tornare ad essere umani, di riscoprire i valori come
la fiducia, la sicurezza legata soprattutto alla privacy, perché le persone contano in quanto singoli
individui e non aggregati di massa.
Il nuovo fattore critico di successo e vantaggio competitivo è il purpose, inteso come insieme di
valori, storia e scopi che mettono al centro la persona, non il consumatore. Il nuovo modo in cui le
aziende vogliono iniziare a relazionarsi con gli utenti, il nuovo modo in cui gli utenti pretendono di
essere coinvolti dalle aziende.

In questo contesto vediamo come i contenuti siano sempre più forti e importanti per brand e
customer, sono il vero tesoro di ogni azienda.
M
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s
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t
r
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ci, fondatore e CEO di 667 agency

Intervistiamo Massimo Petrucci, fondatore e CEO di 667 agency, per parlare proprio di questo
2020, delle sue tendenze e di come i marketer contemporanei devono muoversi in questo nuovo
decennio.

D. Buongiorno Massimo, lei è conosciuto come uno dei primi 100 professionisti al mondo
su Lead Generation e Copywriting, qual è il suo segreto?

R. Il segreto è che non esiste nessun segreto. La parola magica è perseveranza nell’applicare un
concetto molto semplice che i giapponesi chiamano Kaizen ovvero piccolo, lento e costante
miglioramento. Ogni giorno mi impegno a migliorare un po’, a volte basta davvero poco: leggere un
nuovo articolo, una nuova pagina di un libro, guardare un video. Se da un lato la perfezione non
esiste, l’eccellenza invece sì. Mi piace pensarla come Jigoro Kano, che anche quando tutti lo
ritenevano il più grande maestro di judo perché ne era stato il fondatore, quando morì volle farsi
seppellire con la sua cintura bianca. Il messaggio era chiaro: il più grande esponente del judo
abbracciava l’emblema del principiante per la sua vita e oltre, perché riteneva che il viaggio
dell’allievo che cerca l’eccellenza per tutta la vita non dovesse finire mai. Ecco, il giorno che pensi di
essere arrivato, di sapere tutto ciò che c’è da sapere, quello è il tuo ultimo giorno da professionista.

D. Ha scritto libri, manuali e compendi su copywriting, lead generation, neuromarketing e
molto altro. Quali sono le tendenze del 2020 per i marketer del nuovo decennio?

R. Nel 2020 il marketer deve superare il paradigma della “conquista”, sto personalmente lanciando
la sfida di un marketing prima di tutto etico, perché quello di “lancia la rete e trascina chiunque”
ormai non ha più ragione di esistere per un semplice motivo: non funziona più!

A partire dal 2020 assisteremo ad una nuova trasformazione da “Cacciatori” a “Coltivatori”, infatti
il marketing del 2020 deve superare la grande sfida dell’attenzione, ma prima di tutto deve
superare il concetto di “catturare” l’attenzione. Pensare alla “cattura” fa pensare ad una
trappola, ad una rete gettata su qualcuno per poi trascinarlo là dove non vuole andare. Invece la
grande sfida è imparare a “coltivare” l’attenzione.
I titoli d’assalto, folcloristici, da gossip vanno bene per “catturare” l’attenzione, vanno bene solo per
generare un clic tanto per fregare gli inserzionisti dei giornali online con migliaia di visualizzazioni
inutili (inutili perché corrispondono a tempi di permanenza sulla pagina davvero irrisori). Inutili
perché non riescono a trattenere le persone poiché nella maggior parte dei casi non c’è nulla di
davvero interessante da leggere o “consumare”.

Se invece impari a coltivare l’attenzione vuol dire che impari a coltivare la fiducia e se mi
fido di te allora sono davvero disposto ad ascoltarti. Se ti ascolto, allora hai davvero sedotto la
mia attenzione e se mi fido di te allora per me sei diventato un brand. Nel momento in cui sei
diventato un brand, allora sei diverso dagli altri e se per me sei diverso dagli altri allora non ne farò
più una questione di prezzo.

Lascia che te lo dica in maniera diversa: Se mi fido di te allora per me sei diverso dagli altri e sei
speciale. Se per me sei speciale, con te io mi sento speciale. Se solo con te mi sento speciale, allora
sei un brand. Se per me sei un brand, allora sono disposto a pagarti di più.

  Leggi anche le nostre rubriche:

  ■   Interviste
  ■   Social e New Media

D. Il suo podcast “Mai dire 30 min. di Marketing!” è molto seguito, quali sono le tematiche
che interessano maggiormente i suoi ascoltatori?

R. All’inizio tutti erano alla ricerca di un pulsante magico, una formula magica per ottenere clienti.
Tuttavia, dopo un anno di lavoro costante, Giuseppe Franco ed io, abbiamo lavorato ad un concetto
fondamentale: non esistono scorciatoie. Chi ti vende l’idea di “clienti a costo zero”, “ricco in 21
giorni”, “scrittura ipnotica per vendere qualunque cosa a chiunque anche se non la vuole”, ti sta
truffando. Oggi chi segue le nostre puntate sa che sono vere sedute di formazione, con un linguaggio
leggero, a volte divertente, ma sempre ricche di contenuto di alto valore formativo. Quello che ci
richiedono più spesso sono temi sulla scrittura persuasiva (copywriting), sulle strategie per ottenere
clienti, sul personal branding e, più in generale, sulla comunicazione efficace.

D. Quali progetti possiamo svelare per questo 2020 ruggente?

R. In questo 2020 mi focalizzerò molto di più sulla formazione, in molti me lo stanno chiedendo e
fino ad ora ho sempre mantenuto al minimo questo tipo di attività. Eppure è ciò che amo più di ogni
altra cosa, mi piace dare, divulgare e far comprendere alle persone come ottenere risultati grazie
alla comunicazione, al copywriting e alla lead generation. Ad ottobre 2020 condividerò il palco con
uno dei più grandi esperti mondiali di marketing, parlo di David Meerman Scott e lo farò per il
secondo anno consecutivo. È un grande onore per me e sono orgoglioso di rappresentare l’Italia in
questo evento. Anche per questo ho deciso di focalizzarmi di più sulla formazione e, magari, anche
sul mio nuovo libro, ho in mente qualcosa di strepitoso!

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Insegne luminose: illumina il tuo valore
Contenuto sponsorizzato – Pensaci un attimo, hai appena inaugurato la tua attività: una parte
fondamentale della tua vita. Lavori con dedizione giorno dopo giorno affinché si realizzino le migliori
prospettive possibili. Tutto sembra procedere per il verso giusto, la passione certo non manca, per
non parlare dell’ambizione. Sei motivato, energico e positivo. Poi ti accorgi che il flusso di clienti che
tanto hai desiderato si dirige verso il negozio, il locale, la concessionaria del tuo ingombrante
“vicino”. Ti farai delle domande: il suo prodotto è migliore? Il proprietario è più simpatico? La sua
struttura è più accogliente?

Eppure così non è, ne hai avuto conferma da quei pochi clienti affezionati! Quindi, dove stai
sbagliando?

Un suggerimento: e se si trattasse di un semplice, sottovalutato, problema di visibilità?
Il tuo concorrente è più visibile rispetto a te, il cliente lo nota e va da lui. Fine del gioco. Ma, aspetta,
tu non vuoi che questo accada, vero? Vuoi illuminare il valore del tuo brand, vuoi farti notare. Allora
dai una sbirciata alle insegne luminose di OutsidePrint, poi ne riparliamo.

DA QUESTO MOMENTO ESISTI ANCHE TU
Le insegne pubblicitarie sono l’epidermide di un’attività professionale intenzionata a comunicarsi.
Raccontano la tua realtà attraverso il nome o la ragione sociale della ditta, la categoria merceologica
dell’esercizio o l’attività svolta. Ma anche attraverso la coerenza cromatica del tuo brand,
catalizzatore imprescindibile di riconoscibilità.
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