Vinitaly 2015, ora do i numeri ! - Storie di Persone di Cinzia Tosini
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Vinitaly 2015, ora do i numeri ! Tranquilli, non sto dando nessun numero, tranne quelli che arrivano direttamente da Vinitaly, il 49° Salone Internazionale del Vino e dei Distillati che si è appena concluso. Si riferiscono ai quattro giorni dell’evento clou che muove l’Italia del vino, delle passioni e degli affari. Leggete un po’qui… • 576.000 bottiglie stappate • 200.000 tonnellate di vetro • 8 tonnellate di tappi di sughero • 130.000 bicchieri utilizzati • 11.100 follower di @VinitalyTasting su Twitter • 116.000 like della pagina ufficiale di Vinitaly su Facebook Non c’è dubbio, Vinitaly è Vinitaly, una grande vetrina del business nel settore enologico che, per gli appassionati, rappresenta un’occasione speciale per viaggiare nei territori assaggiando vini. Lo confermano i numeri della viticoltura italiana elaborati dai dati di Veronafiere/Vinitaly. • 380.000 circa le aziende vitivinicole italiane • 665.000 ettari vitati • 40 milioni hl di vino, produzione 2014 stimata da Assoenologi (- 17% rispetto al 2013) • 73 DOCG, 332 DOC e 118 IGT • 10-12 miliardi di euro il fatturato del vino (5,1 derivanti dall’export) Cifre che fanno girare la testa, e non per l’assaggio dei vini, ma per la grande risorsa che questo comparto rappresenta per il futuro dell’economia italiana. Le semplificazioni burocratiche e le politiche agricole per il sostegno della
viticoltura sono essenziali e prioritarie. A questo proposito si auspica che il Testo Unico delle norme sul Vino, e il piano straordinario che prevede lo stanziamento di 48 milioni di euro per la tutela del made in Italy, abbia presto completa attuazione. “Il vino nel suo complesso è un settore che vale oltre 10 miliardi di euro, dei quali più di 5,1 generati dall’export.” Ettore Riello, Presidente di Verona fiere. E’ indispensabile investire nello sviluppo di strategie a garanzia della qualità e dell’innovazione in agricoltura, nell’enoturismo e nella giusta comunicazione per la diffusione della cultura del vino, della conoscenza dei territori e delle persone protagoniste. Tutto ciò per far si che una bottiglia di vino sappia trasmettere, oltre che piacere, emozioni, storia e territorio. Inoltre, un pizzico di entusiasmo in più degli addetti alla ristorazione nelle proposte di produzioni meno conosciute, farebbe bene al vino, e salverebbe vitigni che fanno della viticoltura italiana una ricchezza che ci distingue nel mondo. Lo dico ovunque e lo continuerò a dire, per la passione che ho per la viticoltura e per il mondo agricolo. Qui di seguito alcune immagini della mia giornata a Vinitaly 2015. Nessun accredito e nessun impegno, solo un lunedì passato in compagnia di persone con la mia stessa passione per il vino. Cosa mi è piaciuto? Be’, sicuramente salutare produttori già conosciuti in questi ultimi anni durante le mie visite, e conoscerne altri che andrò a trovare direttamente in vigna. Oltre a ciò, ho avuto il piacere di fare ottimi assaggi ampliando così le esperienze sensoriali che nel tempo contribuiscono a formare il ‘bagaglio’ necessario per chi vive questo settore. Cosa non mi è piaciuto? Sicuramente il traffico e la confusione che conosce bene solo chi è stato più volte a
Vinitaly, una fiera dai grandi numeri, che per quanto mi riguarda, non sostituirà mai la passione per quelli piccoli. Müller Thurgau 2012 DOC Tiefenbrunner Sudtirol – Alto Adige
Un esempio di imprenditoria giovanile. Ivan, Andrea, Matteo e Paolo: i Mastri Speziali. Lo Zafferano in Brianza. “L’agricoltura come ‘natura naturata’ ossia la natura che diventa oggetto, prende forma, grazie all’azione della natura stessa, l’uomo.” Ivan Lalli Ivan, Andrea, Matteo e Paolo, classe tra il 1986 e il 1991, rispettivamente di Parma, Messina, Milano e Roma. Quattro giovani che si sono conosciuti durante gli studi universitari, ora Mastri Speziali. Cosa fanno? Dal 2011 producono zafferano e derivati a Usmate Velate, nella campagna della Brianza. Una spezia conosciuta fin dall’antichità per le proprietà terapeutiche antiossidanti, antivirali e antibatteriche. Sono andata a trovarli un po’ di tempo fa, ‘sul campo’, per conoscerli parlando con loro a tu per tu, come piace a me. Amo confrontarmi con i giovani che investono le loro energie in agricoltura. Sono formati dalle università ma hanno bisogno di supporto dalle istituzioni e da chi fa comunicazione. Molto si sta facendo ma molto serve ancora. Per questo, attraverso le loro parole, ora ve li farò conoscere. Tutto è nato dal vostro incontro durante il percorso
universitario, ma anche dall’esperienza fatta da Ivan durante un viaggio nel Kashmir in India. Ivan tocca a te. Me ne parli’? Innanzitutto devo sottolineare l’importanza del periodo universitario. Ho avuto la fortuna di incontrare una compagnia di ragazzi veramente appassionati al mondo agricolo e dell’agroalimentare che ci coinvolsero con un associazione, www.associazionecerere.it, nata apposta per vivere a fondo questa passione. Questo ha permesso che imparassimo a conoscere differenti realtà, esperienze e uomini che con il loro lavoro vivevano qualcosa di magico. Da qui nasce il nostro desiderio di poter fare un’esperienza simile e la baldanza nel lanciarci nella sfida delle spezie e dello zafferano. Il viaggio in India è stato una conferma di tutto ciò. In parte perché mi ha fatto scoprire quanto siamo fortunati in Italia per come siamo educati a guardare una cosa semplice come il cibo e il lavoro, e ha rivestirli di un grandissimo valore; in parte perché trasferendomi proprio nella regione del Kashmir ho potuto vedere come l’uomo di fronte alla bellezza è più uomo: le zone dove si coltivava Zafferano erano infatti più “civili”, pur nel dramma del dominio dell’integralismo islamico (una notte hanno assassinato il barista da cui la sera prima avevo consumato alcolici). Mi raccontate meglio come avete iniziato, ma soprattutto, quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato? Abbiamo iniziato al matrimonio di Andrea, quando attorno ad un tavolo io Matteo e Paolo ci siamo lasciati dandoci appuntamento alla settimana seguente per il primo di una lunga serie di incontri settimanali. Le difficoltà sono state soprattutto all’inizio. La ricerca di un terreno in affitto sembrava trasformarsi in un’odissea: bussammo a decine di cascine e aziende trovando solo porte chiuse.
Un altro momento difficile fu la costituzione della società: definire uno statuto che regolamentasse i rapporti tra quattro persone e di queste con lo stato non è stato semplice. Fortunatamente ci hanno presentato un bravo commercialista che aspira alla santità che ci sta aiutando tanto. L’ultimo episodio che racconto è la scelta delle confezioni e la loro grafica. L’essere in 4 poteva essere una difficoltà: 4 gusti differenti, 4 teste che vorrebbero mettere qualcosa di proprio nella creatura… Siamo riusciti a vedere tutto ciò come risorsa e a fare un ottimo prodotto. Ascoltandovi ho apprezzato i metodi di produzione agricola che avete adottano nel rispetto dell’ambiente. In particolare mi hanno interessato le tecniche di controllo dei fertilizzanti. Lascio a voi continuare… Noi vorremmo adottare un approccio responsabile e razionale
all’agricoltura. Quindi andiamo al di là delle mode nel coltivare la terra. Per esempio nella concimazione del campo per ora stiamo usando letame che è meno invasivo se vogliamo, in parallelo stiamo facendo dei test per cercare di definire al meglio gli elementi che lo Zafferano consuma per somministrarglieli in forma granulare che è più precisa. Infatti il letame ha dei grossi limiti: è molto disomogeneo nei contenuti e potrebbe o impoverire il terreno o rovinarlo liberando elementi in eccesso. Da dove provengono i vostri bulbi, e come è avvenuta la scelta? I nostri bulbi vengono un po’ dall’Italia un po’ dall’estero. Abbiamo e stiamo cercando la qualità. Non si può generalizzare. Ogni produttore lavora a suo modo. Noi abbiamo cercato un produttore italiano ma siamo rimasti delusi, con quello estero ci siamo trovati meglio.
Lo Zafferano in Brianza, diciamo una coltura non proprio legata al territorio. Scelta coraggiosa o consapevole? In primis una scelta di cuore: la Brianza nasconde angoli che fanno proprio innamorare. Da qui con coraggio e consapevolezza dei rischi e delle fatiche, ci siamo lanciati in un mondo nuovo. Ivan, torniamo a noi. Sei laureato in biologia tecnologica. Ti citerò le parole del filosofo olandese Baruch Spinoza (1632-1677): “La Natura non può essere considerata una cosa statica: al suo interno si esplica un’attività. (…) L’azione della Natura non può svolgersi che su se stessa, provocando però uno sdoppiamento fra
soggetto (Natura naturans) e oggetto (Natura naturata). All’interno di questo processo dinamico della Natura emerge con chiarezza il problema del rapporto fra libertà e necessità.” Ti chiedo di approfondirmi una questione che abbiamo iniziato a discutere insieme durante la mia visita, mi riferisco agli OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Un termine ormai demonizzato dai media. Come stanno realmente le cose per te? Io considero l’agricoltura come “natura naturata” ossia la natura che diventa oggetto, prende forma, grazie all’azione della natura stessa, l’uomo. Non riesco ad abbracciare le mode, a vedere l’uomo come il cattivo della situazione. Io vedo che la natura ha leggi che non sono comprensibili in toto all’uomo. Nel corso della storia l’uomo ha cercato di addomesticarla. In un rapporto continuo che non smette mai di crescere, demonizzare la ricerca, bloccare lo scambio di battute tra l’uomo e la natura non porta a niente di buono. L’uomo non è fatto per essere uno struzzo. Deve sempre cercare delle colonne da varcare. Mastri Speziali Produttori di Zafferano e derivati www.mastrispeziali.com mastrispeziali@gmail.com A Seveso c’è la FLA, la Fondazione Lombardia per
l’Ambiente, per promuovere e divulgare l’educazione e la cultura ambientale. Sono passati quasi quarant’anni dall’incidente che ha colpito alcuni comuni della bassa Brianza, in particolare il comune di Seveso. Esattamente il 10 Luglio del 1976 nell’azienda ICMESA di Meda, una fuoriuscita di TCDD, una tipologia di diossina tra le 200 esistenti (sostanze tossiche dannose per la salute), provocò la formazione di una nube che investì i comuni circostanti provocando un disastro ambientale. Il terreno della zona più inquinata, la cosiddetta area ‘A’, fu depositato in vasche e fu sostituito da terreno ‘pulito’, dando vita ad un Parco Naturale che prese il nome di Bosco delle Querce. La storia di questa brutta vicenda italiana è scritta ampiamente in una pagina del sito dedicato a questo parco regionale. Per saperne di più clicca qui: Incidente Icmesa. Da qualche anno abito vicino a quel parco. Ci sono delle belle e lunghe passeggiate da fare nel suo interno. Quando poi la stagione lo permette, ho un posticino sotto un albero in cui amo sostare facendo scorrere il tempo con le mie letture. Ho fatto questa premessa perché, nonostante siano passati molti anni, quando sono in viaggio per l’Italia alla mia risposta su dove abito, ho costantemente la visione di volti perplessi. Il nome di Seveso purtroppo, evoca ricordi nella mente delle persone legati ancora al disastro della diossina. In realtà ci sono aree italiane assai più inquinate, territori in cui ahimè è praticata in modo diffuso l’agricoltura. Comunque sia, per capire meglio lo stato delle cose, recentemente mi sono recata a visitare la FLA, la Fondazione Lombardia per l’Ambiente situata a Seveso. Un centro di
ricerca istituito da Regione Lombardia nel 1986 per promuovere e divulgare l’educazione e la cultura in campo ambientale, munito di un planetario che può ospitare fino a un massimo di 35 persone. Planetario FLA Durante la mia visita ho incontrato il Dott. Fabrizio Piccarolo, Direttore del centro. Dopo un reciproco scambio di punti di vista e riflessioni, gentilmente ha risposto alle mie domande. Fabrizio, per iniziare mi sembra più che doveroso chiederti qual è lo stato di salute ambientale di Seveso? Per una valutazione ambientale del comune di Seveso non si può prescindere dalle caratteristiche ambientali più generali del contesto nel quale è situato: presenta infatti le criticità di un territorio fortemente antropizzato e urbanizzato e che ha risentito delle rilevanti trasformazioni operate dell’uomo nel
corso dell’ultimo secolo. I numerosi studi che la Fondazione ha svolto negli anni a supporto delle politiche ambientali delle pubbliche amministrazioni lombarde sulla qualità dell’aria, il cambiamento climatico, la qualità delle acque, dicono che gli interventi locali per il miglioramento della qualità ambientale sono sicuramente fondamentali, ma assumono ancora più rilevanza e incidenza se attuati in una logica di sistema e di integrazione, anche sovracomunale. E in questa logica bisogna anche valutare lo stato di salute di un comune. Sicuramente le amministrazioni comunali di Seveso hanno particolarmente a cuore le questioni ambientali e negli anni hanno operato in questo senso in modo significativo. Per la storia che ha avuto, il comune di Seveso ha due punti di forza straordinari: la sensibilità e la consapevolezza dei cittadini, che è una delle prerogative per l’attuazione e la riuscita di politiche ambientali, e il Bosco delle Querce, un esempio di estrema virtuosità di livello internazionale, in cui una società – nel senso proprio di societas – ha fatto di un evento drammatico un punto di positività e bellezza per l’intera comunità. E oggi aggiungerei un terzo punto di forza: la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, un luogo di divulgazione del sapere scientifico che rappresenta un’opportunità per tutto il territorio. Seveso, comune associato dai più alla diossina, una sostanza tossica che si sviluppa in natura attraverso la decomposizione di alcuni funghi, e in misura più rilevante, attraverso fenomeni di combustione che la diffondono nell’ambiente. Conseguentemente a ciò, ne assumiamo piccole quantità anche attraverso il cibo. Da esperto quale sei, puoi spiegarmi meglio che cos’è la diossina e quali sono gli effetti sulla nostra salute? Con il termine “diossine” ci si riferisce ad un gruppo di composti chimici che si formano come risultato di alcuni
processi di combustione, come ad esempio l’incenerimento dei rifiuti. Diossina è il nome comune di una sostanza tossica, la tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), sicuramente la più studiata: insolubile in acqua, resistente alle alte temperature e si decompone grazie alle radiazioni ultraviolette in un processo che può durare centinaia di anni. Studi scientifici hanno mostrato che l’esposizione alla diossina può causare numerosi effetti dannosi per la salute, che dipendono da una varietà di fattori che comprendono: il livello di esposizione, quando si è determinata, per quanto tempo e quanto spesso. La soglia massima di tollerabilità è stata infatti fissata dall’Organizzazione mondiale della Sanità in un trilionesimo di grammo al giorno per kg di peso. Come già sottolineato, dalla combustione dei rifiuti si sviluppa diossina. Per ovviare a ciò la raccolta differenziata va sostenuta e incentivata. Seveso in questo senso si è distinta grazie all’alto livello raggiunto. Quali sono le vostre iniziative legate all’informazione in tema di rifiuti e di tutela dell’ambiente? Fino a qualche secolo fa i rifiuti non erano un problema perché tutto ciò che l’uomo “buttava” veniva smaltito naturalmente dall’ambiente. Ora non è più così e i rifiuti sono diventati ufficialmente un problema sia per le generazioni attuali che per quelle future. Da qui la necessità di un’importante azione di informazione ed
educazione ambientale che porti a una accresciuta consapevolezza in merito a questo problema. Fondazione Lombardia per l’Ambiente è da sempre molto attenta a questa tematica. Dal suo arrivo sul territorio sevesino è attiva una collaborazione con Gelsia Ambiente, società che si occupa della raccolta, del trasporto e, per conto o direttamente, dello smaltimento dei rifiuti in 12 comuni della provincia di Monza e della Brianza (tra cui Seveso), e di uno in provincia di Como. Entrambi gli enti sono fortemente impegnati in attività di formazione e di sensibilizzazione dei cittadini relativamente alle tematiche ambientali: tra le finalità istituzionali delle parti vi è la disseminazione della conoscenza e del sapere quale strumento concreto per la formazione di risorse umane, indispensabili per lo sviluppo sostenibile del territorio. Per far capire ai bambini il problema dei rifiuti da qualche anno viene proposto alle scuole primarie e secondarie di primo grado dei Comuni serviti da Gelsia Ambiente, il progetto “IO NON MI RIFIUTO” in cui al percorso formativo sul tema dei rifiuti e della raccolta differenziata è associato un concorso. La partecipazione è un’occasione importante per stimolare i bambini, la loro curiosità e la loro fantasia alla scoperta di soluzioni alternative e più sostenibili al problema dei rifiuti. Inoltre da un anno è in corso a Seveso una sperimentazione sulla raccolta del rifiuto indifferenziato tramite la Radio Frequency Identification, un sistema innovativo di tracciabilità del rifiuto che ha permesso di arrivare a circa l’80% della raccolta differenziata. Tutto questo sarà oggetto di una campagna di informazione basata sulle evidenze scientifiche rivolta ai cittadini. Durante la mia visita ho apprezzato i vostri progetti didattici rivolti alle scuole per formare una coscienza ambientale nelle nuove generazioni. Ritengo l’ambiente e il cibo strettamente connessi tra loro, mi riferisco
allo spreco alimentare. Sono utili in tal senso proposte formative sia per i giovani che per gli adulti. Avete programmi in realizzazione in tal senso ? Fondazione Lombardia per L’Ambiente e la Direzione Generale Ambiente, Energia e Sviluppo Sostenibile di Regione Lombardia stanno collaborando per un efficace conseguimento delle finalità stabilite dalla pianificazione regionale in materia di rifiuti e bonifiche. La collaborazione mira alla realizzazione di un progetto di riduzione dello spreco alimentare quale azione attuativa del Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, in relazione agli obiettivi di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti con finalità, anche, sociali volte a garantire un sostegno alimentare alle categorie disagiate. Per i più piccoli è in fase di realizzazione, con la collaborazione di ARPA, un fascicolo sull’educazione alimentare e sulla sostenibilità ambientale in occasione di Expo 2015 da distribuire gratuitamente alle scuole della Lombardia che ne faranno richiesta. A questo seguiranno altri tre innovativi volumi gratuiti, dedicati alle scuole primarie, che potranno essere utilizzati insieme ad una App interattiva. Recentemente ho fatto qualche ricerca sulla canapa, una pianta dalle molte proprietà, robusta e facile da coltivare, ma soprattutto in grado di contribuire a risanare i terreni inquinati. Tra l’altro ci sono molti agricoltori che stanno riprendendo la coltivazione per la produzione di semi, olio e farina (leggi QUI). Visto lo stato critico dei nostri territori, sarebbe molto interessante approfondire l’argomento attraverso convegni ed esperti del settore. Perché non farlo alla
FLA? Oltre ad essere la sede istituzionale della FLA, il Centro Ricerche e Formazione Ambientali è un luogo di diffusione della scienza e della cultura. L’auditorium del piano terra è uno spazio concepito come luogo in grado di ospitare conferenze, convegni, workshop, corsi di formazione a disposizione di enti, istituzioni ed altre organizzazioni che, come la Fondazione, lavorano per la divulgazione scientifica e culturale. Solitamente, come metodo di divulgazione scientifica, tendiamo nei convegni a non affrontare argomenti particolarmente specifici. Occorrerà quindi inquadrare l’argomento in un contesto più ampio che ne sottolinei i benefici e i risvolti positivi per l’ambiente e quindi la qualità della vita dei cittadini. Se verranno risposte tutte queste prerogative, si potrà verificare la possibilità di ospitare un eventuale convegno sul tema pur non essendo, la canapa e più in generale il tema delle coltivazioni, un argomento centrale della nostra attività di ricerca scientifica. La FLA è patner del ‘Progetto Gestire’ finalizzato alla salvaguardia e al ripristino della biodiversità della Rete Natura 2000 della Lombardia. Quali sono stati gli habitat che vi hanno visto direttamente interessati per la loro tutela?
Sin dall’inizio delle politiche Natura 2000, la Fondazione ne ha seguito per Regione Lombardia l’attuazione e lo sviluppo sul territorio regionale e nazionale, in particolare con la realizzazione della Rete ecologica Regionale e la sua implementazione a livello locale. Natura 2000 è la rete di Siti protetti istituiti ai sensi di due Direttive Comunitarie (“Habitat” e “Uccelli”) per la conservazione di specie animali e vegetali di particolare importanza a livello europeo. Ci siamo occupati, in qualità di responsabili scientifici, della stesura del programma di monitoraggio delle specie e degli habitat inseriti negli allegati delle due direttive e stiamo collaborando attivamente alla realizzazione del Documento programmatico per la gestione della Rete Natura 2000 e del PAF (Prioritized Action Framework), un documento che raccoglierà le azioni necessarie, elencate per priorità, per la gestione della rete Natura 2000 in Lombardia per il periodo 2015-2020. Il documento conterrà, tra le altre cose, una panoramica introduttiva sullo stato di conservazione di habitat e specie, gli obiettivi di conservazione strategici la descrizione delle misure fondamentali per raggiungerli, tutti temi su cui la FLA è ormai impegnata da anni.
Fondazione Lombardia per l’Ambiente Largo 10 Luglio 1976, n. 1 – Seveso (MB) Per info tel. +39 02 8061611 fax +39 02 80616180 e-mail: flanet@flanet.org Ritorno al passato con… Davide Gangi Davide Gangi, editor e responsabile di redazione del portale di enogastronomia e turismo Vinoway.com Nel 2011 ho iniziato a scrivere proprio lì, nella mia rubrica: “L’Angolo di Cinzia”. Era l’inizio della mia avventura nel mondo della comunicazione enogastronomica. A dire la verità quando mi fu chiesto rimasi un po’ perplessa. Dopo aver riflettuto per bene accettai, ma solo a patto di poter raccontare le produzioni partendo dalle persone. Non ci si inventa esperti da un giorno all’altro, per scrivere di cibo e vino serve preparazione e anni di esperienza. Ma non solo, serve umiltà, vero credo e molta passione. La tenacia e la determinazione poi fanno il resto. Ricordo una telefonata di Davide, e la richiesta che mi fece di scrivere solo dei territori della Lombardia, regione in cui per ora risiedo. Non ci trovammo d’accordo; per questo decisi di continuare per conto mio. Come ho scritto poco fa, quando si crede sul serio nel proprio operato, nonostante le difficoltà e spesso le delusioni, si va avanti. Con Davide, comunque sia andata, non ci siamo persi. La stima reciproca ci ha fatto superare le incomprensioni, e quando il tempo ce lo
permette, non manca una chiacchierata. Davide, ora a noi due, questa volta tocca a te rispondere alle mie domande. Inizio col chiederti qual è il tuo pensiero su quanto ho scritto relativamente alla fretta di molti nel voler entrare nel settore della comunicazione enogastronomica. Il rischio nell’essere impreparati, è quello di trasmettere informazioni confuse che non generano vera cultura in un comparto importante come questo. Cosa ne pensi? E’ un argomento abbastanza delicato e non vorrei peccare di presunzione o addentrarmi in dinamiche complesse. Vero è che la conoscenza enogastronomica, da parte di molti, si è allargata a macchia d’olio proprio attraverso la quantità di informazioni presenti ad ogni livello mediatico, ma questo ha determinato un over booking che spesso crea più confusione che reali arricchimenti culturali. Molti oggi si atteggiano a “Robert Parker” o a ispettori di grandi guide gastronomiche e questo senz’altro non fa bene al settore. Torniamo a te. Raccontami com’è iniziato il tuo percorso nell’enogastronomia? La mia passione per l’enogastronomia ha origini lontane, pensa che a diciassette anni ho iniziato a fare pianobar nei migliori ristoranti di Catania e mi affascinava la ristorazione e tutto ciò che la circonda. Ho avuto la possibilità di conoscere bravissimi Chef e Gourmet che mi hanno spiegato molte dinamiche del settore. Ho fatto scuola di sommelier e assaggiatore, ho preso qualche lezione di cucina e mi sono prestato ad essere giudice di guida di vini. Ho appreso molto solo bevendo e confrontandomi, ma ancora oggi non mi sento in grado di definirmi un intenditore o un esperto, non lo potrò essere mai perché sono consapevole che esiste sempre qualcuno che ne sa più di me. Posso dire che in
questa realtà è importante non essere mai arroganti, presuntuosi e che l’umiltà è la forza vincente. Dirigi Vinoway ormai da diversi anni. Vuoi fare una riflessione sull’evoluzione della comunicazione in questo settore nell’ultimo decennio? Te lo chiedo perché secondo me c’è molta voglia di ritorno al passato, nel senso che c’è nostalgia del modo in cui una volta si raccontavano le produzioni e le persone protagoniste. Ovviamente questa è solo la mia opinione, quella di una donna che ama il mondo agricolo, e che con molta passione ne ascolta le storie e le difficoltà. In effetti è come dici tu, gli appassionati del settore vogliono sentirsi vicini ai produttori, agli chef, ai gourmet, per capire le loro origini, i sacrifici, le loro storie… In questo li possiamo aiutare noi attraverso la comunicazione che senz’altro è cambiata in questi ultimi anni, così come è cambiata la realtà socio-economica in cui viviamo, ma la comunicazione del vino o del settore non è sufficiente se non c’è lo sforzo anche da parte degli addetti ai lavori di rendere accessibile un po’ a tutti la possibilità di frequentare ristoranti ed enoteche. Viviamo un periodo di crisi che scoraggia gli appassionati ad avvicinarsi a determinate realtà, quindi è apprezzabile l’impegno di molti di creare “assemblee”, eventi dove anche con cifre modeste si possono degustare cibi e vini prelibati. Siamo a pochi mesi da Expo2015, un evento unico per l’Italia sull’alimentazione e la nutrizione che andrà comunicato al mondo. E’ pronto lo staff di Vinoway? Si tratta sicuramente di un evento importantissimo e, così come siamo stati presenti in altre fiere e rassegne, stiamo lavorando per una nostra partecipazione alla manifestazione. Non farmi dire altro… Domanda di rito. Bilanci e progetti per il futuro?
Il bilancio è senz’altro positivo, avevamo programmato un percorso e posso sicuramente affermare che siamo andati oltre le più rosee aspettative. Abbiamo saputo creare, anche con qualche difficoltà, un team affiatato e competente, formato da autori selezionati in tutto il territorio nazionale e dal lavoro “oscuro” e prezioso del mio socio-amico Alessandro Ren, ideatore di Vinoway. Vinoway è diventata associazione culturale, Vinoway Italia, abbiamo creato anche un’agenzia di comunicazione, Acinus, e stiamo lavorando per l’apertura di due piattaforme che saranno dedicate al turismo e al mondo della birra. Stiamo aprendo un ufficio estero che servirà per creare contatti con le aziende che vorranno affidarsi a noi per la loro crescita attraverso la partecipazione a fiere, work shop, eventi e congressi internazionali. Saremo presenti in molte fiere nazionali ed internazionali per il 2015/2016 e organizzeremo eventi in molte regioni italiane. Amo la Puglia, un amore dettato dalla bellezza dei suoi territori, dal suo mare, dalla sua storia, e dalla sua meravigliosa cucina tipica. Indimenticabile un piatto della tradizione salentina tra i più buoni che io abbia assaggiato: i ciceri e tria. Una cuoca che difficilmente dimenticherò, me l’ha preparato a Torre dell’Orso qualche anno fa. Sono certa, visto che sei pugliese, che avrai avuto modo di apprezzarlo. La cosa che mi lascia perplessa è che ai più del settore, anche agli stesi pugliesi, è sconosciuto. Sono dell’idea che gli italiani gradirebbero, più che fantasiose creazioni, proposte della grande tradizione regionale.
Amo anch’io la Puglia e mi sembra riduttivo racchiudere la cucina in un solo piatto, anche se apprezzabile. La tradizione gastronomica pugliese è molto ampia e mi fa piacere ricordare anche cicorie e fave, orecchiette con le cime di rape, la focaccia, i panzerotti, le burrate, riso patate e cozze, il marro e molte altre prelibatezze che varrebbe la pena di assaggiare. Proprio per questo abbiamo iniziato con la Puglia una serie di eventi nella Capitale, “Degustazioni Romane”, dove abbiamo selezionato le migliori eccellenze enoiche e gastronomiche del territorio ed andremo avanti anche con altre regioni italiane per far conoscere ed apprezzare il meglio della ricca produzione nazionale. Concludo con un saluto, ma soprattutto con un arrivederci. La canapa, una pianta vista con sospetto, che i sospetti suscita su chi li crea. Cannabis Sativa Molti non sanno che fino ai primi del ‘900 noi italiani eravamo il secondo produttore mondiale di canapa per la quantità prodotta (secondi solo all’Unione Sovietica), e il primo per la qualità. Essendo allora un paese le cui economie erano prevalentemente agricole, dedicarsi ad una coltivazione altamente produttiva, resistente, e dalla crescita veloce, era una scelta opportuna ed economicamente conveniente. La produttività della Cannabis Sativa, coltivabile legalmente per il basso contenuto di THC (tetraidrocannabinolo, sostanza
psicoattiva prodotta dai fiori di cannabis), è data dai moltissimi prodotti che da essa si possono ricavare. Mi riferisco all’olio, alla farina, alla carta, ai materiali per l’edilizia, ai combustibili da biomasse e ai tessuti. A proposito di quest’ultimi, a Carmagnola, nel torinese, veniva coltivata e lavorata una varietà particolarmente apprezzata di canapa tessile. Parlo di un tessuto naturale che, con l’avvento delle fibre sintetiche, è stato soppiantato. Dal punto di vista alimentare, i vantaggi nell’assumere cibi con derivati di canapa (semi, farine e olio), sono documentati da ricerche che ne confermano i benefici per l’organismo. Grazie ai grassi Omega 3 e Omega 6 si ha un effetto preventivo sui disturbi legati all’arteriosclerosi e alle malattie cardiovascolari. Una pianta dalle molte risorse che, visti i presupposti, è da rivalutare ma soprattutto da coltivare. Siamo in tanti a spingere per ricostituire l’intera filiera che permetta all’Italia di riprendere questa tradizione che ci distingueva nel mondo. Molti lo stanno già facendo, come ad esempio Pasquale Polosa, socio fondatore di Canapa Lucana S.r.l.s. a Oppido Lucano, in provincia di Potenza. Dopo averlo contattato gli ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza.
Semi di canapa Ciao Pasquale. Da circa tre anni insieme ad alcuni amici hai destinato dodici ettari di terreni alla coltivazione della canapa. Mi racconti come hai iniziato e che cosa ti ha convinto a investire in questa coltura che i più guardano ancora con sospetto? Conosco da tempo le proprietà della canapa e i molteplici benefici che essa apporta all’uomo, agli animali e all’ambiente, e ne sono da sempre affascinato. Ho deciso di iniziare qualche hanno fa per portare in agricoltura un po’ di innovazione, con particolare interesse al benessere e all’ambiente, visto che ho scoperto che la sua coltivazione è legale. Quando un mio amico – e ora socio – che studiava economia ha presentato un progetto d’esame relativo alla coltivazione della canapa, insieme ad un altro amico comune, si è intrapreso questa strada. Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato e che incontri tutt’ora nella conduzione della tua azienda agricola?
Il nostro obiettivo non era solo quello di coltivarla per noi, ma di coinvolgere più persone interessate a questa coltivazione e raggrupparle. Il problema è che una nuova coltura, con un mercato sconosciuto, non è una cosa semplice da far capire. Oggi possiamo dire che tutto questo è superato, essendo molte le aziende che coltivano e tante ancora quelle interessate. Ci sono ormai parecchi ettari di coltivazione all’attivo. Come ho già scritto la canapa ha un’alta produttività. Quali sono le vostre produzioni? Noi ne raccogliamo il seme, ricco di nutrienti e proprietà benefiche. Ne estraiamo l’olio che contiene Omega 6 ed Omega 3, numerose vitamine e sali minerali. La parte solida che ne rimane, va a molitura per fare la farina. Quest’ultima mantiene la parte proteica del seme, e soprattutto tutti gli amminoacidi essenziali. Con la farina si può fare tutto quello che normalmente viene fatto con altre farine. I nostri prodotti che vanno per la maggiore sono pasta e olio. Canapalucana
Sei membro dell’associazione Assocanapa Basilicata. Che cosa si prefigge questa associazione e come interviene per far conoscere i benefici e gli utilizzi di questa pianta? La nostra associazione è nata con lo scopo di promuovere, tutelare e diffondere la coltivazione della canapa e il suo impiego nei vari settori produttivi. Puntiamo a farne conoscere le proprietà e i tantissimi utilizzi possibili. Per questo organizziamo eventi sociali e informativi che ci rapportano spesso con enti e istituzioni, e diamo supporto agli agricoltori che sono propensi o che già coltivano la canapa. La canapa contribuisce a risanare i terreni inquinati. Com’è la salute ambientale in Basilicata? Credo che un po’ in tutto il mondo l’ambiente sia compromesso, purtroppo per diversi fattori. L’agricoltura intensiva è una delle cause; la canapa, in questo senso, può aiutare a risolvere alcuni problemi. In questo momento la preoccupazione più grande per la Basilicata e per il suo futuro, è l’aumento delle estrazioni petrolifere che alcuni vorrebbe attuare. Ci sono già alcune aree critiche nella regione, e con questa azione, si rischierebbe di crearne altre. Questo problema non riguardando solo la Basilicata, sta mobilitando persone e associazioni di molte regioni d’Italia decise a lottare per tutelare i territori e l’ambiente. Amo, studio e ricerco tutto ciò che riguarda la medicina naturale. Per questo motivo non posso che favorire il consumo dei derivati della canapa anche in cucina. Quando ne ho l’occasione infatti, cerco di stimolare i cuochi affinché usino questi prodotti nelle loro preparazioni. Nella tua azienda organizzi eventi in tal senso? Si. Nell’arco dell’anno con l’associazione organizziamo diverse feste ed eventi, sia sul campo, quando facciamo la
giornata del raccolto e le visite nei campi, sia sul territorio con sagre, feste ed eventi degustativi. – Alcune Norme che disciplinano la sua coltivazione: Reg. del Consiglio n. 1234/2007 Reg. del Consiglio n. 73/2009 Reg. della Commissione n. 1122/2009 Reg. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1307/2013 www.canapalucana.it info@canapalucana.it Tartufi&Friends, dopo Roma e Milano continua il percorso nella Food Halls di Harrods a Londra. Il 23 Febbraio, entrando a Tartufi&Friends di Milano, dopo una giornata vissuta intensamente per i tanti impegni, mi sono concessa una pausa di natura e di gusto chiedendo alla gentile barlady Paola Coppini un cocktail agricolo: un Bloody Mary rivisitato alle erbe. E’ iniziata così la serata di presentazione della nuova sede di Tartufi&Friends che, dopo Roma e Milano, apre un nuovo locale a Londra, nell’esclusivo Harrods, il ‘food emporium’ più famoso al mondo. Bruce Langlands, direttore dei Ristoranti e Food Halls di Harrods, ha ritenuto rappresentativo un prodotto del nostro territorio che ci distingue: il tartufo. Un fungo ipogeo
spontaneo apprezzato dagli appassionati per il puro piacere gustativo, la cui ricerca avviene per mani esperte da Settembre a Gennaio. Alberto Sermoneta, CEO di Tartufi&Friends, con orgoglio, ci ha espresso la sua soddisfazione per l’opportunità di entrare nel ‘food emporium’ più famoso al mondo. Bloody Mary rivisitato alle erbe In un ambiente elegante e raffinato, curato dall’architetto Laura Franco, avvolta dalle atmosfere retrò e da un rigoglioso giardino verticale, ho potuto apprezzare le preparazioni dello chef romano Alessandro Cocco. Una giovane promessa della cucina italiana che ha già avuto modo di cimentarsi nel ristorante Social Heinz Beck di Dubai, e nel ristorante Resort l’Andana tenuta la Badiola Maison Alain Ducasse. Una cena con un menù che ho avuto il piacere di degustare in anteprima, in cui il tartufo è stato protagonista, ma senza
mai prevaricare gli altri sapori. Ognuno ha i suoi gusti, ma per me, come si suol dire, la morte sua è con le uova! Uova in camicia su fondutina di pecorino con tartufo fresco
Tartare di Manzo Fassone, uova di quaglia e tartufo fresco
Truffle Martini Tartufi Una serata di gran gusto conclusa con un tonico tra i miei preferiti, la China Clementi. Un digestivo dalla lunga storia, prodotto dall’antica officina farmaceutica fondata nel 1880 dal Dottor Giuseppe Clementi, a Fivizzano, in provincia di Massa Carrara. Il principio attivo, la China, è di particolare interesse dal punto di vista erboristico per le sue proprietà benefiche e digestive, e per l’azione normalizzante sulla funzionalità dell’apparato digerente.
China Clementi www.tartufiandfriends.it
Live Wine 2015, comunque la mettiate, si parla sempre di agricoltura e di produzioni. Sono tanti ormai gli eventi legati al vino. Per certo non sono i nomi che mi attirano, ma i contenuti e i protagonisti. Se poi ad invitarmi sono dei cari amici, questi appuntamenti si trasformano in occasioni di incontri e di saluti. E’ per questo che nonostante gli impegni degli ultimi giorni, mi sono ritagliata qualche ora per visitare Live Wine 2015, il salone internazionale del vino artigianale di Milano, una manifestazione dedicata ai vignaioli che lavorano la terra in modo consapevole e sostenibile. Si parla di agricoltura e di produzioni, sempre e comunque. Stiamo lentamente tornando a ciò che è stato e a ciò che eravamo. Vivevamo grazie all’agricoltura, ma poi ci siamo buttati nelle città svuotando le campagne. Quanto ci manca quella vita all’aria aperta che ci permetteva di stringere tra le mani qualcosa di vero? Tanto lavoro, ma alla fine della giornata una stanchezza diversa. Per questo amo parlare con gli agricoltori, discutere con loro mi permette di approfondire le tematiche di mio interesse. Qui di seguito riporto alcuni momenti di questa giornata. Interessante chiacchierata con l’enologo Flavio Faliva di Cà del Vént, a Cellatica in provincia di Brescia. Abbiamo iniziato a parlare confrontandoci sull’uso della solforosa e dei vini cosiddetti naturali. Quando poi nel discorso è stata citata l’agricoltura ‘biodinamica’, mi è venuto spontaneo sorridere. Ho molto rispetto per chi adotta pratiche che tutelano gli ecosistemi, ma quanto a definirsi biodinamici è tutto un dire. L’inquinamento di molti terreni, oltre che a quello atmosferico, difficilmente permette con coerenza
l’applicazione delle teorie di Rudolf Steiner. Comunque sia, ammiro chi si orienta verso scelte di coltivazione che permettano di ottenere produzioni senza chimica. Flavio Faliva Enologo Cà del Vént – Cellatica (BS) Spostandomi allo stand successivo, mi sono dedicata all’assaggio di Masquè Perricone 2012 Porta del Vento, dell’azienda agricola Marco Sferlazzo di Camporeale, in provincia di Palermo. Pubblicando l’immagine su Instagram mi è venuto spontaneo scrivere: “Degusto ottimi vini poco proposti. Ristoratori, osate!” La risposta di uno di loro è stata immediata: “Osiamo! Peccato che molte persone non capiscono e chiedono vini conosciuti o a basso costo” Francesco D’Oriano, titolare dell’Osteria La Biscaggina di Livorno. Capisco che non sia facile, ma il compito del ristoratore è anche quello di guidare il cliente verso scelte valide e alternative.
Apprezzo molto chi lo fa con me. Ma torniamo al vino… Perricone, un raro e antico vitigno autoctono siciliano, caratterizzato da grappoli a forma conica. Un vino poco conosciuto che nasce in una vallata ventosa in provincia di Palermo che ho apprezzato per il carattere. Maquè Perricone 2012 Porta del Vento – Camporeale (PA) Basilicata, una regione che conosco poco. Forse è per questo che mi sono fermata davanti allo stand di Antono Cascarano dell’azienda agricola Camerlengo di Rapolla, in provincia di Potenza. Un architetto che ha deciso a quarant’anni di iniziare a produrre vino continuando la tradizione del nonno Giovanni. Ho assaggiato ‘Accamilla’ 2013 Malvasia IGP, dedicato a Camilla, il suo Bull dog scomparso. Non sono molto attratta dai vini bianchi, ma alcuni, tra cui questo, sono davvero interessanti.
Antonio Cascarano dell’azienda agricola Camerlengo – Rapolla (PZ) Un piacere incontrare Stefano Menti dell’azienda agricola Giovanni Menti di Gambellara, in provincia di Vicenza. Le mie origine venete mi hanno richiamato a lui. Notate i tappi a vite e a corona delle sue bottiglie nell’immagine che lo ritrae. Nonostante molti siano sfavorevoli, ad eccezioni di alcune tipologie di vino, sono una valida alternativa all’uso del sughero e agli spiacevoli inconvenienti che ne derivano. Inoltre, come ho scritto recentemente, sono ben accetti nei paesi nordici per la loro comodità nel portarsi a casa il vino non terminato al ristorante.
Stefano Menti Conoscete l’Isola del Giglio? Si trova in provincia di Grosseto, di fronte al Monte Argentario. Ha bellissime spiagge e un mare limpidissimo. Ci sono stata anni fa, per la precisione a Giglio Castello, tra mura medievali e piccole cantine. Ho avuto modo di ritrovare quelle terre bevendo Ansonaco Carfagna di uva ansonaca in purezza, dell’azienda agricola Artura. Il consiglio è di non berlo freddo, o meglio, di berlo a temperatura di cantina.
Vigneto Altura Mentre stavo andando via ho visto lo stand di Fulvio Bressan. Non lo conoscevo personalmente, sapevo però delle polemiche che recentemente l’hanno riguardato. Volevo farmi un’idea del personaggio, ruvido per certi versi, per me, dopo averlo conosciuto, assolutamente innocuo. Ci siamo presentati e abbiamo condiviso esperienze. Riporto un passaggio che condivido della sua filosofia: “Non sono biologico, anche se la mia regola personale mi impone condizioni di vigna e di cantina ancora più severe di quelle delle varie ‘certificazioni’. Non sono biodinamico, perché so che purtroppo le regole possono essere cavalcate dalle mode, e so che nulla è più facile che imporre regole per poi violarle, approfittandosi, così, dell’ingenuità degli altri.” Per ora mi accontenterò delle impressioni che ho avuto conoscendolo in una fiera, con un semplice scambio di opinioni. Ovviamente ho assaggiato anche il suo vino. Quando una persona mi ha chiesto
cosa ne pensassi, ho risposto che il suo vino è il vino di Bressan. Fulvio Luca Bressan – Farra D’Isonzo (GO) Dovevo proprio scappare… il tempo a mia disposizione era finito. Non prima però di avere fatto un’ultima cosa. Mi aspettava un piatto di Tajarin ai funghi e pomodoro preparato dal mio caro Mauro Musso, un vero artigiano della pasta che utilizza solo materie prime di qualità. Vi invito a leggere cliccando QUI, alcune sue indicazioni sull’Agricoltura naturale. Aprite la mente!
Mauro Musso e i suoi Tajarin
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