SUE SCARPE Mi sono messo nelle - Fondazione di Comunità Milano

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SUE SCARPE Mi sono messo nelle - Fondazione di Comunità Milano
Mi sono messo nelle
     SUE SCARPE

                                                                                          UN ALLESTIMENTO
                                                                                       ESPERIENZIALE DELL A
                                                                                     FONDAZIONE EMPATIA,
                                                                                    PER ISPIRARCI A SENTIRE
                                                                                    DI NUOVO IL RECIPROCO
                                                                                   SENSO DI APPARTENENZA
                                                                                               di Mario Raf faele Conti
                                                                                                foto di Guido Morozzi

     I
           n inglese si dice «mettersi nelle scarpe degli al-      dav vero bisogna fare l'esperienza. Lo dice chi se ne
           tri». In francese «mettersi nella pelle degli al-       intende e cioè il gruppo di sociologi, psicologi, antro-
           tri». In italiano «mettersi nei panni degli altri».     pologi, educatori, artisti della Fondazione Empatia
     Sono tutti modi di dire che si riassumono con un              Milano, emanazione di un'idea folle e straordinaria
     solo termine: «empatia». Ma è un termine sfuggen-             come l'Empathy Museum di Londra. Nella Fashion
     te, ammettiamolo, si presta a fraintendimenti che             Week di Milano, la fondazione ha portato l'installa-
     finiscono per giustificare la nostra incapacità di es-        zione esperienziale 'Mettiti nelle mie scarpe' e noi di
     sere - appunto - dav vero empatici. Il filosofo sociale       Yoga Journal ci siamo lasciati coinvolgere.
     Roman Krznaric (si pronuncia «Kriscnaric») nel libro          Partiamo proprio da qui per poi approfondire un di-
     Empatia (Armando Editore) aiuta a definire meglio il          scorso più ampio. L'installazione è una gigante sca-
     termine e l'atteggiamento che ne consegue: «L'em-             tola di scarpe al cui interno ci sono una trentina di
     patia è l'arte di mettersi nei panni degli a ltri a           scatole che contengono proprio scarpe. Ce ne sono
     livello immaginativo, di capire i loro sentimenti             diverse a seconda del numero, ce ne sono maschili
     e le loro prospettive, e di ricorrere a questa capacità       e femminili, e ciascun paio racconta un mondo, a
     di comprensione per guidare le proprie azioni».               ogni scarpa corrisponde una storia vera che si può
     Chiarissimo, ma può non bastare. Perché per capire            ascoltare su un iPod.

30                                                      YJ NOVEMBRE 2021
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                                                              EMPATIA

Sento i pregiudizi e la mia
vergogna
Entro, a me toccano delle scarpe da donna, numero
43. Sono in quattro tonalità di strisce, blu e verde da
una parte, bianco e grigio dall'altra. Infilo le cuffie e
av vio il file. Parte il racconto di Meri, sposata con
Francesca, sono una coppia di donne che vogliono
diventare mamme. Indossare le sue scarpe mi conduce
con lei in Olanda in una clinica della fertilità, mi svela
le sue emozioni, le paure, ah sì tante paure, perché la
diversità fa paura a sé e agli altri. E poi eccomi davanti
al mondo di curiosi che solidarizzano con lei quando
nascono ben quattro figli, ma anche l'omofobia, le
minacce, le male parole sui social, le battute che non
fanno ridere, le offese dei politici, quando decidono
di dare vita a un'associazione e scrivono un libro con
Altan, Piccolo Uovo. La polizia ha dovuto perfino pro-
teggere tutti loro. Resto ancora con quelle scarpe un
po' pazze indosso per “sentire” i pregiudizi (sì, la gente
mi guardava un po' stranita), ma anche le speranze
e la forza che emerge dalla voce di Meri in cuffia.
Che per dieci minuti ho fatto mie.
E poi ci sono le scarpe di Sebastiano, un ragazzo
milanese di 20 anni, studente, che un giorno si
accorge degli invisibili, di coloro che dormono per
strada, sotto i ponti, nelle gallerie dei treni vicino alle
stazioni, e decide di andare al Centro Sant'Antonio per
dedicare il tempo libero a loro. Lui è il responsabile
delle docce, fornisce vestiti puliti, li accoglie, diventa
loro amico, un caffè, una canzone cantata a squarcia-
gola insieme. E la consapevolezza della tragedia che
incarnano quando muore Adil, un ragazzo marocchino
«che era scappato dal suo Paese per cercare una vita
migliore», ma che qui ha trovato la solitudine, l'alcol
e la morte sotto un cavalcavia. Ascolto e divento gli
occhi di Sebastiano che vedono quello che evito di
guardare. Lui non guarda e basta, lui fa. Io mi vergogno.
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Gli studi dei neuroni a specchio
     Ci sono tanti elementi a noi ben noti che ricorrono in
     questo sentimento esperienziale. «La parola “empatia”
     raccoglie un ombrello di significati e di inf luenze di-
     sciplinari diverse», ci spiega la professoressa Cristina
     Savino, pedagogista, docente all'Università Bicocca
     di Milano e responsabile della Formazione alla Fon-
     dazione Empatia. «Il grande successo del termine
     è partito con gli studi dei neuroni a specchio che
     in qualche modo hanno legato l'empatia al mondo
     delle neuroscienze, al pensiero, quasi alla lettura
     della mente dell'altro».
     I neuroni a specchio sono «neuroni che si attivano
     quando facciamo esperienza di qualcosa (come un
     dolore), così come quando vediamo qualcun altro che
     sta vivendo la stessa esperienza», spiega Krznaric nel
     suo libro, e sono stati scoperti dall'ottantaquattrenne
     scienziato italiano Giacomo Rizzolatti. Prosegue il filo-
     sofo: «Le persone con molte cellule specchio tendono
     ad essere più empatiche, soprattutto in termini di
     condivisione delle emozioni». Secondo Rizzolatti, «i
     neuroni specchio ci permettono di afferrare ciò che
     pensano gli altri, non attraverso il ragionamento con-
     cettuale, ma attraverso la simulazione diretta».
     «In realtà la cosa interessante che si connette al mon-
     do dello yoga», spiega Cristina Savino, «è il fatto che
     l'empatia non è qualcosa che si vive senza corporeità.
     Si è quasi pensato che l'empatia fosse quasi esclusi-
     vamente un processo cognitivo o di riconoscimento
     dell'altro e delle emozioni che l'altro vive.

     Un nuovo sguardo sul mondo
     «L'empatia è distinta dalla simpatia e dalla compas-
     sione comunemente detta, e non è governata dall'etica
     della solidarietà, della fratellanza, ma parte dal ri-
     schio di 'incontrare l'altro non soltanto mental-
     mente, ma anche f isicamente», dice la studiosa.
     «Questo rischio ci porta a dover governare nuove
     emozioni, a esplorare i nostri limiti e i margini che
     noi istituiamo, ma che a volte non abitiamo. Ci por-

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                                                                                  L’ideatrice della mostra
                                                                          L' a r t i s t a d e l l ' i n s t a l l a z i o n e è C l a r e P a t e y,
                                                                          55 anni, una signora piena di riccioli neri e gri-
                                                                          gi con un delizioso accento di Londra. È la di-
                                                                          ret trice dell'Empathy Museum, una che crede
                                                                          al potere trasformativo dell'ascolto che è capa-
                                                                          ce di generare il cambiamento. Per questo sta
                                                                          creando una fattoria urbana alla Somerset Hou-
                                                                          se di Londra. « Sono un'ar tis t a e la mia è una
                                                                          rispost a al declino del senso dell'empatia nel
                                                                          mondo, ma anche alla chiusura dei negozi in Gran
                                                                          Bretagna, luoghi importanti in cui sperimentare
                                                                          rappor ti umani. Lo yoga e la meditazione, che
                                                                          p ratic o da olt re 20 anni, ha alim e nt ato t ut to
                                                                          questo perché interconnessione e interdipen-
                                                                          denza sono parte sia dello yoga sia dell'arte».

ta a fare un movimento corporeo verso l'a ltro, un
incontro che non sempre è piacevole o di agio. Però
questo rischio che andiamo a correre fisicamente e                 tutto è passato al vaglio della “casa madre” londinese.
mentalmente quando incontriamo l'altro e proviamo                  Ma ogni passaggio, ci tiene a sottolineare Scavia, è
un processo empatico, è quello che può darci l'oppor-              stato all'insegna dell'empatia, «abbiamo riprodotto
tunità, non tanto di conoscere l'altro, ma di conoscere            il processo di mettersi nelle scarpe altrui e abbiamo
noi stessi».                                                       creato così una costellazione che è il vero capitale
Non è un percorso che ha a che fare con il Buddhismo,              di questa esperienza. Succederà anche a lei: quando
per esempio, dove il termine «compassione» ha signi-               leggerà un articolo sul mondo LGBTQ+ si ricorderà
ficati diversi da quelli comuni? Krznaric conferma: «In            di Meri, è un'impronta che rimane».
alcune tradizioni culturali e religiose l’empatia e la             «Sono storie che sensibilizzano su delle v ulne-
compassione sono strettamente collegate», scrive. «Le              rabilità», dice la presidente della Fondazione, Pe-
definizioni buddhiste di compassione, per esempio,                 tra Mezzetti. Ha ereditato questa mission dal padre
spesso sottolineano l’importanza del comprendere                   Giannantonio, manager e impegnato nel sociale, che
empaticamente le prospettive e le visioni del mondo                quando ha incontrato un disagio psichico in famiglia
di altre persone».                                                 ha iniziato a combattere contro i pregiudizi, a lavorare
Rientriamo nella scatola da scarpe per incontrare                  sull'inclusione, a fare progetti e corsi di formazione
Chiara Scavia, un'altra donna del consiglio di ammi-               con il Museo del Novecento di Milano. «La Fonda-
nistrazione di Fondazione Empatia. Il lavoro dietro                zione Empatia è nata grazie alla sua visione e oggi il
questa installazione è enorme: «Abbiamo individuato                suo sogno di portare in Italia 'Mettiti nelle mie scarpe'
le persone, preso contatti, fatto lunghissime inter-               è diventato realtà», dice Mezzetti.
viste immaginando il focus del racconto, scrivendo
un copione», racconta. «Poi siamo andati in studio e               L'empatia e il disastro ambientale
registrato inter venti di 2-3 ore ciascuno». A questo              Le scatole di scarpe ci parlano ancora di Giovanni,
punto sono entrati in scena i registi, i montatori, il             medico rianimatore che ha affrontato il Covid in pri-
sound designer per la colonna sonora originale e il                ma linea dovendosi confrontare, in quella distopica

                                             W W W. Y O G A J O U R N A L . I T                                                                         33
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situazione, con la vita delle famiglie dei defunti; di
     Paolino, ex tossico che sulla sua cartella clinica lesse la
     parola «irrecuperabile»; di Tim, drag queen di Londra
     che gestisce una tombola pubblica, con i suoi tacchi
     taglia 42. Ci sono dei mondi mai nemmeno immagi-
     nati attorno a noi. «Essere in empatia», precisa Petra
     Mezzetti, «significa ascoltare l'altro e lasciare che
     questa esperienza arricchisca il mio sguardo sul
     mondo». Prosegue la professoressa Savino: «Mettersi
     nelle scarpe dell'altro non è qualcosa che facciamo
     per sentirci buoni o eticamente corretti. Non vivrò
     mai la vita di quella persona, ma il mio disagio che
     riverbera in qualche mia esperienza, sì, e questa è
     un'opportunità per mettermi in gioco. Voi siete una
     rivista di yoga. Un insegnante dovrebbe mettersi nello
     “yoga” dell'allievo. La grande scommessa è creare
     una simmetria in cui non si perde il ruolo, ma si
     riconosce nell'altro il tentativo non tanto di pre-
     stazione, ma della possibilità. E questa cosa viene
     attivata esclusivamente dal dialogo, dal confronto.
     Dal chiedere: “Ma quando l'asana non ti riesce come
     al tuo vicino, come ti senti? Cosa provi?”».
     Krznaric va oltre e allarga questa "empatia"» al disa-
     stro ambientale. Ha detto in un'intervista: «Trattiamo
     il futuro come un lontanissimo avamposto coloniale
     dove scarichiamo il nostro degrado ecologico, il ri-
     schio tecnologico, i rifiuti nucleari, il debito pubbli-
     co». L'empatia è mettersi in contatto, sentire anche
     chi sarà diverso o lontano da te. Le storie che creiamo
     saranno anche le storie che verranno per le prossime
     generazioni. E io che pensavo di aver solo indossato
     le scarpe di Meri.

                  METTITI NELLE MIE SCARPE
               Nella settimana dal 21 al 28 ottobre,
            l’installazione ha chiuso con tantissime
          storie ascoltate (1400), emozioni condivise,
            lacrime asciugate, conquiste celebrate.
         Grazie alle Fondazioni che hanno lavorato con
        noi di Fondazione Empatia Milano e all’Agenzia
         Piano B a questo allestimento: Fondazione di
        Comunità, Fondazione Idea Vita, Fondazione De
         Agostini e il patrocinio del Comune di Milano.
        E grazie a Levi’s Italia che ha creduto in questo
         progetto, di grande valore sociale e culturale.

                 Un post per tutti, lasciato
               da un’anonima camminatrice:
             “Sono cresciuta di più in 10 minuti
        di ascolto, che in un anno non ascoltando”.

              www.fondazioneempatiamilano.com

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