UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI "FEDERICO II"

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI "FEDERICO II"
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
                          “FEDERICO II”

               Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

        Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

                Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”

                       Laurea Triennale in Fisica

 Celle solari a eterogiunzione con contatti selettivi
                     “dopant free”

Relatore:                                                       Candidata:
Maddalena Pasqualino Maria                                      Russo Sara
Relatrice:                                                Matr. N 85000924
Lancellotti Laura

                  Anno Accademico 2020/2021
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"Essendogli stato chiesto che cosa ponesse un limite ai dubbi,
                                Do disse: Il desiderio di agire"
                                                [Me-Ti, Brecht]
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Indice

Introduzione                                                                                      i

1   Fotovoltaico                                                                                  1
    1.1 Spettro solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .      .   .   .   .     1
    1.2 Cella Fotovoltaica, come una giunzione p-n . . . . . . . .              .   .   .   .     5
         1.2.1   Caratteristiche I-V . . . . . . . . . . . . . . . . . . .      .   .   .   .     7
    1.3 Celle solari al silicio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .   .   .   .   .    11
         1.3.1   Materiali, dispostivi ed efficienze delle celle solari         .   .   .   .   12
    1.4 Generazione e ricombinazione dei portatori di carica . . .              .   .   .   .   13
         1.4.1   Fotocorrente, Iph . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .      .   .   .   .   19

2 Celle solari a eterogiunzioni di silicio cristallino                                          21
  2.1 La struttura del silicio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .                21
  2.2 Celle solari ad eterogiunzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .                  23
  2.3 Principio di funzionamento delle celle ad eterogiunzione . . . .                          24
  2.4 Celle solari a eterogiunzione con contatti selettivi di tipo do-
        pant free . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .             26

3 Risultati sperimentali                                                                        28
  3.1 Effetti dell’ossido di molibdeno (M oOx ) . . . . . . . . . . . . . .                     29
  3.2 Effetti del fluoruro di litio (LiF ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .                32
  3.3 Celle solari in eterogiunzione con contatti selettivi . . . . . . . .                     34

Conclusioni                                                                                     37

Bibliografia                                                                                    38

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Introduzione

L’energia pervade tutto l’universo, lo compone per quasi il 70% ed il sole è la
fonte più vicina a noi ed elemento imprescindibile per la vita sulla terra.
    L’evoluzione dell’uomo e lo sviluppo delle società è caratterizzato dalla com-
prensione dei processi energetici: con la “Rivoluzione Industriale”, a partire
dalla seconda metà del 1800, esplode la richiesta di energia e il conseguen-
te utilizzo massivo delle fonti fossili, più concentrate e più efficienti. Queste,
a livello molecolare, sono caratterizzate dalla presenza di carbonio legato ad
atomi di idrogeno, e rilasciano energia liberando CO2 . L’enorme immissione in
atmosfera di altissime quantità di CO2 , sta mettendo in crisi l’intero pianeta.
    La comunità scientifica denuncia da più di mezzo secolo i pericoli derivan-
ti da eccessive quantità di gas serra in atmosfera. È stato però il continuo
susseguirsi di calamità climatiche a rendere il pericolo percepibile renden-
do la popolazione mondiale sempre più consapevole. Finalmente, di recente
in base all’Accrodo di Parigi, le organizzazioni politiche hanno decretato il di-
mezzamento entro il 2030 e l’azzeramento entro il 2050 delle emissioni net-
te di CO2 . L’obiettivo è mantenere l’innalzamento della temperatura media
dell’atmosfera entro 1, 5◦ .
    L’abbandono delle fonti fossili però, non è cosa facile. Se pur consapevoli
dei danni causati, infatti, la richiesta di energia è in costante aumento, tanto
che se ne prevede il raddoppio entro fine secolo.
    La richiesta energetica, sempre maggiore, ha portato allo sviluppo di nuove
fonti di energie, le cosiddette “energie rinnovabili”. In questo campo troviamo
una vasta gamma di tecnologie; tra esse la tecnologia fotovoltaica offre una
serie di vantaggi i quali, per motivi sociali e ambientali, sono sempre più ap-
prezzati in prospettiva della costruzione di un modello di sviluppo sostenibile.

                                        i
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ii

La prima cella solare a base di silicio cristallino c − Si è stata realizzata nel
1954 presso i Bell Labs. Da allora molta strada è stata fatta, circa l’80% delle
celle solari è realizzato con wafer di silicio cristallino. Nonostante il silicio sia
l’elemento più abbondante sulla crosta terrestre dopo l’ossigeno, la sua filiera
di produzione risulta essere molto onerosa, sia dal punto di vista economico
che da quello energetico. Per questo motivo si continuano a studiare nuove
tecniche e tecnologie che cercano di abbassare questi costi e migliorarne l’ef-
ficienza. In collaborazione con il Cr ENEA di Portici, questo lavoro di tesi pone
l’attenzione nella fabbricazione di celle solari a eterogiunzione di silicio con
contatti selettivi di tipo dopant free. Queste celle di nuova generazione stan-
no cercando di mettere da parte le convenzionali celle solari al silicio cristalli-
no, grazie alla loro versatilità e fabbricazione, dove gli onerosi costi economici
ed energetici si abbassano drasticamente, rendendo, davvero, il fotovoltaico
sostenibile.
     Il lavoro di tesi inizia descrivendo le caratteristiche generali e fisiche di una
cella fotovoltaica convenzionale, studiandone i parametri che la caratterizza-
no. Successivamente si mette a confronto la cella solare convenzionale al sili-
cio con celle solari a eterogiunzione con contatti selettivi di tipo “dopant free”,
che si stanno studiando presso Cr ENEA di Portici, sottolineandone i vantaggi e
soprattutto la facile fabbricazione. Infine, si riportano i dati sperimentali, che
individuano che queste nuove celle possono davvero entrare in competizione
con celle di tipo tradizionale.
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Capitolo 1

Fotovoltaico

1.1    Spettro solare
Il sole è una stella di dimensioni medio-piccole costituita principalmente da
idrogeno ed elio. E’ classificata come una “nana gialla” di tipo spettrale G2 V.
“G2” indica che la stella ha una temperatura superficiale di 5777 K, da cui deriva
il suo colore bianco che spesso può apparire giallastro a causa della diffusio-
ne luminosa. La “V” (5 in numeri romani) indica che il sole è nella sequenza
principale, ovvero in una lunga fase di stabilità la quale l’astro genera ener-
gia attraverso la fusione, nel proprio nucleo, dell’idrogeno in elio. La fusione
nucleare inoltre fa si che la stella sia in uno stato di equilibrio, sia idrostatico,
ossia non si espande né si contrae, sia termico.
     Il sole possiede una struttura interna ben definita. Come quella delle altre
stelle, appare costituita da involucri concentrici; ogni strato possiede caratte-
ristiche e condizioni fisiche ben precise, che lo differenziano dal successivo.
     Per quando detto l’intensità della radiazione emessa dal sole ha uno spet-
tro che assomiglia ad una radiazione di corpo nero a una temperatura di circa
6000 K.
     Lo spettro di corpo nero obbedisce alla legge di Planck ottenuta basandosi
sul fatto che la radiazione di corpo nero è indipendente dal materiale, che può
considerarsi come un insieme di dipoli oscillanti. In questo modo l’energia
emessa per unità di superficie e di tempo è data da

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1.1. SPETTRO SOLARE                                                                    2

                                         2hπhc3       1
                       Wλ (λ, T )dλ =        5     hc       dλ                      (1.1)
                                           λ    e λkB T − 1
    Come possiamo vedere l’energia emessa è funzione della lunghezza d’onda
λ e della temperatura T . h è la costante di Planck, c la velocità della luce nel
vuoto e kB è la costante di Boltzmann.

Figura 1.1: Confronto tra lo spettro della radiazione solare e lo spettro di corpo nero.

    Nella Figura 1.1 la curva nera rappresenta lo spettro di emissione del corpo
nero caratterizzato da una curva a campana il cui andamento e il cui massimo
sono univocamente legati alla temperatura del corpo stesso e la posizione del
picco della curva, cioè la lunghezza d’onda corrispondente alla massima emis-
sione di energia, ricade nel visibile intorno a 500nm. La zona gialla rappresenta
lo spettro solare e anche esso ha il suo massimo di emissione nella banda del
visibile. La radiazione solare è modificata dagli effetti dell’atmosfera solare e
dalle variazioni di temperatura sulla superficie del sole. Infatti, fuori dall’at-
mosfera terrestre la potenza incidente assume in valore di circa 1360 W m−2 ,
che prende il nome di costante solare. Sulla superficie terrestre questo valore
è ridotto a causa dei fenomeni di assorbimento e diffusione che hanno luogo
nell’atmosfera terrestre. Per tener conto di questi fenomeni, è stata definita a
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1.1. SPETTRO SOLARE                                                            3

livello internazionale la massa d’aria unitaria (AM ) corrispondente alla parte
di atmosfera attraversata dai raggi solari rispetto al livello del mare. Data una
certa lunghezza L e la radiazione solare incidente ad un angolo θ rispetto alla
normale alla superficie terrestre, il coefficiente di massa d’aria è:

                                      L      1
                              AM =       ≈                                  (1.2)
                                      L0   cos θ
    dove L0 è la lunghezza allo zenit (cioè normale alla superficie terrestre) a
livello del mare (Figura 1.2).

                             Figura 1.2: AM0 e AM1.5

    Lo spettro al di fuori dell’atmosfera è indicato con AM 0, detta radiazio-
ne zero di massa d’aria nella Figura 1.1. Lo spettro solare al livello del mare
con il sole allo zenit è indicato con AM 1. Lo spettro solare di radiazione sulla
superfice terrestre, indicato con AM 1.5, dove 1.5 rappresenta lo spessore del-
l’atmosfera corrispondete ad un angolo θ = 48.2◦ , comunemente usato per
caratterizzare le prestazioni delle celle solari in condizioni standard.
    Le nuvole aumentano l’assorbimento e la diffusione della luce solare e
quindi riducono l’intensità incidente. In una giornata di sole, l’intensità della
radiazione che arriva sulla superficie terrestre è circa il 70% del valore mas-
simo. È evidente che lo spettro ha diversi picchi di assorbimento dovuti al-
le lunghezze d’onda assorbite da varie molecole nell’atmosfera. La diffusione
della radiazione solare non solo riduce l’intensità della radiazione stessa ver-
so la Terra, ma dà anche origine a raggi del sole che arrivano ad angoli casuali
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1.1. SPETTRO SOLARE                                                          4

sulla superficie. Di conseguenza la luce terrestre ha una componente diffusa
oltre a una componente diretta. La componente diffusa, avendo una forte di-
pendenza dall’inverso della lunghezza d’onda ( λ14 , in accordo con la legge di
Rayleigh), aumenta con la nuvolosità e la posizione del sole. In una giornata
limpida, la componente diffusa può raggiungere circa il 20% della radiazione
totale.
    Va detto, infine, che la quantità di radiazione incidente dipende dalla po-
sizione del sole che cambia ciclicamente nel corso della giornata e durante
l’anno.
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1.2. CELLA FOTOVOLTAICA, COME UNA GIUNZIONE P-N                                5

1.2    Cella Fotovoltaica, come una giunzione p-n
Una cella solare fotovoltaica in silicio cristallino può essere vista come una
giunzione p-n (Figura 1.3). Considerando una giunzione a semiconduttore all’
equilibrio elettrostatico, si determina un eccesso di carica positiva nella zona
n, dovuto agli atomi di drogante n, e un eccesso di carica negativa nella zona
p, dovuto agli atomi di drogante p che hanno intrappolato elettroni per com-
pletare i legami con gli atomi di silicio vicini. La regione intermedia a cavallo
della giunzione, detta zona di svuotamento in quanto priva di cariche libere, è
caratterizzata dalla presenza di un campo elettrico interno, diretto dalla zona
n alla zona p.

                        Figura 1.3: Schema giunzione p-n

    Nella Figura 1.4 viene illustrato il funzionamento di una cella fotovoltaica.
Come detto è presente una giunzione p-n con una zona n fortemente drogata:
pertanto lo strato n all’interno della zona di svuotamento sarà molto stretto.
Quando il dispositivo viene colpito dalla radiazione solare si generano, per as-
sorbimento, coppie elettrone-lacuna in entrambe le zone. La fotogenerazione
nel silicio avviene principalmente nella zona p della regione di svuotamento,
in conseguenza della presenza del campo elettrico interno E0 , il quale separa
le coppie fotogenerate.
1.2. CELLA FOTOVOLTAICA, COME UNA GIUNZIONE P-N                                 6

                    Figura 1.4: Schema di una cella fotovoltaica

    L’elettrone fotogenerato viene diretto verso il lato neutro n+ , e rende que-
sta regione negativa per una quantità di carica −e. Allo stesso modo la lacuna
fotogenerata raggiunge il lato p neutro e quindi rende questo lato positivo.
Di conseguenza si sviluppa una tensione di circuito aperto tra i terminali del
dispositivo, Voc .
    Le coppie fotogenerate più lontano dalla regione di svuotamento potreb-
bero essere perse per ricombinazione; quindi, è importante che la lunghezza
di diffusione del portatore minoritario Le sia la più lunga possibile. Infatti,
proprio per questo si sceglie il silicio e si fa in modo tale che la zona p sia la
più estesa. La fotogenerazione di coppie elettrone-lacuna avviene quindi in
un volume dato da Lh + W + Le . La differenza di potenziale che si instaura
ai capi dei terminali del dispositivo genera un flusso di cariche, se il circuito
[Figura 1.4] viene cortocircuitato: gli elettroni raccolti dall’elettrodo anterio-
re fluiscono, tramite il circuito esterno all’elettrodo posteriore generando una
corrente di corto-circuito, Isc , [Figura 1.5].
1.2. CELLA FOTOVOLTAICA, COME UNA GIUNZIONE P-N                                             7

Figura 1.5: Portatori generati dopo che il dispositivo viene illuminato, all’interno del
            volume Lh +W +Le ; una volta che il circuito viene cortocircuitato si origina
            una corrente di corto-circuito Isc .

1.2.1   Caratteristiche I-V
Si consideri una cella fotovoltaica a giunzione p-n ideale collegata ad un carico
R e siano la direzione di I e V quelle indicate nella Figura 1.6(a).

Figura 1.6: (a) Cella solare collegata ad una carico R e per convenzione scelgo la dire-
            zione della corrente, I, e del potenziale, V , positivo. (b) Carico R cortocir-
            cuitato, generazione della fotocorrente, Iph , che sarà opposta alla correte
            di cortocircuito, Isc . (c) Cella solare collegata ad un carico R. Nel circuito ci
            sono la corrente I e il potenziale V

    Se il carico R è cortocircuitato, la luce incidente sul diodo genererà una
corrente di cortocircuito (Figura 1.6 (b)): questa corrente prende il nome di
fotocorrente Iph . Maggiore è la radiazione della luce, più alta è la Iph . In que-
sto caso la corrente di cortocircuito, Isc , e la fotocorrente Iph coincidono. Se I
rappresenta l’intensità della luce, la corrente di corto circuito sarà uguale a
1.2. CELLA FOTOVOLTAICA, COME UNA GIUNZIONE P-N                                          8

                                      Isc = Iph = KI                                  (1.3)

    dove K è una costante che dipende dal dispositivo.
    Se il carico R non è cortocircuitato, una differenza di potenziale V si genera
ai capi di R, che polarizzerà direttamente il diodo, e alla fotocorrente Iph si
aggiunge la corrente Id dovuta alla polarizzazione diretta della giunzione p-n
                                                  
                                            eV
                             Id = I0 exp           −1                                 (1.4)
                                           ηkB T
    dove η è il fattore di idealità del diodo che può essere 1 o 2 e I0 è la corrente
di saturazione inversa.
    Quindi la corrente totale che passa attraverso una cella solare è
                                                        
                                             eV
                          I = I0 exp                    − 1 − Iph                     (1.5)
                                            nkB T
     Le caratteristiche I − V di una tipica cella solare sono illustrate nella Figu-
ra 1.7.

Figura 1.7: Caratteristiche I-V di una tipica cella solare. La corrente di corto circuito è
            Iph e la tensione di circuito aperto è Voc

    Le caratteristiche I − V di una cella solare corrispondono alle normali ca-
ratteristiche di un diodo in condizioni di buio; esse vengono spostate verso il
1.2. CELLA FOTOVOLTAICA, COME UNA GIUNZIONE P-N                                      9

basso dalla fotocorrente Iph la quale dipende dall’intensità della luce. La ten-
sione di uscita a circuito aperto della cella solare è data dal punto in cui la
curva I − V taglia l’asse V (I = 0). L’ Equazione 1.5 lega le intesità di corrente
che attraversa la cella con la la caduta di tensione ai capi di R Considerando la
semplice equazione di maglia in Figura 1.6(c) si ottiene la retta di carico

                                              V
                                      I=−                                         (1.6)
                                              R
                                          ′                              ′
    La corrente che attraversa la cella I e la tensione ai suoi capi V nel circuito
devono soddisfare sia la caratteristica I − V della cella solare [ Equazione 1.5],
                                                                       ′    ′
sia quella della retta di carico [Equazione 1.6]. Possiamo trovare I e V risol-
vendo queste due equazioni simultaneamente, ma la risoluzione analitica non
è banale quindi si ricorre alla risoluzione grafica.
    L’ Equazione 1.6 rappresenta una retta con una pendenza negativa − R1 .
Unendo le due caratteristiche, ossia quella della retta di carico e della cella so-
lare, possiamo vedere che esse si incontrano in un punto P, le cui coordinate
rappresentano le soluzioni del sistema (Figura 1.8).

Figura 1.8: Individuazione del punto P attraverso una costruzione sulla retta di carico

    Il punto P rappresenta il punto di lavor del circuito.
                                    ′  ′
    La potenza erogata è Pout = I V rappresentata dall’area del rettangolo
in Figura 1.8. La potenza massima viene fornita quando questa area rettan-
                                  ′           ′
golare è massimizzata, quando I ≃ Im e V ≃ Vm . Poiché la corrente mas-
sima possibile è Iph e la tensione massima possibile è Voc , il rapporto tra la
1.2. CELLA FOTOVOLTAICA, COME UNA GIUNZIONE P-N                                  10

potenza massima in uscita, Im Vm e la potenza massima possibile, Iph Voc viene
chiamato fattore di riempimento, F F (fill factor)

                                           Im Vm
                                  FF =             .                            (1.7)
                                           Iph Voc
    Il F F è una misura della vicinanza della curva della cella solare I − V alla
forma rettangolare (la forma ideale). È chiaramente vantaggioso avere F F il
più vicino possibile all’unità, ma le proprietà esponenziali della giunzione p-n
lo impediscono. In genere i valori F F sono nell’intervallo 70-85% e dipendono
dalla struttura del dispositivo.
    Riassumendo le prestazioni delle celle solari sono valutate da quattro pa-
rametri:
    1. Corrente di cortocircuito, Isc , è la corrente che passa attraverso una cella
solare quando la cella solare è in una condizione di corto-circuito. La densità
di corrente di corto-circuito (Jsc ) è

                                              Isc
                                   Jsc =                                       (1.8)
                                             area
    2. Tensione di circuito aperto, Voc , è la tensione massima di una cella quan-
do la corrente è zero.
    3. Fattore di riempimento, F F , è il rapporto tra la la potenza massima
possibile,Iph Voc , e la potenza massima in uscita, Im Vm
    4. Efficienza di conversione, P CE, è definita dal rapporto tra potenza pro-
dotta dalla cella solare e la potenza incidente dal sole

                          Pm
                P CE =        X 100% = Voc X Jsc X F F X 100%                  (1.9)
                          Pin
   dove Pm è la potenza in uscita, Pin è la potenza in ingresso (pari a 1000 W/m2
per l’irradiazione standard di prova AM 1.5G).
1.3. CELLE SOLARI AL SILICIO                                                         11

1.3    Celle solari al silicio
Le celle solari reali possono deviare dal comportamento ideale delle celle so-
lari a giunzione p-n per svariati motivi. Si consideri una giunzione p-n illu-
minata collegata ad una resistenza di carico RL , com’è possibile vedere nella
Figura 1.9 (a) gli elettroni fotogenerati, per raggiungere la superficie del dispo-
sitivo sono sottoposti agli effetti in serie rappresenta dalla resistenza Rs al-
l’interno del circuito. La resistenza di Rsh rappresenta gli effetti resistivi legati
alla conduzione superficiale delle cariche.

Figura 1.9: (a) Funzionamento cella solare reale. (b) Circuito equivalente di una cella
            solare.

    Di conseguenza, una cella solare può essere ridotta al circuito equivalente,
indicato in Figura 1.9(b). Esso può essere diviso in due zone:
    1. La regione grigia rappresenta un diodo ideale a giunzione p-n e ai capi di
  ′     ′
A e B si genera una differenzah     di
                                      potenziale
                                                 i V1 . Questa tensione genera una
corrente nel diodo Id = I0 exp ηkeVB1T − 1 . Il processo di fotogenerazione
è rappresentato da un generatore di corrente costante, Iph dove la corrente è
proporzionale all’intensità luminosa. Le due correnti, Id e Iph hanno direzione
opposta. In condizione di circuito aperto, la tensione V1 è tale che Id e Iph
hanno la stessa grandezza e si annullano a vicenda.
    2. Fuori dalla zona “ideale” vi è la resistenza Rs che impedisce che la tensio-
ne fotovoltaica ideale sia letta ai terminali A e B. In più è presente la resistenza
1.3. CELLE SOLARI AL SILICIO                                                         12

di shunt, Rsh in parallelo al carico RL . La corrente totale che scorre all’interno
del circuito sarà uguale a
                                          
                            e(V + IRs )               V + IRs
               I = I0 exp                 − 1 − Iph +                             (1.10)
                               nkB T                    Rsh
    La resistenza di serie Rs può deteriorare significativamente le prestazioni
delle celle solari fino a ridurre l’efficienza della cella. Infatti, com’è possibile
vedere dal grafico nella Figura 1.10 più alta è la resistenza in serie meno la cella
sarà efficiente dato che la curva di funzionamento si appiattisce. Poi la Rsh
ha un valore molto più grande delle altre resistenze presenti nel circuito è
attaversata da una corrente trascurabile.

Figura 1.10: La resistenza in serie riduce la massima potenza disponibile e quindi l’ef-
             ficienza ccomplessiva della cella solare.

1.3.1   Materiali, dispostivi ed efficienze delle celle solari
La maggior parte delle celle solari utilizzano silicio cristallino perché la fab-
bricazione di semiconduttori a base di silicio è ora una tecnologia matura che
consente di produrre dispositivi economici. Una delle metriche più importanti
delle celle solari è l’efficienza, come definita dall’Equazione 1.9.
    Le efficienze tipiche delle celle solari a base di Si variano da circa il 18%
per la policristallina al 22 − 25% in dispositivi monocristallini ad alta efficien-
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                         13

za che hanno strutture speciali per assorbire il maggior numero possibile di
fotoni incidenti. La riflessione della luce deve essere ridotta al minimo per
aumentare l’efficienza del dispositivo. Infatti, le migliori efficienze delle celle
solari a giunzione Si p-n sono circa il 24 − 25% ossia PERL-Passivated Emitter
Rear Locally.

Figura 1.11: La superficie a piramide rovesciata riduce sostanzialmente le perdite di
             riflessione e aumenta la probabilità di assorbimento nel dispositivo.

    Il PERL ha una superficie testurizzata simili a "piramidi capovolte" (Figu-
ra 1.11), incise nella superficie per catturare la maggior parte della luce in in-
gresso possibile. I normali riflessi di una superficie cristallina liscia portano
ad una perdita di luce, mentre i riflessi all’interno della piramide permettono
una seconda o anche una terza possibilità di assorbimento. Inoltre, dopo la
rifrazione i fotoni entrerebbero nel semiconduttore ad angoli obliqui, il che
significa aumentare la probabilità di assorbimento.

1.4    Generazione e ricombinazione dei portatori di
       carica
I semiconduttori sono dei materiali che hanno una struttura a bande deter-
minata dalle proprietà cristalline del materiale. Generalmente essi vengono
divisi in: i) semiconduttori intrinseci dove la concentrazione degli elettroni
n è uguale alla concentrazione delle lacune p quindi n = p = ni , dove ni
è la concentrazione dei portatori intrinseci. ii) semiconduttori estrinseci do-
ve la concentrazione degli elettroni e delle lacune non è uguale e può essere
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                        14

aumentata artificialmente introducendo delle impurezze, in questo modo si
vanno a creare materiali drogati di tipo p, se la concentrazione delle lacune è
maggiore della concentrazione degli elettroni, o materiali drogati di tipo n, se
la concentrazione delle lacune è minore della concentrazione degli elettroni.
    Per determinare la concentrazione è necessario conoscere: la distribuzione
degli stati di energia dentro la banda e la probabilità di ciascuno di questi stati
di essere occupato. La probabilità di occupazione a temperatura T è data dalla
statistica di Fermi-Dirac

                                                1
                              F (E) =       (E−EF )
                                                                              (1.11)
                                        e     kT      +1
dove EF è una costante detta livello di energia di Fermi. Essa fornisce la pro-
babilità che un dato stato di energia E sia occupato. Ogni stato di energia può
essere occupato da un solo elettrone.

                     Figura 1.12: Distribuzione di Fermi-Dirac.

    Nella Figura 1.12 è possibile vedere che a T = 0 K la distribuzione ha una
forma rettangolare. Al crescere della temperatura cambia forma e diventa più
dolce e smussata in prossimità dell’energia EF , questo significa che la proba-
bilità di trovare un elettrone in uno stato di energia molto basso continua a
essere pari a 1 o quasi.
    Tutto ciò deve essere applicato alla struttura a bande dei semiconduttori.
Essi possono essere schematizzati in due bande, banda di valenza e banda di
conduzione. Nei semiconduttori intrinseci il livello di Fermi si trova più o meno
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                      15

a metà tra le due bande, mentre nei semiconduttori estrinseci EF è spostato
più verso la banda di valenza o di conduzione se il semiconduttore è drogato
di tipo p o di tipo n.
    Nello stato di equilibrio la densità degli elettroni e delle lacune è espres-
sa rispettivamente da n0 e p0 . Tuttavia, quando un semiconduttore viene il-
luminato vengono generati delle densità di elettroni ∆n e lacune ∆p non in
equilibrio. Di conseguenza la densità degli elettroni e delle lacune, n e p, sono
rispettivamente n = n0 +∆n e p = p0 +∆p. I processi che modificano le densi-
tà dei portatori vengono chiamati di generazione e di ricombinazione. Il primo
si ha quando un elettrone guadagna energia e si sposta dalla banda di valenza
alla banda di conduzione, il secondo si ha quando un elettrone nella banda
di conduzione perde energia e rioccupa lo stato energetico della lacuna nel-
la banda di valenza. Durante questi processi deve esserci sia la conservazione
della quantità di moto sia la conservazione dell’energia.
    Il prodotto della densità di elettroni e lacune è costante e uguale a n0 p0 =
  2
ni (Legge di azione di massa) dove

                                              Eν − Ec
                          n21 == Nc Nν exp(           )                     (1.12)
                                                kT

Nc e Nν rappresentano le densità dei livelli in banda di consuzione e di valenza,
Ec e Eν sono le enrgie che corrispondono al minimo della banda di conduzione
e al massimo nella banda di valenza.
     All’interno del materiale, in conseguenza dell’interazione con la radiazione
luminosa, possono avvenire fenomeni di ricombinazione e generazione.
     I processi di ricombinazione possono essere divisi in radiativi o non radia-
tivi.
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                          16

Figura 1.13: (a) Ricombinazione radiativa. (b) Ricombinazione SRH. (c) Ricombinazione
             Auger

     1. Ricombinazione radiativa o ricombinazione da banda a banda
     Un elettrone in banda di conduzione si ricombina direttamente con una
lacuna in banda di valenza, con emissione di un fotone hν. Si realizza in pre-
senza di band gap diretto ossia quando il minimo dell’energia nella banda di
conduzione e il massimo dell’energia nella banda di valenza coincidono (Figu-
ra 1.13(a)). Questo tipo di ricombinazione dipende dalla densità di elettroni e
lacune nello stato eccitato. Si indica con Rr il tasso di ricombinazione e con G
il tasso di generazione.
     La generazione totale è uguale alla somma di

                                  G = G0 + GL                                  (1.13)

   dove G0 generazione termica e GL generazione dovuta all’illuminazione.
Se si considera GL = 0 la densità dei portatori in funzione del tempo sarà
uguale a

                            dn
                               = G − Rr = G0 − Rr                               (1.14)
                            dt
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                         17

   Per la legge di azione di massa, la velocità di ricombinazione dipende dalla
concentrazione dei portatori quindi il tasso di ricombinazione Rr deve essere
proporzionale a np

                                   Rr = Br np                                  (1.15)

     Se il semiconduttore è in equilibrio allora le velocità di ricombinazione de-
vono essere uguali e quindi il tasso di ricombinazione R0 e di generazione G0
all’equilibrio (R0 ) saranno

                           R0 = G0 = Br n0 p0 = Br n2i                        (1.16)

   Se il semiconduttore non è in equilibrio il tasso di ricombinazione netta
Rnet è

      Rnet = Rr − G0 = Br np − G0 = Br (n0 + ∆n)(p0 + ∆p) − G0                 (1.17)

    2. Ricombinazione Shockley-Read-Hall, anche chiamata ricombinazione
assistita da trappole
    L’elettrone nella banda di conduzione viene intrappolato in un nuovo sta-
to di energia (lo stato localizzato) creato all’interno del gap di banda; tali stati
di energia sono chiamati trappole. L’energia è scambiata nella forma di vi-
brazione del reticolo, un fotone che scambia energia termica con il materiale,
(Figura 1.13(b)).
    Nel caso stazionario, il tasso di ricombinazione per elettroni e lacune deve
essere uguale ossia

                             RnSRH = RpSRH = RSRH                             (1.18)

    dove il tasso ricombinazione degli elettroni e il tasso ricombinazione delle
lacune sono rispettivamente

   RnSRH = [n(1 − ft ) − n1 ft ]ke Nt    RpSRH = [pft − p1 (1 − ft )]kh Nt    (1.19)
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                      18

dove Nt è la concentrazione degli stati.
   La funzione ft ossia la probabilità che quello stato possa essere occupato

                                       τn n + τp p1
                         ft =                                              (1.20)
                                τn (n + n1 ) + τp (p + p1 )
   Mentre (1 − ft ) rappresenta la probabilità che quello stato non sia occu-
pato.
   Si può scrivere quello che è il tasso di ricombinazione RSRH

                        RSRH = [n(1 − ft ) − n1 ft ]ke Nt                   (1.21)

   Se nell’Equazione 1.21 si sostituisce l’Equazione 1.20 si ottiene

                                             np − n1 p1
                   RSRH = ke kh Nt                                         (1.22)
                                      ke (n + n1 ) + kh (p + p1 )
   Il tempo di vita τ di un portatore soggetto a ricombinazione SRH è data da

                                    1                 1
                           τn =              τp =                          (1.23)
                                  kn Nt             kp Nt

  Andando a sostituire nell’Equazione 1.22 le Equazione 1.23 si ottiene la for-
mula finale della ricombinazione di Shockley-Read-Hall nel caso stazionario

                                        np − n2i
                         R=                                                (1.24)
                                τp (n + n1 ) + τn (p + p1 )
    dove n e p sono le concentrazioni totale di elettroni e lacune, ni concentra-
zione intrinseca dei portatori, τn e τp sono i tempi di vita media dei portatori,
n1 e p1 sono le densità dei portatori nei livelli trappola e sono rispettivamente
uguali a

                            Et − Ec                      Et − Eν
              n1 = Nc exp(           )    p1 = Nν exp(−          )        (1.25)
                               kT                          kT
    dove Nc e Nν densità degli stati di conduzione e valenza, Ec il minimo del-
l’energia nella banda di conduzione, Eν il massimo dell’energia nella banda di
valenza e Et livello di energia dello stato localizzato.
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                           19

   La ricombinazione SRH sulla superficie viene definita ricombinazione su-
perficiale.Il tasso di ricombinazione R

                                   R = σνT Ns ∆n                                 (1.26)

    dove σ è la sezione trasversale, νT è la velocità termica, Ns è la desità di
stati di superficie e ∆n densità dei portatori di carica non in equilibrio.
    3. La ricombinazione Auger
    Si ha tra tre cariche (due elettroni/una lacuna o due lacune/un elettrone).
Quando un elettrone e una lacuna sono ricombinati, invece di generare un fo-
tone, l’energia rilasciata si trasferisce alla terza carica e poi si trasmette al reti-
colo attraverso collisioni con i fononi, (Figura 1.13(b)). Il tasso di ricombinazione
di Auger Raug è

                            Raug = ne nh (Ce ne + Ch nh )                        (1.27)

    dove Ce e Ch sono i coefficienti di Auger di ricombinazione di elettroni e
lacune.

1.4.1   Fotocorrente, Iph
.
    Nel caso ideale, ossia dove non ci sono perdite per ricombinazione, le cop-
pie vengono solo generate, si consideri la cella fotovoltaica nella Figura 1.4
quando questa viene illuminata genera coppie elettrone-lacuna il cui tasso di
fotogenerazione è Gph , che indica il numero di coppie fotogenerate per unità
di volume per unità di tempo, il cui andamento sarà

                                Gph = G0 exp(−αx)                                (1.28)
1.4. GENERAZIONE E RICOMBINAZIONE DEI PORTATORI DI CARICA                             20

Figura 1.14: Nel grafico sull’ordinato troviamo il numero delle coppie elettrone lacu-
             na e sull’ascissa la distanza, doveα indica il coefficiente di assorbimento e
             cambia in base alla lunghezza d’onda.

    dove G0 è il tasso di fotogenerazione sulla superficie e α è il coefficiente
di assorbimento, vedi Figura 1.14. Il numero totale di coppie fotogenerate per
unità di tempo in un volume piccolo Aδx è

                                 NEHP = Gph (Aδx)                                  (1.29)

   dove A è la superficie del dispositivo illuminata. Il numero di coppie foto-
generate per unità di tempo nel volume ln + W + Le è

                  dNEHP      G0 A
                          =        {1 − exp[α(ln + W + Le )]}               (1.30)
                     dt        α
Poiché gli elettroni fotogenerati fluiscono attraverso il circuito esterno, la fo-
tocorrente Iph è data da e( dNdt
                              EHP
                                  )

                        eG0 A
                     Iph =     {1 − exp[α(ln + W + Le )]}              (1.31)
                           α
    Per lunghezze d’onde più lunghe, α è più piccolo. Espandendo l’esponen-
ziale si ottiene

                      Iph = eG0 A {1 − exp[α(ln + W + Le )]}                        (1.32)

    che si applica in condizioni di fotogenerazione quasi uniforme.
    Si può quindi ottenere una stima di massima della fotocorrente generata
in codizione tipiche.
    Se si considera una cella al silicio cristallino di area A = 5 cm × 5 cm,
ln = 0, 5 µm, Le = 50 µm e λ ∼ 1.1 µm e G0 = 1 × 1018 cm−3 Iph ∼ 20 mA.
Capitolo 2

Celle solari a eterogiunzioni di
silicio cristallino

2.1    La struttura del silicio
Il semiconduttore più utilizzato per la fabbricazione di celle solari è il silicio (Si),
nella sua forma cristallina, sia per le sue buone caratteristiche di assorbimento
della luce sia per il suo prevalere nell’industria elettronica dei semiconduttori.
Il silicio appartiene al IV gruppo della tavola periodica e presenta quattro elet-
troni di valenza, capace di legarsi con altri quattro atomi di silicio attraverso
un legame covalente. Una struttura cristallina di silicio contiene due atomi
incorporati in una struttura cubica a facce centrate.

       Figura 2.1: Cella elementare del silicio: struttura cubica a facce centrate

                                           21
2.1. LA STRUTTURA DEL SILICIO                                                  22

    Per comprendere le proprietà elettroniche, è necessario capire come un
elettrone si muove all’interno del reticolo. Tutto ciò è possibile risolvendo l’e-
quazione di Schrodinger stazionaria per gli elettroni di conduzione contenuti
nel metallo

                               p2
                                     
                                  + Ec ψ(⃗r) = Eψ(⃗r)                         (2.1)
                              2m∗
     Dove il termine Ec (detto anche pseudo-potenziale) indica un’appropriata
costante specifica del metallo (tenendo conto di tutti i possibili effetti dovuti
alle interazioni degli elettroni e degli ioni). Poichè alla luce delle varie inte-
razioni gli elettroni di valenza sono pur sempre considerabili come particel-
le libere, le soluzioni dell’equazione di Schrodinger saranno delle onde piane
             ⃗                                    2 2
ψ(⃗r) ∝ eik⃗r con energie E date da Ek = Ec + ℏ2mk∗ , dove m∗ è la massa efficace
che nel caso dei metalli semplici non è molto diversa dalla massa dell’elettrone
me .
     Il silicio come gli altri semiconduttori ha una struttura a bande la cui dif-
ferenza di energia tra il punto più basso della banda di conduzione e quello
più alto della banda di valenza è di ∼ 1, 1 eV . Esso però non è un semicon-
duttore a bandgap diretto, ma è un semiconduttore a bandgap indiretto ossia
per promuovere un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione
non basta la sola conservazione dell’energia, ma l’elettrone deve variare anche
il suo momento cristallino e quindi il suo numero d’onda k e di conseguenza
vi deve essere anche conservazione di moto. Questa è la sua caratteristica più
importante, perché in generale un semiconduttore a bandgap indiretto sono
inefficienti dell’emissione di luce.

              Figura 2.2: (a) Bandgap diretto. (b) Bandgap indiretto.
2.2. CELLE SOLARI AD ETEROGIUNZIONE                                                23

   Infine, all’interno del silicio, sono scoraggiate le ricombinazioni radiati-
ve e esso è caratterizzato soprattutto da ricombinazioni non radiative: nello
specifico avvengono ricombinazioni SRH e superficiali.

2.2     Celle solari ad eterogiunzione
Le celle solari basate sul silicio cristallino (c-Si), a seconda del processo tecno-
logico con cui si ottengono, possono essere divise in celle ad omogiunzione
(basate principalmente su processi di diffusione di droganti nel silicio) e celle
ad eterogiunzione.
    Lo scopo principale della tecnologia fotovoltaica basata sul c-Si è quel-
lo di aumentare l’efficienza e ridurre i costi di produzione. Fin dal 2015, un
importante incremento di efficienza è stato ottenuto sulle celle solari in c-Si,
principalmente dovuto allo sviluppo delle celle ad eterogiunzione.
    Le celle solari ad eterogiunzione di silicio (silicon Hetero Junction - SHJ)
sono ritenute particolarmente interessanti per lo sviluppo di una nuova tec-
nologia fotovoltaica (PV) ad alta efficienza con costi contenuti di realizzazione.
Al momento con questa architettura di dispositivo è stato ottenuto il record
di efficienza in laboratorio per quanto riguarda le celle solari a base di silicio
dalla Kaneka (Giappone) che ha misurato un’efficienza del 26,7% su una cel-
la ad eterogiunzione di silicio di 79cm2 con entrambi i contatti realizzati sulla
superficie non illuminata del dispositivo.
    Il processo di fabbricazione di un dispositivo SHJ richiede la realizzazione
di uno stack di materiali a film sottile che vengono depositati secondo una
determinata sequenza sulle superfici del wafer di silicio cristallino (c-Si) La
realizzazione del multistrato avviene mediante: i) deposizione di uno strato
molto sottile di circa (5 nm) di film a base di silicio su entrambe le facce del
substrato allo scopo di saturare i difetti superficiali, passivando così il wafer, ii)
deposizione degli strati trasportatori delle cariche fotogenerate, iii) deposizio-
ne su entrambe le superfici del wafer di uno strato trasparente e conduttore
ed infine iv) realizzazione dei contatti metallici. Per incrementare la corren-
te ottenibile dal dispositivo i wafer di silicio vengono sottoposti prima della
2.3. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DELLE CELLE AD ETEROGIUNZIONE 24

deposizione dei vari strati ad un preliminare processo di testurizzazione che
riduce le perdite per riflessione della luce sulla superficie del wafer e miglio-
ra l’intrappolamento della componente della radiazione alle lunghezze d’onda
che sono assorbite debolmente dal Si. Una descrizione più dettagliata sul pro-
cesso di fabbricazione delle celle ad eterogiunzione verrà data nel prossimo
capitolo.
     Nella Figura 2.3, viene mostrato uno schema della struttura della cella, do-
ve si è indicato genericamente con ETL o HTL (electron trasport layer o hole
trasport layer) gli strati drogati o di tipo “dopant free”.

        Figura 2.3: Schema generale di una cella ad eterogiunzione di silicio

2.3     Principio di funzionamento delle celle ad ete-
        rogiunzione
Alla base del funzionamento delle celle solari ad eterogiunzione c-Si c’è il tra-
sporto selettivo delle cariche fotogenerate che è ottenuto dalla conducibilità
asimmetrica di elettroni e lacune, che può essere originata da processi di do-
ping esterno o da proprietà intrinseche dei materiali. La conducibilità diffe-
rente di elettroni e lacune, in due regioni della cella solare in c-Si, può essere
2.3. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DELLE CELLE AD ETEROGIUNZIONE 25

identificata come una delle cose più importanti per la separazione dei tra-
sportatori di carica. Gli strati responsabili del trasporto selettivo dell’elettrone
possiedono una elevata conducibilità di elettroni ed una bassa conducibilità di
lacune e quindi consentono agli elettroni di raggiungere il contatto e bloccano
le lacune.
    Invece, gli strati selettivi per il trasporto di lacune possiedono una condu-
cibilità di tipo opposta. Tipicamente, quando una omogiunzione p-n è sotto
illuminazione, la corrente è principalmente una corrente di elettroni verso il
contatto del lato n, a causa dell’elevata conducibilità degli elettroni. Anche se
le lacune si muovono verso il contatto del lato n (visto dell’elevato gradiente
del loro quasi livello di Fermi), la loro corrente è più bassa della corrente di
elettroni a causa della conducibilità molto più bassa.
    Per quanto riguarda la eterogiunzione p-i-n sotto illuminazione, due strati
ad ampio bandgap con conducibilità diverse di elettroni e lacune (ad esem-
pio silicio amorfo idrogenato drogato (a-Si:H)) danno luogo alla separazione
di carica e al trasporto selettivo. Uno strato con una più elevata conducibilità
elettronica da luogo al trasporto selettivo di elettroni.
    Al contrario, lo strato opposto da luogo al trasporto selettivo di lacune, a
causa dell’elevata conducibilità di lacune. Le eterogiunzioni p-i-n assicurano
una conducibilità di carica minoritaria molto bassa negli strati drogati ad am-
pia bandgap sia in condizioni di buio che di illuminazione, e ciò minimizza la
ricombinazione di carica ai contatti metallici.
    Per ottenere celle ad eterogiunzione in c-Si efficienti specialmente per le
celle con contatti di tipo dopant free è necessario che il livello di Fermi del
contatto selettivo per gli elettroni sia ad energie più elevate del mimino della
banda di conduzione del c-Si. Analogamente, il livello di Fermi del contat-
to selettivo per le lacune deve essere ad energie più basse del massimo della
banda di valenza del c-Si. Di conseguenza, la WF (Work Function) porta ad
un accumulo di elettroni al contatto selettivo per gli elettroni, associato ad
uno svuotamento dell’altro tipo di carica, dando come risultato conducibilità
molto differenti di elettroni e lacune ai contatti.
2.4. CELLE SOLARI A ETEROGIUNZIONE CON CONTATTI SELETTIVI DI TIPO DOPANT FREE26

2.4     Celle solari a eterogiunzione con contatti selet-
        tivi di tipo dopant free
La funzione dei contatti selettivi è quella di sostituire completamente gli strati
di silicio drogati con materiali alternativi, in modo da superare tutti i comples-
si processi di drogaggio e di aumentare l’efficienza della cella stessa. I mate-
riali che vengono utilizzati come contatti selettivi sono: ossidi di metalli di
transizione, film organici e strutture di metallo-isolante.
    Il grande vantaggio di questi materiali è che generalmente possono essere
depositati sul wafer di Si utilizzando tecniche più semplici (vaporazione, spin
coating, spray pyrolysis), a basse temperature, riducendo potenzialmente il co-
sto e la complessità della fabbricazione. Tuttavia, si è riscontrato che l’efficien-
za delle celle solari ad eterogiunzione con contatti selettivi di tipo dopant free
(chiamate Celle DASH) è circa di 14% a causa delle perdite di ricombinazione
con il silicio cristallino. Ma si è potuto vedere che aggiungendo strati passi-
vanti l’efficienza è arrivata quasi al 20%, facendo in modo che le celle DASH
entrassero veramente a far parte dell’industria delle celle solari.
    Il concetto centrale delle celle DASH è l’utilizzo di contatti selettivi di tipo
dopant-free. Come trasportatore selettivo di lacune viene utilizzato principal-
mente un ossido di metallo di transizione, nello specifico l’ossido di molibdeno
(M oOx ), il quale grazie ad un’elevata WF (work function) si è dimostrato un ot-
timo materiale, facendo arrivare la cella DASH ad un’efficienza del 22%. Non è
stato altrettanto facile trovare invece un materiale che potesse essere utiliz-
zato come trasportatore selettivo di elettroni, poiché quest’ultimi presentano
una conducibilità più elevata rispetto alle lacune. I materiali che hanno sod-
disfatto tali caratteristiche sono stati gli “alkali metal fluorides” (AMF) e tra
questi quello che viene utilizzato di più è il LiF .
    Le caratteristiche che portano ad utilizzare nello specifico questi due ma-
teriali sono:
    1. Ossido di Molibdeno (M oOx )
    Questo è un materiale che nonostante le sue elevate proprietà optoelet-
troniche, ha un’elevata sensibilità all’ aria e all’ umidità. È molto trasparente,
2.4. CELLE SOLARI A ETEROGIUNZIONE CON CONTATTI SELETTIVI DI TIPO DOPANT FREE27

rispetto agli strati di silicio amorfo drogato, di conseguenza ha un assorbi-
mento della luce trascurabile accompagnato da un basso indice di rifrazione
e viene depositato tramite l’evaporazione termica, una tecnica molto più eco-
nomica, vantaggiosa e sostenibile. Tutte queste caratteristiche sono reperibili
dallo studio dello spettro e dallo studio della WF, dove nel caso di quest’ultima
essa dipende dallo stato di ossidazione del metallo di transizione. Infatti, si è
visto che il valore più alto della WF si è avuto per il M oO3 .
     2. Fluoruro di Litio (LiF )
     Grazie alle sue alte proprietà optoelettroniche e avendo una bassa WF il
LiF si è visto come un ottimo candidato come trasportatore selettivo di elet-
troni. A differenza dell’ossido di molibdeno esso non presenta la stessa sua
sensibilità all’aria e all’umidità, anzi è molto più resistente con un degrado
trascurabile. Infine, come l’ossido di molibdeno anche esso è molto traspa-
rente rispetto al silicio amorfo, quindi ha un assorbimento della luce trascu-
rabile e un indice di rifrazione basso. La deposizione dei film di LiF avviene
a basse temperature e anche in questo caso può essere utilizzata la tecnica
dell’evaporazione termica.
     Infine, la testurizzazione è utilizzata per migliorare sia la quantità di luce
all’interno della cella che il percorso che la luce stessa compie. Di notevole
vantaggio in questa architettura è la procedura di fabbricazione, che richiede
solo step di processo a bassa temperatura rispetto alla cella convenzionale la
cui fabbricazione è ad elevato budget termico. La semplice deposizione a tem-
peratura ambiente dei contatti selettivi presenta vantaggi rispetto agli strati
a-Si:H drogati, utilizzati nelle cellule SHJ, che sono tipicamente depositati a
200 ◦ C utilizzando gas tossici.
     Possiamo quindi concludere che la versatilità e la semplicità delle celle
DASH può essere visto come una toolbox per una vasta gamma di architet-
ture di celle solari in c-Si, dando quindi la possibilità di realizzare strutture ad
alta efficienza di facile fabbricazione a basse temperature.
Capitolo 3

Risultati sperimentali

Presso il Centro di ricerca ENEA di portici, oltre alle celle ad eterogiunzione
di tipo convenzionale vengono realizzate e caratterizzate anche celle solari ad
eterogiunzione in silicio con contatti selettivi di tipo dopant free.
     Come abbiamo visto nelle celle solari convenzionali, il trasporto selettivo
delle cariche fotogenerate è ottenuto dalla conducibilità asimmetrica di elet-
troni e lacune, che può essere originata da processi di doping esterno o da
proprietà intrinseche dei materiali. Ma si è visto che nonostante l’efficienza di
queste celle i processi di fabbricazioni sono tutt’altro che sostenibili. Si stanno
quindi cercando nuovi materiali che abbassino i costi di fabbricazione di una
cella solare e, negli ultimi tempi, c’è stato un particolare interesse nell’utilizzo
di ossidi metallici, fluoruri, solfuri e materiali organici come contatti seletti-
vi per i dispositivi fotovoltaici (PV) al silicio cristallino (c-Si). Nello specifico
questo studio si basa sull’utilizzo del fluoruro di litio (LiF ) e ossido di molib-
deno (M oOx ), rispettivamente come contatti selettivi: il primo di elettroni e
il secondo di lacune nelle celle solari SHJ.
     La prima parte dello studio si basa sull’analizzare in maniera separata i due
contatti selettivi confrontandoli con una cella convenzionale e poi successi-
vamente sulla fabbricazione di una cella fatta esclusivamente con i contatti
selettivi di tipo “dopant free”.

                                         28
3.1. EFFETTI DELL’OSSIDO DI MOLIBDENO (M OOX )                                      29

3.1    Effetti dell’ossido di molibdeno (M oOx)
Una cella solare convenzionale di 4 cm2 , Figura 3.1(a), è fabbricata utilizzan-
do un wafer “flat” di silicio FZ monocristallino (c − Si) di tipo p (resistività =
1−5Ω cm, spessore = 270 µm). Sul wafer poi vengono depositati vari strati con
funzioni ben precise. Tenendo presente la Figura 3.1(a) si ha partendo dall’alto
verso il basso: i) uno strato di AZO un T CO ossia uno ossido conduttivo con
il compito di raccogliere le cariche esterne fotogenerate. ii) uno strato nano
cristallino di ossido di silicio idrogenato di tipo n ((n)nc − SiOx : H) utilizzato
come trasportatore di elettroni. iii) due strati di silicio amorfo idrogenato in-
trinseco (i)a − Si : H come strati passivanti con uno spessore di 5 nm. iv) uno
strato di silicio amorfo idrogenato di tipo p (a − Si : H) come trasportatore di
lacune. Il contatto metallico sul lato posteriore del dispositivo viene realizzato
mediante evaporazione di argento o alluminio, mentre la griglia metallica di
raccolta frontale è realizzata mediante evaporazione di alluminio e l’utilizzo di
maschere metalliche per ottenere la geometria della griglia.
     Ovviamente per realizzare il dispositivo si parte dal wafer di silicio, poi si de-
positano gli strati intrinseci da ambo i lati e successivamente viene realizzato
il lato “back” della cella e poi il lato “front”. Solo alla fine la cella viene com-
pletata con la metallizzazione sui due lati, utilizzando sempre Al per la griglia
metallica frontale mentre il contatto metallico sul back è in Ag . Gli spessori
dei metalli sono pari a 100 nm.

Figura 3.1: (a) Schema cella (p)c − Si convenzionale. (b) Schema cella (p)c − Si con
            l’ossido di molibdeno M oOx . (c) Schema cella (n)c − Si con l’ossido di
            molibdeno.
3.1. EFFETTI DELL’OSSIDO DI MOLIBDENO (M OOX )                                       30

    Nella Figura 3.1 sono schematizzate strutture di celle basate su (p)c − Si
(cella (b)) e su (n)c − Si (cella (c)) ; in questo caso lo strato “emettitore” si
trova sul lato posteriore della cella dove come trasportatore di lacune viene
utilizzato l’ossido di molibdeno M oOx .
    Nello specifico uno strato con uno spessore di 10 nm di ossido di molib-
deno (M oOx ) viene depositato sul retro del dispositivo SHJ attraverso l’eva-
porazione termica, sostituendo lo strato con uno spessore di 20 nm di sili-
cio amorfo idrogenato di tipo p ((p)a − Si : H), e svolgendo la funzione di
trasportatore di lacune.
    Dall’ analisi delle caratteristiche J-V (Figura 3.2) e dal confronto dei para-
metri fotovoltaici (Tabella 3.1) di una cella solare SHJ convenzionale con le celle
con le due differenti configurazioni posteriori alternative

Figura 3.2: Caratteristiche J-V di una cella solare SHJ convenzionale con delle celle con
            le due differenti configurazioni posteriori.

Tabella 3.1: Parametri fotovoltaici di una cella solare SHJ convenzionale (a) e di celle
             con struttura analoga, ma con M oOx sul lato “back” , una realizzata su
             wafer (p) c-Si (b) e l’altra realizzata su wafer (n) c-Si (c)
3.1. EFFETTI DELL’OSSIDO DI MOLIBDENO (M OOX )                                     31

     si vede un aumento della Voc (∼ 38 mV ) quando il trasportatore di lacune
cambia da (p)a − Si : H a M oOx . Allo stesso modo il fill factor (F F ) e la
densità di corrente di corto circuito (Jsc ) sono caratterizzate da valori molto
simili, ma aumenta di ∼ 1% l’efficienza complessiva (η).
     Per le celle solari basate su wafer di Si di tipo n, dove M oOx funziona da
emitter non convenzionale posto sul lato posteriore della struttura, Figura 3.1
(c), si vede che la caratteristica J-V (Figura 3.2) è molto simile a quella della con-
figurazione (b), e i parametri fotovoltaici mostrano un miglioramento rispetto
alla configurazione (a). Complessivamente, quindi, l’utilizzo M oOx come strato
selettivo per le lacune nel dispositivo ha consentito di ottenere una migliore
efficienza di conversione.
3.2. EFFETTI DEL FLUORURO DI LITIO (LIF )                                         32

3.2     Effetti del fluoruro di litio (LiF )
Per testare gli effetti del LiF si va a fare un confronto con una cella convenzio-
nale, Figura 3.3(a). In questo caso gli strati che formano la cella convenzionale
sono: i) uno strato di AZO un T CO ossia uno ossido conduttivo con il compi-
to di raccogliere le cariche esterne fotogenerate. ii) uno strato di silicio nano
cristallino di tipo p ((p)nc − Si : H)) utilizzato come trasportatore di lacu-
ne. iii) due strati di silicio amorfo idrogenato intrinseco ((i)a − Si : H) come
strati passivanti. iv) uno strato di ossido di silicio nano cristallino di tipo n
((n)nc − SiOx ) utilizzato come trasportatore di elettroni. v) un altro strato di
AZO. La metallizzazione sul lato posteriore è realizzata mediante evaporazione
di alluminio.
    Anche in questo caso per realizzare il dispositivo si parte dal wafer di silicio,
poi si depositano gli strati intrinseci da ambo i lati e successivamente viene
realizzato il lato “back” della cella e poi il lato “front”.

Figura 3.3: (a) Schema cella (n)c−Si di tipo convenzionale. (b) Schema cella (n)c−Si
            con fluoruro di litio (LiF ).

    Nella Figura 3.3(b) si può vedere che lo strato di (n)nc − SiOx viene sosti-
tuito da uno strato di LiF utilizzato come trasportatore di elettroni.
    Nello specifico uno strato con uno spessore di 1 − 2 nm di fluoruro di litio
(LiF ) viene depositato sul retro del dispositivo SHJ attraverso l’evaporazione
termica e sostituisce lo strato con uno spessore di 20 nm di ossido di silicio
3.2. EFFETTI DEL FLUORURO DI LITIO (LIF )                                              33

nano cristallino di tipo n ((n)nc − SiOx ), utilizzato come trasportatore di elet-
troni. Alla fine, la cella viene completata sui due lati, utilizzando Al sia per la
griglia metallica frontale che per il contatto metallico sul back. Gli spessori dei
metalli sono pari a 100 nm
    Dall’ analisi delle caratteristiche J-V (Figura 3.4) e dal confronto dei para-
metri fotovoltaici (Tabella 3.2) di una cella solare SHJ convenzionale (strut-
tura mostrata nella Figura 3.3(a)) con una cella avente il LiF sul lato back
(Figura 3.3(b))

Figura 3.4: Caratteristiche J-V di una cella solare SHJ convenzionale (Figura 3.3(a)) e di
            celle con due diversi spessori di LiF sul lato “back” Figura 3.3(b).

Tabella 3.2: Parametri fotovoltaici di una cella solare SHJ convenzionale e di celle con
             due diversi spessori di LiF sul lato “back”.

   si vede che i valori della tensione di circuito aperto Voc e la densità di cor-
rente Jsc sono confrontabili.
3.3. CELLE SOLARI IN ETEROGIUNZIONE CON CONTATTI SELETTIVI                               34

    Viene però osservata una diminuzione del fill factor, nella cella dove viene
utilizzato uno strato di LiF con uno spessore di 1, 3 nm. Se questo spessore
aumento fino a 2 nm causa una forma ad S nelle caratteristiche J-V. Per quanto
riguarda l’efficienza vi è un abbassamento fino a ∼ 1%.

3.3      Celle solari in eterogiunzione con contatti se-
         lettivi
Nella Figura 3.5 è mostrato lo schema della cella realizzata presso il centro
ENEA di Portici con contatti selettivi interamente di tipo dopant free.
    In questa struttura uno strato di M oOx di 5 nm è il contatto selettivo per le
lacune e uno strato di LiF di 1 nm è il contatto selettivo per gli elettroni. Come
T CO frontale è stato utilizzato AZO o IT O (Indium tin oxide ossia ossido di
indio e stagno)

Figura 3.5: Cella solare in eterogiunzione in silicio cristallino di tipo n con contatti se-
            lettivi di tipo dopant free.

    Nella Figura 3.6 sono mostrate le caratteristiche J-V sotto luce delle celle
realizzate e nella Tabella 3.3 i parametri fotovoltaici corrispondenti.
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