Vinitaly 2015, ora do i numeri ! - Storie di Persone di Cinzia Tosini

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Vinitaly 2015, ora do i numeri ! - Storie di Persone di Cinzia Tosini
Vinitaly               2015,           ora        do       i
numeri !
Tranquilli, non sto dando nessun numero, tranne quelli che
arrivano direttamente da Vinitaly, il 49° Salone
Internazionale del Vino e dei Distillati che si è appena
concluso. Si riferiscono ai quattro giorni dell’evento clou
che muove l’Italia del vino, delle passioni e degli affari.
Leggete un po’qui…

  • 576.000 bottiglie stappate
  • 200.000 tonnellate di vetro
  • 8 tonnellate di tappi di sughero
  • 130.000 bicchieri utilizzati
  • 11.100 follower di @VinitalyTasting su Twitter
  •   116.000 like della pagina ufficiale di Vinitaly su
  Facebook

Non c’è dubbio, Vinitaly è Vinitaly, una grande vetrina del
business nel settore enologico che, per gli appassionati,
rappresenta un’occasione speciale per viaggiare nei territori
assaggiando vini. Lo confermano i numeri della viticoltura
italiana elaborati dai dati di Veronafiere/Vinitaly.

  • 380.000 circa le aziende vitivinicole italiane
  • 665.000 ettari vitati
  •   40 milioni hl di vino,     produzione 2014 stimata da
  Assoenologi (- 17% rispetto al 2013)
  • 73 DOCG, 332 DOC e 118 IGT
  •   10-12 miliardi di euro il fatturato del vino (5,1
  derivanti dall’export)

Cifre che fanno girare la testa, e non per l’assaggio dei
vini, ma per la grande risorsa che questo comparto rappresenta
per il futuro dell’economia italiana. Le semplificazioni
burocratiche e le politiche agricole per il sostegno della
Vinitaly 2015, ora do i numeri ! - Storie di Persone di Cinzia Tosini
viticoltura sono essenziali e prioritarie. A questo proposito
si auspica che il Testo Unico delle norme sul Vino, e il piano
straordinario che prevede lo stanziamento di 48 milioni di
euro per la tutela del made in Italy, abbia presto completa
attuazione.

  “Il vino nel suo complesso è un settore che vale oltre 10
  miliardi di euro, dei quali più di 5,1 generati
  dall’export.” Ettore Riello, Presidente di Verona fiere.

E’ indispensabile investire nello sviluppo di strategie a
garanzia della qualità e dell’innovazione in agricoltura,
nell’enoturismo e nella giusta comunicazione per la diffusione
della cultura del vino, della conoscenza dei territori e delle
persone protagoniste. Tutto ciò per far si che una bottiglia
di vino sappia trasmettere, oltre che piacere, emozioni,
storia e territorio.

Inoltre, un pizzico di entusiasmo in più degli addetti alla
ristorazione nelle proposte di produzioni meno conosciute,
farebbe bene al vino, e salverebbe vitigni che fanno della
viticoltura italiana una ricchezza che ci distingue nel mondo.
Lo dico ovunque e lo continuerò a dire, per la passione che ho
per la viticoltura e per il mondo agricolo.

Qui di seguito alcune immagini della mia giornata a Vinitaly
2015. Nessun accredito e nessun impegno, solo un lunedì
passato in compagnia di persone con la mia stessa passione per
il vino. Cosa mi è piaciuto? Be’, sicuramente salutare
produttori già conosciuti in questi ultimi anni durante le mie
visite, e conoscerne altri che andrò a trovare direttamente in
vigna. Oltre a ciò, ho avuto il piacere di fare ottimi assaggi
ampliando così le esperienze sensoriali che nel tempo
contribuiscono a formare il ‘bagaglio’ necessario per chi vive
questo settore.

Cosa non mi è piaciuto? Sicuramente il traffico e la
confusione che conosce bene solo chi è stato più volte a
Vinitaly 2015, ora do i numeri ! - Storie di Persone di Cinzia Tosini
Vinitaly, una fiera dai grandi numeri, che per quanto mi
riguarda, non sostituirà mai la passione per quelli piccoli.

Müller Thurgau 2012 DOC Tiefenbrunner Sudtirol – Alto Adige
Un esempio di imprenditoria
giovanile.  Ivan,   Andrea,
Matteo e Paolo: i Mastri
Speziali.
Lo Zafferano in Brianza.

  “L’agricoltura come ‘natura naturata’ ossia la natura che
  diventa oggetto, prende forma, grazie all’azione della
  natura stessa, l’uomo.”  Ivan Lalli

Ivan, Andrea, Matteo e Paolo, classe tra il 1986 e il 1991,
rispettivamente di Parma, Messina, Milano e Roma. Quattro
giovani che si sono conosciuti durante gli studi universitari,
ora Mastri Speziali. Cosa fanno? Dal 2011 producono zafferano
e derivati a Usmate Velate, nella campagna della Brianza. Una
spezia conosciuta fin dall’antichità per le proprietà
terapeutiche antiossidanti, antivirali e antibatteriche.

Sono andata a trovarli un po’ di tempo fa, ‘sul campo’, per
conoscerli parlando con loro a tu per tu, come piace a me. Amo
confrontarmi con i giovani che investono le loro energie in
agricoltura. Sono formati dalle università ma hanno bisogno di
supporto dalle istituzioni e da chi fa comunicazione. Molto si
sta facendo ma molto serve ancora. Per questo, attraverso le
loro parole, ora ve li farò conoscere.

     Tutto è nato dal vostro incontro durante il percorso
universitario, ma anche dall’esperienza fatta da Ivan
     durante un viaggio nel Kashmir in India. Ivan tocca a
     te. Me ne parli’?

Innanzitutto   devo   sottolineare   l’importanza   del   periodo
universitario. Ho avuto la fortuna di incontrare una compagnia
di ragazzi veramente appassionati al mondo agricolo e
dell’agroalimentare che ci coinvolsero con un associazione,
www.associazionecerere.it, nata apposta per vivere a fondo
questa passione. Questo ha permesso che imparassimo a
conoscere differenti realtà, esperienze e uomini che con il
loro lavoro vivevano qualcosa di magico. Da qui nasce il
nostro desiderio di poter fare un’esperienza simile e la
baldanza nel lanciarci nella sfida delle spezie e dello
zafferano.

Il viaggio in India è stato una conferma di tutto ciò. In
parte perché mi ha fatto scoprire quanto siamo fortunati in
Italia per come siamo educati a guardare una cosa semplice
come il cibo e il lavoro, e ha rivestirli di un grandissimo
valore; in parte perché trasferendomi proprio nella regione
del Kashmir ho potuto vedere come l’uomo di fronte alla
bellezza è più uomo: le zone dove si coltivava Zafferano erano
infatti più “civili”, pur nel dramma del dominio
dell’integralismo islamico (una notte hanno assassinato il
barista da cui la sera prima avevo consumato alcolici).

     Mi raccontate meglio come avete iniziato, ma
     soprattutto, quali sono state le maggiori difficoltà che
     avete incontrato?

Abbiamo iniziato al matrimonio di Andrea, quando attorno ad un
tavolo io Matteo e Paolo ci siamo lasciati dandoci
appuntamento alla settimana seguente per il primo di una lunga
serie di incontri settimanali. Le difficoltà sono state
soprattutto all’inizio. La ricerca di un terreno in affitto
sembrava trasformarsi in un’odissea: bussammo a decine di
cascine e aziende trovando solo porte chiuse.
Un altro momento difficile fu la costituzione della società:
definire uno statuto che regolamentasse i rapporti tra quattro
persone e di queste con lo stato non è stato semplice.
Fortunatamente ci hanno presentato un bravo commercialista che
aspira alla santità che ci sta aiutando tanto. L’ultimo
episodio che racconto è la scelta delle confezioni e la loro
grafica. L’essere in 4 poteva essere una difficoltà: 4 gusti
differenti, 4 teste che vorrebbero mettere qualcosa di proprio
nella creatura… Siamo riusciti a vedere tutto ciò come risorsa
e a fare un ottimo prodotto.

     Ascoltandovi ho apprezzato i metodi di produzione
     agricola che avete adottano nel rispetto dell’ambiente.
     In particolare mi hanno interessato le tecniche di
     controllo dei fertilizzanti. Lascio a voi continuare…

Noi vorremmo adottare un approccio responsabile e razionale
all’agricoltura. Quindi andiamo al di là delle mode nel
coltivare la terra. Per esempio nella concimazione del campo
per ora stiamo usando letame che è meno invasivo se vogliamo,
in parallelo stiamo facendo dei test per cercare di definire
al meglio gli elementi che lo Zafferano consuma per
somministrarglieli in forma granulare che è più precisa.
Infatti il letame ha dei grossi limiti: è molto disomogeneo
nei contenuti e potrebbe o impoverire il terreno o rovinarlo
liberando elementi in eccesso.

     Da dove provengono i vostri bulbi, e come è avvenuta la
     scelta?

I nostri bulbi vengono un po’ dall’Italia un po’ dall’estero.
Abbiamo e stiamo cercando la qualità. Non si può
generalizzare. Ogni produttore lavora a suo modo. Noi abbiamo
cercato un produttore italiano ma siamo rimasti delusi, con
quello estero ci siamo trovati meglio.
Lo Zafferano in Brianza, diciamo una coltura non proprio
     legata al territorio. Scelta coraggiosa o consapevole?

In primis una scelta di cuore: la Brianza nasconde angoli che
fanno proprio innamorare. Da qui con coraggio e consapevolezza
dei rischi e delle fatiche, ci siamo lanciati in un mondo
nuovo.

     Ivan, torniamo a noi. Sei laureato in biologia
     tecnologica. Ti citerò le parole del filosofo olandese
     Baruch Spinoza (1632-1677): “La Natura non può essere
     considerata una cosa statica: al suo interno si esplica
     un’attività. (…) L’azione della Natura non può svolgersi
     che su se stessa, provocando però uno sdoppiamento fra
soggetto (Natura naturans) e oggetto (Natura naturata).
     All’interno di questo processo dinamico della Natura
     emerge con chiarezza il problema del rapporto fra
     libertà e necessità.” Ti chiedo di approfondirmi una
     questione che abbiamo iniziato a discutere insieme
     durante la mia visita, mi riferisco agli OGM (Organismi
     Geneticamente Modificati). Un termine ormai demonizzato
     dai media. Come stanno realmente le cose per te?

Io considero l’agricoltura come “natura naturata” ossia la
natura che diventa oggetto, prende forma, grazie all’azione
della natura stessa, l’uomo. Non riesco ad abbracciare le
mode, a vedere l’uomo come il cattivo della situazione. Io
vedo che la natura ha leggi che non sono comprensibili in toto
all’uomo. Nel corso della storia l’uomo ha cercato di
addomesticarla.

In un rapporto continuo che non smette mai di crescere,
demonizzare la ricerca, bloccare lo scambio di battute tra
l’uomo e la natura non porta a niente di buono. L’uomo non è
fatto per essere uno struzzo. Deve sempre cercare delle
colonne da varcare.

                                               Mastri Speziali
                            Produttori di Zafferano e derivati
                                        www.mastrispeziali.com
                                      mastrispeziali@gmail.com

A Seveso c’è la FLA, la
Fondazione Lombardia per
l’Ambiente, per promuovere e
divulgare l’educazione e la
cultura ambientale.
Sono passati quasi quarant’anni dall’incidente che ha colpito
alcuni comuni della bassa Brianza, in particolare il comune di
Seveso. Esattamente il 10 Luglio del 1976 nell’azienda ICMESA
di Meda, una fuoriuscita di TCDD, una tipologia di diossina
tra le 200 esistenti (sostanze tossiche dannose per la
salute), provocò la formazione di una nube che investì i
comuni circostanti provocando un disastro ambientale.

Il terreno della zona più inquinata, la cosiddetta area ‘A’,
fu depositato in vasche e fu sostituito da terreno ‘pulito’,
dando vita ad un Parco Naturale che prese il nome di Bosco
delle Querce. La storia di questa brutta vicenda italiana è
scritta ampiamente in una pagina del sito dedicato a questo
parco regionale. Per saperne di più clicca qui: Incidente
Icmesa.

Da qualche anno abito vicino a quel parco. Ci sono delle belle
e lunghe passeggiate da fare nel suo interno. Quando poi la
stagione lo permette, ho un posticino sotto un albero in cui
amo sostare facendo scorrere il tempo con le mie letture. Ho
fatto questa premessa perché, nonostante siano passati molti
anni, quando sono in viaggio per l’Italia alla mia risposta su
dove abito, ho costantemente la visione di volti perplessi. Il
nome di Seveso purtroppo, evoca ricordi nella mente delle
persone legati ancora al disastro della diossina.

In realtà ci sono aree italiane assai più inquinate, territori
in cui ahimè è praticata in modo diffuso l’agricoltura.
Comunque sia, per capire meglio lo stato delle cose,
recentemente mi sono recata a visitare la FLA, la Fondazione
Lombardia per l’Ambiente situata a Seveso. Un centro di
ricerca istituito da Regione Lombardia nel 1986 per promuovere
e divulgare l’educazione e la cultura in campo ambientale,
munito di un planetario che può ospitare fino a un massimo di
35 persone.

    Planetario FLA

Durante la mia visita ho incontrato il Dott. Fabrizio
Piccarolo, Direttore del centro. Dopo un reciproco scambio di
punti di vista e riflessioni, gentilmente ha risposto alle mie
domande.

     Fabrizio, per iniziare mi sembra più che doveroso
     chiederti qual è lo stato di salute ambientale di
     Seveso?

Per una valutazione ambientale del comune di Seveso non si può
prescindere dalle caratteristiche ambientali più generali del
contesto nel quale è situato: presenta infatti le criticità di
un territorio fortemente antropizzato e urbanizzato e che ha
risentito delle rilevanti trasformazioni operate dell’uomo nel
corso dell’ultimo secolo.

I numerosi studi che la Fondazione ha svolto negli anni a
supporto delle politiche ambientali delle pubbliche
amministrazioni lombarde sulla qualità dell’aria, il
cambiamento climatico, la qualità delle acque, dicono che gli
interventi locali per il miglioramento della qualità
ambientale sono sicuramente fondamentali, ma assumono ancora
più rilevanza e incidenza se attuati in una logica di sistema
e di integrazione, anche sovracomunale. E in questa logica
bisogna anche valutare lo stato di salute di un comune.
Sicuramente le amministrazioni comunali di Seveso hanno
particolarmente a cuore le questioni ambientali e negli anni
hanno operato in questo senso in modo significativo.

Per la storia che ha avuto, il comune di Seveso ha due punti
di forza straordinari: la sensibilità e la consapevolezza dei
cittadini, che è una delle prerogative per l’attuazione e la
riuscita di politiche ambientali, e il Bosco delle Querce, un
esempio di estrema virtuosità di livello internazionale, in
cui una società – nel senso proprio di societas – ha fatto di
un evento drammatico un punto di positività e bellezza per
l’intera comunità. E oggi aggiungerei un terzo punto di forza:
la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, un luogo di
divulgazione del sapere scientifico che rappresenta
un’opportunità per tutto il territorio.

     Seveso, comune associato dai più alla diossina, una
     sostanza tossica che si sviluppa in natura attraverso la
     decomposizione di alcuni funghi, e in misura più
     rilevante, attraverso fenomeni di combustione che la
     diffondono nell’ambiente. Conseguentemente a ciò, ne
     assumiamo piccole quantità anche attraverso il cibo. Da
     esperto quale sei, puoi spiegarmi meglio che cos’è la
     diossina e quali sono gli effetti sulla nostra salute?

Con il termine “diossine” ci si riferisce ad un gruppo di
composti chimici che si formano come risultato di alcuni
processi di combustione, come ad esempio l’incenerimento dei
rifiuti. Diossina è il nome comune di una sostanza tossica, la
tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), sicuramente la più
studiata: insolubile in acqua, resistente alle alte
temperature e si decompone grazie alle radiazioni
ultraviolette in un processo che può durare centinaia di anni.

Studi scientifici hanno mostrato che l’esposizione alla
diossina può causare numerosi effetti dannosi per la salute,
che dipendono da una varietà di fattori che comprendono: il
livello di esposizione, quando si è determinata, per quanto
tempo e quanto spesso. La soglia massima di tollerabilità è
stata infatti fissata dall’Organizzazione mondiale della
Sanità in un trilionesimo di grammo al giorno per kg di peso.

     Come già sottolineato, dalla combustione dei rifiuti si
     sviluppa diossina. Per ovviare a ciò la raccolta
     differenziata va sostenuta e incentivata. Seveso in
     questo senso si è distinta grazie all’alto livello
     raggiunto. Quali sono le vostre iniziative legate
     all’informazione in tema di rifiuti e di tutela
     dell’ambiente?

Fino a qualche secolo fa i rifiuti non erano un problema
perché tutto ciò che l’uomo “buttava” veniva smaltito
                                     naturalmente
                                     dall’ambiente.   Ora
                                     non è più così e i
                                     rifiuti        sono
                                     diventati
                                     ufficialmente     un
                                     problema sia per le
                                     generazioni attuali
                                     che    per   quelle
                                     future. Da qui la
                                     necessità         di
                                     un’importante azione
                                     di informazione ed
educazione ambientale che porti a una accresciuta
consapevolezza in merito a questo problema.
Fondazione Lombardia per l’Ambiente è da sempre molto attenta
a questa tematica. Dal suo arrivo sul territorio sevesino è
attiva una collaborazione con Gelsia Ambiente, società che si
occupa della raccolta, del trasporto e, per conto o
direttamente, dello smaltimento dei rifiuti in 12 comuni della
provincia di Monza e della Brianza (tra cui Seveso), e di uno
in provincia di Como.

Entrambi gli enti sono fortemente impegnati in attività di
formazione e di sensibilizzazione dei cittadini relativamente
alle tematiche ambientali: tra le finalità istituzionali delle
parti vi è la disseminazione della conoscenza e del sapere
quale strumento concreto per la formazione di risorse umane,
indispensabili per lo sviluppo sostenibile del territorio.
Per far capire ai bambini il problema dei rifiuti da qualche
anno viene proposto alle scuole primarie e secondarie di primo
grado dei Comuni serviti da Gelsia Ambiente, il progetto “IO
NON MI RIFIUTO” in cui al percorso formativo sul tema dei
rifiuti e della raccolta differenziata è associato un
concorso. La partecipazione è un’occasione importante per
stimolare i bambini, la loro curiosità e la loro fantasia alla
scoperta di soluzioni alternative e più sostenibili al
problema dei rifiuti.

Inoltre da un anno è in corso a Seveso una sperimentazione
sulla raccolta del rifiuto indifferenziato tramite la Radio
Frequency Identification, un sistema innovativo di
tracciabilità del rifiuto che ha permesso di arrivare a circa
l’80% della raccolta differenziata. Tutto questo sarà oggetto
di una campagna di informazione basata sulle evidenze
scientifiche rivolta ai cittadini.

     Durante la mia visita ho apprezzato i vostri progetti
     didattici rivolti alle scuole per formare una coscienza
     ambientale nelle nuove generazioni. Ritengo l’ambiente e
     il cibo strettamente connessi tra loro, mi riferisco
allo spreco alimentare. Sono utili in tal senso proposte
     formative sia per i giovani che per gli adulti. Avete
     programmi in realizzazione in tal senso ?

Fondazione Lombardia per L’Ambiente e la Direzione Generale
Ambiente, Energia e Sviluppo Sostenibile di Regione Lombardia
stanno collaborando per un efficace conseguimento delle
finalità stabilite dalla
pianificazione regionale in
materia    di   rifiuti    e
bonifiche. La collaborazione
mira alla realizzazione di un
progetto di riduzione dello
spreco alimentare quale
azione     attuativa      del
Programma     Regionale    di
Gestione dei Rifiuti, in
relazione agli obiettivi di prevenzione e riduzione della
produzione dei rifiuti con finalità, anche, sociali volte a
garantire un sostegno alimentare alle categorie disagiate.

Per i più piccoli è in fase di realizzazione, con la
collaborazione di ARPA, un fascicolo sull’educazione
alimentare e sulla sostenibilità ambientale in occasione di
Expo 2015 da distribuire gratuitamente alle scuole della
Lombardia che ne faranno richiesta. A questo seguiranno altri
tre innovativi volumi gratuiti, dedicati alle scuole primarie,
che potranno essere utilizzati insieme ad una App interattiva.

     Recentemente ho fatto qualche ricerca sulla canapa, una
     pianta dalle molte proprietà, robusta e facile da
     coltivare, ma soprattutto in grado di contribuire a
     risanare i terreni inquinati. Tra l’altro ci sono molti
     agricoltori che stanno riprendendo la coltivazione per
     la produzione di semi, olio e farina (leggi QUI). Visto
     lo stato critico dei nostri territori, sarebbe molto
     interessante approfondire l’argomento attraverso
     convegni ed esperti del settore. Perché non farlo alla
FLA?

Oltre ad essere la sede istituzionale della FLA, il Centro
Ricerche e Formazione Ambientali è un luogo di diffusione
della scienza e della cultura. L’auditorium del piano terra è
uno spazio concepito come luogo in grado di ospitare
conferenze, convegni, workshop, corsi di formazione a
disposizione di enti, istituzioni ed altre organizzazioni che,
come la Fondazione, lavorano per la divulgazione scientifica e
culturale.

Solitamente, come metodo di divulgazione scientifica, tendiamo
nei convegni a non affrontare argomenti particolarmente
specifici. Occorrerà quindi inquadrare l’argomento in un
contesto più ampio che ne sottolinei i benefici e i risvolti
positivi per l’ambiente e quindi la qualità della vita dei
cittadini. Se verranno risposte tutte queste prerogative, si
potrà verificare la possibilità di ospitare un eventuale
convegno sul tema pur non essendo, la canapa e più in generale
il tema delle coltivazioni, un argomento centrale della nostra
attività di ricerca scientifica.

     La FLA è patner del ‘Progetto Gestire’ finalizzato alla
     salvaguardia e al ripristino della biodiversità della
     Rete Natura 2000 della Lombardia. Quali sono stati gli
     habitat che vi hanno visto direttamente interessati per
     la loro tutela?
Sin dall’inizio delle politiche
                             Natura 2000, la Fondazione ne ha
                             seguito per Regione Lombardia
                             l’attuazione e lo sviluppo sul
                             territorio regionale e nazionale,
                             in    particolare      con     la
                             realizzazione      della    Rete
                             ecologica Regionale e la sua
                             implementazione a livello locale.
                             Natura 2000 è la rete di Siti
                             protetti istituiti ai sensi di
                             due   Direttive     Comunitarie
                             (“Habitat” e “Uccelli”) per la
                             conservazione di specie animali e
                             vegetali      di    particolare
                             importanza a livello europeo.

Ci siamo occupati, in qualità di responsabili scientifici,
della stesura del programma di monitoraggio delle specie e
degli habitat inseriti negli allegati delle due direttive e
stiamo collaborando attivamente alla realizzazione del
Documento programmatico per la gestione della Rete Natura 2000
e del PAF (Prioritized Action Framework), un documento che
raccoglierà le azioni necessarie, elencate per priorità, per
la gestione della rete Natura 2000 in Lombardia per il periodo
2015-2020. Il documento conterrà, tra le altre cose, una
panoramica introduttiva sullo stato di conservazione di
habitat e specie, gli obiettivi di conservazione strategici la
descrizione delle misure fondamentali per raggiungerli, tutti
temi su cui la FLA è ormai impegnata da anni.
Fondazione Lombardia per l’Ambiente
                      Largo 10 Luglio 1976, n. 1 – Seveso (MB)
                                  Per info tel. +39 02 8061611
                                           fax +39 02 80616180
                                     e-mail: flanet@flanet.org

Ritorno   al                   passato              con…
Davide Gangi
Davide Gangi, editor e responsabile di redazione del portale
di enogastronomia e turismo Vinoway.com

Nel 2011 ho iniziato a scrivere proprio lì, nella mia rubrica:
“L’Angolo di Cinzia”. Era l’inizio della mia avventura nel
mondo della comunicazione enogastronomica. A dire la verità
quando mi fu chiesto rimasi un po’ perplessa. Dopo aver
riflettuto per bene accettai, ma solo a patto di poter
raccontare le produzioni partendo dalle persone. Non ci si
inventa esperti da un giorno all’altro, per scrivere di cibo e
vino serve preparazione e anni di esperienza. Ma non solo,
serve umiltà, vero credo e molta passione. La tenacia e la
determinazione poi fanno il resto.

Ricordo una telefonata di Davide, e la richiesta che mi fece
di scrivere solo dei territori della Lombardia, regione in cui
per ora risiedo. Non ci trovammo d’accordo; per questo decisi
di continuare per conto mio. Come ho scritto poco fa, quando
si crede sul serio nel proprio operato, nonostante le
difficoltà e spesso le delusioni, si va avanti. Con Davide,
comunque sia andata, non ci siamo persi. La stima reciproca ci
ha fatto superare le incomprensioni, e quando il tempo ce lo
permette, non manca una chiacchierata.

Davide, ora a noi due, questa volta tocca a te rispondere alle
mie domande.

     Inizio col chiederti qual è il tuo pensiero su quanto ho
     scritto relativamente alla fretta di molti nel voler
     entrare nel settore della comunicazione enogastronomica.
     Il rischio nell’essere impreparati, è quello di
     trasmettere informazioni confuse che non generano vera
     cultura in un comparto importante come questo. Cosa ne
     pensi?

E’ un argomento abbastanza delicato e non vorrei peccare di
presunzione o addentrarmi in dinamiche complesse. Vero è che
la conoscenza enogastronomica, da parte di molti, si è
allargata a macchia d’olio proprio attraverso la quantità di
informazioni presenti ad ogni livello mediatico, ma questo ha
determinato un over booking che spesso crea più confusione che
reali arricchimenti culturali. Molti oggi si atteggiano a
“Robert Parker” o a ispettori di grandi guide gastronomiche e
questo senz’altro non fa bene al settore.

     Torniamo a te. Raccontami com’è iniziato il tuo percorso
     nell’enogastronomia?

La mia passione per l’enogastronomia ha origini lontane, pensa
che a diciassette anni ho iniziato a fare pianobar nei
migliori ristoranti di Catania e mi affascinava la
ristorazione e tutto ciò che la circonda. Ho avuto la
possibilità di conoscere bravissimi Chef e Gourmet che mi
hanno spiegato molte dinamiche del settore. Ho fatto scuola di
sommelier e assaggiatore, ho preso qualche lezione di cucina e
mi sono prestato ad essere giudice di guida di vini. Ho
appreso molto solo bevendo e confrontandomi, ma ancora oggi
non mi sento in grado di definirmi un intenditore o un
esperto, non lo potrò essere mai perché sono consapevole che
esiste sempre qualcuno che ne sa più di me. Posso dire che in
questa realtà è importante non essere mai arroganti,
presuntuosi e che l’umiltà è la forza vincente.

     Dirigi Vinoway ormai da diversi anni. Vuoi fare una
     riflessione sull’evoluzione della comunicazione in
     questo settore nell’ultimo decennio? Te lo chiedo perché
     secondo me c’è molta voglia di ritorno al passato, nel
     senso che c’è nostalgia del modo in cui una volta si
     raccontavano le produzioni e le persone protagoniste.
     Ovviamente questa è solo la mia opinione, quella di una
     donna che ama il mondo agricolo, e che con molta
     passione ne ascolta le storie e le difficoltà.

In effetti è come dici tu, gli appassionati del settore
vogliono sentirsi vicini ai produttori, agli chef, ai gourmet,
per capire le loro origini, i sacrifici, le loro storie… In
questo li possiamo aiutare noi attraverso la comunicazione che
senz’altro è cambiata in questi ultimi anni, così come è
cambiata la realtà socio-economica in cui viviamo, ma la
comunicazione del vino o del settore non è sufficiente se non
c’è lo sforzo anche da parte degli addetti ai lavori di
rendere accessibile un po’ a tutti la possibilità di
frequentare ristoranti ed enoteche.
Viviamo un periodo di crisi che scoraggia gli appassionati ad
avvicinarsi a determinate realtà, quindi è apprezzabile
l’impegno di molti di creare “assemblee”, eventi dove anche
con cifre modeste si possono degustare cibi e vini prelibati.

     Siamo a pochi mesi da Expo2015, un evento unico per
     l’Italia sull’alimentazione e la nutrizione che andrà
     comunicato al mondo. E’ pronto lo staff di Vinoway?

Si tratta sicuramente di un evento importantissimo e, così
come siamo stati presenti in altre fiere e rassegne, stiamo
lavorando per una nostra partecipazione alla manifestazione.
Non farmi dire altro…

     Domanda di rito. Bilanci e progetti per il futuro?
Il bilancio è senz’altro positivo, avevamo programmato un
percorso e posso sicuramente affermare che siamo andati oltre
le più rosee aspettative.
Abbiamo saputo creare, anche
con qualche difficoltà, un
team affiatato e competente,
formato da autori selezionati
in   tutto    il   territorio
nazionale     e  dal    lavoro
“oscuro” e prezioso del mio
socio-amico Alessandro Ren,
ideatore di Vinoway.
Vinoway       è     diventata
associazione       culturale,
Vinoway Italia, abbiamo creato
anche un’agenzia di comunicazione, Acinus, e stiamo lavorando
per l’apertura di due piattaforme che saranno dedicate al
turismo e al mondo della birra. Stiamo aprendo un ufficio
estero che servirà per creare contatti con le aziende che
vorranno affidarsi a noi per la loro crescita attraverso la
partecipazione a fiere, work shop, eventi e congressi
internazionali. Saremo presenti in molte fiere nazionali ed
internazionali per il 2015/2016 e organizzeremo eventi in
molte regioni italiane.

     Amo la Puglia, un amore dettato dalla bellezza dei suoi
     territori, dal suo mare, dalla sua storia, e dalla sua
     meravigliosa cucina tipica. Indimenticabile un piatto
     della tradizione salentina tra i più buoni che io abbia
     assaggiato: i ciceri e tria. Una cuoca che difficilmente
     dimenticherò, me l’ha preparato a Torre dell’Orso
     qualche anno fa. Sono certa, visto che sei pugliese, che
     avrai avuto modo di apprezzarlo. La cosa che mi lascia
     perplessa è che ai più del settore, anche agli stesi
     pugliesi, è sconosciuto. Sono dell’idea che gli italiani
     gradirebbero, più che fantasiose creazioni, proposte
     della grande tradizione regionale.
Amo anch’io la Puglia e mi sembra riduttivo racchiudere la
cucina in un solo piatto, anche se apprezzabile. La tradizione
gastronomica pugliese è molto ampia e mi fa piacere ricordare
anche cicorie e fave, orecchiette con le cime di rape, la
focaccia, i panzerotti, le burrate, riso patate e cozze, il
marro e molte altre prelibatezze che varrebbe la pena di
assaggiare.
Proprio per questo abbiamo iniziato con la Puglia una serie di
eventi nella Capitale, “Degustazioni Romane”, dove abbiamo
selezionato le migliori eccellenze enoiche e gastronomiche del
territorio ed andremo avanti anche con altre regioni italiane
per far conoscere ed apprezzare il meglio della ricca
produzione nazionale.

Concludo con un saluto, ma soprattutto con un arrivederci.

La canapa, una pianta vista
con sospetto, che i sospetti
suscita su chi li crea.
Cannabis Sativa

Molti non sanno che fino ai primi del ‘900 noi italiani
eravamo il secondo produttore mondiale di canapa per la
quantità prodotta (secondi solo all’Unione Sovietica), e il
primo per la qualità. Essendo allora un paese le cui economie
erano prevalentemente agricole, dedicarsi ad una coltivazione
altamente produttiva, resistente, e dalla crescita veloce, era
una scelta opportuna ed economicamente conveniente.

La produttività della Cannabis Sativa, coltivabile legalmente
per il basso contenuto di THC (tetraidrocannabinolo, sostanza
psicoattiva prodotta dai fiori di cannabis), è data dai
moltissimi prodotti che da essa si possono ricavare. Mi
riferisco all’olio, alla farina, alla carta, ai materiali per
l’edilizia, ai combustibili da biomasse e ai tessuti. A
proposito di quest’ultimi, a Carmagnola, nel torinese, veniva
coltivata e lavorata una varietà particolarmente apprezzata di
canapa tessile. Parlo di un tessuto naturale che, con
l’avvento delle fibre sintetiche, è stato soppiantato.

Dal punto di vista alimentare, i vantaggi nell’assumere cibi
con derivati di canapa (semi, farine e olio), sono documentati
da ricerche che ne confermano i benefici per l’organismo.
Grazie ai grassi Omega 3 e Omega 6 si ha un effetto preventivo
sui disturbi legati all’arteriosclerosi e alle malattie
cardiovascolari.

Una pianta dalle molte risorse che, visti i presupposti, è da
rivalutare ma soprattutto da coltivare. Siamo in tanti a
spingere per ricostituire l’intera filiera che permetta
all’Italia di riprendere questa tradizione che ci distingueva
nel mondo. Molti lo stanno già facendo, come ad esempio
Pasquale Polosa, socio fondatore di Canapa Lucana S.r.l.s. a
Oppido Lucano, in provincia di Potenza. Dopo averlo contattato
gli ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza.
Semi di canapa

     Ciao Pasquale. Da circa tre anni insieme ad alcuni amici
     hai destinato dodici ettari di terreni alla coltivazione
     della canapa. Mi racconti come hai iniziato e che cosa
     ti ha convinto a investire in questa coltura che i più
     guardano ancora con sospetto?

Conosco da tempo le proprietà della canapa e i molteplici
benefici che essa apporta all’uomo, agli animali e
all’ambiente, e ne sono da sempre affascinato. Ho deciso di
iniziare qualche hanno fa per portare in agricoltura un po’ di
innovazione, con particolare interesse al benessere e
all’ambiente, visto che ho scoperto che la sua coltivazione è
legale. Quando un mio amico – e ora socio – che studiava
economia ha presentato un progetto d’esame relativo alla
coltivazione della canapa, insieme ad un altro amico comune,
si è intrapreso questa strada.

     Quali sono state le maggiori difficoltà che hai
     incontrato e che incontri tutt’ora nella conduzione
     della tua azienda agricola?
Il nostro obiettivo non era solo quello di coltivarla per noi,
ma di coinvolgere più persone interessate a questa
coltivazione e raggrupparle. Il problema è che una nuova
coltura, con un mercato sconosciuto, non è una cosa semplice
da far capire. Oggi possiamo dire che tutto questo è superato,
essendo molte le aziende che coltivano e tante ancora quelle
interessate. Ci sono ormai parecchi ettari di coltivazione
all’attivo.

     Come ho già scritto la canapa ha un’alta produttività.
     Quali sono le vostre produzioni?

Noi ne raccogliamo il seme, ricco di nutrienti e proprietà
benefiche. Ne estraiamo l’olio che contiene Omega 6 ed Omega
3, numerose vitamine e sali minerali. La parte solida che ne
rimane, va a molitura per fare la farina. Quest’ultima
mantiene la parte proteica del seme, e soprattutto tutti gli
amminoacidi essenziali. Con la farina si può fare tutto quello
che normalmente viene fatto con altre farine. I nostri
prodotti che vanno per la maggiore sono pasta e olio.

       Canapalucana
Sei membro dell’associazione Assocanapa Basilicata. Che
     cosa si prefigge questa associazione e come interviene
     per far conoscere i benefici e gli utilizzi di questa
     pianta?

La nostra associazione è nata con lo scopo di promuovere,
tutelare e diffondere la coltivazione della canapa e il suo
impiego nei vari settori produttivi. Puntiamo a farne
conoscere le proprietà e i tantissimi utilizzi possibili. Per
questo organizziamo eventi sociali e informativi che ci
rapportano spesso con enti e istituzioni, e diamo supporto
agli agricoltori che sono propensi o che già coltivano la
canapa.

     La canapa contribuisce a risanare i terreni inquinati.
     Com’è la salute ambientale in Basilicata?

Credo che un po’ in tutto il mondo l’ambiente sia compromesso,
purtroppo per diversi fattori. L’agricoltura intensiva è una
delle cause; la canapa, in questo senso, può aiutare a
risolvere alcuni problemi. In questo momento la preoccupazione
più grande per la Basilicata e per il suo futuro, è l’aumento
delle estrazioni petrolifere che alcuni vorrebbe attuare. Ci
sono già alcune aree critiche nella regione, e con questa
azione, si rischierebbe di crearne altre. Questo problema non
riguardando solo la Basilicata, sta mobilitando persone e
associazioni di molte regioni d’Italia decise a lottare per
tutelare i territori e l’ambiente.

     Amo, studio e ricerco tutto ciò che riguarda la medicina
     naturale. Per questo motivo non posso che favorire il
     consumo dei derivati della canapa anche in cucina.
     Quando ne ho l’occasione infatti, cerco di stimolare i
     cuochi affinché usino questi prodotti nelle loro
     preparazioni. Nella tua azienda organizzi eventi in tal
     senso?

Si. Nell’arco dell’anno con l’associazione organizziamo
diverse feste ed eventi, sia sul campo, quando facciamo la
giornata del raccolto e le visite nei campi, sia sul
territorio con sagre, feste ed eventi degustativi.

– Alcune Norme che disciplinano la sua coltivazione:

Reg.   del Consiglio n. 1234/2007
Reg.   del Consiglio n. 73/2009
Reg.   della Commissione n. 1122/2009
Reg.   del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1307/2013

www.canapalucana.it
info@canapalucana.it

Tartufi&Friends, dopo Roma e
Milano continua il percorso
nella Food Halls di Harrods a
Londra.
Il 23 Febbraio, entrando a Tartufi&Friends di Milano, dopo una
giornata vissuta intensamente per i tanti impegni, mi sono
concessa una pausa di natura e di gusto chiedendo alla gentile
barlady Paola Coppini un cocktail agricolo: un Bloody Mary
rivisitato alle erbe.

E’ iniziata così la serata di presentazione della nuova sede
di Tartufi&Friends che, dopo Roma e Milano, apre un nuovo
locale a Londra, nell’esclusivo Harrods, il ‘food emporium’
più famoso al mondo.

Bruce Langlands, direttore dei Ristoranti e Food Halls di
Harrods, ha ritenuto rappresentativo un prodotto del nostro
territorio che ci distingue: il tartufo. Un fungo ipogeo
spontaneo apprezzato dagli appassionati per il puro piacere
gustativo, la cui ricerca avviene per mani esperte da
Settembre a Gennaio.

Alberto Sermoneta, CEO di Tartufi&Friends, con orgoglio, ci ha
espresso la sua soddisfazione per l’opportunità di entrare nel
‘food emporium’ più famoso al mondo.

     Bloody Mary rivisitato alle erbe

In un ambiente elegante e raffinato, curato dall’architetto
Laura Franco, avvolta dalle atmosfere retrò e da un rigoglioso
giardino verticale, ho potuto apprezzare le preparazioni dello
chef romano Alessandro Cocco. Una giovane promessa della
cucina italiana che ha già avuto modo di cimentarsi nel
ristorante Social Heinz Beck di Dubai, e nel ristorante Resort
l’Andana tenuta la Badiola Maison Alain Ducasse.

Una cena con un menù che ho avuto il piacere di degustare in
anteprima, in cui il tartufo è stato protagonista, ma senza
mai prevaricare gli altri sapori. Ognuno ha i suoi gusti, ma
per me, come si suol dire, la morte sua è con le uova!

     Uova in camicia su fondutina di pecorino con tartufo
     fresco
Tartare di Manzo Fassone, uova di quaglia e tartufo
fresco
Truffle Martini Tartufi

Una serata di gran gusto conclusa con un tonico tra i miei
preferiti, la China Clementi. Un digestivo dalla lunga storia,
prodotto dall’antica officina farmaceutica fondata nel 1880
dal Dottor Giuseppe Clementi, a Fivizzano, in provincia di
Massa Carrara.

Il principio attivo, la China, è di particolare interesse dal
punto di vista erboristico per le sue proprietà benefiche e
digestive, e per l’azione normalizzante sulla funzionalità
dell’apparato digerente.
China Clementi

www.tartufiandfriends.it
Live Wine 2015, comunque la
mettiate, si parla sempre di
agricoltura e di produzioni.
Sono tanti ormai gli eventi legati al vino. Per certo non sono
i nomi che mi attirano, ma i contenuti e i protagonisti. Se
poi ad invitarmi sono dei cari amici, questi appuntamenti si
trasformano in occasioni di incontri e di saluti. E’ per
questo che nonostante gli impegni degli ultimi giorni, mi sono
ritagliata qualche ora per visitare Live Wine 2015, il salone
internazionale del vino artigianale di Milano, una
manifestazione dedicata ai vignaioli che lavorano la terra in
modo consapevole e sostenibile.

Si parla di agricoltura e di produzioni, sempre e comunque.
Stiamo lentamente tornando a ciò che è stato e a ciò che
eravamo. Vivevamo grazie all’agricoltura, ma poi ci siamo
buttati nelle città svuotando le campagne. Quanto ci manca
quella vita all’aria aperta che ci permetteva di stringere tra
le mani qualcosa di vero? Tanto lavoro, ma alla fine della
giornata una stanchezza diversa. Per questo amo parlare con
gli agricoltori, discutere con loro mi permette di
approfondire le tematiche di mio interesse.

Qui di seguito riporto alcuni momenti di questa giornata.

Interessante chiacchierata con l’enologo Flavio Faliva di Cà
del Vént, a Cellatica in provincia di Brescia. Abbiamo
iniziato a parlare confrontandoci sull’uso della solforosa e
dei vini cosiddetti naturali. Quando poi nel discorso è stata
citata l’agricoltura ‘biodinamica’, mi è venuto spontaneo
sorridere. Ho molto rispetto per chi adotta pratiche che
tutelano gli ecosistemi, ma quanto a definirsi biodinamici è
tutto un dire. L’inquinamento di molti terreni, oltre che a
quello atmosferico, difficilmente permette con coerenza
l’applicazione delle teorie di Rudolf Steiner. Comunque sia,
ammiro chi si orienta verso scelte di coltivazione che
permettano di ottenere produzioni senza chimica.

       Flavio Faliva Enologo Cà del Vént – Cellatica
       (BS)

Spostandomi allo stand successivo, mi sono dedicata
all’assaggio di Masquè Perricone 2012 Porta del Vento,
dell’azienda agricola Marco Sferlazzo di Camporeale, in
provincia di Palermo. Pubblicando l’immagine su Instagram mi è
venuto spontaneo scrivere: “Degusto ottimi vini poco proposti.
Ristoratori, osate!” La risposta di uno di loro è stata
immediata: “Osiamo! Peccato che molte persone non capiscono e
chiedono vini conosciuti o a basso costo” Francesco D’Oriano,
titolare dell’Osteria La Biscaggina di Livorno. Capisco che
non sia facile, ma il compito del ristoratore è anche quello
di guidare il cliente verso scelte valide e alternative.
Apprezzo molto chi lo fa con me. Ma torniamo al vino…
Perricone, un raro e antico vitigno autoctono siciliano,
caratterizzato da grappoli a forma conica. Un vino poco
conosciuto che nasce in una vallata ventosa in provincia di
Palermo che ho apprezzato per il carattere.

       Maquè   Perricone   2012   Porta   del   Vento   –
       Camporeale (PA)

Basilicata, una regione che conosco poco. Forse è per questo
che mi sono fermata davanti allo stand di Antono Cascarano
dell’azienda agricola Camerlengo di Rapolla, in provincia di
Potenza. Un architetto che ha deciso a quarant’anni di
iniziare a produrre vino continuando la tradizione del nonno
Giovanni. Ho assaggiato ‘Accamilla’ 2013 Malvasia IGP,
dedicato a Camilla, il suo Bull dog scomparso. Non sono molto
attratta dai vini bianchi, ma alcuni, tra cui questo, sono
davvero interessanti.
Antonio Cascarano dell’azienda       agricola
       Camerlengo – Rapolla (PZ)

Un piacere incontrare Stefano Menti dell’azienda agricola
Giovanni Menti di Gambellara, in provincia di Vicenza. Le mie
origine venete mi hanno richiamato a lui. Notate i tappi a
vite e a corona delle sue bottiglie nell’immagine che lo
ritrae. Nonostante molti siano sfavorevoli, ad eccezioni di
alcune tipologie di vino, sono una valida alternativa all’uso
del sughero e agli spiacevoli inconvenienti che ne derivano.
Inoltre, come ho scritto recentemente, sono ben accetti nei
paesi nordici per la loro comodità nel portarsi a casa il
vino non terminato al ristorante.
Stefano Menti

Conoscete l’Isola del Giglio? Si trova in provincia di
Grosseto, di fronte al Monte Argentario. Ha bellissime spiagge
e un mare limpidissimo. Ci sono stata anni fa, per la
precisione a Giglio Castello, tra mura medievali e piccole
cantine. Ho avuto modo di ritrovare quelle terre bevendo
Ansonaco Carfagna di uva ansonaca in purezza, dell’azienda
agricola Artura. Il consiglio è di non berlo freddo, o meglio,
di berlo a temperatura di cantina.
Vigneto Altura

Mentre stavo andando via ho visto lo stand di Fulvio Bressan.
Non lo conoscevo personalmente, sapevo però delle polemiche
che recentemente l’hanno riguardato. Volevo farmi un’idea del
personaggio, ruvido per certi versi, per me, dopo averlo
conosciuto, assolutamente innocuo. Ci siamo presentati e
abbiamo condiviso esperienze. Riporto un passaggio che
condivido della sua filosofia: “Non sono biologico, anche se
la mia regola personale mi impone condizioni di vigna e di
cantina ancora più severe di quelle delle varie
‘certificazioni’. Non sono biodinamico, perché so che
purtroppo le regole possono essere cavalcate dalle mode, e so
che nulla è più facile che imporre regole per poi violarle,
approfittandosi, così, dell’ingenuità degli altri.” Per ora mi
accontenterò delle impressioni che ho avuto conoscendolo in
una fiera, con un semplice scambio di opinioni. Ovviamente ho
assaggiato anche il suo vino. Quando una persona mi ha chiesto
cosa ne pensassi, ho risposto che il suo vino è il vino di
Bressan.

       Fulvio Luca Bressan – Farra D’Isonzo (GO)

Dovevo proprio scappare… il tempo a mia disposizione era
finito. Non prima però di avere fatto un’ultima cosa. Mi
aspettava un piatto di Tajarin ai funghi e pomodoro preparato
dal mio caro Mauro Musso, un vero artigiano della pasta che
utilizza solo materie prime di qualità. Vi invito a leggere
cliccando QUI, alcune sue indicazioni sull’Agricoltura
naturale.  Aprite la mente!
Mauro Musso e i suoi Tajarin
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