XIII. Spazio, luogo, città - DEI, "Antropologia culturale" Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città - FareAntropologia
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DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città XIII. Spazio, luogo, città 1
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Un sapere «localizzante» Di solito l’oggetto dell’antropologia non sono categorie sociali definite da caratteristiche comuni ai loro membri, ma gruppi di persone che vivono negli stessi luoghi. Sul piano della ricerca empirica, l’etnografia, specialmente quella classica, è una «strategia localizzante» (J. Clifford), caratterizzata dal viaggio dello studioso verso un «campo» più o meno lontano. In tutto questo, può esserci il rischio di ricadere in una visione «divisionista» (C. Geertz), che trasforma le culture in spazi chiusi, determinati, immobili e dai confini netti e rigidi, come le nazioni in un planisfero. 2
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città «Umano» e «naturale» Negli spazi abitati dall’uomo, la distinzione fra elementi naturali ed elementi antropici (sia le costruzioni che le trasformazioni dovute all’attività dell’uomo) è solo orientativa: un ambiente naturale puro praticamente non esiste. Mentre il determinismo ambientale cerca di spiegare il comportamento e le usanze in base alle caratteristiche di base del territorio (innanzitutto il clima), l’antropologia mette in luce come gli abitanti costruiscano il significato che i luoghi che abitano hanno per loro. 3
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Ernesto De Martino e i miti Achilpa Ernesto De Martino analizza alcuni miti degli Achilpa, popolazione nomade dell’Australia centrale. In uno di questi miti, il palo totemico che, negli spostamenti degli Achilpa, viene a simboleggiare il «centro» del mondo, si spezza e gli Achilpa si lasciano morire. De Martino vede in questo la rappresentazione di una necessità di padroneggiare, con strumenti mitico- rituali, un’«angoscia territoriale» nei confronti di spazi non inclusi in un mondo culturalmente dotato di senso. 4
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città L’«angoscia territoriale» «Piantare il palo kauwa-auwa in ogni luogo di soggiorno e celebrare l’engwura, significa iterare il centro del mondo, e rinnovare, attraverso la cerimonia, l’atto di fondazione compiuto in illo tempore. Con ciò il luogo «nuovo» è sottratto alla sua angosciante storicità, alla sua rischiosa caoticità, e diventa una iterazione dello stesso luogo assoluto, del centro, nel quale una volta, che è la volta per eccellenza, il mondo fu garantito». E. De Martino, Angoscia territoriale e riscatto culturale nel mito Achilpa delle origini (1951) 5
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Il trattamento culturale dello spazio Lo spazio viene categorizzato, ordinato, compreso in modi peculiari. Per esempio: • si individuano dei confini sia esterni (frontiere) che interni (esclusività di accesso o di funzioni, etc.) • Si stabilisce un centro (simbolico, rituale, etc.) • Si individuano territori, su cui i vari gruppi umani hanno dei diritti • Li si inserisce in una certa posizione in un quadro generale di riferimento, un mondo, un cosmo • Si evidenziano dei percorsi al loro interno 6
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Il caso Mashpee James Clifford analizza il processo che nel 1978 negli USA esaminò alcune rivendicazioni territoriali da parte dei rappresentanti di una tribù indiana (i Wampanoag di Mashpee) da molti data per estinta. • E’ ammissibile la proprietà collettiva (tribale) dei terreni? • L’esistenza di una tribù deve essere continua nel tempo? • La continuità deve essere di natura «istituzionale» o «culturale»? Il «caso Mashpee» suggerisce che a nessuna domanda di questo genere si può dare una risposta assoluta, valida in tutti i casi. 7
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Lo spazio nell’etnografia classica Spesso nelle monografie classiche, lo spazio è al centro dell’attenzione solo nei capitoli introduttivi • viene descritto «in soggettiva» dal viaggiatore in avvicinamento • viene illustrato con dati oggettivi di tipo geografico (posizione, clima, orografia etc.) Ma in effetti l’analisi dei luoghi in cui un gruppo vive emerge come parte di qualsiasi tema etnografico, dalla struttura sociale ai miti. 8
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Spazi e luoghi La filosofia di ispirazione fenomenologica (M. Heidegger, M. Merleau-Ponty, oggi E. Casey) antepone allo spazio astratto e quantificabile uno spazio qualitativo e vissuto – spesso identificato dalla parola luogo. L’antropologia da parte sua ha sottolineato il carattere qualitativo degli spazi vissuti, contrapponendolo al carattere geometrico e misurabile che lo spazio ha assunto per buona parte dell’alta cultura occidentale (dallo spazio della fisica, a quello della filosofia kantiana). 9
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città I «non-luoghi» L’etnologo francese Marc Augé contrappone • I «luoghi (antropologici)», sede di relazioni sociali, memoria, tradizioni, appartenenza • Ai «non-luoghi» (aeroporti, stazioni, banche etc.), che non suscitano sentimenti di appartenenza e che hanno solo utenti Il problema è se a identificare i non-luoghi sia solo la funzione alla quale sono destinati, o piuttosto il modo in cui sono usati (che può anche essere diverso da quello previsto). 10
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Luoghi e «tattiche» Secondo lo storico ed etnologo francese Michel De Certeau a dare forma ai luoghi sono 1) L’azione di soggetti potenti (sul piano politico, economico o del sapere) che organizzano i luoghi in modo sistematico, in relazione a determinati usi o funzioni (strategie). 2) L’azione quotidiana di tutti i soggetti, un «instancabile mormorio» della vita associata, che non è sistematico ma comunque improvvisa, innova, inventa – e che De Certeau riporta alla nozione di tattiche. 11
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città La creatività «tattica» del pedone «Le traverse, le derive o le improvvisazioni del cammino privilegiano, mutano o abbandonano degli elementi spaziali. È così che Charlie Chaplin moltiplica le possibilità del suo bastoncino: fa altre cose con lo stesso oggetto e oltrepassa i limiti che le determinazioni di quest’ultimo fissavano al suo utilizzo. Allo stesso tempo, il pedone trasforma in altra cosa ciascun significante spaziale. E se, da un lato, rende effettive solo alcune delle possibilità fissate dall’ordine costituito (va soltanto in questa direzione, ma non in quella), dall’altro accresce il numero dei possibili (per esempio, trovando scorciatoie o facendo delle deviazioni) e quello degli interdetti (per esempio, evita percorsi ritenuti leciti o obbligatori)». M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano (1984) 12
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Il «senso del luogo» S. Feld e K. Basso (eds.) Senses of Place, 1996 Senso del luogo è un’espressione proveniente dalla geografia umana, che è passata in antropologia, indicando «i processi e le pratiche culturali tramite le quali i luoghi assumono il loro significato». Si applica tanto alle «altre culture» quanto alla «nostra», anche nel tempo della globalizzazione, in base al fatto che, come osserva nell’ambito dello stesso volume C. Geertz, «è tuttora vero che nessuno vive nel mondo-in-generale» 13
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città L’antropologia e il tema dello spazio Spesso oggi lo spazio non è più lo «sfondo» ma un tema autonomo su cui concentrare l’attenzione. • In senso classico, come conoscenza etnografica di modelli di rapporto con l’ambiente in altre tradizioni culturali • In una sorta di approccio «infra-culturale», verso le dimensioni micro della memoria e della vita quotidiana, una creatività «dal basso» all’interno della nostra stessa società • In senso riflessivo, analizzando le categorie utilizzate per parlare dei luoghi. Categorie che si trovano spesso all’intersezione tra livelli culturali quotidiani e specialistici. 14
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Comunità e società Secondo il sociologo tedesco Ferdinand Toennies (1887): • La comunità è una forma di convivenza basata sulla condivisione di valori, sentimenti e modelli di comportamento tradizionali. • La società è invece fondata sulla razionalità, i rapporti formali e il contratto. E la grande città moderna è il primo ambiente dove il principio societario domina incontrastato Questa dicotomia si ritrova non solo nelle teorie delle scienze sociali, ma anche nel senso comune, dove alla città si associano gli attributi della modernità, mentre alla campagna e alla provincia quelli della tradizione (R. Williams, 1973). 15
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città La città e l’antropologia L’antropologia ha a lungo considerato come proprio oggetto i gruppi umani più avvicinabili al modello della comunità. Mentre la società urbana moderna è stata perlopiù appannaggio della sociologia. In Italia, questo «ruralcentrismo» (A. Signorelli) è stato particolarmente duraturo, facendo sì che gli antropologi si disinteressassero dei contesti urbani fino a tempi molto recenti. Oggi, tuttavia, in un mondo globalizzato e intensamente urbanizzato, le cose sono cambiate e l’antropologia non può che studiare anche nelle città, cooperando e mescolandosi con le altre scienze sociali. 16
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città La Scuola di Chicago A proporsi di mettere insieme sociologia e antropologia culturale in ambito urbano è stata a suo tempo la cosiddetta Scuola di Chicago. Si tratta di un gruppo di studiosi che gravitarono intorno al Dipartimento di Sociologia dell’Università di Chicago diretto tra il 1918 e il 1933 da Robert E. Park. Benché naturalmente invecchiato, il loro approccio di «ecologia urbana» mostra alcuni spunti di una certa attualità. • Il riconoscimento di un legame fra i fenomeni sociali e gli spazi concreti della città: non si ha a che fare solo con categorie astratte, ma con gruppi concreti all’interno degli spazi in cui vivono e agiscono. • La ricerca empirica, di conseguenza, non può essere solo quantitativa, ma deve essere anche qualitativa e etnografica. • Lo scopo è una conoscenza migliore della città nelle sue articolazioni interne – specialmente delle sue parti più sfuggenti, marginali e sconosciute – che aiuti l’adozione di migliori politiche urbane. 17
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città La città come modo di vita Le dicotomie tra urbano e rurale, e tra modernità e tradizione, fanno comunque parte del bagaglio teorico della Scuola di Chicago. Louis Wirth, uno dei membri più importanti della Scuola, le riprende nel suo famoso saggio del 1938 Urbanism as a Way of Life. Negli anni ‘40, Robert Redfield teorizza, nello stesso spirito, il cosiddetto folk-urban continuum. E, in quanto antropologo, si concentra sull’estremo rurale. 18
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città La critica alla dicotomia urbano-rurale Tra anni ‘50 e ‘60, Oscar Lewis, un antropologo della generazione successiva • Fa ricerca a Tepotzlan (villaggio studiato da Redfield) negando che lì si sia di fronte a una comunità organica e coesa • Fa ricerca a Città del Messico, negando che l’urbanizzazione abbia cancellato i rapporti più «comunitari» La critica all’impostazione di Wirth o di Redfield, da parte di Lewis e di altri, vuole dimostrare che l’urbanesimo non è una sorta di macro- modello culturale destinato a riprodurre ovunque forme culturali simili. Di conseguenza, nulla vieta di applicare in città l’approccio di studio della società «dal basso verso l’alto» che è tipico dell’antropologia culturale. 19
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città L’antropologia urbana La cosiddetta antropologia urbana si caratterizza per il fatto di studiare fenomeni connessi a forme di organizzazione dello spazio tipiche della città. Questo avviene oggi secondo diversi approcci: • «dall’alto verso il basso», partendo da analisi a largo raggio della società contemporanea • in modo più etnografico, «dal basso verso l’alto», partendo dalle nozioni: • di percorsi e network • di senso del luogo 20
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città La città globale In molte analisi contemporanee, la città appare nel ruolo di «snodo» di flussi di persone, immagini e tecnologie all’interno del mondo globale. Con alcune eccezioni, come quelle di U. Hannerz e A. Appadurai, i riferimenti teorici vengono in gran parte da altre discipline. L’etnografia diventa quindi utile per approfondire casi specifici entro analisi ad ampio raggio sulla contemporaneità, perlopiù di taglio politico-economico • di questo tipo sono per esempio gli studi su fenomeni come le gated communities o la gentrification nelle città contemporanee Il rischio è che i processi culturali (e la stessa etnografia) rimangano dimensioni secondarie e accessorie. 21
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Reti e percorsi Molti tentativi di sviluppare modalità etnografiche adatte all’ambiente urbano fanno riferimento ai concetti di percorsi e di reti (network). Cercano di identificare «strade culturalmente stabilite per strutturare le proprie attività» (R. Finnegan, 1989) senza ricorrere a nozioni troppo rigide di struttura sociale. Lo studio dei percorsi e delle reti, a partire dalle biografie individuali, è stato introdotto dagli studi sulle città africane degli antropologi anglosassoni del Rhodes-Livingstone Institute negli anni ‘50 e ‘60. Più recentemente, la network analysis è stata sviluppata nell’ambito dell’antropologia urbana da Ulf Hannerz. 22
DEI, «Antropologia culturale» Il Mulino, 2016 Capitolo XIII. Spazio, luogo, città Il senso del luogo e l’immagine della città Un altro approccio applica il concetto di senso del luogo a quelle aree della città (zone, quartieri), che sviluppano loro forme di riconoscibilità e di appartenenza. Critica modalità troppo standardizzate di pianificazione e gestione «dall’alto», ma, a partire almeno dal lavoro di Kevin Lynch L’immagine della città (1960), dialoga con i settori dell’urbanistica alla ricerca di modalità più «sensibili» di pianificazione. Cerca di ricostruire gli intrecci di pratiche e rappresentazioni, esterne ed interne, che danno una forma comprensibile alle differenti aree in cui si compone una grande città. 23
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