VALENTINA LODOVINI TUTTA CASA LETTO E CHIESA - martedì 18 dicembre 2018 - Comune di Bassano del Grappa
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CALENDARIO STAGIONE TEATRALE CITTA’ DI BASSANO 2018/2019 martedì 18 dicembre 2018 VALENTINA LODOVINI TUTTA CASA LETTO E CHIESA mercoledì 9 gennaio 2019 DONATELLA FINOCCHIARO/FABIO TROIANO LAMPEDUSA martedì 22 gennaio 2019 GIUSEPPE BATTISTON CHURCHILL lunedì 4 febbraio 2019 COMPAGNIA LUMEN FALAFEL EXPRESS martedì 12 febbraio 2019 SILVIA GALLERANO LA LOCANDIERA lunedì 25 febbraio 2019 FRANCESCO MANDELLI PROPRIETA’ E ATTO lunedì 11 marzo 2019 ELIO GERMANO LA MIA BATTAGLIA mercoledì 20 marzo 2019 TEATRO STABILE DEL VENETO SAVANA PADANA martedì 26 marzo 2019 LAURA MORANTE VOCI NEL BUIO lunedì 8 aprile 2019 GIULIANA MUSSO MIO EROE Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... La STAGIONE TEATRALE DELLA CITTÀ DI BASSANO DEL GRAPPA rappresenta un appuntamento im- perdibile nell’agenda culturale cittadina, capace di raccogliere ogni anno il meglio del teatro italiano e di offrire al pubblico la straordinaria opportunità di avere in città interpreti di primo piano nel panorama nazionale. Nel segno della continuità anche le due prestigiose collaborazioni avviate negli ultimi anni con il Teatro Stabile del Veneto e con il Circuito Multidisciplinare Arteven, due eccellenza regionali entrambe riconosciute dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. “In questa ricchissima edizione abbiamo selezionato storie di uomini e donne che ci accompagneranno in un’esplorazione tra passato e presente, - precisa l’Assessore Giovanni Cunico - in un viaggio tra i fatti della storia e le sfide della contemporaneità. Si tratta di spettacoli capaci di emozionarci e sorprenderci, ma soprattutto di farci riflettere. In realtà ogni serata ci consegnerà un quesito o un dubbio sul mondo in cui viviamo”. Non a casa il sottotitolo dell’edizione 2018/19 è TEATRO CRONACA, a sottolineare la scelta di costruire un programma capace di volgere lo sguardo verso tematiche di attualità, percorrendo filoni monografici legati al tempo presente per evidenziarne tensioni e smarrimenti. Il primo segmento è legato ad un tema sensibile come quello dell’IMMIGRAZIONE visto da tre punti di vista profondamente differenti, tra denuncia ed ironia: Donatella Finocchiaro e Fabio Troiano entrano nel cuore del problema con due narrazioni parallele riunite sotto il titolo fortemente simbolico di LAMPEDUSA (09/01). FALAFEL EXPRESS (04/02) della Compagnia Lumen indaga invece le seconde generazioni di immi- grati, tra marginalità ed integrazione. A chiudere questo trittico un impietoso ritratto del Nord-Est raccontato dal Teatro Stabile del Veneto in SAVANA PADANA (20/03) di Matteo Righetto, testo che trasforma la convivenza tra etnie diverse in un travolgente spaghetti western contemporaneo. Un altro argomento che ha riempito pagine e pagine di cronaca, quello della QUESTIONE FEMMINILE, viene affrontato sul palcoscenico del Teatro Remondini in spettacoli che mettono al centro la forza e la fragilità delle donne. Inaugura la stagione un testo degli anni ‘70 firmato dalla coppia Fo-Rame e intitolato TUTTA CASA LETTO E CHIESA (18/12) che conserva a distanza di tempo la sua portata rivoluzionaria, ad interpretar- lo l’eclettica Valentina Lodovini. Autentico classico dell’emancipazione femminile LA LOCANDIERA (12/02) di Goldoni torna in una versione ambientata negli anni ‘50 con protagonista una vulcanica Silvia Gallerano. Altro ritratto di donna è quello proposto da Laura Morante in VOCI NEL BUIO (26/03), un avvincente thriller che costringe la protagonista a trovare dentro di sè la forza per reagire. E in chiusura di stagione il coraggio e la dignità delle madri espressi con intensità da Giuliana Musso in MIO EROE (08/04). L’ultimo terzetto mette al centro alcuni esempi di SMARRIMENTI legati all’isolamento volontario, alla ge- stione del potere e alla violenza verbale, che pongono i protagonisti e gli spettatori di fronte al malessere e all’inquietudine di chi vive o subisce queste condizioni. Ad interpretarle tre autentiche star cinematogra- fiche che amano le sfide come Giuseppe Battiston in CHURCHILL (22/01), Francesco Mandelli in PROPRIE- TA’ E ATTO (25/02) ed Elio Germano in LA MIA BATTAGLIA (11/03). Quello in scena a Bassano è un teatro che parla dell’oggi, che mette in scena tematiche pescate dalla cronaca, a dimostrazione di come il palcoscenico possa essere il luogo giusto per sviluppare un pensiero critico e far riscoprire a ciascuno di noi un sempre più necessario senso civico. Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... TUTTA CASA VALENTINA LODOVINI regia Sandro Mabellini LETTO costumi Sandra Cardini disegno luci Alessandro Barbieri E CHIESA movimento scenico Silvia Perelli scenografia Chaira Amaltea Ciarelli di Dario Fo musiche a cura di Maria Antonietta PRODUZIONE e Franca Rame Pierfrancesco Pisani | Progetto Goldtein martedì 18 dicembre 2018 Attrice di cinema amata da registi come Sorrentino, Mazzacurati e Faenza, Valentina Lodovini si presenta all’appunta- mento con il teatro rispolverando un testo sulla condizione femminile della premiata ditta Fo/Rame andato in scena per la prima volta negli anni ‘70 e tuttora allestito in oltre trenta Nazioni. A dar voce all’eterna lotta tra uomo e donna si alternano sulla scena quattro diversi personaggi femminili, portavoce dei brani che compongono lo spettacolo: una casalinga che nell’ambito della famiglia ha tutto, al di fuori della considerazione; una donna subalterna all’uomo nell’at- to fisico; un’operaia sfruttata tre volte, in fabbrica, in casa e in camera da letto; e un’Alice nel paese senza meraviglie, protagonista del disincantato atto finale. Si ride, anche parecchio, ma alla fine resta addosso una grande amarezza nel constatare come in quarant’anni dalla pubblicazione del testo i problemi delle donne non sono cambiati poi molto. «A teatro, diretta da Sandro Mabellini, ho scelto di interpretare “Tutta casa, letto e chiesa”, il celebre mono- logo (ebbe oltre tremila repliche) che Dario Fo scrisse nel 1977 per Franca Rame, che a proposito di questo spettacolo affermò: «La donna deve trovare il rispetto di se stessa». Sono anni che ci battiamo per i pari diritti con l’uomo, parità sociali, parità di sesso. Anche se c’è il contesto dell’epoca, il testo offre uno sguardo lucido, puro, sofferente sulla condizione femminile, che non è cambiata molto. È un’opera che sarà sempre attuale, non c’è stato bisogno di adattamento. Il protagonista di questo spettacolo sulla donna è l’uomo, o meglio il suo sesso, che nel testo è sempre presente, incombe e schiaccia le donne. Nell’autunno 2018 tor- nerò su Raiuno nella fiction di Marco Risi “L’Aquila, grandi speranze”, sul dopo terremoto. Manca il cinema. Il cinema italiano va male, io come spettatrice sono cresciuta con Monicelli e Germi. Sono venute meno le idee e l’immaginazione. Dopo “Benvenuti al Sud” non volevo diventare la reginetta della commedia italiana. Non ho l’ansia di fare tutti i film che escono. Ci ho pensato, ripensato. E ho detto tanti no. In solitudine. È importante avere un’etica e un’idea di quello che si vuole essere in questo lavoro. Ho appena fatto la giurata a Roma ai Fabrique du Cinéma Awards, per le opere innovative e sperimentali, non sono andata a giudicare con la bacchetta, porto tutto l’amore che ho per il cinema. Lavoro da dieci anni. Ho deciso di affrontare le paure, tutto ciò che mi spaventa. A volte gli altri credono che il mio motore sia la rabbia, mentre è timore di deludere. Ho deciso di non essere più vittima del giudizio altrui. Sono stata ferita, c’è chi dice che sono una rompiballe mentre è solo passione e entusiasmo, voglia di aspirare all’eccellenza. È una voce, una calunnia che si è fatta via via sempre più grossa, non c’è stato un momento specifico. Mi hanno danneggiata, fatto un po’ di terra bruciata intorno. Io credo che il cinema sia un orologio, tutti gli ingranaggi devono funzionare. Sui set a volte mi dicono: non sei una difficile come mi aspettavo che fossi. Io mi metto in discussione, ci rido anche su, quando sbaglio chiedo scusa. Sono fortunata, faccio il lavoro che ho sempre sognato. La mia stanza quando ero piccola era tappezzata di fotine: Carole Lombard era il garbo e l’indipendenza, Anouk Aimée è la bellezza, Buster Keaton rappresentava la macchina da presa. E poi Marilyn, naturalmente». (Valentina Lodovini) Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... LAMPEDUSA di Anders Lustgarten DONATELLA FINOCCHIARO FABIO TROIANO regia Gianpiero Borgia traduzione Elena Battista scene e costumi Alvisi+Kirimoto luci Stefano Valentini musiche originali Aleph Viola PRODUZIONE BAM Teatro Artisti Associati/Mittelfest 2017 in collaborazione con La Corte Ospitale mercoledì 9 gennaio 2019 Per raccontare il dramma dei nuovi migranti fuor di retorica lo scrittore inglese Anders Lustgarten costruisce un doppio monologo che dà voce da una parte a Stefano, un pescatore siciliano ormai impegnato a recuperare i cor- pi dei profughi annegati in mare, dall’altra a Denise, una donna immigrata di seconda generazione che riscuote crediti inevasi per una società di prestiti. L’autore riesce a tracciare dei legami invisibili tra i due personaggi e le ri- spettive storie, all’apparenza lonta- ne anni luce. Nondimeno, il senso delle loro parole rivela la medesima verità: dietro all’indifferenza della società, dietro alle tragedie, singole o collettive che siano, si può sempre incontrare la generosità di qualcuno. Un testo intenso e coraggioso, impreziosito da due popolari attori, da sempre divisi tra cinema e tv che risultano perfetti per i complessi ruoli che sono chiamati ad interpretare in palcoscenico. “Con monologhi separati a ciclo alterno come si usa nel teatro irlandese, e col trantran di un recupero crediti toccato a una marocchina italiana e col ripescaggio di profughi annegati in mare cui pensa un pescatore siciliano, “Lampedusa” del britannico Anders Lustgarten offre a Donatella Finocchiaro e a Fabio Troiano un mistero dolo- roso speculare, una condanna allo squallore e all’orrore in cui i protagonisti, diretti con lavoro psicosomatico ed espressivo dal regista Gianpiero Borgia, mettono a segno ammirevoli prove di riscatto. E mentre si ribaltano le storie, cambia il modo di interpretarle. Lei è un’immigrata di seconda generazione impegnata nel recupero crediti che scatena il razzismo gratuito da parte dei debitori che tallona. Ma Donatella Finocchiaro ha energico e mobile possesso della scena, e rivela una natura umana coriacea che cela una toccante solitudine, un bisogno di genti- lezza ripagato dall’odissea della madre e dalla solidarietà di un’altra donna protoghese. Fabio Troiano, rastrellatore di morti nel “deserto blu” del mediterraneo, sguaina a sua volta una pietas attorale che va oltre l’angoscia di un becchino di esuli, e la sua risorsa morale è nel modo in cui evoca come ha salvato dalla morte in acqua la moglie di un meccanico del Mali suo amico. Due inversioni di rotta, nel buio”. (Rodolfo Di Giammarco - La Repubblica) “Il Mediterraneo: era la strada di Cesare, adesso è il mare che succhia e che pulsa. Una boa, un faro, il vuoto intorno. Lui, siciliano, faceva il pescatore, ma in acqua ormai si pescano più i morti che i pesci. Lei è un’immigrata di origini marocchine, che ha un lavoro, sì, ma ingrato: riscuote i crediti inevasi per una società di prestiti. Lui è abituato a vedere i corpi che galleggiano, lei è abituata alle rispostacce dei debitori, perché è una donna e per di più immigrata. Due destini incrociati in “Lampedusa” testo dell’inglese Anders Lustgarten. (...) Lui è rassegnato, fa un mestiere che nessuno vorrebbe fare: per tirare su un bambino dall’acqua, basta acchiappargli un braccio, peggio sono gli adulti, ma ciò che gli fa rabbia è che i migranti hanno la speranza, lui no. Le pure fa un mestiere sgradevole, ma non sembra rassegnata e, pur di riscattarsi dall’immagine disperante che si trascina dalle origini, ostenta atteggiamenti risoluti: non ha paura di riscuotere soldi anche dagli uomini. La pietà da una parte, la durez- za dall’altra: in mezzo un avvilente deserto blu”. (Emilia Costantini - Corriere della Sera) Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... CHURCHILL di Carlo G. Gabardini GIUSEPPE BATTISTON MARIA ROVERAN regia Paola Rota PRODUZIONE Nuovo Teatro Nuovo martedì 22 gennaio 2019 Giuseppe Battiston incontra la figura di Churchill, la porta in scena, la reinventa, indaga il mistero dell’uomo attraverso la magia del teatro, senza mai perdere il potente senso dell’ironia. Churchill incarna il primato della politica e umanamente è un eccesso in tutto: tracanna whisky, urla, sbraita, si lamenta, ma senza mai arrender- si, fuma sigari senza sosta, tossisce, detta ad alta voce bevendo champagne, si ammala, comanda ma ascolta, è risoluto ma ammira chi è in grado di cambiare idea, spesso lavora sdraiato nel letto, conosce il mondo ma anche i problemi dei singoli, ha atteggiamenti e espressioni tranchant, e battute sagaci. Un uomo, un politico, un’icona... una maschera che incarna il Novecento, l’Europa. Lo statista che, grazie alle sue scelte politiche, ha salvato l’umanità dall’autodistruzione durante il bellicoso trentennio che va dal 1915 al 1945. Ricordato per la leadership inflessibile come Primo Ministro del Regno Unito durante la seconda guerra mon- diale, Winston Churchill è considerato uno dei più grandi statisti della storia. Ma dietro la sua figura statuaria si nascondeva un uomo con piccoli-grandi tic, pregi, difetti e tante curiosità.... eccone alcune: 1) Era uno studente svogliato e fu bocciato per due volte agli esami per entrare in scuola militare. Tuttavia, eccelleva in storia e in lingua e letteratura inglese. 2) Dopo la laurea, Churchill lavorò da giornalista anche come corrispondente di guerra. Durante una missione in Sud Africa nel 1899, fu catturato dai guerriglieri boeri e fu fatto prigioniero. Uomo di mille risorse però riuscì a fuggire scalando il muro della prigione nel mezzo della notte e si nascose in una miniera di carbone per tre giorni. Poi riuscì a trovare un passaggio sicuro via nave per l’Inghilterra. 3) Era puntuale in modo ossessivo e non ammetteva ritardi. Quando pensava che il suo orologio fosse stato manomesso, chiedeva l’ora a tutti gli ospiti per verificare che il tempo non gli sfuggisse. 4) Tra gli anni 20 e gli anni 30, Churchill ha scritto diversi articoli di scienza sulle cellule, l’evoluzione e la fu- sione nucleare. Incontrava regolarmente gli scienziati, favorendo lo sviluppo della tecnologia. Nel 1940, fu il primo presidente del Consiglio a nominare un consulente scientifico, il fisico Frederick Lindemann. 5) Churchill è l’unico primo ministro ad aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura 6) A lui si deve l’espressione “cortina di ferro”, che usò per indicare il blocco sovietico che andava prenden- do forma alla fine della seconda Guerra mondiale, nel marzo 1946. Ma Churchill è autore anche di aforismi prodigiosi come “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”,“Meglio fare le notizie che riceverle, meglio essere un attore che un critico”. 7) Durante la sua vita, Churchill ha sofferto di depressione maniacale, un male oscuro che chiamava il “cane nero”. 8) Da giovane, Churchill ha subito una commozione cerebrale e si è rotto un rene, mentre giocosamente si lanciava da un ponte. In seguito, è quasi annegato in un lago svizzero, è caduto diverse volte da cavallo, si è slogato la spalla, si è schiantato con un aereo, mentre imparava a volare (nella foto) ed è stato investito da un’auto attraversando la Fifth Avenue di York. Nessuno di questi incidenti, però, lo ha ucciso. Ha vissuto fino a 90 anni prima di soccombere ad un ictus. Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... FALAFEL COMPAGNIA LUMEN progetto e regia Elisabetta Carosio EXPRESS drammaturgia testo Roberto Scarpetti con Simone Formicola, Gabriele Genove- se, Alice Giroldini, Matteo Palazzo Roberto Scarpetti fumettista Chiara Abastanotti scenografo Tommaso Osnaghi videomaker Paola Palombi assistente alla regia Silvia Pierantoni Giua lunedì 4 febbraio 2019 “Falafel Express” è un fumetto che nasce sulla scena, con la scena e per la scena! Gli attori si muovono in un mondo disegnato che si modifica attorno a loro per raccontare la storia di Mahdi. Mahdì è un ragazzo nato e cre- sciuto in Italia, in una cittadina del Sud, ma che italiano non è: non lo è per le Stato, non lo è per le carte che lo identificano e per le persone che lo “accolgono” a Venezia, dove a 18 anni si sposta per studiare all’università. Mahdi è figlio di una madre siriana e di un padre egiziano, ha amici italiani e una passione per le lingue stranie- re. Ma per se stesso chi è? É questa la domanda a cui si trova davanti quando, improvvisamente, raggiunta la maggiore età, tutto sembra cambiare molto velocemente nella sua vita. Attraverso gli amici, lo studio, i viaggi e le peripezie burocratiche di un paese che a volte sembra un po’ assurdo anche a chi la cittadinanza ce l’ha. “Quasi un road movie tra Brindisi, Venezia e il Cairo. “Falafel Express” è un crocevia d’incontri, una graphic novel prodotta dalla compagnia Lumen. È la storia di Madhi, giovane brindisino di madre siriana e padre egiziano che si reca all’università di Venezia a studiare Lingua e Cultura araba. Madhi, disponibile e idealista, non ignora le criticità e i tanti scogli che minano la sua idea d’ibridazione e multiculturalismo. La madre nata ad Aleppo, gestisce a Brindisi un negozio di fiori; è una donna dolce e affettuosa che riesce ad armonizzare le proprie radici e la civiltà d’approdo: si è inventata il cuscus alla salentina. Il padre rifornisce il Salento di kebab. Entrambi i genitori hanno le mani e lo sguardo di chi è abituato a lavorare e a dialogare. Credono nella multiculturalità. Sono equidistanti dal pregiudizio come dal radi- calismo islamico. L’orgoglio d’appartenenza è presente invece nello zio paterno che tiene vivo il legame con l’Egitto e il cordone ombelicale con la madre, da cui torna tutti gli anni. Poi c’è Venezia, avamposto di accoglienza e integrazione delle molte fragilità che possono convergere in una città multietnica. Qui Madhi convive con due coetanei, Orso e Caterina. Sono suggestioni d’amicizia e di un amore che presto farà i conti con le perplessità di chi è accogliente solo a parole. Madhi inizia a chiedersi chi sia. Intraprende un viaggio a ritroso verso le origini, verso l’Egitto, che gli offrirà consapevolezza e nuove prospettive. La forza dello spettacolo sta nella drammaturgia briosa, nei botta e risposta rapidi, in una freschezza essenziale della regia. In “Falafel Express” ibridazioni e connessioni non si limitano ai temi affrontati, al riferimento a un’umanità in cammino, alla capacità degli attori d’intercambiarsi e ricoprire più ruoli. Qui l’ibridazione è soprattutto presenza simultanea di linguaggi: recitazione e illustrazione, animazione, musica, luce. I fumetti di Chiara Abastanotti, adattati scenicamente da Tommaso Osnaghi e animati da Paola Palombi proiettano la storia in un orizzonte universale. (...) I disegni aiutano a dare continuità e coerenza alla narrazione. La tavolozza povera di colori sfronda la storia di ogni grossolanità e rende ancora più intrigante la sfida degli autori da un punto di vista estetico e artistico. Questo realismo stilizzato consente al disegno di mantenersi aderente alla realtà. Qualche parola sulle musiche. Dalla Carrà ai Cure, da Fairouz al rap delle nuove generazioni, la musica accompagna le tappe del viag- gio di un giovane ragazzo. C’è una musica che si ascolta in casa e una musica che si ascolta tra studenti quando si lascia l’ambiente familiare, una musica della cultura “tradizionale” e una della cultura “alternativa”. La musica rivela gli stati d’animo, è scoperta delle origini, esplorazione della contemporaneità. (...)” (Vincenzo Sardelli - Klp) spettacolo sostenuto da Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... LA SILVIA GALLERANO CLAUDIO BOTOSSO LOCANDIERA regia Stefano Sabelli con Giorgio Careccia, Chiara Cavalieri, o l’arte per vincere Diego Florio, Giulio Maroncelli, Gianantonio Martinoni, Eva Sabelli di Carlo Goldoni musiche dal vivo Angelo Miele adattamento Stefano Sabelli scene Lara Carissimi e Michelangelo Tomaro costumi Martina Eschini luci Daniele Passeri martedì 12 febbraio 2019 Silvia Gallerano, negli ultimi anni l’attrice italiana più premiata e seguita a livello internazionale, è protagonista di questo allestimento del capolavoro goldoniano che sposta l’azione dalla Firenze del 1700 al Delta del Po del 1950, in un’atmosfera acquitrinosa ispirata ai capolavori del cinema neorealista. Qui Mirandolina è una locandiera combattuta fra tradizione e femminilità, emancipata, moderna e sensuale, abile ma priva di leziosità. Intorno a lei, mentre la radio trasmette mambo d’epoca e canzonette di Rabagliati, un’umanità ai margini composta da incalliti giocatori d’azzardo, debosciati melomani, balordi dandy e subrettine da avanspettacolo. Il clima da bassa Padania, esotico e fluviale, traina una fantasia visionaria, dove la notte è illuminata da lucciole e lanterne che scompongono, sul manto del fiume, un continuo e forsennato caleidoscopio di luci, speranze e sospiri. Silvia Gallerano, quali novità dobbiamo aspettarci in questa nuova versione del classico di Goldoni? «È una versione nuova e allo stesso tempo fedele all’originale. Il testo è invariato, senza tagli e senza alcuna modifica. Al contrario, cambiano il tempo e il luogo della vicenda: siamo negli anni Cinquanta, in un’immaginaria capanna sul delta del Po. Si tratta di un’atmosfera particolare, molto stantia, che ricorda alcuni capolavori del cinema neorealista come Riso amaro di Giuseppe De Santis od Ossessione di Luchino Visconti. La conseguenza di tutto questo è una lettura meno leziosa e più terrena dei personaggi». Mirandolina è uno dei personaggi femminili più noti e anche l’emblema di una sorta di battaglia tra i sessi. «Esatto. È lei il centro di tutto, una sorta di perno attorno al quale ruotano gli uomini sulla scena. A sconvolgere ogni equilibrio sarà l’intrigante cavaliere di Ripafratta, fino a un epilogo per certi versi inaspettato rispetto alle ambizioni iniziali della locandiera. Se all’inizio Mirandolina sembrava una donna disposta a tutto pur di vincere, alla fine dimostra di non essere una sprovveduta e di sapere come uscire di scena a testa alta, seppure con un po’ di malinconia». Fino a oggi l’abbiamo vista confrontarsi con opere contemporanee: perché questo passaggio al classico? «È una mia scelta: come attrice, avevo da tempo il forte desiderio di confrontarmi con opere che hanno segnato la storia del teatro. Impersonare Mirandolina è una sfida: con il regista, ho cercato di trovare la sua concretezza e la sua verità». Che cosa pensa della situazione del teatro in Italia? «Stiamo vivendo un momento molto difficile: mancano i finanziamenti, molte compagnie muoiono e quelle che sopravvivono fanno molta fatica a restare a galla. Ci vorrebbe un cambio di visione da parte di tutti gli operatori culturali, per rivitalizzare la nostra offerta e iniziare una nuova stagione. Una risposta spontanea si è già fatta sentire ed è quella delle tante forme teatrali nate fuori dal palcoscenico, come gli spettacoli nelle case private, nei cortili o in ogni altro luogo d’aggregazione. Questo dimostra che, al di là dei problemi, il pubblico ha bisogno di questa forma d’arte e dovrebbe essere una risposta sufficiente per ripartire». Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... PROPRIETA’ FRANCESCO MANDELLI regia Leonardo Lidi E ATTO MONOLOGO PER UN UOMO LEGGERMENTE STRANIERO Esilio prima rappresentazione in Italia traduzione Chiara Maria Baire permanente revisione Elena Battista PRODUZIONE La Corte Ospitale di Will Eno BAM Teatro lunedì 25 febbraio 2019 Dalle prime comparsate su MTV ai sold out dei cinepanettoni fino al successo inarrestabile di “I soliti idoti”, Francesco Mandelli è abituato alle nuove sfide, capace come pochi di rimettersi in gioco e di svelare le tante facce di un artista multiforme. Questa volta accetta di portare in teatro un testo di Will Eno, autore cult del teatro minimale americano, già finalista al Premio Pulitzer. In “Proprietà e atto” il celebre drammaturgo concentra la sua riflessione sulla vita come sta- to di esilio permanente, sempre con ironia e sarcasmo ma senza dimenticare quelle digressioni poetiche che ne carat- terizzano la scrittura. Il testo, attraverso un sinuoso scorrere di aneddoti e visioni allucinate e allucinanti, parla del nostro essere soli in questo mondo, anime sperse senza fissa dimora. Negli esilaranti e strazianti tentativi di comprendere se stesso e il mondo che lo circonda, Mandelli getta una luce decisamente necessaria sulla nostra esperienza collettiva. Will Eno è un drammaturgo americano che vive a Brooklyn. Tra i suoi lavori: “Tragedy: a tragedy”, “The Flu Season (vincitore dell’Oppenheimer Award)”, “Kid Blanco”, “King: a problem play”, “Thom Pain” (finalista nel 2005 per il Pulitzer del Teatro), “Title And Deed”. Nel 2012 ha vinto il premio PEN/Laura Pels International Foundation for Theater. Scrittore originale le cui opere traboccano di humor nero e di mal di vivere, Edward Albee disse di lui: “Will Eno è uno dei più giovani e raffinati drammaturghi che io abbia incontrato negli ultimi anni. Il suo lavoro è creativo, ordinato e, allo stesso tempo, caotico ed evocativo. Ha un orecchio splendido e una mente veloce”. “Nella mia vita ho stupidamente e realmente lottato contro il semplice concetto di identità. Mi sento più libero nella scrittura di un monologo. Potrebbe essere dovuto al fatto che mi interessa la distruzione e la ricostruzione della propria coscienza, piuttosto che lo scontro di diverse coscienze, come avviene in uno spettacolo con più personaggi.” (Will Eno) Sottolinea il regista della piece, Leonardo Lidi, che “la drammaturgia di Proprietà e atto consente un viag- gio indagatore all’interno della figura e del termine “straniero” . Partendo dalla etimologia della parola, con lo stesso meccanismo grammaticale del protagonista, Will Eno permette una riflessione sullo stato d’animo di chi si definisce extra, ex, strano, ed estraneo, dipingendo un agente alieno piombato sul pal- coscenico per ricordarci la nostra inadeguatezza. Il testo procede attraverso aneddoti e curiose visioni, divaga sul significato e l’impronta che lasciano le parole nel vivere quotidiano, sul senso della memoria e sulla solitudine, sul ricordo, che è cuore e ti fa tornare indietro, alle tue origini, lì dove c’è la tua casa. Il tempo di esecuzione, se l’attore non muore o pensa ad altro, è di circa un’ora” “Audace, spettacolare, divertente. Poesia da palcoscenico di alto livello” (The New Yorker) “Una riflessione sulla vita come stato di esilio permanente” (The NY Times) “Uno straniero nella terra di Beckett” (Theater Reviews) Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... LA MIA ELIO GERMANO regia Elio Germano BATTAGLIA aiuto regia Rachele Minelli disegno luci Alessandro Barbieri di Elio Germano scene e costumi Katia Titolo video Giovanni Illuminati e Chiara Lagani PRODUZIONE Pierfrancesco Pisani e Infinito srl con il sostegno di Artisti 7607 lunedì 11 marzo 2019 Elio Germano mette la sua straordinaria capacità interpretativa a servizio di una riflessione sulla retorica qualunquista e le sue degenerazioni. Un attore, o forse un comico, ipnotizzatore non dichiarato, durante uno spettacolo di intrattenimento, manipola gli spettatori in un crescendo di autocompiacimento, anche verbale, fino a giungere, al termine del suo show, ad una svolta imprevedibile. Portatore di un muto volere collettivo diffuso nell’aria, l’artista da figura autorevole si farà via via sempre più autoritario, evocando lo spettro di un estremismo di ritorno travesti- to da semplice buon senso. Appellandosi alla necessità di resuscitare una società agonizzante, tra istanze ecologiste, nazionaliste, socialiste, planetarie e solitarie, mutuali e solidali, tra aneddoti e proclami, tra appelli appassionanti e affondi lirici deliranti, il nostro trascinerà l’uditorio, in un crescendo pirotecnico, a una straniata sospensione tragica, fino a condurlo verso una terribile conseguenza finale. “Se il teatro fosse una nave alla deriva e gli spettatori si ritrovassero nella condizione di naufraghi su un’isola deserta cosa accadrebbe? Inizia così “La mia battaglia”, l’intenso monologo messo in scena da Elio Germa- no e scritto a quattro mani con Chiara Lagani/Fanny&Alexander. (...) L’attore entra dall’ingresso del teatro e resta in platea “a intrattenersi” amichevolmente con il pubblico. È da questa “amichevolezza” che inizia lentamente, come se avvenisse sulla scena stessa, la costruzione precisa di quello che sarà il personaggio. (...) Vestendo i panni e i toni del “ragazzo della porta accanto” inizia a compiacere sempre di più il pubblico che lo riconosce quasi come uno di loro e inizia ad applaudirlo continuamente, a ogni nuovo luogo comune che “spara”. Il lavoro dalla Lagani è intimamente legato, fin dal titolo al tema della riscrittura di quello che ancora oggi è purtroppo uno dei testi tragicamente più venduti in Italia, e di cui il titolo dello spettacolo è l’esatta traduzione. Ritornando sul percorso concettuale del progetto “Discorso” di Fanny & Alexander cen- trato sul tema della persuasione, ben presto in scena è possibile leggere in controluce istanze che hanno portato ai peggiori crimini della Storia del secolo passato, intimamente vicine a discorsi non dissimili a quelli all’ordine del giorno nelle campagne elettorali di oggi in Europa (...) è per questo che “La mia battaglia” si fa straniante perché, grazie anche alla bravura dell’attore, la disseminazione precisa di quei luoghi comuni fa sì che gli spettatori si riconoscano ed applaudano. (...) Il dispositivo scenico creato è perfetto. Da una parte, fin dall’inizio si fa credere che la finzione sia rotta dall’incedere dell’attore nella realtà dello spettatore rompen- do subito la quarta parete. Dall’altra parte, nascostamente, la finzione viene ricostruita attraverso le parole dentro quella che crediamo sia la realtà stessa con quel meccanismo retorico che già da diverso tempo è al cuore dell’indagine della Lagani. Lagani e Germano ci introduco quindi piano piano in un circolo vizioso dove reale e immaginario si confondono continuamente dando ancora più credito a quella finzione che è ora reale. Il punto sta qui. Ti trovi seduto in mezzo a una platea che applaude qualcosa che via via assume chiaramente la sembianza di un delirante manifesto suprematista. E dove finisce la finzione e inizia la realtà? Supponendo pure che qualcosa sia artificiale e voluto, ad un certo punto la realtà supera la finzione, ed è proprio questo il meccanismo che trasforma le democrazie in qualcosa di imponderabile. E’ qualcosa che avviene con natura- lezza, senza capire dove inizia. Com’è possibile? (...)” (Francesca Giuliani - paneacquaculture.net) Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... SAVANA TEATRO STABILE DEL VENETO con Riccardo Gamba PADANA dal romanzo di Pietro Quadrino Davide Sportelli Francesco Wolf Matteo Righetto regia Stefano Scandaletti adattamento movimenti di scena Davide Sportelli Stefano Scandaletti soundesign Lorenzo Danesin mercoledì 20 marzo 2019 “Savana Padana” è una storia di confini: quello tra i capannoni e i campi di mais, quello tra gli italiani e gli stranieri più o meno integrati, quello tra la ricchezza economica e la povertà culturale. In queste frizioni lo scrittore Matteo Righetto cerca la polpa per il proprio romanzo, che è un racconto fortemente contempora- neo e sanguigno, un noir dai tratti grotteschi. La versione teatrale, adattata e diretta da Stefano Scandaletti, offre una rilettura del testo tragicomica dal sapore pulp che descrive una sorta di far west in salsa padana. La parabola è raccontata dalla voce di quattro attori capaci di evocare personaggi e situazioni con una carica di energia ed un talento mimetico davvero sorprendenti. Un come piccolo esperimento teatrale accolto da un inarrestabile consenso da parte di pubblico e critica. “La vicenda è surreale e simbolica ma il mondo che rappresenta è reale e concreto: si muove su due binari pa- ralleli «Savana Padana», la pièce tratta dall’omonimo romanzo di esordio (2012) del padovano Matteo Righetto, che Stefano Scandaletti, anche lui padovano, ha adattato per la scena curandone la regia per una produzione del Teatro Stabile del Veneto. Lo spettacolo ha riscosso un caloroso successo e ha fatto per una settimana ogni sera il tutto esaurito a Padova per la rassegna «Aperitivo a teatro». Tutti i numerosi personaggi del libro vengono interpretati da quattro attori, Riccardo Gamba, Pietro Quadrino, Davide Sportelli, Francesco Wolf, che fungono anche da narratori e che con grande bravura trasformano in successione vorticosa i loro corpi e le loro voci con un ritmo incalzante e un’energia dirompente, guidati nei movimenti di scena da Davide Sportelli. Lo spazio è nudo, scandito dalla presenza di quattro sedie e disegnato dalle luci di Enrico Berardi che completano l’ambien- tazione creata dal soundesign Lorenzo Danesin. I “tosi” del bar Sport e gli zingari del bar Centrale, collocati l’uno di fronte all’altro lungo la strada che taglia in due il paese di San Vito nella campagna veneta stretta tra il Brenta e il Piovego, portano avanti i loro loschi traffici senza darsi troppo fastidio, in “amichevole” convivenza con la mafia cinese, e con la complicità del Comandante dei Carabinieri. Il Fetente, questo è l’antonomastico soprannome del militare, si lascia facilmente corrompere dai malavitosi, preoccupato solo di evitare che com- mettano crimini ai danni degli “intoccabili”: sindaco, assessori e affini. Ma il precario equilibrio è destinato a spezzarsi il 13 giugno 2012, a seguito del furto della statua di Sant’Antonio, proprietà di Ettore Bisatto, detto il Bestia, a lui molto cara non per motivi religiosi, ma perché imbottita di preziosa cocaina. Il recupero del cimelio finirà in un bagno di sangue, complice anche una tromba d’aria che con la sua furia naturale sterminerà i ma- lavitosi. Scandaletti è riuscito a trasferire sulla scena il racconto di Righetto rispettandone lo spirito caustico e affrontando il linguaggio crudo e le situazioni estreme del libro senza scadere in una facile volgarità, peraltro estranea alla pagina scritta. Lo spirito grottesco dell’originale e l’atmosfera noir si colorano di sfumature pulp, come in un film di Quentin Tarantino, e riescono a rendere visivamente la trama di una storia paradossale ma che si nutre di scomode verità e di situazioni che di immaginario hanno solo qualche elemento”. (Caterina Barone - Corriere del Veneto) Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... VOCI LAURA MORANTE regia John Pielmeier NEL BUIO di John Pielmeier regista assistente Enzo Masci scenografia David Gallo PRODUZIONE Gianluca Ramazzotti versione italana per Ginevra Media Production Srl Franco Ferrini Teatro Carcano - Centro d’Arte Contemporanea martedì 26 marzo 2019 Un’attrice di qualità e carisma ineguagliabile come Laura Morante si misura con un personaggio complesso su un te- sto assolutamente sorprendente, dove niente e nessuno è come sembra. A dirigerla John Pielmeier, autore e regista che ha portato lo spettacolo al suc- cesso sui palcoscenici di Broadway. La premessa dello script è molto semplice: a spaventarci non è ciò che vediamo ma ciò che ascoltiamo. L’immaginazione è tutto e può condurci ovunque, anche in posti sbagliati. Lo spettacolo è volutamente modellato sui thriller degli anni ‘50/’60: è la storia di una donna in pericolo, con un’importante variante rispetto i classici d’epoca, questa volta a salvare la vittima designata non arriverà il solito cavaliere senza macchia e senza paura, la protagonista dovrà imparare ad uscire dal pericolo contando unicamente sulle proprie forze. Un testo pieno di colpi di scena, che terranno il pubblico col fiato sospeso fino all’ultimo secondo. Adirondack Mountains, fra New York e il Canada. In una piccola baita Lil aspetta di passare un weekend lontana da tutto, cercando di rimettere insieme il suo matrimonio in crisi. Lil è una psicologa che condu- ce in radio la trasmissione del momento, “L’ultima occasione”, un programma che dà ascolto alla voce di persone disperate alle quali tende una mano. Un programma di successo tale da convincere la più importante rete televisiva d’America a corteggiare Lil per portarla sugli schermi di tutte le case. Ma Lil vorrebbe smettere di essere la protagonista di quello che ormai si è trasformato in uno show degli orrori come nell’ultima trasmissione: in una telefonata in diretta un maniaco con la voce camuffata ha dichia- rato che ucciderà una donna se Lil non lo fermerà. I tre giorni nella baita dovrebbero essere il suo modo per staccarsi da tutto questo. Ma suo marito non arriva, il volo è stato cancellato per la neve. Neve che la blocca definitivamente in quella baita isolata e frequentata da pochissime persone. E quando il telefono squilla, la voce del maniaco trasforma il weekend di Lil in un incubo: una feroce lotta per la sopravvivenza contro un nemico invisibile. Perché l’uomo che vuole ucciderla è lì. E la sua mano potrebbe essere quella di ognuna delle poche persone che ha intorno. L’elettrizzante e sorprendente thriller di John Pielmeier, allestito per la prima volta in Italia, incontra la straordinaria qualità e il carisma di Laura Morante, per dare vita a uno spettacolo coinvolgente nel quale niente – e nessuno – è come sembra; uno spettacolo e una protagonista che terranno il pubblico col fiato sospeso fino all’ultimo secondo. John Pielmeier è autore di romanzi, opere teatrali, film e serie televisive. Per il suo lavoro ha ricevuto nu- merosi premi e nomination ai Golden Globe e Writers Guild Award. Ha vinto un Gemini Award, un Romy Award e una nomination agli Emmy per le migliori miniserie e si è guadagnato una nomination agli Oscar per la sceneggiatura tratta dalla sua celebre commedia Agnese di Dio, interpretata sul grande schermo da Jane Fonda e Anne Bancroft. Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
Teatro Cronaca ..................................................... MIO GIULIANA MUSSO con la complicità di Alberto Rizzi EROE di Giuliana Musso scene e assistenza Tiziana De Mario musiche eseguite da Andrea Musto direzione tecnica Claudio “Poldo” Parrino foto Adriano Ferrara organizzazione Miriam Paschini PRODUZIONE La Corte Ospitale lunedì 8 aprile 2019 Le madri testimoniano con devozione la vita dei figli che non ci sono più, ne ridisegnano il carattere, il comportamento, gli ideali. Costruiscono un altare di memorie personali che trabocca di un naturale amore per la vita. Cercano parole e gesti per dare un senso al loro inconsolabile lutto ma anche all’esperienza della morte in guerra, in tempo di pace. Nell’alveo di questi racconti intimi, a tratti lievi a tratti drammatici, prende però forza e si fa spazio un discorso etico e politico. In “Mio Eroe”, la voce stigmatizzata della madre dolorosa, da sempre sequestrata nello spazio dei sentimenti, si apre un varco, esce dagli stereotipi, e si pone interrogativi puntuali sulla logica della guerra, sull’origine della violenza come sistema di soluzione dei con- flitti, sul mito dell’eroe e sulla sacralità della vita umana. Solo alla fine del monologo sarà forse visibile, come una filigrana in controluce, che la voce delle madri piangenti è la voce della razionalità umana. “E’ bene dirlo subito: Giuliana Musso, attrice e autrice veneta poi adottata da Udine, è un’artista che vale la pena seguire. Sa essere lieve e intensa come pochi, e arriva in scena solo con l’indispensabile. Nelle sue drammaturgie o “testimonianze”, come lei stessa preferisce chiamarle, portate sul palco con grande aderenza ed efficacia, si av- verte sempre un profondo rispetto sia per quelle vite a cui attinge, sia per il pubblico di cui è a servizio come punto d’osservazione e incontro. Nei suoi spettacoli l’attrice rimane in filigrana, così come la scuola e la tecnica raffinata che le appartiene. L’intento non è quello di accentrare su di sé l’attenzione, ma di portare lo spettatore a vedere oltre ciò che è “teatro”, stimolando in questo modo la partecipazione. Accade anche nell’ultimo lavoro autoriale “Mio Eroe”, in cui si coglie effettivamente tutta la viva emozione di cui sono pregni i racconti delle tre madri che ne compongono la drammaturgia; così come i dettagli espressivi delle stesse, le inflessioni dialettali, il pensiero riflessivo o avventato, come se questo nascesse nell’immediato. Il lavoro raccoglie in tre lineari e intensi racconti il tema della guerra. In particolare, è ispirato alla biografia di alcuni dei 53 militari italiani che hanno perso la vita in Afghanistan durante la missione ISAF tra il 2001 e il 2014. Le voci inconsolabili, ma lucide, in cui si avvicendano ri- cordi, interrogativi, incredulità, amore e dolore, sono quelle delle madri di Mauro, Stefano e Micky. Le voci sono tre, ma la loro eco parla in qualche modo anche per tutte le altre. Con la diversità dello sguardo, i piccoli cambiamenti gestuali e attraverso spostamenti lessicali la Musso è come se cambiasse fisionomia, e quelle tre donne diventano ben visibili e presenti. Così come lo sono i tre ragazzi: i loro caratteri, alcune vicende dello loro vita, le aspirazioni, le scelte. Ne emergono ritratti nitidi, tridimensionali, che svelano cosa si nasconde dietro il viso sorridente di foto anonime, veloci e sfocate che appaiono solitamente nei mezzi di comunicazione, dove le guerre si raccontano. Quel chiamare materno il proprio figlio “mio eroe” arriva come un bellissimo e commovente atto d’amore, di stima e comprensione. Ci sono abissi di dolore mimetizzati in ogni racconto, che pur nella drammaticità, e nell’impulso di rabbia e passione che a volte prende il sopravvento, mantiene pur sempre una certa integrità e umiltà; in questo si contraddistingue ancora una volta l’attrice, che non cerca di cavalcare il dolore, la tragedia, ma accompagna ogni racconto con affezione, autenticità e discrezione. Mentre i racconti si dipanano al suono grave del violoncello, ci si sente avvolti e coinvolti, come in una sorta di abbraccio che stringe a sé e commuove. (...)” (Rita Borga - Klp) Città di Bassano del Grappa Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura
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