INDAGINE SULLE PRATICHE DI CONTRASTO POVERTÀ E ALLO SPRECO ALIMENTARE A TORINO
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lontana dalle dinamiche tipiche dell’emergenza. È il caso delle persone 1. INDAGINE SULLE PRATICHE DI segnate da lunghe e drammatiche carriere di povertà. In altri casi, invece, CONTRASTO ALLA POVERTÀ e in particolare quando si riferisce alle cosiddette nuove povertà, l’idea di un sistema alimentare d’emergenza può essere collegato all’assistenza, E ALLO SPRECO ALIMENTARE A anche alimentare, che allevia temporanei momenti di difficoltà. In questa logica, pur riconoscendone il carattere di immediatezza (e TORINO sebbene lo abbiamo più volte utilizzato, anche nel precedente Rapporto dell’Atlante) in questa sede preferiamo non riferirci al termine ‘sistema del cibo d’emergenza’; al suo posto, per definire l’insieme degli attori e delle risorse, materiali e immateriali, ad esso sottesi, useremo diverse espressioni, come il sistema che alimenta le persone in condizioni di 1.1 Introduzione insicurezza, o di povertà, alimentare sebbene, anche così, permangano diverse zone d’ombra. In primo luogo restano aperte alcune questioni semantiche legate all’assenza di definizioni chiare e univoche di povertà L’indagine qui presentata, svolta in collaborazione con l’associazione Està1 e in parte cofinanziata da Compagnia di San Paolo2, muove dalla in generale, e povertà e insicurezza alimentare nello specifico. In seconda battuta, le cose si complicano ulteriormente se ci addentriamo consapevolezza di quanto sia fondamentale, in termini di conoscenza e gestione del più ampio sistema alimentare urbano (nello specifico, nel funzionamento di questo sistema che si basa, in misura sempre crescente, sull’utilizzo delle eccedenze alimentari. torinese e metropolitano), il ruolo di quel sottosistema specifico e Alle origini di questo meccanismo, cioè il recupero e la valorizzazione peculiare il cui obiettivo è nutrire le persone in condizioni di marginalità socio-economica: il sistema che sfama gli indigenti, o – come talvolta si delle eccedenze alimentari come risorsa per contrastare l’insicurezza alimentare, vi è infatti la consapevolezza di quello che viene definito il legge nella letteratura scientifica, soprattutto di matrice anglosassone – il sistema del cibo d’emergenza. Su quest’ultima locuzione vale la pena “paradosso della scarsità nell’abbondanza” (Campiglio e Rovati, 2009; Rovati e Pesenti, 2015) che vede coesistere livelli crescenti di povertà soffermarsi un attimo a riflettere su quanto la semantica del termine alimentare e di spreco di risorse ancora edibili. Tradotto in cifre, il emergenza si accosti o meno alla povertà alimentare, che rappresenta una delle dimensioni del più ampio fenomeno della povertà urbana. In paradosso della scarsità nell’abbondanza a livello globale si riferisce allo molti casi, infatti, la marginalità socio-economica da cui ha origine la spreco di circa un terzo della produzione alimentare totale (1,3 miliardi di fragilità alimentare rappresenta una condizione di lungo periodo, ben tonnellate sui 3,9 totali), cifra che rappresenta 4 volte la quantità di cibo 1 Il lavoro di ricerca è stato svolto da Alessia Toldo, Anna Paola Quaglia e Costanza Giorgio Rota; si ringraziano Luca Davico, anche per il contributo alla costruzione Guazzo dell’Università di Torino in collaborazione con l’associazione Està – Economia dell’impianto teorico della ricerca e Viviana Gullino. 2 e Sostenibilità e, in particolare, con Andrea Calori e Francesca Federici. La cartografia Il cofinanziamento da parte di Compagnia di San Paolo si riferisce, nello specifico, è stata curata dal Lartu – Laboratorio di Analisi e Rappresentazioni Territoriali e Urbane all’analisi delle pratiche di recupero e redistribuzione delle eccedenze alimentari a fini del Politecnico e Università di Torino, in particolare da Paola Guerreschi, Fereshteh di solidarietà sociale a Torino e nei comuni della prima cintura, funzionale alla Gholami e Margherita Venturi (che ha contribuito anche alla ricognizione sulle progettazione del nuovo bando “Fatto per Bene” con cui la fondazione sostiene le parrocchie). I dati sulla povertà urbana a Torino sono invece di proprietà del Rapporto progettualità impegnate in questo tipo di attività. 11
necessaria per sfamare 795 milioni di persone in condizione di insicurezza alimentare (FAO, 2011). Questa incontrovertibile verità ci mette tuttavia di fronte a un altro problema di natura definitoria: cosa si intende per spreco alimentare? E ancora, spreco ed eccedenza sono la stessa cosa? Poiché riteniamo la costruzione di un vocabolario il più possibile chiaro e univoco (e magari anche condiviso fra coloro che operano all’interno di questo sistema e che lo studiano) un elemento imprescindibile sia in termini conoscitivi che operativi, abbiamo deciso di far precedere la ricerca vera e propria da una breve sezione, più teorica, che presenti i vari concetti e le relative definizioni. Ogni termine, evidentemente, verrà poi ripreso e trattato in maniera più dettagliata e specifica nei capitoli successivi; tuttavia, un primo allineamento sulle questioni più propriamente teoriche e definitorie ci sembra necessario per costruire una base comune da cui partire per l’analisi delle specificità del sistema torinese di contrasto alla povertà e all’insicurezza alimentare. Coerentemente, il secondo capitolo, che comincia a entrare nel dettaglio del caso studio, prova a descrivere il binomio scarsità/abbondanza nel contesto torinese, tratteggiando il quadro di riferimento della povertà urbana, da un lato e dello spreco alimentare, dall’altro. Come meglio descritto nel paragrafo sulla metodologia, entrambe le questioni sono state affrontate, in assenza di dati specifici e diretti, attraverso una serie di variabili utilizzate come proxy dei due fenomeni indagati. Il terzo capitolo si concentra invece sulle risposte locali alle fragilità socio-economiche del territorio dal punto di vista dell’assistenza alimentare: la ricerca analizza i principali soggetti e le principali pratiche di contrasto all’insicurezza alimentare, focalizzandosi in particolare sulle progettualità del terzo settore che recuperano e redistribuiscono le eccedenze a fini di solidarietà sociale. Infine, le conclusioni chiudono questa sezione del più rapporto del 2018 offrendo suggestioni, spunti di riflessioni e indicazioni di policy. 12
1.2 La complessità dei fenomeni trattati: definire la sotto della quale si ha una condizione di povertà assoluta è, attualmente, 1,90 dollari al giorno. La povertà relativa, invece è un parametro che scarsità e l’abbondanza esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi in rapporto al livello economico medio di vita di una specifica società (per esempio a livello nazionale). In questo senso, la definizione di povertà 1.2.1 La scarsità relativa rinvia alla carenza di risorse necessarie per mantenere gli standard di vita della società di appartenenza e viene in genere misurata Operativamente, la scarsità si traduce nel fenomeno della povertà. Si con la distanza dalla media dei consumi della popolazione di riferimento. tratta di un concetto notoriamente molto complesso, così come è Con riferimento alle definizioni adottate dall’ISTAT, la stima della povertà complesso l’insieme di condizioni a essa sottese. Rimandando ad altre assoluta corrisponde alla capacità di spesa di un nucleo familiare rispetto sedi per una trattazione più esaustiva, in questo capitolo cercheremo solo a paniere di beni e servizi alimentari, abitativi e residuali –“essenziali per di fare il punto su alcune definizioni che possono costituire la base per evitare gravi forme di esclusione sociale” (ISTAT, 2017, p. 19)3. La povertà una migliore comprensione anche del lavoro qui presentato. relativa esprime, invece, “una valutazione della disuguaglianza nella Nella sua accezione più comune la povertà è definibile come “l’assenza distribuzione della spesa per consumi” (ibidem). delle risorse monetarie occorrenti per garantire a sé e alla propria famiglia Va comunque osservato come anche la povertà assoluta, per l’ISTAT vari dignitose condizioni materiali di vita” (Townsend, 1979). Tuttavia, a in relazione all’area geografica, alla dimensione del comune, alla tipologia seconda degli approcci utilizzati, quello che manca a coloro che possono e numerosità dei nuclei familiari4. essere definiti (non senza un certo grado di difficoltà) poveri può essere il Secondo le stime più recenti dell’ISTAT (2017), in Italia ci sono circa 1 benessere economico (approccio utilitarista), o ancora un paniere di beni milione e 619mila famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, e servizi (approccio dei bisogni primari) o l’incapacità a condurre nelle quali vivono 4 milioni e 742mila individui. Rispetto al 2015 si rileva esistenze adeguate (approccio della capacitazione). una sostanziale stabilità della povertà assoluta in termini sia di famiglie, In termini operativi e funzionali alla sua misurazione, la povertà può sia di individui. Anche i valori della povertà relativa sono sostanzialmente essere considerata una condizione assoluta o relativa. stabili rispetto al 2015 e riguardano, nel 2016, il 10,6% delle famiglie Più in generale, il concetto di povertà assoluta si basa sull'idea stessa di residenti per un totale di 2 milioni 734mila, e 8 milioni 465mila individui, sussistenza, ossia indica quelle condizioni di base che devono essere che corrisponde al 14,0% dei residenti. soddisfatte per sopravvivere. Secondo la Banca Mondiale, la soglia al di 3 La soglia di povertà assoluta è definita come «valore monetario, a prezzi correnti, del Italia è pari a un reddito medio mensile di 747 euro, nel 2015; mentre per una famiglia paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia, definita in base di due genitori con due figli piccoli la soglia di povertà è pari a 1.632 euro; nel all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di Mezzogiorno, le soglie sotto le quali si vive in povertà assoluta, per le stesse due residenza» (http://www.istat.it/it/prodotti/contenuti-interattivi/ calcolatori/soglia-di- tipologie di nuclei familiari, risultano decisamente inferiori, pari, rispettivamente, a 574 povertà). Per la sua stima ISTAT si avvale dell’indagine campionaria annuale su “I e 1.273 euro mensili (Rapporto Giorgio Rota, 2018). consumi delle famiglie”, che forniscono anche le stime della povertà relativa. 4 Ad esempio in Italia, secondo le stime dell’Istat, la soglia di povertà assoluta per un una persona di oltre 75 anni che vive sola in un centro di area metropolitana del Nord 13
Sebbene non siano disponibili dati disaggregati a livello comunale e pur sufficienti e nutrienti, in modo tale da soddisfare i propri bisogni nella consapevolezza che non si tratti di un fenomeno intrinsecamente ed nutrizionali e condurre una vita attiva e salutare (FAO, 1996); in esclusivamente urbano, sappiamo che la povertà assoluta è particolare, l’insicurezza alimentare è caratterizzata da quattro maggiormente concentrata nelle grandi città. Secondo l’ISTAT (2017), i dimensioni: centri di area metropolitana del Nord Italia registrano un’incidenza della - la disponibilità, che attiene alla quantità di cibo sano e nutriente, in povertà assoluta pari a 9,8% (2015) e 5,5% (2016) sul totale della una condizione di ragionevole prossimità o semplice da popolazione residente – valori che segnano il primato negativo delle raggiungere, per soddisfare le necessità delle persone, in un grandi città rispetto alle altre tipologie di comune di residenza. determinato paese. Ovvero, il cibo (in quantità e qualità opportuna) è fisicamente presente? - l’accesso, che attiene alle risorse sufficienti, a livello familiare e dei La scarsità alimentare singoli individui, per ottenere il cibo necessario a una dieta Ancora meno dati caratterizzano la scarsità declinata in termini di povertà nutriente. Ossia, se il cibo è disponibile, le famiglie e individui hanno alimentare. Per quanto concerne la mancanza di cibo in quantità e qualità, i mezzi per procurarsi cibo in quantità e qualità opportune? essa si traduce in concetti come insicurezza alimentare e negazione del - l’utilizzo, che attiene alla possibilità di avere una dieta con calorie e diritto al cibo, che corrispondono a fenomeni diversi anche se fortemente nutrienti sufficienti, acqua potabile e servizi igienico-sanitari. interconnessi: fame, fame occulta, sottoalimentazione, sotto-nutrizione, Ovvero, se il cibo è disponibile e accessibile, famiglie e individui malnutrizione (obesità e sovrappeso), insicurezza nutrizionale, malattie hanno le possibilità di usarlo correttamente? croniche non trasmissibili dovute alla cattiva alimentazione. Rimandando - la stabilità che attiene a cibo disponibile, accessibile e utilizzabile ad altre sedi per una trattazione più esaustiva (Pettenati e Toldo, 2018) per tutte le persone in ogni momento. Ossia, Il sistema alimentare tutte queste situazioni, sebbene diverse fra loro, sono accomunate è stabile? Ossia garantisce una condizione di sicurezza alimentare dall’assenza di sicurezza alimentare e dalla compromissione del diritto al continuativa? (Pettenati e Toldo, 2018). cibo, concetti che vengono spesso utilizzati, impropriamente, come sinonimi5. L’assenza di una o più condizioni determina quindi una condizione di In questo rapporto presentiamo, assumendole, le definizioni più note. insicurezza alimentare che può essere transitoria o cronica a seconda Per diritto al cibo si intende la condizione in cui ogni uomo, donna e della durata, e più o meno grave a seconda dell’intensità dei fenomeni bambino, da solo o in comunità con altri, ha accesso fisico ed economico connessi (Maino et al., 2016). In questo senso appare ovvio come i fattori in ogni momento a cibo e mezzi adeguati per il suo approvvigionamento. che determinano situazioni di insicurezza alimentare varino a seconda del Per quanto concerne la sicurezza alimentare, essa corrisponde alla contesto di riferimento: se nei paesi del Sud del mondo si registrano condizione che sussiste quando tutta la popolazione - in qualsiasi difficoltà relative a tutti e quattro le dimensioni, nei paesi del Nord globale momento - ha accesso fisico ed economico ad alimenti sicuri, in quantità 5 Per una trattazione più approfondita si rimanda a Sassi (2009) e Bottiglieri (2015). In sua evoluzione nel tempo); il diritto al cibo, invece, si riferisce a una condizione generale, possiamo affermare che, sebbene molto simili, queste due definizioni imprescindibile e inalienabile connessa alla sola dignità umana, resa operativa sotto sottendono concetti molto diversi: la sicurezza alimentare rappresenta infatti un forma di nozione legale, con un contenuto normativo chiaro e vincolante, riconosciuto obiettivo politico, soggetto peraltro a possibili ridefinizioni (come testimoniato dalla e tutelato attraverso la giurisprudenza internazionale e nazionale. 14
le problematiche tendono a concentrarsi sull’accesso economico al cibo Infine, segnaliamo alcune ulteriori indagini di tipo quantitativo e (ibidem). qualitativo sul tema della povertà in generale (Fondazione Zancan, 2014) Misurare la povertà alimentare non è un’impresa semplice6. Eurostat, per e Saraceno (2015) e più nello specifico sulla povertà alimentare svolta da esempio, per definire il tasso di persone che si trovano in uno stato di Luca Pesenti sugli utenti della Rete banco Alimentare (Pesenti, 2015). grave deprivazione materiale considera anche “l’incapacità di permettersi un pasto di carne o pesce (o equivalente vegetariano) ogni due giorni”. In base agli ultimi dati disponibili (Eurostat, 2015) relativi al 2014, gli italiani che dichiaravano di trovarsi in questa condizione erano il 12,6% della popolazione residente, in notevole aumento rispetto al 2008 (in cui erano il 7,5% e in diminuzione rispetto al picco del 2012, con il 16,8%) (ibidem). Altri dati recenti sulla povertà alimentare delle famiglie italiane sono desumibili a partire dalla metodologia ISTAT di misurazione della povertà assoluta che si basa, come anticipato, su un paniere di beni e servizi che si compone di tre parti: la componente alimentare, quella abitativa e quella residuale che comprende altre voci di spesa (sanità, trasporti, abbigliamento etc). In un’indagine recente, condotta da Gisella Accolla e presentata in Rovati e Pesenti (2015), che utilizza questo approccio, vengono definite povere da un punto di vista alimentare, le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta calcolata per l’intero paniere dei beni e servizi e, contemporaneamente, presentano una spesa alimentare inferiore alla soglia assoluta riferita alla sola componente alimentare. Tale procedura, grazie ai dati ISTAT sui consumi delle famiglie, permette una stima delle spese alimentari delle famiglie e della povertà alimentare a livello regionale. In questo quadro, nel 2013 gli italiani hanno speso una media di 228 euro al mese, per persona, per generi alimentari e sono in condizione di povertà alimentare 1 milione 737 famiglie, che corrispondono al 6,8% del totale (Accolla, 2015). Se consideriamo invece i singoli individui, la percentuale sale al 9,1% e l’incidenza di povertà per età evidenzia come il rischio di vivere in famiglie alimentarmente povere sia più elevato per i minorenni: i bambini e i giovani insicuri da un punto di vista alimentare sono l’11% del totale, pari a 1 milione e 300 mila. 6 Per un approfondimento sulla misura dell’insicurezza alimentare e della fame nei paesi del Sud globale, cfr. Pettenati e Toldo (2018), capitolo 4. 15
1.2.2 L’abbondanza Le prime sono generate principalmente nelle fasi di produzione, raccolta, trasformazione e distribuzione; mentre le seconde dipendono dai comportamenti di chi vende e di chi consuma. Una complessità analoga caratterizza l’altro termine del paradosso, In termini operativi, riteniamo che una delle concettualizzazioni più l’abbondanza. In termini intuitivi, esso si riferisce al fenomeno dello efficaci per comprendere la distinzione fra spreco, eccedenza e rifiuto spreco di cibo, ossia alla perdita – per diverse ragioni – di alimenti ancora alimentare sia quella proposta da Garrone et al. (2012). perfettamente edibili. Come anticipato, nel 2011 la FAO stimava come a Lo studio condotto dal Politecnico di Milano, definisce questi concetti livello globale, circa un terzo della produzione alimentare totale come parti della più ampia disponibilità alimentare, con cui si intende (corrispondente a 1,3 miliardi di tonnellate sui 3,9 totali prodotti) venisse il totale della produzione alimentare lungo tutta la filiera. sprecata. La disponibilità alimentare, comprende infatti i prodotti alimentari nei Ma esattamente, cosa si intende per spreco alimentare? Dove si genera, diversi stadi della filiera e a diversi gradi di trasformazione, ed è costituita e perché? E, di conseguenza, quali sono le politiche che possono essere da tre componenti (cfr. figura 2) il consumo umano, le eccedenze attivate per ridurre queste cifre? alimentari e gli scarti alimentari: Andando per ordine, la FAO identifica perdite alimentari lungo tutte le fasi - il consumo umano è la componente commestibile che arriva al della filiera distinguendole in food losses e food waste (cfr. figura 1). consumatore attraverso i canali tradizionali e viene consumata dalle persone; Figura 1 – Food Losses e Food Waste secondo la FAO - le eccedenze alimentari sono la componente commestibile che Fonte: nostra rielaborazione su FAO, 2011 viene realizzata, trasformata, distribuita o somministrata ma che, per varie ragioni, non viene venduta o consumata. Le eccedenze comprendono il cibo realizzato nel settore primario, trasformato nella fase di trasformazione, distribuito nella fase di distribuzione, preparato e somministrato nella fase di somministrazione, ma che non riesce a percorrere tutta la filiera e a giungere al consumatore. Inoltre è considerata eccedenza alimentare anche quella parte di alimenti acquistati dal consumatore ma non consumati. - infine, lo scarto alimentare è la componente non più commestibile o non destinata al consumo umano. 16
Figura 2 – Componenti della disponibilità alimentare Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al., 2012 e EPA, 2012. 17
A livello nazionale, vengono prodotte in un anno circa 5,6 milioni di stessa e il relativo grado di fungibilità, ovvero “la possibilità̀ di utilizzare tonnellate di eccedenze alimentari, che rappresentano il 16,8% dei l’eccedenza con un livello minimo di attività̀ aggiuntiva da parte degli consumi annui alimentari (pari a circa 33 milioni di tonnellate, sommando attori della filiera” (Garrone et al., 2015) (cfr. figure 4 e 5). ristorazione e consumo domestico). Inoltre ogni anno vengono sprecate in una prospettiva sociale 5,1 milioni di tonnellate di cibo, che Figura 4 – La complessità del sistema e le diverse fungibilità rappresentano il 15,4% dei consumi annui alimentari e il 91,4% dell’eccedenza alimentare (solo una piccola parte dell’eccedenza alimentare viene recuperata per alimentazione umana). Figura 3 – La rilevanza del fenomeno a scala nazionale Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al., 2015. Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al., 2012. Si tratta, ovviamente, di un sistema a elevato grado di complessità: i singoli stadi della filiera hanno organizzazioni e problematiche molto diverse: per comprendere il fenomeno di generazione dell’eccedenza e dello spreco sociale, ogni stadio va dunque scomposto in segmenti, sulla base di ciò che più influenza il processo di generazione dell’eccedenza 18
In quest’ottica è importante: - per quanto concerne la produzione, considerare la tipologia di cibo: l’ortofrutta che rimane sul campo è più facilmente impiegabile per consumo umano dei tagli di carne che escono dai macelli; - per quanto concerne la trasformazione, considerare la temperatura di conservazione degli alimenti: un prodotto a temperatura ambiente ha una fungibilità molto diversa da un fresco o un surgelato per i quali è necessario il mantenimento della catena del freddo; - per quanto concerne la ristorazione, considerare le differenze tra ristorazione collettiva e commerciale: i prodotti della prima hanno una fungibilità maggiore a causa dell’organizzazione differente - sistema di gare di appalto e capitolati, domanda nota in anticipo; - per quanto concerne la distribuzione, considerare il processo logistico; infatti, i prodotti che transitano dalle grandi piattaforme logistiche dalle quali vengono riforniti i punti vendita della GDO hanno una fungibilità più elevata dei prodotti nei punti vendita. Lo stadio del consumo (domestico), invece, non è ulteriormente segmentabile. Ovviamente, ogni singolo segmento presenta diverse possibilità di intervento, sia nella riduzione delle eccedenze sia nella redistribuzione delle stesse per finalità di solidarietà sociale. Per gli obiettivi del presente contributo si presenta un focus su due stadi, la GDO e le ristorazione, in ragione di una loro ampia trattazione a livello scientifico, ma soprattutto in base alla considerazione che il rapporto “attività aggiuntiva necessaria/risultati” può essere più elevato7. Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al., 2012. Figura 6 – Il dettaglio dei singoli segmenti (trasformazione e distribuzione). Dove si Figura 5 – Il dettaglio dei singoli segmenti (produzione, ristorazione e consumo). Dove può intervenire? si può intervenire? 7 Esistono segmenti (il commercio al dettaglio, all’interno dello stadio della distribuzione) che non vengono analizzati dalle varie ricerche nazionali, ma che sono potenzialmente aree di indagine molto interessanti per la città di Torino. 19
vendita sotto l’1% per gli ipermercati, e intorno all’1,4% per i supermercati (Reduce, 2018); - tra gli 8 Kg e i 2 Kg il devoluto medio annuo per mq di superficie di vendita (Reti Territoriali virtuose, 2017). Le cause di produzione di eccedenza nella GDO sono imputabili a: - raggiungimento della sell by date interna (per i CE.DI); - raggiungimento della sell by date del prodotto (per i punti vendita, fenomeno acuito dal comportamento del consumatore, che sceglie i prodotti con la data di scadenza più lontana); - degrado del packaging, dovuto sia a danneggiamenti, sia a packaging relativi a promozioni “scadute”; - danneggiamenti (per i centri distributivi, a causa di errate movimentazioni, per i punti vendita a causa delle manipolazioni dei clienti). Se si esclude la trasformazione, lo stadio della distribuzione ha la più bassa percentuale di conversione della disponibilità alimentare in eccedenza (1,4%); ha però un’elevatissima % di trasformazione dell’eccedenza in spreco (92,48%), pur avendo una fungibilità medio/alta. Centri distributivi e punti vendita hanno flussi comparabili, ma i primi generano percentualmente meno eccedenza e questa si trasforma Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al., 2012. meno in spreco: - per i centri distributivi è fondamentale l’efficienza logistica, inoltre Box 1 – Il recupero delle eccedenze nella GDO non tutti i prodotti che raggiungono il punto vendita passano dalle piattaforme logistiche; I numeri dello spreco nella GDO sono diversi, a seconda dei progetti di - i punti vendita si relazionano direttamente con il consumatore, con valutazione e delle metodologie di calcolo utilizzate: conseguenti politiche che prevedono un assortimento completo di - 690.000 ton/anno di spreco sociale (91,4% dell’eccedenza tutti i prodotti fino all’orario di chiusura del negozio. alimentare); 1,9 miliardi € costo totale (Garrone, 2015); - 9,5 kg/anno di spreco per mq di superficie di vendita negli Figura 7 –GDO, eccedenze e spreco alimentare ipermercati e 18,8 kg/anno per mq nei supermercati. Il 35% di questo spreco potrebbe essere recuperabile per alimentazione umana. Incidenza dello spreco alimentare sul fatturato dei punti 20
Lo stadio della ristorazione ha una elevatissima percentuale di creazione dell’eccedenza (6,31%) e di trasformazione di questa in spreco (90,82%), però ha flussi annui molto bassi rispetto agli altri stadi. Rispetto alla ristorazione collettiva, la ristorazione commerciale ha volumi più elevati, percentualmente una maggior quantità di disponibilità alimentare si trasforma in eccedenza e una maggior quantità di eccedenza si trasforma in spreco. Figura 8 – Ristorazione, eccedenze e spreco alimentare Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al. (2012) Box 2 – Il recupero delle eccedenze nella ristorazione Analogamente alla GDO, anche per quanto concerne la ristorazione i numeri dello spreco sono diversi, a seconda dei progetti di valutazione e delle metodologie di calcolo utilizzate: - 185.000 ton/anno di spreco sociale (88,1% dell’eccedenza), 2,6 Fonte: nostra rielaborazione su Garrone et al. (2012) miliardi € costo totale; nella ristorazione collettiva il 20% dell’eccedenza viene recuperata, ovvero 18.000 ton/anno (Garrone, 2015); - nelle mense scolastiche il 29,5% del pasto viene gettato (Reduce, 2018). Le cause di produzione di eccedenza nella ristorazione sono principalmente imputabili a: - errata pianificazione del numero di pasti o variazione del numero di prenotazioni; - errata preparazione delle pietanze; - nel caso in cui i pasti vengano preparati nei centri cottura e poi veicolati nei centri di servizio, si possono generare eccedenze legate a ritardi durante il trasporto. 21
1.2.3 Le risposte dei territori: il sistema che nutre gli indigenti Il sistema alimentare che nutre le persone in condizioni di marginalità socio-economica è definito, nel manuale prodotto da due dei suoi e la geografia della solidarietà principali attori (Banco Alimentare e Caritas), come il sistema di recupero, raccolta e distribuzione di cibo a fini di solidarietà sociale8. La risposta al paradosso della scarsità nell’abbondanza da parte dei Le norme nazionali che regolano questo settore sono: territori si traduce nel sistema complesso di contrasto alla povertà - la Legge 155/2003 detta “Legge del Buon Samaritano “ che alimentare. Concretamente, esso dà origine a una complessa e multi- garantisce che le organizzazioni riconosciute come organizzazioni scalare geografia della solidarietà. non lucrative di utilità sociale ai sensi dell'articolo 10 del decreto Complessa perché ad essa fanno capo una pluralità di soggetti legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, ss. mm., che effettuano, a fini organizzati, istituzionali e del privato sociale, o non, con progettualità di beneficenza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti strutturate, ma anche iniziative completamente informali che attivano alimentari siano equiparate, nei limiti del servizio prestato, al diverse forme di relazione sia reciproca, sia con gli utenti finali (ossia le consumatore finale. Tale norma, in linea con l’Articolo 21 del persone in condizione di marginalità socio-economica); complesso, Regolamento (CE) n. 178/2002 e altre norme di responsabilità civile, ancora, perché le modalità di assistenza sono svariate e propongono assicura che il donatore sia protetto da eventuali azioni giudiziarie filosofie e modelli assistenziali molto diversi (il pacco alimentare, la derivanti dal prodotto donato; mensa, il recupero delle eccedenze, etc.); multi-scalare perché alcuni di - la Legge 147/2013 art. 1 c. 236 e c. 237 ha riconosciuto il valore questi soggetti operano a livelli diversi e le scale coinvolte anno dal livello sociale delle O.N.L.U.S. che effettuano la distribuzione gratuita agli sovralocale dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – AGEA (cfr. BOX indigenti di prodotti alimentari; 3), fino alle realtà più micro delle reti informali che coinvolgono singoli - la Legge 19 agosto 2016, n. 166 contro gli sprechi alimentari, detta cittadini nel recupero di eccedenze, per esempio, in un mercato rionale “Legge Gadda” persegue la finalità di ridurre gli sprechi per urbano. ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e Sebbene non sia questa la sede per un approfondimento a livello teorico, somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici e di altri riteniamo utile fornire una breve panoramica sul funzionamento, più in prodotti. Fra gli obiettivi, quelli che riguardano il sistema alimentare generale, di questo sistema, alcuni dati desumibili dalle principali analisi sono: condotte sul tema e alcuni riferimenti interessanti per chi avesse voglia - favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari di entrare più nel dettaglio della questione. a fini di solidarietà sociale, destinandole in via prioritaria all'utilizzo umano; - contribuire alla limitazione degli impatti negativi sull'ambiente e sulle risorse naturali mediante azioni volte a ridurre la produzione di rifiuti e a promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti; 8 Da questo sistema sono escluse quelle forme di aiuto al reddito che passano, per esempio, attraverso l’integrazione al reddito grazie all’agricoltura sociale. 22
- contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti - vi sono anche casi intermedi (realtà “ibride”), dove vi è un pari dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, adottato sviluppo delle due funzioni. Si tratta soprattutto di realtà dove ai sensi dell'articolo 180, comma 1-bis, del decreto legislativo l’approvvigionamento e la distribuzione hanno carattere fortemente 3 aprile 2006, n.152, e dal Piano nazionale di prevenzione locale. dello spreco alimentare previsto dal medesimo Programma, - gli utenti finali. nonché alla riduzione della quantità dei rifiuti biodegradabili avviati allo smaltimento in discarica. Figura 9 – Le catene di redistribuzione alimentare Operativamente, questo sistema funziona ridistribuendo: - eccedenze alimentari che, come abbiamo già visto, sono la componente commestibile che viene realizzata, trasformata, distribuita o somministrata ma che, per varie ragioni, non viene venduta o consumata. recupero dell’eccedenza; - aiuti alimentari forniti dal FEAD tramite AGEA; - donazioni di prodotti alimentari ancora vendibili; - eventuale acquisto delle associazioni di quei prodotti che servono a completare l’offerta alimentare. Gli attori coinvolti sono: - AGEA - gli attori del sistema alimentare intesi come le aziende che producono, trasformano, distribuiscono e somministrano cibo; - le realtà “back line” senza contatto diretto con gli indigenti e con alta capacità di interazione con le aziende della filiera “donatrici” (per esempio il Banco Alimentare) - le realtà “front line” con un contatto diretto gli indigenti e limitata capacità di interazione con le aziende della filiere “donatrici”. Queste realtà interagiscono con gli utenti finali attraverso specifiche modalità: - i servizi mensa; Fonte: nostra rielaborazione da Garrone et al. (2015, pag. 47). - la distribuzione di pacchi alimentari; - gli empori sociali; - la distribuzione di cibi e bevande tramite unità di strada; - la distribuzione di cibi e bevande domiciliare. 23
Box 3 – Agenzia per Erogazioni in Agricoltura – AGEA Figura 10 - Prodotti AGEA. L'AGEA, Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) è l’ente nazionale che svolge le funzioni di Organismo di Coordinamento e di Organismo pagatore nell'ambito dell'erogazione dei fondi dell'Unione europea ai produttori agricoli. Per quanto concerne, nello specifico, gli aiuti alimentari, l’AGEA è l’organismo intermedio, designato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che gestisce l’acquisto e la distribuzione principalmente di beni alimentari (ma non solo) finanziati dal FEAD - Fund for European Aid to the Most Deprived, il fondo europeo di aiuti agli indigenti. In generale, circa il 60% del FEAD è destinato all’assistenza alimentare. Per il periodo 2014-2020, il FEAD Fonte: http://www.nebrodi24.it/2016/09/25/brolo-ieri-la-distribuzione-del-banco- ha stanziato circa 789 milioni di euro per attuare sul territorio nazionale alimentare/, giugno 2018. una serie di interventi a favore di persone in condizioni di grave deprivazione materiale. Operativamente, AGEA svolge la sua attività Infine, un ultimo aspetto interessante da segnalare per quanto attraverso l'emanazione di bandi di gara per le forniture e per il controllo concerne i prodotti AGEA riguarda l’etichetta, posta su ogni confezione, delle forniture di prodotti alimentari che vengono successivamente che li identifica come “Prodotto per indigenti. Non commerciabile”. distribuiti sul territorio attraverso sette strutture accreditate Si tratta, ovviamente, di un’etichettatura finalizzata a scoraggiare (Associazione Sempre Insieme per la pace, Caritas italiana, Comunità eventuali frodi, che tuttavia viene percepita da molte associazioni di Sant’Egidio, Croce Rossa Italiana, Federazione Nazionale Società di come fortemente discriminatoria e stigmatizzante per gli utenti finali. San Vincenzo De Paoli, Fondazione Banca Alimentare Onlus e Da un’intervista con il Banco Alimentare (Moncalieri, 27 marzo 2018) è Fondazione Banco delle Opere di Carità): Queste strutture, a loro volta, emerso come questa modalità di riconoscimento dei prodotti AGEA sia redistribuiscono i beni alimentari agli enti territoriali (nel 2014, quasi in fase di revisione e da quest’anno presenti un packaging diverso, 17.000 strutture che hanno assistito quasi 4.000 persone). Inoltre è da funzionale a evidenziarne la qualità piuttosto che la tipologia di segnalare come il FEAD preveda per le strutture caritative che beneficiario a cui è destinato. distribuiscono direttamente agli indigenti l’obbligo di avviare misure di accompagnamento sociale finalizzate ad alleviare l’esclusione degli Stimare e descrivere la geografia della solidarietà alimentare nella sua indigenti (Frigo, 2015). Questo aspetto ha rappresentato un’importante totalità è un’impresa ardua. novità, poiché l’aiuto alimentare - a esclusione dei casi estremi di Vi sono però diverse indagini che hanno cercato di descriverne dei emergenza (e qui torna la questione, non solo semantica, sul sistema segmenti specifici, o dei contesti territoriali specifici, come d’altronde d’emergenza) non è più visto come un aiuto a sé stante, ma viene cerca di fare l’analisi che vi proponiamo in questo rapporto. In questo inteso come parte di una più generale strategia di assistenza e può senso, una prima interessante analisi è quella condotta da Blangiardo e essere messo fornito solo da strutture che siano in grado di attivare Rimoldi, pubblicata in Rovati e Pesenti (2015) che ricostruisce il quadro a processi di coinvolgimento e inclusione sociale dei beneficiari. 24
livello nazionale delle strutture che distribuiscono prodotti alimentari Tipo di servizio Numero di % Quota di assistiti in % accreditate presso l’AGEA. centri Lo studio condotto, seppur senza pretesa di esaustività rispetto Gestione mensa 1.606 9,5 5,9 all’universo dei soggetti che offrono sostegno agli indigenti, ne copre Distribuzione 13.107 77,3 92,5 pacchi alimentari tuttavia una larga parte, fornendo un contributo prezioso per l’analisi della Servizi di natura 2.220 13,1 1,6 povertà alimentare in Italia. L’indagine ha infatti censito 16.948 strutture resideniale al 2014, attive su diversi fronti (mense benefiche e pacchi alimentari, ma Coordinamento di 15 0,1 0,0 anche servizi di natura residenziale e coordinamento di altri enti). altri enti Totale 16.948 100 100 Dall’analisi emerge una geografia fortemente squilibrata degli aiuti Fonte: Blangiardo e Rimoldi, 2015, pag. 53 alimentari verso il Mezzogiorno, sia in termini di distribuzione dei centri, sia di incidenza dell’offerta sul totale della popolazione (cfr. tabella x). Esistono altre analisi su soggetti che erogano aiuti alimentari; una, a Mediamente, ciascun ente fornisce assistenza a circa 240 utenti. Come livello campionario, sullo “stato di salute” delle organizzazioni caritative emerge dalla tabella xx, più di due terzi degli enti (circa il 77%, pari a oltre che erogano aiuti agli indigenti attraverso il supporto operativo della 13.100 centri) svolge attività di distribuzione di pacchi alimentari, Fondazione Banco Alimentare Onlus e delle sue singole organizzazioni fronteggiando il bisogno del 92% degli assistiti; le mense benefiche sono regionali (Rovati, 2015). Un altro studio molto interessante è quello invece un’attività più complessa, svolta da quasi il 10% degli enti (circa condotto da Bergamaschi e Musarò (2011) sulle mense benefiche della 1.600) che sostiene quasi il 6% degli assistiti (Blangiardo e Rimoldi, 2015). città di Bologna. Infine un’ultima analisi che segnaliamo è quella sulla povertà alimentare Tabella 1 – Numero di centri rilevato al 1 gennaio 2014 per macro-ripartizioni e il secondo welfare, presentata nelle sue varie sezioni nel volume a cura di Maino, Lodi Rizzini e Bandera (2016) che riporta sia un Ripartizione Numero enti % Incidenza sulla approfondimento degli empori sociali, come nuova forma di risposta alla popolazione condizione di insicurezza alimentare; sia un focus su altre strategie di (x 100.000 residenti, contrasto alla povertà alimentare come l’agricoltura urbana (per esempio valore al 2001) attraverso gli orti sociali come fonte di integrazione alimentare al reddito), Nord-occidentale 3.280 19,4 20,3 ma anche le piattaforme tecnologiche, generalmente più legate al Nord-orientale 2.159 12,7 18,5 contrasto delle spreco alimentare attraverso il recupero delle eccedenze, Centrale 3.154 18,6 26,1 Meridionale 5.744 33,9 40,5 ma in alcuni casi connotate anche da valenze sociali. Insulare 2.611 15,4 38,6 Totale 16.948 100 27,9 Fonte: Blangiardo e Rimoldi, 2015, pag. 52 Tabella 2 – Centri per tipo di servizio e quota di assistiti 25
1.3 La scarsità e l’abbondanza a Torino Figura 11 – Distribuzione del reddito (dati 2009) per zone statistiche 1.3.1 La povertà urbana Da un punto di vista metodologico, come anticipato, non vi sono dati precisi sulle povertà urbane. Per questa ragione abbiamo fatto riferimento al lavoro condotto per la diciottesima edizione del Rapporto Giorgio Rota su Torino (2017), che utilizza diverse variabili come proxy della povertà al fine di tratteggiare il quadro della marginalità socio-economica della città: - il reddito, articolato per zone statistiche. Si tratta, ovviamente, di un dato importante per individuare le aree più deprivate ma occorre considerare, in prima luogo, come i valori a disposizione si riferiscano al 2009; e, in seconda battuta, come le persone in condizioni di indigenza più estrema, come i senza fissa dimora, non rientrino in questa classificazione; - le forme di sostegno al reddito da parte dei principali enti di assistenza (il Comune di Torino, la Caritas e l’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo); A queste due variabili abbiamo affiancato il livello di istruzione, inteso nella sua duplice accezione di proxy sia della marginalità socio- Fonte: Rapporto Rota, 2017, pag. 159 economica (sebbene meno diretta del reddito e delle forme di sostegno), sia di una delle quattro dimensioni della sicurezza alimentare, l’utilizzo. Seguendo l’analisi del Rapporto Rota, la quota di chi dispone di meno di Dalla rappresentazione delle classi del reddito (figura 11) emerge – come 1.000 euro all’anno è cresciuta di 9 punti percentuali fra il 2008 e il 2014 ben descritto nel Rapporto Rota (2017, pag. 159) – una geografia sociale (da 35.204 a 38.458 casi). Tuttavia, come anticipato, una parte della ormai fortemente consolidata, in cui l’asse di corso Regina Margherita popolazione più indigente risulta “invisibile”. Nel periodo 2008-2014 il risulta una sorta di confine simbolico, piuttosto netto, tra le zone centrali numero di contribuenti con dichiarazione è sceso di oltre 38.000 unità: è benestanti e le aree più povere; al tempo stesso, si nota però la presenza probabile che la gran parte dei contribuenti “perduti” sia costituita da chi di zone a basso reddito anche altrove, ad esempio a San Salvario nord non ha più un lavoro oppure ha redditi talmente bassi da non dover (area quest’ultima in cui si registra il reddito più basso dell’intera città, di presentare la dichiarazione (nel 2014, ad esempio, erano esentati coloro poco inferiore a quelli delle zone Borgo Dora, Monterosa, Monte Bianco, che avevano guadagnato meno di 8.000 euro annui). Se si sommano Aurora). questi torinesi “spariti dai radar” dell’ufficio imposte ai torinesi che hanno dichiarato redditi annui inferiori a 8.000 euro, si ricava che nel complesso 26
essi corrispondono a circa un quinto dei residenti maggiorenni a Torino indigenti da parte dei principali enti di assistenza sul territorio (Comune, (Rapporto Rota, 2017, pag. 161). Caritas e Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo). I dati dell’assistenza L’incidenza di alcune categorie nelle diverse classi di reddito rivela rivelano numeri in crescita e delineano la diffusione della povertà nelle caratteristiche proprie di questo contesto: la categoria dei pensionati è varie zone di Torino. relativamente omogenea nelle varie fasce. Vi è una forte presenza, nelle fasce a bassissimo reddito, di lavoratori sia dipendenti sia autonomi. In Figura 13 – Assistiti al 2008 e 2016 particolare è evidente la presenza dei cosiddetti “lavoratori poveri”. I dipendenti e gli autonomi con reddito inferiore alla soglia di 1.000 euro mensili sono nel 2014 ,rispettivamente 82.834 e 41.627, per un’incidenza complessiva pari al 21,1% di tutti i contribuenti della città. La condizione di working poor – ossia di chi, pur lavorando, vive in povertà – colpisce soprattutto le fasce precarie del mercato del lavoro, fra cui vi sono molti stranieri e giovani. Figura 12 - Fasce di reddito nel comune di Torino, per macro-categorie di contribuenti al 2014 Figura 14 – Assistiti al 2012 e 2016 Fonte: Rapporto Rota, 2017, pag. 161. Poiché, come anticipato, diversi indizi fanno pensare che una parte della povertà non venga intercettata dalle statistiche ufficiali, può essere utile ricorrere ad altre fonti, fra cui le diverse forme di sostegno offerte agli Fonte per figura 13 e 14: nostra rielaborazione su dati Rapporto Rota, 2017. 27
La spazializzazione dei valori mostra, da un lato, corrispondenze ricorrenti Figure 15, 16 e 17 – Numero di assistiti da parte del Comune di Torino (in rosso), (con ingenti flussi di aiuti diretti nelle stesse aree della città, come piazza Caritas (in giallo) e Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo (in verde) per zona statistica, anno 2016. Respighi, via Bologna e via Sempione); dall’altro evidenziano flussi di complementarietà: nel quartiere Vallette, per esempio, a fronte di flussi Fonte: nostra elaborazione su dati Rapporto Rota, 2017 relativamente bassi da parte del Comune, si registra un forte aiuto da parte dell’Ufficio Pio; viceversa nella zona di via Artom (Rapporto Rota, 2017, pag. 163). Figura 18 – Numero totale di assistiti per zona statistica, anno 2016. 28
Infine, l’istruzione può essere assunta come proxy di una delle quattro dimensioni di base della sicurezza alimentare: l’utilizzabilità. Con utilizzabilità si intende la possibilità, per una popolazione di riferimento, di utilizzare il cibo in modo tale da garantirsi una dieta equilibrata e adeguata agli stili di vita del contesto di riferimento. In particolare, rientra nel concetto di utilizzabilità (insieme alla possibilità di accedere a servizi igienico-sanitari adeguati), anche il possesso di appropriate conoscenze di nutrizione di base, utili per fare scelte alimentari corrette. Figura 19 – Percentuale di laureati per ACE, anno 2011 Fonte: nostra elaborazione su dati Rapporto Rota, 2017. Fonte: nostra elaborazione su dati Rapporto Rota, 2017. 29
Una visione di sintesi emerge dalla distribuzione dell’indice di deprivazione, che rivela le aree tradizionalmente più svantaggiate in termini socio-economici. L’indice sintetizza il fenomeno della povertà urbana integrando bassi livelli di istruzione (standardizzata per età), alta presenza di disoccupati e lavoratori esecutivi, quote elevate di abitazioni in condizioni disagiate e alloggi sovraffollati. Figura 20 - Indice di deprivazione al 1971, 1981, 1991 e 2011. Fonte: Rapporto Rota, 2017, pag. 165 30
1.3.2 L’abbondanza di cibo a Torino: dove si genera lo spreco e In questa logica ci siamo concentrate su 4 fasi: la produzione, la trasformazione, la distribuzione (intesa come vendita e non trasporto e come si contrasta logistica) e la somministrazione. Come anticipato, Il fenomeno dello spreco di cibo è caratterizzato da un Figura 21 – Le fasi indagate elevato grado di complessità, coerentemente al settore che lo genera, quello alimentare, per diverse ragioni. In primo luogo a causa dell’assenza, fino a tempi molto recenti, di definizioni, protocolli di misurazione e standard per la raccolta dei dati condivisi a livello internazionale, che ha comportato diverse quantificazioni del fenomeno e difficoltà nella comprensione delle cause; a questo si aggiunge la non neutralità delle (poche) definizioni, che fa sì che a seconda di come si definisce lo spreco alimentare si prendano posizioni precise in relazione alle complesse questioni economiche, sociali e ambientali a esso sottese. Tutto questo si traduce in una generale mancanza di dati, perlopiù calcolati su campioni non rappresentativi e utilizzabili solo per stime indicative. Per questo motivo, pur ritenendo importanti gli aspetti quantitativi degli sprechi alimentari a livello urbano, abbiamo reputato più utile, nell’economia di questo lavoro, concentrare la nostra attenzione su questioni più qualitative legate ai luoghi in cui si genera spreco alimentare e alla verifica di quali margini di miglioramento ci siano in termini di valorizzazione delle eccedenze prodotte, attraverso iniziative e progettualità di recupero e redistribuzione. A questo proposito per ciascuna fase della filiera abbiamo proposto uno o più casi illustrativi di come le eccedenze alimentari possano essere gestite. Il sistema alimentare torinese e la gestione dello spreco Spostando l’attenzione dalla quantificazione delle eccedenze e degli sprechi generati, ai luoghi in cui ciò avviene, in questa sezione presentiamo un’analisi, certamente non esaustiva, del sistema alimentare torinese: per ogni fase della filiera, infatti, utilizzando dati e informazioni di diversa natura, abbiamo indagato sia le potenzialità in termini di produzione di eccedenze e sprechi sia, al contrario, in termini di riduzione e loro valorizzazione attraverso politiche, progetti e interventi. 31
1.3.2.1 La produzione Box 4 - Progetto di spigolatura sociale promosso dal LVIA- Associazione Nazionale Volontari Laici9 Come già argomentato nel precedente Rapporto dell’Atlante del Cibo, la Dal 2015, LVIA, Associazione Nazionale Volontari Laici ha promosso fase produttiva riguarda, in via principale, attività agricole che includono alcune iniziative di spigolatura sociale con l’obiettivo ultimo di creare attività di produzione agricola e di allevamento, silvicoltura, pesca e una piattaforma multimediale che agevoli l’incontro tra coltivatori e acquacultura. associazioni che si occupano di sostegno alle fasce deboli nella Città L’attività agricola trova espressione in ambito urbano e metropolitano Metropolitana di Torino. sotto forma di attività imprenditoriale –ovvero, le aziende agricole (codici Con il termine “spigolatura” si indica la raccolta del prodotto “scartato” ATECO 2007: A-01, 02, 03) e di orticoltura urbana di piccola scala, dal raccolto nei campi. Il progetto di spigolatura “sociale” si definisce spontanea o regolamentata. tale poiché prevede la donazione dei prodotti recuperati nei campi Concentrando l’attenzione sulla forma di attività agricola in senso coltivati a persone in condizioni di vulnerabilità socio-economica. commerciale, se è pur vero che Torino manifesta un tratto proprio della Se l’idea progettuale di ICT finalizzate alla limitazione degli sprechi non città contemporanea che si caratterizza, in via principale, quale luogo di ha ancora trovato applicazione, dal 2015 LVIA ha tuttavia registrato distribuzione e di consumo di alimenti, la fase produttiva non occupa un una serie di esperienze di spigolatura sociale, con un duplice intento: spazio marginale sul territorio metropolitano. - di lotta allo spreco: la riduzione dello spreco alimentare nella prima fase della filiera agroalimentare, ovvero in quella produttiva. Secondo il Censimento dell’Agricoltura del 2010, sul territorio - di narrare storie di cibo: l’iniziativa si presenta come “uno dei metropolitano di Torino sono attive circa 75 aziende agricole le cui possibili canali di dialogo tra la città e luoghi di produzione del cibo” coltivazioni si estendono su una superfice agricola superiore ai 500 ettari. e un modo per rendere visibile una parte di filiera invisibile. Le coltivazioni principali sono i seminativi (277 ettari), seguiti da prati e pascoli (209 ettari) e, a distanza, boschi (85 ettari) e arboricoltura da legno A questo proposito, è interessante riportare quanto un responsabile di (50 ettari). Circa la metà delle aziende agricole con sede a Torino progetto ha dichiarato: effettuano vendita diretta ai consumatori. “una cosa che abbiamo fatto portando questi gruppi di volontari nel campo di zucchine, è intanto narrare [enfasi aggiunta] -ovvero raccontare quali sono le difficoltà che hanno affrontato i produttori. In altri termini, comprendere perché le zucchine sono rimaste nel campo…per esempio, in conseguenza di un’improvvisa siccità che ha procurato delle deformazioni estetiche tali da rendere il prodotto poco 9 Le informazioni qui riportate, nonché le citazioni in virgolettato, sono state raccolte tramite un’intervista semi-strutturata condotta con un referente del progetto di spigolatura sociale di LVIA a Torino il 21 maggio 2018. 32
appetibile per il mercato” (intervista con un referente di progetto, Per quanto riguarda la seconda tipologia di spigolatura ospitata da un Torino, maggio 2018). produttore vinicolo, l’attività di recupero si è svolta in una vigna nuova. Una delle caratteristiche delle vigne appena impiantate e volte alla Infatti, se è verosimile affermare che la maggior parte dello spreco produzione di Nebbiolo, è che generano frutti non immediatamente alimentare si generi in altre fasi della filiera agroalimentare –in vinificabili secondo il protocollo che ne regola la produzione. Questo particolare nella fase distributiva e di consumo, secondo LVIA, significa che l’uva generata da vigne già produttive ma non l’attenzione alla fase produttiva è funzionale a: vendemmiata, può essere recuperata e redistribuita a fini sociali. - porre l’attenzione su una potenziale problematica legata a una Nell’ambito di questa esperienza, l’attività promossa da LVIA ha condizione di vulnerabilità socio-economica, ovvero il consumo raccolto circa 50 kg di uva, poi consumata durante la Cena dei Vicini limitato di cibo fresco da parte delle fasce deboli. tenutasi in Corso Molise a Torino nel settembre 2017 – iniziativa alla - “far conoscere da dove proviene il cibo [enfasi aggiunta] e svelare quale hanno preso parte alcuni nuclei familiari dell’area sostenuti dai le dinamiche che si creano sui territori rispetto al cibo che servizi sociali. consumiamo”. Oltre a queste tre esperienze, LVIA ha svolto alcune attività di spigolatura di pesche in territorio cuneese con il coinvolgimento di Le esperienze di spigolatura fino ad oggi effettuate sono state tre: due classi del Liceo Peano-Pellico di Cuneo. si sono svolte presso la Società agricola Fratelli Grande (cfr. BOX 4) nei mesi di settembre e ottobre 2017 a Vigone (TO), mentre una terza è NOTA BENE stata ospitata da un produttore vinicolo di Roddis (CN) nel settembre - Problematiche di natura legislativa legate alla pratica di dello stesso anno. spigolatura: i) sicurezza sul lavoro delle persone che recuperano La prima esperienza ha visto la collaborazione di Ortofruit Italia, in campo; ii) sicurezza alimentare relativa sia alla qualità del un’organizzazione di produttori (OP) piemontese per l’individuazione prodotto raccolto sia alla fase redistributiva dello stesso. Inoltre, dell’azienda agricola dove svolgere la spigolatura. In due occasioni, in merito all’applicazione della legge Gadda, LVIA ha rilevato una sono stati spigolati circa 550 kg di zucchine, non più difficoltà di applicazione della stessa in questa fase della filiera commercializzabili per ragioni estetiche (es. dimensione, forma, lesioni, agroalimentare (cfr. BOX 4 e 5 in merito). o difetti dovuti agli eventi atmosferici). Gli alimenti recuperati sono - Problematiche legate alla valorizzazione e istituzionalizzazione stati in seguito donati a Casa Sol10, alla Festa dei Vicini svoltasi in Via della pratica di spigolatura: i) possibile diffidenza dei produttori Nizza a Torino e agli abitanti dell’ex-Moi. per le questioni di cui sopra e necessità di sensibilizzare gli stessi L’attività di recupero in campo è stata svolta, oltre che da un referente rispetto al tema con il coinvolgimento attivo di O.P., Coldiretti e di LVIA, da alcuni volontari legati al gruppo pastorale giovanile locale Ispettorato del Lavoro oltre che delle istituzioni politiche. con il coinvolgimento di studenti delle scuole superiori. Nonostante si rilevi un’attenzione crescente da parte di quest’ultime rispetto allo spreco alimentare, sia a livello nazionale 10 Si tratta di un progetto di coabitazione solidale in Via Nizza 15-17 nell’ambito di un programma comunale di integrazione sociale in alloggi di edilizia residenziale pubblica coordinato dall’associazione Cicsene in partenariato con la cooperativa Synergica. 33
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